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2. Il mondo tra colonialismo e guerra fredda 15 Capitolo 2. Il mondo tra colonialismo e guerra fredda Di cosa parleremo In questo capitolo verrà analizzato il modo in cui il colonialismo e il neo- colonialismo hanno inciso sull’assetto geopolitico e geoeconomico del Pia- neta. Si prenderà in considerazione, inoltre, la logica bipolare della Guerra Fredda e l’alternativa proposta dai Paesi Non Allineati del Terzo Mondo. 1) Il colonialismo Quando parliamo di colonialismo, ci riferiamo alla politica di dominio delle Potenze europee, volta a conquistare ampie regioni dell’America, dell’Asia e dell’Africa e a sottoporle ai propri governi, attraverso legami di dipendenza economica e politico-amministrativa. Possiamo suddividere questo fenomeno in due periodi: nel primo, che va dal 1450 circa sino al 1800, gli Europei entrano in contatto con altre civiltà, alcune delle quali anche più raffinate e, per certi aspetti, superiori alle loro. Quasi sempre, in questi casi, i colonizzatori, mossi da una pretestuosa «missione civilizzatrice», determinano una profonda trasformazione degli spazi geografici e delle società indigene con cui vengono a contatto. Ne consegue un colonialismo di insediamento, caratterizzato da fenomeni quali: — la distruzione e il saccheggio dei villaggi autoctoni; — lo sfruttamento delle risorse umane e naturali delle terre sottomesse; — lo sterminio di molte civiltà (fra tutte, citiamo quella dei Maya e quella degli Aztechi, nell’America Centromeridionale); — la tratta degli schiavi dall’Africa nera (il cosiddetto «commercio triangolare»); — il trapianto, nelle colonie, dei modelli economici e culturali dell’Eu- ropa, a cominciare dalla lingua e dalla religione.

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Capitolo 2. Il mondo tra colonialismo e guerra fredda

Di cosa parleremo

In questo capitolo verrà analizzato il modo in cui il colonialismo e il neo-colonialismo hanno inciso sull’assetto geopolitico e geoeconomico del Pia-neta. Si prenderà in considerazione, inoltre, la logica bipolare della Guerra Fredda e l’alternativa proposta dai Paesi Non Allineati del Terzo Mondo.

1) Il colonialismo

Quando parliamo di colonialismo, ci riferiamo alla politica di dominio delle Potenze europee, volta a conquistare ampie regioni dell’America, dell’Asia e dell’Africa e a sottoporle ai propri governi, attraverso legami di dipendenza economica e politico-amministrativa. Possiamo suddividere questo fenomeno in due periodi: nel primo, che va dal 1450 circa sino al 1800, gli Europei entrano in contatto con altre civiltà, alcune delle quali anche più raffinate e, per certi aspetti, superiori alle loro. Quasi sempre, in questi casi, i colonizzatori, mossi da una pretestuosa «missione civilizzatrice», determinano una profonda trasformazione degli spazi geografici e delle società indigene con cui vengono a contatto.

Ne consegue un colonialismo di insediamento, caratterizzato da fenomeni quali:

— la distruzione e il saccheggio dei villaggi autoctoni;— lo sfruttamento delle risorse umane e naturali delle terre sottomesse;— lo sterminio di molte civiltà (fra tutte, citiamo quella dei Maya e

quella degli Aztechi, nell’America Centromeridionale);— la tratta degli schiavi dall’Africa nera (il cosiddetto «commercio

triangolare»);— il trapianto, nelle colonie, dei modelli economici e culturali dell’Eu-

ropa, a cominciare dalla lingua e dalla religione.

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Qualche ripercussione negativa si ebbe, comunque, anche in Europa, come:

— la decadenza economica dei principali porti e mercati mediterranei, quale conseguenza dello spostamento dell’asse commerciale dal Mediterraneo all’Atlantico;

— le frequenti inflazioni, dovute all’eccessiva importazione di metalli preziosi (soprattutto oro e argento) dalle colonie.

