Capitolo 3 Termodinamica dei Processi. · una disequazione che esprime, esplicitamente o...

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- 3.1 - Capitolo 3 Termodinamica dei Processi. Considerando quanto è stato detto nel capitolo precedente, si può affermare che la TD di equilibrio è dotata - come tutte le altre teorie fisiche - di un insieme di leggi fondamentali. Esse consistono di alcune leggi di conservazione, in forma di equazione, valide ed esplicitamente considerate anche in altre teorie fisiche, e di una legge evolutiva in forma di disequazione: LEGGI DI CONSERVAZIONE equazione di conservazione della massa equazione di conservazione dell'energia A queste due equazioni, andrebbe aggiunta l’equazione di conservazione della carica elettrica, che però in questo testo viene considerata solo marginalmente. LEGGE EVOLUTIVA una disequazione che esprime, esplicitamente o implicitamente, il fatto che l’entropia di un sistema isolato non può decrescere nel tempo. Affinché una generica e ipotetica trasformazione TD possa aver luogo, durante tale trasformazione devono essere verificate simultaneamente tutte le leggi fondamentali appena scritte. Dato che la forma matematica delle stesse leggi è molto diversa a seconda che si abbia a che fare con sistemi aperti o con sistemi chiusi, e a seconda che in tali sistemi avvengano o meno reazioni chimiche, è opportuno, sia nella esposizione della teoria, sia nella trattazione dei problemi concreti, chiarire sempre a quale situazione delle situazioni dette si stia facendo riferimento. 3.1 Legge di conservazione della massa. 3.1.1 Sistemi aperti. Per i sistemi aperti, la legge di conservazione della massa (altrimenti detta bilancio globale di massa) può porsi nei termini: velocita' di variazione portata di massa portata di massa della massa del sistema entrante nel sistema uscente dal sistema , out in m m d dM , (3.1.1)

Transcript of Capitolo 3 Termodinamica dei Processi. · una disequazione che esprime, esplicitamente o...

- 3.1 -

Capitolo 3 Termodinamica dei Processi.

Considerando quanto è stato detto nel capitolo precedente, si può affermare che la TD di

equilibrio è dotata - come tutte le altre teorie fisiche - di un insieme di leggi fondamentali.

Esse consistono di alcune leggi di conservazione, in forma di equazione, valide ed

esplicitamente considerate anche in altre teorie fisiche, e di una legge evolutiva in forma di

disequazione:

LEGGI DI CONSERVAZIONE

equazione di conservazione della massa

equazione di conservazione dell'energia

A queste due equazioni, andrebbe aggiunta l’equazione di conservazione della carica elettrica,

che però in questo testo viene considerata solo marginalmente.

LEGGE EVOLUTIVA

una disequazione che esprime, esplicitamente o implicitamente, il fatto che l’entropia di

un sistema isolato non può decrescere nel tempo.

Affinché una generica e ipotetica trasformazione TD possa aver luogo, durante tale

trasformazione devono essere verificate simultaneamente tutte le leggi fondamentali appena

scritte.

Dato che la forma matematica delle stesse leggi è molto diversa a seconda che si abbia a

che fare con sistemi aperti o con sistemi chiusi, e a seconda che in tali sistemi avvengano o

meno reazioni chimiche, è opportuno, sia nella esposizione della teoria, sia nella trattazione

dei problemi concreti, chiarire sempre a quale situazione delle situazioni dette si stia facendo

riferimento.

3.1 Legge di conservazione della massa.

3.1.1 Sistemi aperti.

Per i sistemi aperti, la legge di conservazione della massa (altrimenti detta bilancio

globale di massa) può porsi nei termini:

velocita' di variazione portata di massa portata di massa

della massa del sistema entrante nel sistema uscente dal sistema

,

outin mmd

dM

, (3.1.1)

- 3.2 -

dove dM è la variazione della massa M del sistema durante l’intervallo di tempo d , mentre

m e min out sono, rispettivamente, il flusso totale di massa entrante nel sistema e il flusso totale

di massa uscente dal sistema.

In un condotto avente sezione di area S, attraversato da un fluido avente velocità w e

densità uniforme e costante , il flusso totale massico, detto anche portata massica, può

esprimersi nei termini1

m V wS , (3.1.2)

in cui wSV è la portata (o flusso totale) volumetrica. Si noti che m kg s , mentre

3V m s .

Per ciò che riguarda la legge di conservazione della massa della generica specie "i" presente

nel sistema (altrimenti detta bilancio di massa sul componente "i"), è necessario fare una

distinzione tra i casi in cui, nel sistema aperto considerato, si ritiene che non abbiano luogo

reazioni chimiche e i casi in cui si ritiene che, nello stesso sistema, abbiano luogo reazioni

chimiche.

In generale, in presenza di reazioni chimiche, dato che le equazioni di reazione sono

sempre rappresentate in termini molari, é d'obbligo la rappresentazione molare delle masse

dei componenti, nei termini 1 2, , , nN N N . In tal caso, detto k il grado di avanzamento della

generica reazione indipendente k che ha luogo nel sistema reagente considerato, ed indicando

con kd d la rispettiva velocità di reazione, l’equazione di bilancio di massa per il generico

componente i si scrive nei termini

, ,

1

ri k

i in i out ik

k

dN dn n

d d

, ( 1,2, , )i n . (3.1.3)

In questa equazione, la sommatoria é estesa a tutte le r reazioni chimiche indipendenti che

hanno luogo nel sistema reagente considerato e rappresenta la velocità con cui la massa

molare delle generica specie "i" varia nel sistema a causa dell'insieme delle r reazioni

chimiche indipendenti dette. I termini ik rappresentano il coefficiente stechiometrico (con

segno) della specie i nella reazione indipendente k. Tali coefficienti stechiometrici sono

negativi per i reagenti e positivi per i prodotti di reazione. Conseguentemente, se la

sommatoria scritta in (3.1.3) è negativa, "i" , come effetto cumulativo delle r reazioni dette,

scompare, mentre, se la stessa sommatoria é positiva, "i", come effetto cumulativo delle stesse

reazioni, compare nel sistema.

In assenza di reazioni chimiche, l’ultimo termine nell’equazione di bilancio (3.1.3) è

nullo, e l’equazione di bilancio è nei termini:

1 Il flusso totale di massa non va confuso con il flusso massico, JM = w, che è una grandezza locale, uguale alla massa che

attraversa una sezione di area unitaria nell’unità di tempo.

- 3.3 -

outiinii nn

d

dN,,

( 1,2, , )i n . (3.1.4a)

Questa equazione si può scrivere equivalentemente usando le masse dei componenti del

sistema, (M1, M2,..., Mn), ottenendo le seguenti equazioni di bilancio2:

outiinii mm

d

dM,,

, ( 1,2, , )i n . (3.1.4b)

Le equazioni di bilancio (3.1.1) e (3.1.3)-(3.1.4) possono esprimersi equivalentemente

in forma elementare senza l'evidenziazione della variabile indipendente e possono

eventualmente essere integrate ed essere poste conseguentemente in forma di variazione

finita. Ad esempio, la (3.1.1) si può scrivere nei termini equivalenti,

outin dmdmdM , (3.1.5)

in cui non è evidenziata la variabile indipendente3; questa espressione può poi eventualmente

essere integrata ed essere conseguentemente espressa in termini di variazione finita.

3.1.2 Sistemi chiusi.

Per ciò che riguarda i sistemi chiusi, non essendovi scambi di materia con l'ambiente, la

massa del generico sistema non varia nel tempo. Il bilancio di massa globale può allora

scriversi nei termini:

0d

dM. (3.1.7)

Per ciò che riguarda il bilancio di massa sui singoli componenti presenti nel sistema, in

assenza di reazioni chimiche, esso si può scrivere equivalentemente come

dMi/d = 0 ( 1,2, , )i n . (3.1.8a)

o come

dNi/d = 0 ( 1,2, , )i n . (3.1.8b)

In presenza di reazioni chimiche, è necessaria la rappresentazione molare, e il bilancio

stesso va scritto nei termini:

k

kiki

d

dN

. ( 1,2, , )i n . (3.1.9)

2 Si noti che la somma di queste n equazioni equivale alla equazione di conservazione della massa totale. Pertanto, di tutte

queste n+1 equazioni, solo n sono indipendenti. 3 Che quindi, nell'equazione scritta in questa forma, può anche non essere il tempo.

