BUONE PRASSI PER LA PROGETTAZIONE DI … · 2 Introduzione Il presente documento nasce dalla...

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* Partner di Antiforma s.r.l. Milano esperto di metodologia cognitiva e comportamenti organizzativi [email protected] ** Coordinatore Gruppo di lavoro ECM di I.Re.F [email protected] *** Collaboratori del Gruppo di lavoro ECM di I.Re.F [email protected] A cura di *Antonio Pignatto, **Mariangela Devercelli, *** Claudia Carnevale ,*** Paola Martinelli e Alessandra Pedroni, *** BUONE PRASSI PER LA PROGETTAZIONE DI EVENTI DI FORMAZIONE SUL CAMPO

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* Partner di Antiforma s.r.l. Milano esperto di metodologia cognitiva e comportamenti organizzativi [email protected] ** Coordinatore Gruppo di lavoro ECM di I.Re.F [email protected] *** Collaboratori del Gruppo di lavoro ECM di I.Re.F [email protected]

A cura di *Antonio Pignatto, **Mariangela Devercelli, *** Claudia Carnevale ,*** Paola Martinelli e Alessandra Pedroni, ***

BUONE PRASSI

PER LA PROGETTAZIONE DI EVENTI DI FORMAZIONE SUL CAMPO

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Introduzione

Il presente documento nasce dalla necessità di fornire al progettista della formazione sul campo un “blocK notes” nel quale trovare alcuni elementi di buone prassi, ovvero spunti e stimoli per il lavoro quotidiano della formazione. Il modello è stato realizzato nell’ambito di un percorso di formazione sul campo a cui hanno partecipato le risorse del gruppo ECM di I.Re.F, avvalendosi del contributo offerto da Antonio Pignatto che ha curato, in veste di consulente metodologo, alcuni aspetti dell’impianto del modello ECM-CPD (Educazione Continua in Medicina – Sviluppo Professionale Continuo) inerente la “formazione sul campo” e che ha redatto il documento. Quest’ultimo scaturisce dall’intenzione, del gruppo di lavoro ECM, di acquisire una specifica metodologia e strumenti tecnici ad hoc inerenti questa tipologia formativa. L’obiettivo sotteso è quello di sviluppare nuove competenze, nell’ottica di un miglioramento continuo delle professionalità delle risorse di I.Re.F dedicate all’ ECM e, al tempo stesso, garantire un supporto sempre più specialistico alle aziende sanitarie provider, sia nella fase di istruttoria della documentazione progettuale prodotta che nella fase consulenziale dell’iter di accreditamento. Il documento vuole essere una rappresentazione di “buone prassi” di facile consultazione per chi sperimenta la progettazione di un percorso di formazione sul campo, al fine di agevolarne l’interpretazione e/o integrare le linee guida disciplinate dal Decreto n. 5961 del 5/06/2007 relativo alla formazione sul campo, in coerenza con il modello ECM-CPD lombardo. Questo riferimento sistematico di “buone prassi” consentirà al gruppo ECM di interagire in modo ancor più costruttivo ed efficace con i provider, nell’ottica di un costante miglioramento dei processi di lavoro connessi alla formazione.

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L’item

I principi della formazione sul campo: dinamiche cognitive e comportamentali

Gli sviluppi e gli

assetti cognitivi

L'apprendimento sul campo

Gli studi sull'apprendimento da parte degli adulti evidenziano che l’apprendimento sul campo è legato soprattutto a tre elementi:

� l'esistenza di concreti e specifici problemi da risolvere; � la possibilità di utilizzare metodi e tecniche didattiche interattive e proattive di diretto coinvolgimento; � la presenza di contesti organizzativi favorevoli, interessati alla formazione in quanto fattore positivo di evoluzione e

di governo delle risorse umane. La formazione sul campo, dal canto suo, permette un'interazione tra l’apprendimento riflessivo sulle pratiche, finalizzato al loro rinnovamento attraverso nuove conoscenze, competenze esperte e l'apprendimento trasformativo della professionalità degli operatori, per corrispondere ai cambiamenti interni dell'organizzazione sanitaria.