Il secondo periodo, che va dal 1800 sino al 1945 circa, lega le proprie conseguenze allo sviluppo dell’industria europea, che porta il colonialismo di insediamento a trasformarsi in colonialismo di sfrutta-mento. Fenomeni che caratterizzano questo tipo di colonialismo sono:

— un aumento incontrollato dell’utilizzo delle risorse naturali presenti nelle terre conquistate;

— lo sviluppo di una nuova forma di sfruttamento economico volta a fare delle colonie i principali Paesi importatori delle merci prodotte dalle stagnanti economie delle Nazioni egemoni;

— una trasformazione del paesaggio, funzionale alle esigenze della nascente industria europea, che comporta: l’intensificazione delle piantagioni, già presenti a partire dal XVII secolo; il disboscamen-to di vaste aree; la realizzazione di strutture edilizie tipicamente europee, che cancellano la singolarità dei villaggi autoctoni; la costruzione di infrastrutture, sebbene finalizzate allo sfruttamento economico delle regioni in cui vengono impiantate.

Nell’arco di pochi decenni, quindi, i Paesi colonizzati vengono integrati nel sistema economico mondiale, che lo desiderino o meno. È in questa fase che ha origine il divario fra Paesi ricchi (Stati europei e Stati in cui gli Europei si sono insediati, ossia Stati Uniti, Canada e Australia) e Paesi poveri (vale a dire tutti gli altri).

2) La decolonizzazione e il neocolonialismo

Il processo di decolonizzazione, ossia di affrancamento delle colonie dall’egemonia delle Potenze dominatrici, tra le sue prime manifestazioni annovera l’indipendenza del Nord (1776) e del Sud (1815-21) America.

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Successivamente conquisteranno l’indipendenza anche altri Stati, come l’Afghanistan, gli Emirati Arabi Uniti e il Sudafrica. Ma la fase più acuta di questo processo si ha solo a partire dal 1945, quando nelle colonie si farà strada l’affermazione del principio all’autodeterminazione dei popoli, già espresso nella Carta Atlantica. Nell’arco dei tre decenni successivi, le lotte autonomiste imperverseranno ovunque: gli imperi coloniali cesseranno di esistere e le ex colonie diventeranno Stati indipendenti.

È possibile distinguere quattro principali fasi in questo processo.

1a Fase: si attua a partire dagli anni Quaranta e interessa i Paesi sotto dominio inglese ed olandese, le cui élites politiche sono pronte ad assumere il potere.

2a Fase: ha inizio negli anni Cinquanta e riguarda soprattutto l’Africa settentrionale (Algeria, Marocco e Tunisia), l’Indonesia e l’Indocina, Paesi in cui l’affrancamento avviene solo in seguito ad estenuanti guerre di liberazione. Ragione che spiegherebbe, almeno in parte, il carattere oltranzista e militante degli Stati che ne sono derivati.

3a Fase: si svolge negli anni Sessanta e porta all’emancipazione dell’Afri-ca nera. L’indipendenza territoriale viene conquistata, generalmente, in un clima di collaborazione con le vecchie potenze coloniali.

4a Fase: si realizza negli anni Settanta e interessa l’impero coloniale portoghese, dissolto dalla «Rivoluzione dei Garofani» che porta all’indipendenza di Angola e Mozambico (1974).

Il bilancio della decolonizzazione è, per lo più, negativo, poiché agli sforzi per ottenere l’autonomia politica non sempre corrisponde una vera e propria emancipazione dei nuovi Stati dalle vecchie Poten-ze coloniali. Queste ultime, infatti, hanno lasciato alle loro ex colonie pesanti eredità strutturali di ordine politico-istituzionale, economico e culturale, creando le premesse per quel fenomeno che va sotto il nome di neocolonialismo.

