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709 Disturbi neurocognitivi Myron F. Weiner, M.D. CAPITOLO 24 I disturbi neurocognitivi compren- dono i disturbi cognitivi elencati nel DSM-IV-TR (American Psychiatric Association 2000), quali de- lirium, demenza e altri disturbi cognitivi definiti nelle precedenti edizioni del DSM disturbi mentali organici. I disturbi mentali “organici” sono stati concettualizzati come il prodotto di cambiamen- ti strutturali o fisiologici nel tessuto cerebrale. Al contrario, si riteneva che i disturbi funzionali de- rivassero da aberrazioni nei processi interamente mentali. È sempre più evidente che la linea che separa i disturbi organici da quelli funzionali non è chiara e che molti disturbi “funzionali”, come la schizofrenia, sono in effetti correlati ad anomalie dello sviluppo e della struttura cerebrale. Fino al DSM-5 (American Psychiatric Associa- tion 2013), le patologie diagnosticabili dal punto di vista psichiatrico dovevano causare “disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti” (American Psychiatric Asso- ciation 2000, p. 8). Tuttavia, patologie quali la ma- lattia di Alzheimer si presentano solitamente con sintomi lievi che sono minimamente disabilitanti o dirompenti, ma che progrediscono nel tempo fino a soddisfare la soglia di disabilità sociale o occupa- zionale (per es., demenza secondo il DSM-IV-TR). Il DSM-5 riconosce questa particolarità, ha eliminato il termine demenza e consente la categorizzazione dei sintomi cognitivi/psichiatrici dei disturbi cere- brali in stadio di gravità lieve o maggiore (per es., disturbo neurocognitivo maggiore dovuto a ma- lattia di Alzheimer). Un altro importante cambia- mento rispetto alla nosologia precedente riguarda l’inclusione nel DSM-5 di criteri clinici più recenti che indicano la probabilità di uno specifico distur - bo cerebrale o sistemico di causare un disturbo neurocognitivo utilizzando i modificatori probabile o possibile, i quali, rispettivamente, significano che il paziente soddisfa tutti i criteri per un particolare disturbo o che il paziente ne soddisfa solo alcuni. Ad esempio, ora è possibile porre una diagnosi di disturbo neurocognitivo maggiore o lieve associato a malattia di Alzheimer probabile o possibile, de- generazione frontotemporale probabile o possibile (FrontoTemporal Lobar Degeneration, FTLD), malattia a corpi di Lewy probabile o possibile e malattia ce- rebrovascolare probabile o possibile. La Tabella 24.1 elenca i disturbi neurocognitivi inclusi nel DSM-5. Sulla base di tale categorizzazione, ad esempio, una possibile malattia di Alzheimer e una possibi- le malattia vascolare possono coesistere. Dall’altro lato, una diagnosi di probabile malattia di Alzhei- mer, malattia vascolare, FTLD o malattia a corpi di Lewy preclude la diagnosi concomitante di un’al- tra di queste patologie considerata probabile. Diversi disturbi neurocognitivi sono spesso presenti contemporaneamente o consecutivamen- te nello stesso paziente. Le persone con compro- missione neurocognitiva maggiore o lieve spesso manifestano delirium. Nello stesso soggetto pos- sono essere presenti la malattia a corpi di Lewy, la malattia neurocognitiva vascolare e la malattia di

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Disturbi neurocognitivi

Myron F. Weiner, M.D.

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I disturbi neurocognitivi compren-dono i disturbi cognitivi elencati nel DSM-IV-TR (American Psychiatric Association 2000), quali de-lirium, demenza e altri disturbi cognitivi definiti nelle precedenti edizioni del DSM disturbi mentali organici. I disturbi mentali “organici” sono stati concettualizzati come il prodotto di cambiamen-ti strutturali o fisiologici nel tessuto cerebrale. Al contrario, si riteneva che i disturbi funzionali de-rivassero da aberrazioni nei processi interamente mentali. È sempre più evidente che la linea che separa i disturbi organici da quelli funzionali non è chiara e che molti disturbi “funzionali”, come la schizofrenia, sono in effetti correlati ad anomalie dello sviluppo e della struttura cerebrale.

Fino al DSM-5 (American Psychiatric Associa-tion 2013), le patologie diagnosticabili dal punto di vista psichiatrico dovevano causare “disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti” (American Psychiatric Asso-ciation 2000, p. 8). Tuttavia, patologie quali la ma-lattia di Alzheimer si presentano solitamente con sintomi lievi che sono minimamente disabilitanti o dirompenti, ma che progrediscono nel tempo fino a soddisfare la soglia di disabilità sociale o occupa-zionale (per es., demenza secondo il DSM-IV-TR). Il DSM-5 riconosce questa particolarità, ha eliminato il termine demenza e consente la categorizzazione dei sintomi cognitivi/psichiatrici dei disturbi cere-brali in stadio di gravità lieve o maggiore (per es.,

disturbo neurocognitivo maggiore dovuto a ma-lattia di Alzheimer). Un altro importante cambia-mento rispetto alla nosologia precedente riguarda l’inclusione nel DSM-5 di criteri clinici più recenti che indicano la probabilità di uno specifico distur-bo cerebrale o sistemico di causare un disturbo neurocognitivo utilizzando i modificatori probabile o possibile, i quali, rispettivamente, significano che il paziente soddisfa tutti i criteri per un particolare disturbo o che il paziente ne soddisfa solo alcuni. Ad esempio, ora è possibile porre una diagnosi di disturbo neurocognitivo maggiore o lieve associato a malattia di Alzheimer probabile o possibile, de-generazione frontotemporale probabile o possibile (FrontoTemporal Lobar Degeneration, FTLD), malattia a corpi di Lewy probabile o possibile e malattia ce-rebrovascolare probabile o possibile. La Tabella 24.1 elenca i disturbi neurocognitivi inclusi nel DSM-5.

Sulla base di tale categorizzazione, ad esempio, una possibile malattia di Alzheimer e una possibi-le malattia vascolare possono coesistere. Dall’altro lato, una diagnosi di probabile malattia di Alzhei-mer, malattia vascolare, FTLD o malattia a corpi di Lewy preclude la diagnosi concomitante di un’al-tra di queste patologie considerata probabile.

Diversi disturbi neurocognitivi sono spesso presenti contemporaneamente o consecutivamen-te nello stesso paziente. Le persone con compro-missione neurocognitiva maggiore o lieve spesso manifestano delirium. Nello stesso soggetto pos-sono essere presenti la malattia a corpi di Lewy, la malattia neurocognitiva vascolare e la malattia di

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Alzheimer. Inoltre, i disturbi psichiatrici e neuro-cognitivi possono coesistere. Una depressione gra-ve può coesistere con un disturbo neurocognitivo. Un disturbo neurocognitivo come la malattia di Alzheimer può inoltre complicare la schizofrenia, il disturbo bipolare o la depressione ricorrente. Il problema diagnostico più comune nella valuta-zione del disturbo neurocognitivo è la distinzione tra il normale processo di invecchiamento e la ma-lattia negli adulti più anziani.

Normale processo di invecchiamento cognitivoIl vocabolario e le conoscenze generali tendono a rimanere stabili con l’invecchiamento, ma la ve-locità di elaborazione delle informazioni e le pre-stazioni psicomotorie peggiorano. Gli adulti più anziani tendono a ricordare i punti essenziali di storie o eventi invece dei dettagli. I cambiamenti della funzione e struttura cerebrale correlati all’e-tà comprendono la perdita di arborizzazione den-dritica e la perdita di neuroni nel nucleo basale di Meynert, nei nuclei settali e nella sostanza nera.

La perdita di cellule nei primi due nuclei riduce l’apporto colinergico al prosencefalo e aumenta la probabilità di delirium indotto da farmaci an-ticolinergici quali farmaci gastrointestinali o mio-rilassanti. La perdita di cellule della sostanza nera aumenta la sensibilità dei recettori dopaminergici di tipo D2 e pertanto la sensibilità agli effetti extra-piramidali dei farmaci antipsicotici.

MemoriaLa compromissione della memoria a breve ter-mine è il disturbo cognitivo correlato all’età più diffuso tra gli adulti più anziani e la causa più co-mune di valutazione cognitiva. Circa il 4% di sog-getti di età compresa fra i 65 e i 69 anni residenti nella comunità e il 36% di quelli di età superio-re a 85 anni riferiscono problemi di memoria da lievi a moderati (Federal Interagency Forum on Aging Related Statistics 2000). I più anziani rife-riscono di dimenticare i nomi frequentemente, di perdere oggetti quali chiavi e di dimenticare i nu-meri telefonici. Gli adulti più anziani così come quelli più giovani ricordano i punti essenziali di ciò che hanno appreso, ma faticano a ricordarsi i dettagli. Poiché si affidano alle proprie conoscen-

Tabella 24.1 Disturbi neurocognitivi nel DSM-5

Delirium

Specificare quale: Delirium da intossicazione da sostanze Delirium da astinenza da sostanze Delirium indotto da farmaciDelirium dovuto a un’altra condizione medica Delirium dovuto a eziologie molteplici Specificare se: acuto, persistente Specificare se: livello di attività iperattivo, ipoattivo, misto

Disturbi neurocognitivi maggiori e lievi

Specificare se dovuto a: malattia di Alzheimer, degenerazione frontotemporale, malattia a corpi di Lewy, malattia vascolare, trauma cranico, uso di sostanze/farmaci, infezione da HIV, malattie da prioni, morbo di Parkinson, malattia di Huntington, altra condizione medica, eziologie molteplici, senza specificazione

Specificare: senza alterazione comportamentale, con alterazione comportamentaleSpecificare la gravità attuale: lieve, moderata, grave

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ze generali per integrare la memoria, gli adulti più anziani sono anche più inclini a commettere errori nel ricordare gli eventi.

Numerose funzioni mnemoniche sembrano coinvolgere diversi meccanismi e circuiti cerebrali (rivisto in Budson e Price 2005). La memoria a bre-ve termine è mediata dal potenziamento a lungo termine indotto da neurotrasmettitori che raffor-za le connessioni sinaptiche e può essere alterata bloccando l’azione dell’acetilcolina. La memoria a lungo termine prevede la crescita di nuovi termi-nali assonici e lo sviluppo di nuove sinapsi e può essere bloccata da inibitori della sintesi proteica. La corteccia prefrontale sembra essere la sede della memoria di lavoro, ossia della capacità di manipo-lare piccole parti di informazioni senza il loro tra-sferimento nella memoria a lungo termine. L’ippo-campo trasferisce le informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine e nelle por-zioni della corteccia, dove le informazioni sono sta-te elaborate inizialmente, avviene la conservazione a lungo termine delle informazioni (Squire 1992). Negli anziani sani, la memoria rimane in generale preservata per i contenuti rilevanti dal punto di vi-sta personale o pienamente appresi, mentre la ca-pacità di elaborare informazioni nuove diminuisce (Petersen et al. 1992). Rallentando la presentazione di informazioni nuove o suggerendo alcuni dati è possibile aiutare gli adulti anziani ad apprendere e recuperare in modo più efficiente informazioni recenti, ma questi ausili risultano meno utili quan-do la malattia di Alzheimer raggiunge la soglia di patologia neurocognitiva grave.

Funzioni esecutiveSebbene il disturbo cognitivo più diffuso tra gli adulti più anziani sia la difficoltà nel ricordare i nomi e gli eventi recenti, il maggiore declino co-gnitivo correlato all’età riguarda le funzioni ese-cutive ed è attribuibile principalmente alla perdita di sinapsi nella corteccia prefrontale e alla perdita di apporto dopaminergico alla corteccia prefron-tale dal corpo striato. Tale declino si manifesta nella mancata soppressione delle interferenze, nel commettere errori perseverativi e nella dif-ficoltà a organizzare la memoria di lavoro, forse mediata dalla perdita della funzione dopaminer-gica nel nucleo caudato e nel putamen mediante la riduzione dei recettori dopaminergici D2 e D3 e dei trasportatori di dopamina (rivisto in Hedden

e Gabrieli 2005). Gli adulti più anziani sottoposti a tecniche di risonanza magnetica funzionale (fun-ctional Magnetic Resonance Imaging, fMRI) durante compiti cognitivi mostrano un’attivazione corti-cale prefrontale bilaterale, mentre i soggetti più giovani mostrano solo un’attivazione unilaterale, suggerendo che i più anziani compensano il de-ficit reclutando maggiori circuiti neuronali (forse inappropriati) (Persson et al. 2004).

Disturbi della compromissione cognitivaIl paziente, la famiglia o, in casi fortunati, il dato-re di lavoro possono esprimere delle preoccupa-zioni relative alle funzioni cognitive. Le persone con disturbi neurocognitivi che lavorano posso-no essere licenziate per prestazioni inadeguate. Solo successivamente viene riconosciuta la loro disfunzione cognitiva, troppo tardi per beneficia-re della copertura assicurativa e dell’indennità di invalidità. Sfortunatamente, una percentuale so-stanziale delle persone con la malattia di Alzhei-mer non riconosce i propri deficit cognitivi e le persone affette dalla variante comportamentale della FTLD non ne vengono mai a conoscenza.

Le difficoltà correlate alla compromissione co-gnitiva sono spesso confuse dai familiari o dai medici con quelle attribuite al normale invec-chiamento. Disturbi quali confusione, perdita di memoria o scarsa capacità di giudizio richiedono un esame obiettivo approfondito a seconda dell’a-namnesi, dei reperti fisici/neurologici e della va-lutazione dello stato mentale.

Valutazione del disturbo neurocognitivoUna valutazione completa della presenza e della diagnosi differenziale di un disturbo neuroco-gnitivo comprende la raccolta dell’anamnesi, la valutazione dello stato mentale e l’esame fisico e neurologico, inclusi i test di screening di labora-torio, l’imaging cerebrale e i test neuropsicologi-ci. Spesso la valutazione richiede la competenza e la cooperazione di uno psichiatra, un neurolo-go e un neuropsicologo.

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Raccolta dell’anamnesiLa valutazione inizia con la raccolta dell’anam-nesi, che coinvolge il paziente, un amico stretto o un familiare, e di tutte le informazioni medi-che pertinenti. L’accesso diretto ai dati medici è importante poiché i pazienti e gli informatori spesso non ricordano in modo accurato gli eventi medici o gli esiti dei diversi test di laboratorio.

Oltre a richiedere le informazioni relative alle capacità cognitive dei pazienti, si cercano le evi-denze di contributi emotivi o interpersonali al disturbo cognitivo, gli eventi concomitanti al di-sturbo cognitivo e il relativo impatto emotivo e in-terpersonale. Vengono valutate le risposte emotive dei pazienti alle proprie difficoltà mentali e si ten-ta di valutare i punti di forza e di debolezza della famiglia. Vengono considerati anche i modelli di personalità dei pazienti. Tutte queste informazioni contribuiscono a configurare il piano di trattamen-to, come illustrato nel seguente esempio.