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Gli strumenti e le buone prassi

I passi fondamentali

� Approccio orientato alle specifiche esigenze di sviluppo dei servizi e di miglioramento dei processi clinico-assistenziali, favorendo l'apprendimento di competenze professionali e di comportamenti organizzativi.

� Progettualità educativa finalizzata a perseguire una ancor più innovativa forma di integrazione pedagogica tra formazione in presenza, formazione sul campo e formazione a distanza.

� Il ciclo che vede l'integrazione di formazione in presenza, formazione sul campo, formazione in rete e si chiude proprio perché la sperimentazione attiva sul campo produce conoscenza.

L’item

La rilevazione dei fabbisogni

Gli sviluppi e gli

assetti cognitivi

Definizione

Il fabbisogno formativo è generalmente definito dal gap tra conoscenze, competenze, abilità in atto e quelle richieste dalla professione/disciplina e dallo sviluppo del percorso professionale. Organizzazioni ufficiali, come società scientifiche e professionali o istituzioni a ciò dedicate, definiscono gli standard di conoscenza e le prassi ottimali necessarie ad ottenere prestazioni professionali di qualità. L’azienda nella quale opera il professionista è opportuno definisca in modo chiaro, in ordine alle performance richieste al collaboratore, il livello di raggiungimento dell’obiettivo e il comportamento atteso. Se il fabbisogno formativo è orientato al percorso professionale in fieri (fabbisogno dinamico), il gap si colloca tra conoscenze ed abilità possedute e quelle che dovrebbero essere acquisite per espletare con qualità le attività future programmate; è questo il caso peculiare della formazione sul campo.

Formazione sul campo

Non è una scorciatoia per accumulare crediti o per risolvere i problemi di carenza di tempo a disposizione per l’aggiornamento degli operatori sanitari.

Non è un metodo per sostituire la formazione tradizionale, che deve mantenere il suo ruolo.

È piuttosto un modo per integrare la formazione tradizionale e per ricercare strade più efficaci sul piano cognitivo, nel rispetto della normativa che disciplina l'accreditamento del modello ECM-CPD.

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Pertanto il focus è l'individuo inteso come insieme delle risorse umane e dei rapporti che gli individui instaurano tra loro, con il sistema e con il contesto di lavoro. Il legame fra la persona e il suo contesto esperenziale sono, quindi, l'oggetto privilegiato di riferimento del processo formativo sul campo. I risultati attesi (outcome), che orientano gli interventi di formazione sul campo, sono i seguenti:

• un professionista consapevole delle attese professionali da parte della sua organizzazione e motivato ad acquisire gli apprendimenti necessari per soddisfare al meglio le sopraccitate attese; professionalità che si esprime in dimensioni tecnico-specialistiche, organizzative e relazionali-comportamentali

• una organizzazione consapevole dei bisogni della sua comunità di riferimento e delle attese dei suoi stakeholders, chiara nell'informare il professionista e capace di sostenerlo nei suoi percorsi di sviluppo; rilevante a questo livello è la consapevolezza dei risultati aziendali, del loro livello di performance e del relativo miglioramento, a cui può contribuire la formazione come una delle tecnologie a disposizione

• processi formativi che sviluppano apprendimenti pronti per essere accolti e usati nella struttura organizzativa (esempi banali, ma chiari: "fare i corsi d'informatica dopo che le persone hanno già i computer nel proprio ufficio"; ciò sottende il principio fondamentale secondo il quale per il buon esito di ogni formazione occorre anticipare i cambiamenti organizzativi alle proposte di apprendimento)

È quindi nella ricerca delle connessioni fra le attese organizzative e le attese individuali che principalmente si fonda l'impianto della progettualità formativa.

Nella definizione di una metodologia d'analisi dei fabbisogni formativi sono comprese diverse tipologie d'approccio, tutte rivolte a fare emergere i valori (competenze, abilità, aspetti relazionali) su cui la formazione deve agire per garantire qualità.

