CAPITOLO 2 I PRINCIPI DELLO SVILUPPO...

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Gestione Sistemi Energetici 13 CAPITOLO 2 I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE 2.1 I concetti principali dello sviluppo sostenibile Dalla pubblicazione del rapporto "il nostro futuro comune" della Commissione mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo (anche denominato "il rapporto Brundtland") nel 1987, il concetto di sviluppo sostenibile è sempre all'ordine del giorno durante le discussioni politiche sulle interrelazioni fra ambiente e sviluppo. In questo rapporto lo Sviluppo Sostenibile è stato definito come segue: “Sviluppo Sostenibile è lo sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie" Nel 1992 i leaders al Summit sulla Terra sulla base del rapporto Brundtland hanno creato gli accordi e le convenzioni su aspetti critici quali i cambiamenti cli- matici, desertificazione e deforestazione. Inoltre essi hanno abbozzato un’ampia strategia d’azione - Agenda 21 – come un piano di lavoro per lo sviluppo e l'ambiente per le decadi future. Lo sviluppo sostenibile non è una nuova idea. Molte culture nel corso della sto- ria umana hanno riconosciuto l'esigenza di armonia fra l'ambiente, la società e l'eco- nomia. La novità sta nell’articolare queste idee nel contesto dello sviluppo globale delle società industriali e in via di industrializzazione. La definizione ampia del termine sviluppo sostenibile nel rapporto Brundtland ha condotto a un gran numero di metodi proposti da scienziati, politici e industriali di come attuare questo concetto. Questi metodi differiscono considerevolmente, ma tutti concordano che la sostenibilità deve considerare sia gli aspetti ecologici, sociali ed economici per definire gli obiettivi politici per tutte e tre le dimensioni. Questo capitolo punta a introdurre i fondamenti dello sviluppo sostenibile e pre- sentare alcuni dei concetti più influenti. 2.1.1 Principi di sviluppo sostenibile 2.1.1.1 Equità e imparzialità I concetti di equità e imparzialità sono prominenti nelle definizioni di sviluppo sostenibile. Lo sviluppo sostenibile riconosce che se ignoriamo i nostri effetti sugli

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CAPITOLO 2 I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

2.1 I concetti principali dello sviluppo sostenibileDalla pubblicazione del rapporto "il nostro futuro comune" della Commissione

mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo (anche denominato "il rapporto Brundtland")nel 1987, il concetto di sviluppo sostenibile è sempre all'ordine del giorno durante lediscussioni politiche sulle interrelazioni fra ambiente e sviluppo.

In questo rapporto lo Sviluppo Sostenibile è stato definito come segue:

“Sviluppo Sostenibile è lo sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senzacompromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie"

Nel 1992 i leaders al Summit sulla Terra sulla base del rapporto Brundtlandhanno creato gli accordi e le convenzioni su aspetti critici quali i cambiamenti cli-matici, desertificazione e deforestazione. Inoltre essi hanno abbozzato un’ampiastrategia d’azione - Agenda 21 – come un piano di lavoro per lo sviluppo el'ambiente per le decadi future.

Lo sviluppo sostenibile non è una nuova idea. Molte culture nel corso della sto-ria umana hanno riconosciuto l'esigenza di armonia fra l'ambiente, la società e l'eco-nomia. La novità sta nell’articolare queste idee nel contesto dello sviluppo globaledelle società industriali e in via di industrializzazione.

La definizione ampia del termine sviluppo sostenibile nel rapporto Brundtlandha condotto a un gran numero di metodi proposti da scienziati, politici e industrialidi come attuare questo concetto. Questi metodi differiscono considerevolmente, matutti concordano che la sostenibilità deve considerare sia gli aspetti ecologici,sociali ed economici per definire gli obiettivi politici per tutte e tre le dimensioni.

Questo capitolo punta a introdurre i fondamenti dello sviluppo sostenibile e pre-sentare alcuni dei concetti più influenti.

2.1.1 Principi di sviluppo sostenibile2.1.1.1 Equità e imparzialità

I concetti di equità e imparzialità sono prominenti nelle definizioni di svilupposostenibile. Lo sviluppo sostenibile riconosce che se ignoriamo i nostri effetti sugli

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altri in un mondo interdipendente, lo facciamo a nostro proprio pericolo. Poichè unadisparità pericolosa all'accesso alle risorse è stata stabilita attraverso i nostri sistemieconomici e pubblico-politici, questi sistemi devono cambiare in maniera che ci siaequità nella ripartizione delle risorse.

L'imparzialità implica che ogni nazione dovrebbe avere l'occasione di svilupparsisecondo i propri valori culturali e sociali senza rifiutare ad altre nazioni lo stessodiritto allo sviluppo.

Una delle sfide più grandi nel processo decisionale (decision-making) è comeproteggere i diritti dei “voiceless”. Le generazioni future non hanno la possibilità diparlare a loro proprio favore o di proteggere i loro interessi nei processi decisionali.Se lo sviluppo deve essere sostenibile, deve considerare i loro interessi.

2.1.1.2 Pianificare a lungo periodoNelle società occidentali la pianificazione ufficiale a lunga scadenza è stata tutt'al

più di tre - cinque anni.

Un orizzonte di pianificazione più ampio può essere sia necessario che realistico.Alcuni esperti hanno suggerito che fintantochè ogni generazione si occupa all’incircadei successivi 50 anni ogni generazione futura sarà presa in considerazione. Natural-mente, se un effetto nel futuro anche successivo viene previsto, allora anch’esso puòessere considerato. Nessuna generazione può garantire i risultati che non può preve-dere; ma ugualmente, a nessuna dovrebbe essere permesso di ignorare quelli che puòprevedere.

In un mondo interdipendente, complesse interazioni stanno conducendo ad unsorprendentemente alto tasso di innovazione e cambiamenti. In tempi di cambiamentirapidi, il principio di prevenzione può fornire una utile guida. Esso afferma chequando un'attività solleva minacce di danno all'ambiente o alla salute umana, misureprecauzionali dovrebbe essere prese anche se alcuni rapporti di causa-effetto nonsono completamente stabiliti scientificamente.

2.1.1.3 Pensare a livello di sistemaLa terra è un sistema chiuso con risorse limitate. Considerare i sistemi umani fun-

zionanti all'interno di un più grande ecosistema è cruciale per realizzare un rapportosostenibile con l'ambiente ed assicurare alla nostra propria specie sopravvivenza con-tinuata sul pianeta.

Ogni risorsa naturale usata dagli esseri umani – cibo, acqua, legno, petrolio, ecc. -è limitata sia come approvvigionamento alla fonte che come restituzioneall’ambiente. Le risorse non dovrebbero essere estratte più velocemente di quantopossono essere rinnovate nè scaricate più rapidamente di quanto possono essereassorbite. Anche se gli ambientalisti si preoccupano primariamente dell’impoveri-mento delle sorgenti, oggi sempre più gente si preoccupa delle capacità di assorbi-mento dell’ambiente. Il riscaldamento globale, il buco di ozono e l’esportazione dirifiuti pericolosi sono tutti problemi che sono il risultato dei nostri tentativi di scari-care le risorse più velocemente di quanto l'ambiente possa assorbirli.

L’approccio sistemico ci richiede di capire che c’è soltanto una terra, che si com-pone di un gran numero di sottosistemi tutti interagenti con ciascun altro. Questi sot-tosistemi sono collegati insieme da cicli di risposta complicati. La scienza dicomplessità suggerisce che in alcuni sistemi un disturbo molto piccolo può produrrerisultati imprevedibili e a volte drastici innescando una serie di eventi sempre piùsignificativi. Nel quadro dello sviluppo sostenibile queste interrelazioni dovrebberoessere considerate.

2.1.1.4 Il triangolo della sostenibilitàSecondo questo metodo sistemico, la sostenibilità può essere descritta come un

triangolo, comprendente la dimensione ecologica, economica e sociale

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I concetti principali dello sviluppo sostenibile

• Per quanto riguarda la dimensione ecologica, un percorso di sviluppo può solo essere considerato sostenibile, se la protezione di lunga durata dell’ ecosfera è garantita. Ciò significa che la capacità di assorbimento dei sistemi naturali delle influenze antropiche deve essere mantenuto, le risorse rinnovabili dovrebbero essere usate in modo sostenibile e l'uso delle risorse non rinnovabili deve essere minimizzato.

• Il presupposto per la sostenibilità economica è uno sviluppo economico costante e stabile, compresi i livelli elevati di occupazione, i tassi di inflazione bassa e un equilibrio nel commercio estero. Poichè lo sviluppo economico, inteso come costante aumento del P.I.L., deve essere considerato come la forza motrice princi-pale per la distruzione ambientale, esso dovrebbe essere sostituito dal termine: “qualità di vita crescente”.

• La sostenibilità sociale si concentra sugli aspetti di distribuzione, particolarmente una distribuzione giusta delle possibilità di sviluppo nei termini inter ed intra-generazionale.

2.1.2 Le basi fisiche della sostenibilità: Capacità di Carico e Carico Critico

La dimensione fisica della sostenibilità si riferisce a lasciare intatta - per unadurata infinita - la stabilità dei processi evolutivi interni dell’ecosfera, una strutturadinamica e autoorganizzata. L’ecosfera, così come l’antroposfera, fa parte di un piùgrande sistema e si apre ai flussi sia dei materiali che dell'energia. Quindi, l’antropo-sfera è un sottosistema termodinamico aperto della terra riguardo ai materiali eall'energia. E la terra - per tutti gli scopi pratici - è chiusa ai flussi della materiaesterna ma si apre agli assorbimenti di energia, costituiti pricipalmente dalla radia-zione solare. E’ soprattutto questa finestra agli ingressi di energia dallo spazio chepuò consentire un uso sostenibile delle risorse naturali per l’umanità.

Un sistema economico è ambientalmente sostenibile solo finchè è fisicamente incondizioni (dinamiche) stazionarie, cioè la quantità di risorse utilizzate per generareil benessere permanente si limiterà ad una quantità e ad una qualità che non sovra-sfrutta le fonti, o sovraccarica i pozzi, forniti dall’ ecosfera.

Senza questo:

• le economie umane dovrebbero continuare a rifornirsi dallo stock delle risorse naturali (per esempio minerali, petrolio greggio, terreno fertile) o, da un punto di vista energetico, continuerebbero ad esaurire le risorse a bassa-entropia come i minerali o i combustibili fossili che prima o dopo verrebbero esaurite;

• gli immensi (e rapidamente crescenti) flussi di risorse per mezzo delle economie globali continuerebbero a condurre ad un aumento di entropia, con conseguente varietà di impatti ambientali imprevedibili ed irreversibili. Questi includeranno i lenti cambiamenti di lungo termine come il riscaldamento globale, così come le irregolarità di breve termine quali le tempeste, gli uragani e le inondazioni, deri-vanti dalla destabilizzazione dei sistemi ecologici.

Ciò è equivalente a minacciare il sistema di supporto alla vita dell’umanità.

