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IN PRIMO PIANO I grandi concerti abbandonano Cagliari: per quest’estate ancora nessun programma L’INTERVISTA Parla il regista Salvatore Mereu: “Sogno un’isola che faccia del cinema una grande industria” REPORTAGE Viaggio nel cimitero monumentale di Bonaria dove le statue si sgretolano 13 MARZO 2012 NUMERO 14 Con Rossella

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La rivista di approfondimento delle province di Cagliari, Sulcis e Medio Campidano

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IN PRIMO PIANOI grandi concerti abbandonano Cagliari: per quest’estate ancora nessun programma

L’INteRvIstAParla il regista Salvatore Mereu: “Sogno un’isola che faccia del cinema una grande industria”

RePORtAGeViaggio nel cimitero monumentale di Bonaria dove le statue si sgretolano

13 MARZO 2012NUMeRO 14

Con Rossella

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La forza delle idee di Guido Garau

Non faremo dichiarazioni d’intenti (il giornale che avete in mano è la migliore dimostrazione di ciò che abbiamo in animo di fare), né particolari promesse – siamo sardi, e dunque riservati e schi-vi. Oggi, però, lasciateci far festa: CagliariPad è diventato adulto. Senza troppi proclami, alimentato da un lavoro quotidiano e co-stante, artigianale, silenzioso, mosso dalla cocciuta volontà dei nostri giornalisti (tutti molto giovani, audaci, preparati e bravissi-mi) il giornale nasce oggi per la seconda volta.

Siamo partiti con un quindicinale di sedici pagine, distribuito in città e provincia in 10mila copie; nascevamo come costola di Vendesi, il giornale di annunci immobiliari. Formula ibrida inu-suale che si è rivelata vincente, ‘ché ci ha permesso di avere una solida base di pubblico ed economica da cui partire.

Dopo una fase sperimentale di sei mesi oggi siamo autonomi: ci stacchiamo da Vendesi con un prodotto che raddoppia le pagine, gli articoli, gli approfondimenti, le responsabilità e l’impegno. Vorremmo raccontare il territorio con uno sguardo diverso: an-dando al cuore di alcune tematiche, individuando temi chiave da sviscerare e analizzare a fondo, cercando di avere un unico inte-resse: quello del lettore.

Nato per volontà di due giovani imprenditori che hanno come mission aziendale la qualità e l’innovazione, CagliariPad è un pro-getto editoriale importante che si affaccia sul panorama dell’in-formazione sarda. Ha la speranza di diventare il vostro giornale.

In questo numero parliamo di cultura. In città e dintorni le cose non vanno affatto bene. La stagione concertistica è in alto mare. L’anfiteatro romano ha chiuso e nessun altro spazio è stato in-dividuato per sostituirlo: la movida intellettuale si riversa un po’ spaesata per le strade della Marina. Il Poetto è out, il molo Ichnu-sa aspetta i turisti, il teatro langue, il Cimitero monumentale di Bonaria, ricco di opere d’arte, cade a pezzi, i musei nascono ma spesso restano vuoti.

Per amare la cultura – diceva Pasolini - occorre una forte vitalità. Per realizzare prodotti culturali a volte servono molti soldi, altre volte basta un progetto serio.

INDICE

Il teatro di prosa languemanca una programmazione seria

di Laura Puddupag. 6

Corona Arrubiaun museo che non riesce a fare rete

di Claudia Sarritzupag. 8

Il raccontola nuova rubrica che cerca anche voi

di Alessio Coccopag. 24

Il personaggiostoria di Bob Marongiu

di Alessandra Ghianipag. 26

Ayò a Baruminicon un omaggio al professor Lilliu

di Alessandra Ghianipag. 28

Pag. 4: Le notti calde della Marinala città alla ricerca di un po’ di cultura

di Carlo Poddighe

EDITORIALE

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I grandI concertI sI spostano nell’hInterlandmassIdda: no al molo. e zedda pensa al sant’elIa

di Maria Grazia [email protected]

Sembra difficile da credere eppure siamo già a marzo inoltrato e a Cagliari, città turistica per eccellenza, non è previsto ancora nessun concer-to per la prossima estate. L’unico in programma è quello di JAx, che si terrà il prossimo 9 giugno alla fiera campionaria, per il resto il palinsesto estivo è ancora vuoto. Il problema sembre-rebbe legato alla mancan-za di uno spazio idoneo per ospitare i grandi spettacoli. Motivo per cui sia il comu-ne di Quartu che quello di Quartucciu si sono propo-sti per ospitare i concerti nei loro spazi. Sia l’Arena beach del Margine rosso che lo stadio di Quartucciu potrebbero infatti essere utilizzati per accogliere i grandi eventi.

Questo porterebbe ov-viamente a spostare tutti i grandi concerti nell’hin-terland cagliaritano. Ma di fronte a questa possibilità l’assessore alla Cultura del Comune di Cagliari, Enrica

Puggioni, frena: “I concerti rimarranno a Cagliari – ha dichiarato – almeno questo è quello che speriamo. Mi rendo conto che è marzo e non ci sono risposte defini-tive, stiamo però lavorando per dare soluzioni imme-diate”. L’assessorato ha

infatti invitato tutti gli opera-tori culturali e di spettacolo ad un incontro che si terrà nei prossimi giorni e solo allora si saprà qualcosa in più del luogo che potrà ospitare i concerti a Caglia-ri per la prossima estate. “C’è una concreta possibi-lità che stiamo studiando a fondo di cui purtroppo non posso ancora parlare – ha aggiunto l’assessore Puggioni - preferisco non anticipare nulla. Stiamo valutando diverse ipotesi e

studiando le decisioni mi-gliori per la prossima sta-gione concertistica”.

Le proposte avanzate da Quartu e Quartucciu. La prima candidatura per ospi-tare i concerti della prossi-ma estate è arrivata poco

più di un mese fa dal co-mune di Quartucciu.

Carlo Murru, ormai ex sin-daco, si è detto infatti pron-to ad accogliere i grandi spettacoli estivi nello stadio di via delle Serre, di fronte all’ipermercato Carrefour. Un impianto sportivo che dovrebbe arrivare a con-tenere 18 mila spettatori. I lavori dovrebbero iniziare subito e terminare a mag-gio. “Molti organizzatori si sono già fatti sentire – ha

dichiarato solo qualche giorno fa Carlo Murru – an-che a causa del fatto che Cagliari non ha al momen-to spazi adatti ad ospitare i grandi concerti. Ci sono quindi i presupposti per cui gli spettacoli si spostino nell’hinterland cagliaritano. Noi come comune dell’a-rea vasta sosteniamo que-sta idea. Concentrare tutto nel centro di Cagliari crea spesso molte difficoltà, per questo molte strutture stan-no già sorgendo nei comu-ni limitrofi”.

Così parlava il sindaco Murru solo qualche giorno fa, naturalmente oggi con lo scioglimento del Comune dovuto alle dimissioni di 11 consiglieri non sappiamo quale futuro avrà questo progetto. Rimane, invece, ancora in piedi la possibilità di ospitare i grandi spetta-coli estivi nell’Arena beach del Margine Rosso. Dopo il successo dell’anno scorso di Mondo Ichnusa è ormai quasi ufficiale che anche quest’anno l’Arena di Quar-tu ospiterà la festa della birra sarda che tra l’altro fe-steggia il suo centenario.

“Quest’anno si prevede un cast ancora più esplo-sivo – ha dichiarato Anto-nello Picci, capo dell’ufficio di Gabinetto del comune di Quartu – e noi daremo alla Heineken, proprietaria della Ichnusa, un grosso supporto tecnico-logistico. Sembrano quindi superati tutti i problemi che l’anno

L’estate è alle porte, ma a Cagliari non è previsto alcuno spettacolo per la prossima stagione.L’unico in programma è quello di JAx, che si terrà il prossimo 9 giugno alla fiera. Poi il buio

PRIMO PIANO

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scorso avevano portato la polizia municipale a mette-re i sigilli sullo spazio rica-vato nella spiaggia di Quar-tu a causa della mancanza di alcune autorizzazioni.” Rispetto ai problemi che si erano verificati l’anno scor-so – ha aggiunto Antonello Picci - sono state fatte le perizie da esperti, è vero che c’è una compressione della sabbia e dei cespu-gli ma i danni non sono permanenti. L’anno scorso la soprintendenza ai Beni culturali ha avuto da ridire ma per quest’anno si sono mostrati molto disponibili. Il palco sarà posizionato in modo da non creare nes-sun danno”. Il Comune di Quartu si dichiara perciò disponibile non solo ad ospitare il Mondo Ichnusa ma ad accogliere anche al-tri spettacoli estivi, sempre che il comune di Cagliari non abbia in serbo un luo-go segreto che potrebbe finalmente diventare una struttura stabile per grandi concerti che ancora manca in una grande città come Cagliari.

Potrebbe essere il par-cheggio “cuore” di Sant’Elia ad ospitare i grandi concerti? Forse.

Il Comune di Cagliari ha chiesto la disponibilità al presidente dell’Authority portuale Piergiorgio Mas-sidda di poter utilizzare, probabilmente per allestire i grandi concerti della pros-sima estate, il parcheggio “cuore” che si trova vicino

allo stadio Sant’Elia, gesti-to in parte dall’Authority e in parte dal comune.

“Ho sentito dal sinda-co Zedda – ha dichiarato Piergiorgio Massidda – che il parcheggio “cuore” po-trebbe essere il nuovo spa-zio da destinare ai grandi concerti. È assurdo infatti che Cagliari quest’anno non abbia ancora un pro-gramma di spettacoli”. Per quanto riguarda, invece, il molo Ichnusa è da esclude-re che possa diventare uno spazio per ospitare grandi eventi come è accaduto fino a qualche anno fa. “Il molo – ha aggiunto il presi-dente dell’Authority – non è adatto per accogliere gran-di concerti anche perché non può sostenere grosse quantità di persone”.

Piergiorgio Massidda è disposto a dare piena di-sponibilità al comune di Cagliari per l’utilizzo dello spazio “cuore” ma non per il molo Ichnusa visto che vuole farlo diventare un punto di approdo per gli yachts con tanto di piazza verde, bar e ristoranti sul modello di Porto Cervo. Per il presidente dell’Au-thority infatti i concerti pos-sono essere fatti in grandi spazi come il campo di Quartucciu ma non in zone che potrebbero essere uti-lizzate tutto l’anno per dare ricchezza alla città e lavoro ai giovani. “Nella zona del porto – ha aggiunto infatti il presidente Massidda – si possono fare piccoli spet-tacoli ma non ospitare oc-

casionalmente un grande concerto”. Pertanto secon-do quanto progettato dal presidente dell’Authority, il molo Rinascita ospiterà le grandi navi da crociera e nascerà a Cagliari l’Ho-me-port che permetterà di imbarcarsi da Cagliari per partire in uno dei tour del Mediterraneo, quale occa-sione migliore per far trova-re ai turisti uno spazio ac-cogliente con bar, ristoranti e locali. Il molo Ichnusa di-venterà invece una grande piazza sul mare che acco-

glierà gli yachts e le piccole navi da crociera.

“È assurdo – ha concluso Piergiorgio Massidda – che a Cagliari non ci sia una struttura stabile per i gran-di concerti. Secondo me è stato un errore anche chiu-dere l’Anfiteatro romano, bastava metterlo in sicu-rezza. L’Autorità portuale è disponibile a dare un aiuto alla città però bloccare certi spazi per fare eventi spora-dici non è funzionale”. •

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L’INCHIESTA

di Carlo [email protected]

Quest’estate a mancare in città non saranno solo le strutture adatte ad ospita-re i grandi eventi di musica del vivo. Per la prima volta da decenni, mancheranno anche gli spazi per i piccoli concerti delle band cittadine.

Tutti quegli spettacoli che sino all’anno scorso venivano organizzati ogni sera dai diversi chioschetti del Poetto difficilmente sa-ranno riproposti quest’an-no. I chioschi non ci sono più. Le nuove strutture ri-movibili, previste dal Piano di utilizzo del litorale (Pul) del Comune, sono ancora lontane dal vedere la luce. Quando anche saranno costruite e pienamente operative, difficilmente po-tranno occupare ulteriori spazi, più di quelli previsti sempre dal rigido Pul, da destinare alle strumenta-zioni per la musica dal vivo o agli spettatori del con-certo.