Le direttrici d'approccio si possono così riassumere:

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Area cognitiva Direttrice

Area della conoscenza = SAPERE

aggiornamenti cogenti e saperi tecnici indispensabili allo sviluppo della professione.

Area della competenza e abilità = SAPER FARE

� tecnico-professionali, che raccolgono i gap formativi riguardo competenze e prassi � organizzativo-manageriale: i fabbisogni si riferiscono alle capacità di relazione tra singoli e con

l'organizzazione

� socio-sanitario: esplora la congruenza tra comportamenti ed atteggiamenti degli operatori sanitari e gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale, regionale e locale e l'interazione professionale e personale tra colleghi, collaboratori, pazienti e loro familiari.

Area dei comportamenti = SAPER ESSERE

questa dimensione comporta una formazione definita soft- skill, capacità di relazione e di gestione dei rapporti che rappresentano necessariamente un patrimonio individuale, ma che consentono di svolgere in modo più efficace e soddisfacente sul piano personale e di team, la propria attività lavorativa.

Area dello sviluppo = SAPERE DI SAPERE

ambito di sviluppo dell’equilibrio psico relazionale lavorativo dell’individuo.

Per questo motivo è indispensabile pensare all'analisi dei fabbisogni formativi come un work in progress, un'attività in continuo divenire che non può essere eseguita in modo episodico ed isolato, ma deve diventare una prassi costante di ascolto dei professionisti della salute.

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Le competenze necessarie per la didattica formativa sono fondamentalmente:

• quelle di "contenuto", cioè quelle che riguardano le capacità e i saperi tecnico-pratici e scientifici • quelle "pedagogiche" che vanno dall'analisi dei bisogni, dalla definizione degli obiettivi educativi, dalla scelta e

gestione dei mezzi didattici, alla conduzione dei discenti e alla valutazione e verifica delle performance • quelle "organizzative e di gestione" che comprendono la conoscenza di procedure, la capacità manageriale e di

relazione sia con i committenti che con i discenti.

Di solito, nelle esperienze delle aziende sanitarie, la rilevazione dei bisogni formativi viene principalmente effettuata attraverso tre modalità:

• bottom up (dal basso verso l’alto): si coinvolgono le diverse unità operative avvalendosi di strumenti metodologici, per raccogliere i bisogni evidenziandone i problemi o le richieste di innovazione sostenibili con la formazione;

• top down (dall’alto verso il basso), con due possibili modalità: o/e s'intervistano i capi per raccogliere quelle informazioni utili a capire quali sono le persone e i contenuti da inserire nei processi formativi, o/e l'Ufficio Formazione, in relazione con la Direzione Generale, definisce l'offerta formativa rispetto agli obiettivi disposti dalla Direzione per le criticità sulle quali intervenire;

• middle up down (nel mezzo): si ascoltano i professionisti, si ascoltano i capi e successivamente si costruisce un piano di offerta formativa aziendale che rappresenta adeguatamente le diverse esigenze.

Come rilevare i fabbisogni in modo efficace?

� Condizione essenziale è la possibilità di avere un professionista informato, consapevole delle condizioni contrattuali che caratterizzano la sua relazione con l'organizzazione e in sintonia con il sistema di valori aziendali.

� Occorre evitare di chiedere ai professionisti quali sono i loro bisogni senza offrire la possibilità di capire quali sono le attese dell' organizzazione nei loro confronti.

� Occorre evitare la progettazione "a tavolino" rispetto ai fabbisogni di una determinata situazione professionale senza gestire contatti con il lavoro quotidiano.

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Gli strumenti e le buone prassi

Il processo di analisi dei fabbisogni formativi

I metodi di lavoro suggeriti si rifanno principalmente a queste tre fasi logiche:

1) Rendere informato e partecipe il professionista sia delle scelte aziendali, sia della percezione organizzativa del suo lavoro. Vanno quindi documentati in modo esplicito i livelli di performance critici rispetto ai risultati di pertinenza (reclami, costi, qualità tecnica, ecc.); 2) Offrire ai professionisti un' ampia possibilità di autonomia e libertà nel definire la progettazione formativa ed essere direttamente coinvolti nelle fasi metodologiche di gestione del percorso formativo (scelta docenti, individuazione dei destinatari, valutazione, ecc.), anche al fine di contenere la passivazione che le "offerte a catalogo" della formazione generalmente producono; 3) Fornire feedback ai professionisti sulla congruenza delle scelte formative fatte rispetto alle altre informazioni di sistema (programmazione di budget, valutazione delle competenze, piano delle azioni, ecc.).