Le Potenze coloniali si sono trasformate, man mano, in Potenze industriali, mentre il vecchio rapporto, basato sul dominio coloniale diretto, è stato soppiantato da legami di dipendenza tecnologica, economica e ideologica, nonché da condizionamenti politici indiretti (corruzione delle classi dirigenti locali, sostegno a colpi di Stato per

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l’instaurazione di governi portatori degli interessi degli ex domina-tori). In sostanza, al dominio «formale» è subentrato il dominio «in-formale», all’instaurazione del quale ha contribuito, innegabilmente, la debolezza economica e politica che caratterizza la maggior parte delle ex colonie nella fase successiva alla decolonizzazione.

3) La Guerra Fredda

Se il neocolonialismo ha avuto modo di impiantarsi, è stato anche grazie alle vicende di politica internazionale che hanno riguardato il Pianeta all’indomani della seconda guerra mondiale. Il riferimento è, soprattutto, alle conseguenze derivanti dalla contrapposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, da cui, per decenni, è dipeso l’assetto geoeconomico e geopolitico mondiale. Già durante le Conferenze di Mosca, di Yalta e di Postdam (1943-45), lo status di Potenze vincitrici legittima USA e URSS a spartirsi la Terra in zone d’influenza, sulle quali esercitare, ciascuna, il proprio controllo. Si stabiliscono, pertan-to, due blocchi, uno Orientale e l’altro Occidentale, in cui orbitano, rispettivamente, Paesi filosovietici e filoamericani.

In questo contesto, le iniziative di natura economica (aiuti fi-nanziari, piani di ricostruzione) e politica (instaurazione di governi longa manu di ciascuna delle due Potenze), elargite da USA e URSS in favore dei Paesi dei rispettivi Blocchi, non possono che contribuire al consolidamento delle zone d’influenza, sebbene con alcune eccezioni (ad esempio, la Yugoslavia di Tito, che non aderì al Blocco sovietico, pur essendo un Paese socialista).

L’ipotesi dello scoppio di un terzo conflitto mondiale e l’esistenza di azioni di controllo su tutto il globo induce a parlare di Guerra Fred-da, un concetto che sottolinea il clima di tensione di quegli anni, non certo stemperato dalla minaccia dell’utilizzo della bomba atomica, ed esacerbato anzi da scontri indiretti (come, ad esempio, nella guerra di Corea e nella guerra del Vietnam).

A porre fine alla logica bipolare della Guerra Fredda concorrono, dapprima, la destalinizzazione dell’URSS, voluta dal leader sovietico Chrusčëv nel 1956, quindi la politica di distensione avviata nel 1985 dal

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governo Gorbaciov. Entrambe, però, determinano anche il progressivo indebolimento del Blocco Orientale, favorito dalle spinte democratiche nell’Europa dell’Est e culminato, nel 1989, con l’abbattimento del Muro di Berlino, con cui può dirsi abbia fine la Guerra Fredda. Nel 1991, infine, crolla l’Unione Sovietica, oggi costituitasi in Comunità degli Stati Indipendenti.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il ruolo da essi esercitato nel perio-do della Guerra Fredda è stato messo in discussione da una rilettura degli interventi militari effettuati in quegli anni, che ne hanno pesantemente danneggiato l’immagine di Nazione «portatrice di democrazia». Qui di seguito, riassumeremo brevemente gli aspetti e le iniziative salienti con cui si è soliti identificare il periodo della Guerra Fredda.

BloCCo oCCidEnTAlE BloCCo oriEnTAlE

stati Uniti A chi fa capo Unione sovietica

America Latina, Giappone, Filippine, Pacifico, Corea del Sud, Vietnam del Sud, Stato d’Israele, Paesi democra-tici dell’Europa Occidentale.

Principali zone d’influenza Polonia, Bulgaria, Ungheria, Roma-nia, Germania dell’Est e Cecoslovac-chia, Corea del Nord, Vietnam del Nord, Egitto e mondo arabo.

