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RIVISTA FONDATA DA S. GIOVANNI BOSCO NEL 1877 Ottobre 2007 Mensile - Anno CXXXI - nr. 9 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PD Spedizione nr. 9/2007 I MARTIRI SPAGNOLI (pag. 17) DO PERCHÉ RICEVO (pag. 20) BEAMS RAGGI DI LUCE (pag. 23)

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RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Ottobre 2007Mensile - Anno CXXXI - nr. 9Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 9/2007

I MARTIRI

SPAGNOLI

(pag. 17)

DOPERCHÉ RICEVO

(pag. 20)

BEAMSRAGGI DI LUCE

(pag. 23)

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OTTOBRE 2007 BS

La vita è inassoluto il do-no più pre-

zioso tanto chequasi per istintol’uomo cerca contutti i mezzi dic o n s e r v a r l a .Tuttavia la vitanon è qualitati-

vamente significativa fin-ché non si scopre il suo senso enon si trova la risposta alle doman-de esistenziali: chi siamo, da doveveniamo, verso dove camminiamo,che cosa è la vita, che cosa è la mor-te, chi è Dio, chi è l’Uomo. In buonamisura si può affermare che tutta lastoria umana altro non è che lo sfor-zo per vincere tutto ciò che può co-stituire una minaccia: la vulnerabilitàdavanti alla forza scatenata della na-tura, la malattia, la povertà, lo sfrutta-mento, la sopraffazione, l’emargina-zione e, soprattutto, la morte. E sideve essere fieri e riconoscenti deitraguardi che l’umanità ha raggiuntoa livello scientifico e tecnologico maanche a livello di consapevolezza,

STRENNA 2007di Pascual Chávez Villanueva

rinneghi se stesso, prenda la suacroce e mi segua. Perché, chi vorràsalvare la propria vita, la perderà; machi perderà la propria vita per causamia e del Vangelo, la salverà. Chegiova, infatti, all’uomo guadagnare ilmondo intero, se poi perde l’anima?E che cosa potrebbe mai dare un uo-mo in cambio della propria anima? ”(Mc 8,34-37).In effetti, tutto il Vangelo è un para-dosso, un capovolgimento radicaledell’ordine dei valori del mondo. Ilquale, a sua volta, non conoscendosoluzione al mistero della personaumana, la illude propinando program-mi di felicità che sono più una fugadal problema che non una ricercavolta a scoprire il senso della vita e lachiave per aprire le porte della morte.Gesù non nasconde che il suo mes-saggio è esigente e chiede la conver-sione del cuore e della mente: unanuova forma di pensare e di agire.

DALLA MORTE ALLA VITA

Proprio perché il più grande proble-ma da risolvere è la morte e il timoreche l’accompagna, questo interrogati-vo ci cattura e ci domina fino al puntoda farci rimanere in balia di ogni for-ma di schiavitù umana. Gesù insegnache la vita è un dono gratuito di Dio,per meritare il quale non abbiamo fat-to nulla, e spiega che la forma miglio-re di viverla è donarla. Questo è il ve-ro senso del vivere e il modo più con-sono di passare dalla morte alla vita.

per rendere più umana la vita dell’uo-mo e della donna sulla terra. Questospiega come la gente abbia presocoscienza, come non mai, del valoree della dignità della vita, anche seoccorre subito aggiungere che pur-troppo oggi vige una vera cultura dimorte che trova le sue espressionipiù crudeli e drammatiche nella guer-ra, nell’ingiustizia, nella violenza, neldegrado della natura.

UNA SFIDA CONTINUA

Molto si è progredito nella ricercascientifica volta a sconfiggere le ma-lattie e prolungare la vita umana,fruendo di maggiore qualità e benes-sere; ma la sfida insuperata continuaa essere, oggi come ieri, la morteche sembra rendere vano ogni impe-gno, materiale, morale o spiritualeche sia, visto che alla fine si devesoccombere al suo immarcescibilepotere. Appunto perciò appare ancorpiù paradossale la proposta di Gesùche, parlando alle folle, non esita alanciare una grande provocazione:“Se qualcuno vuol venire dietro di me

AMARE LA VITALA STORIA DEL SEME

“Se il chicco di frumento caduto in terra non muore, rimane solo,se invece muore, porta molto frutto” (Gv 12,24)

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La vita è in assoluto il dono più prezioso.

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In copertina:La scuola: il tormentonedi troppi ragazzi distratti

da mille altre“occupazioni” più attraenti

che non le lezioni.Quali rimedi?

Foto: Vincenzo Odorizzi

Ottobre 2007Anno CXXXI

Numero 9

RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Ottobre 2007Mensile - Anno CXXXI - nr. 9Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 9/2007

I MARTIRI

SPAGNOLI

(pag. 17)

DOPERCHÉ RICEVO

(pag. 20)

BEAMSRAGGI DI LUCE

(pag. 23)

Mensile di informazionee cultura religiosa editodalla Congregazione Salesianadi San Giovanni Bosco

Direttore:GIANCARLO MANIERI

CHIESA12 Quo vadis Europa? (11) di Silvano Stracca

CASA NOSTRA15 I martiri spagnoli di J. Graciliano González

VIAGGI18 Non solo Korogocho di Giancarlo Manieri

MISSIONI20 Do perché ricevo - ricevo perché do di Giovanni Eriman

INSERTO CULTURA23 Beams, raggi di luce di Tom Kunnel

FMA28 Nozze d’oro tra gli Yanomami di Graziella Curti

RUBRICHE2 Il Rettor Maggiore – 4 Il punto giovani – 6 Lettere al Direttore – 8 In Italia & nelMondo – 11 Osservatorio – 14 Box – 22 Lettera ai giovani – 27 Bagliori – 30 Libri – 32 On Line – 34 Come Don Bosco – 36 Arte Sacra – 37 Laetare et beneface-re… – 38 Sfide etiche – 40 Dibattiti – 41 Varia – 42 I nostri morti – 43 Il mese – 44 Prima pagina – 45 Relax – 46 I nostri santi – 47 In primo piano/Focus

Gesù prende spunto dalla natura, os-serva e invita a osservare che “se ilchicco di frumento caduto in terra nonmuore, rimane solo, se invece muo-re, porta molto frutto” (Gv 12,24). At-traverso la voce della natura Diostesso c’insegna che il seme chenon muore, non si riproduce. Èquanto accade con la vita umanache, se non si dona, è morta. Non sitratta però di una mera parabola.Gesù è stato il primo a offrire ai suoiamici il meglio che aveva da offrire:la sua stessa vita. Non si distaccada essa perché vale poco. Al con-trario, vale molto e, poiché la pos-siede in pienezza, può donarla congenerosità perché tutti “abbiano lavita e l’abbiano in abbondanza” (Gv10,10). L’immagine del Buon Pa-store che dà la vita per le sue peco-re forse è più personale e illustracon una visione più propositiva la viapasquale che egli ha percorso evuole indicare ai suoi: dare la vitaper poi riprenderla. Questo significavincere il timore della morte e viveresconfiggendo fin d’ora la morte attra-verso l’unica energia capace di vin-cerla, vale a dire, l’amore. �

È possibile leggere in anticipoil prossimo numero, collegandosi

al sito Internet:http://biesseonline.sdb.org

Redazione: Maria Antonia ChinelloNadia Ciambrignoni - Giancarlo De Nicolò - Franco LeverNatale Maffioli - Francesco Motto - Vito OrlandoSegreteria: Fabiana Di BelloCollaboratori: Severino Cagnin - Ernesto CattoniGiuseppina Cudemo - Graziella Curti - Enrico dal CovoloCarlo Di Cicco - Bruno Ferrero - Cesare Lo Monaco Giuseppe Morante - Vito Orlando - Marianna PacucciGianni Russo - Roberto Saccarello - Fabio SandroniArnaldo Scaglioni - Silvano StraccaFotoreporter: Santo Cicco - Cipriano DemarieChiara Fantini - Tadeo Martin - Vincenzo OdorizziGuerino PeraProgetto grafico: Pier BertoneImpaginazione: Puntografica s.r.l. - Torino

Il BOLLETTINO SALESIANO si stampa nel mondo in 56 edizioni e 29 lingue diverse. Raggiunge 135 Nazioni,più di quelle in cui operano i salesiani.

Direttore Responsabile: Antonio MartinelliRegistrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949Diffusione e Amministrazione: Giovanni Colombi (Roma)Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova

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“Il buon pastore offre la vita per le sue pecore...” (Gv 10,11).

“Se il chicco di frumento caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, porta molto frutto” (Gv 12,24).

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di Carlo Di Cicco

Io compro, perciò sono, vivo, esisto.Questo principio mercantile haspazzato via l’“io penso” di Cartesio, e

ogni altro principio che nei secoli l’uomoha posto alla base dell’esistenza. Nelcuore è ancora la grande maggioranzache preferisce l’io penso, l’io amoanziché l’io compro quale base dipartenza dell’esistere, ma poi la stessamaggioranza è indotta o si lascia indurrea dare il primato della vita all’io compro.Che è sinonimo dell’io ho, io possiedo,io consumo, io posso spendere, io nonho bisogno, io basto a me stesso, io ho il denaro quale unico interlocutoredavvero interessante perché il denaro è la porta che dischiude tutte le altre.