Per fortuna rimane la Marina, o purtroppo. Que-stione di punti divista. La Marina è in assoluto il quartiere principe della movida notturna cittadina soprattutto nella bella sta-gione. Grazie anche alla pedonalizzazione di gran parte delle vie, richiama ogni sera tanti cagliaritani e turisti per le strette stra-dine che scendono verso via Roma. Nelle sue picco-

le piazze, negli anni, i loca-li che apparecchiano all’a-perto i loro tavoli hanno proposto piccoli concerti ai propri clienti e ai frequen-tatori del quartiere. Anche la nuova ammini-strazione comunale vede il rione storico come un grande palcoscenico all’a-perto. Basti pensare che la Marina è stato eletto come centro del capodanno dif-fuso organizzato dalla

Giunta Zedda che ha or-ganizzato tanti piccoli mo-menti musicali nelle sue diverse piazze.

Ma non tutti sono favore-voli a questa visione delle notti estive in centro città. Proprio l’estate scorsa è esplosa la guerra fra chi anima le sere del quar-tiere, gestori di locali e visitatori, da una parte, e residenti, dall’altra, osses-

Le notti caLde deLLa marinaNella città rimasta senza spazi per la musica i ragazzi della movida si impossessanodel quartiere più chic della città. Ma scoppia la battaglia tra gestori di locali e residenti

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CAGLIARIpad.itANNO II • Numero 14 13 marzo 2012

EditoreGCSGreen Comm Services S.r.l.

Direttore responsabileGuido Garau

Hanno collaborato:Alessandra GhianiLexaCarlo PoddigheLaura PudduMaria Grazia PuscedduClaudia SarritzuMichela Seu

FotografieAlessandra Ghiani

Progetto graficoe impaginazioneCesare Giombetti

VignetteBob Marongiu

StampaGrafiche Ghiani • Monastir

Sede legaleVia Giotto, 5 • 09121 • Cagliari

RedazioneLargo Carlo Felice, 1809124 [email protected]. 070.3321559 • 366.4376649Autorizzazione Tribunale di Cagliari15/11 del 6 settembre 2011

sionati dal chiasso che si protrae sino a tarda notte, facendo perdere a mol-ti sonno e ragione. Una guerriglia fatta di minac-ce reciproche, secchiate d’acqua dalle finestre, scampanellate notturne, sino ad episodi clamorosi come quando un abitante del rione, esasperato dal rumoroso concerto sotto casa, era uscito nudo in balcone, iniziando a lan-ciare bottiglie di plastica contro gli spettatori.

Alla Marina si sono co-stituiti addirittura due co-mitati di quartiere contro gli eccessi della movida: “Nessun dorma” e “Rumo-re, no grazie”. Già dai nomi si capisce che promettono guerra a Comune e gesto-ri di locali se, anche nella prossima stagione, le notti del quartiere saranno delle serate di musica e diverti-mento che non terranno in debito conto le esigenze dei residenti. «Quello che chiediamo e che venga fi-nalmente attuato il Piano acustico comunale», spie-gano dal comitato “Nes-sun dorma”. «Vogliamo che la Marina, che adesso dal Piano risulta essere catalogata Classe III, ven-ga dichiarata Classe II: area destinata ad uso pre-valentemente residenzia-le, con maggiori limiti alla produzione del rumore».

Gli stessi gestori dei lo-cali sono rimasti prova-ti dai forti contrasti con i residenti avvenuti lo scorso anno e pensano di ridimensionare rispetto al passato le proposte di musica dal vivo nel quar-tiere. L’intenzione è di or-ganizzare pochi appunta-menti e non più quotidiani, lasciando spazio, invece,

all’iniziativa dei singoli impresari, senza espor-si così in prima persona. Meno concerti e, quei po-

chi, organizzati da chi fa musica per mestiere e con il patrocinio del Comune, insomma.

Il Comune, appunto, che intenzioni ha? È stato colto alla sprovvista a suo tempo dalla forte protesta di parte dei residenti, ma

non ha alcuna intenzione di rinunciare ad uno spa-zio vasto come la Marina per proporre musica dal

vivo e rassegne cultura-li spesso molto seguite come il “Marina cafè noir”. L’ho ha ribadito a più ripre-se in diversi, anche acces-si, incontri con i comitati dei residenti. L’assesso-re alle Attività produttive, Barbara Argiolas, aveva preso in carico la questio-

ne come referente unico della Giunta nei rapporti tra gestori dei locali e re-sidenti ed è stata subito

chiara. «Vi prometto in futuro maggiori regole per quanto riguarda gli orari di chiusura dei locali, meno rumore e più controlli», ha detto ai comitati dei resi-denti, «ma non chiedetemi di annullare le manifesta-zioni nel quartiere, perché vi dico subito di no». •

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di Laura [email protected]

Fare teatro non è solo un lavoro, ma una scelta di vita. Cagliari, sotto questo aspet-to, non ha niente da invidia-re a nessuno ed è una città vivissima. Sul suo territorio, infatti, sono presenti moltis-sime compagnie che hanno arricchito durante quasi qua-ranta anni il suo panorama culturale. Purtroppo però i ta-gli dovuti alla grande crisi del nostro Paese hanno colpito proprio, e soprattutto, il setto-re teatrale.

La situazione economica del teatro di prosa a Cagliari. Sono tantissime le compa-gnie del teatro di prosa che si trovano ad affrontare un periodo di magra e devono reinventarsi. “Per la stagio-ne 2011 – ha dichiarato Va-leria Ciabattoni, direttrice del Ce.D.A.C., Centro Diffusione Attività Culturali - sono stati stanziati per noi trentacin-quemila euro da parte del Comune di Cagliari, mentre il valore della nostra attività è di circa cinquecentomila euro”. La diminuzione, rispetto alla sovvenzione abituale, è stata di circa il cinquantacinque per cento. Un dramma, per rima-nere in tema teatrale. “Per fortuna – ha continuato la Ciabattoni – abbiamo anche i finanziamenti della Regione e del Ministero, ma negli ulti-mi dieci anni quest’ultimo ha ridotto nettamente i sussidi”. La soluzione? Attualmente solo una: quando si viene a conoscenza delle somme a disposizione, si stila un preventivo per distribuirle in maniera proporzionale a tutte le compagnie, in modo da gestire al meglio le poche

risorse disponibili. Con ovvie ricadute sulla qualità delle rappresentazioni.I tagli maggiori al circuito te-atrale cagliaritano derivano dunque dalla finanziaria na-zionale (mentre negli ultimi

anni la Regione non ha effet-tuato riduzioni) e, nonostante il bilancio comunale non sia ancora stato approvato e quindi non si hanno dati certi, è molto probabile che vi sa-ranno ulteriori decurtazioni.

“Per la prossima stagione – ha detto Antioco Usala, dello staff organizzativo di Cada Die Teatro – non sappiamo ancora nulla. Siamo però consapevoli del fatto che non sarà un anno semplice, perché nelle ultime stagioni la diminuzione dei fondi da parte del comune è sempre stata consistente ed è anda-ta ad aumentare di anno in anno”.

Un progetto per il circuito teatrale. A prescindere da quali siano le somme ero-gate in base alle disponibilità economiche della pubblica amministrazione, ci chiedia-mo se esista una program-mazione in merito al settore culturale, con degli obiettivi solidi e ben precisi.

La Regione finanzia il cam-po dello spettacolo, compre-so quello del teatro, attraver-so una legge che distribuisce i contributi in base a dei cri-teri oggettivi. Lo scorso anno sono stati erogati circa undici milioni di euro al settore dello spettacolo dal vivo in genera-le (cioè sono ricomprese an-che la musica e la danza). Occorre invece capire se la nuova amministrazione co-munale abbia dei progetti concreti in merito, o intenda proseguire con la vecchia li-nea, cioè concedere sovven-zioni senza una programma-zione precisa.

“La Commissione cultura – ha dichiarato Enrica Pug-gioni, assessore alla cultura del Comune di Cagliari – è in procinto di approvare una bozza che detterà le linee guida per ottenere i contri-buti”. Per aggiudicarseli, sa-ranno indetti dei bandi e sarà data preferenza alle proposte in grado di creare sinergie:

Fare teatro, non è un aFFareIl teatro di prosa a Cagliari e nell’hinterland langue. Il Comune taglia i fondi, la Regione prova a rilanciarema a prescindere dalle somme erogate bisogna capire se esistono progetti concreti per un vero rilancio

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un esempio è la mostra “Le stive e gli abissi” al Ghetto che, per l’occasione, ha visto per la prima volta partecipe il Comune di Cagliari assie-me alla Soprintendenza per i Beni archeologici.

I criteri per accedere ai fi-nanziamenti saranno ispirati a quelli europei, cioè si pun-terà sull’originalità e sull’in-novazione. Molto importante sarà la gestione degli spazi pubblici, che non dovranno più essere assegnati a un’u-

nica associazione, ma l’idea è individuare e delineare dei progetti che, solo in seguito, verranno inseriti negli spazi più idonei. Non gestiti da un solo soggetto, ma coinvol-gendo più compagnie. Le rappresentazioni teatrali, ad esempio, potrebbero essere accolte anche all’ ExMà che oggi, invece, è sede sola-mente di mostre.

Un altro importante para-metro per la scelta dell’asse-gnazione, sarà il rispetto del

concetto di residenza artisti-ca: gli spettacoli dovranno essere realizzati sul nostro territorio, che diventerà così un laboratorio di scambio e di sperimentazione.

Alla ricerca della soluzio-ne migliore, il nove marzo si è svolto un incontro tra l’as-sessore e gli addetti ai lavori, che ha terminato le audizioni della Commissione cultura. “Se non altro – ha concluso

Antioco Usala - la nuova amministrazione cerca un confronto per discutere dei problemi delle compagnie e delle imprese che gravitano attorno al mondo teatrale”. Attendiamo ancora per sco-prire se finalmente si otterrà una programmazione chia-ra e precisa, volta a evitare sprechi e cattive gestioni. •

Valeria Ciabattoni, direttrice del Ce.D.A.C., Centro Diffusione Attività Culturali , parla della decurtazione, rispetto alla sovvenzione abituale, di circa il cinquantacinque per cento. Un dramma, per rimanere in tema teatrale. I tagli maggiori al circuito teatrale cagliaritano deri-vano dunque dalla finanziaria nazionale (mentre negli ultimi anni la Regione non ha effet-tuato riduzioni) e, nonostante il bilancio comunale non sia ancora stato approvato e quindi non si hanno dati certi, è molto probabile che vi saranno ulteriori decurtazioni.

Il Cedac alza la voce. Parla Valeria Ciabattoni:“Per noi solo 35mila euro ma ne valiamo 500mila”

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Il Karalis Ballet Tango

da tre soLdi

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di Claudia [email protected]

Chi non ha mai trascorso un’intera giornata nei pres-si del museo di Sa Corona Arrubia a Villanovaforru o non ha firmato un’autoriz-zazione per una gita scola-stica del proprio figlio che si sarebbe svolta proprio in questa località? Da anni il museo della Marmilla attrae, soprattutto in pri-mavera, tantissimi turisti, scolaresche e famiglie sar-de con le sue mostre sta-gionali e grazie anche alla presenza di un impianto di funivia che permette di godere del panorama cir-costante. La storia del mu-seo, nonostante il suo suc-cesso attrattivo, è quella di tanti centri culturali che faticano a mantenersi in autonomia con i soli introiti della biglietteria.

È solo di un anno fa l’en-nesimo salvagente di un milione di euro da parte della Regione Sardegna

per poter saldare tutti debi-ti contratti per fronteggiare le spese di mantenimento. “Sa Corona Arrubia ha no-toriamente avuto enormi difficoltà finanziarie per mala gestione. Ora sta tentando di risollevarsi e sono fiduciosa nel fatto che dagli errori si possa imparare e possa diven-tare realmente un motore di sviluppo locale, che in fondo è la missione per cui è nato il Consorzio. Nel territorio della Marmilla, il mio di origine, si segnala anche la Fondazione Ba-rumini Sistema Cultura, raro esempio di gestione economicamente sosteni-bile e al centro di una real-tà molto dinamica, ricordo che è la sede dell’unico sito Unesco sardo, che se pienamente sfruttata può fungere da traino per lo sviluppo di un vasto ter-ritorio, in collaborazione stabile con diversi enti, associazioni ed operatori locali.”

