Capitolo 2.2 La Fibrillazione Atriale Non Valvolare e...

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43 La Fibrillazione Atriale Non Valvolare e l’ictus Le terapie auali: vantaggi e limi Capitolo 2.2

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    La Fibrillazione Atriale Non Valvolare e l’ictus

    Le terapie attuali: vantaggi e limiti

    Capitolo 2.2

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    Nel paziente con Fibrillazione Atriale, la prevenzione dell’ictus con anticoagulanti andrebbe iniziato precocemente, subito

    dopo la diagnosi e la valutazione del rischio tromboembolico1-2

    Subito dopo la diagnosi di Fibrillazione Atriale con elettrocardiogramma a 12 derivazioni, le più recenti Linee Guida internazionali e nazionali raccomandano una corretta valutazione del rischio tromboembolico del singolo soggetto ai fini delle successive scelte terapeutiche.

    La Fibrillazione Atriale, infatti, comporta un aumentato rischio tromboembolico, indipendentemente dal fatto che sia parossistica, persistente o permanente, e può dar luogo a ictus di solito estesi, gravati da un’elevata mortalità in fase acuta e con esiti spesso invalidanti.

    Una precoce e accurata stratificazione del rischio tromboembolico per l’identificazione dei pazienti da trattare andrebbe pertanto effettuata ancor prima di procedere al controllo della frequenza e del ritmo o al trattamento delle patologie sottostanti.

    Eseguire ECG a12 derivazioni

    Fibrillazione atriale

    Tipo di FASintomi

    Trattamento della patologia sottostanteTrattamento “upstream”

    Considero l’invioallo specialista

    Questioni relative allaterapia anticoagulante

    Controllo dellafrequenza e del ritmo

    PresentazioneEHRA scorePatologia associateValutazione iniziale

    Anticoagulanti oraliAspirinaNessuna terapia

    Valutare ilrischio TE

    Controllo della frequenza+ Controllo del ritmoFarmaci antiaritmiciAblazione

    ACEI/ARBStatine/PUFAAltro

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    Le Linee Guida raccomandano l’uso della terapia antitrombotica nella

    maggior parte dei pazienti2

    Secondo le più recenti linee guida europee, pubblicate nel 2012 dalla European Society of Cardiology (ESC), la terapia antitrombotica per la prevenzione del tromboembolismo è raccomandata per tutti i pazienti affetti da Fibrillazione Atriale, tranne che nei pazienti a basso rischio, cioè con età inferiore a 65 anni e Fibrillazione Atriale isolata, o nei pazienti con controindicazioni.

    Per impostare la terapia più appropriata, l’utilizzo dell’indice CHA2DS2-VASc è raccomandato come strumento di valutazione del rischio di ictus.

    La terapia antiaggregante, cioè la combinazione di aspirina e clopidrogel o aspirina in monoterapia, in caso di alto rischio di sanguinamento, è raccomandata solo nei pazienti che rifiutano il trattamento con qualunque anticoagulante orale.

    La motivazione di tale raccomandazione risiede nella scarsità delle evidenze a favore della terapia con antiaggreganti nella prevenzione dell’ictus. Anche se questa terapia è però correntemente impiegata e prescritta sul territorio italiano.

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    Nella Fibrillazione Atriale Non Valvolare è raccomandato l’utilizzo di una terapia

    anticoagulante orale, a scelta tra warfarin, dabigatran, rivaroxaban

    o apixaban, nei pazienti con CHA2DS2-VASc ≥12

    La flow chart elaborata dalla European Society of Cardiology rappresenta un utile supporto al processo di scelta del trattamento antitrombotico più appropriato alle caratteristiche del singolo paziente.La flow chart evidenzia innanzitutto che occorre distinguere tra Fibrillazione Atriale valvolare e non valvolare, in quanto nella forma valvolare è sempre raccomandata una terapia anticoagulante orale con VKA.Per quanto riguarda la Fibrillazione Atriale Non Valvolare, nei pazienti di età inferiore ai 65 anni con Fibrillazione Atriale isolata, senza fattori di rischio, non è raccomandata alcuna terapia antitrombotica.

    Nei pazienti che presentano fattori di rischio, le Linee Guida raccomandano l’utilizzo del CHA2DS2-VASc score per la stratificazione del rischio tromboembolico e l’identificazione dei pazienti da trattare con la terapia anticoagulante orale.

    Nei pazienti con CHA2DS2-VASc pari a 1, è consigliabile utilizzare una terapia anticoagulante orale a scelta tra i VKA, un inibitore diretto della trombina (come dabigatran) o un inibitore orale diretto del fattore X (come rivaroxaban o apixaban), basandosi su una valutazione del rischio di complicanze emorragiche e sulle preferenze del paziente.

     

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    In questi pazienti, una terapia antiaggregante con combinazione di aspirina e clopidrogel o – con minore efficacia – solo aspirina, può essere considerata in caso di rifiuto della terapia anticoagulante.Anche per i pazienti con CHA2DS2-VASc uguale o maggiore a 2 è consigliabile utilizzare una terapia anticoagulante orale a scelta tra i VKA, un inibitore diretto della trombina (come dabigatran) o un inibitore orale diretto del fattore X (come rivaroxaban o apixaban), se non esistono controindicazioni.

    In considerazione dell’aumento di rischio emorragico secondario all’impiego della terapia anticoagulante orale, prima di scoagulare un paziente affetto da Fibrillazione Atriale, è opportuna anche una stima individuale del rischio di sanguinamento. Attualmente per la stima del rischio emorragico viene utilizzato l’HAS-BLED, un sistema a punteggio.Un punteggio HAS-BLED ≥3 configura una situazione in cui il rischio emorragico è elevato e pertanto occorre prestare maggior cautela nella scoagulazione del paziente.