In sintesi, occorre prima informare e cercare di condividere, in una logica contrattuale, le reciproche attese del professionista e dell’organizzazione, poi offrire libertà nella partecipazione ai percorsi di formazione ed, infine, fornire feedback rispetto alla coerenza delle scelte formative fatte.

L'attività di analisi dei fabbisogni formativi può essere suddivisa in cinque fasi distinte e circolari:

Fase I: Preanalisi

e impostazione

Fase II:

Progettazione

di dettaglio

Fase III:

Disseminazio

ne

Fase IV:

Raccolta dati

Fase V:

Analisi delle

informazioni

e sintesi

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Fase I: Preanalisi e impostazione

� Approvazione del progetto e formalizzazione dell' attività � Costituzione di un coordinamento di progetto e di una segreteria tecnico-scientifica � Identificazione di un panel di esperti � Costituzione di un comitato scientifico (steering committee) in grado di indirizzare e validare le scelte del gruppo di

lavoro � Individuazione degli “animatori di formazione”, adeguatamente formati, in grado di fornire un contributo nella fase

delle interviste e dei focus group

Fase II: Progettazione di dettaglio

� Costruzione di una traccia per la somministrazione di una intervista, de visu, telefonica o via e-mail ai referenti del panel

� Costruzione di una traccia per l'intervista ai referenti della formazione delle UU.OO. � Somministrazione dell'intervista � Analisi e raccolta dei dati dell'intervista � Definizione del modello concettuale di analisi dei dati � Analisi congiunta, con il panel dei referenti e con il comitato tecnico scientifico, del questionario nella sua versione

prototipale � Validazione del questionario in forma cartacea attraverso un gruppo di controllo costituito da individui appartenenti al

target

Fase III: Disseminazione

� Definizione di un piano di comunicazione � Identificazione dei canali di diffusione � Verifica di possibili sinergie sul versante comunicativo � Metacomunicazione ai referenti e creazione di una struttura di referenze

Fase IV: Raccolta dati

� Pubblicazione del questionario attraverso i canali identificati al punto precedente � Supporto tecnico-operativo agli utenti � Manutenzione periodica alle strutture informatiche durante la fase di raccolta (backup periodici, verifiche di

correttezza in itinere, identificazione di eventuali criticità) � Chiusura della fase di raccolta

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Fase V: Analisi delle informazioni e sintesi

� Analisi dei dati ed estrazione dei dati grezzi � Definizione delle procedure di analisi sulla base del modello concettuale definito in precedenza � Costruzione delle tabelle sintetiche di analisi dei dati, tramite analisi multifattoriale � Generazione di un report di sintesi che descriva i dati raccolti e le analisi condotte

Tra gli strumenti possibili per effettuare l'analisi dei fabbisogni formativi, tre in particolare sembrano essere quelli da privilegiare:

• intervista diretta a un panel di figure di riferimento che siano considerate rappresentative delle discipline e delle funzioni aziendali oggetto dell'indagine. Tali interviste possono essere condotte de visu, quando questo sia fattibile ed economicamente conveniente, oppure essere mediate da tecnologie, se possibile sul piano pratico e congruo con gli obiettivi conoscitivi dell' intervista;

• questionario per una indagine conoscitiva a più ampio spettro una volta identificati con chiarezza i sottoinsiemi della popolazione sulla quale si ritiene necessaria una valutazione con rilevanza statistica;

• focus group (consigliato per la sua facilità d’uso ed efficacia) per gruppi disciplinari fortemente compositi per i quali il fabbisogno formativo rappresenta un "valore medio baricentrico" di esigenze formative differenti, ma impossibili da esplorare a livello di singolo raggruppamento.