A dirlo è Marta Zedda laureanda in Management dei Beni Culturali presso l’Università di Macerata ed ex tirocinante, ai tempi del-la triennale, presso il Mu-seo Naturalistico del Terri-torio “Sa Corona Arrubia”. Proprio quella esperienza,

corona arrubIa, dIvIsI non sI può crescere “Il museo sI rIlancIa se dIaloga Il terrItorIo” Parlano Daniela Figus, neo presidente del cda del ConsorzioTuristico, e Marta Zedda, manager del settore “È urgente l’esigenza di fare rete e di riorganizzare l’intero sistema di offerta culturale della regione”

L’INCHIESTA

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racconta la studentessa, l’ha introdotta al tema dei “sistema museali” “Sa Co-rona Arrubia a quei tempi era il cardine del “Mus-ter”, sistema museale del territorio comprendente i musei del consorzio” e più in generale della gestione del patrimonio culturale.

Secondo la dottoressa Zedda per “far funzionare” i musei e gli altri istituti e luoghi di cultura, occorre votarsi ad una gestione improntata all’efficacia, all’efficienza, all’economi-cità e alla qualità. Un isti-tuto culturale infatti, ben-ché tanti storici dell’arte possano storcere il naso, è perfettamente assi-milabile a una impresa: ha una mission (tutela e valorizzazione), degli in-put (risorse materiali ed immateriali) un proces-so produttivo che realiz-za l’output (il servizio) e, cosa molto importante, un mercato cui si rivolge (la collettività). Ma trattandosi di organizzazioni no profit destinate al servizio pub-

blico, si tratta di gestire un deficit strutturale, infatti gli introiti provenienti da bi-glietti e servizi derivati non copriranno mai i costi. “E per questo è assolutamen-te necessario attenersi a quei principi economici in particolar modo sfruttando le organizzazioni a rete, che ben si adattano al contesto italiano.”

“Le reti museali sono l’unica possibilità di so-pravvivenza per la cultu-ra locale; perché hanno in se una giustificazione d’esistere. Le migliaia di musei locali, infatti, con-servano una cultura che ha prodotto quegli oggetti e monumenti artificiali e naturali che sono incar-dinati capillarmente e in maniera contigua in tutto il territorio circostante. E so-prattutto le reti permettono attraverso la condivisione di risorse materiali e im-materiali una sinergia che ha come effetto una distri-buzione di profitti e costi più sostenibili. Abbiamo chiesto a Daniela Figus,

neo presidente del C.d.A. F.F. del ConsorzioTuristico Sa Corona Arrubia in che modo gestirà nei pros-simi mesi il museo e se i soldi pervenuti nel 2011 dalla Regione sono servi-ti a pagare tutti i debiti “Il consorzio è in attivo, il de-ficit apparteneva alla SPA che gestiva il museo fino al 2010. Il milione di euro verrà usato per creare un ente unico locale che trasformi il consorzio in un’agenzia di sviluppo che sarà braccio operativo dei comuni della Marmilla che attraverso una politica co-mune con stessi obiettivi di rilancio della economia di zona salverà anche tut-te quelle strutture culturali come Sa Corona Arrubia che da sole non possono fronteggiare le spese.”

Anche il Presidente del consorzio afferma come la dottoressa Zedda l’urgen-te esigenza di fare rete e di riorganizzare l’intero sistema di offerta cultura-le della regione non solo in scale locale facendo

riferimento alla Marmilla ma a tutta la Sardegna. L’idea immediata è quella di stampare biglietti unici nei territori che permetta-no a un visitatore di sape-re che nelle vicinanze ci sono altri siti interessanti con sconti per il turista e la possibilità effettiva per località meno conosciute di essere battute da più persone possibili.

In parole povere la Sar-degna e le sue piccole comunità devono obbli-gatoriamente imparare a collaborare assieme per rilanciare un’econo-mia locale che soffre non solo dell’isolamento dalle coste italiane ma anche di un isolamento interno, fra paesi distanti pochi chilometri. Nella cultura come nell’agricoltura e nel mondo del lavoro l’antica propensione fra comuni a farsi concorrenza sleale deve essere cancellata, è il momento della sinergia e non della gelosia .•

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di Michela [email protected]

Laddove c’era l’erba ora c’è un museo multimedia-le: è l’Arca del tempo, una moderna struttura parzial-mente incastonata ai piedi di Cuccuru Nuraxi, verdeg-giante collina all’ingresso di Settimo San Pietro. Non è sorta oggi - fu inaugurata il 23 giugno 2007 – ma è da questo momento che, dopo un infelice susseguir-si di fallimenti o pseudo-ta-li, l’Arca tenta la rinascita. A partire dall’Università.

Per capirne il percorso occorre tornare indietro fino alla progettazione, nel 2006, di quello che sareb-be dovuto diventare un “centro di sperimentazione didattica e divulgativa”. Da un lato l’attenzione per l’ar-cheologia - espressa con la costruzione di un cantie-re in parte “a cielo aperto” e in parte nel sottopiano - dall’altro l’aspetto divul-gativo delle testimonianze storiche presenti a Cuccu-

ru Nuraxi, raccontate an-che attraverso uno scher-mo lungo 14 metri (unico in Sardegna) in grado di mostrare Settimo e Caglia-

ri nelle varie epoche: tutto ciò avrebbe dovuto contri-buire a fare dell’Arca del tempo il fiore all’occhiello

del sistema museale ca-gliaritano. Fin dal primo periodo poté contare sulla gestione mista: Comune di Settimo e Consorzio

Camù di Cagliari insieme per valorizzare il polo e attrarre turisti e visitatori di ogni età. Come? Intan-

to con l’attrattiva “naturale” che l’Arca del tempo pos-siede: un parco archeolo-gico delimitato a valle dal museo e in cima da un tempio a pozzo. Poi con l’esposizione dei reperti, il pannello multimediale e una mostra fotografica sul paese nell’antichità.

E con eventi estempora-nei che si sono susseguiti negli oltre quattro anni di attività: rassegne cinema-tografiche, mostre d’arte e concerti musicali, per citarne alcuni. Eppure, sal-vo il boom di visitatori del primo periodo, incuriositi dalla struttura e dall’enor-me pannello con cui poter “viaggiare nel tempo”, l’Ar-ca non è riuscita sganciare gli ormeggi. Come mai? “Le ragioni sono almeno tre”, riconosce il sindaco. La prima è abbastanza intuibile e diffusa: la cri-si economica che, specie nel settore della cultura, ha visto nel giro di pochi anni i finanziamenti ridursi al minimo. “Va da sé che senza soldi non possiamo

Là dove c’era L’erba ora c’è un museo opera Faraonica ma sconosciuta aL pubbLico

Si chiama Arca del tempo ed è una moderna struttura parzialmente incastonata ai piedi di Cuccuru Nuraxi, all’ingresso di Settimo San Pietro. Fino a oggi è rimasta nell’ombra ma punta sulla metropolitana per rinascere

L’INCHIESTA

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investire, programmare, creare”. Corresponsabile di un deludente bilancio anche Camù: a loro la colpa di non essere stati in grado di intercettare il turismo scolastico. “Seb-bene le scolaresche con-tinuino a prenotare visite guidate, grazie anche ad alcuni laboratori didattici organizzati appositamen-te per loro – prosegue Pal-mas – bisogna riconosce-re una certa leggerezza nell’affrontare il discorso ‘scuola’”. Infine, inevita-

bilmente, è venuto meno l’aspetto “novità”: il viag-gio nel tempo ha cessato d’essere un’attrattiva sen-sazionale e sbalorditiva, lasciando spazio a quel “già visto” che ha scorag-giato i visitatori a tornare. Altra tirata d’orecchie a Camù, sebbene bonaria: “Tempo fa proposi al Con-sorzio di investire 18 mila

euro nell’acquisto di un globo terracqueo” ricorda il primo cittadino.

“Lo avevo visto in un mu-seo dove adulti e bambini facevano la fila pur di gio-care ad andare, per esem-pio, in Francia nell’età del ferro. Credo sia neces-sario, ai fini turistici, farci contaminare anche da ciò che non è scientificamen-te ‘puro’. La mia richiesta ebbe esito negativo”. “A dire il vero, di motivi ce ne sarebbe anche un altro”,

riprende Palmas. “L’Uni-versità aveva deciso, in-sieme a Comune e Camù, di utilizzare l’Arca come sede dei corsi formativi per guide turistiche, ma la prematura scomparsa del docente Roberto Coroneo ha inevitabilmente blocca-to il progetto”.Che ne sarà dell’Arca, vi-sto che il Comune per il

2012 non è stato in grado, col Patto di stabilità, di de-stinarle i consueti 90 mila euro (a tanto ammonte-rebbero le spese per tene-re aperto il museo cinque giorni su sette)? “La con-venzione con l’Università, sempre mantenuta grazie agli scavi di archeologia presenti all’Arca – è sem-pre Palmas a spiegare – ci ha salvati”. Accade così che, per scongiurare la fine del museo, l’apertura venga garantita per due giorni col funzionamento

del cantiere e per tre degli spazi espositivi: per riu-scire a fornire il servizio ai visitatori e non licenziare i tre archeologi della strut-tura.

Ancora una volta il parco archeologico punta, per la sua rinascita, sull’alta tec-nologia. Lo fa affidandosi al 3D della società Sintec:

con un finanziamento di 100 mila euro il progetto prevede la realizzazione di percorsi tridimensionali nel centro storico del pae-se, ma anche di Cagliari e di Sinnai.

Non è tutto. Il museo po-trà vantare, fra pochi mesi, la presenza della metro-politana leggera a due passi da Cuccuru Nuraxi, indispensabile per avvi-cinare i refrattari all’asse mediano o alla 554. Se tutto questo non bastas-

se, c’è anche un finanzia-mento di 40 mila euro pro-veniente dall’Unione dei Comuni per promuovere l’enogastronomia locale. “Casa Dessì, il Mulino e le cantine di Ferruccio Deia-na potrebbero promuove-re il museo e viceversa. Ancora una volta contami-nazione, perché no?”. •

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xorovo, c’è un nuovo modo di scoprire L’arte:cagLiari cuLt, i monumenti a portata di touchNasce con un finanziamento di Sardegna Ricerche l’applicazione per I-Phone e I-Pad gratuitache consente a chi la scarica di ottenere informazioni su siti storici o di interesse culturale

di Michela [email protected]

Mobilizzare la cultura con pochi soldi e tante idee gio-vani e concrete: a Cagliari si può. Ci hanno pensato lo scorso anno i ragazzi di Xo-rovo, spin-off dell’Università di Cagliari con un progetto finanziato da Sardegna Ri-cerche: Cagliari Cult, un’ap-plicazione per I-Phone e I-Pad gratuita e utilizzabile anche off-line. Una volta sca-ricata sul proprio smartpho-ne, consente di conoscere qualsiasi monumento o sito di interesse culturale attorno a sé, comprensivo di scheda descrittiva ed eventuali pro-grammazioni, che, qualora interessassero, andrebbero direttamente nell’agenda del telefono. Con un solo touch. Presentata a fine ottobre scorso, l’applicazione di Xo-rovo – in collaborazione, per quest’anno, col Consorzio Camù per la parte redaziona-le - ha riscosso subito gran-de successo di pubblico e di critica in quanto efficiente dal punto di vista dei conte-nuti e innovativa per quanto riguarda la sperimentazione tecnologica. “Abbiamo ideato Cagliari Cult come un conte-nitore di schede con descri-zioni, immagini e informazio-ni, più la georeferenziazione - spiega Salvatore Carta, il boss di Xorovo – ossia tutta una serie di coordinate che, captate da bussola o gps (ecco perché la connessio-ne non è indispensabile), ti indicano dove ti trovi, cos’hai intorno a te e a quale distan-za”. Un lavoro durato non più

di sei mesi – ma è evidente il proseguimento del work in progress considerata la na-tura tecnologica del prodotto – e costato alle casse di Sar-degna Ricerche appena 18 mila euro: questo, in sostan-za, è Cagliari Cult.

