Bypass gastrico Ulcerareflusso - Popular Science · fUNDoplicatio traNsorale NoN iNVasiVa Migliora...

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1 PROFESSIONAL EDITION Stimolazione elettrica del LES Un’arma contro il reflusso acido Bruciore precordiale e reflusso Fattori di rischio PPI e diuretici Il rischio di ipomagnesemia aumenta ESOFAGITE DA REFLUSSO Acidosoppressione e guarigione rapida & Ulcera reflusso BYPASS GASTRICO Utile anche contro il reflusso C L I N I C A L L E A D E R P H I L I P W Y C H I U

Transcript of Bypass gastrico Ulcerareflusso - Popular Science · fUNDoplicatio traNsorale NoN iNVasiVa Migliora...

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Professionaledition

Stimolazione elettrica del LES

Un’arma contro il reflusso acido

Bruciore precordiale e reflussoFattori di rischio

PPI e diureticiIl rischio

di ipomagnesemia aumenta

EsofagitE da rEflusso acidosoppressione e guarigione rapida

&UlcerareflussoBypass gastrico Utile anche contro il reflusso

c l i n i c a l l e a d e r

PHiliP W Y cHiU

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PROFESSIONAL EDITION

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Professional E dit ionU l c e r a & r e f l U s s o

sommario

CLINICAL SHOT

8 reflUsso refrattariol’efficacia della dissezione submucosale endoscopica

10 fUNDoplicatio traNsorale NoN iNVasiVaMigliora i sintomi e scongiura gli effetti collaterali

HIGHLIGHTS

12 stiMolaZioNe elettrica Del lesUn’arma contro il reflusso acido

13 BrUciore precorDiale e reflUssofattori di rischio

14 ppi e DiUreticiil rischio di ipomagnesemia aumenta

15Bypass gastricoUtile anche contro il reflusso

16 NeoNati e ppisi o no?

17 iNfeZioNi peDiatricHe Dell’oreccHio MeDioil ruolo del reflusso gastroesofageo

EVIDENCE BASED MEDICINE

20 Alleviare i sintomi da reflusso gastroesofageo nei neonati

20 sollevare la testa dal letto per il reflusso gastroesofageo

21 Ulteriore antagonista dei recettori H2 per il controllo del rialzo notturno dell'acidità gastrica

21 lansoprazolo a raffronto con antagonisti dei recettori H2 nel trattamento delle ulcere gastriche

INSIDE

22 esofagite Da reflUsso acidosoppressione e guarigione rapida

THE CLINICAL GAME

28 fai la tUa DiagNosi e scopri se è esatta

CLINICAL LEADER

32 a tU per tU coN pHilip Wy cHiU

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Direttore Responsabile francesco Maria avitto

Direttore Editoriale Vincenzo Coluccia

Direttore Scientifico lucia limiti

E D I T O R I A L S TA F FMedical Editor Patrizia Maria Gatti, sara raselli, leonardo scalia,Magazine Editor Marco landucciWeb Editor Marzia Caposio, Manuela Biello

A R TArt Director francesco MoriniImpaginazione niccolò iacovelliWeb Developer roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo Gobbi

I T & D I G I TA LICT Manager Giuseppe ricciDigital Operation Manager davide Battaglino

DISTRIBUZIONE DIGITALE

© Kekoa Publishing S.r.l.REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N. 82/2014 DEL 24/04/2014

Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione in data 28/05/2013 con numero 23556.Via Mantova 44, 00198 ROMA

Supplemento al n°3 di Popular ScienceAprile 2015

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REDAZIONE• Via Boncompagni, 16

00187 (roma)• Viale Monza, 133

20125 (Milano)[email protected]

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PROFESSIONALEDITION

Stimolazione elettrica del LES

Un’arma contro il reflusso acido

Bruciore precordiale e reflussoFattori di rischio

PPI e diureticiIl rischio

di ipomagnesemia aumenta

ESOFAGITE DA REFLUSSO Acidosoppressione e guarigione rapida

&UlcerareflussoBYPASS GASTRICO: Utile anche contro il reflusso

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PubblicitàTotale 93.000

&Ulcerareflusso

Farmacisti territoriali 25.558

Mmg 35.815

Internisti 17.056

Endocrinologi 6.678

Geriatri 5.465

Nefrologi 4.276

Pediatri 14.859* Dati aggiornati al 31.01.2015

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Clinical ShotLa scienza in immagini

Reflusso Refrattario L’efficacia della dissezione submucosale endoscopica

La tecnica di fundoplicatio, basata sulla dissezio-ne submucosale endoscopica, risulterebbe promettente per i pazienti con reflusso gastroesofageo refrattario. Potrebbe infatti migliorare i sintomi associati al reflusso al punto da consentire, alla maggior parte dei pazienti, di ridurre il dosaggio degli inibitori della Pompa Protonica (PPi) o di sospenderli del tutto. la dissezione submuco-sale endoscopica viene impiegata per restringere lo iato e risolvere il reflusso attraverso un processo cicatriziale. nonostante il successo della tecnica nei pazienti con reflusso refrattario, rimane ancora difficile identificare i soggetti con le maggiori probabilità di andare incontro a esiti favorevoli, poiché il tratto di resezione appropriato - a livello della giunzione mucosale esofago-gastrica - e le caratteristiche del paziente ideale sono attualmente poco definiti. sussiste una marcata discrepanza fra gli esiti soggettivi ed oggettivi delle procedure anti-reflusso, ed è pertanto da apprezzare che il più recente studio su questa strategia abbia valutato gli esiti da entrambi i punti di vista. Benché la fundoplicatio laparoscopica garantisca il controllo del reflusso, fino ad ora nessuna procedura anti-reflusso endoscopica si era dimostrata in grado di portare a un controllo del reflusso a livello obiettivo.