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L’item

La negoziazione dei fabbisogni e la trasformazione dei fabbisogni in eventi

Gli sviluppi

e gli assetti cognitivi

Tipologie formative

Per quanto riguarda le tipologie formative, si è scelto di rappresentare la dimensione formativo-andragogica, fornendo una tabella di cross-reference (corrispondenza) con i contenuti delle delibere di Regione Lombardia (Deliberazione VII/18576 del 05.08.2004 e succ.).

Si è ritenuto infatti, che questa scelta bene si prestasse a dare una diversa chiave di lettura dello strumento in modo da privilegiare il modello di come si “pensa” l’intervento piuttosto che la pedissequa attinenza ai modelli suggeriti dalle delibere.

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Tipologie formative

Delibere Regione

Lombardia

Punti di forza

Punti di debolezza

Audit clinico

L'Audit clinico può essere definito come un'analisi sistematica della qualità della clinica e dell'assistenza, che include una valutazione delle procedure diagnostico-terapeutiche, delle risorse impiegate e dei risultati clinici conseguiti in un determinato caso o serie di casi. Da un punto di vista operativo, l'audit consiste in una serie di incontri su un argomento clinico, nei quali si identificano i criteri e gli standard di riferimento al fine di valutare la qualità della pratica clinica corrente, basata sulle prove di efficacia.

Tali "criteri" consentiranno di valutare la performance della pratica clinica di ciascun caso esaminato. Eventuali discrepanze tra pratica rilevata e criteri prestabiliti prevedono che siano progettate azioni di miglioramento con specifiche strategie, tra le quali un ritorno di informazioni, facilitazioni alla formazione e all'addestramento e verifica del cambiamento della pratica implementata.

Deliberazione VII/18576 del 05.08.2004 (e succ.): audit clinico

• Confronto attraverso il lavoro di gruppo per la definizione degli argomenti oggetto di discussione

• Confronto tra diverse professionalità e partecipazione attiva di tutto il gruppo coinvolto

• Utilizzo di criteri e standard di riferimento scientificamente condivisi

• Rilevazione di 'errori' intesi come ritardi diagnostici, errori procedurali, protocolli , poco chiari; azioni di miglioramento anche immediate

• Miglioramento della comunicazione e della relazione tra operatori

• Attività svolta all'interno dell'azienda

• Scarsa evidenza 'pubblica' (aziendale)

• Attività svolta all'interno dell'azienda: maggiori probabilità di effetti di disturbo (telefonate, urgenze...)

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Tipologie formative

Delibere Regione

Lombardia

Punti di forza

Punti di debolezza

Formazione on the job

L'addestramento può essere definito come l'applicazione di istruzioni e procedure che permettono al partecipante di acquisire nuove conoscenze, nuovi comportamenti non posseduti in precedenza, ma necessari all'esecuzione di attività specifiche, all'utilizzo di tecnologie e strumenti, al miglioramento degli aspetti relazionali.

Deliberazione VII/18576 del 05.08.2004 (e succ.): attività di addestramento

• Favorisce lo sviluppo del senso di self efficacy personale del discente

• Favorisce lo sviluppo dell'assertività individuale

• Favorisce il trasferimento di conoscenza contribuendo al miglioramento del gruppo attraverso la condivisione di obiettivi

• Facilita la trasformazione dell'informazione in conoscenza disponibilie

• Facilita la trasformazione della conoscenza in sapere

• Facilita la trasformazione del sapere in comportamenti operativi

• Potenzia la consapevolezza e ottimizzazione delle proprie attitudini all'interno del gruppo di lavoro

• Attività svolta all'interno dell'azienda

• Contenimento dei costi (risorse interne)

• Apparente dispendio di tempo non dedicato all'espletamento di prestazioni sanitarie e assistenziali

• Attività svolta all'interno dell'azienda: maggiori probabilità di effetti di disturbo (telefonate, urgenze...)