Ma cos’è, precisamente, Xorovo? È innanzitutto un’a-zienda, nel Parco Tecnolo-gico della Sardegna a Pula, fondata nel 2008 da Carta, ingegnere elettronico del ’71,

originario di Bultei, docente di sistemi operativi e ricercatore universitario al dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Cagliari. “Ma è soprattutto una fucina di talenti – gli preme precisa-re – fra i migliori che la Fa-coltà abbia posseduto negli ultimi anni”. Carta li ha studia-ti uno ad uno durante il per-corso accademico, in quanto suoi allievi, fino a quando, a suon di gavetta fatta di stage e contrattini, non li ha assun-ti. Oggi Xorovo conta in tutto

quindici “cervelli”, con un’età media che non supera i 26 anni.

Nerd con la fissa per l’in-formatica? Niente affatto, stando alle parole dell’im-prenditore. “Io sono prima di tutto un ingegnere, e in quan-to tale provengo dal mondo del pragmatismo: perché una cosa esista, deve fun-zionare, e nella maniera più semplice possibile”. Da qui la scelta di costruire un’app

esteticamente accattivante ma di semplice utilizzo: “De-sign e praticità sono state le nostre parole chiave per tutti i mesi di lavoro”. Almeno due, tuttavia, i punti di debolezza dell’avveniristico progetto: l’inesistenza della app per gli smartphone Android, e la presenza della sola lingua italiana nelle schede dei testi: “Sull’ipotesi Android ci stiamo lavorando, ritengo che offrire un prodotto che vada bene per tutti sia il ‘minimo sinda-cale’ – si difende il ricercato-

re – mentre sui contenuti dei testi non abbiamo voce in capitolo: la app è predisposta per contenere le lingue stra-niere”.

Oltre a Cagliari Cult c’è – o meglio sarebbe dire “sta per esserci” (non è ancora scari-cabile) – un’altro, ben più am-pio progetto rivolto al sistema museale: si tratta di Mobile Museum, una piattaforma per lo sviluppo di applicazio-ni dedicate ai musei. “Dà la possibilità di sostituire le au-dioguide – illustra Carta – in quanto i contenuti delle sche-de riguarderanno le opere presenti nell’esposizione, con tanto di mappe interne ed esterne ai musei, aggior-namenti su eventi e iniziative collaterali ecc.”.

Informatici appassionati d’arte? No, di informatica. “Abbiamo semplicemente individuato uno dei settori ancora scoperti da questo tipo di applicazioni ma che, prevediamo, esploderà nel giro di due anni”. Così sono andati in giro per musei di tutto il mondo a studiare la concorrenza, importare il me-glio e metterci del proprio: un valore aggiunto che neanche alla Galleria nazionale d’Arte di Cagliari è passato inosser-vato. Concettualmente poco di-stante dai musei c’è il Mo-bile Hotel, altra proposta innovativa molto apprezzata recentemente anche alla Bit di Milano. Dalla quale Carta è dovuto andare via per rag-giungere il Giappone, dove probabilmente sorgerà una sede Xorovo. Vanno lontano gli informatici dell’Università di Cagliari: agli antipodi nel-lo spazio e pure nel tempo. Perché ciò che a noi sembra domani, per loro non è altro che ieri. •

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di Claudia [email protected]

Uno è stato inaugurato nel 2010, l’altro è in costru-zione. Ma cosa se ne fa Quartucciu di due musei?

I reperti in questione, quelli che dovrebbero es-sere custoditi dal primo come dal secondo museo, sono stati ritrovati nel sito della necropoli punico- ro-mana di Pill’e Matta. L’i-naugurazione di un vasto spazio che attraver-so pedane e vetrate guida il visitatore fra gli scavi, risale al 20 marzo del 2010. Un’importante ope-ra fortemente voluta dall’amministrazio-ne locale, che se-deva in Comune la legislatura scorsa, e dalla Provincia di Cagliari, sia per custodire i preziosissimi beni ritrovati: ben quattromila reperti fra monili, effetti personali dei defunti, lucerne, anfore, bicchieri, piatti, tutti intat-ti - e per fortuna, non de-predati dai tombaroli- ma anche per dare identità e dignità alla storia di una comunità troppo vicina a Cagliari che soffre come tutta l’area vasta di poca autonomia dal punto di vista economico sociale ma anche storico cultura-le. Fin qui non si può es-sere critici nella scelta di aprire un museo, peccato che dopo l’inaugurazione lo spazio così ben pensa-to “per essere un percorso con il significato metafori-co di viaggio nella memo-ria” non è mai stato possi-bile visitarlo.

Per chiarirci le idee e ca-pire se davvero si tratta di

due musei, di cui uno ter-minato e inattivo, e l’altro in costruzione, abbiamo incontrato l’ex sindaco di Quartucciu Pierpaolo Fois che si è in tutti questi anni battuto per la difesa dei reperti della necropoli. “In primis devo dire che quello che viene erroneamente da molti chiamato museo di Pill’e Matta è in verità un parco archeologico chia-mato Luogo della memo-ria, dove le scuole o i turisti avrebbero potuto visitare gli scavi quindi le tombe.

Il museo che assieme alla biblioteca, alla mediateca e ludoteca costituiscono il parco Sergio Atzeni, in co-struzione, sita fra via Per-tini, via delle Serre e via Rosselli, è il vero e unico museo e ha una funzione di custodia dei reperti im-portantissimi trovati nel parco archeologico in que-stione.

Non sono quindi due musei, sono due ope-re che l’amministrazione aveva pensato per ridare dignità e valore a una sco-perta archeologica che ci invidiano e che grazie alla ben riuscita conservazione dei reperti può competere con una necropoli ben più famosa come quella di Tu-vixeddu.” Ciò che stupisce gli abitanti della cittadina come l’ex sindaco, che oggi non è più in Consiglio comunale, è il fatto che la

nuova amministrazione non abbia reso fruibile il parco archeologico e non abbia svolto opera di ma-nutenzione del tetto giar-dino che sta a copertura della struttura, racconta sempre Pierpaolo Fois “Una costruzione ecolo-gica con mitigazione am-bientale costituita da erbe rampicanti e pianta grasse che avrebbero isolato tut-to l’ambiente dall’umido. Abbandonato a se stesso questo giardino si è sec-cato anche se sarebbe

bastato un impianto di irri-gazione a goccia per farlo funzionare.

Ogni negligenza ha un costo, in questo caso parliamo di 45 mila euro”. Il museo in costruzione, i due tronchi di cono inca-strati l’uno dentro l’altro che ricordano la forma del nuraghe, situato all’interno di quello che sarà il parco letterario Sergio Atzeni, si chiamerà Luci sul tempo ed è stato progettato nel 2007 e firmato da un illu-stre architetto Pietro Reali. Quest’opera dovrebbe au-tonomamente mantenersi grazie a un punto ristoro gestito dal personale del museo, la biblioteca usu-fruirebbe del personale già esistente e l’impianto fotovoltaico molto vasto, non solo abbatterà i costi dell’energia, ma grazie alla sua alta produttività porte-

rà introiti per tutto il parco che riuscirà a sovvenzio-narsi autonomamente.

Il sindaco Carlo Murru ha invece affermato che quando si è insediata la sua giunta il parco arche-ologico di Pill’e Matta era incompleto, per questo si sono dovuti spendere ulteriori 50 mila euro e ri-chiedere un secondo col-laudo. “In più – afferma il primo cittadino- abbiamo dovuto trattare con le cave di ghiaia della dita Fratelli

Loi, che sono situa-te proprio a ridosso della necropoli, per lasciare lo spazio contiguo a dispo-nibilità del parco. Servono ancora sol-di per concludere e dare un reale futu-ro al parco Sergio Atzeni che è una struttura grandio-

sa ma difficile da gestire, abbiamo infatti chiesto alla Regione, in particolar modo all’Assessorato alla Programmazione, due mi-lioni di euro per poter ter-minare l’opera e darle così un respiro internazionale.” Il 5 di marzo però, colpo di scena, undici consiglieri su venti si sono dimessi dal Consiglio comunale.

La maggioranza aveva delle divergenze che sono sfociate in una crisi mol-to profonda che porterà Quartucciu a nuove elezio-ni in primavera. La prossi-ma Giunta dovrà occupar-si, per forza di cose, del parco archeologico e del parco Sergio Atzeni e del suo museo. Solo questa estate sapremo finalmente se il sito di Pill’e Matta sarà fruibile al pubblico. •

quartuccIu, tra I due museI uno forse è dI troppo ma l’ammInIstrazIone dIfende la scelta dI pIll’e matta

Uno è stato inaugurato nel 2010, l’altro è in costruzione. Ma cosa se ne fa la cittadina di due strutture simili?Risponde l’ex sindaco Pierpaolo Fois: “La nuova realtà sarà un parco della memoria, dunque nessun doppione”

L’INCHIESTA

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di Laura [email protected]

Il settore cinematografico sardo manifesta insofferen-za, a causa della pochezza dei finanziamenti stanziati dalla politica. Questo nono-stante il fatto che in Sardegna operi un gruppo consistente di registi che si sono autore-volmente affermati in ambito nazionale e internazionale. La materia è attualmente regolamentata da una legge regionale, approvata nel Set-tembre del 2006, che mira a creare una rete di operatori nel settore e costituire un va-lido supporto per i professio-nisti che intendano utilizzare la Sardegna come scenario per le proprie pellicole. Pur-troppo tutto questo non ba-sta. Le risorse scarseggiano e, nella situazione attuale, la realizzazione di un film bello e curato nei minimi particolari è un’impresa.

Salvatore Mereu è un regista sardo. È nato a Dorgali ed è

autore di molti cortometraggi ma anche di lungometraggi famosi, come Sonetàula e Ballo a tre passi, che gli è val-so il David di Donatello per il miglior regista esordiente nel 2004. Mereu è un grande so-stenitore della tesi secondo cui il cinema isolano può di-ventare un’industria seria.

Mereu, il cinema sardo non naviga in buone acque.Sì, è vero. Però la situazione non è rosea anche nel resto d’Italia. C’è stata una diminu-zione consistente delle sov-venzioni un po’ dappertutto. In un periodo di crisi come questo, la cultura è il primo settore in cui si effettuano i tagli. Fare film oggi è compli-cato in generale perché, se non è dichiaratamente com-merciale, nessuno rischia. Essendo in Sardegna, tutto è amplificato. Pensiamo anche semplicemente agli sposta-menti che dobbiamo fare. I prezzi per noi sono raddop-piati e, pur-troppo, ancora nella nostra terra non sono presenti tutti gli strumenti per la realizza-zione comple-ta di un film.

C’è chi sostiene che tra le cause di tale situazione drammatica vada ricom-presa anche l’eccessiva burocrazia per l’attuazione della legge del 2006, che impedisce di usufruire dei finanziamenti. Condivide?

Non credo che questo sia il problema. Anzi, l’emanazio-ne di questa legge è stata un traguardo perché prima non era prevista alcuna regola-mentazione della materia. Ed è stato faticosissimo ottenere questo risultato. Quando ho cominciato io, è stata una lotta e il cinema non era con-siderato un’espressione arti-stica. Finalmente cinque anni fa è stato regolato il settore. Grazie alla legge del 2006 si può accedere ai contributi ministeriali. Pensare anche solamente che occorra ema-nare un’altra normativa è ec-cessivo. Magari occorre per-fezionarla, quello sì. Perché presenta alcune lacune.

Quali sono le principali lacu-ne che presen-ta la legge?

Forse è stato sottostimato il ruolo delle com-missioni che

giudicano i progetti. È già sicuramente un successo il fatto che ci siano, perché in questo modo viene eliminata la discrezionalità dei politici ed è garantito che i fondi sia-no distribuiti in base al merito, però la lettura di tutti gli elabo-rati deve essere considerato un lavoro a tutti gli effetti e come tale retribuito.