Fonte: Scand J Gastroenterol online 2014

Clinical Shot

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Fundoplicatio transorale non invasiva Migliora i sintomi e scongiura gli effetti collaterali

La fundoplicatio transorale non invasiva (TIF) allevia i sintomi nei pazienti con reflusso gastroesofageo refrattario alla terapia medica. Molti pazienti non rispondono adeguatamente al trat-tamento medico ed ai cambiamenti dello stile di vita, principalmente perché i farmaci non correggono a monte il problema di una barriera inefficace contro il reflusso. la tif, invece, migliora proprio questo aspetto, andando ad agire sul problema principale e rappresenta, quin-di, un’eccellente opzione per alcuni pazienti affetti da reflusso. alcuni esperti, tuttavia, rimangono scettici, in quanto lamentano la carenza di studi di qualità elevata per la raccomandazione di tale procedura. la fundoplicatio secondo nissen rappresenta, attualmente, lo standard per il trattamento chirurgico del reflusso gastroesofageo ma, a causa dei i suoi potenziali effetti collaterali, solo una piccola popolazione di pazienti con reflusso refrattario (e il dato è in costante diminuzione) accetta di sottoporsi a questa procedura.

essa risulta in genere appropriata per i pazienti con una forma di reflusso molto grave, in presenza di un indebolimento dello sfintere esofageo inferiore o di grosse ernie iatali, mentre nei pazienti con for-me più lievi può essere causa di gonfiore e difficoltà di deglutizione.

in passato, il suo impiego in pazienti con reflusso meno grave e caratteristiche anatomiche meno anomale era legato all’assenza di alternative valide.

la tif, invece, sembra garantire un eccellente miglioramento dei sintomi in questi pazienti in fase precoce e non sarebbe gravata da effetti collaterali, almeno a breve termine. tuttavia, sono ancora necessari dati a lungo termine e rimane da verificare se tale tecnica possa essere effettuata con un buon rapporto costo/beneficio. alcuni pazienti con reflusso refrattario, inoltre, presentano ernie iatali di dimensioni moderate o grandi e non risultano pertanto candidati alla tif, in quanto le ernie iatali non possono essere riparate endosco-picamente. in questi casi è necessario ricorrere a forme di chirurgia anti-reflusso per via endoscopica.

Fonte: American Surgeon 2014; 80: 1093-105

Clinical Shot

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Gli anni in cui i pazienti sono stati monitorati2

la stimolazione elettrica del lEs può garantire un sollievo prolungato ai pazienti affetti da reflusso gastroesofageo. Questa strategia offre una notevole speranza ai pazienti con reflusso grave non soddisfatti dalle opzioni mediche o chirurgiche. Un recente studio ha infatti dimostrato – dopo due anni di monitoraggio - che la stimolazione elettrica risulta sicura ed efficace nel controllo sia dei sintomi, sia dell’esposizione dell’esofago all’acido, praticamente in assenza di effetti collaterali. Il sistema impiegato consta di un terminale per la stimolazione elettrica bipolare, un generatore di impulsi impiantabile ed un programmato-re esterno. Nei pazienti che hanno portato a termine l’intero periodo di monitoraggio (due anni), questo trattamento ha fatto riscontrare un significativo miglioramento della qualità della vita correlata al reflusso. Il 71% dei pazienti è andato incontro a normalizzazione o almeno ad una riduzione del 50% nell’esposizione all’acido a livello dell’esofa-go distale. È stato rilevato anche un significativo miglioramento della qualità del sonno e dei sintomi quotidiani di bruciore precordiale e di rigurgito. Inoltre nessuno dei pazienti, all’atto della visita di controllo al termine dei due anni, si è detto insoddisfatto. Questa strategia, che si è dimostrata efficace nel controllo dei principali fattori della patologia da reflusso, è già disponibile in alcuni centri selezionati europei, sudamericani ed asiatici.

Fonte: Surgery online 2014

Highlights

stimolazionE ElEttrica dEl lEs Un’arma contro il reflusso acido

il peso in eccesso ed il fumo potrebbero aumentare la probabilità di bruciore precordiale frequente e di reflusso gastroesofageo. Altri fattori connessi ad un elevato rischio di reflusso comprendono: età avanzata, sesso femminile e persino lo smettere di fumare, se porta ad un conseguente aumento del peso. Secondo Eivind Ness-Jensen, ricercatore alla Norwegian University of Science and Technology, “sino al 30% della popolazione occidentale presenta sintomi del genere almeno su base settimanale ed è pertanto necessario capi-

re perchè compaiano”. Ness-Jensen ha poi ricordato che, in uno studio precedente, lo smettere di fumare aveva ridotto il rischio di reflus-so, benché dati più recenti abbiano evidenziato come l’aumento di peso conseguen-te potrebbe eliminare questo effetto protettivo, afferman-do quindi che “è opportuno evitare di aumentare di peso

quando si smette di fumare”. Secondo Ronnie Fass, del Metro Health Medical Center di Cleveland, è interessante notare come il sesso femmi-nile compaia tra i fattori di rischio, nonostante in lette-ratura fosse stato preceden-temente acclarato un livello pari di rischio di reflusso fra i due sessi. Benché diversi studi in

BrUciore precorDiale e reflUsso Fattori di rischio

passato abbiano connesso il fumo al fenomeno del reflus-so, questi recenti risultati documentano per la prima volta il ruolo del fumo come causa indiretta del reflusso di nuova insorgenza.

Fonte: Am J Gastroenterol online 2015, pubblicato il 2/3

Eivind ness-JensenNorwegian University of Science

and Technology

""

È opportuno evitare di

aumentare di peso quando si smette

di fumare

H I G H L I G H T s

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i pazienti anziani che assumono Inibitori della Pompa Protonica (PPI), presentano un aumento del 43% nel rischio di ricovero per ipomagnese-mia. Il rischio risulta ulteriormente aumentato nei pazienti che assumono PPI ed un diuretico. I PPI rappresen-tano la pietra miliare nel trattamento dei disordini legati all’acidità, ma nel 2011 la Food and Drug Administration statunitense ha lanciato un’allerta sulla potenziale associazione fra PPI ed ipomagnesemia. Gli studi osser-vazionali successivi hanno portato a risultati conflittuali. I pazienti che assumono diuretici pre-sentano già un bilancio del magnesio negativo e i PPI potrebbero far pende-

re ulteriormente la bilancia in questa direzione. I medici, dunque, dovreb-bero prendere in seria considerazione la possibilità di sospendere i PPI in questi casi, valutando anche la reale necessità di assumere tali farmaci nel caso in cui i sintomi si siano già risolti. Gli autori del più recente studio in materia hanno specificato che questi dati non dovrebbero ostacolare un’appropriata prescrizione dei PPI e

non hanno preso posizione riguardo lo screening di routine della magnese-mia, ma hanno comunque raccoman-dato di prendere in considerazione terapie alternative per i pazienti con ipomagnesemia che assumono PPI. Gli studi futuri aiuteranno a caratteriz-zare ulteriormente la significatività di questo effetto e l’importanza del dosaggio cumulativo e della durata della terapia con PPI.