Una vedova di 81 anni che vive da sola in una cittadina del Texas è portata dal figlio e dalla figlia alla visita medica. I figli rife-riscono che la madre manifesta difficoltà di memoria progressive. La donna è estrema-mente indipendente, rifiuta di trasferirsi in una località vicina alla casa dei figli ed è arrabbiata per il loro continuo insistere sulla necessità che si sottoponga a una va-lutazione medica. Dopo un esame adegua-to, le è stata posta la diagnosi di malattia di Alzheimer (il disturbo neurocognitivo principale nel DSM-5). La paziente non è d’accordo: non si considera disabile e, nonostante l’evidenza neuropsicologica, alla luce della quale sarebbe meglio che la donna non guidasse o non gestisse i propri affari finanziari, insiste per avere la propria indipendenza. Discutendone con la fami-glia, la questione si concentra sulla qualità della vita. Che cosa si vuole ottenere limi-tando le attività della madre o tentando di imporle la diagnosi di malattia di Alzhei-mer, o il trattamento con un potenziatore cognitivo? Le sue attività principali consi-stono nel guidare fino alla chiesa e al su-permercato, evitando l’autostrada. Molto probabilmente non avrebbe assunto farma-ci diversi dalle consuete compresse per la pressione arteriosa. Si teme inoltre che non avrebbe assunto i farmaci correttamente. Alla fine, il figlio e la figlia decidono che i loro sforzi per proteggere la madre l’avreb-

bero alienata e che è meglio accettare le sue decisioni per continuare ad avere un buon rapporto con lei. Al contempo, decidono di monitorare la madre con visite frequenti e telefonate.

Per il medico è importante sapere quali farmaci il paziente sta assumendo e, in caso di un adulto più anziano, chiedere che il paziente li porti con sé per mostrarglieli, compresi eventuali farmaci da banco. Un paziente (con il suo permesso) può essere ascoltato in presenza di un familiare che garantisca l’accuratezza delle informazioni e ac-certi le prestazioni del paziente durante l’esame per poterle confrontare con quelle quotidiane. Un paziente viene ascoltato da solo se non è ac-compagnato o se non desidera la presenza di al-tre persone durante la visita. Se possibile, è bene anche ascoltare l’accompagnatore da solo, poiché in presenza del paziente potrebbe non fornire al-cune informazioni che possono umiliare o far ar-rabbiare il paziente. Solitamente tali informazioni riguardano i pensieri paranoici, le allucinazioni o l’incontinenza.

La presenza di un amico o di un familiare può essere confortante per la maggior parte delle per-sone con compromissione cognitiva. In questa situazione, la raccolta dell’anamnesi può avve-nire durante una conversazione a tre invece di un colloquio formale. Durante la conversazione, emergono diverse informazioni sul rapporto tra i pazienti e i propri cari, sull’impatto dei pazienti sulle proprie famiglie e sull’impatto degli altri sui pazienti. I mariti spesso riferiscono una ridotta capacità delle proprie mogli di accudire la fami-glia. I coniugi a carico provare risentimento per il doversi prendere cura del coniuge che prima era dominante. In molti casi, emergono delle tensio-ni tra i coniugi poiché l’uno non crede che l’altro non riesca veramente ad apprendere, ricordare o capire. Può essere utile anche prendere in esame un coniuge in presenza dell’altro per affrontare il rifiuto del coniuge di accettare le difficoltà del partner e per mostrare come affrontare l’incapa-cità dell’altro a ricordare, pianificare e cooperare.

L’esordio improvviso dei sintomi nel corso di minuti o ore suggerisce la presenza di delirium e di possibili fattori infettivi, tossici/metabolici, in-dotti da farmaci, vascolari, traumatici, psichiatrici o di diversi fattori convergenti. L’esordio nel corso di giorni o settimane suggerisce la presenza di pa-

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tologie infettive, tossiche/metaboliche o neoplasti-che. Un declino graduale nel corso di mesi o anni è più tipico delle patologie degenerative. Spesso è difficile individuare la data della comparsa delle difficoltà cognitive o comportamentali. La com-promissione cognitiva cronica può essere percepita come declino acuto quando un coniuge si ammala o muore oppure può essere presente come deli-rium che si manifesta nel corso di una patologia o in seguito a una procedura chirurgica.

Spesso si riscontra un miglioramento sintoma-tico in caso di trauma cerebrale, disturbi vascolari acuti, disturbi tossici e metabolici acuti. Nella ma-lattia a corpi di Lewy si possono osservare flut-tuazioni marcate della disfunzione cognitiva nel corso di giorni o settimane. Nella maggior parte dei disturbi neurocognitivi, la compromissione cognitiva fluttua a seconda della complessità delle richieste ambientali/emotive, dell’affaticamento, della salute fisica generale e dell’ora del giorno.

I primi sintomi di un disturbo neurocognitivo che vengono riferiti sono solitamente la perdita di iniziativa e la perdita di interesse per la fami-glia, l’ambiente circostante e le attività che una volta erano piacevoli. I soggetti con funzionalità compromessa del lobo frontotemporale possono diventare apatici o disinibiti. In una fase preco-ce possono manifestarsi diffidenza, irritabilità e depressione. L’euforia e il delirio di grandezza aumentano la possibilità che insorga una neuro-sifilide. Le allucinazioni visive ben formate spes-so contraddistinguono l’esordio della malattia a corpi di Lewy. Le allucinazioni visive e tattili e i deliri sono comuni nel delirium. Le allucinazioni uditive nelle persone con disturbi neurocognitivi tendono a essere associate ai familiari che parlano o che suonano degli strumenti musicali, mentre le voci accusatorie e minacciose sono manifestazio-ni tipiche della schizofrenia e della depressione psicotica. Il sonnambulismo e i disturbi di com-portamento del sonno REM possono precedere la comparsa del morbo di Parkinson o della malattia a corpi di Lewy. Le crisi parziali complesse posso-no causare “assenze” intermittenti accompagnate da stereotipia motoria e sonnolenza postcritica. Le crisi di tipo tonico-clonico possono portare a una lesione cerebrale focale. Diabete, ipertensione, ic-tus e malattie cardiache sono fattori di rischio per la compromissione cognitiva vascolare e possono accelerare la manifestazione clinica della malat-

tia di Alzheimer. Lo scompenso renale o epatico acuto può portare a delirium. La sieropositività all’HIV aumenta le possibilità di contrarre una patologia cerebrale virale o un’infezione cerebrale opportunistica.

I disturbi ereditari comprendono la malattia di Huntington e la malattia di Wilson. La malattia di Alzheimer raramente si manifesta come malattia ereditaria autosomica dominante; il 10% circa del-le persone con FTLD presenta un’ereditarietà au-tosomica dominante (Rohrer et al. 2009).

Molti farmaci possono compromettere la co-gnizione, compresi gli agenti anticolinergici quali i rilassanti della muscolatura intestinale e vescicale, la difenidramina (un principio attivo diffuso nei sonniferi da banco), gli ipnotici e i tranquillanti benzodiazepinici, i barbiturici, gli anticonvulsivanti, il propranololo e i glicosidi cardiaci. Gli episodi di confusione nelle perso-ne con porfiria possono essere indotti da diversi farmaci, inclusi i barbiturici e le benzodiazepine.

L’abuso di alcol accompagnato da grave mal-nutrizione o episodi di delirium tremens può portare a disturbi neurocognitivi. Anche l’abu-so di altre sostanze come solventi organici può causare sindromi neurocognitive. Le tossine ambientali, quali arsenico, mercurio, piombo, solventi organici e insetticidi organofosfati, pos-sono causare sindromi neurocognitive, ma la compromissione cognitivo-comportamentale è offuscata solitamente da sintomi sistemici gravi.

Il peggioramento improvviso della funzione cognitiva in persone con disturbi neurocognitivi accertati richiede l’esecuzione di esami aggiunti-vi per individuare eventuali casi dimenticati, ic-tus, cambiamento del dosaggio o del tipo di far-maco, polmonite o infezione delle vie urinarie.

Esame dello stato mentaleI disturbi cognitivi sono spesso trascurati poiché le persone con disturbi a lenta progressione spes-so mantengono una buona condotta sociale fino all’insorgere della malattia. Ciò vale soprattutto per i pazienti ben vestiti e ben curati che forniscono risposte sociali adeguate, caratteristica frequente nella malattia di Alzheimer. L’esame dello stato mentale viene effettuato in un contesto che preve-de lo sviluppo di un rapporto positivo tra i pazienti e le proprie famiglie. Pertanto, le interazioni con il paziente non dovrebbero iniziare con l’esecuzio-

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ne di un esame del quadro cognitivo da parte del medico. L’esame viene eseguito prendendo in con-siderazione il grado di tolleranza alla frustrazione del paziente e il livello delle prestazioni cognitive. Ad esempio, quando è ovvio che il paziente non riesce a orientarsi nel tempo, non ha alcun senso chiedergli la data o il giorno della settimana, a meno che non si sospetti una simulazione di ma-lattia. È opportuno ridurre il numero di domande quando il paziente è irritabile o cede facilmente al nervosismo. Le risposte devono essere considerate ugualmente valide, siano esse sbagliate o corrette, e il paziente deve essere elogiato per gli sforzi.

L’attenzione viene testata con la prova del Digit Span, che prevede la ripetizione di cifre in avanti e indietro. La maggior parte delle persone con 12 anni di istruzione e con buone funzioni sensorie riesce a ripetere sette cifre in avanti e cinque cifre indietro. La memoria di lavoro viene testata chie-dendo ai pazienti di ricordare tre parole dopo es-sere stati distratti per 5 minuti. Questo esame può essere effettuato con oggetti presentati verbalmen-te o, in caso di soggetti afasici, con oggetti mostrati al paziente senza che il medico li nomini. Anche le risposte agli indizi sono importanti in quanto contribuiscono a distinguere il deficit di recupero dal deficit di codifica. Invece, risulta più difficile testare la memoria remota. Ai pazienti con un bas-so grado di istruzione si può chiedere di parlare di eventi che rientrano nella loro sfera di interesse. Ciò è ancora più efficace se, prima del colloquio con il paziente, l’accompagnatore viene preso in disparte per chiedergli alcune informazioni sugli ultimi eventi della vita del paziente (per es., com-pleanni o altri eventi familiari).

Gli esami di routine relativi al linguaggio includono la valutazione dell’articolazione, la fluenza, la comprensione, la ripetizione, la de-nominazione, la lettura e la scrittura. I disturbi del linguaggio comprendono ritardi nel trova-re le parole, parafasie e neologismi. La fluen-za semantica (capacità di produrre un elenco di parole per una determinata categoria), un indicatore molto sensibile di compromissio-ne cognitiva, può essere esaminata chiedendo al paziente di nominare, ad esempio, tutti gli animali che gli vengono in mente in 1 minuto. Il punteggio medio per le persone con diplo-ma di scuola secondaria di secondo grado è di 18±6 (Goodglass e Kaplan 1972).

I test di comprensione iniziano con compiti graduati, come chiedere ai pazienti di indicare uno, due o tre oggetti nella stanza. Sono segui-ti da domande logiche semplici, come “La ma-dre di mio cugino è una donna o un uomo?” o “Quando si veste, che cosa indossa per primo: la camicia (camicetta) o il cappotto?”.

I test di denominazione devono comprendere parti di oggetti come le componenti di un orolo-gio (corona, cinturino, cassa, quadrante, cristallo o vetro) o le parti di una camicia (polsino, mani-ca, collo, tasca, asola). La capacità di lettura deve essere considerata in base al grado di istruzione del paziente. La capacità di scrittura viene valu-tata chiedendo al paziente di scrivere una frase dettata e poi di comporre una frase da solo.

La valutazione delle abitudini quotidiane avvie-ne chiedendo ai pazienti di imitare un’azione ef-fettuata dall’esaminatore, di eseguire semplici atti motori in risposta alla richiesta dell’esaminatore e di copiare una serie di figure geometriche sempli-ci (per es., pentagoni intersecati). Il disegno di un cubo tridimensionale da parte del paziente può es-sere usato per individuare disprassia costruttiva in persone istruite lievemente compromesse.

Le informazioni possono essere valutate usan-do una serie di domande standard, dalle più semplici alle più difficili, e valutando le risposte in relazione al grado di istruzione e ai risultati professionali del paziente.

Per valutare la capacità di pensiero astratto è necessario prendere in considerazione l’istru-zione, il contesto culturale e la lingua madre del paziente. Il deficit del ragionamento astratto può essere osservato ad esempio in caso di sostituzio-ne di una parte del corpo nei test di aprassia ideo-motoria (per es., utilizzare le proprie dita come se fossero i denti di un pettine mentre si finge di pet-tinarsi i capelli) o in caso di difficoltà nell’indicare la posizione delle lancette nel test dell’orologio. La capacità di giudizio può essere valutata chieden-do ai pazienti come gestirebbero alcune situazioni quali “Che cosa farebbe se un’azienda per la for-nitura di energia elettrica la chiamasse e le dicesse che il suo ultimo assegno è risultato insoluto per mancanza di fondi?”. Tuttavia, la capacità di giu-dizio viene valutata meglio con l’anamnesi fornita da una persona diversa dal paziente.

Gli elementi dell’esame dello stato mentale che rilevano una disfunzione esecutiva comprendono

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aprassia ideomotoria e costruttiva, ragionamento astratto e giudizio. Viene valutata anche la fun-zione esecutiva con parti dell’esame neurologico, compresi la sequenza di Luria di 3 movimenti (Wei-ner et al. 2011), il test go/no-go e i compiti motori reciproci (per es., chiedere al paziente di “battere la mano sul tavolo due volte quando la batto una volta, e batterla due volte quando la batto una sola volta”). Il test dell’orologio, o “clock drawing test”, è un altro esame utile per valutare la funzione ese-cutiva. La disfunzione esecutiva si manifesta anche nell’anamnesi del paziente, in caso di errori nel giu-dizio sociale (per es., avance sessuali inappropria-te), e nel corso dell’esame dello stato mentale, in caso di difficoltà nel maneggiare gli oggetti (com-portamento di utilizzazione), risate inopportune, flirt o incapacità a mantenere una distanza sociale e fisica appropriata dall’esaminatore.