Secondo lei esiste un modo per risollevare la china?Innanzitutto, non bisogna mai demoralizzarsi credendo che non esista una soluzione ma pensare sempre positivo. Poi occorrerebbe istituire del-le organizzazioni che aiutino a tutelare e gestire il settore cinematografico (come lo è il Teatro stabile nel campo teatrale, ad esempio). Infi-ne, è fondamentale porre la questione a chi amministra facendo in modo che il ci-nema sia considerato come un’arte, al pari della musica e del teatro, ma anche un’in-dustria capace di creare un indotto notevole per la nostra Isola. Per questo il problema andrebbe sottratto all’asses-sorato alla Cultura e dato in competenza a quello dell’In-dustria.Chissà cosa ne pensa Alessandra Zedda.•

SalvatoreMereuRegista

sogno un’Isolache faccIa del cInemauna grande IndustrIa

“Per le pellicole pochi fondi, la legge del 2006 non va abrogata, ma modificata”

“Credo chela Regione debba

investire di piùper promuovere

il settore e creare sviluppo”

L’INTErvISTA

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OPINIONI

LA bATTAgLIA dELLE pAroLE

Simone Spiga

P a r l i a -mo un po’ del “Parco Cualbu” o di come è stato

chiamato dall’ex Giunta del Sindaco Floris “ Parco della Musica”. Ci troviamo nell’area compresa tra il Mercato di San Bene-detto e Piazza Giovanni XXIII, una zona che fino a pochi anni fa era poco più di uno sterrato impol-verato e abbandonato.

Oggi, invece, sul lato di Via Sant’Alenixedda è una distesa di cemento, mentre sul lato del THotel è un giardino con laghetto e luci colorate. Per queste ragioni i cittadini residenti l’hanno definito fin da su-bito come il parco “Cual-bu”, nato per l’esigenza di migliorare lo sguardo degli ospiti dell’albergo. Tante sono state le po-lemiche che hanno vista coinvolta l’Amministrazio-ne comunale e i cittadini. Forti malumori ha susci-tato il fatto che l’ingresso

principale del parco non dia sul Teatro lirico di Ca-gliari, come sarebbe stato naturale, bensì sull’alber-go di Gualtiero Cualbu. I ritardi nella costruzione e la mancata apertura degli oltre mille parcheggi sono ulteriori ragioni di forte polemica e di critiche. Un parco nato per diventare un luogo d’aggregazione, con la finalità di contri-buire alla crescita e allo sviluppo del Teatro lirico, sembra si sia ridotto ad essere un’ulteriore vetri-na per interessi privati.

Una piazza davvero stonataIl guastafeste

Cinque idee per rilanciare la culturaIl blogger

GianlucaFloris

Proposta 1 – Considerare la spesa per la cultura come voce fondamentale nel bilancio comu-nale e impegnarsi a mantenere la quota dei fondi per la voce cul-tura costante e sicura per tutta la durata della legislatura. Questo per permettere una corretta pia-nificazione delle attività di inter-vento della Amministrazione nel settore.

Proposta 2 – Promuovere attiva-mente e capillarmente in tutte le scuole cittadine e nelle università la fruizione del nostro patrimonio agevolando le visite ai musei, alle collezioni d’arte, ai laboratori d’ar-te, ai teatri e alle gallerie durante tutto l’anno anche e soprattutto durante i periodi di prova e di al-lestimento degli spettacoli e delle installazioni.

Proposta 3 – Utilizzare gli spazi in dotazione della Amministrazio-ne Comunale per offrire GRATU-ITAMENTE spazi prova per com-pagnie di danza, teatrali, gruppi musicali che non hanno a dispo-sizione locali propri. Tali spazi, non destinati al pubblico spettacolo, devono essere allestiti di luce, ser-vizi igienici e di guardianìa senza nessun aggravio da parte degli usufruttuari. L’Amministrazione Comunale avrà cura di redigere la lista dei richiedenti e di assegnare i periodi a disposizione degli stessi in base a un calendario senza vin-coli di curriculum pregresso.

Proposta 4 – Ospitare a proprie spese UNA VOLTA L’ANNO, per il solo periodo di prove, una gran-de compagnia teatrale, di danza o musicale nazionale o interna-zionale che intenda allestire una tournée nazionale o internazio-nale con il vincolo di fare la prima data sul territorio di Cagliari e di utilizzare A SUE SPESE per l’al-

lestimento, in misura significati-va, personale artistico e tecnico del nostro territorio. Questo per promuovere attivamente la for-mazione e la crescita delle pro-fessionalità artistiche e tecniche già presenti in città.

Proposta 5 – Attivare una con-venzione con la SIAE che pre-veda, per un mese all’anno, la realizzazione di un festival delle arti diffuso sul territorio comunale. Ogni locale pubblico che intenda ospitare degli artisti nei suoi spa-zi per offrire arte e cultura ai suoi clienti, avrà pagati gli oneri SIAE direttamente dalla Amministra-zione Comunale attraverso detta convenzione. Sarà onere di ogni locale stipulare gli eventuali ac-cordi economici con gli artisti, con i fornitori di service o con even-tuali noleggiatori di strumenti. La scelta degli artisti da ospitare ri-marrà a carico dei gestori dei vari spazi che intenderanno aderire alla proposta.

Mancano gli spazi per i grandi eventi.L’assessore Puggioni è passata dalla cultura alternativa all’alternativa alla cultura

La zirogna

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OPINIONI scrivici: [email protected] manda un sms al 342.5995701

WalterBenjamin*

Anche nel caso di una riproduzione

altamente perfezio-nata, manca un ele-mento: l’hic et nunc dell’opera d’arte – la sua esistenza unica è

irripetibile nel luogo in cui si trova. Ma proprio su que-sta esistenza, e in null’altro, si è attuata la storia a cui essa è stata sottoposta nel corso del suo durare. In quest’ambito rientrano sia le modificazioni che essa ha subito nella sua struttura fisica nel corso del tempo, sia i mutevoli rapporti di proprietà in cui può essersi venu-ta a trovare. La traccia delle prime può essere reperita soltanto attra-

verso analisi chimiche o fisiche che non posso-no venir eseguite sulla riproduzione; quella dei secondi è oggetto di una tradizione la cui ri-costruzione deve proce-dere dalla sede dell’ori-ginale.L’hic et nunc dell’origina-le costituisce il concetto della sua autenticità.

* tratto da “L’opera d’arte nell’epoca del-la sua riproducibilità tecnica”

L’aura non c’è, è andata viaL’angolino del filosofo

Perplessità e misteri della crisiL’intervento

GianniAnedda

A giudicare dalle apparenze, il tenore di vita medio dei sardi sembra discreto. Aumenta la circolazione dei costosi Suv, le palestre (a pagamento) accol-gono molti clienti, così gli istituti di belllezza, le scuole di ballo con la dotazione di ricchi costu-mini. Nei porti sono numerose le imbarcazioni dei diportisti e si va a ristoranti e teatri frequen-temente. Aumenta la presenza di imprese che offrono prestiti personali con evidente incre-mento della clientela che ad alcune di queste ricorre, non solo per il finanziamento di spese imprevedibili ed ecce-zionali come un matrimonio o una costosa cura odontoiatri-ca, ma anche più voluttuarie, come per vacanze esotiche, settimane bianche ecc. Pur coll’aumento dei prezzi del car-

burante, anche nei piccoli cen-tri si vedono solo sparuti pedoni a fronte di un continuo viavai di auto per brevi tragitti.

Si è vissuto forse oltre le possibilità.

Insomma, si ha l’impressione che, o questa famosa crisi, di cui peraltro non si riesce a intravvedere bene il capo e la coda, sia fasulla, o che, nel privato come nel pubblico, si è vissuto e forse si continua a vivere al di sopra delle proprie possibilità, nel tentativo di emu-lare realtà più dotate di risorse della nostra.

Anche da noi una futura bol-la di debiti?

Sembreberebbe dunque non più attuale per i nostri compa-trioti la nomea di popolo di for-miche propoenso al risparmio con invece un maggiore inde-bitamento delle famiglie, con la probabile formazione di una di quelle famese bolle di debiti che le nuove generazioni di do-vrebbero accollare e che tanti problemi ha creato per il mon-do finanziario internazionali.

“La cultura è ciò che resta in noi dopo che abbiamo dimenticato tutto quello che avevamo imparato”

L’aforismadi Gaetano Salvemini

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IN vETrINA

di Alessandra [email protected]

L’Unione Europea ha messo a disposizione della Regione Sardegna 170 milioni per l’informa-zione, 161 per i servizi so-ciali, istruzione e legalità, 187 per l’energia, ma so-prattutto 383 milioni per l’ambiente, la cultura ed il turismo e 306 milioni per lo sviluppo urbano. La Corte dei conti, aven-do rilevato un “consisten-te ritardo” nell’utilizzo di questi fondi da parte della Regione Sardegna che ne ha utilizzato soltanto il 20%, ha messo in di-scussione la destinazione di questi fondi per la ge-stione dei quali le autorità regionali competenti non sono state ritenute affi-dabili. Il regolamento e’ chiaro: le risorse relative ai vari programmi europei devono essere utilizzate nei tempi prestabiliti, al-trimenti vengono dirottate a chi dimostra di averne maggior bisogno. Come se non ce ne fosse biso-gno.

Valorizzare le nostre ricchezze, proteggerle, curarle e farle vivere ne-gli anni: parole d’ordine

ovunque ci sia un patri-monio da salvaguardare. Informarsi, cercare, stu-diare, sentirsi responsa-bili, fare rumore in una collaborazione continua e di massa dovrebbe esse-re l’obiettivo comune per chiunque abbia a cuore la protezione delle ricchez-ze della propria terra. Ma questo in Sardegna pare non succeda.

Abbiamo immortalato due casi emblematici della si-tuazione.

Il primo è il più eclatante e riguarda il Cimitero monu-mentale di Bonaria (Ca-gliari), un luogo sacro di rara ricchezza per la pre-senza di numerosi monu-menti funerari. Il cimitero, che sorge su un’area uti-lizzata come necropoli già dai punici, dai romani e dalle prime comunità cri-stiane di Cagliari, versa in uno stato di degrado e abbandono scoraggianti. Perché non si è ancora intervenuti?

Il secondo caso, sicura-mente sconosciuto ai più ma non di minore impor-tanza, è quello del nura-ghe di Chistingionis della campagna isilese che sovrasta tutta la zona di Corrigas, famosa per le falesie frequentate dai free climbers. Lo sce-nario al quale si assiste addentrandosi in alcuni terreni di questa zona è demoralizzante: un intero

insediamento, con nu-raghe, tombe e resti di civiltà dell’età nuragico romana, completamente ignorato, violato dai tom-baroli e in parte esposto a una bonifica agricola che l’ha ridotto in cumuli di

pietre qualsiasi diventate così, a loro volta, tombe di una civiltà. Il silenzio è totale. •

(dis)archeoLogica sardegna

Autorità (in)competenti e disinformazione sono il mix letale per la storia della nostra Isola

REPORTAGE

 Cimitero di Bonaria: statua

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 Bonifica agricola nei pressi del nuraghe Chistingionis

Necropoli punica nelle immediate vicinanze del nuraghe Chistingionis

Il nuraghe di Chistingionis (Isili) è quasi completamente coperto da una fitta coltre di lentischi

Effetti della corrosione del marmo causata dall’inquina-mento atmosferico (cimitero Bonaria)

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In questi ultimi tre anni sono aumentate le aree recintate per motivi di sicurezza , le lapidi ri-mosse perché rischiavano di cadere dai muri - poi mai tor-nate a posto -, i cedimenti del terreno con conseguente crollo dei monumenti nelle fosse sot-tostanti. Sono aumentate le sta-tue a pezzi o mutilate per atti di vandalismo, e le cappelle mag-giormente rovinate sono state totalmente coperte da teli neri a nascondere lo spettacolo. Tutti interventi di emergenza, forse uno alla settimana, in attesa del grande restauro mai partito.

Decine poi le statue colpite dal cosiddetto cancro del marmo: la superficie esterna dei mar-

mi, originariamente costituita da purissimo carbonato di cal-cio, si trasforma con lo smog in solfato di calcio, una sostanza che mangia la pietra e la riduce in polvere con un processo non reversibile a causa della man-canza di sistemi di autorigene-razione.