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    Le società scientifiche italiane confermano le indicazioni delle Linee Guida europee1

    In Italia, due importanti società scientifiche, l’Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC) e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), hanno recepito le raccomandazioni della European Society of Cardiology (ESC), raccomandando, nei pazienti con CHA2DS2VASc ≥1, l’utilizzo di una terapia anticoagulante orale, a scelta tra warfarin, dabigatran, rivaroxaban o apixaban.

    raccomandazioni per la terapia antitrombotica per la riduzione del rischio tromboembolico nei pazienti con fibrillazione atriale

    Terapia antitrombotica raccomandata Classea Livellob

    fa con cha2ds2-Vasc score 0 nessuna i b

    fa con cha2ds2-Vasc score 1c Warfarin (INR 2.0-3.0) o dabigatran, rivaroxaban, apixaban IIb B

    fa con cha2ds2-Vasc score ≥ 2

    Warfarin (INR 2.0-3.0) o dabigatran, rivaroxaban, apixaban I A

    a classe di raccomandazione

    b livello di evidenza

    c all'interno della categoria cha2ds2-Vasc score 1 esistono pazienti a basso rischio per i quali non è raccomandata alcuna terapia (sesso femminile di età < 65 anni) oppure è raccomandata aspirina (malattia vascolare). la presenza di disfunzione renale (clearance della creatina < 60 ml/min) identifica pazienti ad alto rischio per i quali è invece indicata la terapia anticoagulante orale.

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    II farmaci anticoagulanti orali con meccanismo diretto contro la vitamina

    K (VKA) sono stati per molti decenni i soli disponibili per la profilassi degli

    eventi tromboembolici

    I farmaci anticoagulanti orali con meccanismo diretto contro la vitamina K, farmaci dicumarolici quali warfarin e acenocumarolo, hanno un meccanismo d’azione che consiste nella capacità di antagonizzare le funzioni della vitamina K3.

    I fattori della coagulazione II, VII, IX e X (detti fattori vitamina k-dipendenti), e alcune proteine anticoagulanti vitamina k-dipendenti (quali la proteine C e la proteina S), per poter divenire attivi devono subire delle modificazioni post-traduzionali che consistono nella carbossilazione di alcuni residui di acido glutammico, al fine di generare l’acido γ-carbossiglutammico.

    Durante la reazione di carbossilazione la vitamina K viene trasformata in vitamina K epossido e poi riconvertita nella forma precedente dall’enzima vitamina K epossido riduttasi (VKORC1). Questo enzima è il bersaglio dell’azione dei dicumarolici, che ne determinano l’inibizione.

    Affinché compaiano gli effetti anticoagulanti, è necessario che il pool della vitamina K venga in buona parte trasformato in epossido. Solo allora, infatti, i fattori della coagulazione prodotti non verranno resi attivi e non saranno in grado di esplicare la propria azione.

    Idrossi-Vitamina K

    Vitamina Kchinone

    7-OH-warfarinW arfarin

    Warfarin7-OH-warfarinCYP2C9

    CYP4F2

    VKORC1

    VKORC1

    Fattori dellacoagulazioneCO2

    CarbossilasiVitamina Kdipendente

    chinone riduttasi

    Vitamina K epossido

    Vitamina KdiidrochinoneCYP2C9

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    I VKA disponibili in Italia sono warfarin ed acenocumarolo, che differiscono in relazione ad alcune caratteristiche

    farmacocinetiche

    Per quanto riguarda le caratteristiche farmacocinetiche dei dicumarolici, occorre ricordare che esse sono in parte differenti.Le due molecole disponibili in Italia, cioè warfarin e acenocumarolo, hanno un’emivita diversa. Infatti, l’emivita del warfarin è più lunga di quella dell’acenocumarolo che, a sua volta, risulta avere mediamente un effetto più potente a parità di dose4.

    Nessuno studio ha dimostrato solidi vantaggi clinici di uno dei due farmaci sull’altro: tuttavia l’emivita più lunga del warfarin sembra favorire il mantenimento del paziente nell’intervallo terapeutico desiderato4.

    Il warfarin è, pertanto, l’anticoagulante orale più utilizzato in Italia.

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    Da oltre 60 anni i VKA sono stati il principale presidio terapeutico in molte patologie ad elevato rischio tromboembolico grazie alla

    loro efficacia

    I VKA sono stati sviluppati nei primi anni ’40 e i primi trial clinici iniziarono nel 1954. Una metanalisi del 2007, condotta su 6 studi per un totale di 2.900 partecipanti, ha valutato l’efficacia del warfarin per la prevenzione dell’ictus nella Fibrillazione Atriale e ha evidenziato che, rispetto al placebo, nei pazienti trattati con warfarin a dosi personalizzate, l’incidenza di ictus si riduce del 64% [IC95%: 49-74%].

    stroke rates (ischemic or hemorrhagic)

    trial Warfarin (per 100 pts/yr)control

    (per 100 pts/yr) rrr (%)arr (per 100 pts/

    yr)

    baataf 0,6 3,0 78 2,4

    cafa 2,5 3,7 33 1,2

    spinaf 1,4 4,8 70 3,3

    afasak 2,2 4,8 54 2,6

    spaf 3,8 7,8 60 4,7

    eaft 3,6 12,0 68 8,4

    pooled (six trials) 64 2,7 (primary)

    8,4 (secondary)

    Risultati dei RCTs che hanno comparato warfarin vs placebo o vs nessuna terapia per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con Fibrillazione Atriale

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    2.2

    Nei pazienti con Fibrillazione Atriale, rispetto al placebo, warfarin riduce

    l’incidenza di stroke del 64%, mentre i farmaci antiaggreganti solo del 19%5

    Nell’ambito dello stesso lavoro è stata effettuata anche la metanalisi degli studi che hanno valutato l’efficacia degli agenti antipiastrinici nella prevenzione dell’ictus nella Fibrillazione Atriale.

    Sono stati inclusi 8 studi per un totale di 4.876 partecipanti e la metanalisi ha evidenziato rispetto al placebo una riduzione dell’incidenza di ictus del 19% [IC95%: 6-35%].

    Pertanto, si può affermare che il warfarin, somministrato con dosi individualizzate, è più efficace rispetto alla terapia antiaggregante piastrinica per la prevenzione dell’ictus nella Fibrillazione Atriale.

     

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    2.2

    L’incidenza di stroke per 100 pazienti/anno è più bassa nei pazienti in trattamento con

    warfarin rispetto a quelli in trattamento antiaggregante6

    L’incidenza di stroke per 100 pazienti/anno è pari a:• 1,4 casi per 100 pazienti/anno nei pazienti in trattamento con warfarin; • 2,4 casi per 100 pazienti/anno nei pazienti in trattamento con acido

    acetilsalicilico e clopidogrel (cioè in doppia antiaggregazione);• 3,3 casi per 100 pazienti/anno nei pazienti in trattamento con il solo acido

    acetilsalicilico;• 4,5 casi per 100 pazienti/anno nei pazienti non trattati.