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Tipologie formative

Delibere Regione

Lombardia

Punti di forza

Punti di debolezza

Progetti di ricerca La ricerca biomedica e la sperimentazione sull'Uomo devono ispirarsi all'inderogabile principio dell'inviolabilità, dell'integrità psicofisica e della vita della persona. Esse sono subordinate al consenso del soggetto in esperimento, che deve essere espresso per iscritto, liberamente e consapevolmente, previa specifica informazione sugli obiettivi, sui metodi, sui benefici previsti, nonché sui rischi potenziali e sul diritto del soggetto stesso di ritirarsi in qualsiasi momento della sperimentazione. La sperimentazione, disciplinata dalle norme di buona pratica clinica, può essere inserita in trattamenti diagnostici e/o terapeutici, solo in quanto sia razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o terapeutica per i cittadini interessati. In ogni caso di studio clinico, il malato non potrà essere deliberatamente privato dei consolidati mezzi diagnostici e terapeutici indispensabili al mantenimento e/o al ripristino dello stato di salute.

Deliberazione VII/18576 del 05.08.2004 (e succ.): partecipazioni a ricerche

• Legittimare l'Evidence Based Medicine quale metodo ideale per integrare pratica clinica e formazione permanente

• Produrre ricerca indipendente

• Governare l’informazione ai cittadini

• Attribuire efficacia egli interventi sanitari

• Necessità di finanziamenti

• Costo dell’iniziativa elevato e non quantificabile con certezza a priori

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Tipologie formative

Delibere Regione

Lombardia

Punti di forza

Punti di debolezza

Progetti aziendali

I progetti aziendali consistono in un approccio metodologico organizzato per fasi e teso al raggiungimento di un obiettivo prefissato, in un contesto organizzativo predefinito. Il progetto prevede sempre sia una qualità progettata per la quale vanno definiti a priori standard e valore obiettivi, sia una qualità erogata ed una qualità percepita, oltre naturalmente alle dimensioni di tempo e di risorse. Il progetto è da intendersi come una metodologia formativa caratterizzata dalla realizzazione di un insieme di attività organizzate in tempi, risorse e metodi per l'acquisizione di competenze o conoscenze a supporto e a complemento della professione, nella logica dell’efficacia della salute

Deliberazione VII/18576 del 05.08.2004 (e succ.): partecipazione a commissioni e comitati, partecipazione a gruppi di miglioramento

• Miglioramenti incrementali dei servizi e dell'utilizzo delle nuove tecnologie

• Benchmarking e multidisciplinarietà

• Tempestività nell'applicazione delle conoscenze acquisite (formarsi lavorando)

• Contestualità di formazione, sperimentazione e attivazione di strumenti nell’ambito del servizio

• Sviluppo di competenze interfunzionali

• Logica top down, scelte della direzione generale o della Regione

• Mancanza di partecipazione attiva nella definizione degli obiettivi e dei criteri alla base dei progetti

• Costi elevati

• Difficoltà nel rilevare a livello individuale il contributo portato per il raggiungimento dell'obiettivo

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L’item

Il progetto: macro e micro progettazione

Gli sviluppi e gli assetti cognitivi

I passi per costruire un progetto di Formazione sul campo

Come per tutte le strategie formative è necessaria l'organizzazione intenzionale del processo che ha come scopo l’apprendimento. Dunque, anche nella progettazione di un evento di FSC (Formazione sul Campo), è utile e necessario seguire gli step della progettazione, dall'analisi dei bisogni alla valutazione. Nell'accreditamento di eventi di FSC in sanità, si tende a fare un'operazione che un progettista di formazione potrebbe giudicare poco ortodossa: cioè si parte da attività che comunque verrebbero svolte, a prescindere dal loro riconoscimento o meno come evento ECM, che vengono poi rilette e ristrutturate alla luce del loro potenziale formativo. Il compito del progettista è proprio quello di far emergere questo potenziale, dotando di senso l'esperienza formativa e creando uno spazio di riflessione cognitiva rispetto all'agire.

Come fare ?