Una delle più famose statue del cimitero è quella di Efisino Devoto (con la celebre scritta: Cattivo, perché non ti svegli?) su cui la polvere è diventata crosta, e la crosta ha iniziato a cadere a scaglie mettendo a nudo punti che appaiono bianchi come zuc-chero. Se il processo non viene interrotto prosegue fino a far sgretolare le statue.

Cimitero di Bonariaparla professor Fruttu docente universitario

esperto di archeologia

 

 Statua di Efisino nel cimitero di Bonaria, in evidenza

la patina nera causata dal “cancro del marmo”

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Quando abbiamo chiesto ad Adil Fathi di raccontarci la sua storia la prima cosa che ha risposto è stata “Devo essere onesto, sono molto imbarazzato, mi tormento alla ricerca di un senso alla vostra richiesta di parlare di me, perché non la trovo. Per due ragioni: la prima è che la mia storia non ha niente di straordinario, è uguale a tante altre storie di chi vive all’ om-bra della società italiana. La seconda ragione è più tosta e sta tutta in una domanda: da quando interessano i casi fe-lici di immigrazione? Non fan-no notizia, niente audience.” Ciò che ha incoraggiato Adil a superare questo imbarazzo è il desiderio attraverso il suo racconto di far capire che il fe-nomeno dell’immigrazione in Sardegna è speciale e diver-so da quello italiano. La sua storia si intreccia con quella del padre, piccolo artigiano che decide per avventura di immigrare nel 1984 in Libia, lasciando dietro di se quattro bambini e una consorte che

non condivideva la scelta ma la rispettava per amore del marito. Un avventura che si rivelò fallimentare per diversi aspetti, specialmente dopo i bombardamenti degli Usa a Tripoli e l’impossibilità di inviare il denaro guadagnato onestamente. Ecco perché dopo 3 anni circa decise di rientrare a Casablanca.

La madre, dopo mesi di di-soccupazione e incertezze,

decide questa volta lei, di partire con i figli e il marito, lasciare il Marocco per sbar-care dall’altra parte del me-diterraneo alla ricerca di una nuova prospettiva, l’Italia, “la nuova America” che però era percepita come inaffidabile “Per noi gli italiani non era-no un porto sicuro nel senso che potevano cacciarci da un momento all’altro, almeno così si diceva in giro.” Non costò solo il viaggio, dovet-tero pagare anche 50mila lire e una stecca di sigarette a persona al doganiere che altrimenti ti negava l’ingresso nel bel Paese. La prima av-ventura è stata sopravvivere lavorando nel commercio di biancheria con i fornitori che applicavano alla merce prez-zi maggiorati e irragionevoli. Adil arriva in Sardegna nel 1989 all’età di 10 anni e per due anni frequenta la scuo-la senza avere il permesso dallo Stato che ci mette ben due anni a fornirgli la docu-mentazione, questo grazie a un’insegnante che si era pre-

sa a cuore la situazione della famiglia. Oggi Adil Fathi ha 34 anni, una laurea in Economia del Turismo conseguita a Bo-logna, una moglie due figli e l’identica situazione di preca-riato lavorativo che colpisce tanti giovani italiani e sardi.

Dopo aver vissuto quattro anni a Londra ha deciso di stabilirsi definitivamente in Sardegna a Sassari con la sua famiglia perché l’integra-zione che ha vissuto Adil è un’integrazione felice che ha reso sia lui che i suoi fratelli e sorelle non solo cittadini italiani ma sardi a tutti gli ef-fetti. Dice Adil “La Sardegna accoglie noi immigrati sen-za voler cancellare la nostra identità, ecco perché ci sono tantissime storie come la no-stra di interazione e confron-to positivo, dovete andare orgogliosi della vostra capa-cità di parlare e confrontarvi con gli immigrati instaurando rapporti di convivenza felici”.

di Claudia Sarritzu

Questo spazio è dedicato alle persone che quotidianamente conducono una battaglia silenziosa. Racconta anche Tu la tua storia. Le migliori verranno pubblicate. Scrivi a:

[email protected] o manda un sms al 342.5995701

adIl fathI, un caso dI ImmIgrazIone felIce“la sardegna accoglIe e rIspetta, è casa mIa”

Marocchino di Casablanca, 24 anni. È laureato in Eco-nomia del turismo e vive a Sassari con la famiglia

CHI È

STORIE

Page 24: CagliariPad 14

CURIOSITÀ

La cripta di Santa Restituta è stata, in periodo Mediaevale, il sancta sanctorum della cristianità. Nella grotta scavata natu-ralmente e in parte in modo artificiale, risalente al III secolo a.C., età tardo-punica, i templari erano soliti custodire moltissime reliquie sottratte in Terra santa. Nel XIII secolo la cripta venne dedicata al culto di Santa Restituta, da alcuni ritenuta la ma-

dre di Sant’Eusebio. Altri studiosi, invece, considerano la Santa una martire africana, le cui reliquie, insieme a quelle di altri martiri, vennero portate, nel VI secolo d.C., dall’A-frica in Sardegna.I resti della Santa vennero trovati, all’in-terno di un’urna di terracotta, nella grotta in occasione degli scavi attuati nel Sei-cento per recuperare le reliquie dei martiri.

cos’è La criptadi santa restituta?

Monte Sirai è un sito ar-cheologico nei pressi di Carbonia. Monte Sirái è una celebre altura edi-ficata dai Fenici di Tiro, che occuparono anche Sulki, l’odierna Sant’An-tioco. Nel 1962 fu ritrova-

ta una figura femminile scolpita su una stele del tofet. In seguito ad ulte-riori sopralluoghi. L’anno successivo iniziarono gli scavi che portarono alla luce una metropoli di 3000 anni fa.

monte sirai, unametropoLi suLLe nuvoLe

A pochi chilometri dall’abitato di Goni, lungo la provinciale per Cagliari e ad appena mezz’ora di macchina dal capoluogo è pos-sibile ammirare il par-co di Pranu Muttedu, che rappresenta uno dei più suggestivi siti archeologici della Sar-degna interna. L’area archeologica di Pranu Mutteddu è un’estesa piattaforma del Gerrei, nella Sardegna sud-orientale e una delle più suggestive e importanti aree funerarie della Sar-

degna preistorica. In lo-calità Su Crancu sono situate le capanne di riferimento della necro-poli. A sud si trovano i sepolcreti di Pranu Mut-teddu e di Nuraxeddu, attorniati da folti gruppi di menhir (in coppie, in allineamento o presenti all’interno delle stesse tombe) e da costruzio-ni rotonde di carattere sacro. Più a sud, sul roccione di Genna Ac-cas, è situata l’omoni-ma necropoli ipogeica a domus de janas con tre circoli tombali.

Goni, la Stonehenge sarda:sepolture megalitiche

a Pranu Mutteddu

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Armungia, il paese di Emilio Lussu, si sviluppa attorno ad un nuraghe, tutt’ora in buono stato di con-servazione, risalente al XV-XIV secolo a.C. L’architettura paesa-na richiama l’origine agro-pastorale del borgo: le case sono molto semplici e realizzate in scisto; di solito ospitano un for-no a palla e nei cortili si trovano piccoli locali adibiti a magazzini o stalle.

Il paese ospita al suo interno un vero e proprio museo diffuso, cioè un sistema di musei e monumenti che sono testimonian-za della cultura e della quotidianità di Armun-

gia. Attraversando le caratteristiche strade di questo delizioso borgo, il turista si ritrova all’interno di un percorso di grande interesse storico e antropologico, che lo porteranno a visitare il Museo Etnografico

“Sa domu de is Ai-nas”, che conserva circa seicentoi reperti della cultura materia-le dei contadini del Gerrei; la Bottega del Fabbro, che custodi-sce gli strumenti del “ferreri”; il nuraghe al centro del paese,

molto suggestivo so-prattutto se visto con l’illuminazione soffusa della sera; infine la casa natale dello scrit-tore e statista Emilio Lussu, che tanto amò il suo paese.

armungIa, Il paese dI emIlIo lussucrescIuto Intorno al suo nuraghe

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I

Lopez si tra-scinava per il corridoio della sua casa.Il sangue gli

usciva dal corpo copio-samente. La sua gamba destra e il ginocchio era-no completamente spap-polati.Ora non sentiva più do-lore, quello era sparito subito, oppure era au-mentato a tal punto da non poter essere più percepito. Non poteva saperlo adesso. Pensava solo a trascinarsi e ad arrivare alla fine del corridoio.Sentiva il calore andarsene. Più si sforzava e più il calore andava via.Alfonso Lopez. Nessuno lo chiamava con il suo vero nome. Nessuno lo co-nosceva il suo vero nome. In realtà, nessuno conosceva nemmeno la sua faccia. Era un fantasma, una leggen-da. Una storia raccontata ai bambini per spaventarli: “Se non fai da bravo chiamo l’Albino!”. Lo chiamavano così: l’Albino. Il motivo per cui poi lo chiamassero in questo modo, anche questo, nessuno lo sapeva. Era noto invece che se l’Albino ti cercava eri un uomo morto. Sapendolo, forse, ti saresti potuto salvare. Ma lo sapevi

solo quando eri già morto. L’Albi-no era un profes-sionista.Adesso però era arrivato al capo-linea, pensava.Il suo boia lo sta-va osservando.Era la fine.Non se l’aspetta-va a dire il vero. Ovviamente un professionista come lui non era estraneo a questo genere di situazioni. Una volta a Istanbul

un sicario da strapazzo intendeva staccargli la testa con un coltello. Invece di liquidare e sparire come sempre, aveva deciso di prenderse-la con lui. L’aveva trascinato nel ba-gno della stazione, l’aveva riempito di buchi e poi l’aveva mutilato.Aveva perso la calma. L’unica volta in tutta la sua carriera.Da allora era sempre stato attento ad ogni più piccolo particolare.Tranne questa volta probabilmente.Sapeva che il suo tempo era quasi finito.Lopez. L’Albino. Il killer. Continuava a trascinarsi.Adesso sembrava una lumaca a cui avevano strappato il guscio. Una lu-maca dalla bava rossa.

Il boia superò quella lumaca di Lo-pez e gli si piazzò davanti. La luma-ca fu costretta a fermarsi. “Dimmi un po’ Al, ” disse il boia, “ti fa male la gamba?”.Lopez non rispose. “Al, mi hai sentito?Forse non sei abituato a sentirti chiamare così. Com’è che ti chiamano Al? Come hai detto? Albi-no?” –Silenzio– “Bastardo.” L’Albino stava sempre zitto. Il calore intanto se n’andava dal suo corpo.Non voleva parlare. Erano gli ultimi istanti della sua vita. Non voleva ro-vinare quel momento con frasi inu-tili. Pensava solamente alla morte.Si era sempre immaginato l’attimo esatto della morte come qualcuno che scavalca un muro. Era un’im-magine semplice, e per lui era suf-ficiente.Era il suo turno scavalcare il muro, si disse. In quel momento, quando sai che non puoi più tornare indie-tro, sei sereno, pensava l’Albino. Pensava questo quando liquidava un incarico. Forse gli faccio un favo-re, si diceva l’Albino. Quando lo era. Adesso era solo Lopez. La lumaca.Lopez sentì la voce del suo boia. La serenità si dileguò. Aveva compiuto un tremendo errore. Si era compor-tato da dilettante. Un patetico dilet-tante.“Brutto bastardo!”, disse il boia “Sei un bastardo…” continuò, stringendo i denti, quasi sottovoce.

L’aLbino

Vivo a Cagliari, non ho la tv, odio i social network, quando

non lavoro scrivo, e se non scrivo leggo. La mia vita è noiosissima.

CHI È

IL RACCONTO

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Questo spazio è dedicato agli scrittori. Inviaci la tua storia. Le migliori verranno pubblicate.