- 3.4 -

Tutte le equazioni scritte possono esprimersi equivalentemente in forma elementare

senza l'evidenziazione della variabile indipendente e possono eventualmente essere integrate

ed essere poste conseguentemente in forma di variazione finita.

Tale ultima forma, piuttosto ricorrente nei bilanci di materia scritti per i sistemi chiusi, é

rispettivamente, nei quattro casi considerati:

0 ,0

,0 ,0

costante; costante,

costante; ,

i i

i i i i ik k

k

M M M M

N N N N

( 1,2, , )i n . (3.1.10)

dove il suffisso “0” indica il valore della quantità considerata al tempo =0.

3.2 Legge di conservazione dell'energia.

Nel caso del bilancio energetico, è opportuno scrivere l'equazione di conservazione

dell'energia nei termini del tutto generali4, cioè valida sia per sistemi chiusi che per sistemi

aperti,

velocita' di variazione flusso totale di energia flusso totale di energia

dell'energia totale del sistema entrante nel sistema uscente dal sistema

outin eed

dE,,

. (3.2.1)

Nel caso dei sistemi aperti, l'equazione di bilancio si otterrà esplicitando adeguatamente e

separatamente, in relazione alla particolare natura del sistema aperto considerato, i flussi

energetici connessi con i flussi di materia, i flussi energetici non connessi con i flussi di

materia e la variazione nel tempo dell'energia associata al sistema.

Questa "esplicitazione" è di norma piuttosto complessa e noi ci limiteremo a scriverla

per una classe particolare (e semplice) di sistemi aperti, costituita dalle apparecchiature con

contorno rigido funzionanti a fluido (vedi par. 3.8). Per tali sistemi si può ritenere che

l’energia totale sia somma dell’energia interna, U (vedi più oltre per la sua definizione),

dell’energia cinetica (macroscopica) EK e dell’energia potenziale (macroscopica) EP, e che gli

scambi energetici avvengono o in modo convettivo, cioè associati con flussi di materia

entranti o uscenti dal sistema, o attraverso scambi di lavoro e di calore attraverso il contorno

del sistema. In simboli:

K PE U E E ; (3.2.2)

e

e me W Q , (3.2.3)

4 Anche in questo caso si può adottare la forma elementare dell'equazione, senza evidenziazione della variabile indipendente,

o la forma finita, ottenuta per integrazione della forma elementare.

- 3.5 -

dove W e Q sono le potenze meccaniche (o elettriche) e termiche scambiate dal sistema ed e

è l’energia per unità di massa associata alla portata m .

Per i sistemi chiusi si procederà in modo analogo, partendo cioè dall'equazione generale

di cui sopra ed esplicitando adeguatamente, in relazione alla struttura del particolare sistema

che si considera, i flussi energetici scambiati dal sistema con l'ambiente5 e la variazione nel

tempo dell'energia associata al sistema.

3.2.1 L'energia interna.

Considerando un generico sistema TD chiuso non sottoposto ad alcuna azione

esterna (campi gravitazionali, campi elettromagnetici ecc.)6 e fermo rispetto ad un sistema di

riferimento inerziale prefissato, si possono considerare nulle le forme di energia potenziale del

sistema relative a quei campi e l'energia cinetica del centro di massa dello stesso sistema

rispetto al sistema di riferimento considerato: restano allora da considerarsi le forme di

energia cinetica legate ai moti delle particelle del sistema rispetto al suo centro di massa e

quelle di energia potenziale legate alle loro posizioni reciproche. Si viene di conseguenza a

definire una restrizione dell'energia totale del sistema E prima considerata, restrizione

associata allo stato "interno" del sistema all'istante considerato.

Definiamo energia interna del sistema ed indichiamo con U tale restrizione della E .

Se, inoltre, lo stato considerato é di equilibrio omogeneo, l'energia interna dipenderà

dalle sole variabili TD di equilibrio (X1,X2,.....,Xn) relative a quello stato:

U = U(X1,X2,…Xn). (3.2.4)

Coerentemente con la generalizzazione di alcune esperienze "storiche"7 e coerentemente

col fatto che essa é la manifestazione macroscopica di potenziali di campi conservativi a

livello microscopico, si può affermare che l'energia interna di un sistema TD in uno stato di

equilibrio é una funzione potenziale TD.

Tale funzione:

1. ha le dimensioni di un'energia;

2. é estensiva;

3. é a riferimento arbitrario, cioé determinabile a meno di una costante addittiva arbitraria;

4. gode di tutte le proprietà tipiche delle funzioni potenziali;

5 Nel caso dei sistemi chiusi non vi sono flussi di materia e quindi la "stesura" del bilancio energetico, non dovendosi

considerare i flussi energetici connessi con i flussi di materia, e' molto piu' semplice. 6 Ovvero sistemi per i quali tali azioni siano trascurabili nel contesto considerato. 7 Ci si riferisce ai classici esperimenti di Joule nei quali fu in definitiva dimostrata l'invarianza dell'integrale dello scambio

elementare (dQ+dW) al variare della trasformazione di equilibrio effettuata, fermi restando i punti estremi 1 e 2 della

trasformazione stessa. Come si é detto precedentemente, questa condizione é sufficiente per affermare l'esistenza di una

funzione potenziale del sistema con differenziale dU = dQ + dW.

- 3.6 -

5. la sua variazione elementare, riferita a trasformazioni di equilibrio nel corso delle quali si

suppone che il sistema chiuso considerato possa scambiare energia sotto forma solo di

calore e lavoro, vale, in termini di calore e lavoro scambiato8,

dU = dQ + dW. (3.2.5)

3.2.2 Il lavoro.

Come si è visto nel capitolo precedente, uno dei modi in cui un sistema TD può

scambiare energia con l'ambiente è il lavoro9, che si riferisce ad uno scambio di energia di

tipo coerente, caratterizzato da movimenti di traslazione uniformi, comuni a tutte le particelle

che costituiscono il sistema.

Si riconosce anche che, in relazione alla natura del sistema e dell'ambiente, sono

possibili, nella interazione tra sistema ed ambiente, vari modi di lavoro. Per definizione,

tuttavia, qualsiasi tipo di lavoro si può trasformare completamente in lavoro meccanico e

riconducibile quindi al sollevamento di un grave.

L'entità del generico lavoro scambiato tra sistema e ambiente dipende, com'é naturale,

dalle caratteristiche del sistema e dell'ambiente durante la trasformazione nel corso della quale

ha luogo tale scambio.

Nel caso ideale in cui la trasformazione considerata sia di equilibrio, l'espressione

elementare della generica forma di lavoro scambiato può porsi in termini delle sole coordinate

di equilibrio del sistema chiuso considerato ed assume la forma particolarmente semplice:

dW = Fw(X1,X2,…Xn) dXw (3.2.6)

in cui Fw (detta "forza generalizzata") é funzione delle sole variabili di equilibrio (X1,X2,…Xn)

del sistema e Xw (detta "coordinata di lavoro") é una variabile o una proprietà di stato, a

seconda della scelta delle variabili TD del sistema. L'espressione finita del tipo di lavoro

considerato, tra due stati di equilibrio (X1,X2,…Xn)1 e (X1,X2,…Xn)2 dipende, attraverso le

(X1,X2,…Xn) dalla trasformazione di equilibrio 12 considerata e vale:

wnw dXXXXFW

12

,, 21

(3.2.7)

E' questa la prima evidenza del vantaggio di considerare, come idealizzazioni delle

trasformazioni reali, trasformazioni che siano di equilibrio: mentre in una generica

trasformazione reale il lavoro scambiato non può essere espresso in termini delle sole

proprietà (peraltro non di equilibrio) del sistema chiuso che si considera, nel corso di una

trasformazione di equilibrio ciò accade e rende possibile una immediata valutazione del

lavoro scambiato.

Si riportano, in Tabella 3.2.1, in valore assoluto, le espressioni elementari del lavoro

scambiato in trasformazioni di equilibrio di alcuni particolari sistemi chiusi.

8 In questa equazione e, in generale, nella trattazione teorica che segue, Q e W sono considerati positivi se entranti nel

sistema e negativi se uscenti. Ad ogni modo, la questione dei segni da attribuirsi a queste quantità sarà considerata in

dettaglio nel seguito. 9 Infatti, come visto nel Capitolo 2, il concetto di energia fu introdotto da Newton in termini di lavoro meccanico.