� È con il denaro la più grande sfidamai lanciata all’educazione intesa qualevia verso la capacità di autonomia digiudizio, capacità di scelta, maturitàetica nell’uso della libertà e assunzionedi responsabilità piena verso se stessi,verso gli altri, tutti gli altri: il mondo, lepersone e, per quanti credono, versoDio. L’educazione è una via verso lalibertà della persona. Si afferma chepure il denaro permette di essere liberi. Il denaro, in realtà, ha condizionatofortemente la storia umana.Qualcuno in tempi diversi ne ha fattopersino un dio. Oggi viviamo nell’era globale deldenaro. Magari lo chiamiamo sotto nomidiversi, ma in fondo è sempre il denaroil cuore del sistema in cui ci si ritrova,che vogliamo regolare, perfezionare. Il pensiero unico di cui tanto si parla,altro non è se non la teoria giustificata e sostenuta di questo sistemaglobalizzato dove il primato viene datoal denaro distribuito e gestito in manieradisuguale. Un altro punto forte delpensiero unico è che nessuno e mairagionevolmente può pensare dicambiare questo sistema. Ormai latentazione di riconoscere al denaro unruolo quasi sacro trova ampio creditoperfino nelle Chiese e religioni.

� Tutto gira intorno al denaro e lascienza più accreditata è quella di comefare più soldi possibile. La conoscenzadel mondo del denaro non può essere

pertanto ignorata nell’ambito educativo.Le parole più imbarazzate e menolineari che gli educatori, compresi i genitori, in genere riescono a dare aigiovani sono quelle sul sesso e suldenaro. Sul denaro perciò l’educazione non puòfuggire né dare per scontato nulla. Ma deve aprire un grande confrontocritico sotto il profilo della conoscenza,dell’uso, dell’etica, dell’apportoall’esistenza. A partire dalla decisionecapitale se mettere o no il denaro alcentro del progetto di vita. E occorresaper essere lineari. I giovani sonodisorientati dal fatto che in molti tra i loromaestri o educatori a parole affermanonon essere il denaro la cosa piùimportante, ma poi vedono icomportamenti concreti guidatiprevalentemente dalle logiche deldenaro e del potere.Conoscere il mondo del denaro èindispensabile per scegliere a ragionveduta in quale mondo si è chiamati a vivere. La conoscenza del sistemadenaro nella moderna società capitalistaè la prima base per ridimensionare oriposizionare pure in ambito educativo la considerazione del denaro. Dietro idenari ci sono persone che li gestiscono,ci sono modi di intendere la vita. Nonbasta avere la conoscenza dei poveri edella povertà che ci inquieta. Conoscereil mondo del denaro aiuta a capire moltecose sulle cause reali della povertà.Qualche specialista finanziario sostieneche la mappa del denaro nel mondopresenta alcune voci principali: 53 mila i miliardi di dollari gestiti da investitoriistituzionali (fondi pensione, fondicomuni, assicurazioni); 1400 i miliardi di dollari degli hedge fund, 500 i miliardi di dollari a disposizione di private azioni; 5 mila i miliardi di dollari nei forzieri dellebanche centrali; 53 mila i miliardi didollari di tutte le Borse mondiali.

� Questa enorme ricchezza finanziariamondiale viene posseduta e amministratada una piccola minoranza attiva eprotagonista. Sono miliardi le personeche invece sono fuori da questo circoloe sono come Lazzaro della parabolaevangelica. Tremendo confronto. �

COMPRO PERCIÒ SONOLa filosofia della società mercantile sembra aver sconvolto i parametri della logica. Il denaro è assurto al ruolo di regolatoreassoluto e demiurgo della modernità: sfida la filosofia, non solo, ma quel che è peggio, il denaro sfida oggi l’educazione. Non c’è da correre ai ripari?

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IL PUNTO GIOVANI

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d. Infine il limbo. Forse leidimentica che non è mai statoun dogma nella Chiesa. Il chein parole povere vuole direche “non è mai stato di mo-da”, come invece lei sostiene.

I DENTITÀ. Carissimo di-rettore, in un contrasto con

mia figlia 18enne mi sento li-quidare l’argomento con unsecco: “Ma papà, è una que-stione di identità. Non possorinunciarvi. Stop discussioni!”.Sono rimasto basito. Oggi que-sto idolo dell’identità giustificatutto e il contrario di tutto?

Lavinio, Roma

Oggi, il mito dell’identità sta“spezzettando” (mi passi ilvocabolo) i popoli, le nazioni,le razze, gli individui. L’iden-tità!… Ma ne abbiamo davve-ro bisogno? È proprio cosìimportante? La querelle è ve-nuta prepotentemente alla ri-balta da quando la globalizza-zione ha cercato di inglobareil mondo intero trasformando-lo in un gran mercato i cui ve-ri padroni sono potentissimelobby, fornite di un’unica“identità”: il profitto. Uominisenza volto che hanno sigle alposto del nome e il portafoglioal posto del cuore. Anch’io ovviamente tengo al-la mia identità. Come indivi-duo so di essere conosciutoda Dio per quel che sono,

a. Quanto al cieco nato. Èchiaramente un modo comunedi esprimersi. “La colpa è dinessuno”, dice Gesù. E senon è sua (del cieco) vuol di-re che l’essere nato cieconon dipende da peccati cheavrebbe commesso in una vi-ta precedente. Il che ti faconcludere o che la legge delkarma è sbagliata o che nonesiste alcuna vita preceden-te. Oltretutto Gesù dice ilperché quell’uomo era natocieco: “Perché si manife-stassero in lui le opere diDio” (Gv 9,1-3).b. Giovanni Battista è Eliareincarnato? Basterebbe larisposta secca, senza equivo-ci, data dallo stesso Giovan-ni: “Sei tu Elia?”. “Non losono” (Gv 1,21). Del restoperché ci sia reincarnazioneuno deve prima morire.Guarda caso, di Elia la Bib-bia dice che egli non morì mafu assunto in cielo anima ecorpo (2 Re 2,9-12). Quindi,ancora una volta, né reincar-nazione né trasmigrazione.c. L’uomo, immagine di Dio,non può nascere deforme?…Al contrario! Forse propriochi è brutto e deforme è piùimmagine di Dio della velinache sbatacchia le sue formein visione a milioni di avidiguardoni… Siamo eredi di unDio crocefisso, non lo dimen-tichi, non di un Dio macho,dalla bellezza ultrapalestrata.

battenti: il “pasci le mie pe-corelle” è ancora perdurante.2. Nella “mens” semitica nonc’è posto per la reincarnazio-ne: per un ebreo sarebbe sta-ta una bestemmia (questadottrina ha cominciato adiffondersi solo alla fine delXVIII secolo, attraverso unasetta chiamata “La SocietàTeosofica”). San Paolo è ca-tegorico: “È stabilito che gliuomini muoiano una volta so-la, dopo di che viene il giudi-zio” (Ebr 9,27). Il fatto cheuno soffra molto sulla terranon significa che egli sia sta-to un mascalzone in vite pre-cedenti. Beh, prenda Gesùcome esempio: pur essendogiusto fu ucciso come un mal-fattore. Non vorrà mica direche il suo karma era cattivoed egli ne aveva combinate dicotte e di crude nelle sue viteprecedenti? “Se hanno perse-guitato me, perseguiterannoanche voi!” (Gv 15,20), ecerto non per il nostro cattivokarma, bensì “questo vi fa-ranno a causa del mio nome,perché non conoscono Coluiche mi ha mandato” (Gv15,21). Quindi il karma nonc’entra nulla. E il Salmo34,20 rincara: “Molte sono lesofferenze del giusto, ma lolibera da tutte il Signore”,non dunque una reincarna-zione o una trasmigrazione.Ora brevemente qualche ri-sposta “ad hominem”.

L ETTERE AL DIRETTORE

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P URGATORIO E REIN-CARNAZIONE. Ca-

ro direttore, anche il Vangelosottintende la reincarnazione:“Alcuni dicono che tu siaGiovanni Battista, altriElia...”. Come si può dire chequalcuno è la tal persona,morta, se non si sottintende lareincarnazione? “Se quest’uo-mo è nato cieco di chi è lacolpa, sua o dei genitori?”.Quando mai un cieco natopuò avere colpa di questa suadisgrazia? Eccetto che si sot-tintende la reincarnazione.“Facciamo l’uomo a nostraimmagine...”. si può pensareche un cieco, un deforme, undemente siano immagine diDio? Se uno è nato così vuoldire che la vita precedente èstata mal vissuta, in quella at-tuale può riparare... Ancora:avete notato come il Limbosia passato di moda?

Piero, Treviso

Caro signore, cercherò di ri-spondere con le argomenta-zioni che di solito si portanoriguardo ai problemi da leisuscitati, affrontando ognisingola obiezione, con duecappelli. E da questi comin-cio.1. Esiste da sempre nellaChiesa un magistero che indi-rizza l’interpretazione dellaBibbia. E quando dico “dasempre”, intendo riferirmi aiprimordi, a Gesù stesso cheper evitare spiegazioni diver-se e contrastanti, cioè perbloccare letture personalisti-che della sua parola, interve-niva lui stesso a suggerirnel’esegesi (Cfr. la parabola delseminatore Mt 13,ss). Quelmagistero non ha chiuso i

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APPELLISono un ragazzo di Padova,ho 33 anni. Vorrei corri-spondere con ragazzi e ra-gazze di tutta Italia che cre-dono nell’amicizia e nei verivalori della vita. RosaTony, Via De Castro 21,35128 Padova (PD), e-mail: [email protected].

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Colleziono francobolli italianied esteri. Resta Andrea, ViaFrancesco Stradeo 25, 74024Manduria (TA).

Sono un ragazzo di 36 anni,insegnante di lingua inglese,amante della buona musica,delle sane letture, cattolicopraticante e poiché sono so-lo, cerco disperatamente ra-gazzi/e di sani principi mo-rali e cristiani con cui instau-rare una sana e buona amici-zia. Scrivete all’e-mail: [email protected].

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Raccogliamo francobolli usa-ti per aiutare le missioni.Spedite a: Gruppo MondoNuovo/M.T., Via del Ron-co 12, 34132 Trieste.

OGNI MESECONDON BOSCOA CASA TUAIl BollettinoSalesiano vieneinviato gratuitamentea chi ne fa richiesta.Dal 1877 è un donodi Don Bosco a chisegue con simpatiail lavoro salesiano trai giovani e le missioni.

