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1 C – L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA 1 – La Riforma protestante 2 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della società nella Controriforma 3 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della società (testi storiografici e documenti di storia locale) 1. LA RIFORMA PROTESTANTE 1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma 1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici 1.2 Gli aspetti socio-politici 1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma La Riforma protestante ha assunto un significato rivoluzionario, di profonda rottura nella storia europea in quanto ha modificato una delle caratteristiche peculiari della società europea medioevale: l’unità religiosa. Quella che noi oggi chiamiamo Europa veniva allora chiamata Cristianità. Se l’unità politica della cristianità era in parte stata un miraggio e comunque le pretese universalistiche dei papi o degli imperatori erano ormai definitivamente tramontate, poiché era in atto il processo di formazione degli stati nazionali e regionali, la cristianità rappresentava, ancora all’inizio del Cinquecento, un legame culturale molto forte costituendo quello che era il valore fondamentale dell’uomo medievale, la religione. La riforma luterano, insieme alle altre confessioni protestanti quali il calvinismo, sancì la definitiva rottura di questa unità che finì per provocare, nei secoli XVI e XVII, una serie continua di scontri, di guerre di religione. All’interno di questi scontri la Riforma protestante e la seguente Controriforma cattolica, voluta dal Concilio di Trento, ebbero una seconda conseguenza di portata storica poiché contribuirono ad accrescere l’importanza delle istituzioni sociali, quali la Chiesa e lo Stato, nella vita dell’individuo promuovendo un processo che gli storici hanno definito di disciplinamento e di acculturazione della società. Tale processo costituisce il tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita della popolazione al fine di ottenere una società culturalmente meno differenziata e più pronta ad obbedire ai poteri centrali (Stato e Chiesa) in maniera più automatica. Il processo di disciplinamento e di acculturazione possono essere descritti come il tentativo di sradicare una serie di comportamenti, dal gioco alla mendicità o ai comportamenti sessuali, usanze e tradizioni, quali il carnevale, pratiche e credenze, come quelle etichettate come stregoneria, sostituite da altre ritenute corrette. La religione, quella protestante come quella cattolica, venne utilizzata come principale strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo dell’obbedienza. Proprio perchè l’identità europea era fortemente caratterizzata dalla religione cristiana e perchè la rottura di questa identità si accompagnò ad un accentuarsi del processo di disciplinamento della società la Riforma e la Controriforma coinvolsero aspetti non solo teologici ed ecclesiastici ma anche socio-politici e psico-sociali. La nostra analisi esaminerà, dunque, Riforma e Controriforma sulla base di questi tre aspetti. I SIGNIFICATI STORICI DELLA RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA

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C – L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA 1 – La Riforma protestante 2 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della società nella Controriforma

3 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della

società (testi storiografici e documenti di storia locale)

1. LA RIFORMA PROTESTANTE

1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma 1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici 1.2 Gli aspetti socio-politici

1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma La Riforma protestante ha assunto un significato rivoluzionario, di profonda rottura nella storia europea in quanto ha modificato una delle caratteristiche peculiari della società europea medioevale: l’unità religiosa. Quella che noi oggi chiamiamo Europa veniva allora chiamata Cristianità. Se l’unità politica della cristianità era in parte stata un miraggio e comunque le pretese universalistiche dei papi o degli imperatori erano ormai definitivamente tramontate, poiché era in atto il processo di formazione degli stati nazionali e regionali, la cristianità rappresentava, ancora all’inizio del Cinquecento, un legame culturale molto forte costituendo quello che era il valore fondamentale dell’uomo medievale, la religione. La riforma luterano, insieme alle altre confessioni protestanti quali il calvinismo, sancì la definitiva rottura di questa unità che finì per provocare, nei secoli XVI e XVII, una serie continua di scontri, di guerre di religione. All’interno di questi scontri la Riforma protestante e la seguente Controriforma cattolica, voluta dal Concilio di Trento, ebbero una seconda conseguenza di portata storica poiché contribuirono ad accrescere l’importanza delle istituzioni sociali, quali la Chiesa e lo Stato, nella vita dell’individuo promuovendo un processo che gli storici hanno definito di disciplinamento e di acculturazione della società. Tale processo costituisce il tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita della popolazione al fine di ottenere una società culturalmente meno differenziata e più pronta ad obbedire ai poteri centrali (Stato e Chiesa) in maniera più automatica. Il processo di disciplinamento e di acculturazione possono essere descritti come il tentativo di sradicare una serie di comportamenti, dal gioco alla mendicità o ai comportamenti sessuali, usanze e tradizioni, quali il carnevale, pratiche e credenze, come quelle etichettate come stregoneria, sostituite da altre ritenute corrette. La religione, quella protestante come quella cattolica, venne utilizzata come principale strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo dell’obbedienza. Proprio perchè l’identità europea era fortemente caratterizzata dalla religione cristiana e perchè la rottura di questa identità si accompagnò ad un accentuarsi del processo di disciplinamento della società la Riforma e la Controriforma coinvolsero aspetti non solo teologici ed ecclesiastici ma anche socio-politici e psico-sociali. La nostra analisi esaminerà, dunque, Riforma e Controriforma sulla base di questi tre aspetti.

I SIGNIFICATI STORICI DELLA

RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA

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1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici

1.1.1 Chiesa e movimenti riformatori durante il medioevo 1.1.2 I "mali" della Chiesa 1.1.3 L'indulgenza tedesca del 1517 e la rivolta di Lutero 1.1.4 La teologia luterana

C'è un filo continuo tra le richieste di riforma della Chiesa che avevano attraversato il Medioevo e quelle che si svilupparono nel Cinquecento; la denuncia di mali, errori, deviazioni, compromessi, l'ansia del rinnovamento, il bisogno di un ritorno alle origini, che avevano caratterizzato i movimenti medievali di dissidenza religiosa, si ri-trovavano ora nelle parole delle nuove generazioni di riformatori. Nei confronti dei movimenti riformatori, durante il Medioevo, la Chiesa o aveva finito per riassorbirli al suo interno accogliendone le istanze più propriamente religiose, come ad esempio nel caso del movimento francescano, o era ricorsa alla repressione, quando i movimenti ereticali davano voce a richieste di più radicali mutamenti politico-sociali, utilizzando i tribunali della Santa Inquisizione e la sua alleanza con il potere politico. All’inizio del Cinquecento c'era una profonda differenza rispetto al passato, perché i problemi che avevano afflitto la Chiesa medievale, e tuttora operanti, si intrecciavano con nuove difficoltà determinate dalle trasformazioni che avevano investito la Stato pontificio e la figura del papa, capo universale della cristianità. La Chiesa-Stato cresciuta tra Quattro e Cinquecento, le caratteristiche della monarchia papale, la rigida struttura della curia romana e dell'apparato amministrativo ecclesiastico, diventarono inevitabilmente bersagl io di aspre polemiche dove le tradizionali denunce e richieste di riforma erano alimentate da nuovi disagi e motivi di scandalo nel corpo della cristianità. Due fattori colpivano in modo particolarmente doloroso l'opinione pubblica cristiana denunciando quella che possiamo chiamare la pratica della monetizzazione del potere spirituale. Innanzitutto la separazione tra beneficio e ufficio, cioè tra la rendita legata al conferimento di un determinato ufficio (parroco, vescovo) e l'esercizio dei corrispondenti doveri di cura delle anime. Parrocchie e vescovadi erano per lo più assegnati in cambio di favori politici, per esempio ai figli cadetti di famiglie eminenti, che si disinteressavano poi del proprio ufficio, affidando a pagamento a dei sostituti il compito di assicurare un minimo di assistenza spirituale ai fedeli. In secondo luogo veniva il ricorso a multe in denaro per sanare irregolarità e infrazioni, per esempio vendendo indulgenze o bolle di assoluzione dai peccati. Con le somme così ottenute la Chiesa cercava di compensare la diminuzione delle proprie entrate fiscali a causa delle concessioni fatte ai sovrani. La bolla del 13 settembre 1517 con cui il papa Leone X concedeva, dietro adeguato pagamento, l'indulgenza plenaria a chi si fosse pentito dei propri peccati, sarebbe diventata il motivo occasionale di manifestazione della rivolta luterana. Durante il Quattrocento la denuncia dei mali della chiesa si era espressa oltre che nel

LA RIFORMA PROTESTANTE

GLI ASPETTI TEOLOGICI ED

ECCLESIASTICI CHIESA E MOVIMENTI RIFORMATORI DURANTE

IL MEDIOEVO

Le strategie della chiesa nei confronti dei _____________________ nel medioevo: a - ______________________________ istanze _________________________ b - _______________________________ istanze ____________________________

I "MALI" DELLA CHIESA ___________________________

+

______________________________ _________________________________ 1 - ________________________________ ___________________________________ 2 - ________________________________ Riformatori ______________________: a - ________________ e ______________ istanze ____________________________

I SIGNIFICATI STORICI DELLA RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA

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risorgere dei movimenti ereticali, quali quello di Wycliffe o degli hussiti, in cui erano presenti forti istanze politiche e sociali, come spesso nel Medioevo e come avvenne ancora per i riformisti protestanti più radicali, anche nella cultura dotta elaborata dagli umanisti. Si trattava di una piccola minoranza colta che aveva avanzato la richiesta di una religione più intima, che non si risolvesse in un sistema di pratiche e devozioni esteriore o andava elaborando un punto di vista più laico al cui interno l’azione della Chiesa veniva valutata, al pari delle altre istituzioni umane, in termini politico-sociali. Tornando alla pratica delle indulgenze, che come abbiamo detto fu il motivo occasionale della rivolta luterana, la dottrina comunemente accettata diceva che Gesù e i santi avevano creato un grande tesoro di indulgenze cui il papa e il suo clero potevano far accedere i fedeli. Da queste indulgenze il papa poteva trarre all'infinito la remissione delle pene di cui giustamente i cristiani dovevano aver terrore, ma non tanto da disperare di ricevere all'occorrenza aiuti sostanziosi. La teoria e la pratica delle indulgenze erano ormai degli elementi consolidati della dottrina cattolica, anche se non era del tutto chiaro se esse si riferivano solo alle pene inflitte dalla Chiesa stessa, da scontare dopo la morte in purgatorio, o anche alle pene del purgatorio inflitte direttamente da Dio. Se il papa aveva le chiavi della banca delle indulgenze, l'alto clero aveva a sua volta stretti rapporti anche con le banche terrene tenute dai finanzieri italiani e tedeschi. All'inizio del 1515 la confusione fra le due banche si era manifestata apertamente quando Alberto Hohenzollern (la cui famiglia teneva il ducato di Brandeburgo), già titolare di due importanti diocesi, aveva chiesto per sé anche il più importante vescovado di Germania, quello di Magonza. Questo cumulo di cariche era proibito, ma Leone X aveva dichiarato di essere disposto ad autorizzarlo dietro il pagamento di 10 000 monete d'oro. Alberto se li fece anticipare dal banchiere Jacob Fugger e per poterli restituire concordò con il papa il bando di un'indulgenza della durata di due anni. Gli introiti costituiti dalle offerte dei fedeli sarebbero stati quindi spartiti a metà: una parte avrebbe rimborsato i Fugger, l'altra parte sarebbe servita a Leone X per pagare le spese della costruzione della nuova basilica di San Pietro a Roma: i peccati degli uomini sarebbero dunque stati trasformati in marmi, colonne, lusso sacro. La vendita delle indulgenze nelle regioni tedesche iniziò nel 1517 e fu diretta con sconcertante spregiudicatezza. Quando i mercanti della salvezza giunsero ai confini della Sassonia, Lutero si affrettò a mettere in guardia i suoi parrocchiani di Wittenberg: secondo il monaco agostiniano il papa non aveva nessun potere di sostituirsi al giudizio di Dio e i frati domenicani che predicavano l'indulgenza mettevano in grave pericolo l'anima di chi pensava di poter risolvere così facilmente le proprie pendenze con Dio. Questa condanna delle indulgenze trovava un solido fondamento teorico nelle convinzioni cui Lutero era giunto in quegli anni e perciò egli si mise ad argomentarla redigendo 95 brevi enunciati da porre in discussione presumibilmente all'interno dell'università, visto che queste "tesi" erano scritte in latino. Era la fine di-ottobre del 1517: qualcuno tradusse in tedesco le tesi, un tipografo le stampò ed esse fecero il giro della Germania. Cosa dicevano queste tesi? Che il papa non poteva rimettere nessuna pena, se non quelle imposte dalla Chiesa stessa; che il papa non poteva. cancellare nessuna colpa; che sarebbe stato dannato in eterno chi avesse creduto alla propria salvezza sulla base delle indulgenze; che il papa non avrebbe dovuto procurarsi denaro con questi mezzi empi. Molti erano già da sé persuasi della giustezza di queste tesi e vedendole espresse con tanta chiarezza le appoggiarono con forza, a partire dallo stesso duca elettore di Sassonia, Federico il Savio. Questi aveva riempito la cattedrale di Wittenberg con 17 433 reliquie (fra cui una spina autentica della corona di Gesù e 4 capelli di Maria), ma le parole di Lutero lo turbarono. Le tesi furono inviate a Roma, mentre in Germania la polemica fra Lutero e i partigiani delle indulgenze diventava rovente. I torchi dei tipografi si misero in movimento e il paese fu invaso da opuscoli, libelli, manifesti, vignette satiriche; Lutero si accorse di possedere eccellenti qualità

b - ________________________________ istanze:- ____________________________ - ____________________________

L'INDULGENZA TEDESCA DEL 1517 E LA

RIVOLTA DI LUTERO La giustificazione ____________________ delle indulgenze L’indulgenza del __________ Le ______________________ la loro _________________________ e ________________________________ gli argomenti : 1 _________________________________ __________________________________ 2 - ________________________________ ___________________________________ 3 - ________________________________ __________________________________