Esame obiettivo e neurologicoL’esame obiettivo può suggerire una patologia specifica. Evidenze di malnutrizione grave sug-geriscono avitaminosi quali carenza di tiamina. Le pupille di Argyll-Robertson suggeriscono in-vece neurosifilide. Il soffio carotideo aumenta la possibilità di ischemia cerebrale e la fibrillazione atriale presenta la possibilità di embolizzazione cerebrale. L’aprassia della marcia e l’incontinen-za urinaria precoce sono associate a idrocefalo normoteso. La disartria combinata e la paralisi dello sguardo suggeriscono una paralisi sopra-nucleare progressiva. L’aprassia degli arti unila-terale suggerisce una degenerazione ganglionica cortico-basale. La bradicinesia e la bradifrenia possono indicare depressione, morbo di Parkin-son precoce o entrambi. La mancanza di coor-dinazione e la sintomatologia nervosa cranica e sensoriale possono indicare sclerosi multipla o paralisi sopranucleare progressiva. I movimenti coreiformi accompagnano la malattia di Wilson e la malattia di Huntington; gli spasmi mioclonici accompagnano la malattia di Creutzfeldt-Jakob e la malattia di Alzheimer allo stadio medio-avan-zato. I segni e i sintomi lateralizzati suggeriscono una possibile origine vascolare. I segni di libera-zione corticale quali il riflesso palmo-mentonie-ro, il riflesso di prensione e i riflessi di suzione e del grugno, sono indicatori aspecifici di danno corticale, così come i compiti motori programma-ti nella sequenza di Luria di tre movimenti.

Studi di laboratorioUn elenco di studi di laboratorio potenzialmente utili nel diagnosticare i disturbi neurocognitivi è fornito nella Tabella 24.2. Sebbene un medico possa essere tentato a usare modelli fissi, le deci-sioni relative agli esami di laboratorio dovrebbe-ro essere prese in base al quadro clinico del pa-ziente. Il sospetto consumo o abuso di sostanze stupefacenti richiede l’esecuzione di una serie di test tossicologici. È particolarmente importan-te individuare il consumo di alcol, barbiturici o benzodiazepine per prevenire il delirium da asti-nenza da sostanze grave. La valutazione della concentrazione di elettroliti è utile principalmen-te per accertare eventuali variazioni acute dello stato cognitivo. Un test sierologico per valutare la presenza di sifilide viene spesso eseguito di routine, ma non è indicato a meno che l’anam-nesi e la presentazione clinica non suggeriscano l’esposizione a tale patologia o la presenza di neurosifilide. Un livello basso di ferrossidasi e un livello elevato di rame nelle urine facilitano la diagnosi di malattia di Wilson. I livelli di acido folico e di vitamina B12 sono spesso valutati di routine, ma offrono risultati scarsi in assenza di deficit nutrizionale grave o di sintomi di anemia perniciosa (Warren e Weiner 2012). La puntura lombare può fornire informazioni confermando una diagnosi clinica di sclerosi multipla, neu-rosifilide o infezione opportunistica del siste-ma nervoso centrale. Il test dell’HIV è indicato se l’anamnesi riporta un’eventuale esposizione sessuale o trasfusioni di sangue. La diagnosi di malattia di Alzheimer può essere confermata da un basso livello di concentrazione di β-amiloide nel liquido cefalorachidiano e da elevati livelli di proteina tau. La malattia di Creutzfeldt-Jakob può essere confermata dalla presenza della pro-teina 14-3-3. Un elettroencefalogramma anomalo può contribuire a distinguere la depressione dal-le patologie dementigene e può confermare il so-spetto clinico di stato epilettico. La cisternografia con radionuclidi contribuisce a confermare la diagnosi di idrocefalo normoteso.

Gli studi di imaging sulle funzioni cerebrali at-tualmente utilizzati nella pratica clinica consisto-no nella tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo (Single-Photon Emission Compu-ted Tomography, SPECT) e nella tomografia a emis-sione di positroni (Positron Emission Tomography,

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Parte II – Disturbi psichiatrici716

PET). La prima è utilizzata per determinare i mo-delli del flusso ematico regionale e la seconda per valutare l’utilizzo del glucosio da parte del cervel-lo. Entrambe sono utilizzate per agevolare la dia-gnosi di malattia di Alzheimer e FTLD. La SPECT ha il vantaggio di essere meno costosa, mentre la PET ha una risoluzione maggiore. Attualmente

l’imaging PET con florbetapir, che individua i de-positi cerebrali di amiloide, è utilizzato a titolo di ricerca come marcatore della malattia di Alzhei-mer (Figura 24.1). Un basso uptake dei trasporta-tori di dopamina nei gangli basali, come mostrato dalla SPECT o dalla PET, è stato aggiunto come fattore indicativo della malattia a corpi di Lewy.

Tabella 24.2 Test di laboratorio che agevolano la diagnosi dei disturbi neurocognitivi

Screening generale

Conta ematica completa Velocità di eritrosedimentazione Test di funzionalità epaticaTest dell’azoto ureico nel sangueCreatinina Glicemia CalcioTest di funzionalità tiroidea Test sierologici per la sifilide

Acido folico

Vitamina B12

Tomografia computerizzata o risonanza magnetica

Ulteriori test e procedure

Puntura lombare Livello di Aβ42 nel liquido cefalorachidiano e di proteina tau per la malattia di Alzheimer Proteina 14-3-3 per la malattia di Creutzfeldt-Jakob

Test dell’HIV

ElettroencefalogrammaCisternografia radioisotopica per idrocefalo normoteso Arteria carotidea DopplerAngiografia cerebraleTomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli Tomografia a emissione di positroniImaging dell’amiloide cerebraleTest genetici Presenilina 1 e 2 per malattia di Alzheimer a ereditarietà dominante DNA per ripetizioni trinucleotidi nella malattia di Huntington Malattia di Wilson

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I test genetici possono contribuire a conferma-re la diagnosi di malattia di Alzheimer familiare dominante (mutazioni dei geni della presenilina 1 e 2), malattia di Huntington (oltre 40 ripetizioni di citosina-adenina-guanina nel DNA) e malattia di Wilson e possono essere utilizzati per valuta-re il rischio in persone asintomatiche. La biopsia cerebrale è utile principalmente per la diagnosi di patologie infiammatorie vascolari e non è ge-neralmente indicata.

Test neuropsicologiciIl neuropsicologo clinico svolge spesso un ruolo importante in diversi compiti: stabilire la pre-senza di una patologia neurocognitiva, con-durre la diagnosi differenziale, quantificare la compromissione e valutare i punti di forza e di debolezza cognitivi. Gli esami ripetuti fornisco-no informazioni sulla progressione della malat-tia, sugli effetti del trattamento o sul grado di

ripresa da insulti cerebrali quali ictus o danno cerebrale traumatico. La Tabella 24.3 mostra i modelli tipici di compromissione osservati nei test neuropsicologici di soggetti con disturbi neurocognitivi.

DeliriumIl delirium è un’alterazione dello stato di co-scienza e cognizione, solitamente a esordio acuto (ore o giorni) e di breve durata (giorni o setti-mane). La caratteristica distintiva del delirium è una compromissione dell’attenzione. Molte per-sone mantengono l’orientamento, nello spazio e nel tempo, ma mostrano una compromissio-ne dell’attenzione sostenuta nei test quali Digit Span e ripetizione di cifre al contrario. Il sonnam-bulismo è comune, così come la riduzione o l’au-mento di attività psicomotorie. Sono frequenti anche errori di identificazione, allucinazioni vi-

Figura 24.1. Imaging di amiloide in vivo.Si veda la stessa figura nella Tavola 8 a colori in fondo al volume.L’imaging con florbetapir (vista coronale) non mostra alcun accumulo di amiloide nel cervello di un soggetto di controllo normale (NC) e un accumulo esteso nel cervello di un paziente con malattia di Alzheimer (AD).Fonte. Per gentile concessione di Dr. M.D. Devous, Sr.

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Parte II – Disturbi psichiatrici718

sive. A causa di questi sintomi, i pazienti affetti da delirium sono spesso considerati schizofrenici dai medici non specializzati in psichiatria, ma le allucinazioni visive nel delirium sono di diverso tipo rispetto a quelle riscontrate nella schizofre-nia. Tendono a essere legate alla realtà e non sono minacciose, piuttosto stravaganti. Spesso consi-stono in animali o persone di cui non si compren-de la presenza, che incute paura al paziente e non è spiegata da un sistema delirante organizzato. Le allucinazioni tattili in presenza di funzioni sensorie offuscate sono quasi sempre dovute a delirium. Quando si manifestano in presenza di buone funzioni sensorie, le allucinazioni tattili possono essere parte di sindromi psicotiche quali parassitosi delirante.

I criteri diagnostici del DSM-5 per il delirium sono presentati nel Box 24.1; la diagnosi differen-ziale di delirium, disturbo neurocognitivo e de-pressione è fornita nella Tabella 24.4. Il delirium è comune nei pazienti ricoverati in ospedale. In uno studio prospettico su soggetti non in stato confu-sionale di età pari e superiore a 65 anni sottoposti a riparazione di una frattura all’anca o intervento elettivo di protesi d’anca, il delirium è stato dia-gnosticato nel 20% (Duppils e Wikblad 2000). L’e-sordio del delirium è avvenuto nel postoperatorio nel 96% dei pazienti e si è risolto generalmente nell’arco di 48 ore. I fattori predisponenti erano l’età avanzata, la compromissione cognitiva e la patologia cerebrale pregressa. Vi sono inoltre evi-

denze secondo cui l’allele ε4 dell’apolipoproteina E aumenta la predisposizione al delirium (van Munster et al. 2009).

In molti soggetti, il primo segno di una pato-logia neurocognitiva può essere il delirium po-stoperatorio. Episodi di delirium spesso sono premonitori della malattia a corpi di Lewy. Il delirium presenta un grado maggiore di disor-ganizzazione della personalità e di alterazione della consapevolezza rispetto alle patologie neu-rocognitive lievi o maggiori. Si assiste a una ca-pacità cognitiva oscillante in molte persone con compromissione cognitiva ma non della stessa portata o con la stessa rapidità (minuti o ore) del delirium. I soggetti con disturbi neurocognitivi solitamente presentano le migliori prestazioni cognitive al mattino quando non sono affaticati e in circostanze in cui non si sentono in difficoltà o ansiosi. Verso sera molte persone con compro-missione cognitiva presentano un’esacerbazione transitoria dei disturbi comportamentali, un fe-nomeno spesso definito sundowning. La diagnosi di disturbo cognitivo lieve o grave non può esse-re posta in presenza di delirium.

Il miglior trattamento per il delirium è la pre-venzione, che significa soddisfare le esigenze delle popolazioni vulnerabili, ossia i soggetti con compromissione cognitiva con problemi di udi-to e di vista. In teoria queste persone vulnerabili dovrebbero essere individuate prima dell’ospeda-lizzazione. Per i pazienti in strutture di assisten-

Tabella 24.3 Caratteristiche dell’apprendimento verbale e della memoria nei disturbi neurocognitivi

Disturbo Codifica

compromessaRicordo

deficitario Errori di

intrusioneErrori di

perseverazioneRiconoscimento compromesso

Alzheimer ++ ++ ++ – ++Frontotemporale + + – + +/–Vascolare ++ + – +/– –Depressione +/– +/– – – –

Nota. Presenza (+) o assenza (-) di caratteristiche mnestiche qualitative durante compiti standardizzati volti all’apprendimento di elenchi di parole.Fonte. Adattata, per gentile concessione, da Cullum CM, Lacritz LH: “Neuropsychological Testing in Dementia”, in The American Psychiatric Publishing Textbook of Alzheimer’s Disease and Other Dementias. Edited by Weiner MF, Lipton AM. Washington, DC, American Psychiatric Publishing, 2009, pp 85–104. Copyright 2009, American Psychiatric Publishing.

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za a lungo termine, la compromissione cognitiva rappresenta la norma. Solitamente si richiede un consulto dopo l’esacerbazione del delirium, quan-do diventa talmente grave da mettere in pericolo i pazienti o da interferire con il loro trattamento. Il delirium si verifica anche in contesti ambulato-riali. Ad esempio, un ragazzo è stato portato dalla madre dal medico per una valutazione psichiatri-ca a causa di un esordio acuto di allucinazioni vi-sive. Nell’anamnesi medica del ragazzo la madre ha riportato l’uso di un decongestionante nasale per uso topico. Tuttavia, dopo aver controllato l’e-tichetta del farmaco è emerso che il ragazzo sta-va in realtà assumendo gocce di atropina che la madre gli stava dando per il trattamento di una malattia oculare; le allucinazioni sono scomparse non appena il farmaco è stato interrotto.

EziologiaIl delirium può essere definito come una compro-missione acuta della capacità cerebrale di elabo-rare le informazioni. Negli ultimi anni sono state fatte molte congetture sul processo fisiopatologi-co sottostante il delirium e studi recenti hanno suggerito la presenza di una disconnessione fun-zionale tra la corteccia prefrontale dorsolaterale e il giro cingolato posteriore (Choi et al. 2012). Seb-bene il delirium abbia molte cause potenziali, le più comuni sono probabilmente infezioni acute, trauma cerebrale e farmaci prescritti o da banco.

Esistono pochissimi farmaci che non possono causare delirium. Pertanto, nella valutazione di un paziente con delirium, tutti i farmaci sono so-spetti. I farmaci più comuni che possono causare

Box 24.1 DSM-5: Delirium – Criteri diagnostici

A. Un’alterazione dell’attenzione (cioè ridotta capacità di dirigere, focalizzare, mantenere e spostare l’attenzione) e della consapevolezza (ridotta capacità di orientamento nell’ambiente).

B. L’alterazione si sviluppa in un periodo di tempo breve (generalmente da ore ad alcuni giorni), rappresenta un cambiamento rispetto al livello base dell’attenzione e della consapevolezza, e tende a presentare fluttuazioni della gravità nel corso della giornata.

C. Una ulteriore modificazione cognitiva (per es., deficit di memoria, disorientamento, linguaggio, capacità visuo-spaziale o percezione).

D. Le alterazioni dei Criteri A e C non sono meglio spiegate da un altro disturbo neurocognitivo preesistente, stabile o in evoluzione e non si verificano nel contesto di un livello di attivazione gravemente ridotto, come il coma.

E. Vi sono evidenze, fondate sull’anamnesi, sull’esame fisico o sugli esami di laboratorio, che l’alterazione è la conseguenza fisiologica diretta di un’altra condizione medica, di intossicazione da sostanze o di astinenza (cioè dovuta a sostanze di abuso o a farmaci), o di esposizione a una tossina, oppure è dovuta a eziologie molteplici.

Specificare quale:

Delirium da intossicazione da sostanze

Delirium da astinenza da sostanze

Delirium indotto da farmaci

Delirium dovuto a un’altra condizione medica

Delirium dovuto a eziologie molteplici

Specificare se:

Acuto

Persistente

Specificare se:

Livello di attività iperattivo

Livello di attività ipoattivo

Livello di attività misto

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

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delirium sono i farmaci anticolinergici, compresa la difenidramina da banco, spesso assunta come sonnifero e non considerata un farmaco poten-zialmente tossico. I farmaci antidiarroici da banco, come la loperamide, sono potenzialmente antico-linergici, come i farmaci comunemente prescritti per la vescica iperattiva, inclusi la tolterodina e l’ossibutinina. Negli anziani, gli agonisti dopa-minergici o gli inibitori della ricaptazione della dopamina sono cause comuni di delirium, spe-cialmente nelle persone con compromissione co-gnitiva affette da malattia di Parkinson.