- 3.7 -

( x: tensione monoassiale; x: deformazione monoassiale; P: pressione; V: volume; :

tensione superficiale; E: campo elettrico; P: densità di dipolo elettrico; H: campo magnetico;

M: densità di dipolo magnetico; 0: permeabilità magnetica del vuoto; : prodotto scalare).

Natura del lavoro scambiato

Sua espressione

elementare

Lavoro di variazione di volume P dV Lavoro di deformazione monodimensionale di un solido Vx dx Lavoro di variazione di superficie dA Lavoro di polarizzazione di un dielettrico E d(VP) Lavoro di magnetizzazione di un sistema magnetico 0H d(VM)

Tabella 3.2.1 - Espressioni elementari (in valore assoluto) del lavoro scambiato in trasformazioni di equilibrio di

alcuni particolari sistemi.

3.2.3 Il calore.

La prima legge della termodinamica stabilisce che, oltre che attraverso scambi di lavoro,

l'energia di un sistema può essere fatta variare attraverso scambi di calore10

, ovvero scambi di

energia di tipo incoerente. L'entità di tale scambio dipende in generale dalle caratteristiche del

sistema e da quelle dell'ambiente nel corso della trasformazione 12 durante la quale ha luogo

lo scambio. Nel caso ideale in cui questa trasformazione sia di equilibrio, l'espressione

elementare del calore scambiato può porsi in termini delle sole coordinate di equilibrio del

sistema chiuso che si considera nel corso della trasformazione 12 detta ed assume la forma

particolarmente semplice:

dQ = Fq(X1,X2,…Xn) dXq (3.2.8)

e quindi:

qnq dXXXXFQ

12

,, 21

. (3.2.9)

Ad esempio, per un sistema chiuso semplice ad un componente e in una trasformazione

di equilibrio a V costante si ha:

dQ = T dS, (3.2.10)

dove S è l’entropia del sistema considerato (vedi Sezione 3.4).

10 L'affermazione che Q ha le dimensioni di una energia é parte integrante della espressione storica del primo principio (si

considerino ad esempio i classici esperimenti di Joule, descritti nel Capitolo 2).

- 3.8 -

3.2.4 L’equazione di conservazione dell'energia nei sistemi chiusi.

Se nella equazione generale di conservazione (3.2.1) scritta in termini finiti e riferita a

sistemi chiusi,

2

1

2

1,,12

dedeEE outin

, (3.2.11)

ammettiamo che lo scambio energetico possa avvenire solo sotto forma di calore e di lavoro e

distinguiamo in essa tali quantità ponendo,

ininin WQde

2

1,

; outoutout WQde

2

1,

, (3.2.12)

l'equazione scritta diventa:

outinoutin WWQQEE 12 . (3.2.13)

Se, inoltre, si pone,

outin QQQ e outin WWW , (3.2.14)

si ottiene:

2 1E E E Q W . (3.2.15)

Infine, se si considera l'energia totale del sistema chiuso considerato coincidente con la

sua energia interna (3.2.4) e si ammette che gli stati 1 e 2 siano di equilibrio, l'equazione di

conservazione può porsi nei termini finiti:

U = Q + W. (3.2.16)

L'equazione di conservazione espressa in questa forma ristretta sintetizza l'espressione

storica del primo principio della TD. Si noti che nella (3.2.16) abbiamo supposto che calore Q

e lavoro W sono entrambi positivi se entranti nel sistema.

Al proposito, si sottolinea che questa convenzione non è universalmente accettata,

poiché lo sviluppo della TD è legato storicamente alla progettazione di macchine termiche, in

cui parte di un calore entrante si converte in lavoro; dunque, nella TD classica, Q risulta

positivo se c'è un flusso netto di calore entrante, mentre W risulta positivo se c'é un flusso

netto di lavoro uscente dal sistema e dunque la (3.2.16) si modifica in: U = Q - W.

Se, inoltre, l'intera trasformazione è d'equilibrio, si possono applicare la (3.2.6) e la

(3.2.8),

dQ = Fq(X1,X2,…Xn) dXq e dW = Fw(X1,X2,…Xn) dXw,, (3.2.17)

e l'equazione di conservazione diventa:

- 3.9 -

wnwqnqnn dXXXFdXXXFXXUXXU

1212

,,,,,, 111121

(3.2.18)

Gli integrali dipendono in questo caso solo dai valori assunti dalle variabili di equilibrio

del sistema nel corso della trasformazione di equilibrio 12 considerata.

Si noti che le equazioni scritte esprimono un modo di valutazione "strumentale" delle

variazioni dell'energia interna del sistema attraverso misure di lavoro e calore (oppure di solo

lavoro se le trasformazioni considerate possono ritenersi adiabatiche). Ne consegue che

l'energia interna stessa - e tutte le funzioni energetiche TD - sono definibili sempre a meno di

una costante addittiva arbitraria e che, nella trattazione di problemi che abbiano a che fare con

l'energia interna (o con altre funzioni energetiche TD) conviene sempre, per prima cosa,

fissare un riferimento energetico, cioé assegnare un valore arbitrario e di comodo, in un certo

stato TD di nostra scelta, alla funzione energetica che si vuole usare, e questo per ogni specie

presente nel sistema.

3.3 Legge di conservazione della carica elettrica.

Considerato che la carica elettrica può essere positiva o negativa, l'equazione di

conservazione della carica elettrica, per sistemi che ammettono scambi di carica elettrica con

l'ambiente, ha la forma del tutto generale:

outelinelel qq

d

dQ,,

, (3.3.1)

avendo indicato con Qel la somma con segno di tutte le cariche, positive e negative, presenti

nel sistema ad un certo istante e con i vari elq i flussi di carica, positiva o negativa, entranti o

uscenti dal sistema. Tale equazione può essere riferita sia a sistemi aperti che a sistemi chiusi,

esplicitando adeguatamente, in relazione alla natura del particolare sistema considerato, i

flussi di carica elettrica connessi con i flussi di materia ed i flussi di carica elettrica non

connessi con flussi di materia.

Per sistemi che non possono scambiare carica elettrica con l'ambiente l'equazione di cui

sopra, essendo nulli tutti i qel , diventa, una volta integrata rispetto al tempo:

Qel = costante. (3.3.2)

I sistemi di nostro interesse possono considerarsi nella generalità dei casi11

elettricamente neutri globalmente e localmente e quindi la densità di carica elettrica in ogni

punto del sistema e la carica elettrica totale possono ritenersi nulle.

11 Salvo i sistemi elettrochimici, che saranno trattati come ultimo argomento del corso.

- 3.10 -

3.4 Entropia e principio evolutivo per sistemi isolati.

Un numeroso insieme di risultati macroscopici e alcuni successivi risultati della TD

statistica (vedi Capitolo 2 e Appendice 1) permettono di affermare che, per i sistemi TD

chiusi in stati di equilibrio, é definibile e (indirettamente) misurabile una funzione potenziale,

estensiva, a riferimento arbitrario, con dimensioni fisiche (energia / temperatura), denominata

entropia ed indicata con S, tramite la quale sono esprimibili le condizioni evolutive dei

sistemi stessi. L'espressione elementare della sua variazione, riferita a trasformazioni di

equilibrio, è

dS = dQ / T. (3.4.1)

Tale espressione permette la valutazione "strumentale" delle variazioni dell'entropia di

un sistema chiuso, nei termini,

12

1121 ,,,,

T

dQXXSXXS nn , (3.3.2)

essendo 12 una generica trasformazione di equilibrio che connette gli stati (X1,…,Xn)1 e

(X1,…,Xn)2. Ne consegue che l'entropia stessa è definibile sempre a meno di una costante

addittiva arbitraria e che, nella trattazione di problemi che abbiano a che fare con l'entropia

conviene sempre, per prima cosa, fissare un riferimento entropico, cioé assegnare un valore

arbitrario e di comodo al valore dell'entropia in un certo stato TD, e questo per ogni specie

presente nel sistema.

Per quanto riguarda l’ottenimento storico del principio evolutivo (detta seconda legge

della termodinamica) è opportuno ricordare che la formulazione originaria di tale principio è

nei termini visti nel Capitolo 2. Tale formulazione si dimostra essere equivalente a quella qui

di seguito usata per semplicità applicativa e riferita ai sistemi isolati; viene estesa nel seguito a

sistemi non isolati, chiusi ed aperti, che sono quelli di nostro prevalente interesse.

