Capitolo 3 Termodinamica dei Processi. · una disequazione che esprime, esplicitamente o...
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- 3.1 -
Capitolo 3 Termodinamica dei Processi.
Considerando quanto è stato detto nel capitolo precedente, si può affermare che la TD di
equilibrio è dotata - come tutte le altre teorie fisiche - di un insieme di leggi fondamentali.
Esse consistono di alcune leggi di conservazione, in forma di equazione, valide ed
esplicitamente considerate anche in altre teorie fisiche, e di una legge evolutiva in forma di
disequazione:
LEGGI DI CONSERVAZIONE
equazione di conservazione della massa
equazione di conservazione dell'energia
A queste due equazioni, andrebbe aggiunta l’equazione di conservazione della carica elettrica,
che però in questo testo viene considerata solo marginalmente.
LEGGE EVOLUTIVA
una disequazione che esprime, esplicitamente o implicitamente, il fatto che l’entropia di
un sistema isolato non può decrescere nel tempo.
Affinché una generica e ipotetica trasformazione TD possa aver luogo, durante tale
trasformazione devono essere verificate simultaneamente tutte le leggi fondamentali appena
scritte.
Dato che la forma matematica delle stesse leggi è molto diversa a seconda che si abbia a
che fare con sistemi aperti o con sistemi chiusi, e a seconda che in tali sistemi avvengano o
meno reazioni chimiche, è opportuno, sia nella esposizione della teoria, sia nella trattazione
dei problemi concreti, chiarire sempre a quale situazione delle situazioni dette si stia facendo
riferimento.
3.1 Legge di conservazione della massa.
3.1.1 Sistemi aperti.
Per i sistemi aperti, la legge di conservazione della massa (altrimenti detta bilancio
globale di massa) può porsi nei termini:
velocita' di variazione portata di massa portata di massa
della massa del sistema entrante nel sistema uscente dal sistema
,
outin mmd
dM
, (3.1.1)
- 3.2 -
dove dM è la variazione della massa M del sistema durante l’intervallo di tempo d , mentre
m e min out sono, rispettivamente, il flusso totale di massa entrante nel sistema e il flusso totale
di massa uscente dal sistema.
In un condotto avente sezione di area S, attraversato da un fluido avente velocità w e
densità uniforme e costante , il flusso totale massico, detto anche portata massica, può
esprimersi nei termini1
m V wS , (3.1.2)
in cui wSV è la portata (o flusso totale) volumetrica. Si noti che m kg s , mentre
3V m s .
Per ciò che riguarda la legge di conservazione della massa della generica specie "i" presente
nel sistema (altrimenti detta bilancio di massa sul componente "i"), è necessario fare una
distinzione tra i casi in cui, nel sistema aperto considerato, si ritiene che non abbiano luogo
reazioni chimiche e i casi in cui si ritiene che, nello stesso sistema, abbiano luogo reazioni
chimiche.
In generale, in presenza di reazioni chimiche, dato che le equazioni di reazione sono
sempre rappresentate in termini molari, é d'obbligo la rappresentazione molare delle masse
dei componenti, nei termini 1 2, , , nN N N . In tal caso, detto k il grado di avanzamento della
generica reazione indipendente k che ha luogo nel sistema reagente considerato, ed indicando
con kd d la rispettiva velocità di reazione, l’equazione di bilancio di massa per il generico
componente i si scrive nei termini
, ,
1
ri k
i in i out ik
k
dN dn n
d d
, ( 1,2, , )i n . (3.1.3)
In questa equazione, la sommatoria é estesa a tutte le r reazioni chimiche indipendenti che
hanno luogo nel sistema reagente considerato e rappresenta la velocità con cui la massa
molare delle generica specie "i" varia nel sistema a causa dell'insieme delle r reazioni
chimiche indipendenti dette. I termini ik rappresentano il coefficiente stechiometrico (con
segno) della specie i nella reazione indipendente k. Tali coefficienti stechiometrici sono
negativi per i reagenti e positivi per i prodotti di reazione. Conseguentemente, se la
sommatoria scritta in (3.1.3) è negativa, "i" , come effetto cumulativo delle r reazioni dette,
scompare, mentre, se la stessa sommatoria é positiva, "i", come effetto cumulativo delle stesse
reazioni, compare nel sistema.
In assenza di reazioni chimiche, l’ultimo termine nell’equazione di bilancio (3.1.3) è
nullo, e l’equazione di bilancio è nei termini:
1 Il flusso totale di massa non va confuso con il flusso massico, JM = w, che è una grandezza locale, uguale alla massa che
attraversa una sezione di area unitaria nell’unità di tempo.
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outiinii nn
d
dN,,
( 1,2, , )i n . (3.1.4a)
Questa equazione si può scrivere equivalentemente usando le masse dei componenti del
sistema, (M1, M2,..., Mn), ottenendo le seguenti equazioni di bilancio2:
outiinii mm
d
dM,,
, ( 1,2, , )i n . (3.1.4b)
Le equazioni di bilancio (3.1.1) e (3.1.3)-(3.1.4) possono esprimersi equivalentemente
in forma elementare senza l'evidenziazione della variabile indipendente e possono
eventualmente essere integrate ed essere poste conseguentemente in forma di variazione
finita. Ad esempio, la (3.1.1) si può scrivere nei termini equivalenti,
outin dmdmdM , (3.1.5)
in cui non è evidenziata la variabile indipendente3; questa espressione può poi eventualmente
essere integrata ed essere conseguentemente espressa in termini di variazione finita.
3.1.2 Sistemi chiusi.
Per ciò che riguarda i sistemi chiusi, non essendovi scambi di materia con l'ambiente, la
massa del generico sistema non varia nel tempo. Il bilancio di massa globale può allora
scriversi nei termini:
0d
dM. (3.1.7)
Per ciò che riguarda il bilancio di massa sui singoli componenti presenti nel sistema, in
assenza di reazioni chimiche, esso si può scrivere equivalentemente come
dMi/d = 0 ( 1,2, , )i n . (3.1.8a)
o come
dNi/d = 0 ( 1,2, , )i n . (3.1.8b)
In presenza di reazioni chimiche, è necessaria la rappresentazione molare, e il bilancio
stesso va scritto nei termini:
k
kiki
d
dN
. ( 1,2, , )i n . (3.1.9)
2 Si noti che la somma di queste n equazioni equivale alla equazione di conservazione della massa totale. Pertanto, di tutte
queste n+1 equazioni, solo n sono indipendenti. 3 Che quindi, nell'equazione scritta in questa forma, può anche non essere il tempo.
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Tutte le equazioni scritte possono esprimersi equivalentemente in forma elementare
senza l'evidenziazione della variabile indipendente e possono eventualmente essere integrate
ed essere poste conseguentemente in forma di variazione finita.
Tale ultima forma, piuttosto ricorrente nei bilanci di materia scritti per i sistemi chiusi, é
rispettivamente, nei quattro casi considerati:
0 ,0
,0 ,0
costante; costante,
costante; ,
i i
i i i i ik k
k
M M M M
N N N N
( 1,2, , )i n . (3.1.10)
dove il suffisso “0” indica il valore della quantità considerata al tempo =0.
3.2 Legge di conservazione dell'energia.
Nel caso del bilancio energetico, è opportuno scrivere l'equazione di conservazione
dell'energia nei termini del tutto generali4, cioè valida sia per sistemi chiusi che per sistemi
aperti,
velocita' di variazione flusso totale di energia flusso totale di energia
dell'energia totale del sistema entrante nel sistema uscente dal sistema
outin eed
dE,,
. (3.2.1)
Nel caso dei sistemi aperti, l'equazione di bilancio si otterrà esplicitando adeguatamente e
separatamente, in relazione alla particolare natura del sistema aperto considerato, i flussi
energetici connessi con i flussi di materia, i flussi energetici non connessi con i flussi di
materia e la variazione nel tempo dell'energia associata al sistema.