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di polemista - la violenza verbale, il senso dell'umorismo, la logica stringente - e l'indignazione crebbe in lui fino a farlo scendere in lizza senza paura contro i suoi avversari: “Devo parlar rozzo per teste rozze; vedo che l'asino non intende la musica e che gli si devono mettere davanti i cardi”. Nell'estate 1518 dalla corte pontificia partì la prima condanna delle tesi di Lutero, che si accorse però di aver trovato un protettore in Federico il Savio: nonostante le insistenze del papa, l'elettore di Sassonia si rifiutò di mandare Lutero a Roma perché fosse processato come eretico. Il 1519 fu l'anno dell'elezione imperiale, e il caso del monaco tedesco passò in second'ordine, ma subito al principio del 1520 la curia romana emanò una nuova e più articolata condanna, in una bolla che cominciava con le parole Exurge Domine (15 giugno). Ancora una volta Federico intervenne a favore del suo protetto e chiese che Lutero fosse ascoltato alla prima dieta imperiale dopo l'elezione di Carlo V, che doveva tenersi nella primavera del 1521. Quando ciò avvenne erano passati già più di tre anni dall'inizio della contesa, il fronte dei partigiani di Lutero si era allargato e le idee del monaco si erano ormai inserite in processi di trasformazione culturale e politica assai più complessi e in atto da molto tempo. Nato a Eisleben, in Sassonia, il 10 novembre 1483, il giovane Lutero decise, nel 1505, di entrare in convento. Il suo obiettivo era quello che tutti i monaci, prima di lui, per secoli avevano perseguito: fuggire il mondo e i suoi pericoli, rifugiarsi nel monastero per poter concentrare tutte le proprie energie nella preghiera e nella meditazione, in una parola raggiungere la pace dell'anima, la fiduciosa certezza della salvezza eterna. Tuttavia, il giovane monaco Lutero aveva interiorizzato più di altri suoi contemporanei quella terribile concezione del divino che si era imposta nell'immaginario cristiano a partire dalla metà del XIV secolo. Lutero, in convento, per quanto si sforzasse di essere un buon monaco, percepiva se stesso come perennemente in debito nei confronti di Dio. Era convinto, infatti, di essere senz'altro destinato alla dannazione eterna e, più in generale, che l'uomo non fosse assolutamente in grado, con le sue forze, di raggiungere il Paradiso. Lutero raccontò in seguito molte volte i violenti turbamenti della sua coscienza, le paure, le angosce che gli impedivano di trovare la pace. Il senso del peccato lo perseguitava, si confessava continuamente tenendo impegnato anche per alcune ore il suo confessore ad ascoltare una estenuante ricerca dei più piccoli peccati. L'esperienza spirituale del giovane Lutero, dunque, ci appare quella tipica di un cristiano tardomedievale che, educato a considerare Dio prima di tutto come un giudice terribile, giunge alla conclusione che nessuno, agli occhi di Dio, può essere giusto. Gli uomini, quindi, non devono fare altro che aspettarsi, da parte di Dio stesso, la punizione dei loro peccati, per mezzo delle eterne sofferenze infernali. Nel 1512, Lutero divenne professore di Sacra Scrittura all'università di Wittenberg; incaricato di tenere, negli anni 1515-1516, un corso sulla Lettera ai Romani dell'apostolo Paolo, trovò finalmente in essa la risposta al suo dramma angoscioso. In quello scritto neotestamentario, innanzi tutto Lutero trovò espresso un pessimismo antropologico del tutto simile a quello che personalmente aveva maturato. Paolo, infatti, scriveva: «Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me» (Lettera ai Romani, 7, 18-20). Proprio in questa irresistibile tendenza verso il male consiste, per Lutero, l'eredità del peccato originale, che ha completamente cancellato nell’uomo ogni capacità di attuare il bene, lo costringe a commettere solo azioni malvagie e gli impedisce di rispettare i comandi di Dio. Su questa concezione antropologica pessimistica si fonda la teologia luterana che si presenta come una riproposta della teologia paolina. Infatti, Paolo, nel momento in cui smaschera come illusoria e assurda ogni pretesa di giungere con le sole forze umane alla salvezza ultraterrena, offre pure un consolante annunzio liberatorio: la cosiddetta giustificazione mediante la sola fede. Per Paolo (e per Lutero), essere giustificati (= essere trattati come giusti = essere salvati)

Lutero ____________________________ La prime due ____________________ papali La protezione del ___________________

LA TEOLOGIA LUTERANA Una religiosità ______________________ in fuga dal _______________________ - paura della ________________________ - il senso del ________________________ La ripresa della teologia _______________ I principi della teologia di Lutero: 1 il pessimismo _____________________ peccato ____________________ e _______________________ dell’uomo 2 _________________________________

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da Dio sulla base dei propri meriti, delle proprie opere buone, è assolutamente impossibile, visto che - come già abbiamo detto - gli uomini tendono fin dalla nascita solo verso il male. Tuttavia, la sorte dell'umanità non è la dannazione generalizzata; infatti, come Paolo annuncia in numerosi passi della Lettera ai Romani, la croce di Cristo ha cancellato le conseguenze del peccato, nel senso che il castigo per il peccato stesso si è integralmente riversato sul Figlio di Dio crocefisso. Di conseguenza, Dio ci tratta da giusti, ci giustifica, ci salva, anche se siamo peccatori, mentre l'uomo, per aver parte a questa salvezza gratuitamente donata, deve semplicemente aver fede nel fatto che il Crocefisso l'ha salvato, prendendo su di sé la punizione per il peccato compiuto in tutti i tempi e in tutti i luoghi. La giustificazione (= la possibilità di accedere al Paradiso) non è il frutto di un formidabile sforzo, come pensano erroneamente, confidando orgogliosamente nelle proprie energie, i monaci che si rifugiano in monastero e fuggono le tentazioni del mondo. All'opposto, la salvezza è un dono, da accogliere con gratitudine e con fiducia, in una parola con fede. Seguendo ancora una volta Paolo che aveva distinto tra uomo “carnale” e uomo “spirituale”, Lutero riconosce nel cristiano una doppia natura: c'è in lui un uomo interiore, che trova la sua piena libertà nella fede, nel rapporto diretto con Dio, nella lettura delle Sacre Scritture, che esprimono autenticamente la volontà divina. C'è anche un uomo esteriore, che si pone in rapporto con gli altri uomini nel quadro della vita sociale. Le opere buone non servono a salvare l’uomo interiore (che si salva unicamente per la fede), ma soltanto a governare l'uomo esteriore e a farlo vivere in armonia con l'uomo interiore. Le conseguenze di questa valorizzazione assoluta del dialogo diretto tra uomo e Dio sono di grande importanza e su di esse si fonda l’altro principio della teologia luterana. Si svalutava anzitutto il ruolo de sacerdoti quali intermediari necessari tra Dio e i fedeli; secondo Lutero esisteva infatti un sacerdozio universale dei credenti: tutti i credenti erano sacerdoti perché tutti avevano ricevuto il battesimo. Nessuna barriera divideva di conseguenza gli ecclesiastici e questi ultimi erano soltanto dei delegati che svolgevano nel nome di tutti un determinato ufficio. La lettura e l'interpretazione delle Sacre Scritture erano un diritto di tutti i credenti e non, come affermava la Chiesa, un monopolio riservato ai sacerdoti. Per Lutero il papato stesso era un istituzione esclusivamente umana, una potenza terrena, come le monarchie o l'Impero, e l'intera Cristianità non aveva altro capo che Cristo. Dalla dottrina del sacerdozio universale dei credenti derivava inevitabilmente una diversa valutazione dei sacramenti. I sette sacramenti cattolici (eucarestia, battesimo, penitenza, matrimonio, cresima, ordine, estrema unzione), furono ridotti da Lutero a due. Soltanto l'eucarestia e il battesimo, a suo avviso, erano fondati sulla Sacra Scrittura; gli altri erano il frutto delle distorsioni introdotte dall'autorità ecclesiastica, come lo erano il culto dei santi e della Madonna. Fu tuttavia l’attacco diretto al potere del papa e la sua ingerenza nelle cose secolari (contenuto in un opuscolo intitolato “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca”) ad avere la risonanza più vasta. Lutero si rivolgeva direttamente ai principi tedeschi, ai quali chiedeva di intervenire in virtù del loro ufficio nell'opera di riforma della Chiesa. «Nobili principi e signori, per quanto tempo ancora lascerete che la vostra terra e il vostro popolo siano preda inerme dei lupi rapaci?». Il tono diventava via via più aspro, mentre Lutero descriveva i vizi della curia romana: «Là vengono infranti i voti, là concessa licenza ai monaci di abbandonare gli ordini, là è in vendita ai sacerdoti il matrimonio, là i figli di puttana possono diventare legittimi, là ogni vergogna e disonore può assurgere a dignità e ogni vizio e inclinazione iniqua esser consacrato cavaliere e diventare nobile. Tutta la rete degli assurdi divieti creata dai papi e imposta contro la libertà del cristiano non è solo un diabolico espediente per cumulare patere e spremere denaro, visto che non c'è divieto da cui il papa non possa esentare dietro un congruo pagamento? Spariscano dunque le ricchezze della Chiesa, i monasteri e i conventi, il diritto canonico, i divieti e le dispense».

l’inutilità __________________________ 3 _________________________________ uomo _____________________ e uomo _____________________________ a – l’interiorità del ___________________ ______________________ b – _____________________________ delle gerarchie ecclesiastiche e del __________________________ c - _______________________________ La critica __________________________ e l’appello ai _____________________

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1.2 Gli aspetti socio-politici 1.2.1 La diffusione della Riforma 1.2.2 Gruppi sociali e riforma 1.2.3 La rivolta dei cavalieri 1.2.4 La rivolta dei contadini 1.2.5 La riforma dei principi 1.2.6 La diffusione della Riforma in Europa Al successo della Riforma contribuirono fattori di carattere internazionale come le tensioni a cui fu sottoposto l'imperatore Carlo V (la ricorrente minaccia turca, il lungo conflitto con la Francia, lo scontro con il papa Clemente VII), la fuoriuscita dell'Inghilterra dall'orbita cattolica, la politica della curia romana che sulle prime sottovalutò il potenziale esplosivo della Riforma. Accanto a questi giocarono un loro ruolo sia la disponibilità di una nuova tecnologia, la stampa a caratteri mobili, sia fattori propri della società tedesca, dove le proposte luterane trovarono orecchie attente e dove varie forze e interessi politico-sociali si mobilitarono a favore della riforma. Se la sorte di Lutero fu diversa da quella di tanti dissidenti che, nel Medioevo, erano finiti sul rogo, fu anche perchè le sue idee suscitarono un notevole interesse in tutta la Germania e, ben presto, in tutta l’Europa, grazie anche al fatto che la loro diffusione fu agevolata da un ampio ricorso all'uso della stampa, in dimensioni che nessuna attività di propaganda aveva in precedenza raggiunto. Oltre alle opere di Lutero, la Riforma produsse un'ingente quantità di scritti polemici e teologici che passò quasi tutta attraverso le tipografie e circolò in Europa sotto forma di libro stampato. Questa circolazione fu resa possibile dall'uso della lingua volgare che fu adoperata anche per trattare argomenti che fino a qualche decennio prima sarebbe stato impensabile esprimere in altra lingua se non in latino, lingua dei dotti e della Chiesa.. La Bibbia, tradotta dallo stesso Lutero in tedesco, divenne un libro accessibile a chiunque sapesse leggere. L'uso della lingua volgare per esprimere nuove idee di argomento religioso e comunicare alle masse la Sacra Scrittura rappresentò una vera e propria rivoluzione culturale: i chierici e i dotti persero l'antico privilegio che ne faceva gli unici lettori di testi sacri, accomunandosi sotto questo profilo, alla massa dei fedeli. La lettura della Bibbia tedesca e gli scritti dei riformatori non era tuttavia un fatto privato, ma pubblico: intorno a coloro (ancora pochi) che sapevano leggere, si radunava la massa degli analfabeti, ad ascoltare e a discutere, nelle chiese come nelle piazze, nelle abitazioni private come nelle osterie. Fu proprio grazie alla diffusione dei testi dei riformatori che, a partire da Wittenberg, in molte città i preti cominciarono a officiare la messa in tedesco e senza i paramenti sacri, mentre i fedeli si comunicavano in entrambe le specie, evitando la confessione. Molti sacerdoti presero moglie (lo stesso Lutero si sposò con una ex suora ed ebbe sei figli), i conventi si vuotarono, mentre il clero che si rifiutò di accettare i principi della Riforma fu oggetto dell'ira popolare che, incendiando le chiese, devastando gli altari e distruggendo le immagini sacre, dimostrò quanto ormai era diventata insopprimibile l'insofferenza della popolazione nei confronti del clero papista. Per il successo della Riforma fu determinante il fatto che il messaggio dei riformatori fu accolto da più forze politico-sociali, anche in contrasto tra di loro. Avevano accolto con entusiasmo la sua predicazione le frange più povere del proletariato urbano e i contadini, che erano rimasti favorevolmente impressionati dalla violenta condanna degli sfruttatori pronunciata da Lutero in varie occasioni, e che interpretavano la sua esaltazione della libertà interiore dell'uomo come un invito puro e semplice alla libertà da qualsiasi oppressione. L’appello di Lutero fu accolto anche da chi, più giustamente, avevano colto nel messaggio luterano, accanto all'appello in favore della libertà in materia di fede, un incitamento, per loro rassicurante, alla rassegnazione su questa terra, all'obbedienza nei

GLI ASPETTI SOCIO-POLITICI

LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA I fattori del successo della Riforma: 1 - ___________________________ 2 - ___________________________ e diffusione _____________________ l’uso del _____________________ la ____________________ pubblica Le nuove e i _____________________

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rapporti sociali, al rispetto dell'ordine. L'azione dirompente di Lutero non dispiaceva, infatti, nemmeno a quei principi tedeschi che vedevano in essa l'occasione per indebolire il potere del papa e quello dell’imperatore e che nella negazione luterana della validità del sacerdozio leggevano un implicito invito a impadronirsi delle vastissime terre che il clero possedeva in Germania. Con la sua accentuata frammentazione territoriale la Germania era certo un paese politicamente arretrato rispetto alle altre monarchie europee; una delle tendenze in atto era quella verso la formazione di sovranità regionali coincidenti con i grandi ducati1, anche se ostacolata dall'esistenza di troppe autonomie cittadine, di piccole ma prestigiose sovranità ecclesiastiche e di molti e dispersi poteri feudali. L'unità tedesca era data solo dall'autorità imperiale, ma essa a sua volta sembrava troppo legata a un'eredità medievale connotata da una continua ingerenza nelle cose tedesche di quel lontano centro di legittimazione che era Roma. Alla pressione politica si aggiungeva poi da parte del papa la pressione finanziaria: troppo era il denaro tedesco che prendeva la via dell'Italia e la protesta di Lutero contro l'avidità della corte pontificia trovava grande disponibilità presso molti principi tedeschi. Inoltre Lutero poteva essere certo dell'appoggio della piccola nobiltà dei cavalieri (i Ritter), una classe sociale che era stata messa doppiamente in crisi dall'evoluzione dell'arte della guerra e dai tentativi dei duchi di creare strutture statali moderne all'interno dei propri possessi. I Ritter rappresentavano un passato sociale in via di disfacimento, ma intanto essi potevano incolpare la Chiesa di tutti i mali della Germania e aspirare apertamente a impossessarsi dei beni ecclesiastici. La stessa borghesia cittadina era disposta a schierarsi a fianco di Lutero sia per liberarsi della pressione fiscale esercitata da Roma sia per riaffermare l’autonomia politica delle città libere. L'avevano recepito con favore anche gli intellettuali, che non potevano non apprezzare la rivendicazione luterana del diritto di tutti gli uomini di pensare e scrivere seguendo la propria coscienza. Molti ecclesiastici, infine, vedevano nell'azione di Lutero l'ultima occasione per riformare in profondità la Chiesa, le cui capacità di soddisfare i più profondi bisogni di religiosità aveva ormai toccato un livello molto basso: la Chiesa era un apparato di potere e il papa era soprattutto un principe italiano. Cosa bisognava pensare di avventurieri preoccupati soprattutto di creare principati per i loro figli illegittimi, come Sisto IV (1471-84) Lo stesso Leone X – papa nel 1517 quando Lutero pubblicò le sue tesi - era sì esente da vizi ed efferatezze vistose, ma la sua elezione dimostrava sicuramente la corruzione del sistema. Suo padre Lorenzo il Magnifico lo aveva fatto cardinale nel 1488 a soli tredici anni e la sua elezione a pontefice dimostrava solo la potenza dei banchieri fiorentini. Tra tutte queste forze sociali quelle la cui mobilitazione segnò gli avvenimenti politico-sociali dei decenni successivi alla rivolta luterana furono la piccola nobiltà, i contadini e i principi.