Condizione evolutiva per i sistemi isolati

Per i sistemi isolati, la condizione evolutiva può esprimersi nella forma:

Affinché una trasformazione finita di un sistema TD isolato compatibile con i vincoli

interni e con lo stato iniziale del sistema sia possibile, essa deve avvenire con entropia non

decrescente.

In particolare, la condizione evolutiva con entropia costante individua una classe di

trasformazioni ideali e limite del sistema isolato dette trasformazioni reversibili12

.

Per quanto riguarda l'espressione matematica di tale proposizione, essa può scriversi

come:

dS (sistema isolato) 0, (3.4.3)

12 Questa proposizione rappresenta uno dei possibili modi per enunciare il cosiddetto secondo principio della TD.

- 3.11 -

in ogni punto della trasformazione 12 considerata. Si ha corrispondentemente, riferendosi ad

una trasformazione finita,

0

12

isolisol dSS . (3.4.4)

Sisol

dSisol >0 >=<0 <0 =0 >=<0

Sisol >0 >0 <0 =0 =0

Possibilità SI NO NO SI (Rev.) NO

Figura 3.8.1 - I processi relativi ad un sistema isolato possono aver luogo solo con entropia localmente crescente

E' abbastanza evidente che mentre la condizione locale dSisol 0 implica la condizione

finita Sisol 0, non é vero il viceversa, come é illustrato in figura 3.8.1. Ciò nonostante, é di

uso ricorrente ritenere per ragioni di semplicità formale che, se é valida la condizione finita,

sia valida anche la condizione locale. Noi ci uniformeremo a tale uso ritenendo nelle

trasformazioni di nostro interesse che

Sisol = 0 Sisol = costante (3.4.5a)

e

Sisol > 0 dSisol > 0 (3.4.5b)

e quindi esprimeremo la condizione evolutiva solo in termini di variazione finita riferita

all'intera trasformazione13

:

= Sisol 0. (3.4.6)

Ritenendo stato di equilibrio stabile del sistema isolato considerato quello verso cui il

sistema isolato si evolve spontaneamente, si ha, come corollario della condizione evolutiva

appena vista, che "In un sistema isolato, tra tutti gli stati di equilibrio compatibili con i

vincoli interni e con lo stato iniziale del sistema, é stato di equilibrio stabile quello con

entropia massima". Infatti, il sistema isolato, a causa della non diminuzione dell'entropia

richiesta dalla disequazione fondamentale, si evolve - a meno di fattori cinetici - verso uno

stato col massimo contenuto entropico compatibile con i vincoli interni e con il suo stato

iniziale.

13 Nel seguito, per evitare confusioni con i termini analoghi riferiti ai sistemi non isolati, le variazioni di entropia dei sistemi

isolati saranno indicate con la lettera , com'é del resto d'uso generale nella letteratura TD.

- 3.12 -

3.5 Principio evolutivo per sistemi non isolati.

3.5.1 Trasformazioni reversibili e trasformazioni di equilibrio.

Per poter affrontare in modo conveniente i

problemi relativi all'evoluzione dei sistemi

TD non isolati, é importante chiarire la

relazione che esiste tra i termini

"trasformazione reversibile" (di un sistema

isolato) e "trasformazione di equilibrio" (di

un sistema non isolato).

A questo scopo, osserviamo che

l'evoluzione di un generico sistema isolato

si può identificare con l'insieme delle

trasformazioni di tutti i sottosistemi non

isolati da cui il sistema isolato può ritenersi

composto. Nel corso di tali trasformazioni,

inoltre, i sottosistemi non isolati considerati scambiano in generale tra loro materia, calore e

lavoro.

Ad esempio e con riferimento alla Figura 3.5.1, l'evoluzione del sistema isolato K,

costituito dai sottosistemi aperti A e B e dal sottosistema chiuso C, può identificarsi con

l'insieme delle trasformazioni dei sottosistemi A,B e C, trasformazioni durante le quali si

verificano gli scambi termici QAC, QBC

, lo scambio di lavoro meccanico WCA

e lo scambio di

materia mAB

.

In base a quanto visto nel paragrafo precedente, è ovvio che, affinché la variazione di

entropia del generico sistema isolato che si considera sia nulla, é necessario:

1. che le trasformazioni dei sottosistemi che compongono il sistema isolato siano di

equilibrio;

2. che gli scambi di materia e di energia tra tali sottosistemi avvengano all'equilibrio, cioè

con differenze infinitesime tra i potenziali di scambio T (per il calore), P (per il lavoro

meccanico), µi(i=1,2,...,n)14

(per il trasferimento del generico componente "i").

In sintesi:

(trasformazione reversibile del sistema isolato) = (trasformazioni di equilibrio dei

sottosistemi non isolati) + (interazioni di equilibrio tra i sottosistemi non isolati)

14 Il significato della proprietà TD locale µi - detta potenziale chimico della specie "i" - verrà chiarito nel seguito.

A C

B

QAC

WCA

QBC

mAB

K

Figura 3.5.1 - Schematizzazione di un processo relativo ad

un sistema isolato K, composto da 3 sottosistemi, in termini

di scambi di calore, lavoro e materia tra questi sottosistemi.

- 3.13 -

3.5.2 Principio evolutivo per sistemi non isolati.

Pur avendo a che fare nella realtà con

sistemi non isolati, nell'enunciazione del

principio evolutivo ci siamo riferiti a sistemi

isolati perché la forma del principio stesso é - per

tali sistemi - estremamente semplice:

0. (3.5.1)

Per poter utilizzare tale relazione per i

sistemi non isolati, vengono introdotti (sia

sperimentalmente che in linea teorica) alcuni

sistemi ausiliari di natura estremamente

semplice, denominati riserve ( o sorgenti o

serbatoi) termiche, riserve di lavoro generalizzato

e riserve di materia, aventi effetti di

trasformazione di immediata valutazione, quali

che siano le trasformazioni dei sistemi che con

esse interagiscono. Si può così costruire - sia

sperimentalmente che in linea teorica - un

sistema virtualmente isolato composto dal sistema di nostro interesse e da un adeguato

numero di sistemi ausiliari detti e applicare a tale sistema isolato la disequazione

fondamentale 0, per poi trarre conclusioni sull'evoluzione del sistema non isolato di

nostro interesse (Figura 3.5.2).

La caratterizzazione di tali sistemi ausiliari é la seguente:

1) Riserve termiche (RT).

Si tratta di sistemi chiusi omogenei caratterizzati da basso coefficiente di dilatazione

termica, ottima conducibilità termica e grande capacità termica. Queste proprietà rendono

lecito ammettere che a) possano scambiare energia sostanzialmente solo sotto forma di calore,

b) che la loro evoluzione, nel corso dello scambio, possa comunque ritenersi di equilibrio,

quali che siano le modalità di scambio termico e quali che siano le modalità evolutive dei

sistemi con essi interagenti, e c) che la loro temperatura, nel corso dello scambio, possa

ritenersi costante.

Ne consegue che,

URT = QRT + WRT = QRT, (3.5.2)

perché WRT é identicamente nullo, per definizione di riserva termica, e

RT

RTRT

RTRT

RTRT

T

QdQ

TT

dQS

1, (3.5.3)

perché le trasformazioni di una riserva termica sono di equilibrio ed isoterme.

Sistema

nonisolato

di

nostro

interesse

Riserva 1

Riserva 2

Riserva 3

Scambi di energia e

di materia

Sistema

isolato

Figura 3.5.2 - Schematizzazione di un processo

relativo ad un sistema isolato, composto da tre

riserve e dal sistema non isolato di nostro

interesse, in termini di scambi di calore, lavoro e

materia tra le riserve ed il sistema non isolato.

Tali trasformazioni hanno effetti di immediata

valutazione.

- 3.14 -

2) Riserve di lavoro generalizzato (RL).

Si tratta di sistemi chiusi, anche complessi, capaci di scambiare, in modo

sostanzialmente adiabatico (dQRL

= 0), lavoro generalizzato secondo trasformazioni di

equilibrio. Ne consegue che

0 RT

RLRL

T

dQS , (3.5.4)

perché le trasformazioni di una riserva di lavoro generalizzato sono di equilibrio ed

adiabatiche, e che

URL = QRT + WRL = WRL, (3.5.5)

perché dQRL (e quindi QRL

) é, per definizione di riserva di lavoro generalizzato, identicamente

nullo.