Fonte: PloS Med online 2014

PPi E diurEticiIl rischio di ipomagnesemia aumenta

la PErcEntualE dell'aumento di rischio di ricovero per ipomagnesemia nei pazienti anziani che assumono PPi

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oltre a determinare una significativa perdita di peso, il bypass gastrico sem-bra ridurre significativamente anche i sintomi da reflusso gastroesofageo e la loro incidenza nei soggetti patologica-mente obesi, per un lungo periodo dopo l’intervento. Secondo Carlos Augusto Scussel Madalosso, dell’Università di Passo Fundo, in Brasile, “il bypass gastrico migliora il reflusso gastroesofa-geo sia oggettivamente che soggettiva-mente sino a 39 mesi dopo l’intervento”.

Bypass gastrico

Utile anche contro il reflusso

"

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Il bypass gastrico migliora il reflusso gastroesofageo sia oggettivamente che

soggettivamente sino a 39 mesi dopo l’intervento

Precedenti studi avevano riscontrato come questo intervento, considerato a livello mondiale lo standard chirurgico per il trattamento dell’obesità, abbia un effetto favorevole sul reflusso a breve termine; e fra questi figura uno studio dello stesso team che ha esaminato 86 pazienti sino a 6 mesi dopo l’inter-vento stesso. La presenza del reflusso è stata valutata secondo i principi del Montreal Consensus, che classifica le sindromi esofagee sulla base di sintomi problematici e complicazioni; sono state rilevate notevoli riduzioni nel bruciore precordiale, nel rigurgito e nei casi di esofagite da reflusso. Sono necessarie ulteriori ricerche per accertare se questo beneficio possa essere applicato anche a soggetti che ricercano una perdita di peso più moderata, ma secondo gli autori “nei pazienti con un BMI non inferiore a 40 kg/m2, oppure a 35 kg/m2 combinato con reflusso e significative comorbidità, il bypass gastrico dovrebbe

essere considerato la procedura di scelta per risolvere tanto l’obesità quanto il reflusso”.

Fonte: Ann Surg online 2015

Carlos Augusto Scussel Madalosso

Università di Passo fundo, Brasile

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NeoNati e ppiSi o no?

gierUsZcZak-BialekUNiVersità Di VarsaVia

H I G H L I G H T s

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Alcuni studi in mAteriA hAnno evidenziAto unA riduzione nel

piAnto o nell’irritAbilità rispetto All’inizio dell’intervento, mA è stAto riscontrAto un effetto simile Anche

nei gruppi di controllo, e non sono stAte osservAte differenze significAtive frA i gruppi esAminAti.

i dAti rAccolti, dunque, non supportAno l’impiego dei ppi per

ridurre il piAnto o l’irritAbilità del neonAto

i PPi, se somministrati ai neonati con crisi di pianto laddove si pensi che il reflusso gastroesofageo ne sia responsa-bile, non riducono le crisi né l’irritabilità del bambino. Secondo una revisione della letteratura effettuata da Gieruszczak-Bia-lek dell’Università di Varsavia, “alcuni studi in materia hanno evidenziato una riduzione nel pianto o nell’irritabilità rispetto all’inizio dell’intervento, ma è stato riscontrato un effetto simile anche nei gruppi di controllo, e non sono state osservate differenze significative fra i

gruppi esaminati. I dati raccolti, dunque, non supportano l’impiego dei PPI per ri-durre il pianto o l’irritabilità del neonato”. Secondo il National Institute of Health statunitense il reflusso gastroesofageo è comune nei neonati e circa la metà dei piccoli al di sotto dei tre mesi di età rigurgita diverse volte al giorno, fenome-no che scompare in molti neonati sani entro i 14 mesi di vita. I dati disponibili in materia rimangono limitati, ma anche se ulteriori studi dovessero evidenziare un qualche beneficio derivante dalla

somministrazione di PPI nei neonati, i rischi legati a questi farmaci potrebbero surclassarne i vantaggi, soprattutto per quanto riguarda l’aumento delle infezioni gastrointestinali e del tratto respiratorio. Molti degli studi attualmente presenti in letteratura, comunque, sono ritenuti poco significativi, poichè caratterizzati da aspetti conflittuali che potrebbero inquinarne i risultati.

Fonte: J Pediatr online 2014, pubblicato il 30/12

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infEzioni PEdiatrichE dEll’orEcchio mEdioIl ruolo del reflusso gastroesofageo

il reflusso extra-esofageo sembra essere stretta-mente coinvolto nei processi infiammatori dell’orec-chio medio dei bambini, ma non sono attualmente disponibili prove di una correlazione causa-effetto. In un recente studio, Zhaoping He and Robert C. O'Reilly, del Nemours/Alfred I. duPont Hospital for Children di Wilmington (U.S.A.), hanno notato come il reflusso extra-esofageo sia uno dei fattori che, nei bambini, potrebbe essere alla base delle patologie dell’orecchio medio. In uno studio precedente, lo stesso team aveva rilevato tracce di pepsina A gastrica nei campioni pre-levati dall’orecchio medio del 15% dei bambini affetti da otite media. La presenza di questa sostanza non è stata associata ad un incremento delle infezioni batteriche, ma i livelli di IL-8 sono risultati indipendentemente e significativamente associati sia a quelli di pepsina A, sia alla probabilità di infezioni batteriche. Secondo gli autori, “la correlazione fra la presenza di pepsina A e gli esiti clinici potrebbe suggerire che il reflusso svolga un ruolo nella persistenza dell’otite media e supporta, ul-teriormente, il concetto secondo cui il reflusso gastrico nei bambini piccoli possa essere fisiopatologico”. Molti dei bambini esaminati nello studio non hanno avuto conferma della diagnosi di reflusso gastroesofageo e, infatti, i sintomi clinici del reflusso non presentano una forte e costante correlazione con le manifesta-zioni extraesofagee a livello delle vie aeree superiori nel bambino. Anche pochi e isolati episodi di reflusso, tuttavia, potrebbero comunque raggiungere ed aggra-vare le patologie già esistenti nell’orecchio medio. In questo senso, lo sviluppo di test clinici affidabili per il rilevamento della presenza di reflussato nell’orecchio medio potrebbe aiutare nella somministrazione di una farmacoterapia mirata.