Questa "esplicitazione" è di norma piuttosto complessa e noi ci limiteremo a scriverla
per una classe particolare (e semplice) di sistemi aperti, costituita dalle apparecchiature con
contorno rigido funzionanti a fluido (vedi par. 3.8). Per tali sistemi si può ritenere che
l’energia totale sia somma dell’energia interna, U (vedi più oltre per la sua definizione),
dell’energia cinetica (macroscopica) EK e dell’energia potenziale (macroscopica) EP, e che gli
scambi energetici avvengono o in modo convettivo, cioè associati con flussi di materia
entranti o uscenti dal sistema, o attraverso scambi di lavoro e di calore attraverso il contorno
del sistema. In simboli:
K PE U E E ; (3.2.2)
e
e me W Q , (3.2.3)
4 Anche in questo caso si può adottare la forma elementare dell'equazione, senza evidenziazione della variabile indipendente,
o la forma finita, ottenuta per integrazione della forma elementare.
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dove W e Q sono le potenze meccaniche (o elettriche) e termiche scambiate dal sistema ed e
è l’energia per unità di massa associata alla portata m .
Per i sistemi chiusi si procederà in modo analogo, partendo cioè dall'equazione generale
di cui sopra ed esplicitando adeguatamente, in relazione alla struttura del particolare sistema
che si considera, i flussi energetici scambiati dal sistema con l'ambiente5 e la variazione nel
tempo dell'energia associata al sistema.
3.2.1 L'energia interna.
Considerando un generico sistema TD chiuso non sottoposto ad alcuna azione
esterna (campi gravitazionali, campi elettromagnetici ecc.)6 e fermo rispetto ad un sistema di
riferimento inerziale prefissato, si possono considerare nulle le forme di energia potenziale del
sistema relative a quei campi e l'energia cinetica del centro di massa dello stesso sistema
rispetto al sistema di riferimento considerato: restano allora da considerarsi le forme di
energia cinetica legate ai moti delle particelle del sistema rispetto al suo centro di massa e
quelle di energia potenziale legate alle loro posizioni reciproche. Si viene di conseguenza a
definire una restrizione dell'energia totale del sistema E prima considerata, restrizione
associata allo stato "interno" del sistema all'istante considerato.
Definiamo energia interna del sistema ed indichiamo con U tale restrizione della E .
Se, inoltre, lo stato considerato é di equilibrio omogeneo, l'energia interna dipenderà
dalle sole variabili TD di equilibrio (X1,X2,.....,Xn) relative a quello stato:
U = U(X1,X2,…Xn). (3.2.4)
Coerentemente con la generalizzazione di alcune esperienze "storiche"7 e coerentemente
col fatto che essa é la manifestazione macroscopica di potenziali di campi conservativi a
livello microscopico, si può affermare che l'energia interna di un sistema TD in uno stato di
equilibrio é una funzione potenziale TD.
Tale funzione:
1. ha le dimensioni di un'energia;
2. é estensiva;
3. é a riferimento arbitrario, cioé determinabile a meno di una costante addittiva arbitraria;
4. gode di tutte le proprietà tipiche delle funzioni potenziali;
5 Nel caso dei sistemi chiusi non vi sono flussi di materia e quindi la "stesura" del bilancio energetico, non dovendosi
considerare i flussi energetici connessi con i flussi di materia, e' molto piu' semplice. 6 Ovvero sistemi per i quali tali azioni siano trascurabili nel contesto considerato. 7 Ci si riferisce ai classici esperimenti di Joule nei quali fu in definitiva dimostrata l'invarianza dell'integrale dello scambio
elementare (dQ+dW) al variare della trasformazione di equilibrio effettuata, fermi restando i punti estremi 1 e 2 della
trasformazione stessa. Come si é detto precedentemente, questa condizione é sufficiente per affermare l'esistenza di una
funzione potenziale del sistema con differenziale dU = dQ + dW.
- 3.6 -
5. la sua variazione elementare, riferita a trasformazioni di equilibrio nel corso delle quali si
suppone che il sistema chiuso considerato possa scambiare energia sotto forma solo di
calore e lavoro, vale, in termini di calore e lavoro scambiato8,
dU = dQ + dW. (3.2.5)
3.2.2 Il lavoro.
Come si è visto nel capitolo precedente, uno dei modi in cui un sistema TD può
scambiare energia con l'ambiente è il lavoro9, che si riferisce ad uno scambio di energia di
tipo coerente, caratterizzato da movimenti di traslazione uniformi, comuni a tutte le particelle
che costituiscono il sistema.
Si riconosce anche che, in relazione alla natura del sistema e dell'ambiente, sono
possibili, nella interazione tra sistema ed ambiente, vari modi di lavoro. Per definizione,
tuttavia, qualsiasi tipo di lavoro si può trasformare completamente in lavoro meccanico e
riconducibile quindi al sollevamento di un grave.
L'entità del generico lavoro scambiato tra sistema e ambiente dipende, com'é naturale,
dalle caratteristiche del sistema e dell'ambiente durante la trasformazione nel corso della quale
ha luogo tale scambio.
Nel caso ideale in cui la trasformazione considerata sia di equilibrio, l'espressione
elementare della generica forma di lavoro scambiato può porsi in termini delle sole coordinate
di equilibrio del sistema chiuso considerato ed assume la forma particolarmente semplice:
dW = Fw(X1,X2,…Xn) dXw (3.2.6)
in cui Fw (detta "forza generalizzata") é funzione delle sole variabili di equilibrio (X1,X2,…Xn)
del sistema e Xw (detta "coordinata di lavoro") é una variabile o una proprietà di stato, a
seconda della scelta delle variabili TD del sistema. L'espressione finita del tipo di lavoro
considerato, tra due stati di equilibrio (X1,X2,…Xn)1 e (X1,X2,…Xn)2 dipende, attraverso le
(X1,X2,…Xn) dalla trasformazione di equilibrio 12 considerata e vale:
wnw dXXXXFW
12
,, 21
(3.2.7)
E' questa la prima evidenza del vantaggio di considerare, come idealizzazioni delle
trasformazioni reali, trasformazioni che siano di equilibrio: mentre in una generica
trasformazione reale il lavoro scambiato non può essere espresso in termini delle sole
proprietà (peraltro non di equilibrio) del sistema chiuso che si considera, nel corso di una
trasformazione di equilibrio ciò accade e rende possibile una immediata valutazione del
lavoro scambiato.
Si riportano, in Tabella 3.2.1, in valore assoluto, le espressioni elementari del lavoro
scambiato in trasformazioni di equilibrio di alcuni particolari sistemi chiusi.
8 In questa equazione e, in generale, nella trattazione teorica che segue, Q e W sono considerati positivi se entranti nel
sistema e negativi se uscenti. Ad ogni modo, la questione dei segni da attribuirsi a queste quantità sarà considerata in
dettaglio nel seguito. 9 Infatti, come visto nel Capitolo 2, il concetto di energia fu introdotto da Newton in termini di lavoro meccanico.
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( x: tensione monoassiale; x: deformazione monoassiale; P: pressione; V: volume; :
tensione superficiale; E: campo elettrico; P: densità di dipolo elettrico; H: campo magnetico;
M: densità di dipolo magnetico; 0: permeabilità magnetica del vuoto; : prodotto scalare).
Natura del lavoro scambiato
Sua espressione
elementare
Lavoro di variazione di volume P dV Lavoro di deformazione monodimensionale di un solido Vx dx Lavoro di variazione di superficie dA Lavoro di polarizzazione di un dielettrico E d(VP) Lavoro di magnetizzazione di un sistema magnetico 0H d(VM)
Tabella 3.2.1 - Espressioni elementari (in valore assoluto) del lavoro scambiato in trasformazioni di equilibrio di
alcuni particolari sistemi.