La concentrazione ambientale massima accettabile (uno stock) dei prodotti antro-pogenici, solitamente ben sopra il livello d'effetto zero, è stata denominata carico cri-tico (critical load); è la base per il calcolo della produzione massima continuamentesupportabile, dipendente da parecchie caratteristiche chimiche ed in particolare dallecaratteristiche di biodegradazione e di accumulazione della sostanza analizzata.

Il tasso massimo continuamente supportabile di estrazione di risorse da un datoecosistema (un flusso) è stato chiamato capacità di carico (carrying capacity). Iltermine proviene dalla biologia, dove la capacità di carico è definita come il numerodi individui di data specie che può essere sostenuta nel tempo senza sovraccaricare ilsistema host. Tale misura deve considerare ovviamente il consumo medio dellerisorse a lungo termine pro-capite di tutte le specie naturali. Per quanto riguarda la

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razza umana, occorre ricordare che non solo la popolazione mondiale continua adaumenta rapidamente, ma il consumo delle risorse naturali pro-capite (energia, mate-riali, spazio) è anch’esso in aumento, con conseguente aumento più rapido ancora delconsumo generale delle risorse. Ciò è - o deve condurre a - una situazione insosteni-bile.

2.1.3 I concetti principali dello sviluppo sostenibile2.1.3.1 Sostenibilità debole e forte

Nel dibattito su concetti differenti di sviluppo sostenibile si può distinguere fradue approcci principali, conosciuti come i concetti della sostenibilità debole e forte.

Il concetto della sostenibilità debole postula che il capitale naturale (aggregazionedi tutte le risorse naturali, che formano la base per tutte le attività naturali e socio-economiche) ed il capitale artificiale (che in realtà è capitale naturale che è stato tra-sformato nei prodotti) sono sostituti completi. Così la sostenibilità è raggiunta, se lasomma di capitale naturale ed artificiale, che viene trasmesso alla generazioneseguente, rimane costante. A seguito di questa argomentazione non c’è contraddi-zione evidente fra la sostenibilità e lo sviluppo economico continuo, finchè il capitalenaturale è sostituito dalla stessa quantità di capitale artificiale ("sviluppo sosteni-bile").

Particolarmente gli "economisti ecologici" hanno criticato questo approccio edhanno formulato il concetto di sostenibilità forte. Essi sostengono che il capitalenaturale non è un sostituto ma piuttosto un fattore complementare al capitale artifi-ciale nella maggior parte dei processi di produzione. Ulteriore sviluppo economicopuò quindi essere ostacolato dalla disponibilità limitata delle risorse naturali.

Ci sono un certo numero di ragioni che supportano il concetto della sostenibilitàforte:

• Per molte risorse naturali gli esseri umani non possono fornire un sostituto equi-valente (per esempio atmosfera, strato di ozono, assimilazione di CO2 in piante verdi ecc)

• La produzione di capitale artificiale dipende dagli input della natura, ma nell'altra direzione questo non accade. Tenendo conto di questa asimmetria non si può pre-supporre completa la sostituzione reciproca

• Secondo le leggi della termodinamica, la trasformazione di capitale naturale in artificiale è un processo irreversibile.

2.1.3.2 Il concetto di spazio ambientaleLo spazio ambientale è un concetto normativo che considera gli aspetti sia fisici

che sociali e di sviluppo della sostenibilità.

Fisicamente, lo spazio ambientale è descritto come la capacità delle funzioniambientali della biosfera di sostenere le attività economiche umane, il limite supe-riore dato dalla capacità di carico. Per mettere in pratica questo concetto, vengonodefinite le categorie essenziali di consumo delle risorse naturali, vale a dire energia,materiali e territorio. Per ciascuna di queste categorie i carichi massimi sono definitied elaborate strategie, che sono in grado di ridurre il carico ambientale delle attivitàumane fino a questi limiti.

La dimensione sociale di spazio ambientale è data dalle "global fair shares" o"equity principle" derivato dalla definizione di sviluppo sostenibile, che assegna atutti gli esseri viventi il diritto a raggiungere un livello equivalente di uso dellerisorse ed alle generazioni future il diritto ad una disponibilità equivalente. Ciò èequivalente al principio di giustizia di distribuzione inter e intragenerazionale.Ovviamente, un tal diritto non può essere direttamente applicato - è piuttosto undiritto dell'uomo a usare una parte equa dell'eredità comune dell'umanità e non unarticolo di legge applicabile.

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I concetti principali dello sviluppo sostenibile

Il concetto di spazio ambientale è stato la base per un certo numero di studi nazio-nali di sostenibilità, quali "la Germania sostenibile" e "i Paesi Bassi sostenibili".

2.1.3.3 Il concetto di contabilità dei flussi materialiPer avere un'immagine chiara delle interrelazioni fra il sistema naturale e quello

socio-economico, è della massima importanza sviluppare un sistema completo per lacontabilità fisica dei flussi delle risorse. Uno degli approcci metodologici per lamisurazione dell'appropriazione delle risorse naturali in termini fisici è stato svilup-pato all'istituto Wuppertal in Germania.

La metodologia Wuppertal mette a fuoco gli input materiali che formano la basemateriale per ogni attività umana. A confronto con la politica ambientale tradizio-nale, che si è concentrata sulla regolamentazione degli output economici, questometodo input-relativo garantisce una più alta efficienza regolatrice con molto menosforzo nel controllo.

Secondo questa metodologia, l'input materiale totale (TMI) di produzione consi-ste di due componenti:

(1) l'input del materiale diretto (DMI) è la massa del prodotto esportato in se, ilcomponente che entra nel sistema economico per la trasformazione ulteriore o con-sumo diretto.

(2) i cosiddetti "rucksacks ecologici" o "flussi nascosti" di un prodotto sono defi-niti come la somma di tutti i materiali che non sono inclusi fisicamente nell'outputeconomico in considerazione, ma che che sono stati necessari per la produzione, uso,riciclaggio e eliminazione. Questi flussi nascosti non entrano nel sistema economico,ma possono avere vaste conseguenze negative per l'ambiente.

A livello delle economie nazionali, l'input materiale totale (TMI) contiene l'estra-zione di materiale nazionale e sopranazionale (cioè il globale indotto dalle importa-zioni) dall'ambiente. Il TMI può essere considerato come un indicatore integrato chesi riferisce alla pressione ambientale globale connessa con la base fisica di un'econo-mia. Nessun'economia funzionerebbe senza l'input annuale dei materiali, sia di ori-gine nazionale che straniera. Quindi, TMI può essere interpretato come indicatore perla pressione ambientale associata particolarmente con la produzione ed il consumo diun'economia. Per motivi pratici, TMI è limitato ai materiali tranne acqua ed aria.

2.1.3.4 L’impronta ecologica Il concetto di Impronta Ecologica è stato sviluppato da Mathis Wackernagel e da

William Rees all'inizio degli anni 90. L’impronta è un indicatore facilmente com-prensibile e comunicativo per la sostenibilità delle regioni o delle nazioni.

L'impronta ecologica consiste di tutti i flussi di energia e materia, necessari a unacerta attività umana, che sono convertiti in ipotetici appezzamenti di terra. Per la con-versione di energia in superficie terrestre, viene utilizzata la produttività di energiaglobale delle foreste su base annuale, che è intorno a 70 gigajoule per ettaro. Questasuperficie viene paragonata con la superficie diretta posseduta (per esempio il territo-rio reale di una nazione, di una regione o di una città).

L'impronta ecologica conduce al concetto di capacità di carico. Ma a differenzadella capacità di carico non calcola il numero massimo di esseri umani che possonovivere in una certa zona, ma calcola la superficie di terra di cui si è appropriata unapopolazione di dimensioni e stili di vita specifici.

Finora la maggior parte delle impronte ecologiche sono state calcolate a livelloregionale o nazionale. In questi calcoli l'impronta media di ogni abitante viene valu-tata e paragonata alla capacità ecologica disponibile della regione o della nazione.Così può essere dimostrato se esiste spazio ecologico per ulteriore sviluppo econo-mico o se i limiti di sostenibilità già sono stati superati.

2.1.3.5 Contabilità ambientale La contabilità nazionale delle risorse è vista come uno strumento per dimostrare i

collegamenti fra l'ambiente e l'economia per correggere distorsioni nella misura stan-

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dard dello sviluppo e del benessere nazionale. I P.I.L. verdi sono basati su indicatoriquantitativi delle prestazioni nazionali basati sui dati relativi alla disponibilità e l'usodelle risorse naturali ed ambientali (stock e flussi) e comprendono giudizi qualitativiriguardo a che cosa costituisce il benessere economico, ambientale e, a volte, sociale.

2.2 L’integrazione delle politiche ambientali

2.2.1 Modelli di produzione e consumo2.2.1.1 Sviluppo della produzione e del consumo nel XX secolo

I materiali e l'energia formano la base biofisica di tutti i processi sul nostro pia-neta. Senza il loro input permanente nè i processi metabolici nel sistema naturale nè iprocessi di produzione del sistema economico potrebbero essere effettuati a lungotermine. D'altra parte, l'uso crescente dei materiali e dell'energia dalla rivoluzioneindustriale ha causato quasi tutti i problemi ambientali locali e globali, che oggi sonoal centro dei dibattiti politici. Lo sviluppo economico significativo dell'economia glo-bale e dell'aumento nell'uso delle risorse naturali è stato permesso pricipalmente tra-mite l'uso crescente delle risorse non rinnovabili. Già negli anni 80 l’80 % dei 27miliardi tonnellate delle risorse naturali estratte erano risorse non rinnovabili.

In generale l'uso delle risorse non rinnovabili è aumentato molte volte dall'iniziodel ventesimo secolo. Oltre ai materiali piuttosto abbondanti come rocce e sabbia ilgruppo di materiali più importanti sono i combustibili fossili, con l'estrazione del car-bone a circa 3.5 miliardi di tonnellate e la produzione di petrolio a 2 miliardi di ton-nellate nel 1995. Con circa 2 miliardi di tonnellate i cereali sono la risorsarinnovabile più importante prodotta universalmente, seguita dal legno a 800 milionidi tonnellate (tutti questi numeri si riferiscono al materiale diretto immesso e nonincludono i rucksacks ecologici).

TMI può essere usato come base per indicare la produttività generale di materia diun'economia. Il rapporto tra P.I.L. e TMI fornisce la produttivitàdi materia del P.I.L. . Questo indicatore può essere interpretato come misuradell’eco-efficienza. Tuttavia, i numeri crescenti di quest'indicatore non necessaria-mente riflettono una riduzione della pressione ambientale assoluta. I dati preliminariindicano che l'ordine di grandezza di TMI pro-capite è rimasto quasi costante dal1975 al 1990, mentre il P.I.L. è aumentato più o meno costantemente. Ciò ha provo-cato un aumento della produttività di materia del P.I.L.