Fonte: JAMA Otolaryngol Head Neck Surg online 2015

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LA CORRELAZIONE FRA LA PRESENZA DI PEPSINA A E

GLI ESITI CLINICI POTREBBE SUGGERIRE CHE IL REFLUSSO

SVOLGA UN RUOLO NELLA PERSISTENZA DELL’ OTITE

MEDIA

ZhaoPinG hE and robErt c. o'rEilly

NEMOURS/ALFRED I. DUPONT HOSPITAL FOR CHILDREN

DI WILMINGTON(U.S.A.)

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A = ELEVATA abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. e’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.

B = MODERATAsiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. e’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.

C = BASSAla certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). e’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.

D = INSUFFICIENTEnon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.

Solidità delle evidenze: gradi e definizioni

Evidence Based Medicine

EBM

Cosa sono?

l’Ebm, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. Tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. Per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. Non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-

cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-

prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.

Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-

rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima

posizione. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli

studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.

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E B M

Evidence summaries14.1.2005liVEllo EVidEnZa = b

Le formule addensate appaiono utili nella riduzione dei sintomi da reflusso gastroesofageo nei neonati. Sollevare la testata della culla non ha alcun effetto. Il metoclopramide potrebbe apportare alcuni benefici, che però devono essere valutati a fronte dei possibili effetti col-laterali.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 20 studi sull’efficacia delle formule addensate, del posizionamento e del metoclopramide nel reflusso gastroesofageo (GER) nei neonati, per un totale di 771 soggetti di età compresa fra un mese e due anni.

Le formule addensate (8 studi) riducono il tasso di gravità del rigurgito (SMD -0.94;95% CI -1.35 / -0.52), come anche la frequenza del vomito (SMD -0.91; CI -1.22 to -0.61). L’indice di reflusso non risulta ridotto (WMD 0.48%; 95% CI -3.27 / 4.23). Gli studi sul posizionamento (5) hanno impiegato il monito-raggio del pH come parametro per gli esiti. Sollevare la te-stata della culla per il trattamento del reflusso in posizione supina non è giustificabile.

Il metoclopramide (7 studi) sembra ridurre i sintomi diurni (SMD -0.73; 95% CI -1.16 / -0.30), e ridurre l’indice di reflusso (WMD -2.80%; 95% CI -5.58 / -0.01) rispetto al placebo, ma comporta effetti collaterali.

Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via dei risultati imprecisi (dimensioni limitate degli studi per ciascun raffronto)

bibliografia: Craig WR, Hanlon-Dearman A, Sinclair C, Ta-back S, Moffatt M. Metoclopramide, thickened feedings, and positioning for gastro-oesophageal reflux in children under two years. Cochrane Database Syst Rev 2004 Oct 18;(4):CD003502

Alleviare i sintomi da reflusso gastroesofageo nei neonati

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Evidence summaries26.3.2005liVEllo EVidEnZa = d

Sollevare la testata del letto sembra migliorare i sintomi nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo, ma i dati disponibili non sono sufficienti a trarre conclusioni.

Un articolo su Clinical Evidence ha riassunto i risultati delle revisioni sistematiche sugli interventi sullo stile di vita nella malattia da reflusso gastroesofageo. Un piccolo SRC ha sug-gerito che sollevare la testata del letto potrebbe migliorare i sintomi dopo 6 settimane: 10/17 (59%) con la testata solle-vata contro 4/14 (29%) senza. Nello stesso SRC, sollevare la testata del letto ed assumere ranitidina sembrava migliorare i sintomi (13/15, 87%) rispetto alla combinazione di placebo e sollevamento della testata del letto (10/17, 59%). Categoria Clinical Evidence: Efficacia ignota.

bibliografia: Bazian Ltd. Pancreatic cancer. Clin Evid 2004 Jun;(11):626-32

Sollevare la testa dal letto per il reflusso gastroesofageo

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Ulteriore antagonista dei recettori H2 per il controllo del rialzo notturno dell’acidità gastrica

Lansoprazolo a raffronto con antagonisti dei recettori H2 nel trattamento delle ulcere gastriche

Evidence summaries23.11.2009liVEllo EVidEnZa = d

I dati sull’assunzione di un ulteriore antagonista dei recet-tori H2 per il controllo del rialzo notturno dell’acidità ga-strica sono insufficienti.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 8 studi per un totale di 274 soggetti. Un ulteriore H2RA al momento di coricarsi ha diminuito i tassi di prevalenza dei rialzi notturni dell’acidità gastrica (RR 0.48, 95% CI 0.30 / 0.75, eterogeneità statistica I2=52%; 8 studi, n=274). Le analisi dei sottogruppi hanno dimostrato che nel gruppo a breve termine un ulteriore H2RA al momento di coricar-si ha diminuito la prevalenza dei rialzi notturni dell’acidità gastrica (RR 0.43, 95% CI 0.25 / 0.72, eterogeneità statistica I2=55%; 7 studi, n=254). Nel gruppo a lungo termine, un ulteriore H2RA al momento di coricarsi non ha dimostrato alcun effetto significativo rispetto al gruppo di controllo (RR 0.75, 95% CI 0.41 /1.36; 1 studio, n=10).I risultati delle analisi sugli esiti secondari hanno dimo-strato che ulteriori H2RA al momento di coricarsi riducono la percentuale di tempo durante la quale il pH risulta infe-riore a 4 all’interno dello stomaco (MD -10.41, 95% CI -12.51 / -8.30, eterogeneità statistica I2=50%; 2 studi, n=72) e pro-muove un pH intragastrico intermedio (MD 1.22, 95% CI 0.78 / 1.65, eterogeneità statistica I2=83%; 3 studi, n=116).