Capitalismo. È fondato sulla separazione tra capitalisti (i pro-prietari dei mezzi di produzione) e i lavoratori (coloro che vendono la propria forza lavoro ai capitalisti in cambio di un salario).I sistemi capitalistici si identificano con il pieno funzionamento delle leggi della concorrenza e con la proprietà privata dei mezzi di produ-zione (macchine, fabbriche, capitali, terreni ecc.).Nei Paesi del Blocco statunitense prevale, generalmente, un sistema politico democratico, anche se in alcuni casi (America Latina) vige la dittatura.

Sistema economico-sociale prevalentemente presente

socialismo. Sia a livello ideologico sia nella pratica politica, il socia-lismo propone una trasformazione della società in modo che gli inte-ressi collettivi prevalgano su quelli individuali.Nei sistemi socialisti lo Stato è pre-sente in tutte le attività economiche attraverso la pianificazione delle atti-vità produttive, che non risparmiano alcun settore. La pianificazione avviene su base regionale ed ha cadenza trimestrale, semestrale, an-nuale o pluriennale. Il singolo piano è elaborato dallo Stato e dal Partito.Il sistema economico socialista com-portò l’instaurazione di democrazie o dittature socialiste.

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Piano Marshall. È il programma di aiuti economici elaborato, nel 1947, dal Segretario di Stato statunitense dal quale prende il nome e presen-tato come European Recovery Program. Stanziando 13 miliardi di dollari tra materie prime, beni di con-sumo, risorse energetiche e prestiti a fondo perduto, gli USA aiutarono la ripresa economica. In cambio, gli Stati beneficiari si impegnarono ad acquistare una certa quantità di forniture industriali americane e a sottoporre al controllo statunitense l’utilizzo dei fondi.

Iniziative di natura economica CoMECon (Consiglio di Mutua Assistenza Economica). Organismo internazionale creato, nel 1949, in risposta al Piano Marshall.Obiettivo del COMECON era svi-luppare la cooperazione economica, tecnica e scientifica tra i Paesi che avevano adottato un modello di economia pianificata.Divenne presto uno strumento di controllo dell’URSS sui Paesi del suo Blocco. Travolto dal crollo dei regimi comunisti, venne sciolto nel 1991.

Patto Atlantico. Alleanza militare di tipo difensivo, darà vita al Patto Atlantico.nATo (North Atlantic Treaty Or-ganization, cioè Organizzazione del Patto dell’Atlantico Settentrionale). È l’espressione operativa, sul piano militare, del Patto Atlantico.

Trattati ed organismi di natura politica e militare, tesi a coor-dinare le iniziative internazionali del rispettivo blocco

CoMinForM. Organismo interna-zionale avente il compito di coordi-nare l’azione dei Partiti Comunisti dei Paesi filosovietici, fondato nel 1947 e sciolto nel 1956.Patto di Varsavia. L’accordo tra i Paesi socialisti dell’Europa Orientale in risposta all’ingresso della Repub-blica Federale Tedesca nella NATO, stipulato nel 1955 e sciolto nel 1991.

4) I Paesi Non Allineati

Fanno parte del NAM (Non Aligned Movement) tutti quei Paesi che, negli anni della Guerra Fredda, rifiutano la logica bipolare delle alleanze internazionali, facenti capo agli USA e all’URSS. Il NAM vie-ne ufficialmente istituito durante la conferenza di Belgrado del 1961, benché fosse già in nuce durante il vertice di Bandung (Indonesia) del 1955. Ne sono considerati padri fondatori lo jugoslavo Tito, l’egiziano Nasser e l’indiano Nehru.

Alla nascita, il NAM si ripropone l’obiettivo di influire sulle poli-tiche dei due Blocchi in modo da avviare un processo di distensione e favorire le economie nascenti dei Paesi del Terzo Mondo. Anche se

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alcuni Stati che vi aderiscono proclamano la propria «alleanza naturale» con il mondo socialista o con quello democratico, per via della propria struttura politica o per non trovarsi isolati a livello internazionale.