Per la vostra corrispon-denza:

IL BOLLETTINOSALESIANOCasella post. 1833300163 ROMA Bravettafax 06/656.12.643E-mail: [email protected]

Diffondetelo tra iparenti e gli ami-ci. Comunicatesubito il cambiodi indirizzo.

BS OTTOBRE 2007

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leggi di mercato. Insomma,chi ci salverà dal GrandeFratello e dalle Grandi Sorel-le? L’identità è come la li-bertà: finisce dove cominciaquella di un altro.

C OMUNIONE. Carodirettore, i celibi possono

fare la comunione, i divorziati“risposati” no! Perché? C’èun certo ritorno al latino e algregoriano... forse per avvici-nare i lefebriani? E poi perchéi preti greco/cattolici si sposa-no e i romano/cattolici no?Due pesi e due misure?

Nevio, Livio e altri

Lei mi pone questioni di di-sciplina ecclesiastica. A miavolta, le pongo, per risponde-re, questioni di disciplina “ci-vile”: un onesto cittadinocerca di rispettare le leggi,anche quelle che magari nongli piacciono, come pagare letasse, andare a non più di130 km/h in autostrada, attra-versare solo sulle strisce, nonfumare nei luoghi pubblici…Possono, ripeto, non piacere,ma chi vuol essere “in rego-la”, le rispetta.Mi è facile a questo punto ap-plicare con lo scontato “lostesso dicasi…”. Il celibato èstato ribadito dal Concilio diElvira del 306, ma i preticontinuarono a sposarsi se ilConcilio di Costantinopolidel 692 (quasi 400 anni dopo)decretò che i preti possonocontinuare a vivere nel matri-monio celebrato prima dellaloro ordinazione. La questio-ne del celibato fu presentefortemente nel Concilio diTrento (1545) ma fu inclusaformalmente nel diritto cano-nico latino solo nel 1917.Questo solo per dirle che didisciplina si tratta, non di ri-velazione divina, riguarda so-lo il Codex Juris Canonicioccidentale, perché il codiceorientale (Codex CanonumEcclesiarum Orientalium) nonobbliga al celibato. Perciò, ilgiorno in cui la legge delC.I.C. dovesse cadere, cadreb-be anche l’obbligo del celiba-to dei preti.

Mi dice del latino che… ritor-na. Ma non scalza le linguenazionali, è solo una possibi-lità. Che vuole che mi/ci inte-ressi se a un prete viene la vo-glia di celebrare in latino? Ese anche fosse per ri/avvicina-re i lefevriani… mi pare unmotivo nobile: siamo in tempidi “sinergie”! E il gregoria-no? A parte che questo canto“plebeo” non mi spiace affat-to: alcuni pezzi sono capolavo-ri inimitabili. Chi volesse ac-compagnare le celebrazioni li-turgiche con qualche canto la-tino che male fa? In una chie-sa di Roma ho sentito durantela messa un canto italiano,uno spagnolo e uno inglese…Se di preghiera si tratta, Diocapisce tutte le lingue… (an-che il latino!?!).Dice un proverbio che “la vi-ta è bella perché è varia!”.Beh, le dirò che anche “laChiesa è bella perché è va-ria”. Cristo non ha legiferatose non su alcune cose essen-ziali: la carità, la giustizia,l’amore. Tutto il resto che èvenuto dopo è tipico dell’uo-mo che, per tenere in piediuna istituzione, la difende coni muri delle leggi. Il che è unmodo di fare umano, utilissi-mo per la società. Ma i mu-ri… possono cadere, come leiben sa. Ciò che resta eterno èl’amore nelle sue due specifi-cazioni: verso Dio e verso ilprossimo. E ce n’è d’avanzo.Non si faccia più problemi diquelli che già ci sono, e rivol-ga la sua attenzione critica aquestioni più solide. Con que-sto non voglio dire di non“brontolare” se pensa chenon prendere la comunioneda divorziato sia un’ingiusti-zia. Brontoli pure… ma per lasalvezza le basti sapere cheCristo non l’ha mai detto cheun divorziato non faccia lacomunione, benché abbiamesso dei paletti alla sfrenatalibertà dell’uomo anche inmateria di rapporti.

“unico e irripetibile”, dicevapapa Wojtyla nel messaggiodi Natale del 1978. Ma l’i-dentità non è il mio idolo. Ladifendo, ma non a costo dellavita. Sono convinto che il fu-turo non si giochi sull’iden-tità ma sulla comunione, chel’ecumenismo non farà unpasso avanti se l’identità nonne fa uno indietro, che la So-cietà delle Nazioni per esseretale deve rinunciare ai parti-colarismi dei suoi membri,che il bene comune o è davve-ro comune o è una gran presaper i fondelli.Insomma il lemma in questio-ne, oggi super/accreditato, èdiventato un’arma per difen-dere i propri diritti (il chemagari è giusto), ma soprat-tutto i propri privilegi, il te-nore di vita e il ruolo sociale(il che ho molti dubbi che siagiusto, anzi sono convinto chesia immorale). È inquietanteil fatto che troppo spesso persostenere l’identità si ricorraalla violenza: conflitti dram-matici sorgono come funghiin ogni parte del mondo “persalvare la propria identità”.Gli Stati vedono crescere nelloro territorio le rivendica-zioni autonomiste o indipen-dentiste di gruppi etnici loca-li, di regioni, e perfino diclan… Arriveremo di nuovoalle tribù? Particolarismi, elocalismi mi appaiono comeil frutto dell’individualismoimperante, del liberalismoesasperato, del libertarismomal compreso, ma anche co-me il tentativo di sfuggire allamorsa della globalizzazioneche tende ad appiattire tuttosecondo i criteri imposti dalle

Non ci è stato possibile pub-

blicare tutte le lettere perve-

nute in redazione. Ce ne

scusiamo. Provvederemo a

suo tempo alla pubblicazio-

ne o alla risposta personale.

ERRATA CORRIGE

Nel BS di Luglio/Agosto

(pag. 18) abbiamo erronea-

mente attribuito questo di-

segno di Monica Giussani

a Gian Calloni.

mo qui, ma l’argomento valela pena della pubblicazione.

G IOVANI E CHIE-SA. Egregio direttore,

sono una ragazza 14enne cri-stiana praticante. Non vedogiovani come me, bensì ado-lescenti che hanno bruciato letappe della crescita. Per lamaggioranza dei giovani fre-quentare ambienti che abbia-no a che fare con la Chiesa èvergognoso, un’offesa allamorale, un oltraggio al pudo-re, subiamo derisione. Aqualche giorno fa risale l’ulti-mo gesto di scherno. Sincera-mente ciò che maggiormentemi preoccupa è il futuro. Pos-so agire nel mio piccolo?

Margherita, Miglionico

Il futuro tuo e dei tuoi compa-gni/e, ne sono convinto, saràpiù roseo di quello che pos-siamo pensare, nonostante itanti segnali “contro”. La vi-ta lentamente farà giustiziadegli eccessi adolescenziali.Perciò ti dico subito: non ver-gognarti della tua fede, alcontrario, tieni fede ai tuoivalori, perché sono quelli cheti salveranno dalla derivamorale, e daranno dignità aimomenti dolorosi che impla-cabilmente assalgono ogniessere vivente.Hanno detto – alcuni ricerca-tori – che la società più feli-cemente indifferente è quellagiapponese: laica al puntogiusto, in maggioranza agno-stica, benestante, tecnologi-camente la più avanzata delmondo. Con somma sorpresagli stessi ricercatori hannoscoperto che la società giap-ponese è anche quella con ilmaggior numero di suicidigiovanili al mondo. Vorrà di-re qualcosa, o no?Finora la Chiesa, pur tra tan-ti errori (è composta di uomi-ni e non di dèi) ha distribuitovalori, ha arginato la derivalaicista, ha predicato e conti-nua a predicare la fedeltà, latolleranza, il rispetto della vi-ta, la dignità del matrimonio,il valore insostituibile dellafamiglia, ecc. Perché vedi, il

vero pericolo per la società,anzi per l’intera umanità, è lacaduta dei valori. Un indivi-duo che non ha niente “den-tro” è un individuo pericolo-so: se non ha niente vuol direche è pieno di sé: i suoi vuotisono riempiti opportunamen-te dal suo ego (puoi leggereegoismo), e allora… “si salvichi può!”.Nel tuo piccolo, semplice-mente sii contenta di quelloche sei e mostrati felice di co-me sei. Molti santi hanno fat-to impressione sugli altri nonper i miracoli o le cose mira-bolanti che hanno fatto o det-to ma per la felicità che essisprizzavano da tutti i pori. Ri-cordo ancora con stupore ilgiorno in cui un ragazzinodella mia scuola perse la vitaper un incidente. Lacrime,musi lunghi, silenzio tombalealle lezioni, sofferenza palpa-bile… eccetto una ragazzina.“Ma che hai da gioire tu?”,sbottò infine la sua compagnadi banco. “Mirco era buono,rispose candida, e so che oraè con Dio. Che cosa c’è dipiù bello?”.

A MICIZIA. Caro diret-tore, Si può essere amici

di qualcuno anche se il suopensiero è diverso dal nostro?Può essere anche un valore“laico”? quando c’è vera ami-cizia, non c’è odio, non c’èinvidia, non c’è rivalsa. Bastarispettarlo e aiutarlo se te lochiede e se è possibile. Anchein famiglia i contrasti sonopuri e duri... eppure l’uomonon nasce cattivo. Non c’ènessuna ferita morale che sitrasmette per eredità, ma solomalattie riguardanti la nostrafisicità, la nostra imperfettacreazione. Come spezzarequesta perfida catena?

