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A. IUPPA, G. CATANIA, S. SALLUZZO ERNIA EPIGASTRICA L’ernia epigastrica è una affezione chirurgica poco frequente: si calcola che rappresenti l’1,6-3,6% di tut- te le ernie addominali e lo 0,5-5% di tutte le ernie operate ma, essendo spesso asintomatica, si pensa che la vera incidenza sia più alta. Si presenta più frequen- temente negli uomini rispetto alle donne, con un rap- porto di 3:1. EZIOLOGIA La maggior parte delle ernie epigastriche vengono con- siderate lesioni acquisite, e come tali si presentano maggiormente negli anni lavorativi della vita. È rico- nosciuto dai più che a causare l’erniazione sia uno sfor- zo fisico; questo, però, non spiega l’origine di tutti i ti- pi di ernie epigastriche, particolarmente quelle precoci, che si possono presentare alla nascita o subito dopo. Anche se numerose teorie sono state proposte per spie- garne la causa, rimangono ancora delle controversie. Pollack, nel 1936, sosteneva che tutte le ernie epi- gastriche fossero congenite. Moschowitz, nel 1917, aveva messo in relazione la causa dell’ernia epiga- strica con la presenza di zone di minore resistenza della linea alba, causate dal passaggio di vasi sangui- gni e lobuli di grasso, nella parte anteriore della pare- te addominale che va dall’apofisi xifoide all’ombeli- co. Queste lacune vascolari si formano a causa dei piccoli vasi sanguigni che decorrono tra la fascia transversalis e il peritoneo e che perforano la linea al- ba. Una volta che i vasi perforano la fascia transver- salis, sono seguiti da fibre della fascia stessa, e si crea così un luogo di minore resistenza tra il peritoneo e la fascia. In relazione all’aumento della pressione en- doaddominale parte del grasso preperitoneale, deriva- to dal legamento falciforme, viene spinto nello spazio lungo i vasi sanguigni, perforando l’aponeurosi. In seguito a spinte intermittenti, croniche o acute, il di- fetto fasciale via via si allarga e si crea così l’ernia- zione. Solamente quando la dimensione dell’ernia au- menta si fa strada il grasso preperitoneale, in una ta- sca di peritoneo, e questo causa la comparsa di un ve- ro sacco erniario. 12 Ad avvalorare questa tesi sta il fatto che la maggior parte delle ernie sono costituite inizialmente sola- mente dal grasso preperitoneale e questo viene reper- tato costantemente. Infatti, diversamente da altri tipi di ernia, quelle epigastriche non possiedono sempre un vero sacco peritoneale. Nella maggior parte delle ernie il contenuto del sacco è costituito dall’omento; raramente sono stati riscontrati i visceri addominali, come lo stomaco, il piccolo intestino, il colon e il di- verticolo di Meckel. Un importante riscontro anato- mico è la presenza di un vaso sanguigno perforante, che si può trovare anche adiacente all’ernia. Un’altra teoria fa riferimento alla debolezza intrin- seca delle fibre della fascia. La linea alba è formata da fibre tendinee provenienti da tutti gli strati della guaina anteriore e posteriore del retto. Queste fibre, decussate con le fibre del lato opposto, da uno a tre, costituiscono l’aspetto anteriore o posteriore della li- nea alba. Askar (1977) osservò che le ernie epigastri- che si formano esclusivamente nei pazienti che non possiedono una triplice linea di decussazione: in que- sti pazienti si può osservare la sola linea anteriore e posteriore. La insufficiente decussazione delle fibre a livello della linea alba predispone quindi allo svilup- po dell’ernia epigastrica. In Germania, Korenkow e Troidl, effettuarono, nel 2001, uno studio biochimico e istologico su 93 cada- veri allo scopo di confermare la teoria di Askar ri- guardo i differenti livelli di decussazione delle fibre della linea alba. Ma trovarono che queste erano sem- pre irregolari, senza una costante decussazione delle fibre dell’aponeurosi. Fu osservata una significativa correlazione tra lo spessore e la densità delle fibre della linea alba e la sua resistenza alla trazione. Que- sti Autori proposero una nuova classificazione, divi- dendo la linea alba in relazione allo spessore delle fi- bre riscontrate: debole, intermedia e compatta; solo il tipo debole era predisposto all’ernia epigastrica. Rath e colleghi nel 1996 effettuarono su 40 cadave- ri un interessante studio anatomo-radiologico e bio- meccanico della linea alba, testandone la resistenza, la deformabilità e l’elasticità e confrontandola con i