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GRUPPI SOCIALI E RIFORMA

1 A questo proposito possiamo ricordare che nel 1525 il gran maestro dell'Ordine teutonico, Alberto di Brandeburgo, secolarizzava l'ordine e assumeva il titolo di duca di Prussia, dando origine allo stato regionale che nel corso dell’Ottocento guiderà l’unificazione tedesca.

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Come abbiamo visto, nonostante due condanne papali (1518 e 1520) Lutero, grazie al principe di Sassonia, aveva ottenuto di essere giudicato dalla prima dieta imperiale dopo l'elezione di Carlo V, che si tenne nella primavera del 1521, dopo che il 6 gennaio del 1521 Lutero era stato ufficialmente scomunicato dal tribunale romano. Ricevuta la bolla che gliela annunciava, Lutero la bruciò pubblicamente e quando la questione fu posta all'ordine del giorno della Dieta di Worms (17-18 aprile 1521) egli non ritrattò le sue posizioni. Alla condanna dell’autorità religiosa si affiancò allora quella dell'autorità civile, ovvero il bando dalle terre dell'Impero, e se Lutero non si fosse allontanato, l'arresto e il rogo. L'intervento dell'elettore (poiché aveva il diritto di partecipare all’elezione dell’imperatore) di Sassonia Federico il Saggio - che lo fece rapire e portare al sicuro – impedì tuttavia azioni punitive nei confronti del ribelle, il quale sotto la protezione del principe sassone si dedicò fra l'altro alla traduzione in tedesco del Nuovo Testamento. Nel frattempo però la Riforma si era diffusa ed incrociata con vasti sommovimenti sociali. Primi a muoversi furono i cavalieri, cioè la piccola nobiltà. I cavalieri colsero nella predicazione di Lutero un invito ad aggredire la grande proprietà ecclesiastica e impugnarono le armi. Erano guidati dall'umanista Ulrich von Hutten, che vedevano nei cavalieri la futura classe dirigente dell'Impero, in grado di unificare lo Stato tedesco e di abbattere il potere dei vecchi feudatari laici ed ecclesiastici. Nel 1521-23 i cavalieri scatenarono una vera e propria guerra civile, ma una potente lega dei feudatari laici ed ecclesiastici represse nel sangue la rivolta, che lo stesso Lutero condannò con dure parole. Molto più grave fu la rivolta dei contadini. In Germania, come del resto in tutta l'Europa tardomedievale, le rivolte contadine erano state sempre abbastanza frequenti e come altrove si erano inasprite in conseguenza della grande peste e della crisi del '300. Nelle vaste pianure cerealicole dell'Europa centrale, all’ombra dei castelli, le comunità contadine, rette dai loro statuti, erano legate ai signori da patti antichi. L'interpretazione dei patti era però sottoposta alla tensione di condizioni mutate, soprattutto a causa della lenta ripresa economica e demografica che la società europea conobbe a partire dal secolo XV. Dopo la grave crisi causata dal ciclo di pesti e di carestie della fine del Trecento, la ripresa demografica e la rinnovata domanda di generi alimentari fecero salire i prezzi del grano. I signori feudali vollero trarne profitto cercando di ottenere dai contadini maggiori prestazioni lavorative sulla parte dominicale - cioè appartenente al signore - del terreno e appropriandosi con la forza di terre della comunità contadina. I signori aumentarono le loro entrate anche riscuotendo pedaggi e incamerando i proventi derivanti dal loro diritto di amministrare la giustizia.

1521: la scomunica ______________________ la Dieta di ___________________ e la condanna __________________________ la protezione del _____________________

LA RIVOLTA DEI CAVALIERI

LA RIVOLTA DEI CONTADINI Le condizioni dei contadini dopo ________ __________________________________

GRUPPI SOCIALI E RIFORMA E LORO OBIETTIVI 1 __________________________________ � _________________________________________________________ 2 __________________________________ � _________________________________________________________ _________________________________________________________ 3 __________________________________ � _________________________________________________________ 4 __________________________________ � _________________________________________________________ 5 __________________________________ � _________________________________________________________ 6 __________________________________ � _________________________________________________________

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La situazione sociale delle campagne tedesche si fece incandescente a partire dal 1524 quan-do fra l'estate e l'autunno scoppiarono le prime rivolte in Svevia e nella zona della Selva nera. All'inizio dell'anno seguente il moto dilagò in buona parte della Germania centromeridionale: dalla Turingia al Tirolo, dall'Alsazia alla Svizzera furono assaliti e incendiati i monasteri, i castelli, le dimore signorili. I signori fuggivano impauriti. Diversamente da quanto era accaduto nelle rivolte contadine del passato, in alcune regioni della Germania sud-occidentale il movimento cercò di darsi un'organizzazione e un programma. All'inizio del 1525 si formarono «alleanze» locali che confluirono a loro volta nell'Unione cristiana dell'Alta Svevia. Il fallimento delle trattative con i signori portò all'elaborazione dei cosiddetti dodici articoli: una sorta di manifesto che raccoglieva le principali rivendicazioni dei contadini e servì da punto di riferimento per le lotte dei mesi seguenti. In essi si chiedeva, tra l'altro, l'abolizione di qualsiasi forma di servitù personale, l'uso delle foreste e dei boschi, l'esercizio libero della caccia e della pesca, la possibilità di eleggere e destituire i parroci. Anche se la maggior parte di queste rivendicazioni non avevi nulla di rivoluzionario e tendeva semmai a ripristinare i rapporti consuetudinari tra contadini e signori che questi ultimi avevano alterato a loro vantaggio, e anche se i contadini non pensavano affatto ad abbattere il feudalesimo in quanto tale, non c'è dubbio che l'insieme delle richieste, se accolto, avrebbe avuto effetti dirompenti sul potere politico ed economico dei signori. Alcune pretese, per esempio quella relativa all'elezione dei parroci o all’abolizione delle servitù personali, suonavano come decisamente rivoluzionarie. Particolare significato eversivo assumeva il costante richiamo al Vangelo, che finiva per legare il movimento dei contadini alla diffusione delle idee di Lutero e l'attività dei suoi seguaci. Non furono certo le idee di Lutero a scatenare le rivolte contadine, poiché queste ultime, come abbiamo visto, affondavano le radici in un malessere secolare. Ma il luteranesimo fu ben presto, e inevitabilmente, chiamato in causa, dai contadini stessi e dalle autorità. I contadini invocavano Lutero come loro paladino e si aspettavano che egli assumesse la guida del loro movimento. Il riformatore, tuttavia, dapprima cercò di restare neutrale, poi si schierò apertamente coi signori. Anzi, a mano a mano che la rivolta si trasformava in guerra vera e propria, Lutero esortò i principi a combattere i ribelli con ogni mezzo, a massacrarli e ad ucciderli senza pietà, come se fossero cani rabbiosi. L'esitazione iniziale di Lutero a schierarsi coi contadini si spiega col fatto che egli era consapevole che - per la riuscita della sua riforma della Chiesa - il sostegno dei principi era indispensabile. I toni violenti dell'appello al massacro, invece, si capiscono non appena si tiene presente la concezione politica del riformatore tedesco. Egli, infatti, era un convinto sostenitore della tesi (espressa dall'apostolo Paolo) secondo cui l'autorità di un sovrano proveniva da Dio, che aveva concesso il potere ai prìncipi affinché - in un mondo corrotto dal peccato - mantenessero l'ordine con la forza e imponessero con la spada il rispetto della Sua legge. Ribellarsi all'autorità, dunque, secondo Lutero voleva dire opporsi a Dio e alla Sua volontà: significava compiere un gesto folle e demoniaco, che andava represso con tutto il vigore possibile. Che dalla Riforma potesse derivare la sovversione sociale lo dimostravano però i riformisti più radicali. Proprio uno dei primi compagni di Lutero, Andreas Carlostadio, traeva dalle dottrine evangeliche conseguenze più radicali, negando la presenza reale di Cristo nell'eucarestia, affermando che il battesimo somministrato ai bambini non aveva valore, spingendo i suoi seguaci alla violenza contro il clero cattolico. Un altro ex prete, Thomas Müntzer(1490 ca-1525), andava ancora più lontano, non soltanto affermando come Carlostadio che le comunità dei fedeli potevano fare del tutto a meno del clero e amministrare da sé le cose sacre, ma sostenendo che il vero cristiano era continuamente ispirato da Dio. Convinto che la Rivelazione divina non si esaurisse nel testo biblico ma continuasse a parlare nel cuore degli eletti, ispirati da Dio perché predicassero la sua parola, Müntzer si staccava così dalla visione luterana della Bibbia come unica fonte rivelativa. L’ispirazione divina avrebbe condotto gli uomini alla formazione di una comunità di uomini liberi che doveva realizzare attraverso il potere popolare il regno della giustizia su questa terra.

Le prime __________________________ I ________________________________ - diritti ____________________________ - abolizione________________________ - elezione __________________________ e richiamo al ______________________ Lutero e la __________________________ della rivolta contadina motivi: 1 - _______________________________ 2 _________________________________

I RIFORMATORI RADICALI A - ____________________________: l’estremismo ________________________ negazione _______________________ e __________________________________ B – T. Müntzer La ____________________________ continua ispirando gli uomini nella costruzione _______________________

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Quando venne fatto prigioniero, mentre lo torturavano (prima di decapitarlo), gridò: «Tutte le cose appartengono a tutti!». La battaglia contro l'egoismo e l'avidità dei signori era stata in effetti uno dei motivi dominanti della sua teologia, poiché lotta per la fede e lotta contro la miseria gli apparivano inscindibili. Al contrario di Lutero che invitava gli uomini alla passività e a ricercare dentro di sé l'unica autentica libertà, Müntzer aveva predicato un programma rivoluzionario: “a ciascuno dovrà essere dato secondo i suoi bisogni e a seconda delle disponibilità del momento”. Carlostadio fu ridotto al silenzio, nell'esilio di una piccola parrocchia rurale, ma Müntzer si venne invece a trovare al centro della grande rivolta contadina che sconvolse l'intera Germania dalla primavera del 1524 al maggio 1525. Il 15 maggio 1525 i contadini turingi furono sconfitti a Frankenhausen dai cavalieri dei duchi e dei vescovi. Alcune migliaia di ribelli furono massacrati e Müntzer fu processato e torturato come eretico prima di seguire la loro sorte. L'intera repressione della rivolta, in quei crudeli ultimi giorni di maggio, provocò un olocausto di 100.000 morti. Una sconfitta storica: dietro quel fiume di sangue e quella montagna di cadaveri c'era l'arresto dell'evoluzione dei rapporti di produzione nelle campagne; il feudalesimo vi avrebbe signoreggiato per altri tre secoli. I motivi della Riforma radicale sopravvissero in piccoli gruppi di sostenitori. In Olanda, in Germania, in Boemia, in Svizzera il radicalismo religioso e quello politico si rivitalizzarono nell'anabattismo, un termine con cui si indicavano posizioni diverse, accomunate però dalla tendenza a distinguere i veri cristiani, seguaci intransigenti del Vangelo, dagli altri gruppi. Critici nei confronti della Riforma che si era fermata alla denuncia dei mali più vistosi senza un vero rinnovamento ecclesiale, gli anabattisti intendevano la Chiesa come comunità libera e volontaria; di qui, il rifiuto di ogni forma di regolamentazione, cattolica o riformata; di qui, il rifiuto del battesimo ai neonati incapaci di scelta consapevole e la rivendicazione del battesimo da adulti (perciò venivano indicati col termine di anabattisti, ribattezzati) come autentica scelta di appartenenza alla comunità religiosa. Alla scelta libera e responsabile doveva far seguito l'impegno a concretizzare l'insegnamento evangelico, realizzando fin da ora, sulla Terra, la società dei figli di Dio, l'ordine perfetto della giustizia e dell'uguaglianza Gli anabattisti si segnalarono per il loro radicale rifiuto dello stato e della violenza: consideravano lo stato come un'istituzione necessaria solo per gli ingiusti e dal momento che essi si considerano veri cristiani pensavano di non dover avere, con l'autorità secolare, alcuna relazione: «Nessun anabattista doveva occupare una carica pub-blica nello Stato, o invocare l'autorità di questo contro un altro anabattista o prestare giuramento o prendere le armi per conto dello Stato. Consideravano se stessi gli unici Eletti e le loro comunità le sole a beneficiare dell'immediata guida di Dio: piccole isole di rettitudine in un oceano di iniquità. » (N. Cohn). Respingendo il mondo (che, evidentemente, era il regno di Satana) essi volevano essere la vera Chiesa di Cristo, cioè dar vita ad una comunità che - retta solo dall'amore - non conoscesse gerarchie di alcun genere. . Su questa base nella città di Münster, che si era ribellata al vescovo, gruppi di anabattisti - soprattutto di origine olandese - proclamarono l'avvento del regno di Dio. Il loro radicale desiderio di uguaglianza portò in breve tempo all'adozione di provvedimenti di tipo comunistico, cioè alla eliminazione della proprietà privata. «Sull'avventura comunista di Münster disponiamo solo di fonti di parte avversa, le quali tendono a mostrare che si trattò di un'orgia di crudeltà sanguinaria, di lussuria e di follia criminale. Però, il fascino che Münster esercitò su tanti neerlandesi (abitanti delle regioni settentrionali dei Paesi Bassi ) e tedeschi prova che davvero la Nuova Gerusalemme si presentò come l'attesa incarnazione di istanze già circolanti largamente nel decennio precedente e identificate da colti e ignoranti innumerevoli come il bene per antonomasia» (G. Spini). Verso Münster, in effetti, cominciarono ad affluire masse di diseredati sempre più consistenti, provenienti sia dalla Germania che dai Paesi Bassi. La paura della diffusione