3) Riserve di materia (RMAT).

Sistemi aperti capaci di scambiare materia in quantità arbitraria col sistema aperto che si

considera. In tali sistemi la materia si ritiene nell'identico stato TD (X1,.....,X

n) in cui essa

viene scambiata col sistema aperto che si considera. Conseguentemente

URMAT = u(X1,…,Xn) MRMAT, (3.5.6a)

SRMAT = s(X1,…,Xn) MRMAT (3.5.6b)

dove MRMAT é la variazione di massa della riserva di materia considerata.

3.6 Macchine termiche e macchine frigorifere.

a) Trasferimento di calore da una sorgente termica con

temperatura maggiore a una sorgente termica con

temperatura minore, in assenza di intermediari.

Si consideri un sistema isolato costituito da due

sorgenti termiche con temperature TH e T

C e sia T

H>T

C.

RTH ceda a RT

C una quantità di calore Q (figura 3.6.1). Si

ha:

1 1

0H CRT RT

H C C H

Q QS S Q

T T T T

(3.6.1)

e quindi il processo considerato é possibile e non reversibile.

Si noti anche che questo tipo di processo tende ad

essere reversibile quando le temperature delle due sorgenti

RTH

RTC

Q

TH > TC

Figura 3.6.1- Schematizzazione di un

processo di trasferimento “libero” di

calore da una sorgente termica a

temperatura maggiore ad una sorgente

termica a temperatura minore

- 3.15 -

tendono ad essere coincidenti: si vede infatti che in questo caso quando TH tende a TC ,

tende a zero.

Al processo inverso, in cui il calore passa liberamente da una sorgente a T minore ad una

sorgente a T maggiore, compete invece, come é facile dimostrare, un negativo e quindi tale

processo è impossibile.

b) Macchine termiche.

Le macchine termiche sono dei dispositivi

che, in maniera continua, producono lavoro

meccanico utilizzando parzialmente il calore

proveniente da una o più sorgenti termiche a

temperatura maggiore e "rigettando" parte del

medesimo a una o più sorgenti termiche a

temperatura minore. In particolare le

considerazioni che seguono si riferiscono a una

macchina termica a due sorgenti (figura 3.6.2), per

le quali si ritiene che sia TH > TC, ma sono del tutto

generalizzabili a una macchina a più di due

sorgenti.

Le relazioni da scriversi per una generica trasformazione finita della macchina sono:

;

0,

H M C

CHM

H C

Q U Q W

QQS

T T

(3.6.2)

dove i segni sono indicati in figura, cioè W è il lavoro fatto dalla macchina termica, QH è il

calore estratto dal serbatoio di calore più caldo RTH e QC è il calore ceduto al serbatoio di

calore più freddo RTC. Se riferiamo le relazioni scritte ad un ciclo di funzionamento della

macchina termica, dato che in un ciclo UM

= 0 e SM

= 0 in quanto UM ed SM

riprendono gli

stessi valori, otteniamo:

;

0 .

H C

C C CH

H C H H

Q Q W

Q Q TQ

T T Q T

(3.6.3)

Si può quindi ottenere, in un ciclo di funzionamento della macchina, un lavoro

1 CH

H

TW Q

T

(3.6.4)

Come visto nel Capitolo 2, il rendimento di un ciclo termodinamico è uguale al rapporto

tra il lavoro estratto W e il calore estratto dalla sorgente di calore più calda, QH, ovvero,

RTH

M

RTC

RL

QC QH

W

TH > TC

Figura 3.6.2 - Schema di funzionamento di una

macchina termica ciclica a due sorgenti termiche.

- 3.16 -

1H C C

H H H

W Q Q T

Q Q T

. (3.6.5)

Dunque il lavoro massimo ottenibile, con un rendimento uguale a (1 – TC/TH), è quello

di un ciclo di Carnot, costituito da due isoterme delimitate da due adiabatiche.

c) Macchine frigorifere.

Le macchine frigorifere o macchine refrigeranti

sono dispositivi energetici ciclici il cui scopo primario

é quello di sottrarre calore ad una sorgente termica a

temperatura minore, TC, utilizzando lavoro W

proveniente da una sorgente di lavoro, e rigettando

calore a una sorgente termica a temperatura maggiore

TH (figura 3.6.3).

Si ottiene, utilizzando relazioni analoghe a

quelle scritte per una macchina termica a due sorgenti,

che il lavoro da fornire alla macchina frigorifera deve

rispettare la disequazione

1HC

C

TW Q

T

, (3.6.6)

nella quale si è evidenziato il calore QC sottratto alla sorgente fredda RTC. L’efficienza di

una macchina refrigerante viene espressa mediante un coefficiente di prestazione , definito

come il rapporto tra l’effetto energetico desiderato, QC, e l’energia (di solito elettrica) spesa

per conseguire tale effetto, W, ovvero,

1C C C C

H HH C

Q Q T T

T TW Q Q

. (3.6.7)

Anche in questo caso, si vede che l’efficienza massima il lavoro massimo estraibile, con un

rendimento uguale a 1/(TH/TC - 1), è quello di un ciclo di Carnot, costituito da due isoterme

delimitate da due adiabatiche.

c) Pompe di calore

Le pompe di calore sono essenzialmente macchine frigorifere usate come

"climatizzatori invernali", in modo tale cioé da sottrarre calore all'ambiente esterno più freddo

e, utilizzando lavoro proveniente da una sorgente di lavoro, "rigettare" calore all'ambiente

interno più caldo.

RTH

M

RTC

RL

QC QH

W

TH > TC

Figura 3.6.3 - Schema di funzionamento di

una macchina frigorifera ciclica o di una

pompa di calore ciclica (M). Nel caso di

macchina frigorifera, RT2 rappresenta l’interno

del frigorifero ed RT1 l’ambiente in cui è posto

il frigorifero. Nel caso della pompa di calore, ,

RT2 rappresenta l’ambiente esterno ed RT1

l’ambiente da riscaldare.

- 3.17 -

Lo schema di processo é identico a quello relativo ad una macchina frigorifera e la

disequazione di interesse è

1H

C H

WQ

T T

, (3.6.8)

nella quale si é evidenziato il calore QH "rigettato" alla sorgente calda RTH, cioè all'ambiente

da riscaldare. Il rendimento di una pompa di calore viene espressa mediante un coefficiente di

prestazione , simile a quello di una macchina refrigerante,

1 1H H C

HH C

Q Q T

TW Q Q

. (3.6.9)

d) Impossibilità di conversione globale e ciclica in lavoro del calore di una sorgente.

Dovrebbe aversi, nel primo caso dell'esempio (b), QC = 0 e QH > 0 e quindi sarebbe:

0HH

H

QW Q

T . (3.6.10)

Di conseguenza, il processo é impossibile: la possibilità di ottenimento ciclico di lavoro

utilizzando calore é cioè subordinata alla disponibilità di

almeno due sorgenti termiche.

E' importante notare che l'impossibilità detta é riferita

a processi ciclici o a processi stazionari. In processi finiti e

non ciclici si può ben avere trasformazione di calore in

lavoro15

avendo a disposizione una sola sorgente termica.

e) Possibilità di trasformazione globale e ciclica di

lavoro in calore (degradazione del lavoro).

Dovrebbe aversi, nel secondo caso dell'esempio (c) o (d)

(figura 3.6.4), QC = 0 e Q

H > 0 e quindi sarebbe

0HH

H H

Q WQ W

T T , (3.6.11)

e quindi il processo é possibile e non reversibile: é sempre possibile ottenere, in modo ciclico

o continuo, e comunque irreversibile, calore (a qualsiasi temperatura) da lavoro.

Il lavoro é quindi in definitiva una "moneta energetica" più "nobile" del calore.

15 Ciò accade, ad esempio, in una espansione finita ottenuta cedendo calore al gas contenuto in un sistema cilindro pistone,

secondo le stesse relazioni finora considerate, nelle quali i termini UM e S

M non sono nulli

RTH

M

RL

QH

W

Figura 3.6.4 - – Schematizzazione di

un processo ciclico di trasformazione di

lavoro in calore (a qualsiasi

temperatura).