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A. IUPPA, G. CATANIA, S. SALLUZZO

ERNIA EPIGASTRICA

L’ernia epigastrica è una affezione chirurgica pocofrequente: si calcola che rappresenti l’1,6-3,6% di tut-te le ernie addominali e lo 0,5-5% di tutte le ernieoperate ma, essendo spesso asintomatica, si pensa chela vera incidenza sia più alta. Si presenta più frequen-temente negli uomini rispetto alle donne, con un rap-porto di 3:1.

EZIOLOGIALa maggior parte delle ernie epigastriche vengono con-siderate lesioni acquisite, e come tali si presentanomaggiormente negli anni lavorativi della vita. È rico-nosciuto dai più che a causare l’erniazione sia uno sfor-zo fisico; questo, però, non spiega l’origine di tutti i ti-pi di ernie epigastriche, particolarmente quelle precoci,che si possono presentare alla nascita o subito dopo.Anche se numerose teorie sono state proposte per spie-garne la causa, rimangono ancora delle controversie.

Pollack, nel 1936, sosteneva che tutte le ernie epi-gastriche fossero congenite. Moschowitz, nel 1917,aveva messo in relazione la causa dell’ernia epiga-strica con la presenza di zone di minore resistenzadella linea alba, causate dal passaggio di vasi sangui-gni e lobuli di grasso, nella parte anteriore della pare-te addominale che va dall’apofisi xifoide all’ombeli-co. Queste lacune vascolari si formano a causa deipiccoli vasi sanguigni che decorrono tra la fasciatransversalis e il peritoneo e che perforano la linea al-ba. Una volta che i vasi perforano la fascia transver-salis, sono seguiti da fibre della fascia stessa, e si creacosì un luogo di minore resistenza tra il peritoneo e lafascia. In relazione all’aumento della pressione en-doaddominale parte del grasso preperitoneale, deriva-to dal legamento falciforme, viene spinto nello spaziolungo i vasi sanguigni, perforando l’aponeurosi. Inseguito a spinte intermittenti, croniche o acute, il di-fetto fasciale via via si allarga e si crea così l’ernia-zione. Solamente quando la dimensione dell’ernia au-menta si fa strada il grasso preperitoneale, in una ta-sca di peritoneo, e questo causa la comparsa di un ve-ro sacco erniario.

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Ad avvalorare questa tesi sta il fatto che la maggiorparte delle ernie sono costituite inizialmente sola-mente dal grasso preperitoneale e questo viene reper-tato costantemente. Infatti, diversamente da altri tipidi ernia, quelle epigastriche non possiedono sempreun vero sacco peritoneale. Nella maggior parte delleernie il contenuto del sacco è costituito dall’omento;raramente sono stati riscontrati i visceri addominali,come lo stomaco, il piccolo intestino, il colon e il di-verticolo di Meckel. Un importante riscontro anato-mico è la presenza di un vaso sanguigno perforante,che si può trovare anche adiacente all’ernia.

Un’altra teoria fa riferimento alla debolezza intrin-seca delle fibre della fascia. La linea alba è formatada fibre tendinee provenienti da tutti gli strati dellaguaina anteriore e posteriore del retto. Queste fibre,decussate con le fibre del lato opposto, da uno a tre,costituiscono l’aspetto anteriore o posteriore della li-nea alba. Askar (1977) osservò che le ernie epigastri-che si formano esclusivamente nei pazienti che nonpossiedono una triplice linea di decussazione: in que-sti pazienti si può osservare la sola linea anteriore eposteriore. La insufficiente decussazione delle fibre alivello della linea alba predispone quindi allo svilup-po dell’ernia epigastrica.

In Germania, Korenkow e Troidl, effettuarono, nel2001, uno studio biochimico e istologico su 93 cada-veri allo scopo di confermare la teoria di Askar ri-guardo i differenti livelli di decussazione delle fibredella linea alba. Ma trovarono che queste erano sem-pre irregolari, senza una costante decussazione dellefibre dell’aponeurosi. Fu osservata una significativacorrelazione tra lo spessore e la densità delle fibredella linea alba e la sua resistenza alla trazione. Que-sti Autori proposero una nuova classificazione, divi-dendo la linea alba in relazione allo spessore delle fi-bre riscontrate: debole, intermedia e compatta; solo iltipo debole era predisposto all’ernia epigastrica.