Fede e lotta _________________________ La sconfitta dei ______________________ e la morte di ________________________

LA SOPRAVVIVENZA DELLA RIFORMA

RADICALE Gli ____________________________ 1- _________________________________ 2 - ________________________________ in particolare del _____________________ 3 - ________________________________ 4 - ________________________________ Gli anabattisti di _____________________ egualitarismo e ______________________

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delle idee anabattiste fra i propri sudditi spinse i principi dell'Impero tedesco a intervenire militarmente: superando le differenze confessionali, vennero in aiuto del vescovo di Münster il quale, dopo essere stato deposto, aveva circondato la città col proprio esercito. II 24 giugno 1535, Münster fu espugnata dopo un lungo assedio, e quanti non erano morti di fame vennero massacrati. I capi della rivolta che caddero nelle mani dei principi, invece, furono sadicamente torturati nelle piazze delle città circostanti, a titolo di ammonimento severo per tutti coloro che avessero voluto rilanciare in Germania il millenarismo comunista e rivoluzionario. Favorevoli per i propri interessi alla Riforma, i principi territoriali riuscirono a sconfiggere le interpretazioni più radicali della Riforma e a imporre una stabilizzazione che represse i movimenti che avrebbero potuto mettere in discussione il loro controllo dell’ordine costituto. La condanna della guerra dei contadini consentì a Lutero di legarsi sempre più strettamente a quei principi che avevano aderito alla Riforma. Durante gli anni venti Carlo V, occupato nelle guerre con la Francia e con il papato, non intervenne direttamente in Germania e in questa situazione i principi riformati e cattolici, che avevano dato vita a due contrapposte alleanze, avevano finito per riconoscere il diritto di ciascun principe di scegliere la confessione religiosa del proprio stato (1526). Sul finire degli anni venti l’evolversi della situazione internazionale (sconfitte del papato e della Francia e conseguente rafforzamento di Carlo V) rimise in discussione tale accordo e Carlo V revocò la concessione del diritto. Interessato a ricomporre l’unità dei cristiani, per confermare la sua autorità sui principi, l’imperatore favorì i tentativi di conciliazione tra i due schieramenti e a tale scopo convocò la Dieta di Augusta. L’incontrò finì però per essere solo un’occasione per definire e differenziare le rispettive posizioni teologiche. L'ostinazione del papa e del re di Francia nel rifiutare la convocazione di un concilio per comporre i contrasti rendeva impossibile la soluzione della questione luterana; d'altra parte, la minaccia dei turchi impediva a Carlo V di intraprendere una guerra contro i principi protestanti, del cui aiuto aveva bisogno sul confine orientale. Dovette quindi concludere una pace religiosa a Norimberga (1532) con i principi della Lega di Smalcalda, in cui si erano riuniti i principi tedeschi che avevano aderito alla Riforma, per poter essere libero di agire sugli altri fronti. Dunque, il conflitto politico-religioso in Germania fu nuovamente accantonato per qualche anno, il tempo per Carlo di affrontare e battere i turchi e la Francia. In Germania la Lega di Smalcalda poté cominciare a comportarsi come una potenza sovrana, ricevendo e inviando ambasciatori ad altre potenze. All’inizio degli anni quaranta risorsero le speranze di Carlo V anche perché il papa Paolo III (1534-1549) aveva dichiarato di voler convocare un concilio e aveva intanto nominato una commissione di cardinali e di alti prelati per studiare i problemi di una riforma della Chiesa. Carlo V decise pertanto di dar vita a incontri regolari - detti “colloqui di religione” - tra catto1ici e protestanti. L’accordo raggiunto al secondo incontro, quello di Ratisbona, tra i rappresentanti di Lutero (tra cui Melantone il maggior collaboratore di Lutero) e della curia romana venne però rifiutato e gli interlocutori del colloquio di Ratisbona furono smentiti da chi li aveva mandati. La presenza di una compagine organizzata e ostile, come la Lega di Smalcalda, comprometteva tuttavia l'autorità dell'imperatore e non poteva essere tollerata a lungo. E cosí, appena fu possibile disporre dei necessari mezzi finanziari, fu organizzata la campagna militare contro la Lega, che era appoggiata dalla Francia. Le operazioni militari durarono nove anni (1546-55); era il primo caso di guerra civile in Europa provocata da motivi religiosi. Alla fine Carlo V fu comunque costretto a rinunciare a imporre l’unità religiosa e quindi a imporre l’autorità imperiale.

la ________________________________

LA RIFORMA DEI PRINCIPI I __________________________ e la sconfitta delle interpretazioni radicali della Riforma Lo scontro ____________________ e _____________________________ 1 – anni ________________ assenza di ____________________ accordo principi _________________ e ________________________________ 2 – fine ________________ - inizio ______ la Dieta di ______________________ debolezza di ________________________ a _________________________________ b__________________________________ pace di _____________________________ con i principi protestanti della __________ __________________________ 3 – Anni _____________________ I colloqui di _________________________ La guerra contro la ___________________ ___________________ (1546- ______)

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Le confessioni religiose negli stati tedeschi dopo la pace di Augusta (1555)

La pacificazione religiosa fu concordata ad Augusta (1555) e si ispirò al principio che sanciva la libertà religiosa di principi e città, non quella degli individui. Solo lo Stato era libero di scegliere tra cattolicesimo e luteranesimo, aderendo, a seconda delle convenienze, all'una o all'altra dottrina. L'imperatore era tenuto a riconoscere la libertà di scelta, e il diritto a praticare il culto della confessione adottata. Ma, all'interno dello Stato, il singolo cittadino (con l'eccezione degli abitanti delle città imperiali che ottennero l'autonomia) doveva seguire la religione del principe o dei magistrati della città; disobbedendo, rischiava di essere colpito da sanzioni che prevedevano anche il rogo, e l'esilio. Una clausola stabiliva però che le conversioni alla Riforma successive al 1552 non comportassero, come fino a quel momento era avvenuto, la secolarizzazione dei beni della Chiesa romana. La pace segnò dunque non solo il riconoscimento ufficiale dell’esistenza della nuova religione, del protestantesimo, ma anche un decisivo avanzamento del processo di affermazione del nuovo modello di stato nazionale-regionale. La Riforma tedesca, pur fortemente influenzata dalle idee e dalla personalità di Lutero, affondava le sue radici anche nella peculiare condizione politica ed economica della Germania, per i cui principi la soggezione a Roma era sentita come un'inaccettabile ferita all'autonomia e all'orgoglio nazionali. Sotto questo aspetto la Riforma luterana sarebbe rimasta forse un fenomeno circoscritto e non immediatamente esportabile fuori della Germania. Se la Riforma superò i suoi confini iniziali ciò dipese dal ruolo autonomo svolto da alcuni centri urbani e intellettuali con una capacità di influenza maggiore di Wittenberg e delle altre piccole cittadine che avevano seguito Lutero. Nel corso degli anni venti e trenta - a partire da Zurigo, Basilea e Strasburgo, e poi da Berna e Ginevra - il movimento riformatore assunse una risonanza veramente europea.

La pace di __________________ (_____) Il diritto dei principi di ________________ ___________________________________ Una nuova _______________________ e il rafforzamento _______________________

LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA IN EUROPA Il ruolo di ______________________ ______________________________

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Il ruolo principale in questa seconda fase della storia della Riforma è tenuto da un francese, Giovanni Calvino (1509-64), nato da una famiglia di borghesia togata (suo padre era notaio) ed egli stesso studente di diritto all'università di Orléans e a Parigi. Alla fine del 1533 risultò chiaramente che lo spirito della Riforma era entrato nell'am-biente dell'università di Parigi e che il re di Francia Francesco I intendeva reprimerlo con la forza; perciò Calvino fuggì in Svizzera e dopo essere stato un anno e mezzo a Basilea si trasferì, nel luglio 1536, a Ginevra; seguì un nuovo mutamento di sede nel 1538 (a Strasburgo) e infine, nel 1541, il ritorno definitivo a Ginevra. Nonostante l'acquisita sicurezza nella fede, Lutero aveva mantenuto nelle sue opere alcuni evidenti tratti della sua tormentata vita di monaco: l'immagine medievale del diavolo spunta continuamente ed egli ci descrive memorabili conflitti con il principe delle tenebre e gran maestro della tentazione; la sua visione cupa della società e della politica portava tutti i segni della scelta del monaco di fuggire dal mondo perverso, ma dimostrava anche l'arretratezza politica della Germania, dove si continuava a ragionare in termini di fedeltà e dedizione feudale al proprio superiore. Nulla di tutto questo in Calvino, il principio della superiorità della fede sulle opere restava per Calvino come per Lutero il punto di partenza da cui depurare il cristianesimo da ogni traccia di ritualismo superstizioso; da ciò egli ricavava in fatto di sacramenti, e soprattutto per l'eucarestia, delle tesi molto vicine a quelle di Zwingli (un altro riformatore che aveva agito a Zurigo), negando la presenza reale del corpo e del sangue di Gesù nelle sacre specie. La fede di Calvino aveva però delle connotazioni diverse da quelle della dottrina luterana: essa può derivare solo dalla grazia irresistibile del Dio onnipotente e resta completamente sottratto alla ragione umana il motivo che conduce alcuni uomini a credere. Questo mistero della fede può essere espresso dicendo che gli uomini di fede sono degli eletti da Dio, che ciascun uomo è predestinato dall'eternità alla salvezza o alla dannazio-ne. L'insistenza sul tema della predestinazione è tipica più degli sviluppi del calvinismo che di Calvino stesso, ma la svalutazione delle opere risulta assai più radicale nel rifor-matore di Ginevra che in Lutero. E tuttavia, per un rovesciamento di fronte, che ha tutte le caratteristiche del paradosso religioso e psicologico, il calvinista, che è certo della sua fede e del suo stato di eletto, non ha bisogno di disprezzare le opere, come faceva invece Lutero, di vederle come inesorabilmente malvagie e di cercare rifugio soltanto nell’interiorità. Anche Martin Lutero aveva compiuto un'innovazione decisiva nell'ordine delle dottrine e della pratica sociale sostenendo la piena dignità del lavoro e dei ruoli tenuti nella famiglia, ma Calvino andava molto oltre perché trasformava in una vocazione divina il proprio stato sociale e faceva del lavoro un modo per glorificare Dio e per esprimere visibilmente la saldezza della fede e del suo fondamento nella grazia. La religione diventava così il principio del governo di se stessi non solo nel momento della fede, ma nel comportamento di tutti i giorni. Il lavoro produttivo diventava una forma di preghiera, un'offerta a Dio delle proprie certezze: il fine esclusivo dell'arricchimento continuava a essere malvagio, ma non il fatto in sé della produzione attraverso il lavoro. Questo diverso modo di articolare il rapporto tra la fede e 1e opere ha un preciso corrispettivo nel ruolo attribuito da Calvino all'autorità civile. Lutero aveva legittimato la totale delega del potere alla funzione repressiva dei principi, mentre Calvino non soltanto ammetteva, sia pure con molte cautele, il diritto di ribellione contro l'autorità che si allontanava dalla legge di Dio, ma soprattutto affermava che la vita religiosa deve improntare la stessa comunità civile e non invece restare chiusa nella sfera della coscienza. Per conseguenza le istituzioni civili dovevano essere al servizio del programma di una società rigidamente morale e religiosa. Lo Stato non è solo violenza, una conseguenza del peccati ma serve a valorizzare la vita associata. Appena tornato Ginevra, nel 1541, Calvino emanò le Ordinanze ecclesiastiche, il modello della comunità calvinista, tendenzialmente repubblicana, dove le autorità cittadine dovevano collaborare con un concistoro dei pastori evangelici e dei rappresentanti laici della città nell'opera di controllo della purezza della fede e dei

G. CALVINO

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costumi, nella repressione dell'eresia, del l'immoralità, degli scandali.

A partire dal 1541, dunque, la Riforma si presentava con una doppia forza espansiva, con due anime, la luterana e 1a calvinista, e con due stili molto diversi. A questa data l’area di diffusione della dottrina di Lutero, era ormai definita: la Germania, specie nelle regioni orientali e settentrionali; la Danimarca, in maniera irreversibile dopo l'ascesa al trono di Cristiano Il (1534-49); la Svezia, che si era separata con una vera rivoluzione dall'unione con la Danimarca e che fu condotta alla Riforma dall'iniziativa del re nazionale Gustavo Vasa (1523- 60). L’ulteriore espansione della Riforme avvenne soprattutto sotto l’influenza del calvinismo e riguardò i Paesi Bassi, l’Inghilterra e la Francia, intrecciandosi, come sempre, con motivi politici. In Olanda la diffusione della Riforma avvenne in connessione con la lotta per l’indipendenza dalla cattolica Spagna e in Francia, come vedremo, all’interno delle lotte per il potere tra diverse fazioni nobiliari. La Riforma della chiesa anglicana, legata occasionalmente alle vicende matrimoniali di Enrico VIII (1509-47), si colloca invece all’interno del processo di rafforzamento delle strutture statali. Infatti, essa fu promossa dalla casa regnante per porre sotto controllo le strutture ecclesiastiche e allargare la base sociale su cui si appoggiava lo stato attraverso la vendita a nobili e borghesia mercantile delle terre confiscate. In Italia il movimento riformatore ebbe un carattere ristretto, intellettualistico e non organizzato, coinvolgendo piccoli gruppi di intellettuali che nel clima politico e religioso dominante in Italia non avevano nessuna possibilità, non solo di espandersi, ma di sopravvivere. Tra le poche eccezioni, dove troviamo invece una certa diffusione di massa delle eresie, vi sono le valli valdesi, dove avevano trovato rifugio fin dal Medioevo i seguaci di Pietro Valdo la cui religiosità era molto vicina allo spirito luterano e la cui repressione venne ripresa in grande stile, e quelle cuneesi dove, stante la vicinanza e in determinati periodi il diretto controllo della Francia, trovò una certa diffusione il calvinismo, anch’esso prontamente represso.