- 3.18 -

3.7 I sistemi “semplici”.

I risultati generali finora enunciati possono riferirsi, al variare della natura delle variabili

di stato Xi (i=1,2,...,n), a più classi di sistemi che verifichino le ipotesi fondamentali

inizialmente enunciate.

Nel seguito faremo riferimento esclusivo ad una classe particolare di sistemi, detti

sistemi semplici, alla quale possono pensarsi appartenere la quasi totalità dei gas, liquidi e

solidi puri e loro miscele nell'ambito di processi industriali fisici e chimici di interesse

dell'Ingegneria Chimica.

Essi possono caratterizzarsi nel modo seguente:

Esiste una classe di sistemi, detti sistemi semplici, per i quali le variabili di equilibrio

possono ritenersi le seguenti:

P (pressione)

T (temperatura)

Mi (i=1,2,......,n) (massa del generico componente “i” del sistema), ovvero

Ni, (i=1,2,......,n) (massa in unità molari del generico componente "i" del sistema).

Con riferimento alle n-uple di tali variabili di massa si farà uso rispettivamente dei

simboli M=(M1,.....,M

n) ed N = (N

1,..,N

n). In corrispondenza a tali variabili estensive, si

hanno le variabili specifiche e intensive:

n

k

kii MMx1

* (frazione di massa del generico componente “i”; x*=(x

*1,...x

*n) ).

n

k

kii NNx1

(frazione molare del generico componente “i”; x=(x1,...xn) ).

Come si vedrà in seguito, a seconda dei casi, é possibile e opportuno descrivere lo stato

dei sistemi semplici che si considereranno con le prime due variabili che non siano T e P, ma

altre due a loro equivalenti (es. S e V). Salvo i cenni qui ritenuti essenziali e appena fatti alle

variabili di composizione, una trattazione esauriente delle grandezze esplicitamente legate a

tali variabili verrà fatta nei capitoli riguardanti i sistemi a più componenti.

3.8 Apparecchiature aperte con contorno rigido.

Consideriamo un'apparecchiatura A con contorno rigido, cioè invariabile nel tempo,

attraversata da una o più correnti gassose, liquide ed eventualmente solide, costituite, nel caso

più generale, da miscele di più componenti, e capaci di scambiare con l'ambiente potenza

termica, potenza meccanica o potenza elettrica (figura 3.8.1).

Siano definite nei condotti di ingresso nell'apparecchiatura e di uscita

dall'apparecchiatura ed ivi debolmente variabili con la posizione e col tempo le grandezze:

- 3.19 -

z: quota dell'asse del generico condotto rispetto ad una quota di riferimento.

P: pressione del fluido.

T: temperatura del fluido.

x*: composizione massica del fluido (eventualmente, composizione molare x).

v=v(T,P,x): volume specifico (massico o molare) del fluido.

u=u(T,P,x): energia interna specifica (massico o molare) del fluido.

w: velocità del fluido16

rispetto ad un riferimento prefissato.

s = s(T,P,x): entropia specifica (massica o molare) del fluido. m : portata di massa del fluido (eventualmente, portata molare n ).

La equazione di conservazioni della massa

(3.1.1) diventa nel caso di miscele a n

componenti, in assenza di reazioni chimiche,

d

dMmm A

outin . (3.8.1)

,

, ,

i A

i in i out

dMm m

d (3.8.2)

con i = 1,2,…(n-1), dove MA è la massa

contenuta nell’apparecchiatura (A), il pedice i si

riferisce al componente i-esimo e le sommatorie

sono da intendersi estese a tutti i condotti di

ingresso (“in”) e a tutti i condotti di uscita

(“out”). Si noti inoltre che, come visto, la portata massica si può esprimere come il rapporto

tra la portata volumetrica e il volume specifico,

vVm . (3.8.3)

In presenza di reazioni chimiche, è d'obbligo, come è stato già espresso nell’Eq. (3.1.3), la

rappresentazione molare delle masse; inoltre, i riferimenti per le entalpie e le entropie devono

essere chimicamente coerenti (come si vedrà più avanti).

Per quanto riguarda il bilancio di energia (3.2.1), l’energia E contenuta

nell’apparecchiatura si può ritenere uguale alla sua energia interna, quando a)

l’apparecchiatura è ferma e dunque la sua energia cinetica è nulla; b) l’energia potenziale è

costante (e quindi la sua derivata temporale è nulla). Inoltre, l’energia può entrare o uscire per

via convettiva, cioè associata ai flussi fluidi in ingresso e uscita, oppure sotto forma di lavoro

e calore; dunque otteniamo:

outintotAA eeWQ

d

dU

, (3.8.4)

16 L'ipotesi di velocità uniforme nei condotti di ingresso e di uscita é coerente solo con un fluido con viscosità nulla. Per

scrivere correttamente l'equazione di bilancio energetico nei casi in cui l'ipotesi fatta non fosse ammissibile, bisogna tenere

debito conto, nei termini dell'equazione in cui compare la velocità, della effettiva e non uniforme distribuzione di velocità

nei condotti stessi.

RMAT

RL

A

RMAT

RTk

WA

moutmin

QkA

Figura 3.8.1 - Schema di una apparecchiatura con

contorno rigido funzionante a fluido.

- 3.20 -

dove e è il flusso totale di energia associata ai flussi di materia entranti o uscenti. Questi

ultimi, a loro volta, si possono esprimere come il prodotto tra la portata massica e l’energia

specifica per unità di massa, eme , dove gzwue 22

1 è uguale alla somma di energia

interna, energia cinetica ed energia potenziale specifiche. Anche il lavoro totW è la somma del

lavoro scambiato al contorno del sistema (il cosiddetto “shaft work”, dovuto, ad esempio, ad

una pompa), AW , più il lavoro fatto dalle forze di pressione all’ingresso e all’uscita. Questo

termine tiene conto del fatto che un generico flusso entrante in un sistema, per entrare nel

sistema, deve cedere al sistema stesso una potenza inin

PV Pmv , mentre il sistema stesso

cede al generico flusso uscente, per farlo uscire, una potenza out

Pmv . Si ottiene, in

definitiva, l’equazione di bilancio,

2 21 12 2

Ain out A A

in out

dUm w gz u Pv m w gz u Pv Q W

d , (3.8.5)

dove ,

1

m

A k A

k

Q Q

e ,

1

m

A k A

k

W W

sono, rispettivamente, la potenza termica globale e quella

di lavoro generalizzato globale scambiate dall'apparecchiatura attraverso il suo contorno e

ritenute positive se entranti nell'apparecchiatura. Dalla (3.8.5) appare naturale – per ragioni di

concisione - definire la seguente funzione termodinamica,

H = U + PV (ovvero h = u + Pv), (3.8.6)

detta entalpia. Come sarà dimostrato nel Capitolo 5, l’entalpia è una funzione potenziale

termodinamica.

Infine, la condizione evolutiva si può esprimere nella forma seguente,

0,

d

dS

T

Qsmsm A

k

Ak

ininoutout

, (3.8.6)

dove Tk è la temperatura della generica sorgente termica con cui l'apparecchiatura scambia la

potenza termica AkQ , (k=1,2,...,m).

Una versione semplificata della (3.8.5) in condizioni stazionarie fu ricavata nella prima

metà del ‘700 dallo scienziato svizzero Daniel Bernoulli. Non essendo ancora nota la prima

legge della termodinamica, la, cosiddetta, equazione di Bernoulli esprime la conservazione

dell’energia meccanica e dunque non vi compare il calore scambiato, né l’energia interna.

Con queste ipotesi, l’equazione di Bernoulli si ottiene dividendo la (3.8.5) per la portata

massica (la stessa in entrata e in uscita), come segue:

outAin

PvgzwwPvgzw 2

212

21 , (3.8.11)

- 3.21 -

dove mWw AA / è la potenza per unità di portata. Ovviamente, l’equazione di Bernoulli si

applica solo nei casi in cui sono trascurabili tutti gli effetti termici, inclusi quelli dissipativi.

Si noti infine che, nella maggior parte delle applicazioni di nostro interesse, sono

trascurabili le variazioni di energia cinetica e potenziale fra entrata ed uscita

dell'apparecchiatura e si considerano in prevalenza regimi stazionari. In queste ultime

ipotesi, le relazioni fondamentali assumono la forma semplificata riportata nella tabella che

segue.