3.2.3 Il calore.
La prima legge della termodinamica stabilisce che, oltre che attraverso scambi di lavoro,
l'energia di un sistema può essere fatta variare attraverso scambi di calore10
, ovvero scambi di
energia di tipo incoerente. L'entità di tale scambio dipende in generale dalle caratteristiche del
sistema e da quelle dell'ambiente nel corso della trasformazione 12 durante la quale ha luogo
lo scambio. Nel caso ideale in cui questa trasformazione sia di equilibrio, l'espressione
elementare del calore scambiato può porsi in termini delle sole coordinate di equilibrio del
sistema chiuso che si considera nel corso della trasformazione 12 detta ed assume la forma
particolarmente semplice:
dQ = Fq(X1,X2,…Xn) dXq (3.2.8)
e quindi:
qnq dXXXXFQ
12
,, 21
. (3.2.9)
Ad esempio, per un sistema chiuso semplice ad un componente e in una trasformazione
di equilibrio a V costante si ha:
dQ = T dS, (3.2.10)
dove S è l’entropia del sistema considerato (vedi Sezione 3.4).
10 L'affermazione che Q ha le dimensioni di una energia é parte integrante della espressione storica del primo principio (si
considerino ad esempio i classici esperimenti di Joule, descritti nel Capitolo 2).
- 3.8 -
3.2.4 L’equazione di conservazione dell'energia nei sistemi chiusi.
Se nella equazione generale di conservazione (3.2.1) scritta in termini finiti e riferita a
sistemi chiusi,
2
1
2
1,,12
dedeEE outin
, (3.2.11)
ammettiamo che lo scambio energetico possa avvenire solo sotto forma di calore e di lavoro e
distinguiamo in essa tali quantità ponendo,
ininin WQde
2
1,
; outoutout WQde
2
1,
, (3.2.12)
l'equazione scritta diventa:
outinoutin WWQQEE 12 . (3.2.13)
Se, inoltre, si pone,
outin QQQ e outin WWW , (3.2.14)
si ottiene:
2 1E E E Q W . (3.2.15)
Infine, se si considera l'energia totale del sistema chiuso considerato coincidente con la
sua energia interna (3.2.4) e si ammette che gli stati 1 e 2 siano di equilibrio, l'equazione di
conservazione può porsi nei termini finiti:
U = Q + W. (3.2.16)
L'equazione di conservazione espressa in questa forma ristretta sintetizza l'espressione
storica del primo principio della TD. Si noti che nella (3.2.16) abbiamo supposto che calore Q
e lavoro W sono entrambi positivi se entranti nel sistema.
Al proposito, si sottolinea che questa convenzione non è universalmente accettata,
poiché lo sviluppo della TD è legato storicamente alla progettazione di macchine termiche, in
cui parte di un calore entrante si converte in lavoro; dunque, nella TD classica, Q risulta
positivo se c'è un flusso netto di calore entrante, mentre W risulta positivo se c'é un flusso
netto di lavoro uscente dal sistema e dunque la (3.2.16) si modifica in: U = Q - W.
Se, inoltre, l'intera trasformazione è d'equilibrio, si possono applicare la (3.2.6) e la
(3.2.8),
dQ = Fq(X1,X2,…Xn) dXq e dW = Fw(X1,X2,…Xn) dXw,, (3.2.17)
e l'equazione di conservazione diventa:
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wnwqnqnn dXXXFdXXXFXXUXXU
1212
,,,,,, 111121
(3.2.18)
Gli integrali dipendono in questo caso solo dai valori assunti dalle variabili di equilibrio
del sistema nel corso della trasformazione di equilibrio 12 considerata.
Si noti che le equazioni scritte esprimono un modo di valutazione "strumentale" delle
variazioni dell'energia interna del sistema attraverso misure di lavoro e calore (oppure di solo
lavoro se le trasformazioni considerate possono ritenersi adiabatiche). Ne consegue che
l'energia interna stessa - e tutte le funzioni energetiche TD - sono definibili sempre a meno di
una costante addittiva arbitraria e che, nella trattazione di problemi che abbiano a che fare con
l'energia interna (o con altre funzioni energetiche TD) conviene sempre, per prima cosa,
fissare un riferimento energetico, cioé assegnare un valore arbitrario e di comodo, in un certo
stato TD di nostra scelta, alla funzione energetica che si vuole usare, e questo per ogni specie
presente nel sistema.
3.3 Legge di conservazione della carica elettrica.
Considerato che la carica elettrica può essere positiva o negativa, l'equazione di
conservazione della carica elettrica, per sistemi che ammettono scambi di carica elettrica con
l'ambiente, ha la forma del tutto generale:
outelinelel qq
d
dQ,,
, (3.3.1)
avendo indicato con Qel la somma con segno di tutte le cariche, positive e negative, presenti
nel sistema ad un certo istante e con i vari elq i flussi di carica, positiva o negativa, entranti o
uscenti dal sistema. Tale equazione può essere riferita sia a sistemi aperti che a sistemi chiusi,
esplicitando adeguatamente, in relazione alla natura del particolare sistema considerato, i
flussi di carica elettrica connessi con i flussi di materia ed i flussi di carica elettrica non
connessi con flussi di materia.
Per sistemi che non possono scambiare carica elettrica con l'ambiente l'equazione di cui
sopra, essendo nulli tutti i qel , diventa, una volta integrata rispetto al tempo:
Qel = costante. (3.3.2)
I sistemi di nostro interesse possono considerarsi nella generalità dei casi11
elettricamente neutri globalmente e localmente e quindi la densità di carica elettrica in ogni
punto del sistema e la carica elettrica totale possono ritenersi nulle.
11 Salvo i sistemi elettrochimici, che saranno trattati come ultimo argomento del corso.
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3.4 Entropia e principio evolutivo per sistemi isolati.
Un numeroso insieme di risultati macroscopici e alcuni successivi risultati della TD
statistica (vedi Capitolo 2 e Appendice 1) permettono di affermare che, per i sistemi TD
chiusi in stati di equilibrio, é definibile e (indirettamente) misurabile una funzione potenziale,
estensiva, a riferimento arbitrario, con dimensioni fisiche (energia / temperatura), denominata
entropia ed indicata con S, tramite la quale sono esprimibili le condizioni evolutive dei
sistemi stessi. L'espressione elementare della sua variazione, riferita a trasformazioni di
equilibrio, è
dS = dQ / T. (3.4.1)
Tale espressione permette la valutazione "strumentale" delle variazioni dell'entropia di
un sistema chiuso, nei termini,
12
1121 ,,,,
T
dQXXSXXS nn , (3.3.2)
essendo 12 una generica trasformazione di equilibrio che connette gli stati (X1,…,Xn)1 e
(X1,…,Xn)2. Ne consegue che l'entropia stessa è definibile sempre a meno di una costante
addittiva arbitraria e che, nella trattazione di problemi che abbiano a che fare con l'entropia
conviene sempre, per prima cosa, fissare un riferimento entropico, cioé assegnare un valore
arbitrario e di comodo al valore dell'entropia in un certo stato TD, e questo per ogni specie
presente nel sistema.
Per quanto riguarda l’ottenimento storico del principio evolutivo (detta seconda legge
della termodinamica) è opportuno ricordare che la formulazione originaria di tale principio è
nei termini visti nel Capitolo 2. Tale formulazione si dimostra essere equivalente a quella qui
di seguito usata per semplicità applicativa e riferita ai sistemi isolati; viene estesa nel seguito a
sistemi non isolati, chiusi ed aperti, che sono quelli di nostro prevalente interesse.
Condizione evolutiva per i sistemi isolati
Per i sistemi isolati, la condizione evolutiva può esprimersi nella forma:
Affinché una trasformazione finita di un sistema TD isolato compatibile con i vincoli
interni e con lo stato iniziale del sistema sia possibile, essa deve avvenire con entropia non
decrescente.
In particolare, la condizione evolutiva con entropia costante individua una classe di
trasformazioni ideali e limite del sistema isolato dette trasformazioni reversibili12
.