Riguardo ai principii di uno sviluppo sostenibile dell'economia mondiale diventaevidente che la strategia di uso crescente delle risorse non rinnovabili non può esseresostenuta a lungo termine. Ciò richiede una trasformazione particolarmente dellesocietà sviluppate dei paesi del nord della terra nel senso sia di un uso generale dimi-nuito dei materiali che dell'energia ("dematerialisation") e della promozione delleforme rinnovabili di energia e di materiale.

2.2.2 La trasformazione a società delle informazioni

E’ opinione generale che Internet, o detto più generalmente, la nuova società delleinformazioni, ha portato e porterà molti benefici alla gente. L’euforia è molto estesa,ma altre voci recentemente hanno cominciato a sfidare questa troppo positiva opi-nione del futuro. Poichè si sviluppa nel contesto socio-economico reale, la societàdelle informazioni è probabile che porti una più alta mobilità, e tendenze crescenti diconsumo, possibilmente aumentando i materiali ed i flussi globali anche se l’infor-mazione è in se immateriale. Questo fenomeno è conosciuto come l'effetto di rim-balzo, che afferma che gli aumenti di efficienza non fanno diminuire ma aumentano illivello del consumo delle risorse.

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L’integrazione delle politiche ambientali

Così l'analisi dei flussi totali di materiali che attraversano il sistema economico èdi importanza critica riguardo alla discussione sulla trasformazione dei paesi svilup-pati alle cosiddette società di servizi, dell’informazione o della conoscenza. Alla con-clusione del ventesimo secolo il settore dei servizi contribuisce con la parte piùgrande nel P.I.L. nella maggior parte dei paesi industrializzati ed è inoltre il settorecon i più alti tassi di crescita. La domanda cruciale per il dibattito sulla sostenibilità èallora se questo sviluppo conduce ad una diminuzione degli impatti ambientali totali.

Uno studio pubblicato nel 1997 ha confrontato lo sviluppo di uso di materiali perunità di P.I.L. dal 1970 al 1994 negli Stati Uniti, in Germania, nei Paesi Bassi e nelGiappone. I risultati indicano che una tendenza verso un uso più contenuto dellerisorse per unità di P.I.L. può essere dichiarato a causa di una sostituzione crescentedi materiali con la conoscenza e uno spostamento da produzioni relativamente inten-sive di materiali verso aziende di servizi meno intensive di materiali.

Si può concludere che i paesi industrializzati si avvieranno automaticamenteverso un percorso più sostenibile di sviluppo trasformandosi in società di servizi? Perrispondere a questo dobbiamo chiarire quali aspetti importanti non sono consideratiin questa linea di argomentazione.

C’è molto accordo che una crescita nel P.I.L. basata su una crescita nel settore deiservizi è relativamente meno materiale intensivo che un'espansione dell'industriamanufatturiera. Ma anche se il settore dei servizi continua a svilupparsi più veloce-mente del manufatturiero, questo necessariamente non implica una diminuzione dellequantità totali delle risorse fisiche mobilitate o una diminuzione negli impattiambientali. La crescita assoluta può quindi più che compensare i guadagni degli spo-stamenti settoriali.

Così l'indicatore decisivo per la sostenibilità non è la correlazione relativa fra ilP.I.L. e l'uso dei materiali, ma la quantità assoluta di capitale naturale di cui ci si èappropriati.

Inoltre lo spostamento settoriale verso un'economia di servizi in paesi sviluppatiè accompagnato dall’ outsourcing crescente di industria manufatturiera verso i paesiin via di sviluppo. Anche se l'uso di materiali per unità di P.I.L. sta declinando neipaesi dell'emisfero occidentale, ciò automaticamente non conduce ad abbassare ilconsumo di beni ad alta intensità di materiali che potrebbero anche derivare dalle piùalte importazioni di questi prodotti dai paesi del sud. Per ottenere un'immagine piùcompleta occorre quindi includere in questi calcoli i "rucksacks ecologici" (comedefinito sopra) delle merci importate.

2.2.3 Innovazione e eco-efficienza2.2.3.1 Il concetto di eco-efficienza

Il concetto di eco-efficienza è stato sviluppato nell’ambito del commercio. Unadefinizione prominente viene dal Consiglio mondiale del commercio per lo svilupposostenibile (WBCSD), che dice che l'eco-efficienza

"è raggiunta garantendo beni e servizi a prezzi competitivi che soddisfanno i biso-gni dell’uomo e migliorano la qualità della vita, riducendo progressivamente gliimpatti ecologici e l’intensità delle risorse durante il ciclo di vita, ad un livello inlinea con la stimata capacità di carico della terra."

Gli aspetti caratteristici possono essere ricapitolati come segue:

Processi Eco-efficienti. Il risparmio delle risorse e la riduzione del rischio ol'impatto nei processi permette alle aziende di diminuire i costi di produzione e difunzionamento.

Rivalutazione dei sottoprodotti. La cooperazione con le aziende partner e conaziende vicine può offrire parecchie opportunità di valorizzare gli sprechi ed i sotto-prodotti rendendo questi materiali risorse alternative importanti ed avvertendo bene-fici di costo allo stesso tempo.

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Creare nuovi e migliori prodotti. Prodotti e servizi, seguendo regole ecologiche diprogettazione con nuova e aumentata funzionalità, offrono alle aziende nuove e piùvantaggiose occasioni di affari, percentuali di mercato maggiori e riduzioni dei costi.

L'obiettivo principale dell’ eco-efficienza è quindi di aumentare la produttivitàdelle risorse, che è il rapporto delle risorse usate al valore aggiunto.

A livello macro di sviluppo economico di un paese (o dell’Europa), l'eco-effi-cienza è stata definita come il disaccoppiamento della crescita del benessere dall’usodella natura". Ciò significa più valore con meno impatto per l'intera economia.

Dalla metà degli anni '90, lo sviluppo sostenibile e l'integrazione della protezionedell'ambiente in altre politiche è un obiettivo esplicito della costituzione europea (iltrattato di Amsterdam). In termini semplici, questo significa che tre obiettivi dovreb-bero guidare tutte le politiche:

1. Uno sviluppo economico sano: sviluppo della qualità della vita, prezzi stabili, altitassi di occupazione ecc.

2. Protezione della eco-sfera: uso ciclico delle risorse rinnovabili, preferenza perquelle rinnovabili, conservazione della capacità di assimilazione della natura.

3. Una distribuzione uguale delle opportunità: fra gli individui, le generazioni(equità inter ed intra- generazionale) e le regioni.

2.2.4 Consumo sostenibile e stile di vita2.2.4.1 Che cos’è il consume sostenibile ?

Il concetto di consumo sostenibile è emerso dal congresso delle Nazioni Unitesull'ambiente e sullo sviluppo (il summit sulla terra, tenuto a Rio de Janeiro nel 1992)che ha adottato Agenda 21 come piano d'azione per l'esecuzione dello sviluppo soste-nibile.

Il capitolo 4 dell'Agenda 21 ha identificato i modelli insostenibili di consumo e diproduzione, specialmente nei paesi sviluppati, come le cause principali del deteriora-mento dell'ambiente globale. Ha invitato tutti i paesi di promuovere modelli sosteni-bili di consumo e per i paesi sviluppati di prendere l’iniziativa nel processo.

Il simposio su consumo sostenibile, tenuto a Oslo, Norvegia nel gennaio 1994 haprodotto una definizione operativa di consumo sostenibile, che è stata adottata damolti come punto di riferimento:

“L’uso dei servizi e prodotti relativi che rispondono ai bisogni di base e portanouna qualità di vita migliore mentre minimizzano l'uso delle risorse naturali e deimateriali tossici così come le emissioni di rifiuti e di sostanze inquinanti nel ciclo divita del servizio o del prodotto per non compromettere i bisogni delle future genera-tioni."

2.2.4.2 Consumo sostenibile e sviluppo globaleLa Globalizzazione è importante nel contesto del consumo sostenibile perchè le

trasformazioni continue del sistema internazionale alterano fondamentalmente i para-metri che regolano il consumo così come le politiche di consumo. In termini ampi, laglobalizzazione influenza il consumo sostenibile in due modi. In primo luogo, perchèinfluenza notevolmente i modelli di consumo. Secondariamente perchè influenza lacapacità politica dello stato e l'efficacia degli strumenti politici. Quindi la globalizza-zione ha un effetto, per esempio, sulla capacità dello stato di perseguire obiettivi indi-pendenti di politica riguardo al consumo.

2.2.5 Globalizzazione, commercio internazionale e ambiente

La Globalizzazione principalmente si riferisce all’apertura e alla crescente inter-nazionalizzazione dei mercati, delle comunicazioni e della mobilità in tutto il mondo,al cambiamento dei modelli di consumo e degli stili di vita, alle posizioni chiave

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L’integrazione delle politiche ambientali

delle ditte multinazionali nei mercati mondiali e alla riorganizzazione del processoproduttivo ad un livello globale. Le forze motrici di questo mega-trend sono la libera-lizzazione del commercio internazionale, la crescita di nuovi mercati di consumatorinei paesi orientali e del sud, sviluppi tecnologici nel campo delle telecomunicazioni euna diminuzione nei costi di trasporto. Tutti questi mutamenti strutturali avranno pro-babilmrnte un effetto sulle pratiche e sulle condizioni ambientali in tutte le regionidel mondo. Le tendenze correnti indicano uno sviluppo costante continuo nei flussicommerciali internazionali e nel trasporto internazionale. Le esportazioni mondialicome percentuale del P.I.L. sono aumentate dal 7% nel 1950 a circa il 14% nel 1992 ehanno provocato un aumento nel commercio internazionale dagli anni 1950 di un fat-tore 14.

2.2.5.1 La forza motrice principale della globalizzazioneLa forza motrice più importante dietro la globalizzazione dell'economia è chiara-

mente la liberalizzazione degli scambi e della finanza in tutto il mondo. Nelle decadipassate, molti paesi hanno adottato i principi del mercato libero, che ha stimolato illoro sviluppo economico e l’integrazione nell'economia globale. Molti paesi hannoabbassato le loro barriere all'importazione delle merci, dei servizi e del capitale. Que-sti tagli rapidi sia nelle tariffe che nelle barriere non tariffarie hanno stimolato signifi-cativamente il commercio internazionale

Nuovi paesi e regioni stanno partecipando al mercato mondiale a causa del conti-nuo processo globale di integrazione. I paesi del sud sono sempre di più integratinell'economia globale, la maggior parte di loro si sono specializzati nell'esportazionedi prodotti ad alta intensità di risorse, come i minerali e i prodotti agricoli o le indu-strie della pesca. Altre regioni, come l'Asia sudorientale, sono diventati principaliesportatori di merci semimanufatte e manufatte

L'aumento delle società supernazionali e multinazionali (TNC) è un'altra forzamotrice principale del processo di globalizzazione. 25-30 % di tutte le transazionicommerciali internazionali oggi avvengono all'interno delle TNC. Particolarmentenei mercati dei prodotti primari le TNC giocano un ruolo importante ed in molti set-tori hanno un controllo assoluto sui processi di estrazione delle risorse. Per compe-tere globalmente, le TNC interagisconoo su una scala globale attraverso una vastagamma di alleanze esterne quali joint ventures, subappalti, licenze ed accordi interso-cietari.