     

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    2.2

    L’incidenza di complicanze emorragiche maggiori per 100 pazienti/anno è più

    elevata nei pazienti in trattamento con acido acetilsalicilico + clopidogrel rispetto

    a quelli in trattamento con warfarin6

    L’incidenza di complicanze emorragiche maggiori è pari a 2,4 casi per 100 pazienti/anno nei pazienti in trattamento con acido acetilsalicilico e clopidogrel, cioè con doppia antiaggregazione. Questo dato di incidenza è più elevato sia rispetto al trattamento con warfarin che rispetto al trattamento con solo acido acetilsalicilico.

     

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    2.2

    I VKA sono farmaci efficaci, ma con importanti limiti che rendono la gestione

    del paziente, nella reale pratica clinica, particolarmente delicata e complicata7

    A fronte di un’elevata efficacia nella profilassi cardioembolica, i VKA hanno dimostrato però di avere numerosi limiti, legati soprattutto alle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche, che ne rendono difficoltoso l’impiego nella pratica clinica. Tra questi limiti ricordiamo:• dosaggio personalizzato e aggiustamenti della dose;• finestra di trattamento stretta (INR range 2-3);• monitoraggio routinario della coagulazione (tramite la determinazione

    dell’INR);• lenta insorgenza/termine d’azione;• numerose interazioni con altri farmaci;• numerose interazioni alimentari;• variabilità genetica nel metabolismo.

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    2.2

    I VKA non possono essere somministrati a dosi fisse ma ogni paziente richiede una

    dose personalizzata8

    Un rilevante problema da affrontare con la terapia anticoagulante orale è l’estrema variabilità individuale nella risposta all’effetto anticoagulante. Questa variabilità dipende dalle caratteristiche del paziente, essendo legata ad es. all’età, al genere, al peso corporeo, a malattie intercorrenti, e a numerosi altri fattori. Dipende inoltre anche dalla dieta ad es. in relazione al contenuto in vitamina K degli alimenti, e dall’interferenza con molti farmaci.Per questo motivo i VKA non possono essere somministrati a dosi fisse come avviene per altri farmaci.

    Ogni paziente richiede una dose personalizzata finalizzata al raggiungimento del livello di anticoagulazione desiderato, misurato tramite l’INR, evitando sia il sovra che il sotto dosaggio8. L’efficacia e sicurezza della terapia anticoagulante orale sono pertanto strettamente correlate con l’effetto anticoagulante ottenuto, e non con la dose di dicumarolico somministrata.

    Una volta raggiunto il livello di INR desiderato, bisogna procedere con controlli periodici ed eventuali aggiustamenti della dose, per assicurare che l’INR resti all’interno del corretto range terapeutico.

    Il dosaggio per uno stesso paziente, infatti, non è necessariamente costante ma può variare nel tempo.

    Dosaggio personalizzato e aggiustamenti della dose

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    La determinazione del corretto dosaggio giornaliero è complessa e può richiedere

    l’utilizzo dei nomogrammi di trattamento9

    Al paziente anticoagulato con VKA deve essere fornita un’idonea sorveglianza mediante una visita periodica con prescrizione della dose giornaliera adeguata, in funzione del risultato dell’INR.

    Per la determinazione del corretto dosaggio giornaliero possono essere utilizzati dei nomogrammi di trattamento, come quello illustrato.

    Dosaggio personalizzato e aggiustamenti della dose

    condizioni del paziente dose iniziale

    Non sono presenti condizioni di alto rischio 5-10 mg

    Presenza di condizioni di alto rischio

    Età >60 anni

    ≤5 mg

    Stato nutrizionale compromesso o basso BMI

    Scompenso cardiaco congestizio

    Epatopatia (Child-Pough grado B/C)

    Assunzione concomitante di farmaci che incrementanol’attività del warfarin o il rischio di sanguinamento

    Recenti interventi chirurgici maggiori o alto rischio di sanguinamento

    giorno di terapia inr dose di Warfarin(target inr= 2.0-3.0)

    2 ---- continuare dose iniziale

    3

    3.0 non assumere la dose

    4

    3.5 non assumere la dose

    5

    3.5 non assumere la dose

    6

    3.5 non assumere la dose

    7

    3.5 0.8*dose iniziale

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    2.2

    Inoltre, in considerazione della complessità degli schemi di dosaggio, sono stati sviluppati software dedicati con algoritmi di calcolo che forniscono un valido aiuto al medico proscrittore, cui comunque rimane la decisione finale nel singolo paziente.

    Infatti, la prescrizione del dosaggio dell’anticoagulante non deve tener conto solamente del risultato di laboratorio, ma è un atto medico che deve valutare le condizioni cliniche del paziente ed eventuali variazioni nella storia recente (ad es. terapie associate, malattie intercorrenti, comparsa di complicanze, etc.).

    Il risultato della visita periodica deve essere consegnato al paziente in una prescrizione in cui sia dettagliato il risultato dell’INR e la dose giornaliera del farmaco; deve inoltre essere stabilito l’appuntamento per il controllo successivo. Occorre accertarsi inoltre che il paziente, o un suo caregiver, abbia ben compreso il corretto schema terapeutico, che a volte può risultare di difficile interpretazione e memorizzazione, soprattutto nel caso di pazienti anziani e di continue variazioni del dosaggio del farmaco.

  • 59

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    2.2

    L’efficacia e la sicurezza dei VKA sono assicurate solo se l’INR è all’interno di un

    range limitato, compreso tra 2 e 310

    L’INR indica in modo sufficientemente attendibile lo stato coagulativo del paziente e il suo range ottimale deve essere compreso tra 2 e 3.

    ll warfarin, infatti, è un farmaco efficace e sicuro solo se lo stato coagulativo del paziente è ben controllato; in caso contrario, i rischi di eventi avversi come ictus ischemico ed emorragico aumentano considerevolmente.

    Infatti, se il dosaggio del farmaco risultasse inadeguato per difetto (cioè con dose troppo bassa), l’efficacia anticoagulante sarebbe limitata e aumenterebbe il rischio di ictus.Se il dosaggio del farmaco risultasse inadeguato per eccesso (cioè con dose troppo alta), ad aumentare considerevolmente sarebbe il rischio emorragico.