Per quanto riguarda l'espressione matematica di tale proposizione, essa può scriversi
come:
dS (sistema isolato) 0, (3.4.3)
12 Questa proposizione rappresenta uno dei possibili modi per enunciare il cosiddetto secondo principio della TD.
- 3.11 -
in ogni punto della trasformazione 12 considerata. Si ha corrispondentemente, riferendosi ad
una trasformazione finita,
0
12
isolisol dSS . (3.4.4)
Sisol
dSisol >0 >=<0 <0 =0 >=<0
Sisol >0 >0 <0 =0 =0
Possibilità SI NO NO SI (Rev.) NO
Figura 3.8.1 - I processi relativi ad un sistema isolato possono aver luogo solo con entropia localmente crescente
E' abbastanza evidente che mentre la condizione locale dSisol 0 implica la condizione
finita Sisol 0, non é vero il viceversa, come é illustrato in figura 3.8.1. Ciò nonostante, é di
uso ricorrente ritenere per ragioni di semplicità formale che, se é valida la condizione finita,
sia valida anche la condizione locale. Noi ci uniformeremo a tale uso ritenendo nelle
trasformazioni di nostro interesse che
Sisol = 0 Sisol = costante (3.4.5a)
e
Sisol > 0 dSisol > 0 (3.4.5b)
e quindi esprimeremo la condizione evolutiva solo in termini di variazione finita riferita
all'intera trasformazione13
:
= Sisol 0. (3.4.6)
Ritenendo stato di equilibrio stabile del sistema isolato considerato quello verso cui il
sistema isolato si evolve spontaneamente, si ha, come corollario della condizione evolutiva
appena vista, che "In un sistema isolato, tra tutti gli stati di equilibrio compatibili con i
vincoli interni e con lo stato iniziale del sistema, é stato di equilibrio stabile quello con
entropia massima". Infatti, il sistema isolato, a causa della non diminuzione dell'entropia
richiesta dalla disequazione fondamentale, si evolve - a meno di fattori cinetici - verso uno
stato col massimo contenuto entropico compatibile con i vincoli interni e con il suo stato
iniziale.
13 Nel seguito, per evitare confusioni con i termini analoghi riferiti ai sistemi non isolati, le variazioni di entropia dei sistemi
isolati saranno indicate con la lettera , com'é del resto d'uso generale nella letteratura TD.
- 3.12 -
3.5 Principio evolutivo per sistemi non isolati.
3.5.1 Trasformazioni reversibili e trasformazioni di equilibrio.
Per poter affrontare in modo conveniente i
problemi relativi all'evoluzione dei sistemi
TD non isolati, é importante chiarire la
relazione che esiste tra i termini
"trasformazione reversibile" (di un sistema
isolato) e "trasformazione di equilibrio" (di
un sistema non isolato).
A questo scopo, osserviamo che
l'evoluzione di un generico sistema isolato
si può identificare con l'insieme delle
trasformazioni di tutti i sottosistemi non
isolati da cui il sistema isolato può ritenersi
composto. Nel corso di tali trasformazioni,
inoltre, i sottosistemi non isolati considerati scambiano in generale tra loro materia, calore e
lavoro.
Ad esempio e con riferimento alla Figura 3.5.1, l'evoluzione del sistema isolato K,
costituito dai sottosistemi aperti A e B e dal sottosistema chiuso C, può identificarsi con
l'insieme delle trasformazioni dei sottosistemi A,B e C, trasformazioni durante le quali si
verificano gli scambi termici QAC, QBC
, lo scambio di lavoro meccanico WCA
e lo scambio di
materia mAB
.
In base a quanto visto nel paragrafo precedente, è ovvio che, affinché la variazione di
entropia del generico sistema isolato che si considera sia nulla, é necessario:
1. che le trasformazioni dei sottosistemi che compongono il sistema isolato siano di
equilibrio;
2. che gli scambi di materia e di energia tra tali sottosistemi avvengano all'equilibrio, cioè
con differenze infinitesime tra i potenziali di scambio T (per il calore), P (per il lavoro
meccanico), µi(i=1,2,...,n)14
(per il trasferimento del generico componente "i").
In sintesi:
(trasformazione reversibile del sistema isolato) = (trasformazioni di equilibrio dei
sottosistemi non isolati) + (interazioni di equilibrio tra i sottosistemi non isolati)
14 Il significato della proprietà TD locale µi - detta potenziale chimico della specie "i" - verrà chiarito nel seguito.
A C
B
QAC
WCA
QBC
mAB
K
Figura 3.5.1 - Schematizzazione di un processo relativo ad
un sistema isolato K, composto da 3 sottosistemi, in termini
di scambi di calore, lavoro e materia tra questi sottosistemi.
- 3.13 -
3.5.2 Principio evolutivo per sistemi non isolati.
Pur avendo a che fare nella realtà con
sistemi non isolati, nell'enunciazione del
principio evolutivo ci siamo riferiti a sistemi
isolati perché la forma del principio stesso é - per
tali sistemi - estremamente semplice:
0. (3.5.1)
Per poter utilizzare tale relazione per i
sistemi non isolati, vengono introdotti (sia
sperimentalmente che in linea teorica) alcuni
sistemi ausiliari di natura estremamente
semplice, denominati riserve ( o sorgenti o
serbatoi) termiche, riserve di lavoro generalizzato
e riserve di materia, aventi effetti di
trasformazione di immediata valutazione, quali
che siano le trasformazioni dei sistemi che con
esse interagiscono. Si può così costruire - sia
sperimentalmente che in linea teorica - un
sistema virtualmente isolato composto dal sistema di nostro interesse e da un adeguato
numero di sistemi ausiliari detti e applicare a tale sistema isolato la disequazione
fondamentale 0, per poi trarre conclusioni sull'evoluzione del sistema non isolato di
nostro interesse (Figura 3.5.2).
La caratterizzazione di tali sistemi ausiliari é la seguente:
1) Riserve termiche (RT).
Si tratta di sistemi chiusi omogenei caratterizzati da basso coefficiente di dilatazione
termica, ottima conducibilità termica e grande capacità termica. Queste proprietà rendono
lecito ammettere che a) possano scambiare energia sostanzialmente solo sotto forma di calore,
b) che la loro evoluzione, nel corso dello scambio, possa comunque ritenersi di equilibrio,
quali che siano le modalità di scambio termico e quali che siano le modalità evolutive dei
sistemi con essi interagenti, e c) che la loro temperatura, nel corso dello scambio, possa
ritenersi costante.
Ne consegue che,
URT = QRT + WRT = QRT, (3.5.2)
perché WRT é identicamente nullo, per definizione di riserva termica, e
RT
RTRT
RTRT
RTRT
T
QdQ
TT
dQS
1, (3.5.3)
perché le trasformazioni di una riserva termica sono di equilibrio ed isoterme.
Sistema
nonisolato
di
nostro
interesse
Riserva 1
Riserva 2
Riserva 3
Scambi di energia e
di materia
Sistema
isolato
Figura 3.5.2 - Schematizzazione di un processo
relativo ad un sistema isolato, composto da tre
riserve e dal sistema non isolato di nostro
interesse, in termini di scambi di calore, lavoro e
materia tra le riserve ed il sistema non isolato.
Tali trasformazioni hanno effetti di immediata
valutazione.
- 3.14 -
2) Riserve di lavoro generalizzato (RL).
Si tratta di sistemi chiusi, anche complessi, capaci di scambiare, in modo
sostanzialmente adiabatico (dQRL
= 0), lavoro generalizzato secondo trasformazioni di
equilibrio. Ne consegue che
0 RT
RLRL
T
dQS , (3.5.4)
perché le trasformazioni di una riserva di lavoro generalizzato sono di equilibrio ed
adiabatiche, e che
URL = QRT + WRL = WRL, (3.5.5)
perché dQRL (e quindi QRL
) é, per definizione di riserva di lavoro generalizzato, identicamente
nullo.
3) Riserve di materia (RMAT).
Sistemi aperti capaci di scambiare materia in quantità arbitraria col sistema aperto che si
considera. In tali sistemi la materia si ritiene nell'identico stato TD (X1,.....,X
n) in cui essa
viene scambiata col sistema aperto che si considera. Conseguentemente
URMAT = u(X1,…,Xn) MRMAT, (3.5.6a)
SRMAT = s(X1,…,Xn) MRMAT (3.5.6b)
dove MRMAT é la variazione di massa della riserva di materia considerata.
3.6 Macchine termiche e macchine frigorifere.
a) Trasferimento di calore da una sorgente termica con
temperatura maggiore a una sorgente termica con
temperatura minore, in assenza di intermediari.