Pier Lodovico, Faenza

Le dirò subito di concordarecon la sua disanima sull’A-MICIZIA che è un poco il so-strato della convivenza uma-na: quel filo sottile e pervasi-vo che lega e dà senso all’es-sere umano e che “dovrebbe”evitare le ingiuste fratture

che separano uomo da uomo,rendono problematici i rap-porti familiari, rompono irapporti sociali… Ho usato ilcondizionale, perché la realtàviaggia, purtroppo, su altribinari e il “grande giroton-do” della sua beata infanziaresta solo un’utopia.È vero, l’uomo non nasce cat-tivo. Semplicemente, nascedebole, fragile, cioè “uomo”.È questa la ferita strutturale,endemica, creaturale, che vaaccettata ma non passiva-mente: ogni uomo è in effetti“PERFETTIBILE”. Questodovremmo insegnare nellenostre scuole, nei nostri ora-tori, nelle nostre chiese, neinostri gruppi… Non siamopietre, non apparteniamo aimateriali statici, immutabili,indeformabili. Siamo i figli diuna natura flessibile, modifi-cabile… Ma, la chiave diogni possibile cambiamentola possiede ciascuno perso-nalmente: chi non vuole noncambia. Esiste però un altropossibile motore per romperel’infingardia della gente. Sichiama EDUCAZIONE. Eccoperché argomentavo sulla ne-cessità di mobilitare le istitu-zioni perché all’ordine delgiorno di ogni programmaeducativo sia posto, a cap-pello, il dato ineluttabile del-la perfettibilità umana.Il discorso a questo puntopuò evolvere verso la cerchiafamiliare, là dove i contrasti– quando arrivano – si pre-sentano più coriacei, più resi-stenti, più rigidi. È naturale:c’è di mezzo “la familiarità”,un misto di conoscenza-com-prensione-prossimità affetti-va-carica emozionale che, sevanno deluse, creano reazioniben più drammatiche che nonaltre che avvengono, magari,tra conoscenti o tra scono-sciuti.Le dinamiche emotive sonotra le cose più complesse edifficili da controllare. Anco-ra una volta la soluzione na-sce da lontano. Per risolverei problemi di natura fisica civuole il medico, quelli di na-tura psichica possono averbisogno del neurologo o dello

P SICOLOGIA E RE-LIGIONE. Caro diret-

tore, sono una studentessa inpsicologia. Mi ha detto un sa-cerdote che “la psicologianon è concorde con la religio-ne”, parole testuali. Questomi fa star male, mi crea dub-bi... Vorrei essere di sostegnoalle persone fondendo insie-me scienza e fede, ma se nonsi può...

Damiana, Taranto

Continui a coltivare i suoibuoni sentimenti e i suoi so-gni di futuro, e viva tranquil-la. Per sua informazione e,spero, consolazione, c’è unalunga teoria di sacerdoti/psi-cologi. I salesiani, ad esem-pio – ma non solo loro – han-no i cosiddetti COSPES chesono centri di orientamento ilcui responsabile è uno psico-logo/sacerdote.Mi sfugge il motivo per cuiqualche sacerdote affermauna cosa che… “non sta né incielo né in terra”. Io credo ilcontrario: ogni sacerdote de-ve anche essere un po’ psico-logo, se vuole fare bene il suo“mestiere”. “Propagandareil Vangelo”, esortare, correg-gere, incoraggiare, consola-re, convincere, annunciare,assolvere, confortare, rico-struire le coscienze, ecc. sonoverbi che appartengono allatipologia del prete; ma sonoanche i verbi tipici dello psi-cologo.Quindi… datti da fare! (Spe-ro che accetterai il “tu” alposto dell’estraniante “lei”);le idee che esprimi nella tuabreve e-mail mi sembranoquelle giuste. E se te la sentidi dare una mano a chi cerca“il senso”, fatti sotto, prepa-rati bene, non aver paura diaffrontare gli argomenti an-che quelli di ordine morale espirituale. Nulla è “riserva-to”, l’etica non è esclusivadei preti/moralisti; e nemme-no le cose riguardanti il cam-po dello spirituale sono riser-vate. Ce ne fossero di “laici”capaci di affrontare questiche sono i temi più scottanti,che turbano i sonni e le co-scienze di tanta gente. Mi fer-

...V ISIBILITÀ. Carodirettore, la visibi-

lità è l’icona del mondo mo-derno. Vive chi è visibile. Chinon è visibile è come se fossemorto e sepolto. Chi l’ha capi-to sta vincendo la partita. Manmano che un problema trovaqualcuno capace di “sacrifi-carsi”, di giocare la propriavita… esso viene alla lucedall’ombra in cui era relegatoe comincia a inquietare primala coscienza di qualcuno, poiquelle di molti, poi quelle del-le autorità religiose, politiche,economiche… e il gioco è fat-to. (Dalla lettera di…

… Anacleto, Parma)

C’è un cammino inverso. Al-cuni individui e/o organizza-zioni perdono lentamentesmalto perché si lasciano in-timorire dai contrasti, dallamentalità corrente… e lenta-mente ma inesorabilmente ca-dono nell’ombra, diventandosempre meno presenti e per-ciò sempre meno significativi,fino a scomparire del tutto.Capita così che un’opinionemaggioritaria perda consensifino a farsi cancellare. Di chiè la colpa? Troppo facile diredella società! La società èfatta di persone, e se le perso-ne si nascondono… Lei mi in-segna che quando un gruppodi soldati è sopraffatto dallapaura, non combatte più, fug-ge: è l’inizio della fine. Siamotutti responsabili ogni voltache “stiamo zitti”, ogni voltache ci ritiriamo in buon ordi-ne per non aver “seccature”,ogni volta che ci defiliamoper non aver grane. Capitaallora come capita all’auto-mobilista che assiste o provo-ca un incidente e non si fer-ma, fugge per paura delleconseguenze. Chi poteva es-sere salvato muore, lui no,ma vivrà braccato dalla poli-zia e, soprattutto, dalla co-scienza. Come facevano i pri-mi cristiani a conquistarsi lavisibilità, fuggendo forse?Uno sparuto gruppo di giudeinella potentissima Roma im-periale è riuscito in due o tre

secoli a trasformare l’imperopagano in impero cristiano,sovvertendo ogni previsione.Ed è tutta questione di visibi-lità, caro signore; si sono resitanto visibili che molti eranotorce umane nei giardini im-periali di Nerone (macabrabattuta, ma vera!).

psicologo; quelli di naturaemotiva… abbisognano di ungran coraggio, una monta-gna di pazienza, del metodopavloviano che procede per“tentativi ed errori”, di unaforte volontà per resistereagli scacchi inevitabili con iquali ognuno deve fare primao poi i conti.Difficile? Sì. Ma non impossi-bile: l’uomo è “PERFETTI-BILE”.

O FFERTE TELETRA-SMESSE. Caro diret-

tore, molte volte i parroci ri-volgono l’invito a fare offerteper le opere parrocchiali, mis-sionarie, ecc. […]. Occorre ri-svegliare più spesso la buonavolontà dei cristiani. Molti se-guono la messa in televisione.Sarà possibile raccogliere of-ferte anche alle messe teletra-smesse?

Anacleto, Parma

Caro signore, di per sé l’ideanon è “peregrina”, ma forseè poco percorribile. Vede, perlanciare una qualsiasi inizia-tiva pubblica – soprattuttoquando si tratta di soldi – oc-corre richiederne l’autorizza-zione. La TV pubblica non èin mano alla Chiesa (fortuna-tamente), ma a un Consigliodi Amministrazione, in qual-che modo legato al Governo,dal quale in ultima analisi di-pende la gestione degli spazie dei tempi delle iniziative.Concedere il permesso di ce-lebrare la messa festiva da-vanti alle telecamere della TVnazionale non vuol dire con-cedere anche quello di fareuna colletta per chicchessia.Per questo, che si configuracome “altro” dalla semplicecelebrazione, occorre unatrattativa a parte. Così alme-no mi hanno informato. Pro-babilmente la cosa sarebbepiù facile per una TV privata.Comunque, lei ha ragione:spronare alla carità generosanon solo non è un reato, maper il credente si configuracome un impegno di fede.

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OTTOBRE 2007 BS

LORETO, ITALIA

PELLEGRINAGGIODEGLI ARTISTI

Loreto, città mariana, ha ac-colto il 20 maggio di que-st’anno un pellegrinaggiodavvero speciale, quello de-gli artisti. Un folto gruppodi pittori, poeti, musicisti,cantanti, scultori, incisori siè ritrovato quella domenicapresso il Centro di Montor-so, a pochi chilometri dalSantuario, per parteciparealla 1ª edizione di “Arte inCammino”. Dal Centro so-no partiti a piedi verso ilsantuario dopo aver appostola loro firma su una croce dilegno che poi hanno sorret-to a turno fino alla Basilica.La messa, la visita, il rinfre-sco... e l’arrivederci hannoconcluso la bella manifesta-zione che ci si augura sia laprima di tante altre.

BRUXELLES, BELGIO

ASSASSINATI...

Alessandro Missir di Lusi-gnano era figlio del dott. Li-vio, exallievo salesiano diCostantinopoli e Smirne. Èstato ucciso assieme allamoglie Ariane il 19 settem-bre 2006 a Rabat nella suacasa, mentre era a serviziodella Direzione GeneraleRelazioni Esterne della Com-missione Europea. L’autore,un balordo 25enne sotto l’ef-fetto di stupefacenti, entratonella villa per rubare, hamassacrato i due coniugi.Riconosciuto da Amedeo, 9anni, il maggiore dei quattrofigli della coppia, è stato ar-restato e condannato a mor-te. Il BS fa memoria delledue vittime a un anno dallaloro tragica fine.