TrattamentoIl trattamento del delirium è indicato in generale in contesti ospedalieri se la patologia interferisce significativamente con il sonno o il trattamento

medico o causa al paziente una paura e un disagio estremi. Il delirium lieve che non causa la perdita di sonno non interferisce con il trattamento medico o che non causa paure o disagio non necessita di trat-tamento. La gestione ospedaliera del paziente con delirium è presentata nella Tabella 24.5.

PrevenzioneEsistono molte misure per la prevenzione del de-lirium. La più importante è la presenza 24 ore su 24 di una o più persone che il paziente conosce e con cui ha un buon rapporto. Inoltre, l’accompa-gnatore del paziente funge da intermediario tra il paziente, i medici e l’equipe ospedaliera favoren-do una comunicazione accurata e correggendo eventuali impressioni errate che possono insor-gere da entrambe le parti.

Tabella 24.4 Diagnosi differenziale di delirium, disturbo neurocognitivo e depressione

xxx Delirium

Disturbo neurocognitivo lieve/maggiore Depressione

Apparato sensoriale Consapevolezza oscillante

Chiaro Chiaro

Attenzione Compromissione notevole

Compromissione lieve-moderata

Compromissione lieve

Orientamento Compromissione notevole

Compromissione lieve-moderata

Non compromesso

Memoria Compromissione globale

Recente > remota Non compromessa

Umore (resoconto del paziente)

Timoroso, apprensivo Solitamente non interessato

Depresso

Attività psicomotoria Aumentata o ridotta Normale Aumentata o ridotta

Allucinazioni Visive o tattili Visive Uditive, congrue con il tono dell’umore

Delusioni Transitorie, non sistematizzate

Transitorie, non sistematizzate

Congrue con il tono dell’umore, spesso sistematizzate

Idee suicide Rare Rare Frequenti

Sensi di colpa Assenti Rari Frequenti

Sonno Interrotto Confusione giorno/notte

Risveglio precoce

Appetito Scarso dovuto a confusione

Normale Ridotto o aumentato

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Disturbo neurocognitivoEsistono due categorie di disturbo neurocogniti-vo nel DSM-5: maggiore o lieve. Il disturbo neu-rocognitivo maggiore è equivalente alla diagnosi precoce di demenza secondo il DSM: una compro-missione di capacità cognitive multiple sufficien-te a interferire con l’autosufficienza, il lavoro o le relazioni sociali. La diagnosi di disturbo neuroco-gnitivo lieve indica che la persona è in grado di essere indipendente nonostante la presenza della compromissione cognitiva. La diagnosi di distur-bo neurocognitivo è complicata dalla presenza di una notevole variabilità interindividuale tra i sog-

getti. Molti soggetti con deterioramento cognitivo possono presentare ancora funzioni a un livello comparabile a quello di una persona media della stessa età. Pertanto, i medici devono confrontare le capacità correnti di una persona con le sue capa-cità precedenti, solitamente affidandosi ai racconti del paziente o dei suoi familiari e utilizzando sem-plici scale di valutazione delle attività della vita quotidiana.

I criteri del DSM-5 per il disturbo neurocognitivo maggiore e lieve sono presentati, rispettivamente, nei Box 24.2 e 24.3. Gradi minori di compromissione cognitiva, specialmente dovuti a farmaci o a distur-bi metabolici, sono frequentemente reversibili, ma

Tabella 24.5 Gestione ospedaliera del paziente con delirium

Presumere il delirium da astinenza se i sintomi compaiono 1-3 giorni dopo il ricovero.Rivedere il consumo di sostanze con il/i familiare/i.

Prendere in considerazione la sindrome neurolettica maligna nei soggetti che assumono farmaci antipsicotici cronici.

Prendere in considerazione la sindrome serotoninergica in soggetti che assumono inibitori della ricaptazione della serotonina.

Se possibile, utilizzare la contenzione fisica, che è da preferire a quella meccanica in quanto è meno pericolosa.

Nel migliore dei casi, coinvolgere un familiare caro al paziente.Fornire un contatto fisico frequente (tenere la mano del paziente o appoggiare la mano sulla spalla

del paziente).Assistere il paziente nell’orientamento nel tempo e nello spazio e nel riconoscimento dei membri

dell’équipe.Posizionare orologi e calendari grandi vicino al paziente.Assicurarsi che l’équipe medica si presenti a ogni visita.

Tenere la stanza ben illuminata per ridurre al minimo le percezioni errate.Posizionare il paziente in una stanza con una finestra per favorire l’orientamento giorno/notte.

Favorire la stimolazione.Se la televisione aiuta il paziente a mantenere un contatto con la realtà, tenerla accesa; se agita il paziente,

spegnerla.Evitare le benzodiazepine, se non in caso di deliri da astinenza.Ritornare nell’ambiente domestico il più velocemente possibile.Preferibilmente utilizzare neurolettici ad alta potenza per via orale o parenterale come farmaci

calmanti.Evitare di somministrare farmaci antiparkinsoniani a scopo profilattico.Non somministrare a pazienti ipertiroidei.

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Parte II – Disturbi psichiatrici722

Box 24.2 DSM-5: Disturbo neurocognitivo maggiore – Criteri diagnostici

A. Evidenza di un significativo declino cognitivo da un precedente livello di prestazioni in uno o più domini cognitivi (attenzione complessa, funzione esecutiva, apprendimento e memoria, linguaggio, funzione percettivo-motoria o cognizione sociale) basato su:1. Preoccupazione dell’individuo, di un informatore attendibile o del clinico che vi è stato un significativo declino delle

funzioni cognitive; e2. Una significativa compromissione della performance cognitiva, preferibilmente documentata da test neuropsicologici

standardizzati o, in loro assenza, da un’altra valutazione clinica quantificata.B. I deficit cognitivi interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane (per es., come minimo, necessitano di

assistenza nelle attività strumentali complesse della vita quotidiana, come pagare le bollette o gestire i farmaci).C. I deficit cognitivi non si verificano esclusivamente nel contesto di un delirium.D. I deficit cognitivi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (per es., disturbo depressivo maggiore, schizofrenia).

Specificare se dovuto a:

Malattia di Alzheimer

Degenerazione frontotemporale

Malattia a corpi di Lewy

Malattia vascolare

Trauma cranico

Uso di sostanze/farmaci

Infezione da HIV

Malattie da prioni

Morbo di Parkinson

Malattia di Huntington

Altra condizione medica

Eziologie molteplici

Senza specificazione

Specificare se:

Senza alterazione comportamentale

Con alterazione comportamentale

Specificare la gravità attuale:

Lieve

Moderata

Grave

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

Box 24.3 DSM-5: Disturbo neurocognitivo lieve – Criteri diagnostici

A. Evidenza di un modesto declino cognitivo da un precedente livello di prestazioni in uno o più domini cognitivi (attenzione complessa, funzione esecutiva, apprendimento e memoria, linguaggio, funzione percettivo-motoria o cognizione sociale) basato su:1. Preoccupazione dell’individuo, di un informatore attendibile o del clinico che vi è stato un lieve declino delle funzioni

cognitive; e2. Una modesta compromissione della performance cognitiva, preferibilmente documentata da test neuropsicologici

standardizzati o, in loro assenza, da un’altra valutazione clinica quantificata.B. I deficit cognitivi non interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane (per es., attività strumentali complesse

della vita quotidiana, come pagare le bollette o gestire i farmaci, sono conservate, ma richiedono uno sforzo maggiore, strategie compensatorie o adattamento).

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un disturbo neurocognitivo maggiore conclamato è raramente reversibile. La cause trattabili del di-sturbo neurocognitivo comprendono neurosifilide, micosi, tumore, abuso di alcol, ematoma subdurale, idrocefalo normoteso, malattia di Alzheimer e di-sturbo neurocognitivo vascolare. I disturbi neuro-cognitivi reversibili includono depressione, tossicità da farmaci, disturbi metabolici, carenza di vitamina B12, malattie correlate all’HIV e ipotiroidismo.

Deterioramento cognitivo lieveIl termine comunemente usato deterioramento cogni-tivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI; Petersen et al. 1997) è più o meno equivalente a disturbo neurocognitivo lieve. I soggetti con MCI, come de-finito da Petersen et al., presentano deficit di me-moria, normali capacità di eseguire attività della vita quotidiana e normale funzionamento cogniti-vo generale, mostrano evidenza oggettiva di fun-

zionamento alterato della memoria per l’età e non soddisfano i criteri per il disturbo neurocognitivo maggiore ma sono a elevato rischio. Molte persone con MCI presentano malattia di Alzheimer preco-ce. Infatti, uno studio postmortem su persone con MCI con diagnosi posta secondo i criteri di Peter-sen ha evidenziato che i reperti patologici di tutti i soggetti interessavano le strutture del lobo tempo-rale mediale suggestive di malattia di Alzheimer (Petersen et al. 2006). Quelli a rischio più elevato di conversione in malattia di Alzheimer (per es., di-sturbo neurocognitivo maggiore dovuto a malattia di Alzheimer) mostrano una grave compromissio-ne della memoria e compromissione in uno o più domini cognitivi (Tabert et al. 2006).

La definizione di MCI è stata ampliata per introdurre le categorie amnesico e non amnesi-co, secondo cui la prima è caratterizzata da una probabile progressione in malattia di Alzheimer (circa il 50% in 5 anni) e la seconda da una pro-babile progressione in altri disturbi neurocogni-tivi (Tabella 24.6). Tuttavia, esistono molti casi di

C. I deficit cognitivi non si verificano esclusivamente nel contesto di un delirium.D. I deficit cognitivi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (per es., disturbo depressivo maggiore,

schizofrenia).

Specificare se dovuto a:

Malattia di Alzheimer

Degenerazione frontotemporale

Malattia a corpi di Lewy

Malattia vascolare

Trauma cranico

Uso di sostanze/farmaci

Infezione da HIV

Malattie da prioni

Morbo di Parkinson

Malattia di Huntington

Altra condizione medica

Eziologie molteplici

Senza specificazione

Specificare:

Senza alterazione comportamentale

Con alterazione comportamentale

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

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Parte II – Disturbi psichiatrici724

MCI non progressivo. Il rischio di progressione da MCI a malattia di Alzheimer aumenta con l’accumulo di amiloide nel cervello rilevato dalla PET e con un volume ippocampale basso rilevato dalla RM (Koivunen et al. 2011).

Diagnosi differenzialeLa discussione riguardo le diverse patologie che causano i disturbi neurocognitivi esula dallo sco-po del presente capitolo, ma è disponibile in Wei-ner e Lipton (2009). Il presente capitolo prende in considerazione le quattro cause più comuni dei disturbi neurocognitivi maggiori negli adulti: malattia di Alzheimer, FTLD, malattia a corpi di Lewy e malattia cerebrovascolare (Tabella 24.7).

Malattia di AlzheimerLa malattia di Alzheimer è una patologia a prevalen-za elevata che si verifica più comunemente della for-ma sporadica. La sua prevalenza aumenta con l’età; tra i soggetti affetti dalla patologia, si stima che il 4% ha un’età inferiore ai 65 anni, il 13% ha 65-74 anni, il 44% ha 75-84 anni e il 38% ha un’età pari o superiore a 85 anni (Hebert et al. 2013). In casi rari, la patolo-gia può essere caratterizzata da ereditarietà domi-nante e può insorgere intorno ai 20 anni. L’eziologia più comunemente presunta è l’eccesso nel cervello della forma dimerica della β-amiloide 42 (Aβ42), un peptide che deriva dalla proteina precursore dell’a-

miloide per azione congiunta delle secretasi β e γ (Rosenberg 2003). Tale eccesso di Aβ42 può essere dovuto alla sovraproduzione (come accade nella sindrome di Down) o a una clearance inadeguata da parte del cervello, definendo quindi la malattia di Alzheimer una amiloidopatia. I due fattori di rischio maggiori per la malattia di Alzheimer sono l’età e il trasporto dell’allele ε4 dell’apolipoproteina E coin-volta nel trasporto del colesterolo (Genin et al. 2011). L’istopatologia della malattia comprende placche neuritiche extracellulari con un nucleo amiloide cir-condato da neuriti distrofici e grovigli intracellulari che consistono in proteina tau fosforilata. La pato-logia compare solitamente prima nei lobi temporali mediali e successivamente coinvolge i lobi parietali e frontali. A livello clinico, la malattia solitamente si manifesta alla fine dei 60 anni e agli inizi dei 70 con compromissione della memoria a breve termine che può o meno essere notata dal paziente. Solitamente la malattia è oggetto di attenzione medica quando compare una compromissione delle funzioni esecu-tive. È possibile riuscire a gestire le situazioni se l’u-nico problema cognitivo è rappresentato dalla com-promissione della memoria a breve termine (per es., MCI amnesico), ma non se si sviluppa una com-promissione concomitante dell’attenzione e di altre capacità esecutive. Il decorso della malattia dura diversi anni, ma è molto variabile, con una soprav-vivenza di quasi 20 anni e con un’aspettativa di vita che dipende dalla qualità delle cure infermieristiche. Un esordio improvviso può verificarsi in caso di perdita di un coniuge o può presentarsi sotto forma

Tabella 24.6 Possibili eziologie del deterioramento cognitivo lieve (MCI)

MCI amnesico MCI non amnesico

Dominio singolo Dominio singoloMalattia di Alzheimer Depressione

Frontotemporale

Dominio multiplo Dominio multiploVascolare A corpi di Lewy

Vascolare

Fonte. Adattata, per gentile concessione, da Geda YE, Negash S, Petersen RC: “Mild Cognitive Impairment”, in The American Psychiatric Publishing Textbook of Alzheimer’s Disease and Other Dementias. Edited by Weiner MF, Lipton AM. Washington, DC, American Psychiatric Publishing, 2009, pp 173-180. Copyright 2009, American Psychiatric Publishing.