Entrato in crisi negli anni Ottanta per la carenza di apporti originali sul piano ideale, il NAM rappresenta, ancora oggi, un significativo forum del Sud del mondo, benché abbia perso l’impatto propagandistico che lo aveva originariamente caratterizzato. Costituito da 29 Nazioni, alla fine della Guerra Fredda il Movimento dei Paesi Non Allineati conta 114 membri.

5) Il Terzo Mondo e la nuova logica economica

Nel 1952 gli economisti Sauvy e Balandier coniano l’espressione Terzo Mondo per indicare quell’insieme di Stati, nati successivamente alla decolonizzazione, le cui caratteristiche economiche non possono ricondursi né alle forme di organizzazione dell’economia capitalista (Primo Mondo), né a quella delle economie socialiste (Secondo Mondo). Con il crollo del Blocco sovietico e la fine della logica bipolare si fa strada una nuova divisione del Pianeta, basata non più su criteri pret-tamente politici (Paesi democratici contro Paesi socialisti) ma sostenuta esclusivamente da ragioni di ordine economico.

Questa nuova logica mette a confronto Paesi ricchi con Paesi po-verissimi, sostituendo all’egemonia sovietica e statunitense il potere economico delle Nazioni più industrializzate. La nuova linea di frattura che divide il Nord dal Sud del Mondo pone, dunque, da una parte, pochi Paesi industrializzati, in cui vive solo il 19% della popolazione mondiale e dove è concentrata la maggior parte delle ricchezze; dall’altra, molti Paesi in Via di Sviluppo (PVS), in cui l’industrializzazione e lo sviluppo stentano a decollare e su cui pende il pesante fardello del debito estero.

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Spunti di interdisciplinarità

La destalinizzazioneNel 1956, nel corso del XX Congresso del PCUS (14-25 febbraio), il nuovo leader sovietico, Nikita Chrusčëv, denuncia i crimini e il culto della personalità di Stalin, morto nel 1953, come le cause della degenerazione del sistema socialista. Rial-lacciandosi all’eredità leniniana, Chrusčëv intende avviare un processo di rinno-vamento e di liberalizzazione del regime socialista e del movimento comunista, nonché creare una distensione tra i Blocchi.Le riflessioni critiche della destalinizzazione vengono abbandonate già nei primi anni Sessanta, ma provocano conseguenze in molti Paesi del Blocco sovietico: in Polonia scioperi e moti operai portano alla nascita di Solidarnosc, il primo sindacato autonomo dell’Est europeo; in Ungheria la destalinizzazione causa un’insurrezione democratico-popolare che porta alla costituzione di un governo antistalinista, presieduto dal comunista Imre Nagy. In entrambi i casi, però, l’intervento militare dell’Unione Sovietica pone tragicamente fine alle insurrezioni.

Spunti di attualità

Il debito esteroIl debito estero è un’obbligazione, a scadenza pluriennale, contratta da uno Stato con uno o più Paesi e rimborsabile in danaro, merci o servizi, nella valuta del Paese creditore.All’indomani del secondo conflitto mondiale il risanamento delle economie di molti Stati europei, spinge i governi di questi ultimi ad accettare gli aiuti del Piano Marshall o del Comecon, a seconda che rientrassero nel blocco occidentale o in quello orientale. Analogamente, molti Paesi di Africa, Asia ed America Latina, si indebitano con gli Stati più ricchi al fine di creare un proprio sistema economico, sganciato dal controllo delle ex Potenze coloniali.Gli Stati politicamente più stabili e forti, pertanto, grazie alla loro posizione di creditori nei confronti dei PVS riescono ad arginare il proprio debito estero, con-trariamente a questi ultimi, il cui indebitamento mantiene livelli sostenibili fino alla prima metà degli anni Settanta, grazie alla debolezza dei tassi d’interesse e all’aumento dei prezzi dei propri prodotti d’esportazione.La situazione è mutata in concomitanza con le crisi petrolifere del 1973-74 e del 1979-80, su cui è ulteriormente gravata la scelta della Federal Reserve americana di innalzare i tassi d’interesse. La generale crisi economica, tuttavia, ha messo in crisi anche i Paesi industrializzati, i quali hanno dovuto ridurre le spese sociali e privatizzare molte imprese pubbliche per saldare il proprio debito estero.