Si consideri un sistema isolato costituito da due
sorgenti termiche con temperature TH e T
C e sia T
H>T
C.
RTH ceda a RT
C una quantità di calore Q (figura 3.6.1). Si
ha:
1 1
0H CRT RT
H C C H
Q QS S Q
T T T T
(3.6.1)
e quindi il processo considerato é possibile e non reversibile.
Si noti anche che questo tipo di processo tende ad
essere reversibile quando le temperature delle due sorgenti
RTH
RTC
Q
TH > TC
Figura 3.6.1- Schematizzazione di un
processo di trasferimento “libero” di
calore da una sorgente termica a
temperatura maggiore ad una sorgente
termica a temperatura minore
- 3.15 -
tendono ad essere coincidenti: si vede infatti che in questo caso quando TH tende a TC ,
tende a zero.
Al processo inverso, in cui il calore passa liberamente da una sorgente a T minore ad una
sorgente a T maggiore, compete invece, come é facile dimostrare, un negativo e quindi tale
processo è impossibile.
b) Macchine termiche.
Le macchine termiche sono dei dispositivi
che, in maniera continua, producono lavoro
meccanico utilizzando parzialmente il calore
proveniente da una o più sorgenti termiche a
temperatura maggiore e "rigettando" parte del
medesimo a una o più sorgenti termiche a
temperatura minore. In particolare le
considerazioni che seguono si riferiscono a una
macchina termica a due sorgenti (figura 3.6.2), per
le quali si ritiene che sia TH > TC, ma sono del tutto
generalizzabili a una macchina a più di due
sorgenti.
Le relazioni da scriversi per una generica trasformazione finita della macchina sono:
;
0,
H M C
CHM
H C
Q U Q W
QQS
T T
(3.6.2)
dove i segni sono indicati in figura, cioè W è il lavoro fatto dalla macchina termica, QH è il
calore estratto dal serbatoio di calore più caldo RTH e QC è il calore ceduto al serbatoio di
calore più freddo RTC. Se riferiamo le relazioni scritte ad un ciclo di funzionamento della
macchina termica, dato che in un ciclo UM
= 0 e SM
= 0 in quanto UM ed SM
riprendono gli
stessi valori, otteniamo:
;
0 .
H C
C C CH
H C H H
Q Q W
Q Q TQ
T T Q T
(3.6.3)
Si può quindi ottenere, in un ciclo di funzionamento della macchina, un lavoro
1 CH
H
TW Q
T
(3.6.4)
Come visto nel Capitolo 2, il rendimento di un ciclo termodinamico è uguale al rapporto
tra il lavoro estratto W e il calore estratto dalla sorgente di calore più calda, QH, ovvero,
RTH
M
RTC
RL
QC QH
W
TH > TC
Figura 3.6.2 - Schema di funzionamento di una
macchina termica ciclica a due sorgenti termiche.
- 3.16 -
1H C C
H H H
W Q Q T
Q Q T
. (3.6.5)
Dunque il lavoro massimo ottenibile, con un rendimento uguale a (1 – TC/TH), è quello
di un ciclo di Carnot, costituito da due isoterme delimitate da due adiabatiche.
c) Macchine frigorifere.
Le macchine frigorifere o macchine refrigeranti
sono dispositivi energetici ciclici il cui scopo primario
é quello di sottrarre calore ad una sorgente termica a
temperatura minore, TC, utilizzando lavoro W
proveniente da una sorgente di lavoro, e rigettando
calore a una sorgente termica a temperatura maggiore
TH (figura 3.6.3).
Si ottiene, utilizzando relazioni analoghe a
quelle scritte per una macchina termica a due sorgenti,
che il lavoro da fornire alla macchina frigorifera deve
rispettare la disequazione
1HC
C
TW Q
T
, (3.6.6)
nella quale si è evidenziato il calore QC sottratto alla sorgente fredda RTC. L’efficienza di
una macchina refrigerante viene espressa mediante un coefficiente di prestazione , definito
come il rapporto tra l’effetto energetico desiderato, QC, e l’energia (di solito elettrica) spesa
per conseguire tale effetto, W, ovvero,
1C C C C
H HH C
Q Q T T
T TW Q Q
. (3.6.7)
Anche in questo caso, si vede che l’efficienza massima il lavoro massimo estraibile, con un
rendimento uguale a 1/(TH/TC - 1), è quello di un ciclo di Carnot, costituito da due isoterme
delimitate da due adiabatiche.
c) Pompe di calore
Le pompe di calore sono essenzialmente macchine frigorifere usate come
"climatizzatori invernali", in modo tale cioé da sottrarre calore all'ambiente esterno più freddo
e, utilizzando lavoro proveniente da una sorgente di lavoro, "rigettare" calore all'ambiente
interno più caldo.
RTH
M
RTC
RL
QC QH
W
TH > TC
Figura 3.6.3 - Schema di funzionamento di
una macchina frigorifera ciclica o di una
pompa di calore ciclica (M). Nel caso di
macchina frigorifera, RT2 rappresenta l’interno
del frigorifero ed RT1 l’ambiente in cui è posto
il frigorifero. Nel caso della pompa di calore, ,
RT2 rappresenta l’ambiente esterno ed RT1
l’ambiente da riscaldare.
- 3.17 -
Lo schema di processo é identico a quello relativo ad una macchina frigorifera e la
disequazione di interesse è
1H
C H
WQ
T T
, (3.6.8)
nella quale si é evidenziato il calore QH "rigettato" alla sorgente calda RTH, cioè all'ambiente
da riscaldare. Il rendimento di una pompa di calore viene espressa mediante un coefficiente di
prestazione , simile a quello di una macchina refrigerante,
1 1H H C
HH C
Q Q T
TW Q Q
. (3.6.9)
d) Impossibilità di conversione globale e ciclica in lavoro del calore di una sorgente.
Dovrebbe aversi, nel primo caso dell'esempio (b), QC = 0 e QH > 0 e quindi sarebbe:
0HH
H
QW Q
T . (3.6.10)
Di conseguenza, il processo é impossibile: la possibilità di ottenimento ciclico di lavoro
utilizzando calore é cioè subordinata alla disponibilità di
almeno due sorgenti termiche.
E' importante notare che l'impossibilità detta é riferita
a processi ciclici o a processi stazionari. In processi finiti e
non ciclici si può ben avere trasformazione di calore in
lavoro15
avendo a disposizione una sola sorgente termica.
e) Possibilità di trasformazione globale e ciclica di
lavoro in calore (degradazione del lavoro).
Dovrebbe aversi, nel secondo caso dell'esempio (c) o (d)
(figura 3.6.4), QC = 0 e Q
H > 0 e quindi sarebbe
0HH
H H
Q WQ W
T T , (3.6.11)
e quindi il processo é possibile e non reversibile: é sempre possibile ottenere, in modo ciclico
o continuo, e comunque irreversibile, calore (a qualsiasi temperatura) da lavoro.
Il lavoro é quindi in definitiva una "moneta energetica" più "nobile" del calore.
15 Ciò accade, ad esempio, in una espansione finita ottenuta cedendo calore al gas contenuto in un sistema cilindro pistone,
secondo le stesse relazioni finora considerate, nelle quali i termini UM e S
M non sono nulli
RTH
M
RL
QH
W
Figura 3.6.4 - – Schematizzazione di
un processo ciclico di trasformazione di
lavoro in calore (a qualsiasi
temperatura).
- 3.18 -
3.7 I sistemi “semplici”.
I risultati generali finora enunciati possono riferirsi, al variare della natura delle variabili
di stato Xi (i=1,2,...,n), a più classi di sistemi che verifichino le ipotesi fondamentali
inizialmente enunciate.
Nel seguito faremo riferimento esclusivo ad una classe particolare di sistemi, detti
sistemi semplici, alla quale possono pensarsi appartenere la quasi totalità dei gas, liquidi e
solidi puri e loro miscele nell'ambito di processi industriali fisici e chimici di interesse
dell'Ingegneria Chimica.