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24 Disturbi neurocognitivi 725

Tabella 24.7 Caratteristiche diagnostiche dei disturbi neurocognitivi più comuni negli adulti

xxxxMalattia di Alzheimer

Degenerazione frontotemporale

Malattia a corpi di Lewy

Malattia cerebrovascolare

Esordio clinico Insidioso Insidioso Da insidioso a improvviso

Improvviso

Sintomo iniziale Compromissione della memoria recente

Scarsa capacità di giudizio o compromissione del linguaggio

Allucinazioni visive ben formate

Correlato alla sede dell’ictus

Progressione Insidiosa Insidiosa Oscillante GradualeDisturbo

comportamentale del sonno REM

No No Spesso precede i sintomi cognitivi

No

Comprensione profonda

Variabile Nessuna Buona Buona

Test neuropsichiatrico

Compromissione corticale generale

Disfunzione esecutiva

Compromissione visuo-spaziale marcata

Lateralizzato

Referti di tomografia computerizzata/risonanza magnetica

Atrofia da normale a globale e/o ippocampale

Atrofia frontotemporale

Atrofia da normale a globale e/o ippocampale

Ictus corticale/i o lacune sottocorticali

Referti della tomografia a emissione di positroni

Metabolismo della corteccia cingolata posteriore e temporo-parietale ridotto

Metabolismo frontotemporale ridotto

Metabolismo occipitale e temporo-parietale ridotto

Metabolismo nell’area dell’/degli ictus ridotto

Liquido cefalorachidiano

Bassi livelli di β-amiloide 42, elevati livelli di proteina tau e proteina tau fosforilata

Normale Normale, a meno che non sia coincidente con la malattia di Alzheimer

Dipende da quando si è verificato l’ictus

Segni extrapiramidali

Tardivi Nella degenerazione corticobasale, nella paralisi sopranucleare progressiva, nella degenerazione multisistemica

Tremore a riposo unilaterale precoce e rigidità del braccio

Correlati alla sede dell’/degli ictus

Segni motori/sensoriali

Nessuno Nessuno Tremore a riposo unilaterale

Correlati alla sede dell’/degli ictus

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Parte II – Disturbi psichiatrici726

di delirium durante un ricovero. In caso di esordio dopo gli 80 anni di età con progressione molto len-ta è possibile che si tratti della variante tangle-only della malattia di Alzheimer (Yamada 2003). I criteri diagnostici del DSM-5 per il disturbo neurocogniti-vo maggiore o lieve dovuto a malattia di Alzheimer probabile o possibile sono presentati nel Box 24.4.

Oltre alla compromissione della memoria re-cente, ulteriori reperti comuni dell’esame dello sta-to mentale sono ridotta attenzione, ridotta fluenza verbale (se una persona con 12 anni di istruzione nomina meno di 12 animali in 1 minuto), difficoltà nel reperire le parole, disprassia ideativa (per es., quando si chiede “Mi mostri come gira la chiave in una serratura”), disprassia costruttiva (per es., quando si copia un disegno di pentagoni interse-cati), difficoltà nel test dell’orologio e deficit del ragionamento astratto. I sintomi neuropsichiatri-

ci nelle prime fasi della malattia tendono a essere apatia e depressione; i sintomi psicotici possono insorgere nella fase intermedia. I sintomi più co-muni sono i deliri di furto, ma questi sono rara-mente sistematizzati. Le allucinazioni visive sono spesso riferite nella fase intermedia della malattia di Alzheimer e possono portare alla coesistenza con la malattia a corpi di Lewy.

L’esame neurologico è inizialmente nella norma nei pazienti con malattia di Alzheimer. Successiva-mente, nel corso della malattia, possono comparire mioclono e segni extrapiramidali lievi, quest’ultimi dovuti alla malattia di Alzheimer nella sostanza nera. Le convulsioni possono insorgere nella fase tardiva della malattia. Solitamente non sono fre-quenti e rispondono bene ai farmaci antiepilettici. I risultati della tomografia computerizzata e della RM del cervello, così come l’elettroencefalogramma,

Box 24.4 DSM-5: Disturbo neurocognitivo maggiore e lieve dovuto a malattia di Alzheimer – Criteri diagnostici

A. Sono soddisfatti i criteri per il disturbo neurocognitivo maggiore o lieve.B. C’è esordio insidioso e graduale progressione del danno in uno o più domini cognitivi (per il disturbo neurocognitivo

maggiore, almeno due domini devono essere compromessi).C. Sono soddisfatti i criteri per la malattia di Alzheimer, sia probabile sia possibile, come segue:

Per il disturbo neurocognitivo maggiore:

Una probabile malattia di Alzheimer è diagnosticata se è presente uno dei seguenti; altrimenti, deve essere diagnosticata una possibile malattia di Alzheimer.

1. Evidenza di una mutazione genetica causativa della malattia di Alzheimer dall’anamnesi familiare o da test genetici.2. Sono presenti tutti e tre i seguenti:

a. Chiara evidenza di declino della memoria e dell’apprendimento e di almeno un altro dominio cognitivo (basato sull’anamnesi dettagliata o su test neuropsicologici seriali).

b. Declino costantemente progressivo e graduale della cognizione, senza plateau estesi.c. Nessuna evidenza di eziologia mista (cioè assenza di altre malattie neurodegenerative o cerebrovascolari, o

di un’altra malattia neurologica, mentale o sistemica che possa contribuire al declino cognitivo).

Per il disturbo neurocognitivo lieve:

Una probabile malattia di Alzheimer è diagnosticata se vi è evidenza di una mutazione genetica causativa della malattia di Alzheimer dai test genetici o dall’anamnesi familiare.

Una possibile malattia di Alzheimer è diagnosticata se non vi è evidenza di una mutazione genetica causativa della malattia di Alzheimer dai test genetici o dall’anamnesi familiare, e tutti e tre i seguenti sono presenti:

1. Chiara evidenza di declino della memoria e dell’apprendimento.2. Declino costantemente progressivo e graduale della cognizione, senza plateau estesi.3. Nessuna evidenza di eziologia mista (cioè assenza di altre malattie neurodegenerative o cerebrovascolari, o di

un’altra malattia neurologica, mentale o sistemica che possa contribuire al declino cognitivo).D. L’alterazione non è meglio spiegata da malattie cerebrovascolari, da un’altra malattia neurodegenerativa, dagli effetti

di una sostanza o da un altro disturbo mentale, neurologico o sistemico.

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

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24 Disturbi neurocognitivi 727

nelle prime fasi della malattia sono solitamente nella norma, sebbene possano essere presenti un ridotto volume ippocampale e corni temporali ventricolari lievemente ingrossati. Le scansioni SPECT mostrano frequentemente un ridotto flusso sanguigno tempo-ro-parietale; le scansioni PET possono evidenziare un ridotto apporto di fluorodesossiglucosio nelle medesime regioni. Un basso livello di Aβ42 nel liqui-do cefalorachidiano e un’elevata quantità di protei-na tau fosforilata confermano la malattia. Recente-mente, nell’ambito della ricerca, è divenuto possibile quantificare il deposito amiloide nel cervello con di-versi radioligandi, come mostrato nella Figura 24.1.

Degenerazione frontotemporaleLa FTLD è la causa principale di demenza negli adulti di età inferiore a 60 anni. Il termine dege-nerazione frontotemporale si applica a una serie di stati patologici, inclusi la malattia di Pick, la de-generazione corticobasale e la paralisi sopranu-

cleare progressiva, nei quali i primi sintomi sono rappresentati da alterazione comportamentale e disturbi del linguaggio (i criteri diagnostici del DSM-5 per il disturbo neurocognitivo maggio-re o lieve associato a FTLD probabile o possibi-le sono presentati nel Box 24.5). Alcuni soggetti presentano mutazioni nei geni per la proteina tau (e quindi il termine taupatie) e la progranulina. Tra queste malattie, i pazienti che con maggiore probabilità giungono all’attenzione psichiatrica sono quelli con sintomi comportamentali pre-dominanti, che presentano quindi la cosiddetta variante comportamentale della FTLD.

Variante comportamentaleLa variante comportamentale prototipica della FTLD è causata dalla malattia di Pick e si presenta sotto forma di cambiamento della personalità con compromissione progressiva della capacità di giu-dizio, declino della condotta sociale, disinibizione,

Box 24.5 DSM-5: Disturbo neurocognitivo frontotemporale maggiore e lieve – Criteri diagnostici

A. Sono soddisfatti i criteri per il disturbo neurocognitivo maggiore o lieve.B. Il disturbo ha esordio insidioso e progressione graduale.C. O 1) o 2):

1. Variante relativa al comportamento:

a. Tre o più dei seguenti sintomi comportamentali:I. Disinibizione comportamentale.II. Apatia o inerzia.III. Perdita di simpatia o empatia.IV. Comportamento perseverante, stereotipato o compulsivo/ritualistico.V. Iperoralità e cambiamenti nella dieta.

b. Declino prominente nella cognitività sociale e/o nelle abilità esecutive.

2. Variante relativa a linguaggio:a. Declino prominente nella capacità di linguaggio, in forma di produzione del linguaggio, word finding, denominazione degli oggetti, grammatica o comprensione delle parole.

D. Relative difficoltà dell’apprendimento e della memoria e della funzione percettivo-motoria.E. L’alterazione non è meglio spiegata da malattie cerebrovascolari, da un’altra malattia neurodegenerativa, dagli effetti

di una sostanza o da un altro disturbo mentale, neurologico o sistemico.

Un probabile disturbo neurocognitivo frontotemporale è diagnosticato se è presente uno dei seguenti; altrimenti, deve essere diagnosticato un possibile disturbo neurocognitivo frontotemporale:1. Evidenza di una mutazione genetica causativa del disturbo neurocognitivo frontotemporale dall’anamnesi familiare o

da test genetici.2. Evidenza di coinvolgimento del lobo frontale e/o temporale sproporzionato dal neuroimaging.

Un possibile disturbo neurocognitivo frontotemporale viene diagnosticato se non ci sono evidenze di una mutazione genetica e il neuroimaging non è stato eseguito.

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

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Parte II – Disturbi psichiatrici728

dipendenza dagli stimoli ambientali e consumo eccessivo di cibi dolci. La compromissione della ca-pacità di giudizio dei pazienti, l’irritabilità, l’impul-sività e la totale mancanza di consapevolezza di sé portano spesso alla diagnosi di disturbo bipolare.

Variante semanticaLa diagnosi della variante semantica richiede come caratteristiche peculiari la difficoltà con il linguag-gio, la presenza di compromissione del linguaggio che ostacola le attività quotidiane e la presenza di afasia come deficit più importante all’esordio dei sintomi e per lo stadio iniziale della malattia. La variante semantica comprende la demenza seman-tica e l’afasia progressiva non fluente. La demenza semantica esordisce solitamente con una disfasia fluente caratterizzata da una difficoltà nel trovare le parole e comprenderle talmente elevata da far sospettare che il paziente stia fingendo. Tre sinto-mi della demenza semantica non sono correlati alla frequenza dell’uso delle parole. Inoltre, i pazienti non riusciranno spesso a descrivere o dimostrare l’uso di oggetti comuni come le chiavi della porta. L’afasia non fluente progressiva comprende l’afa-sia espressiva con difficoltà nel trovare le parole, agrammatismo e parafasia fonemica (per es., “om-bello” anziché “ombrello”). Spesso i sintomi fun-zionali o comportamentali non si verificano fino a una fase tardiva della malattia. È stata proposta una terza variante semantica, non riportata nel DSM-5, definita variante logopenica/fonologica. È caratterizzata dalla difficoltà a recuperare una parola in un discorso spontaneo o nella scrittura e dalla compromissione della ripetizione di frasi.

La presentazione clinica di queste varianti è corre-lata ai loci della patologia cerebrale. I pazienti con la varietà semantica presentano un’atrofia temporale anteriore predominante, i pazienti con la varietà pro-gressiva non fluente mostrano un’atrofia frontoinsu-lare posteriore sinistra e quelli con la varietà logo-penica un’atrofia parietale o perisilviana posteriore sinistra. Gli studi con SPECT e PET mostrano aree corrispondenti di ridotto flusso sanguigno e apporto di glucosio (Gorno-Tempini et al. 2011).

Malattia a corpi di LewyI criteri diagnostici del DSM-5 per il disturbo neurocognitivo maggiore o lieve associato a ma-lattia a corpi di Lewy probabile o possibile sono

presentati nel Box 24.6. I corpi di Lewy hanno una forma sferica e sono spesso rappresentati da inclusioni citoplasmatiche con un nucleo circon-dato da un alone e composte per la maggior par-te da alfa-sinucleina, da cui deriva un’altra deno-minazione della malattia: sinucleinopatia. Fino al 20% delle persone con malattia di Alzheimer cli-nicamente diagnosticata presenta inoltre nume-rosi corpi di Lewy corticali (Weiner et al. 1996). Questi casi sono stati precedentemente definiti come variante dei corpi di Lewy della malattia di Alzheimer. La malattia a corpi di Lewy diffusa a livello corticale senza malattia di Alzheimer con-comitante è rara. Spesso non distinguibile dalla malattia di Alzheimer, la malattia a corpi di Lewy presenta caratteristiche-chiave che agevolano la diagnosi. Tra queste vi è l’esordio improvviso di allucinazioni visive che solitamente scompaiono e ricompaiono. Sono presenti fluttuazioni marca-te nell’apparato sensoriale, con episodi di confu-sione che durano giorni o settimane, seguiti da momenti di lucidità per lo stesso periodo di tem-po. Un parkinsonismo lieve insorge precocemen-te. Il disturbo comportamentale del sonno REM è un disturbo concomitante frequente e spesso precede i sintomi cognitivi. L’imaging cerebrale funzionale mostra un ridotto flusso sanguigno o una ridotta attività metabolica nei lobi occipitali. Un’ulteriore conferma della malattia a corpi di Lewy è la presenza di ridotti livelli di traspor-tatori di dopamina nei gangli della base, come evidenziato dalla SPECT o dalla PET.

Sembra che non ci siano differenze sostan-ziali nella longevità dei soggetti con malattia a corpi di Lewy con o senza malattia di Alzheimer concomitante. Da un punto di vista clinico, esi-stono due importanti differenze tra la malattia a corpi di Lewy e la malattia di Alzheimer: la responsività dei sintomi psicotici nella malattia a corpi di Lewy agli inibitori dell’acetilcoline-sterasi e la propensione a effetti collaterali ex-trapiramidali gravi nei pazienti con malattia a corpi di Lewy trattati con farmaci antipsicotici. Se i sintomi psicotici non vengono alleviati da-gli inibitori della colinesterasi, la quetiapina è un farmaco di elezione, iniziando con una dose di 25 mg per via orale due o tre volte al gior-no; il dosaggio è limitato dal principale effetto collaterale della quetiapina, ossia la sedazione. In generale, i sintomi extrapiramidali della ma-

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lattia a corpi di Lewy (tremore a riposo di uno o entrambi gli arti superiori) non rispondono al trattamento con farmaci antiparkinsoniani.