Commento: La qualità delle evidenze viene ridotta dalla qualità (copertura dell’assegnazione poco chiara e mancan-za di design in cieco), dall’incoerenza (variabilità dei risul-tati fra i diversi studi) e dall’assetto indiretto (mancanza di analisi a lungo termine) degli studi considerati.

bibliografia: Wang Y, Pan T, Wang Q, Guo Z. Additional be-dtime H2-receptor antagonist for the control of nocturnal gastric acid breakthrough. Cochrane Database Syst Rev 2009;(4):CD004275

Evidence summaries20.3.2003liVEllo EVidEnZa = a

Il lansoprazolo guarisce le ulcere gastriche più rapidamente e determina un maggior tasso complessivo di guarigione ri-spetto agli antagonisti dei recettori H2.

Nel database DARE è stata riassunta una revisione sistematica di 13 SRC per un totale di 1655 soggetti. Tutti gli studi hanno favorito il lansoprazolo rispetto agli antagonisti dei recettori H2. Dopo 4 setti-mane, il tasso di probabilità di guarigione dell’ulcera era pari ad 1,33 (95% CI 1.19 / 1.49) per tutti gli studi, ed ad 1,23 (95% CI 1.09 / 1.39) nei 6 studi di maggiore qualità metodologica. Per quanto riguarda la gua-rigione delle ulcere ad 8 settimane il tasso di probabilità era pari ad 1,12 (95% CI 1.06 / 1.19) per tutti gli studi, ed ad 1,08 (95% CI 1.01 / 1.16) per i 6 studi di maggiore qualità metodologica.

bibliografia: Tunis SR, Sheinhait IA, Schmid CH, Bishop DJ, Ross SD. Lansoprazole compared with histamine2-receptor antago-nists in healing gastric ulcers: a meta-analysis. Clin Ther 1997 Jul-Aug;19(4):743-57

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EsofagitE da

rEflussoacidosoppressione eguarigione rapida

la Malattia Da reflUsso

gastroesofageo si sVilUppa qUaNDo

il reflUsso Del coNteNUto gastrico

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SSono stati impiegati vari sistemi di classifica-zione per graduare la gravità dell’esofagite da reflusso, ma più di recente il sistema di classificazione Los Angeles (LA) ha ottenuto un ampio consenso clinico. e’ ben noto che la guarigione dell’esofagite da reflusso possa essere promossa da una potente acido-soppressione e sussiste un’associazione fra tasso di guarigione e grado di acidosoppres-sione. sono stati riportati tassi di guarigione medi dell’83% dopo 8 settimane di terapia con iPP (inibitore di Pompa Protonica), ma con l’eccezione dell’associazione fra un maggior grado di gravità la dell’esofagite ed un minor tasso di guarigione.

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Poco è noto sulle caratteristiche del paziente che potrebbero influenzare la guarigione dell’esofagite con la terapia acido-soppressiva, o sulla rapidità con cui si ottiene la guarigione. In una popolazione di pazienti con esofagite di grado LA A-D e bruciore precordiale d’intensità almeno moderata per almeno 4 giorni alla settimana, hanno una maggiore proba-bilità di avere un’esofagite iniziale di grado A e B i pazienti la cui esofagite guarisce rapidamente, rispetto a coloro che non guariscono entro due settimane e a quelli che risultano refrattari alla guarigione dopo 8 settimane di terapia. Come è lecito aspettarsi, i pazienti con esofagiti di grado più grave impiegano più tempo per guarire, ma quasi la metà dei pa-zienti con esofagite di grado C o D tende comunque a guarire rapidamente, e nessuno dei fattori esaminati in diversi studi (ernia iatale, sesso, dispepsia e rigurgito) può prevedere una guarigione rapida in questa sottopopolazione. Un altro indicatore della natura progressiva della guarigione consiste nella cosiddetta regola dei “due terzi”: considerando inter-valli temporali di 0-2, 2-4 e 4-8 settimane di trattamento, per ciascuna progressione temporale i due terzi dei pazienti non guariti inizialmente vanno incontro a guarigione clinica. Ciò suggerisce che alcuni pazienti - i quali non risultano guariti dopo 8 settimane di terapia - potrebbero guarire se quest’ul-tima fosse ulteriormente prolungata, e che le vere forme refrattarie di esofagite sono rare.

Negli studi clinici sugli agenti acidosoppressivi per l’esofagite da reflusso, i tassi di guarigione vengono di solito valutati dopo 8 settimane di trattamento, benché si tratti di una soglia temporale arbitraria basata più sulla dedu-

zione e sul pragmatismo che sull’imperativo scientifico. I pazienti che non guariscono completamente entro 8 settima-ne in genere mostrano comunque miglioramenti nella gravità dell’esofagite, ed è ragionevole presumere che almeno alcuni di questi pazienti otterrebbero una guarigione completa se l’acidosoppressione venisse estesa a dosaggio pieno oltre le 8 settimane. I pazienti che guariscono rapidamente hanno pro-babilità significativamente ridotte di essere portatori di ernia iatale rispetto a coloro che non guariscono entro 2 settimane, e le donne in genere guariscono più rapidamente rispetto agli uomini. In ogni caso è stato riscontrato che soltanto il basso grado LA sia un fattore predittivo indipendente di guarigio-ne rapida, se esaminato tramite regressione logistica; il che riflette anche la maggiore frequenza dei gradi LA elevati, tipicamente osservata nel sesso maschile e nei pazienti con ernia iatale. Quest’ultima viene riscontrata più spesso come reperto iniziale nei pazienti con esofagite refrattaria rispetto ai soggetti che guariscono rapidamente o lentamente, benché tale dato possa essere anche dovuto alle piccole dimensioni dei campioni considerati negli studi. Per quanto riguarda i profili sintomatologici, i pazienti con esofagite refrattaria

presentano una maggiore prevalenza di rigurgito rispetto a quelli che guariscono rapidamente o lentamente, e l’acidosop-pressione risulta meno efficace nella risoluzione del rigurgito che in quella del bruciore precordiale. Non è stata comunque osservata alcuna correlazione fra la rapidità della guarigio-ne e i frequenti sintomi dispeptici. Ciò implica una relativa indipendenza dei sintomi dispeptici dalla guarigione della mucosa e - benché bruciore precordiale e rigurgito condivida-no fattori determinanti fisiopatologici con la guarigione della mucosa - ciò non accade anche con la dispepsia.