IN ITALIA NEL MONDO&

TORINO, ITALIA

“TORINOSPIRITUALITÀ”

È un progetto del teatro stabi-le di Torino, nato nel 2002con il titolo “Domande a Dio.Domande agli uomini”. Sisvolge ogni anno a settembre(in ricordo del tragico 11 set-tembre 2001 alle Torri Ge-melle) per diverse serate, conospiti illustri di ogni tenden-za. Questa VI edizione, il cuitema è “IL CORPO” così co-me è considerato nelle varieculture e orientamenti religio-si, ha invitato tra gli altri Shi-rin Ebadi (Nobel per la Pace2003), Enzo Bianchi, ConcitaDe Gregorio, Umberto Ga-limberti, Antonella Ruggiero,e moltissimi altri... L’edizio-ne del 2006 aveva superato le30 mila presenze. Per sapernedi più www.torinospirituali-ta.org.

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BS OTTOBRE 2007

redazionale

FILATELIAa cura diRoberto Saccarello

EUROPA 2007CENTENARIO DELLO SCOUTISMOCom’è risaputo, lo scoutismo si propone la for-mazione integrale della persona con un metodoche si è imposto in tutto il mondo e che sembrauno tra i più consoni e accettati dai giovani che nesono protagonisti. È stato fondato nel 1907 da unex generale, Sir Robert Baden Powell, secondoprincipi e valori ben definiti che hanno continuatoa imporsi per la loro chiarezza e la loro scolarità.

Attualmente il movimento Scout è presente eorganizzato in 216 Paesi e territori del mondo ecomplessivamente può contare su uno straordina-rio numero di aderenti (circa 38 milioni) di un’etàcompresa tra i 6 e i 21 anni. Ma da qualchedecennio si è imposto anche lo scoutismo adulto[in Italia si chiama MASCI (Movimento AdultiScout Cattolici Italiani)].

I Paesi aderenti a Post Europ hanno dedicato alcentenario di fondazione dello scoutismo interna-zionale l’emissione Europa di questo 2007. Anchela Città del Vaticano, da parte sua, ha realizzatodue valori. Su di uno, del valore di emissione pari a 0,60 €, si propone una visione delle attività scoutevidenziando gli aspetti “esplorativi”. Sul secondovalore, pari a 0,65 €, si sottolinea l’aspetto della fra-ternità e della crescita. Su entrambi compare l’indi-cazione del centenario, la croce, sul cui braccio oriz-zontale è scritto “EUROPA” e la tiara e le chiavi sim-bolo della Città del Vaticano (sulla destra in alto).

La tiratura è stata di 300 mila serie complete(ogni serie è composta a un foglietto di 10 franco-bolli).

Per saperne di più:Ufficio Filatelico del Governatorato,00120 Città del VaticanoTel. 06.6988.34314; E-mail: [email protected]

RATISBONA, GERMANIA

I ragazzi dell’Aeroplanino,la rivista autogestita attra-verso il laboratorio di gior-nalismo dell’istituto salesia-no di via Copernico a Mila-no, si sono recati in gita aRegensburg per incontrare ilmusico monsignor Georg

Ratzinger, fratello del Papa.Senza complessi, i giornali-sti in erba hanno intervistatoil padre Georg alla presen-za del vescovo della città,monsignor Müller. Intelli-genti anche le domande: “Èimportante la musica nellaliturgia?”. “Perché bisognaamare la musica?”. “Qual èil rapporto tra musica e spi-ritualità?”. Bravi ragazzi!

ROMA, ITALIA

NOCHE DE TANGO

La “Lumbelumbe Onlus”, fon-data dal colonnello Italo Go-vernatori delle Investigazio-ni Scientifiche dei carabinie-ri, ha fatto centro un’altravolta. Il 24 giugno ha riem-pito la sala Sinopoli del Par-co della Musica a Roma con“Noche de Tango”, un con-certo di tango argentino in-

terpretato al piano da Hugo eIrene Aisemberg, esaltato dal-le voci di Beatriz Lozano eAna K. Rossi e ballato da notiartisti del tango. Lo scopo?L’aiuto umanitario per l’An-gola e non solo, dove i sale-siani e le FMA portano avantiprogetti di alfabetizzazione,produzione di miele, case fa-miglia, ecc. Davvero la “Be-nemerita” diventa sempre piùbenemerita.

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OTTOBRE 2007 BS

Nello scorso numero, essendo stati impediti dipubblicare questa rubrica, non potemmo far paro-la di una carissima visita fatta all’Oratorio, sul fi-nir di luglio, da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Paolinode Azevedo e Castro, Vescovo di Macao. Sua Ec-cellenza ci die’ le più consolanti notizie dell’ope-ra dei nostri Confratelli in Cina ed ebbe la genti-lezza di offrire al sig. D. Rua una recente fotogra-fia degli alunni dell’Orfanotrofio dell’Immacola-ta Concezione in Macao, fondato ed affidato daSua Ecc. ai Salesiani.Pieno d’interesse per l’Opera di D. Bosco, l’esi-mio Prelato volle visitare con grande amore lesingole scuole professionali, avendo parole di en-comio per lo studio, la diligenza e l’applicazionedei giovani alunni; e, nella sua grande amabilità,ebbe anche la degnazione di additare a vari gio-vanetti sarti e calzolai le scarpe e la veste che egliindossava, dicendo con compiacenza come fosse-ro lavoro dei piccoli cinesi del suo caro orfano-trofio.

Troviamo nel numero di ottobre 1907 delBS, tra le notizie varie, quella della visita a Valdocco di monsignor Paolino de Azevedoe Castro, il vescovo che aveva affidato ai salesiani l’orfanotrofio di Macao. Quel giorno regalò a don Rua la foto degli orfanelli del collegio che quiriproduciamo.

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POESIE, NON SOLO,DEI MIEI PRIMI 80 ANNI

di Maria PaolaFantaguzzi di Cesena

Simpatico, pieno di vita illibro di poesie di Paola Fan-taguzzi, lettrice del BS eimmarcescibile nonnina cheama la vita e... l’amore...Non ci credete? Ecco unaprova: “Sono ridotta ad unapera cotta / per un amicotanto irraggiungibile / L’hodentro me nel cuore e nellamente / nell’immenso conte-sto dello scibile. Le sue bre-vi liriche infondono speran-za, grondano freschezza. Sidirebbe davvero, finito il li-bro, che... i suoi, sono solo iprimi ottant’anni!... Per-ché... “Gli amori della terza

giovinezza / sono molto piùbelli che i passati / Forseperché li vivi nel presente /forse perché gli incontri sonpiù veri, / più nobili, più au-steri, / ma saggiamente ap-passionati. / Sono un com-penso degli antichi errori /della prima e seconda gio-vinezza.

BANDEL, INDIA

ONORE AL MERITO!

Don Giovanni Gobetti, mis-sionario salesiano che operain India da 70 anni, è statodecorato dal console italiano“Cavaliere dell’Ordine dellaStella della Solidarietà Italia-na” in una cerimonia svoltasilo scorso 20 maggio presso il

santuario mariano di Bandel,40 km da Kolkata. La Stelladella Solidarietà Italiana èun riconoscimento istituitonel 1947 con lo scopo dionorare i cittadini italianinoti per il loro contributo al-la ricostruzione dell’Italiadopo la II Guerra Mondiale.Don Gobetti, secondo il Go-verno italiano, ha saputo pre-sentare l’Italia come una na-zionale solidale.

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OSSERVATORIOAnna Rita Delle Donne

“A lice, vieniun attimoche papà e

io dobbiamo parlarti”.“Che avrò fatto sta-volta? ”, si chiede Ali-ce mentre raggiungela cucina dove i geni-tori la stanno aspet-tando. È sera e papàGiulio è rientrato dapoco dal lavoro, lacena è ancora sui for-nelli. Giulio e Stefanianon hanno la facciascura che Alice siaspettava. “Siedi te-soro! ”, dice mamma. “Che succede? ”, chiede Ali-ce. “Io e papà dobbiamo darti una bella notizia”.Comincia papà Giulio: “Alice, io e la mamma aspet-tiamo un bambino…”. “Un fratellino o una sorellina.Sei contenta?”, lo interrompe mamma Stefania conl’ansia nella voce. Alice non risponde subito, guar-da i genitori come se avessero parlato in una lin-gua straniera. “Alice…”, fa il papà. “Un fratellino ouna sorellina? Ma come parlate? Non ho quattroanni ”, risponde secca Alice. “Beh, certo… sei unaragazzina grande, dice la mamma, ma tu hai sem-pre voluto una sorellina”. “Sì, per giocarci quandoero piccola, adesso che me ne faccio? ”. “Lo so,ma allora io dovevo lavorare, non potevo badare aun altro bambino, ora le cose sono più tranquille eio e papà abbiamo pensato…”. “Tu e papà? E nonavete pensato di chiedere il mio parere? È anchela mia vita e voi me la volete stravolgere. Dovròdividere la stanza, cambiare pannolini invece diuscire con le amiche? E che altro? ”. “Inevitabil-mente ci saranno dei cambiamenti e tu sarai coin-volta, ma io e la mamma non abbiamo bisogno dichiedere il tuo parere su tutto. Ci sono cose chedecidiamo io e la mamma. E tu le accetti, ti piac-ciano o meno. Funziona così. Fare un bambino èuna di queste. Mi dispiace che tu la stia prendendocosì. Adesso forse sei un po’ sconvolta dalla noti-zia. Pensaci… poi ne riparleremo con più calma”.