Essi possono caratterizzarsi nel modo seguente:
Esiste una classe di sistemi, detti sistemi semplici, per i quali le variabili di equilibrio
possono ritenersi le seguenti:
P (pressione)
T (temperatura)
Mi (i=1,2,......,n) (massa del generico componente “i” del sistema), ovvero
Ni, (i=1,2,......,n) (massa in unità molari del generico componente "i" del sistema).
Con riferimento alle n-uple di tali variabili di massa si farà uso rispettivamente dei
simboli M=(M1,.....,M
n) ed N = (N
1,..,N
n). In corrispondenza a tali variabili estensive, si
hanno le variabili specifiche e intensive:
n
k
kii MMx1
* (frazione di massa del generico componente “i”; x*=(x
*1,...x
*n) ).
n
k
kii NNx1
(frazione molare del generico componente “i”; x=(x1,...xn) ).
Come si vedrà in seguito, a seconda dei casi, é possibile e opportuno descrivere lo stato
dei sistemi semplici che si considereranno con le prime due variabili che non siano T e P, ma
altre due a loro equivalenti (es. S e V). Salvo i cenni qui ritenuti essenziali e appena fatti alle
variabili di composizione, una trattazione esauriente delle grandezze esplicitamente legate a
tali variabili verrà fatta nei capitoli riguardanti i sistemi a più componenti.
3.8 Apparecchiature aperte con contorno rigido.
Consideriamo un'apparecchiatura A con contorno rigido, cioè invariabile nel tempo,
attraversata da una o più correnti gassose, liquide ed eventualmente solide, costituite, nel caso
più generale, da miscele di più componenti, e capaci di scambiare con l'ambiente potenza
termica, potenza meccanica o potenza elettrica (figura 3.8.1).
Siano definite nei condotti di ingresso nell'apparecchiatura e di uscita
dall'apparecchiatura ed ivi debolmente variabili con la posizione e col tempo le grandezze:
- 3.19 -
z: quota dell'asse del generico condotto rispetto ad una quota di riferimento.
P: pressione del fluido.
T: temperatura del fluido.
x*: composizione massica del fluido (eventualmente, composizione molare x).
v=v(T,P,x): volume specifico (massico o molare) del fluido.
u=u(T,P,x): energia interna specifica (massico o molare) del fluido.
w: velocità del fluido16
rispetto ad un riferimento prefissato.
s = s(T,P,x): entropia specifica (massica o molare) del fluido. m : portata di massa del fluido (eventualmente, portata molare n ).
La equazione di conservazioni della massa
(3.1.1) diventa nel caso di miscele a n
componenti, in assenza di reazioni chimiche,
d
dMmm A
outin . (3.8.1)
,
, ,
i A
i in i out
dMm m
d (3.8.2)
con i = 1,2,…(n-1), dove MA è la massa
contenuta nell’apparecchiatura (A), il pedice i si
riferisce al componente i-esimo e le sommatorie
sono da intendersi estese a tutti i condotti di
ingresso (“in”) e a tutti i condotti di uscita
(“out”). Si noti inoltre che, come visto, la portata massica si può esprimere come il rapporto
tra la portata volumetrica e il volume specifico,
vVm . (3.8.3)
In presenza di reazioni chimiche, è d'obbligo, come è stato già espresso nell’Eq. (3.1.3), la
rappresentazione molare delle masse; inoltre, i riferimenti per le entalpie e le entropie devono
essere chimicamente coerenti (come si vedrà più avanti).
Per quanto riguarda il bilancio di energia (3.2.1), l’energia E contenuta
nell’apparecchiatura si può ritenere uguale alla sua energia interna, quando a)
l’apparecchiatura è ferma e dunque la sua energia cinetica è nulla; b) l’energia potenziale è
costante (e quindi la sua derivata temporale è nulla). Inoltre, l’energia può entrare o uscire per
via convettiva, cioè associata ai flussi fluidi in ingresso e uscita, oppure sotto forma di lavoro
e calore; dunque otteniamo:
outintotAA eeWQ
d
dU
, (3.8.4)
16 L'ipotesi di velocità uniforme nei condotti di ingresso e di uscita é coerente solo con un fluido con viscosità nulla. Per
scrivere correttamente l'equazione di bilancio energetico nei casi in cui l'ipotesi fatta non fosse ammissibile, bisogna tenere
debito conto, nei termini dell'equazione in cui compare la velocità, della effettiva e non uniforme distribuzione di velocità
nei condotti stessi.
RMAT
RL
A
RMAT
RTk
WA
moutmin
QkA
Figura 3.8.1 - Schema di una apparecchiatura con
contorno rigido funzionante a fluido.
- 3.20 -
dove e è il flusso totale di energia associata ai flussi di materia entranti o uscenti. Questi
ultimi, a loro volta, si possono esprimere come il prodotto tra la portata massica e l’energia
specifica per unità di massa, eme , dove gzwue 22
1 è uguale alla somma di energia
interna, energia cinetica ed energia potenziale specifiche. Anche il lavoro totW è la somma del
lavoro scambiato al contorno del sistema (il cosiddetto “shaft work”, dovuto, ad esempio, ad
una pompa), AW , più il lavoro fatto dalle forze di pressione all’ingresso e all’uscita. Questo
termine tiene conto del fatto che un generico flusso entrante in un sistema, per entrare nel
sistema, deve cedere al sistema stesso una potenza inin
PV Pmv , mentre il sistema stesso
cede al generico flusso uscente, per farlo uscire, una potenza out
Pmv . Si ottiene, in
definitiva, l’equazione di bilancio,
2 21 12 2
Ain out A A
in out
dUm w gz u Pv m w gz u Pv Q W
d , (3.8.5)
dove ,
1
m
A k A
k
Q Q
e ,
1
m
A k A
k
W W
sono, rispettivamente, la potenza termica globale e quella
di lavoro generalizzato globale scambiate dall'apparecchiatura attraverso il suo contorno e
ritenute positive se entranti nell'apparecchiatura. Dalla (3.8.5) appare naturale – per ragioni di
concisione - definire la seguente funzione termodinamica,
H = U + PV (ovvero h = u + Pv), (3.8.6)
detta entalpia. Come sarà dimostrato nel Capitolo 5, l’entalpia è una funzione potenziale
termodinamica.
Infine, la condizione evolutiva si può esprimere nella forma seguente,
0,
d
dS
T
Qsmsm A
k
Ak
ininoutout
, (3.8.6)
dove Tk è la temperatura della generica sorgente termica con cui l'apparecchiatura scambia la
potenza termica AkQ , (k=1,2,...,m).
Una versione semplificata della (3.8.5) in condizioni stazionarie fu ricavata nella prima
metà del ‘700 dallo scienziato svizzero Daniel Bernoulli. Non essendo ancora nota la prima
legge della termodinamica, la, cosiddetta, equazione di Bernoulli esprime la conservazione
dell’energia meccanica e dunque non vi compare il calore scambiato, né l’energia interna.
Con queste ipotesi, l’equazione di Bernoulli si ottiene dividendo la (3.8.5) per la portata
massica (la stessa in entrata e in uscita), come segue:
outAin
PvgzwwPvgzw 2
212
21 , (3.8.11)
- 3.21 -
dove mWw AA / è la potenza per unità di portata. Ovviamente, l’equazione di Bernoulli si
applica solo nei casi in cui sono trascurabili tutti gli effetti termici, inclusi quelli dissipativi.
Si noti infine che, nella maggior parte delle applicazioni di nostro interesse, sono
trascurabili le variazioni di energia cinetica e potenziale fra entrata ed uscita
dell'apparecchiatura e si considerano in prevalenza regimi stazionari. In queste ultime
ipotesi, le relazioni fondamentali assumono la forma semplificata riportata nella tabella che
segue.
Apparecchiatura aperta con contorno rigido, funzionante a fluido in regime stazionario
e in assenza di reazioni chimiche
outin mm . (3.8.7)
, , 1,2 ,( -1)i in i outm m i n (3.8.8)
0 AAoutoutinin WQhmhm . (3.8.9)
0,
k
Ak
ininoutoutT
Qsmsm
. (3.8.10)
Si noti che, in questo caso, i dati TD necessari per la risoluzione del problema si
riducono alle funzioni h(T,P,x) ed s(T,P,x) nelle varie condizioni (T,P,x) relative ai condotti
di ingresso e di uscita dell'apparecchiatura.