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Coerentemente con quanto accade con i sintomi, i pazienti con esofagite refrattaria, rispetto gli altri, tendono ad avere una peggiore qualità della vita correlata alla salute. E’ stato dimostrato come il rigurgito incida sulla qualità della vita al

di là di quanto faccia lo stesso bruciore precordiale sia prima sia dopo la terapia acidosoppressiva nei pazienti refrattari e in quelli con una forma non erosiva di reflusso. Età, infezione da H. pylori e BMI non influenzano la probabilità di guarigio-ne rapida o di refrattarietà, ma altri fattori come fumo, assun-

zione di alcool, comorbidità, terapie mediche concomitanti ed etnia del paziente potrebbero svolgere un ruolo in questo senso. Non è noto il modo in cui la persistenza di lesioni mu-cosali non guarite sia correlata a eventuali sintomi residuali, ma è stato riportato che il 20-30% dei pazienti con reflusso gastroesofageo, i cui sintomi rispondono parzialmente alla te-rapia con IPP, presenti fissurazioni della mucosa esofagea di gravità lieve-moderata, e che queste ultime possano contribu-ire all’eziologia dei sintomi. Ciò suggerisce che possa esistere una sottopopolazione di pazienti con una sorta di “duplice ri-sposta parziale” alla terapia. In alcuni pazienti, cioè, i sintomi si attenuano ma non si risolvono; l’esofagite migliora, ma non guarisce. Un grado LA A potrebbe essere un reperto da con-siderare “normale” nei soggetti asintomatici che non hanno mai ricevuto diagnosi di reflusso gastroesofageo, ma rimane poco chiaro se i pazienti con forme refrattarie di esofagite presentino un aumento del rischio di complicazioni quali re-cidive, esofago di Barrett o stenosi esofagee. Alcune ricerche, comunque, suggeriscono che la terapia con IPP possa non essere sufficiente. Secondo una statistica effettuata in Giap-pone, circa il 40% dei pazienti non ottiene la remissione delle forme erosive di esofagite a seguito di una terapia con IPP, per una media di 1,1 anni. Ciò suggerisce la necessità di garan-tire un attento e accurato monitoraggio tramite endoscopie periodiche e un’accurata selezione dell’IPP da somministrare. Il trattamento delle vere forme refrattarie di reflusso gastroe-sofageo comprende misure comportamentali e terapia farma-cologica. In alcuni casi il paziente non è realmente refrattario in quanto il disturbo principale non era realmente il reflusso, oppure esso non è stato trattato correttamente; tuttavia il termine clinico è ancora impiegato. Il Brasilian GERD Con-sensus basato sulle evidenze raccomanda come primo passo diagnostico l’endoscopia del tratto digerente superiore, onde escludere la diagnosi di ulcera peptica e tumore e, in alcuni casi, per identificare la presenza di erosioni della mucosa eso-fagea. Le principali cause delle cosiddette forme refrattarie di

Età, inFEZionE da h. Pylori E bmi non inFluEnZano la

Probabilità di GuariGionE o di rEFrattariEtà dEll’EsoFaGitE

da rEFlusso, ma il Fumo, l’assunZionE di alcool, lE

comorbidità, lE tEraPiE mEdichE concomitanti E

l’Etnia dEl PaZiEntE Possono intErFErirE

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reflusso gastroesofageo comprendono bruciore precordiale funzionale, bassi livelli di aderenza al trattamento con IPP, dosaggio inadeguato degli stessi, diagnosi errate, comorbi-dità o esofagiti da farmaci, differenze genotipiche, reflusso gastroesofageo non acido, malattie autoimmuni cutanee ed esofagiti eosinofile. Secondo un’analisi post-hoc di uno studio prospettico multicentrico, comunque, la valutazione dei sin-tomi del paziente, durante la quarta settimana di terapia con IPP, consente la previsione dei cambiamenti susseguenti sia nei sintomi soggettivi, sia nella qualità della vita correlata alla salute. L’efficacia terapeutica degli IPP, infine, potrebbe essere prevista in base alle caratteristiche del tessuto esofageo prele-vato biopticamente: i principali fattori predittivi di resistenza al trattamento consistono nella negatività al PGP 9,5 (Protein Gene Protein 9,5),nelle forme non erosive, e nel sanguinamen-to intraepiteliale nelle forme più generiche di reflusso.

bibliografia:Predictors of Either Rapid Healing or Refractory Reflux Oe-sophagitis During Treatment With Potent Acid Suppression (Aliment Pharmacol Ther. 2014; 40: 648-56)Is proton pump inhibitor therapy for reflux esophagitis suffi-cient?A large real-world survey of Japanese patients (Intern Med. 2013; 52: 1447-54)Obesity does not affect treatment outcomes with proton pump inhibitors (J Clin Gastroenterol. 2013; 47: 672-7)Refractory gastroesophageal reflux disease (Arq Gastroenterol. 2012; 49: 296-301)GERD assessment including pH metry predicts a high response rate to PPI standard therapy (BMC Gastroenterol. 2013; 13: 12)Histology of symptomatic gastroesophageal reflux disease: is it predictive of response to proton pump inhibitors? (J Gastroen-terol Hepatol. 2013; 28: 479-87)Response to gastroesophageal reflux disease therapy: asses-sment at 4 weeks predicts response/non-response at 8 weeks (Digestion. 2012; 85: 282-7)

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Fattori PsicoloGici, disturbi dEl sonno, bmi <23 kG / m2, assEnZa di lEsioni ErosiVE sEmbrano inFluEnZarE la scarsa risPosta alla tEraPia con iPP in PaZiEnti asiatici con sintomi da rEFlusso(J neurogastroenterol motil. 2015 Jan 1;21(1):69-77)

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OGNI MESEIN EDICOLA E SU TABLET

La rivista di scienza

più diffusa aL mondo

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THECLINICAL

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PaZiEntE:L. C., 32 anni

anamnEsi FamiliarE:Padre di 65 anni, diabetico; madre di 64 anni, diabetica. Un fratello di 29 anni in apparente buona salute. Nubile.

anamnEsi PatoloGica rEmota: La paziente ha scoperto di soffrire di diabete di tipo 1 da circa 6 anni, a seguito di un episodio ipergli-cemico acuto con chetoacidosi diabetica che ha richiesto il ricovero ospedaliero. Nega la presenza di altre patologie degne di nota nella propria storia clinica, ma afferma anche che dall’episodio acuto ha rispettato soltanto in misura minima le terapie consigliate.