La diffusione in Europa: - l’area _________________________ Germania, ________________________ e ________________________ - l’area ____________________________ Olanda: lotta per l’indipendenza dalla ___________________ Francia: lotte _______________________ Inghilterra: rafforzamento _____________ ______________________ I riformatori in ____________________ I _____________________________

I principi della teologia calvinista: 1- ________________________________________________________________________________________________________ 2- ________________________________________________________________________________________________________ 3- ________________________________________________________________________________________________________ Il nuovo rapporto con il mondo: 1- ________________________________________________________________________________________________________ 2- ________________________________________________________________________________________________________

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B - L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

1 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della società nella Controriforma

3 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della

società (testi storiografici e documenti di storia locale)

1. L’uso del termine “Controriforma” e gli effetti storici del concilio di Trento 2. La definizione della dottrina cattolica. La teologia tridentina: la riaffermazione del ruolo della chiesa 3. La riorganizzazione del clero 4. La riorganizzazione del culto 5. Il disciplinamento della società

1. L’uso del termine “Controriforma” e gli effetti storici del concilio di Trento Gli sconvolgimenti religiosi verificatisi in Germania e la diffusione della Riforma protestante in altre regioni europee obbligarono la Chiesa romana a intervenire con tutta una serie di provvedimenti di carattere politico, istituzionale, teologico. A questa reazione contro il dilagare del protestantesimo, che si sviluppò tra il 1550 e il 1660, si dà comunemente il nome di Controriforma. Gli storici di orientamento cattolico hanno spesso rifiutato il termine in quanto sottolinea gli aspetti repressivi del fenomeno, il suo caratterizzarsi come recupero violento e coercitivo, a favore del cattolicesimo, di una parte degli spazi che il protestantesimo aveva occupato o stava per occupare e comunque vede il fenomeno come una reazione «contro» qualcosa (la Riforma) che era accaduto prima e altrove, svalutando implicitamente qualsiasi apporto creativo e originale del movimento. Ma se forze consapevoli della necessità di una riforma ecclesiastica e spirituale erano attive nel mondo cattolico prima ancora che il caso Lutero assumesse risonanza internazionale, questa istanza di rinnovamento non riusciva però a trovare alcuno sbocco concreto e a modificare la gestione della Chiesa da parte delle gerarchie. Queste ultime, infatti, fecero propria la necessità di un rinnovamento solo molto tempo dopo la Riforma luterana e la attuarono in gran parte come risposta alla sua rottura. Il termine Controriforma appare da questo punto di vista, quindi, adeguato. La riforma della Chiesa voluta dalle gerarchie ecclesiastiche trovò il suo massimo momento di elaborazione nel concilio di Trento che venne convocato solo nel 1542, vale a dire 25 anni dopo la rivolta di Lutero, quando era evidente che le possibilità di una riconciliazione erano ormai fallite ed esso poteva diventare uno strumento in mano al papa per una riforma della Chiesa che partisse da una condanna delle tesi luterane. Nel 1564 papa Pio IV (1559-65) pubblicò e sanzionò le conclusioni che il concilio aveva raggiunto nelle sue 25 sessioni: esse erano destinate ad ispirare l’azione della Chiesa cattolica per quattro secoli almeno, fino al Concilio vaticano II che si terrà negli anni sessanta del secolo scorso. Vi erano, infatti, contenuti: le affermazioni dottrinali che respingevano in blocco le tesi dei protestanti e definivano la teologia cattolica; le norme disciplinari e i principi della riorganizzazione del clero che assunsero un ruolo di primo piano nella moralizzazione della Chiesa; nonché le norme che avrebbero dettato la riorganizzazione delle forme di culto tipiche della cosiddetta, proprio per sottolineare la portata storica del concilio e di Trento, chiesa tridentina

L’USO DEL TERMINE “ _________________________________ Il concilio di ________________

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2. La definizione della dottrina cattolica. La teologia tridentina: la riaffermazione del ruolo della chiesa Invece di conciliare le posizioni contrastanti per cui era stato voluto, almeno nelle intenzioni dichiarate, il concilio svolse un’importantissima opera di definizione della

dottrina cattolica, nonché di riorganizzazione del clero e di normazione delle modalità

del culto, tant’è che l'impianto dottrinario e organizzativo che la Chiesa si diede è,

nella sostanza, ancora oggi vitale, essendo la Chiesa che noi conosciamo in gran

parte quella uscita dal concilio di Trento. La teologia cattolica non ignorava, certo, le difficoltà che l'uomo poteva incontrare a causa della sua debolezza e della sua fragilità, che lo esponevano al rischio del peccato ed erano alla base della teologia e dell’esperienza religiosa di Lutero. A ciò, però, il Concilio di Trento pose rimedio ribadendo la tradizionale dottrina secondo la quale i sacramenti comunicano la grazia di Dio, cioè la forza dello Spirito Santo, che permette di resistere alle tentazioni e di combattere le insidie del demonio e di cooperare alla propria salvezza. Questo significava anche ribadire la necessità dell'esistenza del sacerdozio (poiché solo il clero può legittimamente amministrare i sacramenti), o meglio ancora proclamare che la Chiesa - coi suoi riti e i suoi preti ordinati - era elemento decisivo e ineliminabile ai fini della salvezza del singolo cristiano. Il concilio assegnò alla Chiesa un ruolo di mediazione analogo anche a proposito della relazione fra il fedele e la Bibbia. Innanzitutto, si proclamò che la traduzione latina di San Girolamo (vissuto tra il 347 e il 420) - detta Vulgata - poteva essere ritenuta «autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione», cosicché si vietò a chiunque di respingerla «con qualsiasi pretesto». Inoltre, «per reprimere gli ingegni troppo saccenti», il Concilio fece divieto a chiunque di «interpretare (la Bibbia) contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e dell'interpretazione delle sacre scritture, o anche contro l'unanime consenso dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate». In tal modo, la Chiesa cattolica si opponeva all'istanza protestante secondo cui la Bibbia andava tradotta e posta nelle mani di tutti i credenti, affinché ogni cristiano potesse essere in diretto e personale rapporto con Dio. Tuttavia, il risultato storico delle scelte operate a Trento fu un progressivo distacco dei cattolici dal testo biblico, nel senso che i fedeli non vennero più educati per secoli, fino al concilio Vaticano II, a considerarlo come la primaria e insostituibile fonte della loro personale esperienza religiosa. Infine, va considerato l'argomento teologico che venne contrapposto al principio protestante della sola Scrittura. Si ricorderà che Lutero, fin dal 1519,

LA DEFINIZIONE DELLA DOTTRINA CATTOLICA. LA TEOLOGIA

TRIDENTINA: LA RIAFFERMAZIONE DEL RUOLO

DELLA CHIESA

GLI EFFETTI STORICI DEL CONCILIO DI TRENTO

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aveva affermato di riconoscere la Bibbia come unica fonte di verità, rifiutando viceversa di credere ai decreti dei concili. Su questa base, il protestantesimo aveva proceduto all'espulsione, dalla fede e dalla prassi della Chiesa, di tutto ciò che non era esplicitamente menzionato nel Nuovo Testamento, in modo da far tornare la Chiesa stessa alla purezza dei tempi apostolici. Il Concilio di Trento, al contrario, proclamò che tutta una serie di dottrine (il Purgatorio, ad esempio), di pratiche (le indulgenze, i pellegrinaggi, la venerazione delle reliquie) e di riti, anche se non erano esplicitamente presenti nella Bibbia, dovevano essere accolti con pari reverenza rispetto a quelli testimoniati nella Scrittura. Si diceva, inoltre, che quelle dottrine e quelle pratiche, considerate a pieno titolo di origine apostolica, erano state «conservate con successione continua nella Chiesa cattolica». Insomma, a fronte del luterano sola Scrittura, il cattolicesimo oppose il rispetto e la riverenza per la tradizione della Chiesa. Ad un protestantesimo tendenzialmente individualista (che insiste sul rapporto diretto e personale dell'uomo con Dio), quindi, fu contrapposta la Chiesa come elemento centrale dell'esperienza religiosa e onnipresente mediatrice del rapporto col divino.

3. La riorganizzazione del clero

3.1 La moralizzazione della vita del clero 3.2 I nuovi ordini religiosi: i gesuiti

Nel momento in cui rilanciava il ruolo centrale del sacerdozio nell'esperienza religiosa del credente cattolico, il Concilio di Trento prese atto che il clero non era assolutamente all'altezza del compito che l'assemblea dei vescovi gli attribuiva. Così il concilio ecumenico, a fianco delle precisazioni dottrinali appena citate, emise una serie di importanti decreti destinati a modellare la figura del sacerdote cattolico fino ai giorni nostri. Fu ribadito l'obbligo del celibato ecclesiastico e quello della residenza, ovvero tutti i sacerdoti (vescovi compresi) con funzioni pastorali erano tenuti a risiedere nella circoscrizione loro affidata; ai vescovi fu imposto di effettuare visite regolari nelle parrocchie della loro diocesi (le cosiddette visite pastorali) per controllare il comportamento dei fedeli e vigilare sulla disciplina degli ecclesiastici e garantire il decoro del clero; queste norme portavano, come logica conseguenza, all'abolizione del cumulo dei benefici ecclesiastici. Fu inoltre imposto l'uso del latino come lingua universale della Chiesa. Per combattere la tradizionale ignoranza del clero fu creata una rete di seminari, destinati alla formazione di uomini di

LA RIORGANIZZAZIONE DEL CLERO

LA MORALIZZAZIONE DELLA VITA DEL

CLERO Nuovo ruolo____________________ � _________________________________ Provvedimenti del concilio: _________________________________ _________________________________ _________________________________ _________________________________

______________________________ 1 - ______________________________________________________

______________________________________________________ _______________________________ 2 - ______________________________________________________ da cui:

______________________________________________________ _______________________________ 3 - ______________________________________________________

______________________________________________________ = _______________________________

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Chiesa preparati e colti. Scopo dei seminari non era soltanto quello di formare intellettualmente e religiosamente gli ecclesiastici. Essi miravano anche a infondere attraverso ritiri, meditazioni, incontri spirituali il cosiddetto spirito ecclesiastico, un atteggiamento morale che si traduceva in una visione totalmente cattolica della realtà. In questo processo di avviamento alla vita ecclesiastica aveva un ruolo importante l'esame della vocazione sacerdotale, cioè della sincera inclinazione dei candidati al servizio nella Chiesa. Il seminario era un ambiente «separato» che non comunicava col mondo circostante, come si conveniva a un'istituzione dedicata all'educazione di individui che il concilio aveva definito superiori rispetto al resto dei fedeli. Già negli anni immediatamente precedenti l'apertura del concilio e poi lungo tutto il suo corso e oltre, i papi erano intervenuti anche con iniziative personali, per fronteggiare alcune tra le questioni più scabrose dell'organizzazione ecclesiastica: furono varati provvedimenti contro il nepotismo, contro la simonia e contro il concubinaggio. Nel complesso, tra iniziative papali e delibere conciliari, la Chiesa cattolica riuscì sicuramente a separare in maniera netta i sacerdoti dal resto dei fedeli e a fare di essi il perno organizzativo della sua presenza nella società. Il clero diocesano a cui era capo il vescovo, e che a differenza dei monaci viveva non separato dal mondo ma nelle parrocchie in mezzo ai fedeli, divenne sempre più il riferimento per la massa dei fedeli. La volontà di attuare una riforma del cattolicesimo attraverso nuove forme organizzative, di attuare una moralizzazione del clero e di intervenire concretamente nella società era emersa già alcuni anni prima d concilio di Trento con la fondazione di tutta una serie di ordini religiosi e di istituzioni caritative e assistenziali. La più importante di queste nuove istituzioni fu la Compagnia di Gesù, fondata nel 1534 da Ignazio di Loyola (1491-1556), un ufficiale spagnolo dalla vita avventurosa, il quale, ferito durante un assedio, fu preso da una crisi mistica – il misticismo conosce in questo periodo una notevole fioritura - e decise di dedicarsi all'apostolato religioso. L'ordine dei gesuiti, che ebbe una rapida crescita (5000 membri nel 1581,16.000 nel 1625), prevedeva una formazione lunga e meticolosa: due anni di noviziato, due di studi letterari e scientifici, tre di filosofia, quattro di teologia. Il gesuita diventava sacerdote verso i trent'anni, ma doveva ancora affrontare un ultimo anno di noviziato. La struttura interna era rigorosamente gerarchica e l'autorità era concentrata nelle mani del capo dell'ordine, il generale. Reclutati attraverso una selezione durissima, i gesuiti erano uomini di Chiesa che univano alla vasta cultura una consolidata abitudine all’obbedienza di tipo militare (lo stesso termine «Compagnia» evocava il mondo dell'esercito). All'estremo rigore esercitato all'interno dell'ordine faceva riscontro, però, un'estrema flessibilità dei gesuiti nei confronti della realtà in cui operavano: si realizzava così un netto superamento dello spirito monastico e dell'isolamento dal mondo. Avendo come obiettivo principale la riconquista della Cristianità ai princìpi morali e dottrinali della Chiesa romana, la Compagnia si industriò per realizzare il massimo della penetrazione possibile nella realtà politica, sociale, culturale europea, evitando atteggiamenti di eccessiva rigidità nei confronti degli «eretici», degli increduli, degli incerti. Soprattutto in due campi tale azione fu svolta con successo: la collaborazione con i governi e la promozione delle istituzioni educative. Membri dell'ordine assunsero la direzione delle università cattoliche, ma soprattutto fondarono scuole di istruzione primaria e secondaria che presto furono affollate di giovani appartenenti ai ceti superiori, alta nobiltà compresa. Questo grande successo si deve alla serietà e alla buona qualità media dell’istruzione gesuitica. In più, la capacità dell'ordine di intuire le esigenze del «pubblico» si espresse nell'introduzione, nei programmi scolastici, del gioco didatticamente disciplinato,

_________________________________ _________________________________ Risultati: _________________________________ _________________________________ _________________________________ _________________________________ I NUOVI ORDINI RELIGIOSI: I GESUITI _________________________________

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della danza perché i ragazzi imparassero a tenere un portamento elegante, delle recite teatrali per abituarli a essere disinibiti in società: tutti accorgimenti per formare schiere di perfetti gentiluomini e di perfetti cattolici. Come educatori, i gesuiti ebbero accesso all’élite dominante e alle stesse corti finendo per svolgere un ruolo politico importante in molti paesi europei. Per altro verso va precisato che i gesuiti si preoccuparono di estendere la propria influenza anche sui ceti più umili, proponendo, ancora una volta, il sistema più efficace per catturare l'attenzione del popolo analfabeta. Essi furono infatti grandi promotori del culto delle immagini sacre, sfociante nei sontuosi apparati cerimoniali delle processioni religiose che si svolgevano anche nei più piccoli paesi.