Rath e colleghi nel 1996 effettuarono su 40 cadave-ri un interessante studio anatomo-radiologico e bio-meccanico della linea alba, testandone la resistenza,la deformabilità e l’elasticità e confrontandola con i

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materiali protesici usati più frequentemente nel tratta-mento dei difetti della parete addominale. Furono stu-diati i cambiamenti della dimensione e la larghezzadella linea alba normale, in rapporto all’età del pa-ziente, al sesso e anche alla localizzazione dell’erniaal disopra, o al disotto o vicino l’ombelico. Questostudio biomeccanico mostrò che la regione sotto-om-belicale possedeva un coefficiente di elasticità mag-giore di quello della porzione sovraombelicale, manon fu riscontrata nessuna differenza significativanella resistenza tra le diverse parti studiate.

Un’altra teoria sostenuta da Ponka (1980) suggeri-sce che queste ernie si formino nel luogo di penetra-zione di uno delle cinque paia di fasci neuro-vascola-ri che attraversano la fascia. Altri, come Lang e col-leghi (2002), individuano il ligamentum teres come lasede della debolezza della parete.

Ci sono, comunque, pochi dubbi che la tensione ec-cessiva contribuisca alla formazione dell’erniazione.Questo è avvalorato dalle osservazioni che ernie epi-gastriche si manifestano più frequentemente in sog-getti che svolgono attività lavorative o sportive pe-santi. Ponka e colleghi (1980), studiando l’età di in-sorgenza dell’ernia epigastrica in 235 pazienti, osser-varono che la maggior parte delle ernie si manifesta-vano tra la terza e la quinta decade di vita, anche seesistevano insorgenze dell’ernia dopo la sesta decade.Queste osservazioni suggeriscono che le ernie epiga-striche sono una condizione da mettere in stretto rap-porto con l’attività fisica di un individuo e non conuna malattia degenerativa, come gli altri tipi di ernia.

CENNI DI CLINICALa maggior parte delle ernie epigastriche si presenta-no sotto forma di una tumefazione mediana di dimen-sioni comprese tra i 15 e i 25 mm. Il paziente in gene-re lamenta una protuberanza più o meno dolorosa nel-l’addome superiore. Il dolore spesso viene esacerbatodalla tosse, dalla tensione e dall’attività fisica vigoro-sa. L’ernia epigastrica viene a volte erroneamente dia-gnosticata come lipoma, neurinoma o altro tumoresottocutaneo, dato che raramente aumenta con i colpidi tosse. In questi casi il colletto è spesso stretto (5-8mm) e il contenuto è rappresentato da grasso preperi-toneale, al di fuori di un vero sacco, mentre il conte-nuto più comune nel sacco dell’ernia è costituito dalgrasso epiploico e dal legamento rotondo del fegato.Nel paziente obeso la diagnosi può risultare difficile.

Quando l’orifizio è più ampio, tra i 2 e i 5 cm, ilsacco sarà più voluminoso, il suo aumento di volumecon la tosse meglio apprezzabile e la sintomatologiadolorosa più evidente. Il paziente può presentare an-che una varietà di sintomi che possono essere il risul-tato dell’incarceramento dell’omento, dell’intestino edi altre strutture intraddominali.

A volte la tumefazione può sembrare originarsi insede paramediana; in questi casi si tratta egualmentedi un’ernia epigastrica. Per il chirurgo è importantesapere che ben il 20% delle ernie epigastriche sonomultiple: la ricerca di eventuali altri sacchi deve es-sere sempre eseguita nel preoperatorio o durante l’in-tervento stesso.

La diagnosi è posta nella maggior parte dei casi conil semplice esame fisico; è importante comunque lapalpazione accurata dei margini del difetto. Dovreb-be essere annotata sempre la riducibilità.