• 1 Analisi dei bisogni: ogni azione formativa deve rispondere ad un bisogno. Nel caso di un evento di formazione sul campo l’azione formativa può essere la risoluzione di un problema o la realizzazione di linee guida, procedure, pubblicazioni etc.; tuttavia, l'apprendere attraverso il fare nasce sempre da un problema da risolvere o da un desiderio da realizzare. Se non c'è questa "urgenza" viene meno la motivazione del soggetto, che, come si sa, è la molla principale dell'apprendimento

• 2 Individuazione degli obiettivi: è importante individuare gli obiettivi che l'attività si propone di raggiungere ed il "prodotto", cioè l'esito che il raggiungimento di tali obiettivi produrrà e definire se, in che modo e per chi la realizzazione di quel "prodotto" costituisce una occasione formativa, cioè se rappresenta una occasione per acquisire o accrescere competenze coerenti con i bisogni dell'individuo e dell'organizzazione

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• 3 Classificazione dell'evento in una delle tipologie di FSC (Formazione sul Campo): è possibile verificare se l'evento è classificabile in una delle tipologie individuate per l'accreditamento. Quelle previste dalla Regione Lombardia sono le seguenti:

• attività di addestramento • partecipazione a commissioni o comitati • audit clinico • partecipazione a gruppi di miglioramento

• partecipazione a ricerche

• 4 Strumenti e metodi della formazione: è necessario specificare come avviene la formazione e individuare quali risorse vengono messe a disposizione del processo di apprendimento; occorre quindi stabilire i tempi,i ruoli (il responsabile, il tutor, etc.), gli strumenti e le tecniche didattiche da utilizzare.

• 5 Definizione del processo di valutazione: cosa si valuta? Chi si valuta? Come per la formazione tradizionale, la valutazione può essere fatta a più livelli di complessità: di processo, gradimento, apprendimento, impatto. Progettare la valutazione di un evento di FSC può essere ,tuttavia, più complesso rispetto ad un evento di formazione di tipo residenziale classico: infatti, non sempre le metodologie e gli strumenti “tradizionali"(es. il questionario di apprendimento), risultano idonei. Occorre quindi individuare modalità specifiche ancorate agli obiettivi formativi, ma che tengano conto della peculiarità dell'evento.

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BIBLIOGRAFIA

Riferimenti Normativi ECM

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� D.D.G. Sanità n. 344 del 18/01/2007 “Educazione Continua in Medicina – Sviluppo Professionale Continuo (ECM – CPD): specificazioni operative annualità 2007”

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� D.D.G. Sanità n. 5728 del 24/05/2006 “Educazione Continua in Medicina – Sviluppo Professionale Continuo (ECM - CPD): attestato per la formazione sul campo 2005”

� D.G.R. n. VIII/2372 del 12/04/2006 “Determinazioni in merito all’attuazione del sistema lombardo ECM – CPD (Educazione Continua in Medicina – Sviluppo Professionale Continuo) anno 2006 I° provvedimento”

� D.D.G. Sanità n. 12400 del 05/08/2005 “Requisiti per l’accreditamento provider ECM – CPD (Educazione Continua in Medicina – Sviluppo Professionale Continuo) ai sensi della D.G.R. n. VII/20767 del 16/02/2005”

� D.G.R. n. VII/20767 del 16/02/2005 “Determinazioni in merito al progetto operativo per l’attuazione del sistema lombardo “ECM - Sviluppo Professionale Continuo (CPD)” ed agli obiettivi formativi di interesse regionale”

� D.G.R. n. VII/18576 del 05/08/2004 “Linee di indirizzo per l’attivazione del sistema ECM (Educazione Continua in Medicina) in Lombardia”

� Conferenza Stato Regioni - seduta del 20/05/2004

� D.D.G. Sanità n. 3730 del 09/03/2004 “Costituzione della commissione regionale per la formazione continua”

� D.G.R. n. VII/13729 del 25/07/2003 “Determinazioni per l’attivazione del sistema di formazione continua – programma di Educazione Continua in Medicina (ECM) in Lombardia”

� Conferenza Stato Regioni - seduta del 13/03/2003

� Conferenza Stato Regioni - seduta del 20/12/2001

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