    Finestra di trattamentostretta (INR range 2-3)

     

  • 60

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    2.2

    L’obiettivo di una terapia anticoagulante ben condotta è mantenere il paziente in range

    per almeno il 70% dell’arco del trattamento11-12-13

    Per ottenere un’adeguata efficacia e sicurezza della terapia anticoagulante orale è indispensabile la permanenza del paziente nel range di INR terapeutico per almeno il 70% del tempo.

    Un aumento del 10% del tempo al di fuori del range terapeutico comporta un incremento del 29% della mortalità, del 12% di ictus e una maggiore frequenza di ospedalizzazioni.

    Finestra di trattamentostretta (INR range 2-3)

     

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    2.2

    Il rischio di complicanze emorragiche e trombotiche nella terapia anticoagulante

    con VKA aumenta considerevolmente al di fuori del range terapeutico

    La complicanza più frequente durante la terapia anticoagulante orale è la comparsa di manifestazioni emorragiche spontanee, che possono ovviamente essere a varia localizzazione e di diversa gravità. Le emorragie maggiori sono quelle che si verificano in sede critica, come quelle intracraniche.Le emorragie minori sono quelle meno gravi, quali le piccole ecchimosi e le epistassi che non richiedono tamponamento.

    Gli studi riportano un’incidenza di emorragie variabile da 7,6 a 16,5 casi/100 pazienti/anno, mentre la frequenza di emorragie maggiori è fortunatamente più bassa e raggiunge un valore compreso tra 1,3 e 2,7 casi/100 pazienti/anno14.

    Emorragie possono comparire con qualsiasi livello di anticoagulazione, specie in relazione a caratteristiche di rischio specifiche del singolo paziente. Va però tenuto in considerazione che la loro incidenza aumenta fortemente con l’aumento dell’intensità di anticoagulazione, crescendo fortemente per valori di INR > 4,5.

    Le complicanze trombotiche hanno un’incidenza di 3,5 casi /100 pazienti/anno e si verificano generalmente con valori di INR bassi (< 1,5).

    Finestra di trattamentostretta (INR range 2-3)

  • 62

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    2.2

    I pazienti in terapia con VKA devono eseguire un monitoraggio periodico dell’INR

    I pazienti in terapia con warfarin o acenocumarolo devono eseguire periodicamente il prelievo ematico per la valutazione dell’INR.

    Occorre precisare che la frequenza dei controlli di laboratorio è estremamente variabile e può differire in modo significativo non solo nei diversi pazienti, ma anche nella stessa persona. La frequenza dei controlli può variare da almeno 2 volte/settimana nelle prime 2 settimane di trattamento a 1 volta al mese in pazienti stabilizzati all’interno del range terapeutico15.Esistono numerose situazioni nelle quali è necessario aumentare la frequenza dei controlli (ad esempio in caso di uso di altri farmaci, variazioni nell’alimentazione, malattie acute intercorrenti, etc.), e in questi casi i controlli possono essere anche plurisettimanali; in altri momenti, invece, l’INR si mantiene sufficientemente stabile così da permettere intervalli di tempo più lunghi tra un prelievo e l’altro.

    Lo studio ISAM sulla gestione della terapia anticoagulante in Italia, riporta che nel nostro Paese, così come anche negli Stati Uniti e in molti altri Paesi europei, la frequenza media dei controlli dell’INR è di 21 giorni.

    Controlli ad intervalli più lunghi di 4 settimane possono associarsi a variazioni non trascurabili del Tempo Trascorso in Range, cioè del tempo trascorso da ciascun paziente con INR entro i limiti terapeutici prefissati15.

    Nei pazienti con INR instabile sono necessari controlli più frequenti, almeno settimanali.

    Monitoraggio routinariodella coagulazione (INR)

    usa canada francia italia spagna

    intervallo medio del test inr (giorni) 21 20 21 21 32

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    2.2

    Nonostante il monitoraggio dell’INR, i pazienti in trattamento con VKA risultano

    per oltre un terzo del tempo al di fuori del target terapeutico

    L’obiettivo di una terapia anticoagulante ben condotta è mantenere il paziente in range per almeno il 70% dell’arco del trattamento.

    Tuttavia, anche attuando frequenti monitoraggi ed aggiustamenti della dose, i pazienti in trattamento con VKA risultano per oltre un terzo del loro tempo al di fuori del target terapeutico, cosi come diversi studi sia italiani che internazionali hanno evidenziato:• lo studio di coorte condotto nel 2011 da Degli Esposti et al17 in 3 ASL

    del Centro Nord ha evidenziato percentuali medie di INR in range del 56,3% nel caso di pazienti già da tempo in trattamento, e del 47,9% nei pazienti neo trattati.

    Inoltre, anche nei pazienti a più alta compliance, la percentuale di INR in range è del 60%.

    • La metanalisi di Baker et al18 ha indicato una percentuale del Tempo Trascorso in Range del 55%.

    Inoltre, tra pazienti seguiti presso i Centri di Sorveglianza la percentuale del Tempo Trascorso in Range è risultata del 63%, mentre è stata pari al 51% nel caso di pazienti seguiti nella pratica clinica di comunità.

    Monitoraggio routinariodella coagulazione (INR)

  • 64

    Capi

    tolo

    2.2

    Il monitoraggio dell’INR risulta un impegno, a volte gravoso, soprattutto per il paziente

    che ha un’età media molto elevata

    Dal punto di vista del paziente, la necessità di monitoraggio laboratoristico può rappresentare una limitazione per la qualità di vita, in quanto sottoporsi a controlli ripetuti e alle volte ravvicinati nel tempo comporta un impegno rilevante e un possibile limite nel viaggiare.

    Inoltre la necessità della verifica continua è, alle volte, causa di ansia.

    I pazienti devono essere istruiti a informare il medico curante circa qualsiasi modifica nell’assunzione di farmaci, compresi quelli non soggetti a prescrizione medica, i prodotti erboristici e gli integratori alimentari.

    In alcuni casi, vista l’età media elevata, i pazienti devono essere supportati nel gestire i complicati cambi di dosaggio19.