anamnEsi PatoloGica Prossima:La paziente giunge all’osservazione con vomito non ematico e un senso di forte astenia che dura da di-versi giorni. All’atto dell’ammissione mostra tachipnea e tachicardia, ma il suo esame obiettivo risulta per il resto non significativo. La glicemia era pari a 1250 mg/dl. Al secondo giorno di ricovero, a seguito di un’insulinoterapia aggressiva e dell’integrazione di fluidi, l’iperglicemia migliora, ma la paziente ha sviluppato otalgia a livello dell’orecchio destro e faringite, libere da riduzione dell’udito, disfagia od odinofagia. Benchè l’ispezione otologica ed orofaringea siano negative, viene introdotto un trattamen-to con antibiotici per sospetta otite media acuta. I sintomi non sono migliorati e non possono essere spiegati dai reperti radiologici. Al nono giorno, la paziente sviluppa dolore epigastrico riproducibile alla palpazione, L’ematocrito è rimasto stabile, e l’esame rettale è risultato normale.

ultEriori Esami diaGnostici: L’esofagogastroduodenoscopia, effettuata nel dodicesimo giorno di ricovero, ha rivelato necrosi della porzione medio-distale dell’esofago, con grave eritema mucosale ed erosione demarcata da una giun-zione gastroesofagea normale. La biopsia ha rivelato infiammazione estesa senza segni di infezioni o neoplasie.

Qual È la diaGnosi Più VErosimilE PEr QuEsta PaZiEntE?a) Esofagite eosinofilab) Melanoma esofageo diffuso occultoc) Emorragia da varici esofageed) Esofago nero

diagnosi corretta: Esofago nero

&Ulcerareflusso

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CLIN

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La necrosi esofagea acuta, altrimenti nota come “esofago nero”, è una rara patologia associata ad una significativa morbidità. La mortalità complessiva legata a questa condizione è vicina al 32%, e gli uomini ne vengono colpiti più frequentemente rispetto alle donne, di solito durante il sesto decen-nio di vita. L’esofagogastroduodenoscopia spesso rivela una diffusa pigmentazione circonferenziale di colore scuro o franca-mente nero a livello dell’esofago distale, che termina nettamente con la linea Z della giunzione gastroesofagea. I reperti istologici possono dimostrare necrosi della mucosa e della sottomucosa, disorganizzazione delle fibre muscolari e trombosi vascolare. Le più comuni cause di necrosi esofagea acuta com-prendono ostruzione all’efflusso esofageo, malnutrizione, tumori, infezioni, ingestione di agenti caustici, ischemia e qualunque condizione che possa causare ipoperfusione e ipovolemia. Altre possibili cause di esofago nero comprendono melanosi o pseudome-lanosi, melanomi maligni, deposizione di polvere di carbone e acantosi nigricans. I pa-zienti con necrosi esofagea acuta tipicamen-te si presentano con emorragie del tratto gastrointestinale superiore; di solito il terzo distale dell’esofago viene interessato per primo, dato l’apporto vascolare spartiacque che lo contraddistingue, ma la progressione prossimale della malattia non è comunque un fenomeno raro. Il trattamento di questa condizione si focalizza di solito sulla sua causa di base, e implica una consistente reintegrazione dei fluidi ove necessario, la soppressione dell’acidità gastrica tramite PPI per via endovenosa ed integrazione nutrizionale per via parenterale. Le poten-ziali complicazioni della necrosi esofagea acuta comprendono stenosi o strozzamenti esofagei, perforazioni e anche il decesso del paziente. Nel caso della paziente proposta, a seguito dei reperti dell’esofagogastroduo-denoscopia, è stata introdotta una terapia a base di esomeprazolo e sucralfato, e nelle

due settimane successive l’infiammazione faringea e l’otalgia si sono risolte progres-sivamente. Entro il ventiseiesimo giorno di ricovero, la paziente tollerava una dieta pienamente enterale senza alcuna controin-dicazione, ed è stata dimessa a domicilio. Benché la necrosi esofagea acuta venga dia-gnosticata soltanto di rado, è stata comun-que già descritta un’associazione fra questa condizione e la chetoacidosi diabetica: il meccanismo fisiopatologico verosimilmen-te implicato consiste in una ipoperfusione vascolare accompagnata da danno mucosale diretto derivante dal reflusso gastroeso-fageo legato al vomito persistente, e forse anche da un’alterazione dei processi fisiolo-gici secondaria al diabete mellito. Di solito questa patologia colpisce gli uomini, e si manifesta con ematemesi: il caso proposto è stato probabilmente il primo in cui essa si è manifestata solamente con otalgia e faringi-te. Il meccanismo alla base del dolore riferito dalla paziente è ignoto, data la localizzazione della malattia. La diagnosi precoce della necrosi esofagea acuta, comunque, è impor-tante per facilitarne il trattamento precoce e ridurne la mortalità. Una gestione conserva-tiva strutturata con la correzione dell’ezio-logia di base associata alla soppressione del reflusso acido è essenziale al fine di miglio-rarne la prognosi. La presenza all’endoscopia di un interessamento duodenale associato alla patologia riflette di solito il grado dell’in-sulto iniziale, e rappresenta anche un fattore clinico predittivo per il potenziale sviluppo di stenosi. L’estensione prossimale dell’esofa-go nero può invece essere correlata al grado dell’iperglicemia. Più in generale, benché si tratti di una diagnosi relativamente rara e sulla quale esistono pochissime casistiche riportate in letteratura, è possibile afferma-re che l’esofago nero si sviluppi in pazienti debilitati durante periodi di ipoperfusione e stress, e che i suoi esiti siano generalmente positivi se in assenza di complicazioni.

discussionE

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biblioGraFia

Black esophagus: new insights and multi-center international experience in 2014 (dig dis sci. 2015; 60: 444-53)

acute esophageal necrosis: a case series and long-term fol-low-up. (ann thorac surg. 2014; 98: 341-2)

Black esophagus (rev Med interne. 2014; 35: 393-5)

acute esophageal necrosis: a case report and review (Pan afr Med J. 2013; 14: 109)

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CLINICAL LEADER

Quando l’adipe fa bene all’ulcera

Per il momento è solo uno studio su un modello animale, condotto dal centro tecnologico Chow Yuk Ho per la medicina innovativa dell’Università di Hong Kong, diretto dal professor Philip WY Chiu. Ma i risultati sono molto interessanti. Le cellule staminali mesenchimali derivate da tessuto adiposo si differenziano in cellule muscolari gastriche. Una scoperta che, se confermata dagli step successivi dello studio, potrebbe aprire una nuova via al trattamento dell’ulcera e delle lesioni gastro-intestinali.