Il disturbo amnesico riportato nel DSM-IV (American Psychiatric Association 1994) è stato incluso nel DSM-5 nel disturbo neurocognitivo maggiore o lieve. Il disturbo amnesico confabu-latorio noto come sindrome di Korsakoff rientra nel DSM-5 nel disturbo neurocognitivo maggiore o lieve associato ad abuso di sostanze e deriva da un deficit di tiamina, che è tipicamente associato a malnutrizione accompagnata da abuso di alcol a lungo termine. Spesso viene preceduto da de-lirium, oftalmoplegia e atassia dell’encefalopatia di Wernicke. L’amnesia persistente può derivare da molti tipi di lesione cerebrale, tra cui i più noti sono gli effetti delle lesioni bilaterali dell’ippo-campo, che compromettono la memoria recente e impediscono di immagazzinare le informazio-ni nuove, ma non compromettono la capacità di recupero delle informazioni memorizzate prima della lesione (Zola-Morgan et al. 1986).

Gli episodi amnesici transitori che compaiono con l’assunzione di benzodiazepine a durata di azione rapida possono confondere la diagnosi di altri disturbi. L’importanza di considerare i

disturbi amnesici nella diagnosi differenziale è dovuta al fatto che essi sono reversibili quando sono causati dai farmaci e parzialmente reversi-bili nell’encefalopatia di Wernicke.

Malattia cerebrovascolare Il disturbo neurocognitivo associato a malattia vascolare viene diagnosticato quando il paziente presenta una compromissione cognitiva con evi-denza all’imaging, in anamnesi o all’esame clini-co di malattia cerebrovascolare che si ritiene sia responsabile della compromissione cognitiva. La compromissione della memoria, se presente, è di tipo non amnesico, con un’iniziale compromis-sione dell’apprendimento e del ricordo e, spes-so, con compromissione della memoria remota. Possono essere presenti segni neurologici focali coerenti con ictus (con o senza anamnesi di ictus) ed evidenza di malattia cerebrovascolare all’ima-ging cerebrale con infarti multipli nei grossi vasi o un singolo infarto confinato in un’area (giro angolare, talamo, prosencefalo basale o territori comunicanti anteriori o posteriori), nonché stro-ke lacunari multipli dei gangli della base e lacune della sostanza bianca, lesioni estese della sostan-

Box 24.6 DSM-5: Disturbo neurocognitivo maggiore e lieve a corpi di Lewy – Criteri diagnostici

A. Sono soddisfatti i criteri per il disturbo neurocognitivo maggiore o lieve.B. Il disturbo ha un esordio insidioso e progressione graduale.C. Il disturbo soddisfa una combinazione di caratteristiche diagnostiche fondamentali e caratteristiche diagnostiche

suggestive per il disturbo neurocognitivo a corpi di Lewy sia probabile sia possibile.

Nel probabile disturbo neurocognitivo maggiore o lieve a corpi di Lewy, l’individuo ha due caratteristiche fondamentali, o una caratteristica suggestiva con una o più caratteristiche fondamentali.

Nel possibile disturbo neurocognitivo maggiore o lieve a corpi di Lewy, l’individuo ha una sola caratteristicafondamentale, o una o più caratteristiche più suggestive.

1. Caratteristiche diagnostiche fondamentali:a. Cognitività fluttuante con variazioni marcate di attenzione e vigilanza.b. Allucinazioni visive ricorrenti che sono complesse e dettagliate.c. Caratteristiche spontanee di parkinsonismo, con esordio seguente allo sviluppo di declino cognitivo.

2. Caratteristiche diagnostiche suggestive:a. Soddisfa i criteri per il disturbo comportamentale del sonno REM.b. Grave sensibilità ai neurolettici.

D. Il disturbo non è meglio spiegato da malattie cerebrovascolari, da un’altra malattia neurodegenerativa, dagli effetti di una sostanza o da un altro disturbo mentale, neurologico o sistemico.

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

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Parte II – Disturbi psichiatrici730

za bianca periventricolare o una combinazione di essi. I criteri diagnostici del DSM-5 per il distur-bo neurocognitivo maggiore o lieve associato a malattia vascolare probabile o possibile sono pre-sentati nel Box 24.7.

Altri disturbi neurocognitiviLe altre categorie riportate nel DSM-5 riguar-danti i disturbi neurocognitivi comprendono i disturbi dovuti a lesioni cerebrali traumatiche, uso di farmaci o sostanze, infezione da HIV, ma-lattia da prioni, morbo di Parkinson, malattia di Huntington, altre patologie mediche o eziologie molteplici, nonché disturbi neurocognitivi non altrimenti specificati (si veda la Tabella 24.1).

Una diagnosi in aumento nei giovani adulti o negli adulti di mezza età riguarda il disturbo neu-rocognitivo associato a lesione cerebrale traumatica (Traumatic Brain Injury, TBI), con sintomi neuroco-gnitivi o neuropsichiatrici a seconda della posizio-ne e della gravità del trauma. I progressi compiuti nel trattamento delle lesioni craniche hanno porta-to a un sostanziale aumento della sopravvivenza

a TBI in seguito a lesioni aperte o chiuse, con out-come che vanno dalla completa ripresa al disturbo neurocognitivo maggiore (Bigler 2009).

Una causa comune di disturbo neurocognitivo lieve è la disfunzione cognitiva postoperatoria, che solitamente scompare entro 3 mesi dall’inter-vento chirurgico; tuttavia, molte persone riporta-no ancora deficit cognitivi dopo 6 mesi (Dijkstra et al. 1999). Pare che la lunghezza e il tipo di ane-stesia (per es., locale versus generale) possa essere meno importante rispetto a fattori quali l’embo-lizzazione intraoperatoria (Purandare et al. 2011).

Un altro disturbo neurocognitivo maggiore, la sindrome dello squallore senile, consiste nella negligenza dell’igiene personale o dell’ambiente circostante accompagnata da accumulo di ogget-ti e isolamento sociale (Snowdon et al. 2007). L’a-bitazione è sporca, disordinata e colma di oggetti o materiali inutili. Anche l’esterno dell’abitazio-ne è solitamente fatiscente. A volte, molti anima-li, definiti “animali domestici”, vivono insieme alla persona e non sono mantenuti in condizio-ni adeguate. Sono stati compiuti molti tentativi per comprendere questo fenomeno in termini di disturbi psichiatrici quali disturbo ossessivo-compulsivo di personalità o disturbo ossessivo-

Box 24.7 DSM-5: Disturbo neurocognitivo vascolare maggiore e lieve – Criteri diagnostici

A. Sono soddisfatti i criteri per il disturbo neurocognitivo maggiore o lieve.B. Le caratteristiche cliniche sono coerenti con un’eziologia vascolare, come suggerito da uno dei seguenti:

1. L’esordio dei deficit cognitivi è temporalmente legato a uno o più eventi cerebrovascolari.2. L’evidenza di declino è prominente nell’attenzione complessa (tra cui la velocità di elaborazione) e nella funzione

esecutiva frontale.

C. Ci sono evidenze della presenza di malattia cerebrovascolare dall’anamnesi, dall’esame fisico e/o dal neuroimaging considerate sufficienti a spiegare i deficit neurocognitivi.

D. I sintomi non sono meglio spiegati da un’altra malattia cerebrale o da un disturbo sistemico.

Viene diagnosticato probabile disturbo neurocognitivo vascolare se è presente uno dei seguenti; altrimentidovrebbe essere diagnosticato un possibile disturbo neurocognitivo vascolare:

1. I criteri clinici sono supportati da evidenze di neuroimaging di significative lesioni parenchimali attribuite a malattia cerebrovascolare (supportata dal neuroimaging).

2. La sindrome neurocognitiva è temporalmente correlata a uno o più eventi cerebrovascolari documentati.3. Sono presenti evidenze di malattia cerebrovascolare sia cliniche sia genetiche (per es., arteriopatia cerebrale autosomica

dominante con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia).

Viene diagnosticato possibile disturbo neurocognitivo vascolare se sono soddisfatti i criteri clinici, ma il neuroimaging non è disponibile e non è stabilita una relazione temporale della sindrome neurocognitiva con uno o più eventi cerebrovascolari.

AVVISO. I criteri sopra delineati includono solo i criteri diagnostici e gli specificatori; per un elenco completo dei criteri, comprese le descrizioni degli specificatori e le procedure di codifica e registrazione, si rimanda al DSM-5.

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compulsivo, ma la maggior parte dei soggetti più anziani con questa serie di comportamenti non manifestava anomalie in una fase più precoce della vita. Pare che questi soggetti presentino de-ficit significativi di origine variabile nel circuito cerebrale frontale, ma ciò non è stato ancora suf-ficientemente approfondito in quanto solitamen-te tali individui si considerano sani e rifiutano di sottoporsi a visite mediche.

Disturbi complicanti o confusionaliNella valutazione di una persona con un disturbo cognitivo, la depressione deve essere considera-ta come causa o come fattore aggravante. Molte persone depresse manifestano compromissione cognitiva, sebbene la gravità della compromis-sione non sia correlata alla gravità dei sintomi depressivi. Spesso i deficit persistenti delle fun-zioni cognitive seguono la remissione dei sintomi depressivi (Nebes et al. 2003), compresi i deficit della memoria di lavoro, della velocità di elabo-razione delle informazioni, della memoria episo-dica e dell’attenzione. I sintomi possono inoltre indicare soltanto una parziale risoluzione degli episodi depressivi e possono richiedere un tratta-mento antidepressivo più aggressivo. La risposta di entrambi i sintomi cognitivi e depressivi al trat-tamento non stabilisce chiaramente la depressione come unica diagnosi dei pazienti; molti adulti più anziani potrebbero sviluppare una patologia de-mentigena (Alexopoulos et al. 1993).

Il livello e la frequenza della comorbilità depres-siva nella malattia di Alzheimer sono oggetto di controversie, in parte dovute alla somiglianza dei sintomi delle due patologie. Tuttavia, esiste una prevalenza del 20% circa di depressione maggiore nei primi 2 anni dopo un ictus (Robinson 2003) e spesso la depressione è frequente anche nel morbo di Parkinson e nella malattia di Huntington.

La compromissione cognitiva della depres-sione presenta le seguenti caratteristiche che la distinguono dalla compromissione cognitiva do-vuta a un disturbo cerebrale metabolico o dege-nerativo (si veda anche la Tabella 24.4):

1. Esordio dei sintomi depressivi prima della compromissione cognitiva

2. Esordio improvviso, piuttosto recente (set-timane o mesi) e spesso individuabile della compromissione cognitiva in termini sia di tempo sia di eventi della vita importanti dal punto di vista emotivo (perdita del lavoro o del coniuge)

3. Incapacità a pensare, concentrarsi e ricordare4. Segni e sintomi della depressione5. Test cognitivo oggettivo, da cui emerge che il

deficit del paziente è meno grave di quanto riferito, con miglioramento delle prestazioni mediante incoraggiamento, suggerimenti e rinforzo

6. Risposte come “Non lo so”, anziché omissioni, confabulare o ripetere (in modo perseverante) le risposte

7. Elettroencefalogrammi nella norma8. Assenza di patologie che possano compro-

mettere le funzioni cerebrali.

Solitamente i risultati della TC e della RM non sono utili per distinguere la depressione da un disturbo neurocognitivo senza segni neurologici, ma le tecniche funzionali come la PET e la SPECT sono utili quando sono presenti segni caratteristi-ci di un disturbo come la malattia di Alzheimer o di Pick. I test neuropsicologici possono contri-buire a distinguere i disturbi neurocognitivi da quelli dell’umore e a individuare un disturbo neurocognitivo o dell’umore in comorbilità, oltre a caratterizzare o quantificare i deficit cognitivi quali le funzioni mnesiche ed esecutive.

Le condizioni mediche generali possono esa-cerbare alcuni tratti preesistenti della personalità o causare un cambiamento della personalità. Esi-stono diversi quadri, ma sono frequenti instabilità emotiva, scatti ricorrenti di violenza e rabbia, ca-pacità di giudizio sociale alterata, apatia, sospet-tosità e ideazione paranoide. Encefalite, tumori cerebrali, trauma cranico, sclerosi multipla, ma-lattie frontotemporali degenerative e ictus sono cause comuni dei cambiamenti di personalità, che possono verificarsi anche come fenomeni interic-tali nell’epilessia del lobo temporale. I soggetti con sindrome di Down di età superiore a 35 anni pre-sentano la caratteristica microscopica della ma-lattia di Alzheimer, ma non tutti sviluppano de-menza (Oliver et al. 1998). In questa popolazione, come in tutte le altre, è importante cercare le cause rimediabili del declino funzionale.

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Parte II – Disturbi psichiatrici732

Discorso e linguaggioIl discorso e il linguaggio sono influenzati da molti disturbi neurocognitivi. Il discorso tende a essere lento nella patologia dei gangli della base, nel morbo di Parkinson e nella malattia cerebro-vascolare; è caratterizzato da disartria nella para-lisi sopranucleare progressiva, mentre nella scle-rosi multipla e dopo un ictus presenta difficoltà di articolazione. I disturbi del linguaggio (afasie) spesso derivano da un danno cerebrale regionale e sono spesso confusi con i disturbi neurocogni-tivi più generalizzati. I pazienti con afasia han-no avuto solitamente un insulto cerebrale, il più delle volte ictus o trauma cerebrale. Solitamente sono presenti deficit neurologici, quali emiparesi (specialmente nell’afasia di Broca), iperreflessia unilaterale e difetti del campo visivo. In genera-le, l’anomia che progredisce in afasia suggerisce la presenza di una patologia neurodegenerativa; l’afasia che nel tempo progredisce in anomia è dovuta solitamente a una lesione cerebrale acuta.

La categorizzazione delle afasie si basa sulle funzioni del linguaggio compromesse. L’afasia globale compromette tutte le funzioni del linguag-gio e si manifesta in caso di ictus nell’emisfero cerebrale sinistro. L’afasia anomica, al contrario, interessa principalmente la capacità di reperire le parole, può essere correlata a lesioni della parte superiore del giro temporale mediale posteriore sinistro o del giro angolare sinistro ed è comu-ne nella malattia di Alzheimer. L’afasia di Broca (anteriore, non fluente) compromette la fluenza verbale, la ripetizione e la capacità di nominare gli oggetti e le parole ed è causata da lesioni della parte inferiore posteriore del lobo frontale sinistro (o dominante). Nell’afasia di Broca, l’eloquio ri-chiede molti sforzi ed è caratterizzato da agram-matismo, con omissione di parole funzione quali articoli, preposizioni e congiunzioni. Ad esempio, una persona che vuole andare in un determinato posto, come un ristorante, potrebbe dire “Voglio... andare... hai capito... mangiare...”, con un grande sforzo e un enorme sollievo dopo essere riuscita a esprimersi. Solitamente questi pazienti com-prendono quello che viene detto loro e riescono a obbedire agli ordini, ma fanno fatica a ripetere, a leggere ad alta voce e a scrivere. Sebbene abbiano delle difficoltà nel denominare gli oggetti, trovano un aiuto nei suggerimenti.