    Monitoraggio routinariodella coagulazione (INR)

  • 65

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    2.2

    I VKA si caratterizzano per una lenta insorgenza d’azione e per un altrettanto lento termine degli effetti farmacologici

    Affinché compaiano gli effetti anticoagulanti del warfarin, è necessario che il pool della vitamina K venga in buona parte trasformato in epossido. Solo allora i fattori della coagulazione prodotti non verranno resi attivi e non saranno in grado di esplicare la propria azione.

    Gli effetti del farmaco iniziano a comparire dopo 8-12 ore dall’assunzione e raggiungono il massimo effetto dopo 48-72 ore20.

    Inoltre, alcuni fattori della coagulazione hanno un’emivita di alcuni giorni: si dovrà attendere che vengano naturalmente consumati o degradati per raggiungere un’azione farmacologica completa. Proprio in relazione alla diversa emivita dei fattori della coagulazione, il termine dell’effetto farmacologico sarà altrettanto lento.

    Lenta insorgenza/termined’azione

     

  • 66

    Capi

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    2.2

    Molto numerosi sono i farmaci che in cosomministrazione interagiscono con i

    VKA e ne modificano l’effetto21

    La lista dei farmaci con i quali i VKA interagiscono in cosomministrazione è molto lunga e occorre tenere presenti due possibili meccanismi di interferenza:• alcuni farmaci hanno un’interazione di tipo farmacocinetico e agiscono

    modificando l’assorbimento, il legame con le proteine o il metabolismo degli VKA, con il risultato finale di determinare una variazione nella concentrazione plasmatica degli anticoagulanti stessi;

    • altri farmaci presentano interazioni di tipo farmacodinamico, in quanto agiscono in modo sinergico o antagonista sugli effetti degli anticoagulanti orali senza modificarne la concentrazione plasmatica.

    In considerazione del fatto che la maggior parte dei pazienti in terapia anticoagulante orale sono anziani e assumono numerosi altri farmaci, l’interferenza con altre molecole è un problema di particolare rilievo.

    Numerose interazioni con altri farmaci

    acetaminofene danazolo itraconazolo fenitoina tolbutamide

    alcol destrano ketoprofene piperacillina tramadolo

    allopurinolo destrotiroxina lansoprazolo pravastatina urokinasi

    amiodarone HCI diclofenac lepirudina prednisone valdecoxib

    argatroban dicumarolo levamisolo propafenone vitamina E

    acido acetilsalicilico diflunisal levotiroxina propranololo zafirlukast

    atorvastatina doxiciclina liotironina propiltiouracile tolbutamide

    azitromicina eritromicina lovastatina chinidina tramadolo

    bivalirudin esomeprazolo metimazolo rabeprazolo urokinasi

    cefamandolo ezetimibe metildopa ranitidina valdecoxib

    cefazolina fenofibrato metilfenidato rofecoxib vitamina E

    cefoperazone fenoprofene metronidazolo simvastatina zafirlukast

    cefoxitina fluconazolo acido nalidixico stanozololo

    ceftriaxone fluoxetina naproxene streptokinasi

    celecobix flutamide norfloxacina sulfametoxazolo

    chenodiol fluvastatina ofloxacina sulfinpirazone

    cloramfenicolo gefitinib olsalazina sulfisoxazolo

    cloralio idrato gemfibrozil oxandrolone tamoxifene

    colestiramina glucagone oxaprozina tetraciclina

    cimetidina eparina oxymetolone tiroide

    ciprofloxacina ibuprofene pantoprazolo ticlopidina

    claritromicina ifosfamide paroxetina plasminogeno tissutale

    clofibrato vaccino antiinfluenzale penicillina G, ev attivatore (t-PA)

  • 67

    Capi

    tolo

    2.2

    Le interazioni farmacologiche clinicamente rilevanti sono numerose e possono sia potenziare che inibire la terapia

    anticoagulante orale22

    Tale interferenza può esprimersi, a seconda dei casi, in un aumento o una diminuzione dell’effetto della terapia anticoagulante orale.

    La Tabella riporta i principali farmaci interferenti che potenzialmente sono responsabili di interazioni clinicamente rilevanti e si può notare come al suo interno siano elencate molecole appartenenti alle classi degli antibiotici, dei farmaci cardiovascolari, dei farmaci che agiscono sull’apparato gastroenterico etc., tutte molecole di largo utilizzo.

    Numerose interazioni con altri farmaci

    antibiotici cardioVascolari analgesici snc gi Vari

    potenziano la tao

    Cotrimossazolo ASA Piroxicam Cimetidina Tamoxifene

    Cyprofloxacina Amiodarone Fenilbutazione Omeprazolo Danazolo

    Eritromicina Quinidina

    Fluconazolo Fibrati

    Isoniazide Propafenone

    Metronidazolo Propanololo

    Miconazolo Simvastatina

    Tetracicline Ticlopidina

    inibiscono la tao

    Rifampicina Carbamazepina Sucralfato Vitamina K

    Nafcillina Colestiramina Fenobarbital

    Fenitoina

  • 68

    Capi

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    2.2

    La Vitamina K è contenuta in molti alimenti e la sua assunzione con la dieta può influenzare la gestione della terapia

    anticoagulante orale21

    Tra i fattori in grado di influenzare la gestione della terapia anticoagulante orale va considerata anche la dieta, con particolare riferimento all’assunzione della vitamina K, contenuta in molti alimenti soprattutto nei vegetali. La vitamina K è essenziale nella carbossilazione dei residui di acido glutammico dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti, cioè dei fattori II, VII, IX, X, e degli inibitori fisiologici, cioè delle proteine C ed S. Cambiamenti importanti nell’assunzione di vitamina K possono influire sulla terapia anticoagulante orale.

    Un ulteriore fattore in grado di alterare l’efficacia della terapia anticoagulante orale è l’alcool la cui assunzione determina un rallentamento dell’eliminazione degli anticoagulanti orali, con conseguente aumento del loro effetto. Inoltre, assumere in maniera prolungata elevate quantità di alcool favorisce l’instaurarsi di un danno a carico degli epatociti, che hanno l’importante ruolo di produrre i fattori della coagulazione. Appare quindi evidente come sia inevitabile per tali pazienti limitare l’assunzione di tutte le bevande alcoliche.