Di solito l’intervento si rende necessario per la pre-senza di dolore e di disturbi funzionali dopo uno sfor-zo, di un sacco abbastanza evidente, o in caso distrozzamento. Dubbi sulla necessità di un interventochirurgico indifferibile sorgono in caso di ernie asin-tomatiche molto piccole in soggetti giovani o a ri-schio (età, obesità, ipertensione portale). In questisoggetti è consigliabile un controllo periodico.

A causa del rischio che la sintomatologia lamentatadal paziente sia causata da una patologia intraddomi-nale più seria e non dall’ernia, è consigliabile esegui-re, prima dell’intervento, un’ecografia della colecisti,una esofago-gastro-duodenoscopia e una TC.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

TECNICA OPEN

Per la riparazione di piccoli difetti una incisione tra-sversa risulterà esteticamente meno visibile. Un’incisio-ne longitudinale mediana è preferibile nel caso sianostati riscontrati difetti multipli o per riparare difetti gran-di, complessi o recidive, dove sia richiesta una esplora-zione di un segmento esteso della linea alba. È consi-gliabile marcare con penna dermografica prima dell’in-tervento, con il paziente in piedi, la sede dell’ernia.

Le piccole ernie epigastriche nei bambini tendonoin genere a regredire. Un approccio di attesa nei bam-bini asintomatici può essere appropriato in casi sele-zionati.

Una piccola ernia epigastrica (0-2 cm) può esserechiusa primariamente con una sutura a punti staccaticon filo non riassorbibile, salvo che nei bambini, doveè preferibile usare fili riassorbibili (Fig. 1). È impor-tante ricordare che, nel 20% dei casi, possono essere ri-scontrati difetti multipli e quindi è necessario identifi-carli tutti. Molti chirurghi ritengono che l’alta percen-tuale di recidive, in pazienti trattati con la semplice tec-nica di sutura, è il risultato di un aumento del diametrodi difetti multipli non evidenziati precedentemente. Pa-zienti selezionati, con piccoli difetti, possono esseretrattati in anestesia locale in regime di Day Surgery. Idifetti più grandi o complessi, con strutture incarcerate,richiederanno di solito un’anestesia generale.

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Quando l’intervento effettuato è open, la dissezioneva effettuata direttamente lungo i bordi del sacco a li-vello della fascia. Essa viene liberata dal grasso perun breve tratto per facilitare l’esposizione. Se il sac-co è riducibile e il contenuto non è incarcerato, non ènecessario aprirlo ed esso può essere introflesso e ri-posizionato in addome. Se il contenuto incarcerato èrappresentato dal grasso preperitoneale o dall’omen-to, questi devono essere mobilizzati, legati o resecati.Nel caso sia incarcerato l’intestino o gli altri organi,questi devono essere ispezionati per controllare iltransito e trattati di conseguenza.

Nelle ernie di piccole dimensioni, come preceden-temente affermato, è sufficiente una semplice suturadella linea alba. La chiusura dovrebbe essere diretta ariparare esclusivamente il difetto, perché quando laporta erniaria viene ampliata, necessita di una chiu-sura più complessa, con ulteriori punti di sutura late-ralmente alla linea alba. I punti saranno dapprimapassati e poi annodati. I foglietti anteriori delle guai-ne del retto, compresa la linea alba, vengono suturati,con punti staccati o in continua, in materiale non rias-sorbibile.

Studi randomizzati hanno dimostrato come la sutu-ra continua determini una percentuale inferiore di re-cidive rispetto a quella eseguita a punti staccati e chei fili monofilamento di calibro elevato provocano ra-ramente deiscenze e pochissime complicanze infetti-ve.

Nei difetti maggiori è necessaria una più ampia in-cisione longitudinale della linea alba. Si può eseguireun rinforzo della sutura della porta erniaria medianteun raddoppiamento dei foglietti anteriori delle guainedel retto (Fig. 2). La serie inferiore dei punti a U de-ve essere passata sotto controllo visivo e questi van-no fissati successivamente. Dopo aver completato lasutura, i fili vengono annodati uno dopo l’altro, evi-

tando le interposizioni di tessuto adiposo. Il marginelibero rimasto viene fissato con punti staccati al cor-rispondente foglietto anteriore della guaina del retto.Un drenaggio sottocutaneo in aspirazione può esserelasciato, per evitare eventuali ematomi o sieromi.