I prezzi bassi per energia sono un presupposto per l'espansione del mercato liberoad un livello globale, poichè permettono una riorganizzazione della produzione nonconsiderando le distanze nello spazio e nel tempo. Più i prezzi per i combustibili fos-sili sono bassi più numerosi saranno i siti produttivi in paesi diversi che si fronteg-giano in una competizione diretta. L'obiettivo economico di stabilizzazione delmercato globale senza frontiere alla concorrenza, tuttavia, causa problemi ecologiciseveri, perchè i prezzi bassi sono mantenuti da una esternalizzazione massiccia deicosti ambientali, come le emissioni crescenti della CO2 o il consumo di terreni dalsettore dei trasporti.

2.2.6 Politiche complementari per lo sviluppo sostenibile

Il rapporto dell'agenzia europea dell'ambiente (EEA) del 1995 ancora una volta haindicato che, nella loro politica ambientale, la maggior parte degli stati membridell'EU non sono riusciti a ridurre il pericolo del cambiamento di clima, della defore-stazione o della riduzione rapida della biodiversità. Una delle cause principali dellimite di manovra della politica ambientale convenzionale è la negazione delladimensione economica relativa ai flussi di materiale. Le economie dei paesi alta-mente industrializzati innescano enormi flussi di energia e di materiali che relativa-mente presto saranno liberati di nuovo nell'ambiente dopo un consumo di brevedurata. Ogni insieme di materiali in movimento si lascia indietro effetti ecologicidurante il relativo ciclo di vita.

Realizzare obiettivi sostanziali di riduzione (fattore X) con lo sviluppo econo-mico implica che l'obiettivo economico di competitività, l'obiettivo sociale di occu-

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I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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pazione e la richiesta ecologica di risorsa-efficienza siano tutti indirizzati da unastrategia completa. Capire come competitività, occupazione e uso delle risorse sonocollegati, i livelli, micro, macro, meso e meta di un'economia devono essere conside-rati. La dinamica innovativa deve essere "direzionalmente certa" in modo tale chel'innovazione sostenibile, per esempio al livello micro delle imprese, non sia contrad-detta da politiche insostenibili, per esempio a livello regionale o nazionale.

Ciò richiede:

• imprese e consumatori ecologicamente orientati (micro)• la riforma delle istituzioni economiche e delle reti (meso)• condizioni fiscali, monetarie e distributive (macro)• un consenso sociale sull'obiettivo di sviluppo sostenibile che comprende la com-

petitività, la giustizia sociale e l'eco-efficienza (meta).

Le politiche complementari e sinergiche a tutti i livelli economici potrebberogenerare una competitività sistematica, che genererebbe l'occupazione così come letecnologie e le strutture eco-efficienti nel quadro di una strategia di dematerializza-zione. Ciò richiederebbe la considerazione integrata di tutte e quattro le dimensionidella sostenibilità (sociale, istituzionale, ambientale ed economica come per esempioespresso nell'articolo 2 della Eu-Trattato di Amsterdam). Qualsiasi strategia su rendi-mento delle risorse non è una regolamentazione dall'alto verso il basso, ma richiedela partecipazione attiva a livello locale, regionale e nazionale. Essa verrebbe costruitasul dialogo "in una società aperta". Tutti i portatori di interesse (partner sociali, NGO,organismi di governo ecc.) parteciperebbero alla formulazione degli obiettivi e deiprogrammi.

2.2.7 La politica ambientale Input-orientata e la dematerializzazione

2.2.7.1 La politica ambientale Input-orientata• la politica ambientale Input-orientata che mira a ridurre i flussi di materiale mette

a fuoco le cause della crisi ambientale piuttosto che i relativi sintomi. Deve con-durre a azioni ecologiche persino prima che i rischi ambientali emergano, in con-trasto con la politica ambientale convenzionale che risponde a danni già esistenti alleviando i relativi sintomi.

• Una tal politica permette un'analisi completa dell'impatto ecologico delle attività umane. Quindi, i flussi di materiale che non sono sfruttati dall’economia (per esempio scarti) sono valutati per il loro effetto sull'equilibrio ecologico. Ciò inol-tre provoca una maggiore trasparenza per il consumatore e, così, riduce l'incer-tezza nel processo decisionale.

• la politica ambientale Input-orientata è più in sintonia con la nostra limitata cono-scenza ecologica. Il metodo della politica ambientale input-orientata tiene conto di questo alto grado di ignoranza ecologica poichè definisce le conseguenze potenziali delle attività economiche più ampiamente possibile; quindi, è compati-bile con il principio preventivo.

• Una riduzione di energia e di flussi di materiale provoca una diminuzione delle emissioni e dei rifiuti e, di conseguenza, meno problemi per lo smaltimento e il monitoraggio. Ciò inoltre riduce il rischio che gli sforzi fatti per prevenire e con-trollare i danni ambientali alla fine conducono a danni ambientali in qualche altro luogo.

• la politica ambientale Input-orientata genera nuovi incentivi per il progresso tec-nico a risparmio di risorse. Mentre la politica ambientale convenzionale genera incentivi all'innovazione mediante regolamentazioni pricipalmente per le tecnolo-gie a-fine-tubo, la politica ambientale input-orientata stimola lo sviluppo di nuove soluzioni tecniche per l'intero ciclo di vita di un prodotto: dal progetto, attraverso le diverse fasi della produzione e della utilizzazione, allo smaltimento o al rici-claggio.

Gestione Sistemi Energetici

L’integrazione delle politiche ambientali

• Per concludere, una tal politica è più consona alla concorrenza e, così, stimola l'innovazione. Invece di fare riferimento all’attuale stato dell’arte del progresso, la politica ambientale input-orientata promuove la ricerca delle soluzioni indipen-denti. Quindi, gli attori economici hanno una scelta più larga di opzioni, che aumenteranno la competitività nel lungo termine.

L'obiettivo che alla fine è perseguito attraverso la politica ambientale input-orien-tata è una riduzione notevole del fabbisogno di materiali totale. Questa riduzione rap-presenta l'imperativo ecologico: l'esigenza di una tal riduzione deriva dallacomprensione che non le singole emissioni inquinanti, ma piuttosto la scala completadegli interventi umani sull'ambiente naturale sotto forma di flussi di materiale mettein pericolo la stabilità degli equilibrii ecologici nel lungo termine.

2.2.7.2 La strategia di dematerializzazioneL'esigenza di una significativa, anche se non ancora precisamente quantificata,

riduzione dell'uso delle risorse sembra essere dimostrata e per metterla in praticadobbiamo fissare una quantità, che – a causa dello stato attuale di conoscenza scienti-fica - sicuramente non sarà precisa, ma deve essere "corretta" nel senso di essere dire-zionalmente sicura, cioè che indichi la giusta direzione: una bussola, non una cartinastradale. Una riduzione dei flussi di materiale antropogenici in tutto il mondo - chesono già più grandi di quelli che si generano dai processi naturali - alla metà delledimensioni attuali, è un obiettivo indicativo ragionevole (non ci sono obiettivi diriduzione scientificamente provati finora). Su una base globale pro-capite ciò provo-cherebbe un obiettivo medio di riduzione dell’ 85% - 90% per Europa.

Di quanto deve essere aumentata l'efficienza delle risorse? Come accennato, ilfattore due di riduzione dei flussi di materiale a livello globale unito, con le conside-razioni di equità, si traduce in una necessaria riduzione di un fattore 10 nell'uso dellerisorse nei paesi industrializzati. Se la produzione economica generale non deveessere ridotta, questo obiettivo, da essere raggiunto in una tempo di 50 anni (neces-sari per permettere che le dinamiche tecniche, sociali ed economiche si adattino e siregolino senza conflitti importanti), è equivalente ad un aumento annuale del rendi-mento delle risorse di 4.5% può essere considerato un obiettivo politico pragmatico,fattibile e necessario. Ciò è necessario se, accanto ai miglioramenti tecnologici e aiguadagni di efficienza (più servizi da meno risorse), una cultura della sufficienza (piùqualità di vita da meno servizi) è necessario che emerga fra le popolazioni dei paesiindustrializzati, abituati a livelli e a forme e dinamiche di benessere che non puòessere sostenuto a lungo termine.

2.2.8 Esternalità ambientali

Le esternalità ambientali si verificano quando i costi ambientali dei produttori edi costi sociali totali differiscono. Così le esternalità sono costi, che monetariamentenon interessano il produttore di un bene, ma influenzano il livello di vita della societànel suo insieme.

Gli economisti distinguono fra due forme di esternalità. Un'esternalità positiva èqualcosa che avvantaggia la società, ma in modo tale che il produttore non può com-pletamente trarre profitto dei guadagni fatti. Un'esternalità negativa è qualcosa chenon costa al produttore niente, ma è costosa alla società in generale.

Esempi di esternalità positive sono il tenere pulito e la ricerca ambientale. Unambiente più pulito certamente avvantaggia la società, ma non aumenta i profitti perl'azienda responsabile di esso. Inoltre, la ricerca ed i nuovi sviluppi tecnologici gene-rano guadagni che l'azienda responsabile di essi non può completamente capitaliz-zare. Le esteriorità negative, purtroppo, sono molto più comuni. L'inquinamento èun'esternalità negativa molto comune. Un'azienda che inquina non perde soldi in talmodo, ma la società deve pagare pesantemente per prendersi cura del problema cau-sato dall'inquinamento.

Il problema che questo genera è che le aziende non misurano completamente icosti economici delle loro azioni. Non devono sottrarre questi costi dai loro redditi, il

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I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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che significa che i profitti ritraggono in modo inesatto le azioni dell’azienda conside-rate positive. Ciò può condurre ad inefficienza nella destinazione delle risorse. Poi-chè nè il mercato nè gli individui privati sono tenuti a impedire questa inefficienzanell'economia, il governo deve intervenire.

L'obiettivo di base dei governi è di forzare le aziende a internalizzare i costiesterni. Ciò significa che se l’inquinamento di una azienda genera costi economici(per esempio, la fattura medica di un paziente che diventa ammalato per l’inquina-mento), allora il governo forzerà l'azienda a pagare quel costo. In questo modo,l'azienda può più accuratamente confrontare i guadagni e le spese e decidere se laproduzione è effettivamente vantaggiosa. Per realizzare il suo obiettivo, il governopuò usare diversi tipi di regolamentazioni. Può stabilire i limiti di inquinamento, tas-sare le aziende per l'inquinamento, o distribuire i permessi commerciali di inquina-mento.