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Per quanto concerne i PVS, invece, il persistere di condizioni politiche, economiche e sociali molto critiche, ha reso necessaria una rinegoziazione delle scadenze dei pagamenti e un condono, in alcuni casi, del debito estero ai Paesi africani con più basso reddito. Proprio la cancellazione del debito è stato uno dei temi centrali nel vertice G8 che si è svolto a Gleaneagles, in Gran Bretagna, dal 6 all’8 luglio 2005. In tale occasione, i governi degli otto Paesi più industrializzati del Pianeta si sono impegnati a finanziare la cancellazione del debito di 18 Paesi poveri, per lo più dell’Africa sub-sahariana, per un totale di 40 miliardi di dollari, dei 231 stimati dalla Banca mondiale, nel 2004.

GlossArioAutodeterminazione nazionale dei popoli Principio secondo cui ciascun popolo è asso-lutamente sovrano sul proprio territorio e, quindi, padrone di scegliere il proprio destino politico. Il concetto si profilò già durante la Rivoluzione Francese, trovando applicazione nel corso dell’Ottocento coi moti di indipendenza nazionale. Affermato nella Carta Atlantica (agosto del 1941), la sua applicazione non è mai stata priva di difficoltà, essendo, talvolta, assai controverso identificare l’esatta nazionalità di alcune etnie.Carta Atlantica Documento siglato dal Primo Ministro britannico, Churcill, e dal Presidente degli Stati uniti, Roosevelt, durante il Vertice di Terranova. Nel gennaio del 1942, la Carta Atlantica fu sottoscritta da altri 26 Paesi. In essa Gran Bretagna e Stati Uniti, per prime, dichiararono di voler rispettare la volontà dei popoli in quanto a territori e forme di governo (diritto all’autodeterminazione dei popoli), di voler promuovere la collaborazione tra Nazioni e di impegnarsi a disarmare gli Stati «aggressivi» (il riferimento è alla Germania). La Carta Atlantica farà da base ideologica all’iniziativa anglo-americana nella seconda guerra mondiale.Commercio triangolare Commercio di schiavi che avveniva nell’Atlantico, già a partire dal XVII secolo, e che funzionava nel modo seguente: lungo le coste africane vi erano delle basi in cui si raccoglievano gli schiavi e si effettuava il baratto con le merci arrivate dall’Europa (soprattutto armi e altri prodotti in metallo); quindi, gli schiavi venivano tra-sportati, via mare, in Brasile, nelle Antille e nel Nord America, dove ad attenderli vi erano i negrieri, cioè coloro che si occupavano di smistare i malcapitati nelle piantagioni come manodopera a basso costo.Federal reserve Organismo che svolge il ruolo di Banca centrale negli Stati Uniti.rivoluzione dei Garofani È quella scoppiata in Portogallo il 25 aprile 1974, in seguito al colpo di Stato dei militari progressisti, insofferenti alla sanguinosa guerra per la con-servazione delle colonie africane del Mozambico, dell’Angola e della Guinea portoghese che avevano avuto inizio già nel 1961. Il colpo di Stato portò alla caduta della dittatura di Salazar e all’elezione al governo di Antonio Spinola, con cui si avviò il processo di democratizzazione del Portogallo.Tasso di interesse È una percentuale, calcolata su una somma di danaro data in prestito, quale compenso che spetta a chi ha prestato tale somma.