Nei grandi difetti non è spesso possibile eseguireuna sovrapposizione dei margini, secondo Mayo, sen-za provocare una significativa tensione sulla sutura. Idifetti superiori ai 3 cm richiedono, pertanto, l’impie-go di una protesi retromuscolare non riassorbibile, co-me nei laparoceli, per realizzare una riparazione sen-

Figura 1. Piccola ernia epigastrica: affondamento del sacco con borsa di tabacco (a) e sutura semplice a punti staccati (b).

Figura 2. Raddoppiamento dei foglietti anteriori della guai-na anteriore del muscolo retto necessaria nei difetti più ampi.

a b

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za tensione. Un’incisione cutanea, intorno ai 6 cm dilunghezza, permette di aprire verticalmente la lineaalba e di liberare il grasso preperitoneale, esponendola fascia per circa 2-3 cm circa attorno al difetto. Unavolta liberato il sacco, questo va aperto, svuotato delsuo contenuto, resecato e richiuso con filo riassorbi-bile e quindi ridotto in profondità. Si passa quindi al-la preparazione del margine mediale della guaina deimuscoli retti, per almeno 3 cm attorno al sacco. Sideve, a questo punto, controllare che non ci siano al-tre ernie, soprattutto ombelicali. Dopo aver liberatoaccuratamente la fascia posteriore, questa va sutura-ta con un sopraggitto con un filo monofilamentoriassorbibile n° 0. In questo piano, posteriormente aimuscoli retti, va inserita la protesi, che va posiziona-ta almeno 4 cm al disopra e al disotto della sede del-l’ernia e lateralmente fino al margine esterno del mu-scolo retto. La protesi va fissata con dei punti tran-sfasciali, in materiale riassorbibile. La guaina ante-riore dei retti viene chiusa a sopraggitto in filo mo-nofilamento riassorbibile. In caso di dissezione diffi-coltosa, può essere necessario lasciare un drenaggioin aspirazione posteriormente ai muscoli retti, per24-48 ore.

Una variante a questo tipo di intervento prevedel’utilizzo di protesi in PTFE (Mycromesh®) in posi-zione preperitoneale, suturata con punti a U non rias-sorbibili monofilamento (Gore-Tex o polipropilene).

Possono essere usate, nei difetti inferiori ai 10 cm,anche le recenti protesi tridimensionali PHS (ProleneHernia System) che incorporano tre mesh in una: unaprotesi ovale superiore e una protesi circolare piùbassa con un cilindro che le connette. La protesi cir-colare più bassa viene posizionata nel preperitoneo,dopo aver superato l’anello erniario, senza punti, inmodo che la pressione intraddominale la possa spin-gere contro la parete. Il connettore cilindrico permet-te alle due protesi di non essere dislocate. La protesisuperiore provvede a rafforzare l’anello e il difetto er-niario, riducendo la possibilità di possibili recidive.

È stato proposto anche l’uso di Plug di varie di-mensioni da solidarizzare ai margini del difetto ernia-rio mediante una serie di punti, nelle ernie con collet-to piccolo.

TECNICA LAPAROSCOPICALa tecnica laparoscopica è indicata per riparare i di-fetti più grandi, che non possono essere chiusi prima-riamente senza tensione, e i difetti vicini al marginecostale (o di confine).

Posizione del paziente e dell’équipe chirurgica

Il paziente va posto in posizione supina e il chirurgosta in piedi sul lato sinistro del paziente.

Posizione dei trocar

L’accesso laparoscopico iniziale è di 10 mm e vieneeffettuato con un trocar ottico sulla linea ascellaremedia, all’incrocio con la linea ombelicale trasversa.Per questo accesso viene utilizzata un’ottica a 0° cheverrà sostituita con una a 30°, più adatta a interventisulla parete addominale, in quanto permette una mi-gliore visualizzazione della parete e del difetto. Dueaccessi supplementari da 5 mm sono necessari per in-trodurre gli strumenti per afferrare e sezionare. Que-sti vengono posizionati lateralmente all’ottica (Fig.3), in modo che questa rappresenti la bisettrice di unangolo formato dal prolungamento ideale dei trocarlaterali. Questo angolo, per rispettare la corretta ergo-nomia, dovrebbe essere quanto più possibile vicino ai90° (Fig. 4), cosa non sempre possibile in questo tipodi intervento. Rispetto a un intervento per laparocelemediano, dove spesso è necessario restare quanto piùpossibile laterali con i trocar per risparmiare spazioprezioso, nell’ernia epigastrica, per le dimensioninormalmente ridotte e la posizione costante nell’e-miaddome superiore, è possibile, e anche convenien-te, spostare il trocar di sinistra un po’ più sulla lineamediana. In tal modo la posizione delle braccia delchirurgo risulterà più naturale e quindi più conforte-vole. Un altro elemento da tenere in considerazione èla posizione del monitor che, come regola generale di