    Numerose interazioni alimentari

    principali alimenti ricchi di Vitamina k

    Basilico essiccato Basilico fresco

    Timo essiccato Cicoria

    Salvia essiccata Broccoli

    Prezzemolo crudo Radicchio

    Cavolo Invidia

    Origano essiccato Cavolini di Bruxelles

    Maggiorana essiccata Olio di soia

    Spinaci Lattuga

    Rapa Bietole

  • 69

    Capi

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    2.2

    I polimorfismi dei geni CYP2C9 e VKORC1 influenzano il metabolismo dei dicumarolici

    causando variabilità della risposta individuale a questi farmaci23-24

    La terapia con i VKA risente di fattori individuali che rendono necessario un frequente monitoraggio clinico e laboratoristico, specialmente nella fase di induzione, al fine di individuare la dose di farmaco ottimale per il paziente.

    Recentemente, sono stati descritti alcuni polimorfismi genetici, principalmente a carico dei geni codificanti l’enzima epossido-reduttasi (VKORC1) e il citocromo P2C9 (CYP2C9) che concorrono a spiegare parte della variabilità intraindividuale della risposta ai dicumarolici.

    Infatti, la ricerca nel campo della farmacogenetica del warfarin ha mostrato il ruolo svolto dai polimorfismi di un singolo nucleotide del gene CYP2C9, responsabile del prolungamento dell’emivita del warfarin, e del gene VKORC1, che ne influenza l’attività.

    Variabilità genetica nel metabolismo

     

  • 70

    Capi

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    2.2

    I limiti della terapia con VKA rendono la gestione del paziente, nella reale pratica

    clinica, particolarmente complicata

    Come abbiamo visto nelle slide precedenti, esistono diversi limiti nell’utilizzo della profilassi con VKA.

    Le difficoltà logistiche e organizzative nella gestione della terapia anticoagulante orale ha portato alla creazione, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, di centri totalmente dedicati alla gestione di questa terapia: i Centri di Sorveglianza dell’Anticoagulazione.

     

  • 71

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    2.2

    I principali modelli organizzativi per la gestione della terapia anticoagulante orale25

    I due principali modelli organizzativi per il management della terapia anticoagulante orale sono:

    • il modello della Usual Care, che rappresenta il modello prevalente in Francia, in Canada e negli Stati Uniti e in cui il controllo della terapia è affidato ai medici di medicina generale e agli specialisti;

    • il modello delle Anticoagulation Clinics, che è presente in molti Paesi Europei (come Olanda, Inghilterra e Spagna) e che è caratterizzato dalla presenza di Centri Specializzati per la sorveglianza della terapia anticoagulante orale.

    Il modello delle Anticoagulation Clinics rappresenta una forma di assistenza caratterizzata da un approccio sistematico al paziente in terapia anticoagulante orale. Questo modello, rispetto a questo della Usual Care, ha dimostrato in alcuni studi una maggiore efficacia, consentendo un aumento del numero dei pazienti che restano all’interno del range terapeutico per più tempo e riducendo pertanto sia il rischio di emorragia che di trombosi.Inoltre, questo modello ha dimostrato anche una maggiore efficienza, consentendo una riduzione dell’utilizzo di risorse sanitarie.

     

     

  • 72

    Capi

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    2.2

    In Italia la gestione della terapia anticoagulante orale viene condotta nella maggior parte dei pazienti dai Medici di

    Medicina Generale o dagli specialisti

    In Italia la gestione della terapia anticoagulante orale si caratterizza per un modello misto e viene condotta solamente per il 25% nei Centri per la terapia anticoagulante orale, i cosiddetti Centri TAO.Per il restante 75% viene gestita dai Medici di Medicina Generale o dagli specialisti16.

  • 73

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    2.2

    Diversi Studi Internazionali hanno evidenziato una migliore gestione

    della terapia anticoagulante orale nelle Anticoagulation Clinics

    Una review condotta da Ansell et al26 e ha messo in evidenza una riduzione del rischio combinato di emorragie maggiori e tromboembolismo del 40% nei pazienti seguiti nelle Anticoagulation Clinics rispetto ai pazienti seguiti in un regime di Usual Care.

    Lo studio di Chiquette et al27 ha riscontrato una riduzione del 77% del rischio emorragico nei pazienti seguiti nelle Anticoagulation Clinics rispetto all’Usual Care, con una riduzione del 50% di sanguinamenti fatali.

  • 74

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    2.2

    In Italia le Anticoagulation Clinics sono rappresentati dai Centri di Sorveglianza del paziente Anticoagulato (CSA) o Centri TAO28

    I centri specializzati per la gestione della terapia anticoagulante orale sono rappresentati dai Centri di Sorveglianza del paziente Anticoagulato, costituitisi nel 1989 come “Federazione di Centri di Sorveglianza della Terapia Anticoagulante”.La disponibilità di centri dedicati alla gestione della terapia anticoagulante orale è molto variabile da regione a regione.

    Nel 2005 la federazione è stata riconosciuta come società scientifica. Il numero di Centri è di circa 300, variamente distribuiti sul territorio, e seguono circa 80.000 pazienti.All’interno dei Centri, i pazienti hanno un percorso ben definito in termini di esecuzione del prelievo e consegna in giornata della risposta scritta del valore di INR e del programma di terapia.Inoltre, quasi tutte le strutture sono dotate di sistemi di registrazione dei dati del paziente in modo da poter valutare la qualità della terapia.

     

  • 75

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    2.2

    Nonostante i Centri di Sorveglianza dovrebbero rappresentare lo standard di riferimento, in realtà non sono disponibili

    per la maggior parte dei pazienti29-30

    Solo un quarto dei pazienti ha accesso a un Centro TAO.

    Dove non sono presenti Centri di riferimento, i pazienti vengono seguiti dal Medico di Medicina Generale, con un livello di integrazione ospedale-territorio molto variabile e con risultati in termini di Tempo Trascorso in Range molto variabili.

    Inoltre, vi sono vaste zone dove i pazienti anticoagulati non trovano alcun punto di riferimento per un’adeguata sorveglianza.

    In ultimo, anche il trattamento amministrativo dei pazienti anticoagulati è difforme da Regione a Regione e addirittura tra le varie ASL.

  • 76

    Capi

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    2.2

    Quando il paziente non può essere seguito da un Centro TAO la gestione della

    terapia anticoagulante orale è particolarmente complicata29-30

    In assenza di un Centro TAO, i pazienti devono:• recarsi dal proprio medico curante per ottenere la richiesta;• pagare il ticket;• prenotare un appuntamento presso il laboratorio;• recarvisi per il prelievo;• ritirare il referto dopo alcune ore;• tornare dal proprio medico per le eventuali modificazioni terapeutiche.