Prof. chiu, il vostro obiettivo era verificare il metodo migliore per guarire una lesione gastrica ulcerosa. come avete simulato questa condizione sulle cavie? Abbiamo prodotto delle suture per le perforazioni gastriche dei topi in condizioni sterili. Dopo 12 ore di digiuno, i topi sono stati anestetizzati e ne è stato esposto lo stomaco tramite incisione addominale mediana. Una perforazione verticale di 2 centimetri è stata eseguita sullo stomaco usando un bisturi, consentendo così al lume gastrico di essere adiacente alla cavità addominale. Successivamente, la perforazione gastrica è stata disinfettata con dello iodioforo e chiusa da una sutura non assorbibile. I topi sono stati anestetizzati con una somministrazione intraperitoneale di ketamina, e dopo lo studio sono stati sottoposti ad eutanasia per esaminarli nuovamente.

in quali modalità avete somministrato le cellule staminali? I topi sono stati divisi in quattro gruppi. Nel gruppo 1 sono stati trattati con una iniezione locale di cellule staminali mesenchimali derivate da tessuto adiposo (ADMSC). Nel gruppo 2, gli animali hanno ricevuto una applicazione topica di ADMSC sotto forma di spray sulla superficie della perforazione gastrica suturata, assieme ad un sottile strato di colla di fibrina. Nel gruppo 3, hanno ricevuto colla di fibrina e 70 µl di tampone fosfato salino applicati alla superficie suturata. Infine nel gruppo 4, quello di controllo, gli animali hanno ricevuto soltanto una iniezione submucosa di 70 µl di tampone fosfato salino nella sutura.È stato anche considerato un ulteriore gruppo con una operazio-ne fittizia. I topi di questo gruppo hanno subito l’apertura addo-minale senza avere una perforazione gastrica. Abbiamo usato una sutura 3-0 non assorbibile per chiudere l’addome.I topi sono tornati ad una dieta normale dopo la chirurgia, ed hanno ricevuto cure standard e monitoraggio regolare.

Quale di questi metodi ha funzionato meglio, e perché?Il nostro studio indica che l’iniezione locale di ADMSC ha funzio-nato meglio dell’applicazione topica di uno spray. Crediamo che le ADMSC nell’ambiente acido prodotto dalla mucosa gastrica

abbiano un tempo di sopravvivenza basso. Pensiamo quindi che l’iniezione locale abbia permesso ad un numero maggiore di cellule staminali di entrare nella lesione dello stomaco, ed abbia evitato il contatto delle cellule con la mucosa. Al contrario, l’uso dello spray ha portato le ADMSC a contatto diretto con la mucosa gastrica e le ha rese meno efficaci, concedendo loro un tempo di sopravvivenza più basso. come potete essere sicuri che le cellule staminali si siano effetti-vamente differenziate in cellule muscolari gastriche?Abbiamo utilizzato la α-SMA (actina muscolare) per verificare se le cellule staminali mesenchimali si fossero differenziate in cellule muscolari lisce o miofibroblasti. Abbiamo scoperto, usando la Green Fluorescent Protein come marcatore, che le cellule stami-nali esprimevano fortemente la α-SMA nella lesione gastrica nei giorni 14 e 21. Questo risultato indica che le cellule ADMSC si sono differenziate in cellule muscolari o miofibroblasti.Abbiamo anche usato la interleuchina-6 (IL-6) come marcatore delle infiammazioni. I risultati dello studio indicano che la iniezio-ne locale di ADMSC presenta il livello più basso di infiammazione fra tutti i quattro gruppi. Grazie al biomarker PCNA abbiamo anche potuto constatare che nella iniezione locale si verifica la maggiore rigenerazione dei tessuti.

sembra perfetto, ma è pur sempre uno studio su un modello.Certo, il modello di perforazione gastrica ha alcuni limiti. La lesio-ne gastrica suturata dell’esperimento è leggermente differente da quelle causate dall’ulcera gastrica umana, anche se questo model-lo è già stato utilizzato in passato. Generalmente, la perforazione ulcerosa causa severe infiammazioni addominali che influenzano negativamente la guarigione, in particolare quando la cavità peri-toneale è contaminata dal contenuto gastrointestinale. Comun-que, il modello di questo studio ha considerato moderate infiam-mazioni addominali indotte da una fuoriuscita gastrointestinale di breve durata. Ricerche future sul ruolo delle cellule staminali mesenchimali nel trattamento dell’ulcera peptica con complica-zioni dovrebbero sperimentare la contaminazione addominale in modo da simulare perforazioni ulcerose acute nei pazienti.

ritiene che le infusioni locali di cellule staminali mesenchimali potrebbero essere usate anche su esseri umani?Si, abbiamo studiato l’effetto delle ADMSC per il trattamento di ulcere gastriche senza perforazioni nei topi, ed i risultati ci sug-geriscono che le cellule staminali sono un trattamento efficace. Abbiamo in programma di verificare se le ADMSC abbiano effetto sui maiali, ed in seguito le applicheremo anche ai pazienti.

A tu per tu con Philip WY Chiu

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PhILIP WY ChIU

il professor Philip WY Chiu, chirurgo dell’Università di hong kong, lavora presso il centro tecnologico Chow Yuk ho per la medicina innovativa.il suo team di gastroentero-logi e chirurghi gastrointesti-nali ha condotto studi fonda-mentali sulle ulcere peptiche emorragiche. tra questi, si segnalano in particolare uno studio prospettico rando-mizzato di comparazione degli inibitori della pompa protonica contro i placebo per la prevenzione della ricorrenza delle emorragie nell’ulcera, uno studio ran-domizzato sull’endoscopia second-look, la gestione di ulcere correlate a farmaci antiinfiammatori non ste-roidei e la predizione della mortalità a causa delle ulcere peptiche emorragiche.

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