Figura 3. Posizione dei trocar: sono necessari 2 trocar da5 mm e uno da 10 mm. Data la posizione dell’ernia epiga-strica, il trocar inferiore può essere spostato medialmente.

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chirurgia laparoscopica, va posizionato di fronte alchirurgo sulla continuazione ideale della bisettricecostituita dall’ottica.

Tecnica chirurgica

Come prima accennato, queste ernie contengono l’o-mento che può essere ridotto facilmente con una trazio-ne delicata, manovra facilitata dallo pneumoperitoneo.La dissezione delle aderenze all’interno del sacco ècompiuta con una tecnica ambidestra: una mano appli-ca una trazione interna sull’omento, mentre l’altra ma-no libera le aderenze dei tessuti. L’intestino incarceratodovrebbe essere maneggiato similmente, evitando peròla trazione diretta sul viscere, ma spostandolo con ilmargine dello strumento. La tecnica laparoscopica la-scia spazio a una facile ed estesa ispezione dell’intesti-no, e anche a un’eccellente visualizzazione dell’interasuperficie interna della parete addominale anteriore, co-sicché tutti i difetti possono essere identificati, anchequelli non clinicamente evidenti.

La tecnica laparoscopica di chiusura di un difettoerniario non può prescindere dall’utilizzo di materia-li protesici. Numerosi materiali sono stati descritti peressere impiantati in posizione intraperitoneale; chiscrive preferisce usare un prodotto di politetrafluo-roetilene espanso (Dual Mesh Plus con microfori) chesi è dimostrato avere una bassa incidenza di forma-zione di aderenze con i visceri oltre che una buona at-tività batteriostatica. La preparazione della parete ad-dominale deve essere molto meticolosa, sia per il ri-conoscimento di difetti non individuati clinicamente,sia per la necessità di scoprire una porzione di paretesufficiente per l’impianto della mesh. Ricordiamo in-fatti che in una grande maggioranza di casi esiste un

prolasso del legamento rotondo del fegato dentro ildifetto erniario (Figg. 5-8), con la formazione di lipo-mi pre-erniari anche di grosse dimensioni. Questa si-tuazione anatomica va riconosciuta e il lipoma ridot-to in cavità addominale per evitare che una volta im-piantata la protesi si formi un fastidioso rigonfiamen-to dolente che simula una recidiva. La sezione del le-gamento rotondo del fegato e lo scollamento del le-gamento falciforme dalla parete addominale è pertan-to necessario. Tale sezione può essere controllata conclip, cappi di legatura, cauterio o con ultrasuoni.

Una volta che il difetto è preparato per fissaggiodella mesh deve essere misurato. La parete anterioreaddominale deve essere marcata attentamente percreare una mappa dei bordi del difetto; tale marcatu-ra può essere eseguita provocando un ballottamento,mentre si osserva il movimento della parete addomi-nale attraverso il laparoscopio. Una volta che i bordisono marcati, quattro aghi da spinale sono infissi aiquattro punti cardinali del difetto, e serviranno comerepere nell’impianto protesico. Viene quindi sceltauna mesh di dimensioni adeguate, che superi almenodi 3-4 cm i margini del difetto di parete; quattro segnivengono marcati, anche qui, nei punti cardinali dellaprotesi, con penna dermografica sterile. La pressioneintraddominale viene ridotta a 7-8 mmHg in modo dapermettere il corretto posizionamento della protesi.