    In questo sistema in cui il livello di l’integrazione laboratorio-Medico di Medicina Generale è scarso e manca una standardizzazione dei percorsi si verificano importanti inconvenienti:• aumentano i tempi di gestione del paziente;• aumentano le possibilità di errore;• non sono possibili sistemi efficaci di rilevazione degli eventi avversi.

  • 77

    Capi

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    2.2

    Gli anticoagulanti orali tradizionali sono quindi farmaci efficaci e sicuri solo se il

    paziente è ben controllato29-30

    A causa quindi dei limiti clinici e gestionali precedentemente evidenziati, tra i pazienti con Fibrillazione Atriale Non Valvolare, il numero di coloro che presentano un reale bisogno clinico non soddisfatto è ancora elevato.

    Proprio in considerazione di ciò, sono stati sviluppati i nuovi anticoagulanti orali, caratterizzati dalla stessa efficacia nella prevenzione di eventi tromboembolici, ma da reali vantaggi in termini di sicurezza e prevedibilità dell’effetto.

  • 78

    Capi

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    2.2

    Uno score per predire il rischio di ictus nella Fibrillazione Atriale Non Valvolare31

    Nei pazienti con Fibrillazione Atriale Non Valvolare, un’accurata stratificazione del rischio tromboembolico costituisce il primo step per l’identificazione dei pazienti da trattare con la terapia anticoagulante orale e può essere realizzata sulla base di fattori di rischio clinici ed ecocardiografici, identificati in numerosi studi che hanno arruolato pazienti affetti da questa patologia.

    Attualmente per la stima del rischio tromboembolico vengono applicati dei sistemi a punteggio elaborati sull’esperienza di grandi trial e sulla scorta dei dati contenuti in ampi registri.

    La stratificazione del rischio tromboembolico ed emorragico

    nella Fibrillazione Atriale Non Valvolare

    App

    rofo

    ndim

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    1

  • 79

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    2.2

    CHADS2: score per predire il rischio di ictus nella Fibrillazione Atriale

    Non Valvolare31

    Il primo score sviluppato è il CHADS2, un acronimo derivante dai fattori di rischio presi in considerazione e cioè:1. lo scompenso cardiaco congestizio;2. l’ipertensione arteriosa;3. l’età (> 75);4. il diabete mellito;5. l’eventuale presenza di un pregresso ictus;

    Sono assegnati 2 punti in presenza di storia di ictus o di attacco ischemico transitorio e 1 punto per ognuna delle altre condizioni.Con il CHADS2, lo score finora più utilizzato per la stratificazione del rischio tromboembolico, non si riescono ad individuare correttamente i pazienti realmente a basso rischio nei quali non è necessaria la terapia antitrombotica.

     

    points

    congestive hf 1

    Hypertension 1

    Age > 75 yr 1

    Diabetes 1

    Stroke 2

    chads2 1-y Stroke rate

    6 13,7 %

    5 12,3 %

    4 10,9 %

    3 8,6 %

    2 4,5 %

    1 2,2 %

    0 0,8 %

    App

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  • 80

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    2.2

    CHA2DS2-VASc: score per predire il rischio di ictus nella Fibrillazione Atriale

    Non Valvolare31

    Successivamente al CHADS2, è stato sviluppato il CHA2DS2-VASc, che viene calcolato in modo simile all’indice CHADS2 ma adottando le seguenti modifiche:• la condizione di scompenso cardiaco viene estesa, in maniera più

    integrale, come “scompenso cardiaco o disfunzione del ventricolo sinistro” (punteggio assegnato: uno);

    • in caso di ipertensione, si continua ad attribuire un punto;• ai pazienti di età compresa tra 65 e 74 anni si attribuisce un punto;

    tuttavia, in caso di età superiore o uguale a 75 anni, tale punteggio viene raddoppiato;

    • viene mantenuta l’attribuzione di due punti nel caso di pregresso ictus o di attacco ischemico transitorio;

    • in caso di malattia vascolare (es. precedente infarto del miocardio, malattia delle arterie periferiche, placche aortiche) si aggiunge un ulteriore punto;

    • per il genere femminile si aggiunge un ultimo punto.

    Il punteggio dell’indice CHA2DS2-VASc può, quindi, variare da un minimo di zero a un massimo di 9, in relazione agli ulteriori parametri inseriti per il suo calcolo. I pazienti con punteggio = 0 – 1 sono considerati a basso rischio; quelli con punteggi ≥ 2 sono considerati a rischio moderato/alto.

    Weight (points)

    congestive heart failure or lVef ≤ 35% 1

    Hypertension 1

    Age > 75 years 2

    Diabetes mellitus 1

    Stroke/TIA/systemic embolism 2

    Vascular Disease (MI/PAD/Aortic plaque) 1

    Age 65-74 years 1

    Sex category (female) 1

    Moderate-High risk ≥ 2

    Low risk 0-1

    App

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    1

  • 81

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    2.2

    CHA2DS2-VASc: incidenza di ictus in base allo score31

    Il CHA2DS2-VASc stratifica in maniera più accurata i pazienti a rischio tromboembolico, consentendo una migliore identificazione dei pazienti “veramente a basso rischio”, nei quali la terapia antitrombotica non è indicata”. Attualmente vi è consenso unanime che nei pazienti con score = 0 non è necessaria nessuna terapia antitrombotica.

    punteggio cha2ds2-Vasc N. pazienti (7329) Rischio annuale di ictus (%)

    0 1 0

    1 422 1,3

    2 1230 2,2

    3 1730 3,2

    4 1718 4

    5 1159 6,7

    6 679 9,8

    7 294 9,6

    8 82 6,7

    9 14 15,2

    App

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    1

  • 82

    Capi

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    2.2

    HAS-BLED: score per predire il rischio di sanguinamento nella Fibrillazione Atriale

    Non Valvolare31

    In considerazione dell’aumento di rischio emorragico secondario all’impiego della terapia anticoagulante orale, prima di scoagulare un paziente affetto da Fibrillazione Atriale, è opportuna anche una stima individuale del rischio di sanguinamento.