3.9 Riferimenti energetici ed entropici nei sistemi chimicamente
reagenti.
L'indeterminazione additiva del valore dell'energia interna e dell'entropia dei
singoli sistemi comporta che le energie interne e le entropie di due o più sistemi semplici di
natura diversa differiscano anch'esse per costanti arbitrarie : ciò non é accettabile nel dominio
delle trasformazioni chimiche perché a qualsiasi trasformazione chimica fissata
corrisponderebbero variazioni energetiche ed entropiche arbitrarie, dipendenti dai riferimenti
arbitrari, energetici ed entropici, dei reagenti e dei prodotti di reazione. Poiché tali variazioni
sono invece sperimentalmente misurabili17
e quindi univocamente determinate dalla reazione
chimica che si considera, nell'ambito dei sistemi sede di reazioni chimiche si rende necessario
assegnare all'energia interna (o a qualsiasi altra funzione energetica18
) e all' entropia delle
17 Ad una reazione chimica "libera" isobara isoterma e' associato un effetto termico sperimentalmente misurabile Q
P, che
coincide con la variazione dell'entalpia del sistema reagente nel corso della reazione considerata. Ad una reazione chimica
isobara isoterma e reversibile, che avviene necessariamente con scambio di lavoro elettrico con l'ambiente (e quindi non
può essere libera), è associato un effetto termico sperimentalmente misurabile QT,P, che, diviso per T, coincide con la
variazione dell’entropia del sistema reagente nel corso della reazione considerata. 18 Infatti i riferimenti delle funzioni energetiche sono reciprocamente dipendenti, secondo le equazioni: u*=h*-P*v*; a*=h*-
P*v*-T*s*; g*=h*-T*s*, essendo (T*,P*) le variabili dello stato di riferimento scelto e riferendosi l’indice “*” a tale stato di
riferimento. In TD chimica si sceglie di dare un riferimento all’entalpia, piuttosto che all’energia interna, dato che
- 3.22 -
varie specie chimiche un riferimento che tenga conto della unicità del valore di tali effetti di
trasformazione. E' opportuno inoltre considerare, nella espressione delle entropie delle singole
specie chimiche, alcuni risultati generali riguardanti le trasformazioni TD e le proprietà della
materia nell'intorno dello zero assoluto di temperatura.
Si fanno conseguentemente le seguenti scelte:
a) Per l'entalpia
Nell'ambito del problema che si considera, si sceglie secondo argomenti di
comodo una T* di riferimento, e si pone, per la generica specie k :
hk (1 atm , T*) = 0, se k é un elemento nel suo stato di aggregazione stabile alla
temperatura considerata;
hk (1 atm, T*) = rH°f,k(T*) (entalpia di formazione standard della specie k alla
temperatura T*), se k é un elemento in un suo stato di aggregazione non stabile alla
temperatura che si considera oppure se k é un composto19
. Scelto tale riferimento,
l'entalpia della specie k a temperatura T sarà
*** , TTTTcThTh Pkk . (3.9.1)
b) per l'entropia
All'entropia di un sistema TD in uno stato di equilibrio omogeneo, allo zero
assoluto di temperatura20
può essere attribuito valore zero.
Questa proposizione, detta postulato di Nerst, é nota come terzo principio della TD.
Con questa posizione si riesce ad attribuire all'entropia un valore a riferimento assoluto per
tutti i sistemi in stati di equilibrio e tale riferimento assoluto é "chimicamente" coerente21
.
dell’entalpia si fa un uso molto più ricorrente che non dell’energia interna. Per la definizione delle funzioni a e g (che
peraltro dovrebbero essere note dal corso di chimica) si veda più avanti. 19 L'entalpia di formazione standard, con dimensioni ( energia / massa molare ), sarà definita nel capitolo sui sistemi
chimicamente reagenti. Essa viene generalmente data, nelle tavole, a 298 K. 20 Queste condizioni individuano un solido cristallino perfetto. 21 Per valutare la generica sk(T,P) in questo riferimento assoluto, uno dei modi é di considerare l'evoluzione termica della
specie k dalle condizioni (T=0 K, P) (in cui tutti i sistemi sono solidi) alle condizioni (T=T, P), tenendo conto anche delle
transizioni di fase che in tale intervallo hanno luogo.
- 3.23 -
3.10 Turbine e compressori.
Turbine e compressori sono un esempio di apparecchiature con contorno rigido
funzionanti a fluido. Poichè sono delle apparecchiature ausiliarie di processo molto usate
nell’industria chimica, vengono qui trattate in dettaglio. Detta A l'apparecchiatura, si ha il
seguente schema:
TURBINA P
out < P
in
AW < 0
COMPRESSORE Pout
> Pin
AW > 0
Nella turbina si ha quindi una cessione di potenza meccanica all'ambiente ( AW < 0) e
una diminuzione della pressione del fluido operativo; nel compressore, un assorbimento di
potenza meccanica dall'ambiente ( AW > 0) e un aumento di pressione del fluido operativo.
Riferendosi ad un regime stazionario con variazione trascurabile di energia cinetica e
potenziale delle correnti fluide tra entrata ed uscita valgono le relazioni generali:
mmm outin . (3.10.1)
0 AAoutin WQhhm . (3.10.2)
00
T
Qssm A
inout
. (3.10.3)
dove T0 é la temperatura del mezzo di raffreddamento dell'apparecchiatura, ritenuto sorgente
termica.
Sono casi limite interessanti rispetto ai casi reali il caso adiabatico ( AQ = 0) e il caso
isotermo (T0= T = costante nell'apparecchiatura)
22. Si ottiene rispettivamente:
CASO ADIABATICO ( AQ = 0)
outinA hhmW , (3.10.4)
sout sin, (3.10.5)
dove 0AW per un compressore e 0AW per una turbina. Riferendosi a un fluido puro e
ritenute assegnate le informazioni h=h(T,P) ed s=s(T,P) relative al fluido nelle condizioni di
ingresso e di uscita dell'apparecchiatura e ritenendo fissati i parametri di processo Pin
, Tin
e
Pout
, la soluzione é nei termini:
22 Siamo noi che, con le nostre scelte costruttive, determiniamo se l'apparecchiatura funzionerà in modo adiabatico o
isotermo, o meglio, in modo tendente all'adiabatico o in modo tendente all'isotermo. Più precisamente, il processo sarà
tanto più vicino all'adiabatico quanto minore sarà lo scambio termico dell’apparecchiatura con l’ambiente e tanto più
vicino all'isotermo quanto maggiore sarà lo scambio termico con l’ambiente.
- 3.24 -
hin
= f (Pin
,Tin
); sin = f (P
in,T
in); (3.10.6)
hout
= f(Pout
,sout
); Tout
= f(Pout
,sout
). (3.10.7)
Riferendosi agli schemi appena visti, si nota che, per sin = sout
(cioè 0 ), se
l'apparecchiatura funziona da compressore (figura 3.10.1), si ottiene la potenza minima che
essa deve assorbire perché possa aver luogo il processo di compressione continuo e
stazionario considerato; se funziona da turbina (figura 3.10.2), la potenza massima che essa
può cedere nel corso del processo di espansione continuo e stazionario considerato.
CASO ISOTERMO (Tin
= Tout
= T in ogni punto dell'apparecchiatura)
P=PinP=Pout
Out
(rev)
in
out
W
mh hin
out in 0
,
,
W
mh h
rev in
rev out in 0
sin sout
hin
hrev,out
hout
h
s
Figura 3.10.2 –
Rappresentazione di un
processo stazionario di
espansione adiabatica nel piano (s,h). Processo
reversibile: in-out (rev) a
tratto continuo, con
srev,out=sin. Processo reale:
in-out a tratteggio, con
sout>sin.