I pazienti con afasia di Wernicke (posteriore, fluente) hanno un eloquio fluente (linguaggio scorrevole), parafasico e neologistico, ma scarse capacità di comprensione, ripetizione e denomi-nazione. La difficoltà di denominazione non è solitamente agevolata dando dei suggerimenti al paziente. Anche la lettura e la scrittura sono com-promesse. Il paziente tende a comunicare poche informazioni e l’eloquio consiste in parole e frasi non definite. L’approssimazione delle parole (pa-rafasie) può basarsi su suoni simili, quali “cavolo” per “tavolo”, o su significati simili, come “bicchie-re” per “bottiglia”. Il danno cerebrale in questa sin-drome riguarda la parte superiore posteriore del primo giro temporale dell’emisfero dominante.

Caratterizzazione molecolare dei disturbi neurocognitiviI disturbi neurocognitivi possono essere classifi-cati sulla base della relativa patologia molecolare, per cui la malattia di Alzheimer è classificata come amiloidopatia, la malattia di Pick come paralisi so-pranucleare progressiva, la degenerazione cortico-basale come anomalie della proteina tau (taupatie), la demenza come malattia a corpi di Lewy, il morbo di Parkinson e l’atrofia multisistemica come ano-malie della sinucleina (sinucleinopatie). Di recente molti casi di demenza frontotemporale sono stati identificati come patologie legate alla progranu-lina, causate da mutazioni a livello del gene della progranulina (Ward e Miller 2011). Tutte queste ca-ratterizzazioni molecolari hanno un’utilità limitata, in quanto molte di queste patologie presentano del-le anomalie di diverse proteine e alcune proteine sono interessate in più di una patologia. Ad esem-pio, la malattia di Alzheimer è sia un’amiloidopatia sia una taupatia.

Screening per la compromissione cognitivaIl Mini-Mental State Examination (MMSE; Fol-stein et al. 1975), l’esame più diffuso per la va-lutazione della compromissione cognitiva, ri-

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chiede 10-15 minuti. Il punteggio massimo, che indica una performance perfetta, è pari a 30 punti. Il MMSE può essere alterato dal grado di intelligenza e di istruzione in premorbilità. I suoi ideatori indicano che un punteggio pari o inferiore a 23 punti ottenuto da una persona con un’istruzione di scuola superiore è suggestivo di un disturbo neurocognitivo maggiore, mentre il punteggio soglia è pari o inferiore a 18 punti per una persona con un’istruzione di scuola media o inferiore. Crum et al. (1993) hanno pubblicato una tabella in cui vengono suggeriti dei valori normali in base all’età e all’istruzione. Il MMSE è protetto da copyright e deve essere ordinato presso il Psychological Assessment Resources (www4.parinc.com).

Il test dell’orologio è un semplice esame per individuare le disfunzioni esecutive, in quanto coinvolge la pianificazione, il sequenziamento e il ragionamento astratto (Nolan e Mohs 1994). Al soggetto viene presentato un foglio bianco e gli vie-ne chiesto di disegnare il quadrante di un orologio all’interno del quale deve scrivere i numeri nella posizione corretta. Dopo aver disegnato un cerchio e aver scritto i numeri, il soggetto deve disegnare le lancette che segnano le otto e venti minuti. Viene assegnato 1 punto se il soggetto disegna un cerchio chiuso, 1 punto se dispone correttamente i nume-ri, 1 punto se scrive tutti i numeri correttamente, 1 punto se dispone le lancette nella posizione corret-ta. Un punteggio complessivo inferiore a 4 fa so-spettare una compromissione esecutiva.

Il Montreal Cognitive Assessment (Nasreddi-ne et al. 2005) è stato sviluppato per individuare una compromissione cognitiva lieve (per es., di-sturbo neurocognitivo lieve). Il tempo di som-ministrazione è di circa 15 minuti. Valuta le fun-zioni esecutive oltre ad altri domini cognitivi. Il punteggio va da 0 a 30 punti (con un cutoff sug-gerito <27 punti per l’individuazione del distur-bo neurocognitivo lieve). Le regole basate sulla popolazione e sviluppate per questo strumento suggeriscono che un cutoff più appropriato ne-gli Stati Uniti è di 23 punti (Rossetti et al. 2011). Il test è disponibile gratuitamente all’indirizzo www.mocatest.org.

Il metodo di valutazione dei sintomi psichia-trici più comunemente usato nelle persone con disturbo neurocognitivo maggiore è il Neurop-sychiatric Inventory (Cummings et al. 1994),

un esame breve che viene somministrato a una persona che conosce bene il paziente. È possibi-le trovare altre scale per la quantificazione degli aspetti non cognitivi della demenza in Burns et al. (2004).

Trattamento farmacologico dei disturbi neurocognitiviIl trattamento della malattia di Alzheimer con selegilina, estrogeni, prednisone, farmaci antin-fiammatori non steroidei, statine, rosiglitazone, agenti chelanti e con le sostanze naturali uper-zina e Ginkgo biloba non è stato efficace nel ral-lentare il deterioramento cognitivo. I trattamenti della patologia amiloidotica si sono rivelati effi-caci in modelli di topo con malattia di Alzheimer, ma si sono dimostrati troppo tossici o inefficaci negli esseri umani; questi trattamenti compren-dono l’immunizzazione attiva e passiva da Aβ42

(il prodotto tossico di un’elaborazione anomala della proteina precursore dell’amiloide) e gli ini-bitori della secretasi γ, l’enzima corresponsabile della secretasi β per un anomalo assemblaggio della proteina precursore dell’amiloide.

Queste e altre strategie sono attualmente in fase di studio, incluso l’uso degli antiossidanti naturali curcumina e resveratrolo e dell’insulina intranasale. Diversi trattamenti diretti alla pro-teina tau sono ora in fase di studio.

Una serie di trattamenti con farmaci palliativi/sintomatici è utilizzata per potenziare la cogni-zione nei disturbi neurocognitivi. Comprendono gli inibitori della colinesterasi, gli antagonisti del recettore N-metil-d-aspartato (NMDA), la vita-mina E, gli inibitori della ricaptazione della se-rotonina e gli stimolanti. Vi sono poche evidenze sugli effetti benefici del trattamento farmacologi-co sulla cognizione in seguito a TBI.

Inibitori della colinesterasiGli inibitori dell’acetilcolinesterasi sono stati impiegati con discreto successo in pazienti con malattia di Alzheimer, malattia a corpi di Lewy e compromissione cognitiva associata a malattia vascolare. I risultati del trattamento di TBI non sono chiari. I pazienti con malattia di Alzhei-mer presentano un input colinergico deficitario

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alla neocorteccia; i soggetti con malattia a corpi di Lewy presentano deficit colinergici persino maggiori. I soggetti con demenza vascolare pre-sentano spesso una componente della malattia di Alzheimer. Gli inibitori della colinesterasi hanno effetti modesti sulla cognizione in questi disturbi, ma possono ridurre o eliminare le allu-cinazioni visive nella malattia a corpi di Lewy. Solitamente i pazienti e i caregiver riportano un aumento dell’attenzione e della comprensione. Le classi farmacologiche che migliorano la per-formance cognitiva in soggetti sani generalmente migliorano la prestazione cognitiva di base ma non sono in grado di rallentare il progredire del-la malattia. Tutti gli inibitori della colinesterasi sono disponibili in dosi singole giornaliere. Il do-nepezil e la galantamina sono somministrati per via orale; la rivastigmina viene utilizzata solita-mente con cerotto transdermico. Sia il donepezil sia la rivastigmina sono disponibili in commercio in preparati a elevato dosaggio per la malattia di Alzheimer da moderata a grave. Il dosaggio viene illustrato nella Tabella 24.8. Gli effetti col-laterali di questi farmaci sono correlati alla dose e comprendono nausea, vomito, diarrea, crampi muscolari (dovuti agli effetti nicotinici), ipoten-sione posturale e sincope dovuta a bradicardia. Una frequenza cardiaca a riposo inferiore a 50 bpm e una patologia broncopolmonare grave sono controindicazioni relative, ma la decisione di sottoporre il paziente al trattamento dovrebbe essere presa caso per caso. Molti atleti con una frequenza cardiaca a riposo intorno ai 40 bpm tollerano bene gli inibitori della colinesterasi.

Antagonisti del recettore N-metil-d-aspartato In teoria, la memantina blocca l’azione dei recetto-ri per il glutammato di tipo NMDA, migliorando la trasmissione sinaptica e/o prevenendo il rila-scio di calcio che può fornire neuroprotezione. La memantina è ben assorbita e ha un’emivita pari o superiore a 70 ore, ma viene somministrata due volte al giorno, secondo lo schema di dosaggio uti-lizzato negli studi che hanno valutato la sua effi-cacia. La memantina è stata approvata dalla Food and Drug Administration statunitense (FDA) per la malattia di Alzheimer da moderata a grave. Il dosaggio inizia con 5 mg una volta al giorno ed è titolato fino a 5 mg una volta alla settimana, per arrivare al dosaggio finale di 10 mg due volte al giorno. Possono manifestarsi confusione transito-ria e sedazione durante la fase di titolazione, ma la memantina ha mostrato in generale pochi effetti avversi. Sebbene sia ampiamente usata in pazienti con malattia di Alzheimer precoce, non esistono dati di efficacia convincenti.

Terapia di combinazione con inibitori della colinesterasi e memantinaGli inibitori della colinesterasi e la memantina hanno diversi meccanismi di azione; pertanto, la terapia di combinazione potrebbe, teorica-mente, determinare ulteriori benefici (Tariot et al. 2004). Questa combinazione è divenuta il trattamento di elezione nella pratica clinica per i pazienti con malattia di Alzheimer da moderata

Tabella 24.8 Dosaggi degli inibitori della colinesterasi comunemente usati

Nome generico Dosaggio iniziale Dosaggio finale Istruzioni

Donepezil 5 mg 10-23a mg Ogni mattinaRivastigmina 4,6 mg 9,5-13,3b mg Ogni mattinaGalantamina 8 mg 24 mg Ogni mattina con un

pastoNota. Gli aumenti del dosaggio vengono eseguiti a intervalli di 4 settimane. aUtilizzare soltanto se il paziente tollera donepezil 10 mg/die o equivalente. bUtilizzare soltanto se il paziente tollera rivastigmina 9,5 mg/die o equivalente.

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a grave; tuttavia, evidenze recenti suggeriscono che l’aggiunta di memantina a un inibitore del-la colinesterasi non migliora significativamente l’efficacia terapeutica (Howard et al. 2012).

Vitamina EI dosaggi di vitamina E di 2.000 UI una volta al giorno sono associati a un rallentamento limita-to, ma significativo della progressione funzionale della malattia di Alzheimer, ma non si verifica al-cun miglioramento delle funzioni cognitive. Que-sto trattamento, un tempo ampiamente utilizzato, è ora meno frequente a causa di un aumento degli eventi cardiovascolari associato all’assunzione di vitamina E a dosaggio elevato. A tale dosaggio, un effetto collaterale comune è la comparsa di emor-ragie, che sono meno frequenti a un dosaggio di 800-1.000 UI una volta al giorno.

Trattamento di disturbi mentali sovrappostiI soggetti con disturbi neurocognitivi possono sviluppare delirium, psicosi paranoide o depres-sione, che possono essere trattati con le stesse modalità impiegate nelle persone senza demen-za. Ad esempio, la terapia elettroconvulsiva può essere utilizzata per trattare la depressione gra-ve. Come previsto, gli effetti collaterali a livello cognitivo di tale terapia sono più gravi nelle per-sone con demenza che nelle persone senza com-promissione cognitiva, ma tali effetti non rappre-sentano una controindicazione assoluta.

Trattamento dei sintomi comportamentali ed emotivi dei disturbi neurocognitiviUna parte importante del trattamento compor-ta la gestione dei sintomi comportamentali ed emotivi dei disturbi neurocognitivi, inclusi psi-cosi, depressione, apatia, aggressività e violenza e comportamenti sessuali inappropriati. In teoria, i sintomi comportamentali vengono affrontati inizialmente modificando il comportamento del caregiver o riducendo gli stimoli ambientali. Ad

esempio, è possibile istruire i caregiver a integra-re la memoria dei pazienti, anziché continuare a chiedere loro di ricordare. Si può insegnare loro come porre più volte la stessa domanda anziché dire “Te l’ho già detto”. Possono evitare le rea-zioni violente aiutando i pazienti nelle attività che li spaventano, come fare la doccia o il bagno, anziché costringerli a farle. Il livello di rumore o di stimoli interpersonali nell’ambiente può essere ridotto. I caregiver possono affrontare l’apatia at-traverso alcune attività. I familiari possono impa-rare come comportarsi dai gruppi di supporto per la demenza, dalle numerose pubblicazioni e dalle innumerevoli informazioni disponibili su Internet fornite, ad esempio, dall’Associazione Malattia di Alzheimer, dall’Associazione Malattia a corpi di Lewy, dall’Associazione Degenerazione fronto-temporale e dall’Associazione americana Lesioni cerebrali. Tuttavia, spesso, anziché sovraccaricare i caregiver di troppe responsabilità, il trattamento farmacologico è il trattamento di elezione.

Nessun trattamento farmacologico ha ricevuto l’approvazione della FDA per i sintomi comporta-mentali ed emotivi (a eccezione della depressione grave e disturbi maniacali) che possono insorgere durante il corso di un disturbo neurocognitivo. I trattamenti farmacologici utilizzati comprendono farmaci antipsicotici, inibitori della ricaptazione della serotonina, farmaci antimaniacali, benzodia-zepine, inibitori della colinesterasi, anticonvulsi-vanti, stimolanti (per il trattamento della terapia), bloccanti dei recettori β-adrenergici in caso di violenze fisiche gravi, e antagonisti del testostero-ne in caso di aggressività e disinibizione sessua-le negli uomini. I dosaggi dei farmaci presentati nel presente capitolo sono adeguati per i pazienti anziani. Poiché in teoria tutti i farmaci impiegati per il trattamento delle alterazioni comportamen-tali nei soggetti con disturbi neurocognitivi sono somministrati off-label, le linee guida generali per gli adulti più giovani raccomandano di aumen-tare il dosaggio fino a quando il comportamento non è sotto controllo o fino alla comparsa di effetti collaterali indesiderati. Si veda il Capitolo 27 del presente volume, “Psicofarmacologia”, per con-sultare i dosaggi raccomandati dei farmaci psico-tropi per gli adulti.