2.2.8.1 Le esternalità ambientali dei vettori energetici fossiliL'uso dei combustibili fossili per la produzione di energia è un esempio impor-

tante per il verificarsi delle esternalità ambientali. Oggi i prezzi bassi per questi vet-tori energetici possono essere mantenuti soltanto con l’esternalizzazione massicciadei costi ambientali. La parte più rilevante di queste esternalità è l’incremento perma-nente dell’emissione di CO2 (pricipalmente da traffico privato e dal settore dei tra-sporti), che causa il cambiamento globale del clima ("effetto serra").

L’internalizzazione dei costi esterni condurrebbe ad un brusco aumento dei prezzidell’energia. Ciò avrebbe vaste implicazioni nel commercio internazionale e nel pro-cesso di globalizzazione nel suo insieme, poichè lo sviluppo dei mercati competitiviglobali dipende fortemente dalla trascurabilità economica dei costi di trasporto fra idifferenti luoghi di produzione.

2.2.8.2 Le esternalità ambientali nella competizione internazionaleIl problema dei costi ambientali esterni inoltre è fortemente dibattuto riguardo

alle norme ambientali nel mercato globale. Uno dei presupposti fondamentali nellateoria neoclassica di libero scambio è che i prezzi nel sistema commerciale interna-zionale riflettono sempre i costi totali di produzione; ciò significa che nessun'esterna-lità è presente. Ma un numero più grande di economisti ecologici precisa che oggiquesto presupposto non è più valido, poichè paesi con livelli molto differenti di inter-nalizzazione dei costi (e così norme ambientali differenti) entrano in concorrenzadiretta sui mercati mondiali. Secondo la loro argomentazione, le strategie commer-ciali di liberalizzazione quindi sono un motivo affinchè i produttori elevino l’esterna-lità dei costi ambientali (e sociali) con l'intenzione di guadagnare vantaggi assoluti.Questa esternalizzazione si presenterà particolarmente in quei paesi con poche normeambientali. Così la concorrenza internazionale selvaggia ed il libero scambio globaleprovocano una cosiddetta "corsa verso il basso".

2.2.8.3 La dimensione fisica dei costi esterniLa metodologia della contabilità dei flusso di materiale, sviluppata all'istituto

Wuppertal in Germania, permette una quantificazione delle estenalità ambientali intermini fisici (tonnellate). Come già descritto, i cosiddetti "rucksacks ecologici" o "iflussi nascosti" di un prodotto sono definiti come la somma di tutti i materiali che nonsono inclusi fisicamente nel prodotto economico in considerazione, ma che sono statinecessari per la produzione, l’uso, il riciclaggio e l'eliminazione. Questi flussi nasco-sti non entrano nel sistema economico, così sono esterni al mercato e devono essererichiamati come estenalità ambientali.

( testo libeamente tratto e tradotto da “ Input for the Italian National SustainableDevelopment Plan” - Chapter 2 Environment and Development - SERI)

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Il Percorso dello Sviluppo Sostenibile

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1992 rra/

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2.3 Il Percorso dello Sviluppo Sostenibile

Club di Roma (1972)

Il problema dell'ambiente come limite allo sviluppo economico viene posto per laprima volta nel 1972 nel primo Rapporto " I limiti dello sviluppo" predisposto da ungruppo di esperti del M.I.T. (Massachusset Institute of Tecnology) per conto del Clubdi Roma.

La tesi sostenuta dal documento era quella della crescita zero come unica strate-gia possibile a fronte dell'aumento della popolazione e della scarsità delle risorsenaturali non più in grado, in prospettiva, di alimentare le crescenti esigenze di con-sumo dei popoli del pianeta.

Conferenza di Stoccolma (1972)

Nello stesso anno è stata convocata, a Stoccolma (Svezia), la Conferenza dellaNazioni Unite sull'ambiente umano. La Conferenza ha rappresentato un evento sto-rico in quanto per la prima volta i rappresentanti dei governi (vi partecipano 113paesi) si sono riuniti sotto l'egida dell'ONU per affrontare in maniera globale i pro-blemi derivanti dal degrado ambientale del pianeta mettendo in stretta relazione lepolitiche economiche e quelle ambientali.

La conferenza ha rappresentato anche il contrasto tra i paesi del nord e quelli delsud della Terra. Alla crescente consapevolezza dei paesi sviluppati della necessità diporre rimedio ai danni causati all'ambiente dal modello di crescita economica deipaesi industrializzati si contrapponevano le richieste dei paesi in via di sviluppo dinon vedere compromessa la loro crescita economica.

Nonostante le oggettive divergenze di opinione la Conferenza si concludeva conl'enunciazione di 27 principi che rappresentano la presa di coscienza, a livello inter-

Stoccolma - Svezia Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente Umano

Strategia Mondiale per la conservazione

Commissione mondiale su sviluppo e ambiente

Rapporto Brundtland - Il Nostro Futuro Comune

Rio de Janeiro - Brasile Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo Vertice della TeUNCED

V Piano d'Azione Ambientale dell'UE "Per uno sviluppo durevole e sostenibile" 1993/1999

Piano Nazionale per lo sviluppo sostenibile in Italia

Aalborg - Danimarca 1a Conferenza Europea sulle città sostenibili

Lisbona - Portogallo 2a Conferenza europea sulle Citt‡ Sostenibilità

Istanbul - Turchia Conferenza delle Nazioni Unite sugli Insediamenti Umani/Habitat II

New York - Stati Uniti d'America XIX Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle NazioniUnite/UNGASS (Rio+5)Trattato di Amsterdam

Ferrara - Italia Conferenza di FerraraRiorganizzazione del Ministero dell'Ambiente - Istituzione del Servizio per lo sviluppo sostenibi

Hannover - Germania 3a Conferenza europea sulle Città SostenibiliDichiarazione del Millennio

VI Piano d'Azione Ambientale 2002/2010 dell'UE "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scStrategia dell'Unione Europea per lo Sviluppo SostenibileStrategia d'Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile in ItaliaDoha - Qatar Vertice dell'Organizzazione Mondiale del Commercio

Monterrey - Messico Conferenza Internazionale per il Finanziamento dello SviluppoRoma- Italia Vertice Mondiale FAO sull'alimentazioneJohannesburg - Sud Africa Vertice Mondiale sullo Sviluppo sostenibile

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I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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nazionale, dei problemi ambientali determinati dal modello di sviluppo economicoaffermatosi con l'industrializzazione di inizio secolo.

Vengono posti in stretta relazione i diritti fondamentali dell'uomo alla libertà,all'eguaglianza e a condizioni di vita soddisfacenti con la salvaguardia dell'ambiente.

Nel preambolo si afferma che "l'uomo è al tempo stesso creatura e artefice del suoambiente, che gli assicura la sussistenza fisica, gli offre la possibilità di uno sviluppointellettuale, morale, sociale e spirituale. I due elementi del suo ambiente, l'elementonaturale e quello da lui stesso creato, sono essenziali al suo benessere e al pieno godi-mento dei suoi fondamentali diritti, ivi compreso il diritto alla vita".

Solo successivamente, però, nel 1980 IUCN, UNEP (United Nations Environ-mental Programme) e WWF (World Wildlife Found) pubblicano un saggio "Worldconservation strategy: a strategy for sustainable living" ove compare per la primavolta il termine di sviluppo sostenibile mettendo in relazione la possibilità di contem-perare sviluppo economico e protezione delle risorse naturali.

Rapporto della Word Commission on Environment and Devolopment (WCED1987)

Il concetto di sviluppo sostenibile è definito, nel 1987, dal Rapporto "Our Com-mon Future" della Commissione Mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo, noto come"Rapporto Bruntland, come: "lo sviluppo che fa fronte alle necessità del presentesenza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie".

Nel rapporto si afferma inoltre che "l'umanità ha la possibilità di rendere sosteni-bile lo sviluppo…. Il concetto di sviluppo sostenibile comporta limiti ma non asso-luti, bensì imposti dall'attuale stato della tecnologia e dell'organizzazione sociale…. equeste possono essere gestite e migliorate allo scopo di inaugurare una nuova era dicrescita economica".

Nel 1991 la World Conservation Union, UNEP e World Wide Fund for Naturehanno ulteriormente specificato il concetto di sviluppo sostenibile: "un migliora-mento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi disupporto, dai quali essa dipende".

E infine l’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives,1994) ha definito lo sviluppo sostenibile come quello che “offre servizi ambientalisociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciarel’operabilità del sistema naturale, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di taliservizi”.

Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) - Rio deJaneiro (3-14 giugno 1992)

Il concetto di sviluppo sostenibile viene ripreso nei lavori preparatori della Confe-renza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e Sviluppo (UNCED), riunita a Rio de Jane-iro dal 3 al 14 giugno 1992. La Conferenza è stata convocata dall'AssembleaGenerale dell'ONU con lo scopo di coinvolgere il maggior numero di governi e orga-nizzazioni non governative per definire al più alto livello istituzionale mondiale lastretta relazione tra sviluppo e ambiente delineata nel concetto di "sviluppo sosteni-bile".

L'integrazione dei due elementi: ambiente quale dimensione essenziale dello svi-luppo economico e responsabilità tra le generazioni nell'uso delle risorse naturali èstata sancita nella "Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo" costituita da unpreambolo e da 27 principi nei quali: "Riaffermando la Dichiarazione di Stoccolmadel 16 giugno 1972 e nell'intento di continuare la costruzione iniziata con essa, alloscopo di instaurare una nuova ed equa partnership globale, attraverso la creazione dinuovi livelli di cooperazione tra gli Stati, i settori chiave della società ed i popoli,operando in direzione di accordi internazionali che rispettino gli interessi di tutti etutelino l'integrità del sistema globale dell'ambiente e dello sviluppo, riconoscendo la

Gestione Sistemi Energetici

Il Percorso dello Sviluppo Sostenibile

natura integrale ed indipendente della Terra, la nostra casa" si proclamano le lineefondanti del concetto di sviluppo sostenibile ed in particolare:

• - la centralità degli essere umani che hanno diritto ad una vita sana e produttiva in armonia con la natura;

• - la solidarietà generazionale;• - l'integrazione della tutela ambientale nel processo di sviluppo;• - l'eliminazione della povertà come requisito indispensabile per lo sviluppo soste-

nibile;• - l’assicurazione della partecipazione dei cittadini attraverso l'accesso degli indi-

vidui alle informazioni concernenti l'ambiente in possesso delle pubbliche auto-rità;

• - l'applicazione del metodo precauzionale: l'assenza di certezza scientifica asso-luta non deve servire da pretesto per rinviare l'adozione di misure adeguate dirette a prevenire il degrado ambientale;

• - il dovere dell'inquinatore a sostenere i costi dell'inquinamento: "Chi inquina paga";

• - la valutazione di impatto ambientale come strumento da utilizzare per attività suscettibili di avere effetti negativi sull'ambiente;

• - il ruolo vitale delle donne, dei giovani e delle popolazioni e comunità indigene nella gestione dell'ambiente e dello sviluppo;

• - l'interdipendenza e l'indivisibilità della pace con lo sviluppo e la protezione dell'ambiente.