� Alice si alza perandarsene, le guan-ce in fiamme… “Ali-ce per favore aspet-ta”, dice mammaStefania. La ragaz-zina resta in atte-sa. “Capisco che tuadesso sia confusa eso che hai le tueragioni. Ma ti assicu-ro che andrà tuttobene. Io sono felicedi avere questo bam-bino. Era da tantoche ci pensavamo.Adesso, eccolo! Que-

sto non toglie nulla all’amore che provo per te.Forse è un po’ tardi, ma io e papà siamo ancoragiovani e ci prenderemo cura di voi per tantissi-mo tempo ancora”… Alice crolla di colpo: “Scusamamma, sono una persona terribile, dice comin-ciando a singhiozzare, non è vero che non lovoglio, sarà bellissimo avere un bimbetto in casa.Sarà molto divertente, e tu mi insegnerai cometrattarlo, vero mamma? ”. Stefania abbraccia lafiglia. Che cosa ha sconvolto tanto Alice? Lapaura di vedere stravolta la sua vita ordinata eorganizzata? Il timore di perdere parte dell’affettodei genitori? Probabilmente tutto questo e altroancora. Alice è una ragazzina di quindici anni, eforse non ha tutti i torti quando dice che unasorellina l’avrebbe voluta quando era piccola. Male priorità della madre a quei tempi erano altre.L’avrà adesso, con una consapevolezza maggio-re e la prospettiva di un rapporto non necessaria-mente peggiore, però diverso. Il discorso delpadre l’ha fatta riflettere su quale sia il suo ruoloall’interno della famiglia. È la figlia maggiore, e losarà per sempre, ma resterà una figlia e da taledeve comportarsi. Pian piano, imparerà a capireche una vita va accettata con gioia e conamore anche quando, forse soprattutto, nonla si aspettava più. Anzi, forse l’ha giàimparato. �

ALICE E GLI ALTRI (6)

Divagazioni (mica tanto) su quella che dovrebbe essere una normalità:arriva un fratellino.

Fabi

ana

Di B

ello

BS OTTOBRE 2007

Un vero e appassionato gri-do d’allarme, quello lan-ciato nel 2004 da Joseph

Ratzinger di fronte al progressivoinvecchiamento dell’Europa. L’al-lora cardinale attribuiva, dunque,il calo delle culle alla “mancanzadi speranza” degli europei. Che lecicogne volino sempre meno suinostri paesi appariva, ai suoi oc-chi, come il segnale più evidenteche l’Europa ha perso fiducia nelfuturo. E le civiltà che non spera-no non fanno figli e sono, quindi,destinate a scomparire. Di qui ilparallelo tra l’inverno demografi-co del continente e l’antica Roma,spazzata via, prima che dai barba-ri, dall’inarrestabile declino cau-sato dal massiccio ricorso all’a-borto e all’infanticidio. Il relativi-smo e il materialismo hanno pro-dotto una mentalità dell’hic etnunc, che tende a sacrificare il fu-turo a favore di un vantaggio rapi-do e immediato. Mentre avere deifigli significa sentirsi responsabilidel proprio futuro e della propriadiscendenza. Se la riduzione dellenascite continuerà ai livelli attuali,

CHIESA

mografico” del nostro continente.Perché ogni gruppo sociale cre-sca, ogni donna deve dare alla lu-ce più di 2,1 bambini nell’arcodella propria vita. È il tasso di fer-tilità che, secondo i demografi,consente di pareggiare nascite edecessi. Sotto quella cifra, la po-polazione tende, inevitabilmente,a ridursi. Gli europei, stando alleultime statistiche, hanno una me-dia di 1,35 figli per coppia. Undato ben al di sotto del livello ol-tre il quale gli stessi demografipensano che un rovesciamento deltrend sia impossibile.

alla fine del secolo i paesi europeidiventeranno dei “nani demografi-ci”. Ad esempio la Germania, do-ve nel 2005 sono nati solo sette-centomila bambini, il dato piùbasso nella sua storia di nazione, eun terzo delle donne tedesche nonha figli. Di questo passo, nel2100, la Germania avrà solamente32 milioni di abitanti, contro gli80 di oggi. Analogamente, l’Italiane avrà appena 15 milioni e laSpagna 11. E la popolazione euro-pea, che nel 1950 costituiva il 22per cento di quella mondiale, nel2050 sarà soltanto il 7% della po-polazione del globo terrestre. Unacatastrofe annunciata, insomma.Quella che Giovanni Paolo II findal 1985 chiamava il “suicidio de-

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OTTOBRE 2007 BS

QUO VADISEUROPA? (11)L’invernodemograficodi Silvano Stracca

Scat

tolo

n

L’Europa unita...

“Il problema dell’Europa cheapparentemente quasi nonvuole più avere figli, mi è pe-netrato nell’anima. Quest’Eu-ropa sembra essere stanca,anzi sembra volersi congeda-re dalla storia. Perché?”(Benedetto XVI).

Dall’ultima rilevazione di Eurostatemerge una Ue a due velocità anche nelle culle.

Gian

carlo

Man

ieri

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BS OTTOBRE 2007

fici mondiali. Nel giro di 20 anni,il 30 per cento della società euro-pea sarà composto di over 65. Mai,prima d’ora, una società avevamarciato tanto speditamente versouna tale deriva. E appare difficiletrovare una soluzione per arrestar-la. La prova la ritroviamo nei co-stanti fallimenti delle iniziativeprese nel continente a favore dellafertilità. La questione demograficanon si può risolvere, infatti, soloattraverso interventi economici.

COME USCIRE?Gli europei hanno il compito di

trovare una via d’uscita a questa crisiacuta, di dare una risposta al perchéa tanti appare troppo grande il ri-schio di avere figli. “L’uomo di oggiè insicuro circa il futuro”, secondoBenedetto XVI. “Questa profondainsicurezza – accanto alla volontà diavere la vita tutta per se stessi – èforse la ragione più profonda, percui il rischio di avere figli appare amolti una cosa quasi non più soste-nibile. Di fatto, possiamo trasmette-re la vita in modo responsabile solose siamo in grado di trasmetterequalcosa di più della semplice vitabiologica, e cioè un senso che reggaanche nelle crisi della storia venturae una certezza nella speranza che siapiù forte delle nuvole che oscuranoil futuro. Se non impariamo nuova-mente i fondamenti della vita”, af-ferma il Papa, “se non scopriamo inmodo nuovo la certezza della fede,ci sarà sempre meno possibile affi-dare agli altri il dono della vita e ilcompito di un futuro sconosciuto”.

(continua)

IL PROFILO RELIGIOSOUn dato interessante si ricava con-

siderando il profilo “religioso” deipaesi. Si scopre così che una crisidemografica particolare riguardaquelli cattolici. Fino a metà deglianni ’70 essi hanno mantenuto tassidi fertilità ben superiori alla mediaeuropea. Dopo hanno registrato uncrollo accentuato sino a livelli sco-nosciuti, ad esempio, in molti paesiprotestanti. In realtà, il declino deipaesi cattolici, secondo uno studiodell’Università di San Diego in Ca-lifornia, sarebbe strettamente legatoal venir meno dell’influenza socialedella religione. Sia per una minoreaderenza all’insegnamento moraledella Chiesa su divorzio, contracce-zione, aborto. Sia per le ricadute so-ciali della scomparsa di gran partedei servizi per la maternità e l’infan-zia garantiti un tempo dalle istitu-zioni cattoliche, primariamente da-gli ordini religiosi femminili oggi incrisi di vocazioni.

L’inverno demografico è un fe-nomeno essenzialmente europeo,che non si presenta in maniera ge-neralizzata in altre zone del piane-ta. Negli Usa, infatti, da non moltoè nato il 300milionesimo cittadinostatunitense e alla metà di questosecolo si stima che i nordamericaniarriveranno a 500 milioni. Supe-rando, per la prima volta, gli abi-tanti del Vecchio Continente. Piùspettacolare ancora l’aumento del-la popolazione nel Nord Africa,dove dagli attuali 380 milioni diabitanti si passerà a quasi il dop-pio. Tutto ciò non sarà senza con-seguenze sugli equilibri demogra-

LA QUESTIONEIMMIGRATI

Se il dato complessivo dell’U-nione Europea dice che la popola-zione cresce, ciò si deve al con-corso di due fattori. Da una parte,l’allargamento dell’Ue aggiungenuova popolazione a quella esi-stente. Dall’altra va tenuto contoche nel computo vengono conteg-giate anche le nascite delle popo-lazioni immigrate. L’Italia e laSpagna, con un tasso di 1,34 figliper donna, sarebbero già tra i pae-si al mondo con il minor numerodi nati, se dalle nascite si esclu-dessero i figli degli immigrati.Nel panorama della natalità euro-pea, la Francia rappresenta oggiuna felice eccezione avendo rag-giunto l’anno scorso il tasso didue bambini per donna. Ma anchei dati transalpini non risulterebbe-ro molto dissimili dagli altri sedepurati dei figli di madri stranie-re. Dall’ultima rilevazione di Eu-rostat emerge una Ue a due velo-cità anche nelle culle. Una chiaratendenza alla ripresa è visibile neipaesi del Nord Europa, con puntedi 1,88 in Irlanda e di 1,80 in Da-nimarca, Finlandia, Regno Unito.Situazione drammatica invece al-l’Est, dove pare inarrestabile ilcrollo della fertilità, con la maglianera della Polonia scesa a 1,24bambini per donna. Segnali con-trastanti dall’Europa meridionale,dove la timida ripresa registratain Spagna e Italia non cancella,comunque, la preoccupazione perun tasso bassissimo qual è indub-biamente l’1,34.

Fabi

ana

Di B

ello

Avere dei figli significa sentirsi responsabili del proprio futuro e della propria discendenza.

Nel Nord Africa, dagli attuali 380 milioni di abitanti si passerà a quasi il doppio.

all’anno scorso, diuna sala di infor-matica operativa.Ora sì. I ragazzi ele ragazze che fre-quentano la Scuo-la Don Bosco nel-la capitale ga-bonese, potrannocontare su un’al-fabetizzazione diqualità per l’usoe la fruizionedelle nuove tec-

nologie in questo complessoscolastico, situato alla perife-ria di Libreville. I computersono stati donati da MauroBalini, un generoso benefat-tore italiano.