La nostra tecnica non prevede l’uso di suture di fis-saggio alla parete addominale, potenzialmente algoge-ne. La mesh viene arrotolata come un sigaro e inseri-ta attraverso il trocar da 10 mm. Se la mesh arrotolataè troppo grande per essere inserita attraverso il trocarquesto può essere rimosso e la mesh è introdotta at-tentamente attraverso il percorso creato dal trocar.Una volta distesa, la protesi viene fissata con due spi-

Figura 4. Posizione ergonomica: l’ottica e il monitor stan-no nella bisettrice dell’angolo formato dagli accessi ope-ratori.

Figura 5. Prolasso del legamento rotondo del fegato nel di-fetto erniario che nasconde un grosso lipoma.

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Figura 8. Sequenza TAC che dimostrala presenza di un lipoma nel sito di er-nia epigastrica.

Figura 6. La trazione sul legamento rotondo mette in evi-denza il lipoma che va sempre ricercato.

Figura 7. La dissezione è quasi ultimata: si noti la discre-panza tra il difetto erniario e il voluminoso lipoma che oc-cupava il sacco.

rali in titanio al segnale nord e sud della protesi stessae della parete, dove erano stati disposti gli aghi. In talmodo la mesh risulterà fissata come una tenda (Fig. 9)lungo l’asse maggiore, qualunque sia la sua dimensio-ne; sarà quindi sufficiente fissare gli altri due punticardinali per poter completare comodamente l’im-pianto della protesi con le altre spirali (Fig. 10).

Nel caso in cui si opti per la tecnica che prevede ipunti transfasciali, quattro fili di sutura, in monofila-mento non riassorbibile, vengono posti alla periferiadella mesh. La superficie dell’addome è marcata, conpenna dermografica, ai quattro punti cardinali del di-fetto, che serviranno per orientare la mesh una voltadistesa. Se la mesh ricopre il margine costale, tutte lequattro suture sono poste sotto i margini costali. Nonsuggeriamo il posizionamento delle suture attraversoil diaframma e tra le costole per assicurare la meshper evitare la possibile insorgenza di pneumotorace odi emorragie dai vasi intercostali. Le suture devonoessere abbastanza lunghe per essere annodate al diso-

pra della fascia una volta che la mesh è posizionataall’interno dell’addome.

La mesh viene quindi dispiegata e orientata. Quattropiccole incisioni vengono eseguite nella superficie cu-tanea, per il passaggio delle suture, nei punti preceden-temente marcati. Esistono molti strumenti disponibiliin commercio per effettuare la sutura; in genere consi-stono in aghi modificati in modo da permettere il pas-saggio dei fili attraverso la parete addominale. Le su-ture vengono affondate singolarmente sotto la cute at-traverso ogni incisione precedentemente eseguita, co-sicché i nodi si posizioneranno nel sottocute contro lafascia anteriore. La mesh viene assicurata, lungo la suaperiferia, con clip in titanio a intervalli di 1 cm.

TRATTAMENTO POSTOPERATORIOIl controllo del dolore rappresenta il problema princi-pale che condiziona la possibilità del paziente di esse-re dimesso precocemente. I pazienti con piccole ernie,

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che vengono chiuse con sutura diretta, di solito posso-no essere dimessi nello stesso giorno dell’intervento,così come quelli con piccoli e moderati difetti trattatiin laparoscopia. Peraltro, l’intervento in laparoscopiapuò essere associato a un significativo disagio, in re-lazione all’uso della CO2 e alla conseguente irritazio-ne del nervo frenico e può essere utile allungare il ri-covero per controllare il dolore. Quando è stata neces-saria una manipolazione significativa dell’intestino, enei pazienti operati in laparoscopia, e quindi con pro-

tesi intraperitonale, è consigliabile seguire i pazientiin ambiente ospedaliero per 24-48 ore e comunque fi-no alla ripresa dei movimenti intestinali.

Dopo la dimissione, i pazienti devono essere inco-raggiati a riprendere le normali attività quotidiane.L’attività intensa, l’esercizio fisico e il sollevare og-getti pesanti possono essere ripresi in maniera gra-duale quando il disagio derivato dall’intervento si siacompletamente risolto.

Figura 9. Indipendentemente dalle dimensioni della mesh,una volta fissati i punti nord e sud, questa rimarrà sottesa “atenda” rendendo semplice ogni ulteriore manovra di anco-raggio.

Figura 10. Si fissa la mesh nei punti est ed ovest: in tal mo-do, con solo 4 spirali, la protesi è completamente stesa con-tro la parete addominale.

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