I suddetti principi, paragonabili a tentativi di codifica di categorie etiche, concor-date in sede negoziale tra i 179 Stati partecipanti, rientrano ormai a pieno titolo nelconcetto odierno di sostenibilità, estendendone la portata ben oltre il semplice signifi-cato di ecocompatibilità dei processi in atto.

In esecuzione dei succitati 27 principi, la Conferenza di Rio ha approvato conte-stualmente altri quattro documenti:

a) l'Agenda21;

b) la Convenzione per la conservazione della biodiversità;

c) la Convenzione sul clima;

d) la Dichiarazione autorevole di principi, giuridicamente non vincolante, per unconsenso globale sulla gestione, conservazione e sviluppo sostenibile delle foreste.

Tutti i documenti approvati, ad eccezione delle due convenzioni sul clima e labiodiversità, non sono vincolanti giuridicamente per i governi che li hanno sotto-scritti.

a) Agenda 21

E' un documento di natura programmatica ed operativa che sintetizza le azionispecifiche e le strategie che i paesi firmatari si impegnano ad attuare per favorire losviluppo sostenibile.

Il documento si articola in quattro sezioni (Dimensione sociale ed economica;Conservare e gestire le risorse per lo sviluppo; Rafforzare il ruolo dei soggetti sociali;Strumenti di attivazione) e quaranta capitoli tendenti a tradurre in pratica il principiodell’integrazione ambiente e sviluppo o dello sviluppo sostenibile, identificando lebasi d’azione, gli obiettivi da perseguire, le attività da realizzare e gli strumenti diattuazione.

Per raggiungere lo sviluppo sostenibile il documento sottolinea le seguenti neces-sità:

- l’integrazione delle considerazioni ambientali in tutte le strutture dei governicentrali e in tutti i livelli di governo per assicurare coerenza tra le politiche settoriali;

Gestione Sistemi Energetici 27

I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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- un sistema di pianificazione, di controllo e gestione per sostenere tale integra-zione;

- l’incoraggiamento della partecipazione pubblica e dei soggetti coinvolti, cherichiede piena possibilità di accesso alle informazioni.

Particolare rilevanza assume l’affermazione del capitolo 28 della Sezione III:“Dal momento che molti dei problemi e delle strategie delineate in Agenda 21 hannoorigine dalle attività locali, la partecipazione e la cooperazione delle autorità localisarà un fattore determinante nel perseguimento degli obiettivi di Agenda 21”, indivi-duando in tal modo gli enti locali di tutto il mondo come strumenti essenziali di rea-lizzazione di una propria Agenda locale e fonti di adeguamento della legislazione,dell’educazione e del controllo ambientale.

In questa ottica la legislazione comunitaria e nazionale sullo sviluppo sostenibilepone particolare attenzione al livello di decisione locale. Allo stesso viene ricono-sciuto un ruolo decisivo nel favorire processi graduali di prevenzione e protezione incampo ambientale ritenendo che la consapevolezza sulla limitatezza delle risorseambientali, da parte della società, degli amministratori, dei cittadini e del sistemaimprenditoriale costituisca un elemento determinante per una prospettiva di svilupposostenibile e quindi rispettoso della persona e dell’ambiente.

b) Convenzione per la conservazione della biodiversità

La Convenzione, sottoscritta da 153 Stati, ad eccezione degli U.S.A. che l'hannosottoscritta solo nel 1995, è stata ratificata dall'Italia con la legge 14 febbraio 1994,n.124.

Gli obiettivi da perseguire (art. 1 della convenzione) sono: "la conservazionedella diversità biologica, l'uso durevole dei suoi componenti e la ripartizione giustaed equa dei benefici derivanti dall'utilizzazione delle risorse genetiche, grazie ad unaccesso soddisfacente alle risorse genetiche ed un adeguato trasferimento delle tecno-logie pertinenti in considerazione di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie, e graziead adeguati finanziamenti".

c) Convenzione sul clima

La Convenzione sottoscritta anch’essa da 153 Stati ha l'obiettivo di stabilizzare leconcentrazioni dei gas prodotti dalle attività umane che nell'atmosfera esercitanol'effetto serra.

Alla Convenzione sul clima sottoscritta a Rio de Janeiro ha fatto seguito la terzaconferenza delle parti tenutasi a Kyoto il 10 dicembre 1997 nel corso della quale èstato adottato il Protocollo che impegna in particolare gli stati dell'Unione Europea aridurre, entro il periodo compreso tra il 2008 e il 2012, le emissioni dei gas serra nellamisura dell'8% rispetto ai livelli del 1990.

d) Dichiarazione autorevole di principi, giuridicamente non vincolante, per unconsenso globale sulla gestione, conservazione e sviluppo sostenibile delle foreste

Nella Dichiarazione sono stati esplicitati gli orientamenti generali per la prote-zione delle foreste avendo riguardo al loro utilizzo ai fini dello sviluppo e dellasopravvivenza delle popolazioni.

Le Politiche Ambientali in Europa

Trattato di Maastricht e Trattato di Amsterdam

Il nuovo trattato sull’Unione Europea, firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht,integrato dal Trattato di Amsterdam del 1997, innova profondamente l’approccio isti-tuzionale delle politiche ambientali sino ad allora perseguite ponendosi obiettivi disviluppo sostenibile in conformità alle indicazioni dell'Agenda 21 sottoscritta a Riode Janeiro.

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Il Percorso dello Sviluppo Sostenibile

Tali trattati fanno seguito alla dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo, giàriuniti in sede di Consiglio il 26 giugno 1990, in cui si chiedeva l’elaborazione di unnuovo programma d’azione a favore dell’ambiente, basato sui principi dello svilupposostenibile, e cioè l’elaborazione di una politica e di una strategia intese a garantire lacontinuità nel tempo dello sviluppo economico e sociale, nel rispetto dell’ambiente,senza compromettere le risorse naturali indispensabili all’attività umana.

Questi intenti si sono concretizzati nella stesura del Quinto programma comunita-rio d’azione a favore dell’ambiente: “Verso uno sviluppo sostenibile” per il periodo1992-2000. Programma politico e d'azione a favore dell'ambiente e dello svilupposostenibile "Quinto Programma 1992 - 2000" Adottato dalla Commissione delleComunità Europee il 12.6.1992, rappresenta una svolta per la Comunità.

Preparato come risposta della Comunità alla Conferenza di Rio, esso ha assunto iprincipi dello sviluppo sostenibile ponendosi come strumento di attuazionedell’Agenda 21.

Il termine "sostenibile" utilizzato nel documento si riferisce ad “una politica e unastrategia per perseguire lo sviluppo economico e sociale che non rechi dannoall’ambiente e alle risorse naturali dalle quali dipendono il proseguimento dell’atti-vità umana e lo sviluppo futuro.”

Parte centrale del programma era il riconoscimento che la legislazione ambientaleda sola non basta a migliorare l'ambiente: "il programma non è destinato unicamentealla Commissione, né a chi si occupa di ambiente. Il programma delinea un nuovoapproccio all’ambiente e allo sviluppo e alle attività economiche e sociali e richiede,per essere realizzato praticamente, una volontà reale a tutti i livelli politici e profes-sionali e la partecipazione di tutta la collettività in quanto cittadini e consumatori”.

Si assume a fondamento delle azioni del programma la consapevolezza che “i veriproblemi che causano danni e perdite irreparabili all’ambiente sono da cercarsi negliattuali modelli di consumo e di comportamento”.

Si riconosce che i risultati ottenuti dai paesi della Comunità, negli anni precedentiall’adozione del Quinto Programma, sono stati parziali per cui occorre elaborare unastrategia programmatica di più ampia portata nella consapevolezza che “ogni attivitàumana ha ripercussioni sul mondo biofisico circostante e ne è a sua volta condizio-nata.

La capacità di controllare tale interrelazione condizionerà la continuità nel tempodelle diverse forme di attività e il potenziale di crescita economica e sociale”ponendo quindi in diretta connessione e interdipendenza l’ambiente e lo sviluppo.

Il Programma individua tre requisiti pratici per la realizzazione di uno svilupposostenibile:

- la necessità di modificare l’atteggiamento generale della collettività per quantoriguarda il consumo e il comportamento individuale;

- la necessità, dato che le riserve di materie prime sono limitate, di prevedere unciclo di produzione dalle materie prime al prodotto finito e alla sua utilizzazione, taleda ottimizzare ed incoraggiare la riutilizzazione ed il riciclo, da minimizzare la pro-duzione di rifiuti e da evitare l’esaurimento delle risorse naturali;

- la necessità di razionalizzare la produzione ed il consumo dell’energia.

Un altro importante concetto formulato nel Programma è il principio dellaresponsabilità condivisa che richiede una distribuzione delle responsabilità ambien-tali tra le diverse parti sociali, accanto al principio della sussidiarietà che garantisce ilraggiungimento delle finalità e degli obiettivi del programma attraverso azioni realiz-zate al livello territoriale più appropriato.

Il Programma ha evidenziato cinque settori chiave con un importante impattosull'ambiente sui quali articolare la definizione degli obiettivi, degli indirizzi da intra-prendere e dei soggetti da coinvolgere:

1) - l’industria manifatturiera;

Gestione Sistemi Energetici 29

I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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2) - il settore energetico;

3) - il settore dei trasporti;

4) - l’agricoltura;

5) - il settore del turismo.

Il Programma individua inoltre i temi ambientali da considerarsi particolarmenterilevanti con la dimensione comunitaria:

- il cambiamento del clima;

- l’acidificazione e la qualità dell’aria;

- la protezione della natura e della biodiversità;

- la gestione delle risorse idriche;

- l’ambiente urbano;

- le zone costiere;

- la gestione dei rifiuti.

Nel 1995 si è avuta una prima valutazione del Quinto Programma e, dopo tre annidall’entrata in applicazione, la Commissione incaricata ha sottolineato la necessità diapportarvi alcune modifiche per migliorarne l’efficacia individuando cinque prioritàfondamentali sulle quali concentrarsi per accelerarne l’attuazione e cioè:

- integrazione dell’ecologia in altre politiche quali l’agricoltura, i trasporti, l’ener-gia, l’industria e il turismo;

- applicazione e osservanza della normativa ambientale;

- ampliamento degli strumenti politici al fine di indurre sostanziali cambiamentinelle tendenze e nelle pratiche riguardanti lo sviluppo sostenibile;

- sensibilizzazione, comunicazione, informazione, formazione dei cittadini perstimolare la consapevolezza dei problemi dello sviluppo sostenibile;

- rafforzamento del ruolo della Comunità nell’ambito delle azioni internazionali.

Nella proposta di decisione, inoltre, sono stati considerati altri cinque problemi:

- miglioramento degli elementi di base della politica ambientale (dati statistici,valutazione dei costi e dei benefici, sistema di contabilità ambientale e sviluppo diindicatori ambientali, indicatori di efficienza e indicatori di sviluppo sostenibile);

- modelli di produzione e consumo sostenibili;

- condivisione delle responsabilità e associazione;

- promozione di iniziative locali e regionali;

- sviluppo delle politiche della Comunità in relazione ai temi ambientali del Pro-gramma.