LA BENEFICENZA DIUN PREMIO LETTERA-RIO. Ecco un Premio Lette-rario per sostenere le inizia-tive di quegli enti umanitariche si adoperano per renderemeno dura la vita di quantivivono in condizioni disa-giate: anziani, malati, senzacasa, senza lavoro. Il proget-

BREVISSIME DAL MONDO

to fondato 14 anni or sono“Trofeo Penna d’Autore”coinvolge migliaia di poeti escrittori italiani. C’è una se-zione dedicata alla PoesiaReligiosa. A.L.I. Pennad’Autore, Casella Postale2242, 10151 Torino. Sito:www.pennadautore.it. Tel.011/22.05.902 (ore 18/20).

TORINO REBAUDENGO,ITALIA

La Scuola Superiore di For-mazione Rebaudengo (SSF)di Torino, affiliata all’Uni-versità Pontificia Salesiana(UPS), ha organizzato uncorso universitario di perfe-zionamento dal titolo “L’in-tervista strutturata ai minoripresunti abusati”. Quantomai opportuno dopo i fatti diRignano Flaminio. Non èmai facile che da interrogato-ri a bimbi piccoli emerga la

LIBREVILLE, GABON

INFORMATIZZAZIONENessuna scuola elementare,a Libreville, era dotata fino

TORINO, ITALIA

È stata di rilevante interessela visita che il ministro dellaSolidarietà Sociale, on. PaoloFerrero, ha fatto al più gran-de oratorio salesiano del Pie-monte con i circa 1500 ra-gazzi e giovani che lo fre-quentano. Inseriti e totalmen-te coinvolti nelle attività edu-cative, operano assieme aisalesiani quattro giovani vo-lontari che al ministro – an-che lui a suo tempo volonta-rio come obiettore di co-scienza – hanno presentato laloro esperienza e le responsa-bilità educative in cui sonocoinvolti all’oratorio. Oggi“il Volontariato e il ServizioCivile contribuiscono a svol-gere un enorme lavoro di tes-situra e di tenuta sociale”, ha

BOX

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redazionale

riconosciuto il Ministro, benconscio che in una societàsempre più differenziata (alivello culturale, religioso,

politico, economico e, ormai,anche razziale) un’area edu-cativa come quella dell’ora-torio è indubbiamente prezio-

verità: come devono esserefatti questi colloqui? Da quiemerge l’importanza del cor-so, che vede come docenti,tra gli altri, il prof. MichaelE. Lam, – tra i massimi esper-ti internazionali del problema– Dario Bosco, avvocato pe-nalista e il criminologo (in fo-to), Angelo Zappalà, speciali-sta in psicoterapia cognitiva.Il corso è rivolto a psicologi,psichiatri, forze di polizia, av-vocati, ecc.Info: 011/234.00.83; [email protected]

sa in primo luogo per laChiesa, essendo l’oratorio egli oratori gestiti da sacerdotidiocesani (come quelli mila-nesi) o da religiosi, soprattut-to salesiani, ma anche per loStato. L’assunto educativo/so-ciale di Don Bosco di volerfare “onesti cittadini e buonicristiani”, è un programmaambizioso ma, soprattutto inquesto tempo, valido, anziindispensabile per tutte leistituzioni civili o ecclesiasti-che che siano. Il disagio,sempre più generalizzato, lamancanza di opportunità so-ciali e forme di emarginazio-ne di ogni genere, esigonol’impegno di tutti gli opera-tori. I salesiani vogliono “es-serci” per offrire il loro ap-porto concreto alla costruzio-ne di una società conviviale.

CASANOSTRA

Il 28 ottobre sono beatificati a S. Paolo Fuori le Mura un gruppo di martiri spagnoli. 63 i salesiani.

MORIRONOPER LA FEDE

P olemiche, interrogativi emalintesi hanno accompa-gnato il processo di beatifi-

cazione dei cosiddetti “martiri del-la guerra spagnola”. È necessarioperciò chiarire bene le idee, perevitare equivoci, solo così si potràcapire con esattezza quello che ècapitato nella Spagna durante glianni dal 1931 al 1939. Primo equi-voco: legare i nuovi martiri alla vi-cenda della guerra spagnola è unamanipolazione che falsa la realtà,perché già molto prima della guer-ra, scoppiata il 18 luglio 1936, cifurono dei martiri. Nell’ottobre del’34, ad esempio, furono uccisi aTurón 9 religiosi, Fratelli delleScuole Cristiane, e un Passionista,tutti canonizzati il 21 novembre1999; prima ancora, nel 1933, PioXI con l’enciclica “Dilectissima

nobis”, denunciava e condannavala persecuzione religiosa in Spa-gna. È da notare che mancavanotre anni all’inizio della guerra civi-le. Inoltre, se è vero che per moltidei martiri fu la guerra civile ilcontesto in cui avvenne la loromorte, è altrettanto sacrosanto chenessuno di loro aveva niente a chevedere con la guerra. Erano perso-ne pacifiche che stavano nei loroconventi, case, parrocchie o comu-nità, e che furono ammazzati gra-tuitamente, solo per il fatto di essersacerdoti, religiosi, o gente di fede.Quelli invece che morirono inguerra sono stati vittime della vio-lenza bellica, ma la loro morte hapoco a che vedere con il martirio.

“È difficile per coloroche non hanno maiconosciuto persecuzioneE che non hanno maiconosciuto un cristianoCredere a questi raccontidi persecuzionecristiana...Avete bisogno che vi sidica che qualsiasi cosasia stata, può essereancora?”

(Thomas S. Eliot, Poesia,Garzanti, Milano 1975, p. 309)

PERSECUZIONE CI FUInnegabile è inoltre il fatto che in

Spagna c’è stata una vera e propriapersecuzione religiosa. Per provar-lo bastano alcuni dati: l’11 maggio1931, a un mese scarso dall’iniziodella II Repubblica, proclamata il14 aprile, furono bruciate chiese(anche dei salesiani) a Madrid, Va-lencia, Sevilla, Malaga, Alicante,ecc.; il 24 gennaio 1932 fu decreta-to lo scioglimento dei gesuiti; il 17maggio del ’33 fu pubblicata la co-siddetta “Legge delle Confessioni eCongregazioni religiose” che proi-biva ai membri di praticare l’inse-gnamento e ogni attività commer-ciale, e consentiva la nazionalizza-zione dei loro beni. Vennero fonda-te Editrici specializzate nella pro-duzione e diffusione di pubblica-zioni popolari contro Dio e la Chie-sa. Le pressioni contro Chiesa e re-ligione non rimasero a livello ideo-logico, ma dal ’31 al ’36 furono in-carcerati e ammazzati numerosipreti e religiosi. La situazione peg-giorò ancora nel febbraio 1936,quando il “Fronte Popolare”, for-mato da socialisti, comunisti e altrigruppi radicali, vinse le elezioni.Scoppiò allora un’ondata di fobiaanticlericale e anticristiana che eb-be conseguenze disastrose: incen-dio di chiese, assalti e saccheggi amonasteri e conventi, distruzioni dicroci e crocefissi, proscrizione diparroci, proibizione di cerimoniepubbliche e un odio feroce verso lepersone e le cose sacre: la statuadel Sacro Cuore di Gesù, sita nelcentro geografico della Spagna, fu

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Papa Pio XI. La sua enciclica di denuncia della persecuzione religiosa in Spagna risale al 1933.

di J. Graciliano González

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MARTIRI E NON MARTIRISpesso si sente dire che anche

“dall’altra parte” ci furono odio, fa-natismo, vendette e numerose per-sone innocenti uccise, come anchegrandi atti di eroismo. Bisogna ri-conoscere che è vero. Ma allora,perché beatificare solo gli uccisidai “rossi”? La risposta è semplice:perché gli uni furono martiri e glialtri no, cioè alcuni morirono perodio alla fede e altri per motiviumani. Seguendo questo criterio,risulta chiaro il perché non tutti gliuccisi sono stati beatificati, ma soloquelli di cui è assolutamente prova-to che morirono in ragione della lo-ro fede cristiana. Molti altri sacer-doti e religiosi (anche salesiani)morirono difendendo come soldatila Repubblica o prestando il servi-zio negli ospedali o nelle istituzioniassistenziali della zona “rossa”, mafurono, come tanti altri, innocentivittime della assurda violenza dellaguerra e non si può provare chemorissero per la fede. E questo èdecisivo. Un caso su tutti. A Mala-ga furono ammazzati 9 salesiani.Uno di essi è stato depennato. Ilmotivo? Un’ombra di dubbio sulmotivo della morte. Era in prigionecon gli altri salesiani; quella nottel’aviazione franchista bombardò lacittà. Come rappresaglia, i repub-blicani ammazzarono alcuni carce-rati tra cui don Vicente Reyes. Il

letteralmente “fucilata” il 7 agosto1936; furono profanate reliquie,esumate mummie dalle chiese e ol-traggiate per le vie, ecc. Stampa eradio lanciavano continuamentemessaggi di odio incitando a ciòche chiamavano “depurazione reli-giosa”. L’intento dichiarato eraquello di annientare la Chiesa e lareligione cristiana. I risultati? Cosìriferiva al suo governo il ministrorepubblicano, Manuel de Irujo: tuttigli altari, immagini e oggetti di cul-to, salvo contate eccezioni sono sta-ti distrutti; tutte le chiese chiuse alculto… nelle chiese sono stati in-stallati depositi di ogni sorta, mer-cati, garage, stalle, rifugi… sacer-doti e religiosi sono stati imprigio-nati e fucilati a migliaia… senz’al-tro motivo conosciuto che il lorocarattere di sacerdoti e religiosi…Davanti a questa situazione, lo sto-rico A. Montero scrive: chi distrug-ge immagini della Madonna, bruciaaltari o calpesta corporali, non puòportare come pretesto del suo ope-rato rivendicazioni classiste o im-perativi di guerra…. Nelle migliaiadi templi distrutti, cristi mutilati eparodie sacrileghe si mostra plasti-camente più che con la morte dellepersone, ciò che abbiamo chiamatopersecuzione religiosa. Certo, per-ché nella feroce devastazione di og-getti sacri risalta allo stato puro l’o-dio contro ciò che queste cose rap-presentano, cioè Dio, la Chiesa, lafede. Il bilancio è tragico: 13 vesco-vi, 4184 sacerdoti e seminaristi,2648 tra religiosi e religiose, alcunemigliaia di laici. In tutto quasi die-cimila martiri.

motivo della sua morte fu l’odio al-la fede o solo una rappresaglia bel-lica? È bastato questo dubbio perbloccarne la causa. È indubbio chenon pochi di quelli che finirono as-sassinati tra i repubblicani furonoveri eroi e come tali meritano di es-sere riconosciuti (a non pochi di es-si sono stati dedicati statue, monu-menti, piazze, vie, parchi…) manon sono martiri. La Chiesa beatifi-ca o canonizza solo i martiri catto-lici, anche se ammira alcuni noncattolici e rispetta tutti i morti diquella immensa tragedia.