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Test di verifica

1. Ilcolonialismohaconseguenze:

❏ a) negative solo per le colonie;❏ b) negative solo per i Paesi colonizzatori;❏ c) positive solo per i Paesi colonizzatori;❏ d) negative anche per i Paesi colonizzatori;❏ e) positive in entrambi.

2. Ladecolonizzazioneèunprocesso:

❏ a) messo in atto sin dai tempi dei primi insediamenti coloniali;❏ b) che ha inizio dopo la Seconda Guerra Mondiale;❏ c) che ha inizio tra le due Guerre Mondiali;❏ d) che ha inizio dopo la Guerra Fredda;❏ e) che ha inizio con la Guerra Fredda.

3. Ilneocolonialismosiècreatoacausa:

❏ a) della debolezza economica e politica con cui le ex colonie uscivano dal processo di decolonizzazione;

❏ b) delle multinazionali;❏ c) della Guerra Fredda;❏ d) del debito estero;❏ e) della decolonizzazione.

4. NonrientranonellalogicabipolaredellaGuerraFredda,iPaesi:

❏ a) del Terzo Mondo;❏ b) del Sud-Est asiatico;❏ c) non Allineati;❏ d) dell’Europa dell’Est;❏ e) dell’America Latina.

5. Qualidiquestiorganisminonesistepiù?

❏ a) la NATO;❏ b) il Patto Atlantico;❏ c) il COMECON;❏ d) il NAM;❏ e) la Federal Reserve.

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Soluzioni e commenti

1. Risposta: d). Anche i Paesi colonizzatori subiscono delle conse-guenze negative, tra cui la decadenza delle città e dei porti che si affacciano sul Mediterraneo e l’inflazione dei prezzi, legata all’im-portazione e alla circolazione eccessiva di oro e argento negli Stati europei.

2. Risposta: b). Benché i Paesi colonizzati avessero cercato di liberarsi dal giogo della dominazione straniera già precedentemente (e, in alcuni casi, ci erano riusciti con successo, come accadde per gli Stati Uniti nel 1776), la decolonizzazione ha inizio solo nel 1945, quando, in tutto il Mondo, si afferma il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Soprattutto nei Paesi come l’India, è la maturità della classe politica locale a permettere di recepire questo principio. Da lì in poi, la decolonizzazione coinvolgerà tutto l’ex mondo coloniale.

3. Risposta: a). La maggior parte delle ex colonie ha ottenuto l’indipen-denza ma senza avere una classe politica, o imprenditoriale, adegua-tamente preparata. Questo ha permesso alle vecchie Potenze coloniali di continuare a mantenere il proprio controllo sui nuovi Stati, senza però aiutarli ad essere indipendenti nel senso pieno del termine.

4. Risposta: c). Il Movimento dei Paesi Non Allineati nasce proprio dall’esigenza di alcuni Stati di svincolarsi dalla logica bipolare, benché alcuni di essi dichiarassero una sorta di alleanza naturale ad uno dei due Blocchi, per via della propria natura politica o economica. Per quanto concerne i Paesi del Terzo Mondo, alcuni di essi rientravano nella logica dei Blocchi, pur dichiarandosi «non allineati». I Paesi dell’Est europeo, invece, rientrarono, per la mag-gior parte, nel Blocco sovietico, e altrettanto può dirsi degli Stati latinoamericani che finirono a gravitare nell’orbita statunitense. In quanto al Sud-Est asiatico, esso fu soprattutto teatro di scontri indiretti tra i due Blocchi (specialmente in zone strategiche come il Vietnam e la Corea, nonché nello Stato d’Israele) anche se con alcune importanti eccezioni, come la Cina.

5. Risposta: c). Il COMECON, ossia il Consiglio di Mutua Assistenza Economica del Blocco sovietico, che è stato sciolto nel 1991, in seguito al crollo della stessa URSS.