L’approccio psicofarmacologico generalmen-te adottato è quello di Tariot (1999): impiegare un farmaco di efficacia nota per il complesso di

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sintomi che più assomiglia ai sintomi del pa-ziente. Impiegare bassi dosaggi e aumentarli gradualmente valutando sia i sintomi target sia la tossicità. Se un farmaco psicotropo è utile, ten-tare di interromperne l’assunzione nel momento appropriato e controllare che non si verifichino recidive. Potrebbe essere necessario provare di-versi farmaci, consecutivamente o contempora-neamente; talvolta, non vi sono farmaci utili.

Farmaci antipsicoticiSecondo l’approccio di Tariot (1999), gli antipsico-tici dovrebbero essere il farmaco di elezione per il trattamento dell’agitazione con caratteristiche psi-cotiche. Tuttavia, gli effetti terapeutici sono spesso limitati e discordanti. I potenziali effetti collate-rali (acatisia, parkinsonismo, discinesia tardiva, sedazione, sindrome neurolettica maligna, effetti anticolinergici periferici e centrali, ipotensione posturale, difetti di conduzione cardiaca e cadu-te) devono essere ponderati rispetto ai potenziali benefici. Non esiste una differenza significativa dell’efficacia tra i farmaci antipsicotici tipici e ati-pici, i quali mostrano poche differenze, a eccezio-ne del profilo degli effetti collaterali. È importante notare che le avvertenze della FDA riguardano l’aumento degli eventi avversi cerebrovascolari e l’aumento della mortalità con gli antipsicotici tipi-ci e atipici in pazienti anziani con demenza (U.S. Food and Drug Administration 2011). In generale, analizzando gli studi controllati con placebo, si evidenzia un raddoppiamento degli eventi avver-si cerebrovascolari con i farmaci antipsicotici negli adulti più anziani, ma con una frequenza inferiore al 5% (Schneider et al. 2005).

Antipsicotici tipiciIl farmaco antipsicotico tipico più utilizzato per i sintomi psichiatrici dei disturbi neurocognitivi è l’aloperidolo, solitamente in dosaggi che vanno da 0,5 mg una volta al giorno a 1 mg due volte al giorno per via orale. In casi di agitazione grave, l’aloperidolo può essere somministrato in via pa-renterale, da solo o in combinazione con 1-2 mg di lorazepam. La tossicità consiste principalmen-te in distonie e sintomi extrapiramidali. Dosaggi più elevati di aloperidolo portano vantaggi tera-peutici limitati e gli effetti extrapiramidali diven-tano molto più frequenti. L’uso concomitante di

difenidramina a scopo profilattico o benztropina mesilato non è raccomandato a causa della po-tenziale tossicità anticolingergica.

Antipsicotici atipiciConsiderata la tossicità notevole di molti farma-ci tipici, ci si auspicava che i farmaci antipsicotici atipici fossero particolarmente efficaci nei pazienti con disturbi neurocognitivi. A causa degli effetti collaterali dei farmaci, tuttavia, è necessario valu-tare con attenzione i farmaci caso per caso.

Clozapina. Diversi casi che hanno visto l’impie-go di clozapina in pazienti con disturbi neuro-cognitivi (Tariot 1999) suggeriscono un dosaggio iniziale di circa 12,5 mg una volta al giorno, con dosaggi di mantenimento di 12,5-50 mg una volta al giorno. Tuttavia, considerati il profilo degli ef-fetti collaterali di questo farmaco e la necessità di monitorare i pazienti per un’eventuale agranu-locitosi, si sconsiglia fortemente il suo impiego. È prevista un’eccezione per la psicosi in pazienti con malattia di Parkinson che non hanno risposto ad altri farmaci (Parkinson Study Group 1999).

Risperidone. Il risperidone è stato studiato in modo più ampio rispetto ad altri antipsicotici per il trattamento dei sintomi psichiatrici dei di-sturbi neurocognitivi. Negli anziani, è impiegato in dosaggi di 0,5-2 mg per via orale una volta al giorno e in dosaggi elevati di 2,5-5 mg per via intramuscolare; dosaggi più elevati portano van-taggi terapeutici limitati e causano una maggiore incidenza di effetti extrapiramidali e sedazione. In generale, l’efficacia del risperidone sembra es-sere equivalente a quella dell’aloperidolo.

Olanzapina. L’olanzapina è stata impiegata per via orale e parenterale per il trattamento dell’a-gitazione in pazienti con disturbi neurocognitivi in dosaggi di 2,5-10 mg per via orale una volta al giorno e di 2,5-5 mg per via intramuscolare. È di-sponibile inoltre in compresse orodispersibili. La sedazione e l’instabilità posturale sono effetti col-laterali frequenti, così come un aumento significa-tivo del peso e della glicemia, ma i sintomi extra-piramidali sono rari. L’olanzapina ha pressoché la stessa efficacia del risperidone nel trattamento dei comportamenti disturbati o disturbanti in soggetti con disturbi neurocognitivi (Fontaine et al. 2003).

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Quetiapina. La quetiapina è ampiamente uti-lizzata per le proprietà sedative e nel morbo di Parkinson con psicosi per la mancanza relativa di effetti extrapiramidali. Il dosaggio va da 25 a 200 mg per la sedazione notturna. A causa della breve durata di azione della quetiapina, si rac-comanda la somministrazione bigiornaliera del farmaco per l’alterazione comportamentale.

Altri antipsicotici atipici. Le informazioni sullo ziprasidone sono insufficienti per valutarne l’ef-ficacia nei soggetti con disturbi neurocognitivi. Uno studio controllato con placebo su aripipra-zolo che ha coinvolto i pazienti di case di riposo ha mostrato effetti modesti sulla psicosi a un do-saggio di 10 mg una volta al giorno (Mintzer et al. 2007). Paliperidone, lurasidone, iloperidone e asenapina non sono stati studiati in modo ade-guato nei soggetti con disturbi neurocognitivi.

Farmaci della ricaptazione della serotonina I farmaci della ricaptazione della serotonina pos-sono ridurre l’irritabilità nelle persone depresse e non depresse con trauma cranico e altri distur-bi neurocognitivi (Siddique et al. 2009). Possono inoltre migliorare le funzioni fornendo una lieve stimolazione e aumentando l’attenzione.

StimolantiNon sono stati effettuati studi clinici controllati sugli stimolanti in soggetti con disturbi neuroco-gnitivi. Sebbene il metilfenidato possa essere utile per ridurre l’apatia e la depressione nella malattia di Alzheimer (Padala et al. 2010), non sono stati svolti studi controllati sugli agenti psicotropi nel-le sindromi di apatia (Berman et al. 2012). Il po-tenziale aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, nonché la possibile comparsa di irritabilità, agitazione e psicosi causati dagli stimolanti richiedono un’attenta valutazione del loro impiego nei pazienti.

Anticonvulsivanti/stabilizzatori dell’umoreVi sono evidenze relative all’uso di acido val-proico per la riduzione dell’aggressività in gio-vani adulti e adulti di mezza età con lesione

cerebrale, ma non in adulti più anziani. Il far-maco viene somministrato generalmente una o due volte al giorno e il suo dosaggio viene au-mentato partendo da una dose iniziale di 250 mg/die. L’impiego della carbamazepina non è raccomandato a causa del potenziale rischio di agranulocitosi. Il litio è relativamente controin-dicato negli adulti più anziani a causa della fre-quenza di tremore, ma è stato utilizzato con suc-cesso in adulti più giovani con lesione cerebrale. Non esiste alcun livello ematico terapeutico per questi farmaci nel trattamento dell’aggressività. Solitamente i pazienti vengono trattati con do-saggi crescenti fino a quando il comportamento non è sotto controllo o finché i pazienti non di-ventano sonnolenti o atassici.

Bloccanti β-adrenergiciIl propranololo, un bloccante β-adrenergico, è stato utilizzato per controllare la violenza nei pazienti con disturbi neurocognitivi a dosaggi di 30-500 mg/die (Yudofsky et al. 1981). Tutta-via, l’impiego di bloccanti β-adrenergici è stato ampiamente sostituito dall’impiego di farmaci antipsicotici.

Bloccanti α-adrenergiciLa prazosina, un bloccante α-adrenergico utiliz-zato per il trattamento dell’uropatia ostruttiva, ha un’efficacia relativa nel trattamento dell’agitazio-ne nei pazienti con malattia di Alzheimer (Wang et al. 2009), ma non è ampiamente utilizzata a cau-sa dell’ipotensione posturale e dell’interazione con altri farmaci della stessa classe che sono larga-mente utilizzati, soprattutto negli anziani.

IpnoticiSebbene i farmaci ipnotici possano essere sommi-nistrati al paziente, essi sono generalmente pre-scritti affinché i caregiver possano riposarsi ade-guatamente. Gli ipnotici convenzionali sono in genere evitati a causa della loro tendenza a sedare eccessivamente il paziente e a causare atassia. I farmaci ipnotici più comunemente impiegati sono il trazodone, 25-200 mg di notte; la mirtazapina, 15-30 mg di notte; e la quetiapina, 25-200 mg di notte. Spesso il disturbo comportamentale del sonno REM che accompagna la malattia a corpi di Lewy risponde al trattamento anticolinesterasico.

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AntiandrogeniGli antiandrogeni sono impiegati per trattare comportamenti sessuali inappropriati o approc-ci sessuali indesiderati da parte di persone con compromissione cognitiva (Guay 2008). Il me-drossiprogesterone antiandrogeno è efficace nel ridurre gli impulsi sessuali e gli atti aggressivi sessuali sia negli uomini senza compromissione cognitiva, sia negli uomini con lesione cerebra-le. Con il dosaggio giornaliero o settimanale, gli effetti collaterali sono minimi. Il farmaco può essere somministrato oralmente a un dosaggio di 5 mg una volta al giorno o per via intramu-scolare a un dosaggio di 150-200 mg ogni due settimane (Weiner et al. 1991). Altri farmaci uti-lizzati con successo sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, la leuprolide antagonista dell’ormone di rilascio dell’ormone luteinizzante e gli estrogeni transdermici a dosi di 0,05, 0,1 o 0,625 mg. Tuttavia, la terapia con estrogeni è caratterizzata dal rischio di trombosi venosa profonda. Non sono state riportate far-macoterapie di successo per donne ipersessuali con lesione cerebrale.

PrevenzioneLa causa maggiormente prevenibile dei disturbi neurocognitivi nei giovani adulti è la TBI. L’im-piego di caschi per la bicicletta e i motocicli, nonché l’utilizzo di elmetti da parte di personale esposto a lesioni da esplosione, riduce signifi-cativamente la mortalità e la morbilità dovute a traumi cranici. Inoltre, è opportuno prestare at-tenzione ai traumi cranici nello sport (Khurana e Kaye 2012).

Sono disponibili pochi dati convincenti re-lativi alla prevenzione primaria della malat-tia di Alzheimer. Un livello di istruzione pari o superiore a 6 anni ha un determinato effetto protettivo, così come la prevenzione del trauma cranico. Vi sono poche evidenze a sostegno del fatto che gli esercizi cognitivi abbiano un effetto preventivo, ma pare che l’esercizio fisico mode-rato e il controllo dei fattori che possono porta-re a malattia vascolare in comorbilità possano garantire dei benefici. L’esercizio fisico aumenta i livelli ematici del fattore neurotrofico derivan-te dal cervello ed è associato all’aumento del

volume ippocampale e al miglioramento della memoria spaziale (Erickson et al. 2011; rivisto in Ratey e Loehr 2011). Sebbene alcune evidenze suggeriscano che l’assunzione di farmaci antin-fiammatori non steroidei per un periodo di 2-3 anni possa avere un effetto preventivo, ciò deve essere ponderato rispetto alle possibili compli-canze di tali farmaci.

Non esistono informazioni relative alla pre-venzione della malattia a corpi di Lewy, ma l’acido idrossamico suberoilanilide, un agente chemioterapico che promuove l’espressione della progranulina, è in fase di studio come possibile trattamento preventivo della FTLD caratterizzata da deficit della progranulina (Ce-nik et al. 2011).

La prevenzione primaria del disturbo neuro-cognitivo dovuto a malattia vascolare prevede un approccio generale per la prevenzione del-la malattia cardiovascolare, tra cui la gestione dei livelli di colesterolo, la gestione del peso, un buon controllo del diabete e dell’ipertensione, l’eliminazione del fumo e l’esercizio fisico mo-derato. La trombolisi si è dimostrata efficace nel trattamento acuto dell’ictus. La prevenzione secondaria è disponibile sotto forma di anticoa-gulanti, quali farmaci anticoagulanti e farmaci anticoagulanti/antinfiammatori come l’acido acetilsalicilico.

Questioni legali ed eticheNell’ambito dell’assistenza clinica dei sogget-ti con compromissione cognitiva abbondano le questioni legali ed etiche. In quale misura è opportuno comunicare i potenziali effetti ne-gativi dei farmaci psicotropi? È necessario il consenso scritto? E tale consenso è valido se sottoposto al solo paziente? Altre possibili do-mande sono: il medico agisce per il paziente o per tutta la famiglia del paziente? La diagnosi deve essere comunicata ai familiari e ai datori di lavoro del paziente? Il paziente è abile alla guida? In caso contrario, come si può affrontare l’argomento con il paziente? Quando e come si deve affrontare il discorso relativo all’assistenza a lungo termine? Quando è ragionevole istitu-zionalizzare un familiare contro il suo volere? Il paziente è in grado di gestire i propri affari

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finanziari? Di stipulare contratti (inclusi i con-tratti matrimoniali)? Di prendere decisioni mediche? Di acconsentire al trattamento? Può essere ritenuto imputabile per atti penalmente rilevanti? Chi agirà per conto dei pazienti quan-do essi non saranno in grado di rispondere delle proprie azioni?

È utile sollevare il quesito relativo alla pro-cura medica e/o finanziaria e avviare una di-

scussione in merito alle volontà dei soggetti con patologie progressive. Nello specifico, la pro-cura è stata assegnata a una persona adeguata? Tale persona comprende i limiti dei vari tipi di procura? Generalmente parlando, la procura è da preferire alla tutela permanente in quan-to quest’ultima è caratterizzata da un processo contraddittorio che può allontanare i pazienti dagli altri familiari.

Punti clinici chiave• I disturbi neurocognitivi sono individuati grazie all’anamnesi e all’esame dello stato mentale; i

test di laboratorio servono per confermare o escludere le misure da adottare.

• I sintomi neuropsichiatrici (per es., disturbi comportamentali, emotivi, vegetativi, ideativi e per-cettivi) sono componenti regolari dei disturbi neurocognitivi.

• La stessa patologia sottostante può manifestarsi sotto forma di diversi disturbi neurocognitivi.

• Sono disponibili degli strumenti per le finalità cliniche e di ricerca volti a individuare e quantifi-care i sintomi cognitivi e neuropsichiatrici dei disturbi neurocognitivi.

• I test neuropsicologici sono utili nell’individuazione precoce e nella quantificazione della com-promissione nei disturbi neurocognitivi.

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