Scrivi a: [email protected] o manda un sms al 342.5995701

Lopez dentro di sé diede ragione al suo boia. Sapeva anche questo. Era un bastar-do.Chiariamo subito: Alfonso Lopez era un bastardo, non l’Albino. L’Albino era leale. Non c’entrava niente se fa-ceva fuori la gente. Quello era il suo mestiere. Non prometteva niente che non potesse mantenere, l’Albino.“Apri la bocca!” ordinò il boia. Lopez l’aprì e sentì il sapore freddo del ferro.La sua lingua si opponeva al piccolo cerchio metallico che tra poco avreb-be bruciato.Era giusto così, pensava Lopez.Il boia tolse la pistola dalla sua bocca.Il piccolo cerchio metallico che aveva sentito con la lingua, adesso era pre-muto contro la sua fronte.Sentiva dolore. La pressione aumen-tava. Sapeva che fra poco tutto sareb-be finito.Il boia allontanò la pistola dalla fron-te di Lopez.Un anello rosso era stampato tra i suoi occhi e l’attaccatura dei capelli.Era incertezza. L’Albino la sentiva. La poteva percepire chiaramente. L’aveva vista e sentita centinaia di volte nella sua carriera.L’incertezza che ti può uccidere. Lui

era stato un professionista. L’aveva riconosciuta.Avrebbe potuto approfittarne. Quello era il momento. Solo l’Albino avrebbe potuto risolvere tutto.Ormai era troppo tardi, pensava Lo-pez.No. L’Albino avrebbe ancora potuto fare qualcosa. Se solo…Era troppo debole, lo interruppe Lo-pez. Aveva perso troppo sangue per poter fare qualcosa.L’Albino gli diede ragione. Ormai lui non poteva fare più niente. Però Lo-pez sì che poteva fare ancora qual-cosa. E avrebbe dovuto, perché se si trovavano in quella situazione, era a causa di Lopez e non sua. Chi non aveva rispettato le regole era Lopez e non L’Albino.L’Albino era sempre stato preciso.Per questo motivo Lopez non aveva rispettato le regole. Sempre e solo un‘ombra. La sua vita era questo. Solitudine e morte.Si era stancato di quella vita.L’Albino non commentò.Lopez aveva detto basta. Non ne ave-va mai parlato con nessuno. Lopez aveva sempre nascosto l’Albino.Fino a quel giorno.Era giusto così. Chiuse l’argomento

Lopez. Era il finale più adatto a que-sta storia. Forse l’unico possibile. L’unico possibile, arrivati a questo punto.Decise di aiutare il suo boia.Avrebbe voluto dire “Ti chiedo scu-sa”, ma non lo fece.Disse solamente “Ti amo.”.

II

Un istante dopo il cervello di Lopez era sparso da ogni parte. Compresa la faccia del boia, che aveva supera-to l’incertezza e ora, rimaneva im-mobile, congelato. Il braccio disteso. La pistola ancora puntata. Il dito sul grilletto.Lentamente poi, con la mano libera, si pulì la faccia dal sangue e dalle la-crime che scendevano storte sul viso.Alfonso, pensava il boia. “Brutto ba-stardo…”, sussurrò.Alfonso.Per lei era sempre stato Al.Solo Al.

di Alessio Cocco

pag. 25

Page 28: CagliariPad 14

di Alessandra Ghiani

Peppi Jr non sapendo come aiutare suo figlio Cesarino in una ricerca sui nuragici deci-de di chiamare un suo vec-chio amico esperto di cose antiche.

Rientrato da scuola, Cesarino si rinchiude in camera triste e sconsolato, per parecchio non vuole parlare con nes-suno. Ha gli occhi gonfi dal pianto e la candela di moccio che spunta dal naso che ogni tanto pulisce con la manica della felpa. Peppi Junior, che ha attaccato l’orecchio alla porta per cercare di capire cosa stia facendo suo figlio, ad un certo punto decide di entrare a parlargli.

“Cesarino mì che a babbo gli puoi dire tutto, non è che ti hanno dato qualche shfod-data?”.Cesarino fa cenno di no con la testa ma non sembra voler parlare. Peppi insiste:“Ti hanno chiamato di nuovo caghineri? Te l’ha già detto babbo cosa devi rispondere se ti dicono così quei figli di bustiere!”.

Improvvisamente il bambino scoppia in lacrime e dopo cin-que minuti di pianto Peppi rie-sce a farlo smettere promet-tendogli un nuovo videogioco per la play station. Teresina, nascosta nel corridoio per origliare la conversazione tra padre e figlio chiama Peppi :“Peppi mì che non è che tutte le volte che piange possiamo comprargli un videoghém nuovo!”“O Teresina, m’è parta cosa seria e non sapevo più come consolarlo. Lo sai che la plei-

sté è il suo tallone da killer!! Ayò dai, per questa volta!”

Nel frattempo Cesarino è uscito dalla sua stanza e rag-giunti i genitori confessa:“La maestra ci ha detto che dobbiamo scrivere una ricer-ca sui nuragici e che dobbia-mo farci aiutare da mamma e papà…”“O Cesarino di babbo, tottu innoi? Zerriausu a nonnu che lui sa tutto sugli animali!”.“O Peppi là che i nuragici sono un popolo antico mica animali!” lo corregge Teresi-na.

Cesarino più che mai scon-solato ricomincia a piangere ma Peppi, dopo aver riflettu-to un po’ prende il telefono e chiama Peppi padre che con le sue tante conoscenze po-trà aiutarlo.

“Tutto a posto nenno, dome-nica un amico di nonno Peppi ci accompagna a vedere un bel nuraghe e ti spiega tutte le cose che vuoi!”. Il pianto di Cesarino, alle parole del padre, si trasforma in un sor-riso di soddisfazione e anche Teresina guarda Peppi con gli occhi dell’amore e dell’or-goglio.

Domenica mattina, destina-zione Barumini, appunta-mento a Su Nuraxi alle 10. Ad attenderli un vecchio e caro amico di nonno Peppi, zio Nino, un omino di bassa statura con gli occhi rotondi e accesi che, dopo averli salu-tati, si rivolge a Cesarino:

“I giovani devono sapere la storia di tutti i tempi perché senza non si può essere edu-cati. La storia è un occhio del-

la conoscenza, chi sa la storia antica o moderna, quello che è stato fatto in passato è co-sciente, è un uomo di cultura.

Senza cultura non si va avan-ti, la Sardegna non va avanti, io invito sempre i giovani a studiare la storia *”

AYÒ AL NURAGHEA BARUMINI CON GLI USAI E PROFESSOR LILLIU

L’archeologo che scoprì Su Nuraxi il 12 marzo avrebbe compiuto 98 anninoi lo ricordiamo così, con grande affetto e un pizzicco di ironia

LAIF STAIL

Page 29: CagliariPad 14

pag. 27“Zio Nino ma tu quanto hai studiato?” chiede timidamen-te Cesarino“Di studiare non ho mai smes-so. La Sardegna è una terra antica, la più antica, geologi-camente, d’Italia. Una terra di pietra e vento, con paesaggi attraenti per la diversità, belli taluni pur nella loro desolazio-ne. E migliaia di monumenti del passato glorioso*. Per questo ho sempre amato studiarla. Mio padre diceva sempre che mi ero laureato in perdas e teulacciu perché avrebbe voluto fossi diventa-to medico o avvocato più che un esperto di pietre e cocci di terracotta. Per esempio, tu lo

sai cos’è l’età nuragica?”

Zio Nino inizia a parlare, a raccontare, a spiegare, a di-segnare con le parole la sto-ria dei popoli antichi che abi-tavano la nostra terra mentre Cesarino, stregato da tutti quei racconti incorniciati dalle pietre de Su Nuraxi, rimane a bocca aperta senza saper dire niente.

Peppi e Teresina stanno pas-seggiando mano nella mano in mezzo alla cortina muraria:“O Teresì mi sa che ci toc-ca iniziare a risparmiare, mi sembra che Cesarino è incli-nato agli studi..”

“Ho cercato di combatte-re contro il vento e il tem-po della dipendenza della nostra isola, della nostra patria, e piantare gli alberi della nuova autonomia. È tempo di uscire dalla crisi attuale (che significa stac-co dal tempo andato anche recente e annuncio di svol-ta culturale). Di mettere al servizio della rifondazione sarda le palesi e riposte energie, di tendere tutto l’arco del desiderio e del-la volontà per realizzare la stagione ancora in spirito e pratica di vera libertà. Tutti

insieme. Fortza paris**”

Il 12 marzo professor Lilliu avrebbe compiuto 98 anni, noi lo ricordiamo così.

* Giovanni Lilliu in occasione di un’edizione della manife-stazione Monumenti Aperti ** Giovanni Lilliu in occasione della consegna del “Sardus Pater””. •

Vignetta di Bob Marongiu

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Mucche, zebre, giraffe con un sorriso a trentadue denti sono il suo marchio di fab-brica. Non è un caso: anche lui è così. Non che abbia sempre la risata in tasca, anzi: apparentemente que-sto ragazzone di Bonarcado (Oristano) è silenzioso, un po’ timido, assente e con il pen-siero sempre altrove. Il fatto è che questo strano pittore di successo, che ha vissuto all’estero – Svizzera, Stati Uniti, Emirati arabi - ma ha scelto l’Isola come luogo per mettere su affetti, azienda e famiglia, ha un innato ottimi-smo che è strettamente con-naturato ai sogni che si porta dietro. Ottimismo che muove il suo pennello, condiziona il suo abbigliamento -veste come un ragazzo di 15 anni, con gli occhialoni di Lapo sul-la testa, felpe con cappuccio, jeans Diesel e gira per Ca-

gliari su un Segway di ultima generazione- e il suo caratte-re: avrà pure i riflessi lenti, ma è di un’ironia pungente e ha la battuta sempre in canna.

Ma partiamo dal principio: per telefono fissiamo un ap-

puntamento e lui accetta all’istante. Arriva in redazio-ne con largo ritardo e una volta accomodato comincia a guardare il soffitto. Chiede continuamente che ore sono, sembra spaesato. La realtà è che il suo cervello si è messo in azione. Vorticosamente.

Dà un sorso a una lattina di Coca e inizia a parlare. Se si trova a suo agio, infatti, Bob Marongiu ti racconta la sua vita. E la racconta dise-gnando le parole con i gesti e guardandoti dritto negli occhi. Alla fine di ogni frase, sempre con lo stesso tono, sempre con lo stesso sguar-do, chiede se hai capito. E’ il suo modo di riprendere con-tatto con la realtà dopo aver a lungo vagato con la fantasia.Ti guarda come un morto di sonno e mentre stai pen-sando se c’è o ci fa prende

una penna e inizia a dise-gnare. E là capisci che quel mondo che ha sposato per puro caso è il suo mondo.

Una vita in viaggio, racconta di persone e storie incredibili, da Tom Barack fino all’amico pastore che sta viaggiando per vendere il suo formaggio. Ama gli animali Bob, e le don-ne, in maniera viscerale, ma parla spesso di sua moglie e dei suoi figli -sono due e il terzo é in arrivo- e quando lo fa ha la voce di un padre e lo sguardo di un marito. Ha mille cose da fare ma tutto il suo mondo gira intorno a loro.

“Sai cosa sogno?” Il suo tono diventa tre-mendamente serio ed é quasi emozionato.“Che questo pezzetto di terra impari a vivere di cinema, e per il cinema. Che le nostre

storIa dI un extraterrestre con Il pennelloche ha trasformato la fantasIa In realtà

BoB Marongiu e’ nato in Svizzera il 13 Novembre del 1966 da genitori sardi. Pittore autodidatta, il suo genere puo’ definirsi “Neo Happy Pop”, termine in-ventato dall’artista stesso.Vive e lavora ad Oristano (in Sardegna), ma espone le sue opere in giro per il mondo. È un pittore normale come Picasso, Matisse, Mirò... Si ispira a Walt Disney, Mordillo, i Fauves, Vicky il Vichingo, i Barbapapà, la linea di Cavandoli, Iacovitti.

CHI È

IL PERSONAGGIO

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pag. 29

ricchezze siano conosciute da tutti, che la nostra terra si diventi una specie di Hollywo-od. Una cartolina vivente: hai capito?”Bob Maron-giu ha molti sogni, alcuni dei quali irre-alizzabili per qualsiasi per-sona di sano e robusto realismo, ma non per lui.

Vo r r e b b e andare sulla luna, certo, e aprire un laboratorio in centro per gli artisti do-tati di talento, una casa di produzione c inemato -grafica, un luogo in cui i giovani pos-sano esprimere la propria creatività dando valore al territorio nel quale vivono.