Carta di Aalborg - Carta delle Città Europee per un modello urbano sostenibile(1994)

Per favorire l’avvio del processo per un modello urbano sostenibile, ottantaamministrazioni locali e oltre duecentocinquanta rappresentanti di governi, organismiinternazionali, istituzioni scientifiche associazioni di imprenditori, consulenti e citta-dini, hanno sottoscritto la Carta delle Città europee per un modello urbano sostenibileconosciuta come Carta di Aalborg, dal nome della città della Danimarca, ove nelmaggio del 1994 si è tenuta la Conferenza europea delle città sostenibili.

La Carta di Aalborg è suddivisa in tre parti:

- la parte prima contiene la dichiarazione di principio con particolare riferimentoalla sostenibilità urbana;

Gestione Sistemi Energetici

Il Percorso dello Sviluppo Sostenibile

- la seconda parte illustra la Campagna delle Città europee sostenibili;

- la terza parte riguarda il processo di Agenda 21 locale attraverso l'attuazione del"Piano locale d'azione per un modello urbano sostenibile".

In particolare la Carta stabilisce che "I singoli piani locali di azione contribui-ranno all'attivazione del Quinto Programma d'azione a favore dell'ambientedell'Unione Europea - Per uno sviluppo durevole e sostenibile.

L’adesione alla Carta di Aalborg è un atto di carattere formale che non comportaimpegni sul piano giuridico istituzionale, assumendo peraltro un importante valoresimbolico di comunicazione esterna sulla volontà dell’Amministrazione coinvolta diperseguire obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso il processo di coinvolgimentoindicato da Agenda 21.

"L'Agenda 21 Locale è essenzialmente un processo strategico per incoraggiare econtrollare lo sviluppo sostenibile. L'allestimento, la gestione e l'attuazione di questoprocesso necessitano di tutte le capacità e gli strumenti di cui possono disporreun'autorità locale e la sua collettività" (Gruppo di esperti - U.E. DG XI, 1996).

Non bisogna tuttavia sottovalutare le oggettive difficoltà che sono insite nell'atti-vazione di un processo che pretende un forte coinvolgimento partecipativo, sia deidecisori sociali sia dei singoli individui che compongono la collettività locale.

Poiché Agenda 21 Locale non consente un approccio uniforme e codificato per lapeculiarità delle diverse realtà locali, per facilitarne l'implementazione, l'ICLEI (TheInternational Council for Local Environmental Initiatives) ha elaborato una "GuidaEuropea all'Agenda 21 Locale" che individua i passaggi cardine per la gestione, attra-verso un Forum, del processo che - partendo dai principi generali e dalla visoned'insieme - arriva a individuare il Piano d'azione ambientale come strumento per ilraggiungimento della sostenibilità locale.

L'ANPA (Agenzia Nazionale per la protezione dell'Ambiente), inoltre, ha recen-temente pubblicato il manuale "Linee guida per le Agende 21 Locali” quale contri-buto alla diffusione delle esperienze più rilevanti di pianificazione locale dellosviluppo sostenibile maturate a livello nazionale ed internazionale. La struttura delmanuale è articolata in due parti principali.

Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione (1996)

Nell'ottobre del 1996 si sono riuniti a Lisbona un migliaio di rappresentanti diorganismi locali e regionali di tutta Europa per la seconda Conferenza sulle cittàsostenibili.

A conclusione della Conferenza è stato approvato il Piano d'Azione di Lisbonache nasce da esperienze di città impegnate nell'attivazione della Agenda 21 Locale.

Il Piano è sintetizzato nei seguenti in dodici punti:

1. Crediamo che l'adozione della Carta delle città europee per uno sviluppo dure-vole e sostenibile rappresenti uno dei punti di partenza più validi per l'attivazione diuna Agenda 21 Locale.

2. Crediamo che il maggior aiuto all'attivazione di una Agenda 21 Locale debbavenire dagli organismi locali.

3. Crediamo che l'attivazione dell’Agenda 21 Locale richieda il coinvolgimentodell'intera struttura di governo locale, città, paese o comunità rurale.

4. Apriremo dibattiti e fonderemo associazioni con diversi settori della nostracomunità per creare sinergia attraverso la cooperazione.

5. Cercheremo di mettere ordine in casa nostra applicando il principio di nego-ziare con gli altri.

6. Programmeremo sistematicamente l'attività per passare dall'analisi all'azione.

Gestione Sistemi Energetici 31

I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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7. Integreremo lo sviluppo ambientale con quello sociale ed economico permigliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini.

8. Useremo strumenti avanzati per la gestione della sostenibilità.

9. Elaboreremo dei programmi per sensibilizzare i cittadini, i gruppi di interesse, ipolitici e i rappresentanti degli enti locali di governo sui temi dello sviluppo allasostenibilità.

10. Ci rafforzeremo con alleanze tra organismi diversi: associazioni, organizza-zioni e campagne.

11. Costruiremo alleanze Nord-Sud ed Est-Ovest per lo sviluppo.

12. Andremo avanti continuando a sostenere la campagna delle città europeesostenibili.

Carta di Valencia - Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente (1995)

Le Regioni nei diversi stati membri dell'Unione Europea, pur avendo differentiresponsabilità e compiti, hanno tutte un ruolo significativo nello sviluppo, nell'attua-zione della politica e nella legislazione ambientale europea.

La prima conferenza delle Regioni si è tenuta nel dicembre del 1993 a Bruxelles.Il principale risultato è stato la Risoluzione di Bruxelles che include le dichiarazionipolitiche sul Trattato dell'Unione Europea, sul Quinto programma di azione ambien-tale e sulla politica regionale dei Fondi Comunitari.

La seconda Conferenza si è tenuta a Valencia il 21 novembre 1995 e si è conclusacon l'approvazione della Carta di Valencia che definisce:

1. Il ruolo delle Regioni nella politica ambientale (lo sviluppo della politicaambientale come obiettivo primario che influenzerà l'attuazione di tutte le politichesettoriali).

2. Gli obiettivi della politica ambientale: la conservazione, la protezione e ilmiglioramento della qualità dell'ambiente vitale - aria, acqua, suolo e biodiversità -contribuendo nello stesso tempo allo sviluppo economico e sociale sostenibile).

3. Gli strumenti della politica ambientale (legislazione, pianificazione territoriale,coordinamento delle differenti politiche pubbliche, politica fiscale e finanziaria,sistemi di informazione, strumenti di mercato, educazione e formazione).

4. L'integrazione delle esigenze ambientali in tutte le politiche (l'integrazionedelle considerazioni ambientali nella formulazione e nell'attuazione delle differentipolitiche è ritenuta fondamentale per avanzare verso l'obiettivo dello sviluppo soste-nibile).

Risoluzione di Goteborg (1997)

Il ruolo significativo delle Regioni è stato rivendicato nella Terza Conferenzasull'Ambiente dei Ministri delle Regioni e dei Leader Politici dell'Unione Europea,riunita a Goteborg (Svezia) dal 18 al 20 giugno 1997.

La Risoluzione adottata in tale occasione è suddivisa in quattro parti:

1. Implementazione e sviluppi successivi della Legislazione ComunitariaAmbientale (uno dei principali obiettivi della nuova legislazione comunitariadovrebbe essere la promozione dello sviluppo sostenibile dell'economia).

2. Agenda 21 Regionale (le Regioni sono gli attori-chiave nello sviluppo sosteni-bile e le azioni da esse controllate e influenzate hanno un impatto a livello nazionalee globale. Ruoli fondamentali sono svolti dall'informazione e dall'educazione, dallacomunicazione e dalla partecipazione dei cittadini negli sforzi intrapresi verso uno

Gestione Sistemi Energetici

Il Percorso dello Sviluppo Sostenibile

sviluppo sostenibile, specialmente nell'ambito del contesto del processo di Agenda21).

3. Sviluppo sostenibile e Fondi strutturali (le azioni delle Regioni devono conser-vare le risorse non rinnovabili e devono ottimizzare i benefici ottenuti dall'uso effi-ciente di tutte le risorse. Questo obiettivo deve essere raggiunto cercando disoddisfare le esigenze economiche, sociali e culturali e nel contempo soddisfacendole esigenze di salute, sicurezza, educazione, abitative, alimentazione e benesseresociale e spirituale. Lo scopo dei Fondi strutturali dovrebbe essere quello di assicu-rare un modello di sviluppo che migliori la qualità della vita attraverso la creazione diattività economiche che soddisfino gli obiettivi dello sviluppo sostenibile).

4. Passi successivi (formazione di un gruppo di pilotaggio da parte delle Regioni icui componenti siano rappresentativi di un'ampia distribuzione geografica all'internodell'Unione Europea).

Le Politiche Ambientali in Italia

Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile

Con il Piano nazionale per lo Sviluppo Sostenibile in attuazione dell’Agenda 21(delibera CIPE 28.12.1993) sono stati selezionati gli obiettivi e le azioni più con-gruenti con la condizione ambientale del nostro paese e con le sue caratteristichesociali ed economiche, considerando i settori già individuati dalla Comunità Europeanel Quinto Programma. Sono state, inoltre, indicate alcune urgenze nei settori produt-tivi (industria, agricoltura, turismo), nelle infrastrutture di base (energia e trasporti) enel problema dei rifiuti.

Il Piano non dà indicazioni operative ma individua una strada per avviare unapolitica di sviluppo sostenibile a livello nazionale finalizzata a:

- integrare le considerazioni ambientali in tutte le strutture di governo centrale elocale per assicurare coerenza delle politiche settoriali;

- introdurre un sistema di pianificazione, di controllo e di gestione per sostenerel’integrazione tra ambiente e sviluppo;

- incoraggiare la partecipazione pubblica ai processi decisionali.

L'ENEA è stata incaricata dal Ministero dell'Ambiente, in data 14.1.1999, dicostituire il riferimento tecnico scientifico per la stesura del nuovo Piano Nazionaleper lo Sviluppo Sostenibile

Il sistema delle Agenzie Ambientali

La gestione dei controlli ambientali, a seguito del referendum del 1993 che haabrogato le competenze del Servizio Sanitario Nazionale nel campo del controllo edella prevenzione dall'inquinamento dell'ambiente, è stata affidata con legge 61 del1994 al sistema ANPA-ARPA.

L'Agenzia Nazionale e le singole Agenzie Regionali, istituite con proprie leggiregionali, svolgono pertanto un ruolo di supporto ai decisori di Stato, Regioni, Entilocali nelle scelte di governo e amministrazione quotidiana che devono essere ingrado di tradurre i programmi dello sviluppo sostenibile in azioni concrete e compati-bili con la tutela dell'ambiente e della qualità della vita. Il ruolo principale consistenel monitoraggio e controllo dello stato dell'ambiente, nella raccolta ed elaborazionedei dati esistenti attraverso una lettura organica e comparata e nella ricerca e sviluppodi nuove metodiche d’indagine. Parallelamente le agenzie ambientali hanno compitidi diffusione e divulgazione delle informazioni relative allo stato dell'ambiente pertrasmettere conoscenza e consapevolezza a tutti i livelli della popolazione.