    Attualmente per la stima del rischio emorragico viene utilizzato l’HAS-BLED, sistema a punteggio, che considera quali fattori correlati ad un aumento del rischio di sanguinamento:• l’ipertensione;• alterazioni della funzionalità renale o epatica;• un precedente ictus;• un precedente evento emorragico;• la difficoltà di mantenere l’INR nel range terapeutico;• l’età avanzata (> 75 anni);• l’utilizzo a lungo termine di farmaci che presentano interazioni

    farmacologiche con il warfarin o l’abuso di alcool.

    Un punteggio HAS-BLED ≥ 3 configura una situazione in cui il rischio emorragico è elevato e pertanto occorre prestare maggior cautela nella scoagulazione del paziente.

    Weight (points)

    Hypertension (> 160 mm Hg systolic) 1

    Abnormal renal or hepatic function 1

    Stroke 2

    Bleeding history or anemia 1

    Labile INR (TTR < 60%) 2

    Elderly (age > 75 years) 1

    Drugs (antiplatelet, NSAID) or alcohol 1

    High risk (> 4%/year) ≥ 4

    Moderate risk (2-4%/year) 2-3

    Low risk (< 2%/year) 0-1

    App

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    1

  • 83

    Capi

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    2.2

    INR (International Normalized Ratio)32-33

    I VKA hanno un meccanismo d’azione indiretto che impedisce la corretta maturazione di diversi fattori pro-coagulanti e anti-coagulanti vitamina K-dipendenti epatici e un metabolismo fortemente dipendente dalle caratteristiche del singolo paziente, per cui la loro efficacia è assolutamente imprevedibile nel singolo soggetto.

    Per superare questo limite è stato costruito, sulla base di studi osservazionali, l’International Normalized Ratio (INR), che rappresenta il rapporto tra il Tempo di Protrombina del paziente e quello di un ipotetico plasma di controllo, normalizzato secondo la sensibilità del reagente impiegato.

    Tale plasma di controllo viene calcolato in base a una media geometrica dei valori del Tempo di Protrombina di almeno 20 soggetti normali e di almeno 60 pazienti in terapia con VKA, e ciò rende ragione del fatto che l’INR risulti applicabile unicamente alla terapia anticoagulante orale con VKA e non ad altre terapie anticoagulanti, né iniettive né orali.

    L’INR indica in modo sufficientemente attendibile lo stato coagulativo del paziente e il suo range ottimale di “scoagulazione” in funzione delle diverse indicazioni terapeutiche, per cui i pazienti in terapia con VKA devono eseguire periodicamente un prelievo di sangue per la sua determinazione.

    L’INR permette di standardizzare la determinazione del Tempo di Protrombina. Occorre tuttavia tener presente che il Tempo di Protrombina è influenzato da molte variabili pre-analitiche legate al paziente, agli anticoagulanti da utilizzare nel prelievo, alla tecnica di prelievo, al riempimento della provetta, al trasporto del campione, alla centrifugazione, alla conservazione e allo scongelamento.Influenzano il Tempo di protrombina anche alcune variabili analitiche quali il controllo dell’origine delle tromboplastine e l’esecuzione dell’esame con rilevazione della formazione del coagulo, che rendono complessa non solo la comparabilità dei risultati prodotti in laboratori diversi, ma anche di quelli prodotti nello stesso laboratorio in giorni diversi.

    Comunque, nonostante i possibili margini d’inaccuratezza della stima, l’INR rappresenta l’indicatore più attendibile del livello di coagulazione ed è perciò consigliato durante tutte le fasi del monitoraggio della terapia anticoagulante orale con i VKA.

    INR (International Normalized Ratio)

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    2

  • 84

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    2.2

    Il Time in Therapeutic Range (TTR): tempo trascorso da ciascun paziente con

    INR entro i limiti terapeutici prefissati

    Per monitorare la qualità del trattamento dal punto di vista laboratoristico esistono dei metodi statistici: • il calcolo della percentuale di controlli dell’INR entro i limiti terapeutici;• l’analisi del Tempo Trascorso in Range o TTR, cioè tempo trascorso da

    ciascun paziente con INR entro i limiti terapeutici prefissati.

    INR (International Normalized Ratio)

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    3

  • 85

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    2.2

    Già in passato sono stati condotti studi clinici che hanno evidenziato come la variabilità della dose individuale fosse influenzata in modo significativo dalle variazioni genetiche. Negli ultimi anni, inoltre, la ricerca nel campo della farmacogenetica del warfarin ha mostrato il ruolo svolto dai polimorfismi di un singolo nucleotide del gene CYP2C9, responsabile del prolungamento dell’emivita del warfarin. Infatti, l’enzima 2C9 del citocromo P450 è responsabile del metabolismo ossidativo dell’isomero levogiro del warfarin.

    Nella popolazione caucasica, circa il 65% delle persone presentano un genotipo del CY P2C9*1/*1, pienamente funzionale.

    Il restante 35% è portatore di alcuni polimorfismi (soprattutto le varianti del CY P2C9 *2 o *3) e presentano una ridotta clearance per il warfarin, maggior sensibilità al farmaco, ridotto fabbisogno giornaliero e potenziale aumento del rischio di sanguinamento.

    I polimorfismi dei geni del metabolismo dei VKA

     A

    ppro

    fond

    imen

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  • 86

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    2.2

    I polimorfismi del VKORC123-24

    La ricerca nel campo della farmacogenetica del warfarin ha mostrato anche l’importante ruolo svolto dai polimorfismi di un singolo nucleotide del gene VKORC1. L’enzima vitamina K-epossido riduttasi, infatti, codificato dal gene VKORC1, rappresenta il target dell’azione dei dicumarolici.

    Sono stati descritti vari aplotipi di VKORC1 associati a una diversa sensibilità di epossido-reduttasi all’azione del warfarin quali:• il genotipo 1173CC, che determina un’elevata resistenza di epossido

    riduttasi all’azione dei dicumarolici e un fabbisogno di warfarin giornaliero nei pazienti portatori di tali mutazioni variabili su 15-45 mg/die, cioè da 3 a 9 volte il fabbisogno medio;

    • genotipo1173TT, che si associa ad una ridotta espressione genica e comporta una minor produzione di enzima, una maggiore sensibilità al farmaco e quindi la necessità di dosi mediamente più basse rispetto ai pazienti wild type.

     

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  • 87

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    2.2

    Bibliografia:

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  • 88

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