Per l’ennesima volta, in mezzo all’ultimo racconto della serata, chiede che ora é come se fosse una voce

fuori campo, adesso deve proprio scap-pare. La fan-tasia lo porta altrove, e lo porta sul suo Segway che utilizza per girare in città ma anche in ascensore e dentro gli uffici della redazione. Sembra so-gnante anche mentre chiu-de la porta e ti lascia con un unico dubbio: chi è il matto tra me e lui?”.

di Alessandra Ghiani e Guido Garau

Page 32: CagliariPad 14

di Carlo [email protected] Il sangue del cordone ombe-licale è la terza fonte di cel-lule staminali, dopo il midollo osseo e il sangue. Le sta-minali sono “cellule il cui de-stino non è ancora deciso”, cellule neutre che possono originare altri tipi di cellule. Sono perciò utili nella cura di numerose patologie come leucemie, linfomi, alcuni tu-mori solidi, deficit immunitari, patologie genetiche come la talassemia. Ma smisurate sembrano essere le poten-zialità di queste cellule con il progredire delle conoscenze medico-scientifiche. È perciò comprensibile l’interesse a ri-guardo non solo da parte dei malati di gravi patologie, che sperano di trovare una cura ai loro mali, ma anche di chi ha intravisto un’opportunità di business senza limiti. Andrea Corda, ginecologo cagliaritano, opera nel repar-to di Ginecologia e Ostetricia del San Giovanni di Dio dagli anni 90, è officer del distret-to 108 dei Lions per il servi-ce sulle cellule staminali dal sangue del cordone ombe-licale e mette in guardia dai facili entusiasmi e dai possi-bili rischi.

Come si ottengono le sta-minali dal cordone ombe-licale?

Al momento del parto si re-cide il cordone e da questo si prelevano dai 50 ai 100cc di sangue ricco di cellule. Il sangue viene poi subito con-servato in apposite sacche. Dal sangue vengono infine estratte le staminali che, at-traverso un processo di cri-oconservazione, vengono conservate nell’azoto liquido a temperature di -180° C.

In Italia vengono conser-vate presso le Banche del sangue cordonale. Da ot-tobre anche Cagliari ha la sua, al Binaghi.

Sì. Il problema è che esiste una procedura da seguire nel prelievo e nella conserva-zione delle cellule del cordo-ne ombelicale. L’intera filiera deve essere attuata secondo precisi parametri internazio-nali, solo se-guendo i quali la Banca del sangue ottie-ne la certifica-zione Gmp: Good medical practice (Cor-retta prassi medica). Sen-

za l’attestato Gmp le banche non possono utilizzare le cel-lule che conservano.

La “Banca” del Binaghi può vantare questa certifi-cazione?

No, per niente. Su circa venti Banche del sangue cordona-le presenti in Italia solo due hanno la Gmp. Le altre con-servano le cellule, ma non possono utilizzarle, perché non hanno cellule certificate. Esistono per garantire uno stipendio al solito codazzo di Presidenti, Consigli di ammi-nistrazione e dipendenti vari.

Nessuna speranza per un malato sardo, allora?

Solo intraprendere l’ennesi-mo viaggio in strutture pub-bliche certificate in Continen-te o andare all’estero, dove, però, molte strutture private hanno trasformato in un vero e proprio business l’utilizzo

delle stamina-li. Qui in Italia, dai danni fatti dalle scelte del-la Bindi in poi, scontiamo un ritardo normati-vo di dodici anni che in medicina sono un era ge-

ologica. Praticamente per le donne oltre all’emigrazione per avere figli, si aggiunge quella per conservare le cel-lule staminali che potrebbero curare le patologie dei propri familiari.

Perché una madre può scegliere che le staminali del proprio cordone siano esclusivamente a disposi-zione sua o dei familiari? All’estero sì. È la cosiddetta donazione autologa, vietata in Italia, che di fatto permette la cura solo a chi ha la possi-bilità di conservare le proprie cellule in costose banche pri-vate oltre confine. Qui in Italia esiste la donazione dedica-ta, consentita dalla legge in singoli casi ben specificati. I risvolti etici dell’uso delle sta-minali sono, d’altronde, quasi orwelliani. Una volta termina-ta la mappatura del genoma si può arrivare alla clonazio-ne o alla selezione della spe-cie. Il rischio già attuale è che nasca uno scontro a discapi-to della ricerca. •

AndreaCordaGinecologo e officer del distretto 108 Lions

“la banca del sangue del bInaghI? è InutIle: non è certIfIcata”

“Conservano le cellule ma non potran-no utilizzarle: così l’unica speranza per i sardi resta quella di andare all’estero”

“Su circa venti Banche in Italia solo due sono a norma. Le altre? Servono a garantire incarichi e

stipendi.”

L’ApproFoNdIMENTo

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LEONE  Belle sorprese in arrivo. L’amore va

a gonfie vele. Non rovinate i delicati

equilibri a causa della gelosia. Fidate-

vi del vostro partner.

VERGINE  La carriera si prospetta positiva. Date

una spinta all’acceleratore, ma non

vogliate prevaricare sui vostri colleghi.

Potrebbe essere un boomerang.

BILANCIA  La stanchezza si fa sentire. Siete

tirati da una parte all’altra, e la vostra disponibilità inizia a esaurire le batterie. Prendetevi una bella pausa: ne avete

bisogno

SCORPIONE  Le stelle lo dicono a chiare lettere: è il momento di spiccare il volo. State percorrendo una strada che porterà grandi soddisfazioni. Dovrete solo

avere un po’ di pazienza…

ARIETE  

È un periodo fortunato: il lavoro va

a gonfie vele, serenità in famiglia e

negli affetti. Fortuna al gioco, ma non

rischiate troppo.

TORO  

Non tutto gira per il verso giusto, e non

da oggi. Per voi la primavera non è

ancora arrivata. Frenate, pertanto, i de-

sideri folli e la vostra mania di strafare.

GEMELLI   Ci sono cose che vi mandano in bestia (e gli astri vi rendono particolarmente

suscettibili): provate a chiudere la porta di casa. La solitudine è la migliore

medicina.

CANCRO  È un bel momento: siete accondi-scendenti, allegri, gioviali. Forse la

bella stagione ha portato anche una lima che ha smussato le vostre pro-

verbiali punte acuminate. Approfittate-ne per curare le relazioni personali.

SAGITTARIO  Imprevisti all’ordine del giorno. Affron-

tateli con determinazione e tenacia per

avere la meglio. Un’attenzione in più

alla salute. Meno stress aiuta.

CAPRICORNO  

Dopo un gennaio vissuto all’insegna della gioia, e un febbraio irradiato dagli influssi di Venere, ecco una fase deli-cata: siete deboli e fragili. Soprattutto

in amore.

AQUARIO  

Le parole a volte servono. In questo

caso, però, cercate di essere più pratici.

Ci sono situazioni dove è preferibile

stare in silenzio, ad aspettare.

PESCI  

È una fase di crescita importante.

Siate più introspettivi. La quotidiniatà

potrebbe travolgervi. Ascoltate anche

la voce del cuore.

OROSCOPOdal 13 marzo al 26 marzo

TEATRO

Da martedì 21 a domenica 25 marzo, al Teatro Mas-simo andrà in scena I fratelli Karamazov, l’opera di Fëdor Michajlovič Dos-toevskij. Frutto della col-laborazione tra il Teatro Stabile della Sardegna e il Teatro Metastasio di Pra-to, sotto la direzione di Guido De Monticelli. Info: 070270577

MUSICAL

Da venerdì 23 fino a sabato 24 marzo, alle 21, all’Auditorium del Conservatorio - Piazza Porrino, 1 di Cagliari, in scena: Peter Pan- Il Musical. Protagonista Manuel Frat-tini. Le musiche sono tratte dall’album “Sono solo can-zonette” di Edoardo Bennato e appositamente riarrangi-ate. Box office: 070.657428 e www.greenticket.it

MUSICA E PAROLE

Domenica 25 marzo, alle 18:30, al Teatro Club di via Roma 257 a Cagliari, all’interno della rassegna “Significante”: Spettacolo a cavallo tra parola e musica, sarà protagonista il testo Picta di Marcello Fois. Daniele Monachella voce recitante, Andrea Congia chitarra clas-sica e Gianluigi Dettori basso elettrico. Indo: 3453199602

ARTE

Sarà visitabile, sino a do-menica 25 marzo, nei lo-cali della Casa Pilloni di Sardara, la mostra percor-so: La Fiera Donna Sarda, di Lucio Fanti. Con le sue opere di ceramica artis-tica decorata, l’artista in-tende valorizzare l’identità culturale della Sardegna. Info: 345/2949294

[email protected]

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I danni che possono essere provo-cati al nostro organismo dall’u-

tilizzo continuo dei cellulari non sono una novità. Come non lo sono quelli inferti alla nostra vita privata, dato che, con l’arrivo di questi aggeggi invadenti, ci siamo giocati il diritto alla libera reperi-bilità. Non solo siamo incatenati alla puntuale rintracciabilità ma la riservatezza e la discrezione nel gesto del telefonare sono total-mente scomparse.

Facciamo il punto. Fino al 1995 non c’era tanta scelta: per chia-

mare qualcuno c’erano le cabine telefoniche a gettoni o il telefono di casa. In entrambi i casi la telefo-nata era un gesto privato che non aveva spettatori e quando li aveva, e se ci infastidivano, allungavamo il filo e ci rinchiudevamo in ca-meretta. Le nostre conversazioni erano soltanto affari nostri e se qualcuno origliava era considerato inopportuno e maleducato.

In una manciata di anni però le cose sono molto cambiate e da

allora non si capisce più niente. Chi prima si chiudeva in camera, quelli che si sigillavano nella cabi-ne telefoniche, quelle stesse iden-tiche persone piene di pudore e ri-servatezza che non sopportavano i maleducati, sono sparite. Tutti

parlano davanti a tutti e lo fanno a voce alta sputando in faccia al mondo gli affari loro senza darsi alcun pensiero.

Dieci anni fa i curiosoni doveva-no rizzare le orecchie, attaccar-

le alle porte o ai muri, per rubare scampoli di telefonate. Oggi anche i pettegoli più incalliti ne hanno le scatole piene dei fatti altrui e non ne vorrebbero più sentire.

Pochi giorni fa sono stata testi-mone involontaria di una con-

versazione telefonica avvenuta tra una donna in fila alla cassa del supermercato e qualcuno che l’a-veva chiamata. Ad essere sincera, sentirla parlare dell’agonia di un suo parente da poco scompar-so - dei suoi respiri affannosi, dei suoi rantoli e della sua sofferenza - così, davanti a tutti, a voce alta, con invadenza e indiscrezione, come se stesse commentando il bunga bunga, mi ha fatto venire la nausea.

Le persone riferiscono i propri intimi affari ovunque, parlano

a gran voce davanti a gente stanca in treno, in fila alle poste e al mer-cato del pesce. Appena il cellulare suona si precipitano a rispondere come drogati, le donne cercano nelle loro immense borse convul-

sivamente, gli uomini si avventano sui cappotti o nelle borse da lavo-ro, e non c’è cinema, biblioteca, ospedale, chiesa, museo, o fune-rale che tengano.

Anche qui, come per la reperibi-lità a tutti i costi, ci si è convin-

ti che sia normale.

Ma non lo è. Io odio che il mio cellulare squilli in pubblico.

Non sopporto telefonare davanti agli altri aldilà degli argomenti che tratto. Il mio telefono non squilla, vibra soltanto perché trovo che il silenzio valga ancora qualcosa. Cosa ho fatto nella giornata, se ho pagato la bolletta, come sono an-date la analisi del sangue, come stanno i miei parenti, sono fatti che non ho voglia di condividere con alcun estraneo.

Pare che la gente abbia smesso di farsi tutti questi problemi. Sem-

plicemente, come per un mucchio di altre cose, la gente fa quello che le pare mentre pensa di non dover rendere conto di nulla a nessuno.

La mia guerra forse è persa in partenza, ma non ho alcun ri-

spetto per qualunque tipo di ma-leducazione, per l’indiscrezione e l’invadenza, e non smetterò mai di respingerle.

“L’intimità, al giorno d’oggi, è il Santo Graal.”

Amélie Nothomb

C’era una volta la discrezione…

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