4. La riorganizzazione del culto 4.1 La lotta all'eresia 4.2 Il nuovo modello di vita religiosa Per quanto riguarda i fedeli e il culto la Chiesa romana agì in diverse direzioni: la

repressione delle eresie, il disciplinamento, cioè il controllo del comportamento dei

fedeli, sradicando i comportamenti ritenuti immorali o pagani, nonché la

proposta/imposizione di un nuovo modello di religiosità.

LA RIORGANIZZAZIONE DEL

CULTO

Il beato Giovenale Ancina (1545-

1604) , vescovo di Saluzzo, uno dei

controriformisti cuneesi.

La repressione delle eresie ebbe come strumento essenziale il tribunale dell’Inquisizione a cui venne dato nuovo vigore anche attraverso una serie di riforme per cui il tribunale venne accentrato sotto la direzione di una commissione cardinalizia, la Congregazione del Sant’Uffizio, favorendo così una politica unitaria dell’Inquisizione. L'autorità dell'Inquisizione venne estesa a tutta la cristianità, senza eccezioni: tutti i cristiani, qualsiasi fosse il loro rango o censo o la nazionalità dovevano rispondere dinanzi agli inquisitori romani per quanto riguarda atti, scritti comportamenti in contrasto con i principi della Chiesa. Anche la procedura inquisitoriale venne riformata: fu rafforzato il potere degli inquisitori, cui fu attribuita sia l'iniziativa

LA LOTTA ALL'ERESIA

giudiziaria che il giudizio, fu ampliata la libertà di interrogare, torturare, condannare; vennero inoltre annullate le garanzie di difesa ai sospettati, mentre all'inquisitore venne affidato il duplice e contraddittorio ruolo di accusatore e giudice. Per

CARATTERISTICHE DELL’ORDINE DEI GESUITI 1 - _____________________________________________________________________________________________________________ 2 - _____________________________________________________________________________________________________________ 3 - _____________________________________________________________________________________________________________ A - ____________________________________________________________________________________________________ B - _____________________________________________________________________________________________________ C - _____________________________________________________________________________________________________

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coinvolgere anche i fedeli nella caccia agli eretici, la Chiesa richiamò con severità le comunità cristiane all'obbligo di denuncia, pena la scomunica, di chiunque fosse sospetto di eresia, negromanzia, magia, bestemmia, sacrilegio. Un secondo strumento repressivo fu pensato appositamente per gli intellettuali di cui la Chiesa sottopose a censura gli scritti: un'apposita Congregazione dell'Indice ebbe il compito di vigilare sulle pubblicazioni e designare i titoli la cui lettura era proi-bita. Le opere dei filosofi, dei politici, dei poeti vennero spesso allegate come prova dell'eresia dei loro autori: casi emblematici sono quelli di Giordano Bruno, forse la vittima dell’Inquisizione più illustre tra gli intellettuali dell’epoca, e Galileo Galilei, entrambi denunciati e accusati di eresia per le tesi sostenute nelle loro opere. Ma anche l’essere sorpresi a leggere opere proibite o il semplice possederle poteva causare denunce e processi per eresia. All’Inquisizione, come vedremo, venne affidato non solo il compito di reprimere gli intellettuali che si opponevano allo spirito controriformista, in quanto essa ebbe un’importante ruolo anche nel disciplinamento delle classi inferiori.

Coerentemente con la teologia tridentina il nuovo modello di religiosità che la Chiesa cattolica venne elaborando era teso a ribadire la centralità della chiesa e del clero nel rapporto con il divino. Infatti, la vita religiosa venne sempre più identificata con la partecipazione alle funzioni religiose legate ai sacramenti, di cui la teologia tridentina aveva ribadito l’importanza come strumento per ricevere la grazia divina, indispensabile per colmare la debolezza dell’uomo sulla via che lo conduce alla salvezza eterna. Scelta che esaltava il carattere collettivo e l’immediata visibilità e quindi anche esteriorità e controllabilità della religiosità contro il carattere personale e interiore che il modello di religiosità protestante tendeva a privilegiare. Esteriorità e collettività sono alla radice di un processo di spettacolarizzazione della religione che si espresse sia nei luoghi di culto che nelle forme dei culti. La linearità geometrica delle chiese rinascimentali cominciò alla fine del Cinquecento a essere sostituita dalla ricerca di un’intensa suggestione. Le nuove chiese che si imposero vengono abitualmente ricondotte sotto la categoria del barocco. Negli interni si verificò come un’esplosione di stucchi, ori, decorazioni, mentre si venivano moltiplicando gli altari laterali. Su questi altari comparve l’iconografia sacra che illustrava i nuovi modelli di santità, con i cieli di nuvole rosa che si aprono per mostrare trionfi divini e verso i quali si alzano gli sguardi pii e i cuori travolti da mistici rapimenti.

IL NUOVO MODELLO DI VITA RELIGIOSA

REPRESSIONE ERESIE: strumenti: 1 _____________________________________________ A - ____________________________________________________________________________________ B - ____________________________________________________________________________________ C - ____________________________________________________________________________________ a - __________________________________________________________________________________________

b - __________________________________________________________________________________________ c - __________________________________________________________________________________________ 2 ___________________________________________________________________________________________________________

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Chiesa dell’Assunta a Savigliano

Affreschi alla volta (inizio sec XVIII), uno tra

i tanti segni della Controriforma nel

saviglianese

I soffitti cominciarono a coprirsi di volte stellate dai colori azzurro e oro sgargianti, popolate di schiere d'angeli presentati nella forma del putto innocente e sensuale e disposti con grande attenzione all'effetto scenografico della finta prospettiva; gli altari si riempirono di calici e ostensori che irraggiavano fiamme d'oro, con l'effetto di concentrare l'attenzione dei fedeli sulla sontuosità e la meraviglia dall'oggetto. Tutto era ostentato, sottolineato, imposto a un'emotività sempre più smisurata e abnorme: il fedele diventava nella sua chiesa: spettatore invece che compartecipe. Altari, pareti e colonne si riempivano di reliquiari ed ex voto lussuosi e sgargianti, mentre l'intensa devozione per la Madonna e i santi si manifestava con statue piangenti, cuori trafitti, sangue stillante. Coronata e dolente, carica di lusso e di ori ma anche di sofferenze atroci ben visibili, la Vergine Maria esprimeva bene tutto il gusto eccitato ed eccessivo dell'epoca. Per quanto riguarda i culti il fenomeno della spettacolarizzazione coinvolse innanzitutto la celebrazione dei sacramenti: la messa, celebrata in latino seguendo un messale unico che ne legava i contenuti ai diversi periodi dell’anno ecclesiastico (avvento, pasqua, ecc..), divenne un grande spettacolo, il cui teatro era la chiesa barocca e a cui il fedele assisteva come spettatore; il culto dell’ostia, in cui il concilio aveva ribadito esserci la presenza reale di Cristo, venne promosso con tutta una serie di cerimonie (adorazioni eucaristiche, vespri, processioni) altrettanto spettacolari e di apparati cerimoniali (tabernacoli, ostensori, baldacchini) il cui splendore era inteso come segno di religiosità della comunità parrocchiale; negli angoli più silenziosi e discreti delle chiese fecero la loro comparsa i monumentali confessionali tripartiti, muniti di grata interna, nella cui penombra i fedeli andavano ad assolvere l'obbligo dell'annuale confessione auricolare (segreta e privata) stabilita e prescritta dal concilio di Trento. Un altro tipico esempio della religiosità promossa dalla chiesa controriformista è costituito dal culto dei santi. Teologicamente visti non solo come esempio per gli uomini ma anche come intermediari tra i fedeli e la divinità, il loro culto perpetuava una rappresentazione, affermatasi già nel tardo Medioevo, dell’al di là visto a immagine del mondo terreno, come un sistema di protettori e clienti, in cui era meglio avvicinare Dio tramite un mediatore che non tentare di arrivare a lui direttamente. Attraverso la diffusione del culto dei santi patroni la Chiesa cercava di incanalare una religiosità popolare che tendeva a finalizzare i riti religiosi all’ottenimento di protezione per se stessi, i propri famigliari, i propri animali e i propri beni in generale. Il culto dei santi prese la forma del culto delle reliquie (i “Corpi santi” che venivano portati in processione durante la festa patronale), delle immagini, e non solo di quelle conservate nelle chiese ma anche dei “santini”, la cui diffusione fu consentita

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dalla stampa. La fede in tali oggetti sacri era fondata sulla fede in ciò che può essere definito come l’efficacia materiale del sacro, ossia il loro potere di provocare cambiamenti nel mondo materiale e visibile. Tra i santi assunse un particolare rilievo la Madonna al cui culto era dedicate la diffusione di nuove pratiche religiose, quali la recita del rosario, e di cui vennero riconosciute numerosissime apparizioni autorizzando il culto sul luogo in cui esse sarebbero avvenute (santuari mariani).

Molte di queste forme di religiosità sono una cristianizzazione di antichi culti che sopravvivevano soprattutto nelle campagne. Basti pensare alle manifestazioni devozionali che si tenevano intorno a luoghi ritenuti miracolosi, oppure alle devozioni agrarie. Se la pratica devozionale veniva cristianizzata, la repressione si manifestò per lo più verso tutto ciò che veniva a scontrarsi con quello che la Chiesa riteneva non conforme alle proprie esigenze di ordine e di decenza. Per coloro che vi prendevano parte spesso la cerimonia religiosa costituiva un momento di «festa» collettiva (o, come si direbbe oggi di «socializzazione») e, quindi, potevano avere un risvolto non molto spirituale e poco ortodosso, fino alla sregolatezza. Tra i riti devozionali collettivi la processione e il pellegrinaggio furono tra i più praticati e, se si considerano le implicazioni psicologiche e sociali, dei più significativi per la storia delle mentalità e dei comportamenti. È necessario sottolineare, tuttavia, che i pellegrinaggi dell'Età Moderna si dif-ferenziarono da quelli medievali perché, pur mantenendo caratteri di massa, assunsero dimensioni più ridotte per quanto concerneva le distanze. Non più, quindi, viaggi in Oriente, e più in particolare in Palestina, ma spostamenti all'inter-no di aree territorialmente più ristrette, verso i luoghi delle apparizioni della Vergine o quelli dove erano conservati i corpi dei santi. Anche se i pellegrini accettarono i dettami di comportamento imposti dalli Chiesa (e non vi furono pellegrinaggi senza messe, comunioni e confessioni) gli atti essenziali della partecipazione del pellegrino furono altri, ossia: il contatto con l'oggetto sacro, come il sorbire l'acqua delle fontane ritenute miracolose, o l'immergersi in esse; la pratica di strofinarsi contro l'immagine sacra o di strapparle qualche scheggia da conservare come reliquia.

IL NUOVO MODELLO DI VITA RELIGIOSA Centralità di: carattere della religiosità: 1 ______________________________ _____________________ 2 ______________________________ ______________________ 3 ______________________________ ______________________

_________________________________________________________________

A- __________________________________ B - ______________________________________ 1 - __________________________ 1 - ___________________________________ 2 - __________________________ 2 - ___________________________________ 3- __________________________ 3 - ___________________________________ 4 - ___________________________________

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La processione rappresentava probabilmente il momento di massima spettacolarizzazione degli eventi religiosi che aveva al suo centro uno degli oggetti sacri di cui abbiamo detto, la reliquia, l’immagina del santo, l’ostia, che veniva con il massimo sfarzo possibile (baldacchini, addobbi, strutture sceniche) portato per le vie del centro abitato. L’opera d’imposizione di nuove forme di culto si accompagnò ad un’opera di istruzione dei fedeli che utilizzò come suo strumento principale, insieme con la predicazione, il catechismo. Una disposizione conciliare faceva obbligo ai curati di insegnare la dottrina ai fedeli nella lingua corrente. A tale scopo il concilio affidò a una commissione guidata dall'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, forse il più noto tra i vescovi controriformisti, l'incarico di redigere un Catechismo romano che fu stampato nel 1566. Questo manualetto a uso dei sacerdoti, contenente in forma semplificata la dottrina del concilio di Trento, ebbe una grande importanza nel divulgare in maniera uniforme i princìpi dell'ortodossia tridentina presso i fedeli.

L’educazione del fedele: ______________ +________________________________

Savigliano santuario dell’Apparizione, uno

dei santuari mariani dell’epoca

5. Il disciplinamento della società 5.1 Una società omogenea e obbediente 5.2 Repressione e cristianizzazione 5.3 Gli strumenti del controllo 5.4 La caccia alle streghe Le conseguenze sociali della Riforma protestante e della Controriforma cattolica, che si manifestarono nella seconda metà del Cinquecento e nel Seicento, sono state descritte dagli storici come un processo di disciplinamento della società, ovvero il tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita delle popolazioni al fine di ottenere una società più compatta, meno culturalmente differenziata, e pronta a obbedire a poteri centrali (chiesa e stato)in maniera più au-tomatica. Nei confronti delle fondamentali manifestazioni della vita sociale - il gioco, il sesso, i riti del corteggiamento e del matrimonio, le feste, le forme di medicina popolare e di magia, i comportamenti pubblici e privati - venne avviata una gigantesca e capillare opera di controllo e di intervento. II risultato di quest'azione fu che il secolo XVI che si era aperto con clamorose ribellioni al principio di autorità (vedi Lutero), si chiuse all’insegna dell’obbedienza interiorizzata, della disciplina.