Apparecchiatura aperta con contorno rigido, funzionante a fluido in regime stazionario

e in assenza di reazioni chimiche

outin mm . (3.8.7)

, , 1,2 ,( -1)i in i outm m i n (3.8.8)

0 AAoutoutinin WQhmhm . (3.8.9)

0,

k

Ak

ininoutoutT

Qsmsm

. (3.8.10)

Si noti che, in questo caso, i dati TD necessari per la risoluzione del problema si

riducono alle funzioni h(T,P,x) ed s(T,P,x) nelle varie condizioni (T,P,x) relative ai condotti

di ingresso e di uscita dell'apparecchiatura.

3.9 Riferimenti energetici ed entropici nei sistemi chimicamente

reagenti.

L'indeterminazione additiva del valore dell'energia interna e dell'entropia dei

singoli sistemi comporta che le energie interne e le entropie di due o più sistemi semplici di

natura diversa differiscano anch'esse per costanti arbitrarie : ciò non é accettabile nel dominio

delle trasformazioni chimiche perché a qualsiasi trasformazione chimica fissata

corrisponderebbero variazioni energetiche ed entropiche arbitrarie, dipendenti dai riferimenti

arbitrari, energetici ed entropici, dei reagenti e dei prodotti di reazione. Poiché tali variazioni

sono invece sperimentalmente misurabili17

e quindi univocamente determinate dalla reazione

chimica che si considera, nell'ambito dei sistemi sede di reazioni chimiche si rende necessario

assegnare all'energia interna (o a qualsiasi altra funzione energetica18

) e all' entropia delle

17 Ad una reazione chimica "libera" isobara isoterma e' associato un effetto termico sperimentalmente misurabile Q

P, che

coincide con la variazione dell'entalpia del sistema reagente nel corso della reazione considerata. Ad una reazione chimica

isobara isoterma e reversibile, che avviene necessariamente con scambio di lavoro elettrico con l'ambiente (e quindi non

può essere libera), è associato un effetto termico sperimentalmente misurabile QT,P, che, diviso per T, coincide con la

variazione dell’entropia del sistema reagente nel corso della reazione considerata. 18 Infatti i riferimenti delle funzioni energetiche sono reciprocamente dipendenti, secondo le equazioni: u*=h*-P*v*; a*=h*-

P*v*-T*s*; g*=h*-T*s*, essendo (T*,P*) le variabili dello stato di riferimento scelto e riferendosi l’indice “*” a tale stato di

riferimento. In TD chimica si sceglie di dare un riferimento all’entalpia, piuttosto che all’energia interna, dato che

- 3.22 -

varie specie chimiche un riferimento che tenga conto della unicità del valore di tali effetti di

trasformazione. E' opportuno inoltre considerare, nella espressione delle entropie delle singole

specie chimiche, alcuni risultati generali riguardanti le trasformazioni TD e le proprietà della

materia nell'intorno dello zero assoluto di temperatura.

Si fanno conseguentemente le seguenti scelte:

a) Per l'entalpia

Nell'ambito del problema che si considera, si sceglie secondo argomenti di

comodo una T* di riferimento, e si pone, per la generica specie k :

hk (1 atm , T*) = 0, se k é un elemento nel suo stato di aggregazione stabile alla

temperatura considerata;

hk (1 atm, T*) = rH°f,k(T*) (entalpia di formazione standard della specie k alla

temperatura T*), se k é un elemento in un suo stato di aggregazione non stabile alla

temperatura che si considera oppure se k é un composto19

. Scelto tale riferimento,

l'entalpia della specie k a temperatura T sarà

*** , TTTTcThTh Pkk . (3.9.1)

b) per l'entropia

All'entropia di un sistema TD in uno stato di equilibrio omogeneo, allo zero

assoluto di temperatura20

può essere attribuito valore zero.

Questa proposizione, detta postulato di Nerst, é nota come terzo principio della TD.

Con questa posizione si riesce ad attribuire all'entropia un valore a riferimento assoluto per

tutti i sistemi in stati di equilibrio e tale riferimento assoluto é "chimicamente" coerente21

.

dell’entalpia si fa un uso molto più ricorrente che non dell’energia interna. Per la definizione delle funzioni a e g (che

peraltro dovrebbero essere note dal corso di chimica) si veda più avanti. 19 L'entalpia di formazione standard, con dimensioni ( energia / massa molare ), sarà definita nel capitolo sui sistemi

chimicamente reagenti. Essa viene generalmente data, nelle tavole, a 298 K. 20 Queste condizioni individuano un solido cristallino perfetto. 21 Per valutare la generica sk(T,P) in questo riferimento assoluto, uno dei modi é di considerare l'evoluzione termica della

specie k dalle condizioni (T=0 K, P) (in cui tutti i sistemi sono solidi) alle condizioni (T=T, P), tenendo conto anche delle

transizioni di fase che in tale intervallo hanno luogo.

- 3.23 -

3.10 Turbine e compressori.

Turbine e compressori sono un esempio di apparecchiature con contorno rigido

funzionanti a fluido. Poichè sono delle apparecchiature ausiliarie di processo molto usate

nell’industria chimica, vengono qui trattate in dettaglio. Detta A l'apparecchiatura, si ha il

seguente schema:

TURBINA P

out < P

in

AW < 0

COMPRESSORE Pout

> Pin

AW > 0

Nella turbina si ha quindi una cessione di potenza meccanica all'ambiente ( AW < 0) e

una diminuzione della pressione del fluido operativo; nel compressore, un assorbimento di

potenza meccanica dall'ambiente ( AW > 0) e un aumento di pressione del fluido operativo.

Riferendosi ad un regime stazionario con variazione trascurabile di energia cinetica e

potenziale delle correnti fluide tra entrata ed uscita valgono le relazioni generali:

mmm outin . (3.10.1)

0 AAoutin WQhhm . (3.10.2)

00

T

Qssm A

inout

. (3.10.3)

dove T0 é la temperatura del mezzo di raffreddamento dell'apparecchiatura, ritenuto sorgente

termica.

Sono casi limite interessanti rispetto ai casi reali il caso adiabatico ( AQ = 0) e il caso

isotermo (T0= T = costante nell'apparecchiatura)

22. Si ottiene rispettivamente:

CASO ADIABATICO ( AQ = 0)

outinA hhmW , (3.10.4)

sout sin, (3.10.5)

dove 0AW per un compressore e 0AW per una turbina. Riferendosi a un fluido puro e

ritenute assegnate le informazioni h=h(T,P) ed s=s(T,P) relative al fluido nelle condizioni di

ingresso e di uscita dell'apparecchiatura e ritenendo fissati i parametri di processo Pin

, Tin

e

Pout

, la soluzione é nei termini:

22 Siamo noi che, con le nostre scelte costruttive, determiniamo se l'apparecchiatura funzionerà in modo adiabatico o

isotermo, o meglio, in modo tendente all'adiabatico o in modo tendente all'isotermo. Più precisamente, il processo sarà

tanto più vicino all'adiabatico quanto minore sarà lo scambio termico dell’apparecchiatura con l’ambiente e tanto più

vicino all'isotermo quanto maggiore sarà lo scambio termico con l’ambiente.

- 3.24 -

hin

= f (Pin

,Tin

); sin = f (P

in,T

in); (3.10.6)

hout

= f(Pout

,sout

); Tout

= f(Pout

,sout

). (3.10.7)

Riferendosi agli schemi appena visti, si nota che, per sin = sout

(cioè 0 ), se

l'apparecchiatura funziona da compressore (figura 3.10.1), si ottiene la potenza minima che

essa deve assorbire perché possa aver luogo il processo di compressione continuo e

stazionario considerato; se funziona da turbina (figura 3.10.2), la potenza massima che essa

può cedere nel corso del processo di espansione continuo e stazionario considerato.

CASO ISOTERMO (Tin

= Tout

= T in ogni punto dell'apparecchiatura)

P=PinP=Pout

Out

(rev)

in

out

W

mh hin

out in 0

,

,

W

mh h

rev in

rev out in 0

sin sout

hin

hrev,out

hout

h

s

Figura 3.10.2 –

Rappresentazione di un

processo stazionario di

espansione adiabatica nel piano (s,h). Processo

reversibile: in-out (rev) a

tratto continuo, con

srev,out=sin. Processo reale:

in-out a tratteggio, con

sout>sin.