Gestione Sistemi Energetici 33

I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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Carta di Ferrara (1999)

In data 29 aprile 1999 le Amministrazioni pubbliche riunite a Ferrara hanno datovita al Coordinamento Agende 21 Locali Italiane assumendo in particolare gli impe-gni di:

· promuovere i processi di Agenda 21 locale in Italia;

· diffondere e valorizzare le esperienze positive in corso, al fine di identificare"modelli" di riferimento di Agenda 21 locale a livello comunale, provinciale e regio-nale;

· operare una ricognizione periodica ed una conseguente diffusione di informa-zioni riguardo ad attività e studi condotti e/o in corso di elaborazione sui temi relativiall'Agenda 21 ad opera di organismi quali Unione Europea, Ministero dell'Ambiente,ANPA, ENEA, Regioni, ecc.

(Testo tratto dal “Piano Triennale Regionale di Educazione Ambientale” dellaRegione Veneto.

2.4 Appendice LA DICHIARAZIONE DI RIO SULL'AMBIENTE E LO SVILUPPO

La Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo, riunitasi a Riode Janeiro dal 3 al 14 giugno del 1992, riaffermando la Dichiarazione della Confe-renza delle Nazioni Unite sull'Ambiente Umano adottata a Stoccolma il 16 giugnodel 1972 e cercando di costruire in base ad essa, e con lo scopo dì costituire rapportidi collaborazione nuovi, più giusti e universali, una nuova valida globale società,attraverso l'avvio di nuovi livelli di cooperazione tra gli stati, tra i settori chiave diaziende e di persone, orientandosi verso accordi internazionali che rispettino gli inte-ressi di tutti e proteggano l'integrità dell'intero sistema ambientale e di sviluppo, rico-noscendo la natura integrale e interdipendente della Terra, come nostra dimora,afferma che:

Principio 1 - Gli esseri umani sono al centro degli interessi per lo sviluppo soste-nibile. Ad essi spetta una vita operativa, salubre in armonia con la natura.

Principio 2 - Gli Stati, in accordo con la Carta delle Nazioni Unite e i principi dileggi internazionali, hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse perse-guendo le proprie politiche ambientali e di sviluppo, essi hanno la responsabilità diassicurare che le attività all'interno della propria giurisdizione o sotto il proprio con-trollo, non provochino danni nei confronti dell'ambiente nel proprio territorio o inquello di altri stati o di alcune regioni, superando i confini della giurisdizione nazio-nale.

Principio 3 - Il diritto allo sviluppo deve essere perseguito in modo tale da soddi-sfare in egual misura i bisogni di sviluppo e ambientali sia delle attuali generazioniche di quelle future.

Principio 4 - Per raggiungere lo sviluppo sostenibile, la protezione ambientaledovrebbe costituire una parte integrante del processo di sviluppo e non dovrebbeessere considerata in modo disgiunto da esso.

Principio 5 - Tutti gli stati e le persone devono cooperare nel compito primario disradicare la povertà come condizione necessaria per lo sviluppo sostenibile, ridu-cendo le differenze nei tenori di vita e soddisfando meglio i bisogni della maggio-ranza della popolazione in tutto il mondo.

Gestione Sistemi Energetici

Appendice

Principio 6 - Dovrebbe essere data priorità alle specifiche situazioni ed ai bisognidei paesi in via di sviluppo, particolarmente i più arretrati e quelli più vulnerabili dalpunto di vista ambientale. Le azioni internazionali in campo ambientale e per lo svi-luppo dovrebbero essere indirizzate verso gli interessi ed i bisogni di tutti i paesi.

Principio 7 - Gli stati dovrebbero interagire con uno spirito di collaborazione glo-bale e con lo scopo di conservare, proteggere e ristabilire la salute e l'integritàdell'ecosistema terrestre. Gli stati hanno responsabilità comuni ma pesi differentiverso il degrado ambientale globale. I paesi industrializzati devono ammettere le pro-prie responsabilità e riconoscere che essi devono sopportare impegni internazionalinei confronti dello sviluppo sostenibile proporzionali alle pressioni che le loro societàcomportano per l'intero ambiente e delle risorse tecnologiche e finanziarie che sono esaranno necessarie per rispettare questo impegno.

Principio 8 - Per raggiungere lo sviluppo sostenibile e una qualità di vita più ele-vata per tutti i popoli, gli stati dovrebbero ridurre e/o eliminare i processi di produ-zione a consumo insostenibili e promuovere appropriate politiche demografiche.

Principio 9 - Gli stati dovrebbero collaborare al fine di rafforzare le capacitàendogene di crescita verso uno sviluppo sostenibile contribuendo a migliorare lacomprensione scientifica, attraverso scambi dì conoscenze scientifiche e tecnologi-che e accrescendo lo sviluppo, l'adattamento, la diffusione e il trasferimento di tecno-logie, incluse le nuove e ambientali.

Principio 10 - I temi ambientali vengono meglio affrontati con la partecipazionedi tutti i cittadini, ai livelli più significativi. A livello nazionale ogni individuodovrebbe avere libero accesso alle informazioni riguardanti l'ambiente, gestitedall'autorità pubblica, incluse le informazioni riguardanti i materiali pericolosi e leattività rischiose che si svolgono all'interno delle proprie comunità e le opportunità dipartecipare ai processi decisionali. Gli stati dovrebbero facilitare e incoraggiare laconoscenza, la consapevolezza e la partecipazione pubblica facendo in modo che leinformazioni siano alla portata di tutti. Dovrebbe inoltre essere permesso l'accessoagli atti giudiziari e amministrativi contenenti le sentenze riparatorie.

Principio 11 - Gli stati dovrebbero emanare una efficace legislazione ambientale.Le norme ambientali, gli obiettivi aziendali e le priorità dovrebbero corrispondere alcontesto ambientale e di sviluppo nel quale vengono applicati. Le norme applicate daalcuni paesi possono risultare inappropriate e insostenibili in termini di costi econo-mici e sociali in altri paesi, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

Principio 12 - Gli stati dovrebbero promuovere un sistema economico interna-zionale aperto e propositivo che permetta la crescita economica e lo sviluppo sosteni-bile in ogni paese, per meglio gestire i problemi di degrado ambientale. Le misuredella politica commerciale per scopi ambientali non dovrebbe costituire un mezzo diarbitraria e ingiustificata discriminazione o una restrizione nel commercio internazio-nale. Dovrebbero essere evitate le azioni unilaterali per trattare le sfide ambientali aldi fuori della giurisdizione degli stati importatori. Le azioni ambientali indirizzate aiproblemi ambientali, globali o sovranazionali dovrebbero essere basate, quanto piùpossibile, sul consenso internazionale.

Principio 13 - Gli stati dovrebbero sviluppare leggi nazionali riguardanti leresponsabilità civili e le indennità per le vittime dell'inquinamento e per altri danniambientali. Gli stati dovrebbero inoltre cooperare in maniera più rapida e determinataper sviluppare ulteriori leggi internazionali riguardanti le responsabilità civili e leindennità per gli effetti avversi di danni ambientali, provocati dalle attività inerenti laloro propria giurisdizione o su aree sotto il proprio controllo.

Principio 14 - Gli stati dovrebbero realmente cooperare per scoraggiare o preve-nire la ricollocazione e il trasferimento in altri paesi di qualsiasi attività e sostanzaprovocante gravi degradi ambientali o danni per la salute umana.

Principio 15 - Il criterio cautelativo dovrebbe essere largamente applicato daglistati in accordo alle proprie capacità con l'obiettivo di proteggere l'ambiente, La man-canza di una certezza scientifica completa non dovrebbe essere considerata una scusa

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I PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

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per ritardare le misure di prevenzione del degrado ambientale, qualora ci fosserominacce di danni gravi e irreversibili.

Principio 16 - Le autorità nazionali dovrebbero tentare di promuovere l'interna-zionalizzazione dei costi ambientali e il relativo uso di strumenti economici, tenendoin considerazione che l'inquinatore dovrebbe, in principio, sostenere i costi del disin-quinamento con il dovuto rispetto nei confronti dell'interesse pubblico e senza dan-neggiare il commercio e gli investimenti internazionali.

Principio 17 - La valutazione dell'impatto ambientale, dovrebbe essere adottatacome strumento nazionale per prefissate attività che, verosimilmente, potrebberoavere un impatto negativo sull'ambiente e perciò essere soggette al giudizio dell'auto-rità nazionale.

Principio 18 - Gli stati devono immediatamente informare gli altri stati in meritoa ogni disastro naturale o qualsiasi altra emergenza che probabilmente possa provo-care inaspettate conseguenze nocive sull'ambiente negli stati confinanti. Ogni sforzodeve essere compiuto all'interno della comunità internazionale al fine di aiutare glistati colpiti.

Principio 19 - I paesi devono fornire in tempo agli stati che li possono subire, lanotifica e le informazioni principali sulle attività che possono avere effetti ambientalidannosi sovranazionali essi devono consultarsi preventivamente e in buona fede.

Principio 20 - Le donne hanno un ruolo vitale all'interno della gestione e sviluppoambientale. La loro piena partecipazione è dunque essenziale per raggiungere lo svi-luppo sostenibile.

Principio 21 - La creatività, gli ideali e il coraggio dei giovani del mondodevono essere finalizzati a forgiare accordi globali per raggiungere lo sviluppo soste-nibile.

Principio 22 - Le popolazioni indigene, le loro comunità e le altre comunitàlocali hanno un ruolo vitale nella gestione e nello sviluppo ambientale in virtù delleconoscenze delle proprie attività tradizionali. Gli stati dovrebbero riconoscere e debi-tamente sostenere la loro integrità, la cultura e gli interessi e permettere la loro realepartecipazione per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile.

Principio 23 - Le risorse naturali e ambientali di popoli oppressi, sottomessi edominati devono essere protetti.

Principio 24 - La guerra è intrinsecamente distruttiva per lo sviluppo sostenibile.Gli stati devono perciò rispettare le leggi internazionali fornendo la protezione perl'ambiente nei periodi di conflitti armati e collaborando, secondo necessità, nei suoisviluppi successivi.

Principio 25 - La pace, lo sviluppo e la protezione ambientale sono interdipen-denti e indivisibili.

Principio 26 - Gli stati devono risolvere tutte le loro dispute e controversieambientali in modo pacifico e con mezzi appropriati in accordo con la Carta delleNazioni Unite.

Principio 27 - Gli stati e i popoli devono collaborare in buona fede e con spiritodi condivisione nel perseguimento dei principi enunciati in questa dichiarazione enell'ulteriore aggiornamento della legislazione internazionale nel campo dello svi-luppo sostenibile.

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