IL DISCIPLINAMENTO DELLA SOCIETÀ

UNA SOCIETÀ OMOGENEA E OBBEDIENTE Il disciplinamento della società: una società ________________________ e ________________________________ L’obbedienza _____________________ L’omogeneità _____________________ =________________________________

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Da questo punto di vista, cattolici e protestanti si mossero con intenti e modalità sostanzialmente analoghe. La religione venne utilizzata come principale strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo dell’obbedienza a tal punto che la manifestazione più evidente di questo processo di disciplinamento può essere descritta come un processo di “cristianizzazione delle campagne”. Le popolazioni, in special modo quelle rurali, spesso associavano alle credenze e ai rituali della Chiesa pratiche antichissime, di evidente origine pagana, che più di mille anni di diffusione del cristianesimo nelle campagne non erano riusciti ad estirpare. In Friuli, ad esempio, alla metà del XVI secolo le popolazioni rurali credevano che ad alcune persone privilegiate (dette benandanti) fosse concesso di recarsi periodicamente nel mondo dei morti, e che l'abbondanza dei raccolti dipendesse dall'esito di grandi battaglie notturne, condotte dai benandanti stessi contro gli spiriti dei defunti, considerati pericolosi ed aggressivi nei confronti dei vivi. In quasi tutte le regioni d'Europa era diffusa la pratica di accendere grandi fuochi nella notte fra il 23 e il 24 giugno: questo rito era celebrato in onore di San Giovanni Battista, ma era anche opinione comune che a quei fuochi si avvicinassero, per scaldarsi, le anime di tutti coloro che, essendo morti prematuramente, vagavano senza pace. Per questo, poi, le ceneri di quei falò erano conservate come amuleti capaci di proteggere dalle disgrazie e dagli incidenti. Nel corso del Seicento, le autorità religiose si sforzarono di cancellare tutti questi residui di paganesimo e queste pratiche superstiziose; le popolazioni rurali dell'Europa occidentale, dunque, furono vittime di uno sforzo di acculturazione senza pre-cedenti, intendendo per acculturazione l'imposizione violenta di una cultura (cioè di un sistema di credenze, di valori morali e di comportamenti) da parte di un élite a chi ne possedeva un'altra2. Cosa non andava nella cultura popolare agli occhi dell’élite culturale che intendeva modificare gli atteggiamenti del resto della popolazione? L’azione di questa élite si concentrò particolarmente su due aspetti: la presenza di tracce di credenze legate al paganesimo e l’eccessiva licenza dei comportamenti che non si adeguavano agli insegnamenti della chiesa. Dal momento che feste popolari e stregoneria, in maniera più evidente, manifestavano questi aspetti furono anche i fenomeni che con più forza i riformatori cercarono di sradicare3. La posizione della Chiesa fu assolutamente drastica solo nei confronti della stregoneria, punta estrema della superstizione e della devianza, che presupponeva il patto con il diavolo e la rinuncia a Dio in cambio del potere su uomini e cose. Nei casi di pratiche che non comportavano l'appello alle forze diaboliche, la Chiesa preferì seguire, invece, un atteggiamento più conciliante, nel senso di una cristianizzazione di antichi culti, come abbiamo già osservato, manifestandosi la repressione per lo più verso gli aspetti socializzanti. Anche nei riguardi del carnevale, vera festa di liberazione degli istinti, assai poco compatibile con l'etica cristiana, la Chiesa pre-tridentina, soprattutto nel XV secolo, aveva assunto un atteggiamento abbastanza tollerante, limitandosi a inserirlo nel proprio calendario liturgico e facendolo seguire dalla quaresima, proprio per non entrare in conflitto con i fedeli. In epoca tardomedievale il carnevale era stato una festa sia per i contadini sia per la gente di città e il suo simbolismo essenziale era effettivamente «terreno», in quanto imperniato sul cibo e sulla sessualità, ossia sulla fertilità. È importane sottolineare, inoltre, che il carnevale non era solo una festa riservata alle classi popolari, ma anche alla

La _______________________________ delle ____________________________ i culti ____________________________ a - _______________________________ b - ______________________________ L’imposizione _____________________ di una nuova _______________________

REPRESSIONE E CRISTIANIZZAZIONE I mali della cultura popolare: 1 -______________________________ 2 - ______________________________ L’azione della Chiesa: 1 - ______________________________ nei confronti di: a - ______________________________ b - ______________________________ 2 - ______________________________ Esempi di ________________________ 1- il _____________________________ La tolleranza del _________________ Il ____________________________ del _________________________

2 La cultura è qui intesa come l’insieme di conoscenze, valori, comportamenti che identifica un gruppo sociale, differenziandolo rispetto agli altri. Così, ad esempio, nella società odierna noi possiamo parlare di una cultura giovanile intendendo l’insieme di quegli atteggiamenti che sono propri dei giovani in quanto contrapposti agli adulti. 3 È da notare che, come diremo in seguito, le forme di credenza nella stregoneria che vennero represse erano in realtà una creazione di coloro intendevano reprimerla.

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gente colta che vi partecipava attivamente, come ci ricordano le canzoni carnascialesche di Lorenzo de' Medici e Niccolò Machiavelli. Solo a partire dalla fine del XVI secolo e soprattutto durante quello successivo, in tutta Europa le autorità laiche ed ecclesiastiche cominciarono a porre limiti severi per la celebrazione del carnevale, tentando di soffocarne lo spirito pagano e imponendo alla festa popolare un velo di austerità e autocontrollo che, col tempo, diventò sempre più evidente. Vescovi esemplari, come Gian Matteo Giberti a Verona e Carlo Borromeo a Milano o Giovenale Ancina a Saluzzo, si dedicarono a purificare le credenze e le pratiche dei propri fedeli. Un esempio può essere rappresentato dal Borromeo che, a Milano, si oppose, al pari di Calvino a Ginevra, ai carnevali, alle danze e agli spettacoli, che furono definiti dal prelato «la liturgia del diavolo». Sarà una lotta dura, forse conclusa solo nel XIX secolo, che non ha soltanto aspetti religiosi e morali, ma costituisce anche una profonda modificazione psicologica e culturale. L'uomo del XVI secolo, non meno dell'uomo del Medioevo, non aveva nessun dominio dei propri impulsi e stati emotivi: la paura diventava per lui terrore e panico incontrollabile, la gioia esplosione fisica e sensuale, il dolore un oceano incontenibile di disperazione urlata, l'odio una sconfinata brutalità. La cultura quaresimale della Controriforma cominciò a imporre la moderazione alle manifestazioni della vitalità. La vita sessuale fu uno dei principali obiettivi di questa massiccia campagna re-pressiva e la trasgressione sessuale diventò quasi il modello di tutte le altre forme di trasgressione: per vie diverse, ma con identici risultati, sia il concilio di Trento sia l'etica protestante affermarono che la sessualità era lecita soltanto dentro il matrimonio e solo se subordinata al fine della procreazione. Il peccato della carne divenne il peccato per eccellenza, facendo passare in second'ordine quelli derivanti dall'orgoglio e dall'avidità, che la morale medievale aveva condannato in maniera molto più severa che non la lussuria. Sulla sessualità calava una cortina di tristezza e di repulsione. La comparsa di una nuova malattia, la sifilide, contribuì anch’essa a togliere spontaneità all’effusione fisica e a circondare il piacere di sospetto, apprensione e possibilità di castigo. Uno dei risultati più importanti di questa operazione di repressione della cultura popolare fu sicuramente la separazione di quest’ultima dalla cultura delle classi colte. Tale separazione era sicuramente meno evidente prima del Cinquecento, quando le classi colte erano culturalmente meno distanti dal resto della popolazione, come abbiamo visto per il carnevale e come ci ricorda il classico l’esempio del parroco di campagna che condivideva tutte le credenze dei suoi parrocchiani (non per niente tra i provvedimenti del Concilio di Trento vi fu l’istituzione dei seminari per l’istruzione del clero). Alla formazione di un ceto dirigente culturalmente omogeneo e distante dalla cultura popolare contribuì prepotentemente l’aumentata circolazione dei libri, favorita dalla diffusione della stampa a caratteri mobili, e che a sua volta consentì una maggiore e più penetrante circolazione delle idee volute dai centri di potere che attraverso la censura (vedi l’Indice dei libri) ne potevano controllare la diffusione. Un altro esempio di questo disciplinamento delle classi colte è sicuramente costituito dall’istituzione dei collegi per gli studenti. Gli studenti universitari, che avevano percorso disordinatamente le vie d'Europa spostandosi da un professore a un altro e mantenendosi con l'accattonaggio, avevano ceduto il posto agli studenti dei collegi - quelli gesuitici dell'Europa cattolica, quelli dei colleges inglesi di Oxford e Cambridge - dove l'insegnamento era impartito a classi divise per età, e dove i giovani dovevano conformarsi a regole valide per tutti. La Chiesa per realizzare questo controllo si servì, oltre che dei tribunali dell’Inquisizione, delle strutture diocesane e parrocchiali che rinnovate dal concilio vennero a radicarsi sempre più strettamente nella società. Strumento efficacissimo per imporre le direttive dall’alto furono le visite pastorali

La repressione della ________________ L’imposizione ____________________ ________________________________ 2 - ______________________________ Il modello imposto: ________________ _________________________________ La sessualità come _________________ I risultati della repressione: 1 - ______________________________ 2 - ______________________________ ruolo dei:

a- _________________________

b- _________________________

GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO 1 - ______________________________

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dei vescovi; rese obbligatorie, come abbiamo già detto, dal concilio esse furono utilizzate per attuare un controllo sulle forme di religiosità e di moralità delle popolazioni e dello stesso clero. Tra il resto, le dettagliatissime relazioni, che venivano compilate in occasione della loro effettuazione, sono un prezioso documento che ci attestano gli sforzi compiuti dall’élite ecclesiastica in questa direzione. Se all’Inquisizione fu affidata soprattutto l’opera repressiva, cadendo sotto la sua giurisdizione parecchi tipo di reato , non solo l’eresia e la stregoneria, ma anche la bestemmia, la poligamia e molti altri, alle parrocchie spettò soprattutto il versante positivo e pastorale del processo di disciplinamento. Esse erano il perno organizzativo delle cerimonie religiose, ad esse era affidato il compito di controllare che tutta la popolazione vi partecipasse, ad esse era affidato il compito della predicazione e dell’insegnamento del catechismo che dovevano diffondere le basi fondamentali del credo cattolico. Le parrocchie oltre a questi compiti presero a svolgere anche altre funzioni “civili” di inquadramento della popolazione. Ad esempio, fu resa obbligatoria la compilazione dei “Registri del battesimo” che costituiscono la prima forma di anagrafe moderna, la scuola di religione era poi spesso l’unica forma di istruzione per le popolazioni, vi si apprendevano non solo i fondamenti del cristianesimo, ma anche le regole di cortesia o come si diceva, della “civiltà cristiana”. Insieme alla parrocchia provvedevano ad organizzare la vita religiosa anche le Confraternite, già presenti nel Medioevo ma fortemente rilanciate dalla Controriforma, le quali erano organizzazioni di laici con scopi devozionali, organizzando il culto del santo a cui erano dedicate, e/o assistenziali, dedicandosi all’assistenza o dei poveri, o degli inferni, o dei carcerati, ecc..., nonché al soccorso reciproco tra confratelli. Un momento tipico del processo di disciplinamento della società è sicuramente costituito dalle cosiddette “missioni popolari”: condotte da predicatori che percorrevano in lungo e in largo le regioni i cui venivano invitati o inviati, toccavano tutte le parrocchie organizzando cerimonie religiose e predicazioni al fine di insegnare la retta dottrina, imporre l’obbligo della partecipazione ai sacramenti e i modelli comportamentali ritenuti corretti. Nell’organizzare le missioni popolari si distinsero in particolare due dei nuovi ordini nati durante questo periodo: i cappuccini e i gesuiti. Il momento centrale delle missioni popolari era costituito dalla predicazione; per designare il tratto fondamentale dell'azione di predicazione che investì, in modo capillare, le campagne europee nel corso del Seicento, lo storico francese J. Delumeau ha coniato l'espressione «pastorale della paura». Infatti, il tema preferito dalla predicazione era la minaccia dell’inferno che veniva descritto in tutti i dettagli possibili, in modo da provocare nel pubblico forti emozioni di repulsione, di orrore e di spavento. In primo luogo, si metteva in rilievo che i tormenti ultraterreni sarebbero stati eterni, cioè sarebbero durati per sempre; chiunque fosse finito all'inferno, inoltre, non avrebbe mai più conosciuto un istante di pace e di piacere, ma sperimentato solo dolore e sofferenza. E poi importante osservare che l'inferno cattolico del Seicento differisce da quello dantesco in alcuni elementi fondamentali. Infatti, mentre nell'oltretomba descritto da Dante lo spazio concesso ai peccatori era, nell'insieme, abbastanza vasto, l'inferno descritto dai predicatori delle missioni seicentesche era in genere presentato come un'opprimente prigione, in cui i dannati venivano orrendamente compressi gli uni sugli altri, come i cadaveri nei cimiteri in tempo di peste. Dante nel suo inferno-città, ben ordinato e strutturato, vedeva i dannati torturati in mille modi diversi, invece nell'inferno-prigione tipico del Seicento il fuoco assunse il ruolo di castigatore unico. Si trattava di un fuoco micidiale, che avvolgeva completamente le proprie vittime, ma anche sapiente e intelligente, perché capace di colpire la parte del corpo del peccatore che maggiormente aveva peccato e di discernere quali dannati fare soffrire di più. A più riprese, infine, i predicatori misero l'accento sul fatto che

2 - _____________________________ Le visite _________________________ 3 - ______________________________ Le funzioni: a - ___________________________ b - ___________________________ 4 - _____________________________ I momenti del disciplinamento: 1 - _____________________________ 2 - _____________________________ La pastorale della __________________: la minaccia dell’___________________ Diversità inferno dantesco e del Seicento: 1 - ______________________________ 2 - ______________________________

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Dio, irritato e offeso dall'atteggiamento del peccatore, che aveva osato sfidare la Sua santa Legge, non avrebbe avuto né pietà né misericordia per il dannato, ma anzi l'avrebbe colpito con implacabile severità. Così il gesuita Paolo Segneri (morto nel 1694), uno dei predicatori più noti, descriveva l’atteggiamento di Dio verso i dannati: “E per quanto alzano gli occhi per rivoltarsi (= rivolgersi ) a quel gran Dio che lo accese (= che accese il fuoco dell'inferno), veggono ch'egli, ... lo dovrò dire? Veggono ch'egli, divenuto per essi (secondo il loro sentimento) un Nerone, non per ingiustizia, ma per severità, non solo non vuole, o consolarli, o soccorrerli, o compatirli, ma di più ancora applaude battendo le mani e con un diletto incredibile se ne ride. Pensate dunque in quali smanie debbono essi prorompere, e in quali furori! Noi bruciamo, e Dio ride?...” Non sorprende apprendere dai resoconti dell'epoca che, al termine di una predica, molti ascoltatori erano in preda al panico e all'angoscia; il missionario però, a quel punto, offriva ai suoi spaventati fedeli il salutare rimedio della confessione: grazie ad esso (e poi, in futuro, per mezzo della rigida osservanza dei comandamenti della Chiesa) sarebbe stato possibile al credente evitare quell'orribile luogo di tortura che il predicatore aveva fatto balenare davanti agli occhi del proprio uditorio.