P=PinP=Pout

in

out

(rev)

out

W

mh hin

out in 0

,

,

W

mh h

rev inrev out in 0

sin sout

hin

hrev,out

hout

h

s

Figura 3.10.1 - Rappresentazione

di un processo stazionario di

compressione adiabatica nel

piano (s,h). Processo reversibile:

in-out (rev) a tratto continuo, con

srev,out=sin. Processo reale: in-out

a tratteggio, con sout>sin.

- 3.25 -

0 WQhhm outin ; (3.10.8)

0T

Qssm inout

, (3.10.9)

dove abbiamo ritenute positive le potenze termiche e meccaniche entranti

nell’apparecchiatura, da cui:

0 inoutinout ggmTshTshmW , (3.10.10)

revoutoutinoutinout QssmTQssmTQ ,0 . (3.10.11)

Relativamente ai compressori, si dimostra facilmente e in generale che, a parità di

condizioni di ingresso e di pressione in uscita, il processo isotermo, dal punto di vista della

potenza scambiata, è più vantaggioso del processo adiabatico.

Si nota inoltre che, nel caso isotermo, non é visualizzabile, in modo grafico, la

differenza tra un processo stazionario reversibile e un processo stazionario reale: le condizioni

di processo isotermo individuano in entrambi i casi la stessa linea isoterma che sarà disegnata

rispettivamente - nei due casi detti - a tratto pieno e a tratteggio. Le differenze tra i due casi

sono esprimibili solo in termini di potenze termiche e meccaniche scambiate:

inout ssmTQ , (3.10.12)

e, corrispondentemente,

outin hhmQW . (3.10.13)

3.11 “Dissipazione” e analisi TD dei processi.

Si consideri un generico processo stazionario che abbia luogo in una apparecchiatura

aperta con contorno rigido. Dalle relazioni fondamentali approssimate,

0 AAoutoutinin WQhmhm , (3.11.1)

0,

k

Ak

ininoutoutT

Qsmsm

, (3.11.2)

valide sotto opportune (e note) ipotesi, e ritenendo che si abbia a che fare con una sola riserva

termica con temperatura T=Tamb, si ottiene, sostituendo la seconda equazione nella prima:

ambinoutambinoutA TsmsmThmhmW . (3.11.3)

Per un processo reversibile al quale competano le stesse condizioni di ingresso e di

uscita del processo reale, essendo 0 , si avrà,

- 3.26 -

inoutambinoutrev snsnThnhnW , (3.11.4)

e quindi, in generale, e considerando i due casi possibili nel verso di scambio di W :

ambrevinin TWW , ; (3.11.5)

ambrevoutout TWW , . (3.11.6)

Quindi, nel caso in cui l'apparecchiatura generi potenza, il termine ambT rappresenta la

perdita di potenza che si ha nel processo reale rispetto all'analogo23

processo reversibile. Nel

caso in cui l'apparecchiatura assorba potenza, lo stesso termine rappresenta la potenza in più

che é richiesta nel processo reale, rispetto all'analogo processo reversibile. Il termine suddetto

viene di conseguenza e piuttosto ragionevolmente chiamato dissipazione oppure potenza

dissipata relativa al processo reale considerato.

Da un altro punto di vista, la (3.11.6) esprime la potenza ottenibile quando il sistema in

esame si mette in contatto con un'unica sorgente di calore. Tale potenza si dice potenza

equivalente ottimale o, più semplicemente, exergia.

La considerazione di questa quantità o di altre quantità ad essa legate permette di dare

una valutazione, strettamente TD, dell'efficienza globale di un processo e permette di studiare

come tale efficienza globale TD vari al variare di certe scelte di processo. Tale studio viene

chiamato analisi TD dei processi e verrà trattato, in maggiore dettaglio, nel corso di Chimica

Industriale.

Letture aggiuntive

H.B. Callen, Thermodynamics and an Introduction to Thermostatics, Wiley, New

York (1985). In questo testo si trova una trattazione assiomatica della termodinamica. Noi

ce ne siamo serviti in questo capitolo, anche se nel Capitolo 0 abbiamo fornito una

giustificazione fisica degli assiomi.

S.I. Sandler, Chemical and Engineering Thermodynamics (III ed.). Capitoli 2 e 3.

Ottimo testo per l’ingegneria chimica. Anche qui l’entropia e la seconda legge vengono

definite in modo assiomatico.

J.M. Smith and H.C. Van Ness, Introduction to Chemical Engineering

Thermodynamics (IV ed.). Capitolo 2. Qui si trova una trattazione più classica della

termodinamica (infatti Smith fu studente di Zemansky), con la seconda legge introdotta

attraverso il ciclo di Carnot, come abbiamo visto nel Capitolo 0.

E.P. Gyftopoulos and G.P. Beretta, Thermodynamics. Foundations and

Applications, MacMillan, New York (1991). Capitolo 4. Qui la seconda legge viene

introdotta seguendo lo schema di Keenan e Hatsopoulos. La novità è che la si vuol

applicare a tutti i sistemi, anche a quelli composti da una singola particella. Merita

comunque di essere consultato.

23 Nel senso detto di condizioni TD delle correnti di ingresso e di uscita identiche nei due processi.

- 3.27 -

3.17 Esercizi

E3.01 - Bruciatore adiabatico stazionario. Riferendosi allo schema qui riprodotto, si valuti

la temperatura di uscita dei fumi di combustione dal bruciatore adiabatico stazionario

considerato.

E3.02 - Ci si riferisca alle tavole TD dell'ossigeno, e si considerino processi stazionari con

(reversibili). Si calcoli la potenza assorbita o ceduta da un compressore e da una

turbina in condizioni adiabatiche e isoterme e con una portata di 1 gmole/s.

E3.03 - Problema dello scaldabagno. Si consideri il riscaldamento di una massa d’acqua M

contenuta in uno scaldabagno ottenuta fornendo una potenza elettrica . Si richiede un

bilancio di energia, con valutazione della funzione T() (temperatura media T all’istante )

della massa d’acqua contenuta nello scaldabagno.

E3.04 - Problema della pentola di fagioli. Uscendo da casa, lasciamo sul gas una pentola

contenente acqua e fagioli, in fase di ebollizione. Ritornando dopo un’ora, notiamo che il

livello dell’acqua nella pentola è calato di 2 cm. Qual è la portata di metano, ritenuta

stazionaria, alimentata al fornello?

E3.05 - Mostrare che, dal punto di vista energetico, una pompa di calore è più conveniente di

una stufa elettrica. Si quantifichi questa convenienza nel caso in cui Test = 0 °C, Tint = 20 °C

e 3el stufaW kW .

E3.06 - Si valuti la potenza assorbita da un frigorifero stazionario reversibile che assorbe 30

KJoule/min da una camera a +4 °C, essendo 20°C la temperatura ambiente.

E3.07 - Il lavoro elementare isotermo isobaro da cedere al sistema per variare l’area

superficiale di un liquido è esprimibile nei termini dWin = + dA, essendo la tensione

superficiale del liquido alla temperatura considerata.

0

,Wel in

Figura 3E.1 - Schema di funzionamento di un bruciatore adiabatico stazionario.

bruciatore

Aria: O 2 (g): 0.5 lbmole/s N 2 (g): 2.0 lbmole/s

H 2 (g) : 1 lbmole/s

Q 0 , W 0

H 2 O (g) : 1 lbmole/s

N 2 (g) : 2 lbmole/s

P=1 atm T = 298 K

P = 1 atm T = T x

- 3.28 -

Si valuti il lavoro necessario per la nebulizzazione di un litro d’acqua in particelle con raggio

di 5x10 –6

m, a temperatura ambiente.

E3.08 - Si consideri lo svuotamento a) adiabatico, b) isotermo di un serbatoio in pressione,

attraverso una valvola che garantisce una portata costante. Si risolva il problema anche

numericamente, assegnando valori ragionevoli ai parametri in gioco.

E3.09 - Si calcoli la velocità massima di uscita di un liquido incomprimibile da un serbatoio

avente un foro alla base. Utilizzando questo risultato, si calcoli il tempo necessario per

svuotare un serbatoio cilindrico, in cui inizialmente sia presente una quantità nota di liquido.