P=PinP=Pout
in
out
(rev)
out
W
mh hin
out in 0
,
,
W
mh h
rev inrev out in 0
sin sout
hin
hrev,out
hout
h
s
Figura 3.10.1 - Rappresentazione
di un processo stazionario di
compressione adiabatica nel
piano (s,h). Processo reversibile:
in-out (rev) a tratto continuo, con
srev,out=sin. Processo reale: in-out
a tratteggio, con sout>sin.
- 3.25 -
0 WQhhm outin ; (3.10.8)
0T
Qssm inout
, (3.10.9)
dove abbiamo ritenute positive le potenze termiche e meccaniche entranti
nell’apparecchiatura, da cui:
0 inoutinout ggmTshTshmW , (3.10.10)
revoutoutinoutinout QssmTQssmTQ ,0 . (3.10.11)
Relativamente ai compressori, si dimostra facilmente e in generale che, a parità di
condizioni di ingresso e di pressione in uscita, il processo isotermo, dal punto di vista della
potenza scambiata, è più vantaggioso del processo adiabatico.
Si nota inoltre che, nel caso isotermo, non é visualizzabile, in modo grafico, la
differenza tra un processo stazionario reversibile e un processo stazionario reale: le condizioni
di processo isotermo individuano in entrambi i casi la stessa linea isoterma che sarà disegnata
rispettivamente - nei due casi detti - a tratto pieno e a tratteggio. Le differenze tra i due casi
sono esprimibili solo in termini di potenze termiche e meccaniche scambiate:
inout ssmTQ , (3.10.12)
e, corrispondentemente,
outin hhmQW . (3.10.13)
3.11 “Dissipazione” e analisi TD dei processi.
Si consideri un generico processo stazionario che abbia luogo in una apparecchiatura
aperta con contorno rigido. Dalle relazioni fondamentali approssimate,
0 AAoutoutinin WQhmhm , (3.11.1)
0,
k
Ak
ininoutoutT
Qsmsm
, (3.11.2)
valide sotto opportune (e note) ipotesi, e ritenendo che si abbia a che fare con una sola riserva
termica con temperatura T=Tamb, si ottiene, sostituendo la seconda equazione nella prima:
ambinoutambinoutA TsmsmThmhmW . (3.11.3)
Per un processo reversibile al quale competano le stesse condizioni di ingresso e di
uscita del processo reale, essendo 0 , si avrà,
- 3.26 -
inoutambinoutrev snsnThnhnW , (3.11.4)
e quindi, in generale, e considerando i due casi possibili nel verso di scambio di W :
ambrevinin TWW , ; (3.11.5)
ambrevoutout TWW , . (3.11.6)
Quindi, nel caso in cui l'apparecchiatura generi potenza, il termine ambT rappresenta la
perdita di potenza che si ha nel processo reale rispetto all'analogo23
processo reversibile. Nel
caso in cui l'apparecchiatura assorba potenza, lo stesso termine rappresenta la potenza in più
che é richiesta nel processo reale, rispetto all'analogo processo reversibile. Il termine suddetto
viene di conseguenza e piuttosto ragionevolmente chiamato dissipazione oppure potenza
dissipata relativa al processo reale considerato.
Da un altro punto di vista, la (3.11.6) esprime la potenza ottenibile quando il sistema in
esame si mette in contatto con un'unica sorgente di calore. Tale potenza si dice potenza
equivalente ottimale o, più semplicemente, exergia.
La considerazione di questa quantità o di altre quantità ad essa legate permette di dare
una valutazione, strettamente TD, dell'efficienza globale di un processo e permette di studiare
come tale efficienza globale TD vari al variare di certe scelte di processo. Tale studio viene
chiamato analisi TD dei processi e verrà trattato, in maggiore dettaglio, nel corso di Chimica
Industriale.
Letture aggiuntive
H.B. Callen, Thermodynamics and an Introduction to Thermostatics, Wiley, New
York (1985). In questo testo si trova una trattazione assiomatica della termodinamica. Noi
ce ne siamo serviti in questo capitolo, anche se nel Capitolo 0 abbiamo fornito una
giustificazione fisica degli assiomi.
S.I. Sandler, Chemical and Engineering Thermodynamics (III ed.). Capitoli 2 e 3.
Ottimo testo per l’ingegneria chimica. Anche qui l’entropia e la seconda legge vengono
definite in modo assiomatico.
J.M. Smith and H.C. Van Ness, Introduction to Chemical Engineering
Thermodynamics (IV ed.). Capitolo 2. Qui si trova una trattazione più classica della
termodinamica (infatti Smith fu studente di Zemansky), con la seconda legge introdotta
attraverso il ciclo di Carnot, come abbiamo visto nel Capitolo 0.
E.P. Gyftopoulos and G.P. Beretta, Thermodynamics. Foundations and
Applications, MacMillan, New York (1991). Capitolo 4. Qui la seconda legge viene
introdotta seguendo lo schema di Keenan e Hatsopoulos. La novità è che la si vuol
applicare a tutti i sistemi, anche a quelli composti da una singola particella. Merita
comunque di essere consultato.
23 Nel senso detto di condizioni TD delle correnti di ingresso e di uscita identiche nei due processi.
- 3.27 -
3.17 Esercizi
E3.01 - Bruciatore adiabatico stazionario. Riferendosi allo schema qui riprodotto, si valuti
la temperatura di uscita dei fumi di combustione dal bruciatore adiabatico stazionario
considerato.
E3.02 - Ci si riferisca alle tavole TD dell'ossigeno, e si considerino processi stazionari con
(reversibili). Si calcoli la potenza assorbita o ceduta da un compressore e da una
turbina in condizioni adiabatiche e isoterme e con una portata di 1 gmole/s.
E3.03 - Problema dello scaldabagno. Si consideri il riscaldamento di una massa d’acqua M
contenuta in uno scaldabagno ottenuta fornendo una potenza elettrica . Si richiede un
bilancio di energia, con valutazione della funzione T() (temperatura media T all’istante )
della massa d’acqua contenuta nello scaldabagno.
E3.04 - Problema della pentola di fagioli. Uscendo da casa, lasciamo sul gas una pentola
contenente acqua e fagioli, in fase di ebollizione. Ritornando dopo un’ora, notiamo che il
livello dell’acqua nella pentola è calato di 2 cm. Qual è la portata di metano, ritenuta
stazionaria, alimentata al fornello?
E3.05 - Mostrare che, dal punto di vista energetico, una pompa di calore è più conveniente di
una stufa elettrica. Si quantifichi questa convenienza nel caso in cui Test = 0 °C, Tint = 20 °C
e 3el stufaW kW .
E3.06 - Si valuti la potenza assorbita da un frigorifero stazionario reversibile che assorbe 30
KJoule/min da una camera a +4 °C, essendo 20°C la temperatura ambiente.
E3.07 - Il lavoro elementare isotermo isobaro da cedere al sistema per variare l’area
superficiale di un liquido è esprimibile nei termini dWin = + dA, essendo la tensione
superficiale del liquido alla temperatura considerata.
0
,Wel in
Figura 3E.1 - Schema di funzionamento di un bruciatore adiabatico stazionario.
bruciatore
Aria: O 2 (g): 0.5 lbmole/s N 2 (g): 2.0 lbmole/s
H 2 (g) : 1 lbmole/s
Q 0 , W 0
H 2 O (g) : 1 lbmole/s
N 2 (g) : 2 lbmole/s
P=1 atm T = 298 K
P = 1 atm T = T x
- 3.28 -
Si valuti il lavoro necessario per la nebulizzazione di un litro d’acqua in particelle con raggio
di 5x10 –6
m, a temperatura ambiente.
E3.08 - Si consideri lo svuotamento a) adiabatico, b) isotermo di un serbatoio in pressione,
attraverso una valvola che garantisce una portata costante. Si risolva il problema anche
numericamente, assegnando valori ragionevoli ai parametri in gioco.
E3.09 - Si calcoli la velocità massima di uscita di un liquido incomprimibile da un serbatoio
avente un foro alla base. Utilizzando questo risultato, si calcoli il tempo necessario per
svuotare un serbatoio cilindrico, in cui inizialmente sia presente una quantità nota di liquido.