3 - ______________________________ Predicazione e ____________________

La sede della missione cappuccina a Chianale – Valle Varaita

In Italia il movimento riformatore ebbe un carattere ristretto,

intellettualistico e non organizzato, coinvolgendo piccoli gruppi di

intellettuali che nel clima politico e religioso dominante in Italia non

avevano nessuna possibilità, non solo di espandersi, ma di

sopravvivere. Tra le poche eccezioni, dove troviamo invece una certa

diffusione di massa delle eresie, vi sono le valli valdesi, dove avevano

trovato rifugio fin dal Medioevo i seguaci di Pietro Valdo la cui

religiosità era molto vicina allo spirito luterano e la cui repressione

venne ripresa in grande stile, e quelle cuneesi (valli Varaita e Maira,

ma anche occasionalmente in località di pianura) dove, stante la

vicinanza e in determinati periodi il diretto controllo della Francia,

trovò una certa diffusione il calvinismo, anch’esso prontamente

represso. Lo stabilirsi di una missione, come quella cappuccina di

Chianale, rappresentava uno dei momenti della ripresa delle forze

cattoliche nelle zone controllate dai protestanti. A Savigliano, nel

convento di S. Domenico, vi era una delle sedi dell’Inquisizione.

La più vistosa manifestazione del clima di repressione che si accompagnò al processo di disciplinamento della società è sicuramente rappresentata dalla caccia alle streghe che conobbe il suo apogeo tra il 1580 e il 1650 (110.000 processi, 60.000 vittime). La credenza nella stregoneria è legata alla strategia psicologica del capro espiatorio che condiziona il comportamento di un individuo e della collettività in cui vive e viene attivata da una comunità quando questa è colpita da una crisi che non è capace di comprendere razionalmente nelle sue cause effettive, o che comunque non è in grado di fronteggiare efficacemente. A quel punto il meccanismo procede con l'individuazione di un colpevole: qualcuno su cui poter rovesciare la responsabilità della crisi. Il processo di colpevolizzazione, tuttavia, funziona solo se l'accusato è credibile, cioè se già da tempo gode di una pessima fama ed è una sorta di emarginato all'interno del gruppo: sotto questo profilo, gli ebrei, ad esempio, si prestavano perfettamente, dal momento che costituivano l'unica minoranza religiosa significativa presente nell'Europa cristiana ed erano stati accusati (fin dal tempo dei Padri della Chiesa) di

LA CACCIA ALLE STREGHE

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essere gli strumenti di Satana, gli assassini di Cristo e, quindi, i nemici giurati di quanti credevano il lui. Certamente, la violenza perpetrata verso chi è stato accusato di aver scatenato la crisi (violenza che può arrivare fino all'eliminazione fisica) non risolve affatto la situazione problematica nella sua effettiva realtà: siamo di fronte, dunque, ad un meccanismo di difesa illusorio, nel senso che non è capace di aggredire la crisi nelle sue vere cause e di sconfiggerla. Eppure, la strategia del capro espiatorio ottiene ugualmente, in chi l'attiva, un importantissimo risultato. Infatti, nel momento in cui il responsabile viene individuato (e, conse-guentemente, fatto oggetto di violenza) si genera una specie di catarsi collettiva, di sfogo delle emozioni, di provvisorio allentamento della tensione accumulata da un gruppo (o da un individuo) a seguito dell'esplosione di una situazione critica. Se tale tensione venisse scatenata verso l'interno, la comunità investita dalla crisi verrebbe distrutta: ecco perché si cerca in tutti i modi di proiettarla verso l'esterno, trovando, appunto, un colpevole.

Nel corso del Quattrocento, la strategia del capro espiatorio si perfezionò ulteriormente; nel XV secolo, infatti, giunse a pieno compimento il concetto di strega, termine con cui si indicava una donna accusata di aver stipulato un patto col diavolo, rinnegato la fede e avuto rapporti sessuali col demonio stesso; in cambio - si diceva - Satana le concedeva la possibilità di operare il male in modo misterioso e con strumenti soprannaturali. Secondo il domenicano J. Nider (che scriveva fra il 1435 e il 1437, a Basilea) le streghe riuscivano a «sottrarre, a loro piacimento, la terza parte del letame, del fieno, del frumento, o di qualunque altra cosa, dal campo del vicino per appropriarsene senza che nessuno le vedesse; o erano in grado di provocare grandinate molto vaste e venti dannosi con fulmini; o ancora, sotto lo sguardo dei genitori, gettare nell'acqua i bambini che vi camminavano vicini, senza che nessuno le scorgesse; o ancora procurare la sterilità negli uomini o nelle bestie, danneggiare nelle cose o nei corpi i vicini, fare imbizzarrire i cavalli che venivano bardati, mentre veniva porta la staffa al cavaliere». S'intravede, dietro queste parole, tutto un mondo di piccoli e grandi drammi, di tragedie familiari e di rancori fra vicini; la strega e lo stregone, nell'immaginario e nella vita popolari, rivestirono il ruolo di capri espiatori .per tutti gli incidenti inaspettati o per quelli che risultavano di impossibile soluzione. Si trattava di situazioni di crisi, capaci di gettare a terra e distruggere una famiglia o una collettività più vasta; accusare la strega non ridonava il raccolto perduto o il figlio annegato, ma allentava la tensione emotiva che questi incidenti avevano generato in chi li aveva subiti, o meglio serviva a proiettare fuori del gruppo un'aggressività esasperata che, se riversata all'interno della comunità, ne avrebbe provocato la distruzione. Non si escludeva a priori la possibilità che esistessero stregoni maschi; era opinione corrente, tuttavia, che la grande maggioranza dei malefici agenti di Satana fossero donne. Questa convinzione corrisponde pienamente ai requisiti che deve possedere un capro espiatorio per poter essere credibile; in una società in cui il potere era interamente gestito dai maschi, infatti, la donna era una figura marginale, perfettamente adatta - come gli ebrei - a rivestire il ruolo di capro

Le credenze sulle streghe: 1 – il patto con _____________________ e i poteri __________________________

Le streghe e la strategia _____________ _________________________________ - ______________________________ e _______________________________ - perché _________________________

IL PROCESSO PSICOLOGICO DEL _____________________________________ 1 - ____________________________________________________________ 2 - ____________________________________________________________ 3- _____________________________________________________________ 4 - _____________________________________________________________

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espiatorio. Inoltre, da secoli, le donne erano oggetto di una violenta propaganda ostile, che le dipingeva come schiave della lussuria, incapaci di dominare le proprie passioni e comunque pericolose per il maschio: la figura di Eva, che induce Adamo al peccato e ne provoca la rovina, era regolarmente additata come esempio della pericolosità della donna. La rinnovata violenza della caccia alle streghe si comprende non appena teniamo conto del fatto che, all'inizio del Cinquecento, le credenze relative alla stregoneria si erano arricchite del concetto di sabba. Con tale termine si indicava un raduno notturno di streghe e stregoni. Al luogo prescelto per la riunione ogni seguace di Satana arrivava in volo, dopo essersi unto il corpo con un unguento speciale, donatogli dal diavolo stesso e fabbricato con ingredienti di vario tipo; nei Paesi Baschi, ad esempio, le streghe arrestate dichiaravano di usare, soprattutto, escrementi di rospo, mentre in vari altri luoghi esse confessarono che il magico unguento era a base di grasso e carni di cristiani uccisi. Al sabba, secondo l'opinione corrente, le streghe e gli stregoni rinnovavano la loro abiura della fede cristiana e del battesimo compiendo atti blasfemi di vario genere; fra questi, il gesto di calpestare la croce era uno dei più frequenti e diffusi. Poiché il diavolo stesso (visibile in forma umana o animalesca, a seconda dei casi) partecipava al sabba, i suoi seguaci gli rendevano omaggio e lo adoravano; a questi riti, facevano seguito un banchetto (a base di carne umana), una danza ed un'orgia, nel corso della quale le streghe e gli stregoni si accoppiavano sia con i demoni sia tra loro. La credenza nella stregoneria era comunemente accettata anche dall’élite culturale in quanto, come scrive lo storico francese L. Febvre, “gli uomini del XVI secolo non possedevano la nostra nozione di naturale opposto al soprannaturale. 0 piuttosto, per loro, tra il naturale e il soprannaturale la comunicazione rimane normale e incessante. Essi conservano dell'universo una visione mistica, una visione da primitivi che non vanno, come noi, a cercare le cause nei dati dell'esperienza vissuta, con l'intenzione di inquadrare ogni avvenimento nel reticolo dei fenomeni, di spiegarlo con ciò che lo ha preceduto, di farne la conseguenza necessaria di condizioni date e la causa, non meno necessaria, di conseguenze facili da prevedere: essi pretendono di trovarle, queste cause semplici e possenti, in un mondo che per definizione sfugge all'esperienza, in un mondo popolato di potenze invisibili, di forze, di spiriti, d'influssi che ci circondano da ogni parte, ci assediano e regolano la nostra sorte. Cade un fulmine: non è un «fenomeno naturale», ma l'atto volontario e cosciente della Divinità che interviene bruscamente negli affari umani.” I giudici incaricati di reprimere la stregoneria erano colpiti, soprattutto, dal fatto che, quando descrivevano il sabba, le confessioni degli imputati coincidevano fra loro fin nei minimi dettagli. Da ciò, i giudici e gli intellettuali del Cinquecento e del Seicento avevano dedotto che il sabba e tutti i crimini delle streghe erano eventi reali. Agli occhi dello storico, viceversa, quelle somiglianze trovano facile spiegazione tenendo conto del largo uso della tortura che venne fatto dai tribunali incaricati di punire le streghe. «La tortura - scriveva già nel 1631 il gesuita F. Spee, uno dei pochi intellettuali che assunse una posizione critica su questo argomento - riempie la nostra Germania di streghe e di malvagità inaudite, e non solo la Germania, ma ogni nazione che vi ricorra. Se non abbiamo ancora confessato tutti di praticare la stregoneria è soltanto perché non siamo stati torturati tutti». Inoltre l'imputata (di solito, una povera contadina semi-analfabeta) quando non veniva torturata, era spesso sottoposta al cosiddetto interrogatorio suggestivo, un particolare modo di porre le domande (che, in questo caso, vertevano sul sabba, sull'aspetto del diavolo, sui crimini compiuti ecc.) per cui l'accusata intuiva la risposta che l'autorità desiderava venisse fornita. Il risultato era che l'imputata non diceva la verità, ma solo quanto le era suggerito in anticipo dal giudice, assolutamente convinto della reale esistenza delle streghe. Le Province Unite smisero di uccidere streghe con almeno un secolo d'anticipo rispetto ad ogni altro paese europeo; l'ultima esecuzione sicura di una strega nei Paesi

2 - il ____________________________ La mentalità: _____________________ ________________________________ La coincidenza delle _______________ ruolo di: 1 _______________________________ 2 _______________________________

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Bassi, infatti, ebbe luogo nel 1591, mentre l'ultimo processo documentato nella Provincia d'Olanda risale al 1610 e si concluse con l'assoluzione dell'imputato. Nel resto d'Europa, il reato di stregoneria cessò di essere perseguito dai giudici verso la fine del Seicento. In Francia, un editto del 1682 stabilì che i presunti maghi potessero essere puniti per impostura, per sacrilegio (nel caso di utilizzo di ostie, calici o parole della Scrittura) o per avvelenamento; il sabba e lo stesso concetto di maleficio diabolico, invece, non venivano più menzionati, con un silenzio totale che, in pratica, equivaleva ad una completa negazione della loro realtà. In precedenza, tutti i tentativi di rifiutare l'esistenza del sabba e dei crimini stregoneschi erano stati accolti, dai giudici che dovevano gestire i processi, con scetticismo e preoccupazione. Addirittura, nel 1670, i magistrati di Rouen, in Normandia inviarono al re un ampio documento nel quale sostenevano che mettere in questione la realtà dei malefici frutto di stregoneria significava minare alla base la religione stessa: «Si tratta, Sire, - scrissero i giudici normanni - di verità unite così intimamente ai principi della religione che, nonostante il carattere straordinario dei fenomeni in questione, nessuno ha osato finora porle in dubbio». Queste parole ci portano direttamente al cuore della questione relativa alle cause della fine dei processi per stregoneria e al suo importantissimo significato storico. Fondamentale, senza dubbio, risultò il controllo dell'operato dei magistrati periferici da parte delle autorità centrali, che alla fine del Seicento erano molto più vigili di quanto non lo fossero nei primi decenni del secolo. Ancor più rilevante, però, fu la progressiva diffusione di una vera e propria rivoluzione mentale per certi aspetti analoga a quella operata in astronomia e in fisica da Galileo. In effetti, il giudice che si rifiutava di processare o condannare una strega, o che addirittura negava l'esistenza stessa delle streghe e dei loro malefici, doveva innanzitutto trovare il coraggio di mettere in dubbio l'opinione della tradizione. Dal momento che tutti i più brillanti e prestigiosi intellettuali dei secoli passati, nessuno escluso, avevano creduto al diavolo e alle streghe chiunque negasse il loro potere malefico compiva un passo che, nel Seicento, era ancora empio, folle e temerario, proprio come quello compiuto da chi sfidava tutte le autorità tradizionali affermando che la Terra girava intorno al Sole. La rivoluzione mentale dei magistrati che posero fine ai processi per stregoneria, inoltre, assomiglia notevolmente a quella che, negli stessi decenni, incominciava a caratterizzare il comportamento degli ufficiali di sanità toscani in tempo di peste; come questi ultimi anche i giudici - prima di ricorrere a spiegazioni o rimedi di tipo soprannaturale - scelsero di esaurire tutta la gamma delle ipotesi e delle spiegazioni possibili. In pratica, ciò significò rinunciare alla millenaria concezione secondo la quale l'umanità era costantemente esposta agli attacchi del demonio e comunque a stretto contatto con le potenze soprannaturali, celesti o infere che fossero. In entrambi i casi, alle credenze tradizionali si sostituiva il ricorso alla “sensata esperienza”, cioè all'osservazione concreta della realtà; e nel caso dei processi per stregoneria, essa spingeva alla constatazione che - per tutti gli episodi di sospetto maleficio - era possibile trovare altre cause, di tipo naturale, capaci di spiegare la sventura in questione. Fino alla fine del XVI secolo, aveva dominato incontrastata una concezione del mondo che non conosceva il «senso dell'impossibile» (L. Febvre), perché riteneva che Dio o il demonio potessero, in ogni momento, violare le normali regole di funzionamento della natura e comunque intervenire nelle vicende degli uomini. Nel corso del Seicento, a tale visione dell'universo si sostituì gradualmente l'idea di un cosmo retto da leggi costanti e immutabili, rigide, non soggette a interferenze e interventi esterni, da parte di forze superiori, estranee rispetto alla Natura.

La fine dei processi di streghe Olanda: _______________________ Europa: _________________________ Le cause della fine dei processi alle streghe

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LE CAUSE DELLA FINE DEI PROCESSI ALLE STREGHE 1 - ___________________________________________________________________________________________________________ 2 ____________________________________________________________________________________________________________: a - ____________________________________________________________________________________________________ b - ____________________________________________________________________________________________________ c - ____________________________________________________________________________________________________