I MARTIRI SALESIANII nuovi beati salesiani, delle ex

ispettorie di Madrid e Siviglia, so-no stati raggruppati sotto un unicotitolo: “Enrique Saiz e 62 compa-gni martiri”. Di essi 22 erano sa-cerdoti, 18 salesiani coadiutori, 16studenti, 3 aspiranti, 3 cooperatorie 1 impiegato. Nessuno era statoimplicato in lotte politiche o ideo-logiche. Come salesiani praticava-no unicamente la “politica del Pa-dre nostro”. Morirono solo perchéerano religiosi. Oggi, vengono pre-sentati come esempio di coraggio edi fermezza nella fede. Tutti mori-rono perdonando i loro persecutori,come fece Cristo sulla croce. LaChiesa onora la loro memoria e celi presenta come modello di fedeltàe coerenza. �

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Una foto emblematica di Robert Capa, usata più di una volta per le copertine di libri sulla guerra civile spagnola.

Francisco Franco, il contestato capo della ribellione antirepubblicana che vinse con l’aiuto occidentale la guerra civile.

La famosissima, quanto discussa, Guernica di Picasso, divenuta emblema degli orrori della guerra civile spagnola e di ogni guerra.

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Quel pomeriggio ci siamoavviati verso la grandediscarica a cielo aperto di Phonm Penh. Una tragica realtà di disperati in cerca di avanzi. Bambini e bambine come topi.Un’esperienza per certiversi peggiore di quelladel museo degli orrori.

in decomposizione, le larve, le ve-spe, i tafani… – l’elenco riempireb-be ben più di una pagina – questisono i coinquilini dei maledetti del-la discarica.

UNA VISITA DA DIMENTICARE

Quel pomeriggio dunque, già a unchilometro di distanza dalla monta-gna di pattume, il fetore era insop-portabile. Ci si avvicinava lenta-mente e senza voglia di parlare equando le parole uscivano dal gar-garozzo erano mozziconi, come seanche loro avessero paura di propa-garsi in quel luogo infame. La stra-da che conduceva in cima alla di-scarica, nel cuore dell’immondizia,era incredibilmente abitata. A destrae a sinistra, case, baracche, magaz-zini, negozi e bazar come stamber-ghe vendevano di tutto: cerchioni,casseruole, barattoli, sacchi vuoti,stracci, attrezzi arrugginiti, crivelli,roncole, manici di scopa, cordame,

filo di ferro, bottiglie di plastica…Roba recuperata in discarica? Midomandavo. Ma non ebbi il corag-gio di chiederlo a don Battista. Ilfurgoncino che ci accompagnavaaveva cominciato a salire la collinamaledetta. Tra le distese putride,persone come fantasmi si aggirava-no con in mano un bastone che ter-minava con una punta o un tondinodi ferro ricurvo in punta che chia-mano kongva. Alcuni usavano il ro-noas, un rastrellino, altri le dangkiep, le pinzette, tutti strumentiadatti a selezionare e raccoglieredall’immondizia ciò che poteva es-sere riciclato. Ho notato che i piùpiccoli, bambini di sei o sette, eranomuniti del kongva.

VIAGGI

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La visita quasi furtiva alla Phnom Penh più

NON SOLOKOROGOCHO

La strada, si fa per dire, che porta in cima alla grande collina dei rifiuti solidi di Phnom Penh.

di Giancarlo Manieri

Steung Meanchey è la grandediscarica dei rifiuti solidi diPhnom Penh. Una montagna

maleolente che si può percorrere inmacchina fino in cima, dove invecedi una vetta trovi un largo pianoro.Un pianoro… abitato! Fa vergognascriverlo, ma non posso non scriver-lo. Tra le montagne di immondi-zia c’è perfino un villaggio SteungMeanchey, appunto, abitato dai di-sperati della miseria e popolato dibambini che s’aggirano seminudinel mare di rifiuti. Come topi.Quanti sono? Cinque/seicento…Nessuno lo sa, perché il villaggio èprivo di strutture amministrative,non c’è un’anagrafe e la popolazio-ne cambia ogni giorno: ogni giornoqualcuno fugge e non si sa dove va-da, ogni giorno qualcuno arriva enon si sa fino a quanto potrà resiste-re. Dalla discarica prima ci si allon-tana e più a lungo si vive. L’ariamefitica, le infezioni, i topi, i mo-sconi, i ragni, i rettili, i cani randagi,le zanzare… E ancora, le carcasse

Bambine tornano alle loro baracche dopo il lavoro.

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miserabile, quella della grande discarica.

grande letamaio, fin verso uno deibordi della collina: sotto, sulla si-nistra il gruppo di baracche diSteung Meanchey dava l’idea di unvillaggio di zombi! C’era dell’erbama… non era verde né secca, ave-va uno strano colore che mi sem-brò avesse assorbito per osmosidall’indefinibile nuance della di-scarica. E c’era pure un fosso… vistagnava dell’acqua, o perlomenoqualcosa che le assomigliava: unliquido nerastro che dava l’idea diun intruglio velenoso. Davanti anoi, lontano, verso la città, il verdedell’erba tornava a trionfare, quasivolesse indicare che la discaricaera solo una parentesi, un bubbonemalato. Non ne potei più: “Don,torniamo indietro!”. Girammo a“U” per portarci fuori da quelmondo in decomposizione. Ripas-sammo a 20 metri dalla coppia.Dove prima ci eravamo fermati, unomone biondo, forse un europeo,aveva piazzato su un treppiede lasua cinepresa e riprendeva tran-quillamente quel panorama da bri-vido. La coppia di prima, ancora dispalle, mi apparve ancor più simileall’immondizia entro cui frugava,quasi volesse scomparire per nonfarsi catturare dall’occhio freddodella telecamera. Avevo chiesto ioa Roberto Panetto di accompa-gnarci alla discarica. Me ne sonopentito cento volte. Lo giuro. Lamia “politesse” occidentale nonsopportava quella tragedia dell’e-ducazione dove bambini dai 6 ai16 anni fanno i “raccoglitori”, al-cuni a tempo pieno cioè tutta lagiornata.

CHI PAGA PER TANTA INFAMIA?

L’orario lavorativo (ma è un eufe-mismo chiamare lavoro quel mestie-re) alla discarica comincia alle 4 delmattino quando arrivano i camion diraccolta. Alcuni, i più poveri, quelliche “devono” portare a casa il neces-sario per la sopravvivenza della fa-miglia, lavorano anche di notte, aiu-tati da lampade a gas. Frotte di bam-bini inseguono anche i bulldozer chespianano la mondezza per vedere sequei bestioni di ferro che spargono epressano i rifiuti, portano alla lucequalcosa di interessante per la loromiseria. Ciò che trovano lo raccatta-no con gesto veloce e lo infilano inun sacco o un cesto di plastica. A fi-ne di giornata, lo portano a casa.Raccolgono rame, alluminio, ossa,ferro, bottiglie, cartone, cavi, fili equant’altro. Il tutto va a finire nei ne-gozi vicini alla discarica o pressopiccole industrie che lo lavorano e ri-vendono anche fuori della Cambo-gia. Guadagnano una miseria 3/400riels in moneta locale, una settantinadi centesimi di euro, ma è quanto ba-sta per non crepare. Dicono che Ko-rogocho sia il posto più infernale delmondo. Non lo so. Non ci sono stato.Ma alla discarica di Phnom Penh nonriuscivo a immaginare un luogo peg-giore. Il padre Zanotelli parla dellatroppa gente ammassata nel quartie-re/discarica di Nairobi come di “sar-dinizzati”. A Steung Meanchey miveniva in mente l’immagine di zom-bi, di morti viventi. Sì, i salesianihanno davvero un campo infinito diapostolato religioso e sociale. �

PER DOCUMENTARECi fermammo sul pianoro. Il

tanfo rivoltante sembrava offende-re il cervello più che le narici. Hocontinuato a sentirlo per tutta lagiornata. Mi ha mandato di traver-so la cena, mi ha riempito di incu-bi il sonno. Lassù volevo scattarequalche foto, ma sentivo timore evergogna. Mi feci coraggio: “Chedici, don, potrò fare qualche scat-to?”. “Sì, tanto quelli non si ribel-lano”, rispose asciutto. Si riferivaa due persone a una ventina di me-tri da noi, protetti da una specie diriparo, quattro bastoni e uno strac-cio, accucciate tra la sporcizia afrugare. Si trattava di una donna eun bambino (o era una bambina?),rivolti verso di noi. Lavoravanocon l’immancabile kongva, lenta-mente, come fossero stanchi diquell’orrido mestiere. Mi feci for-za, impugnai la macchina fotogra-fica portando il mirino verso l’oc-chio. Appena se ne accorsero, sen-za segno di fastidio o di ribellionema così quasi per nascondere la lo-ro vergogna, i due si girarono dispalle. Mi sentii un verme. Feci infretta qualche scatto e mi rifugiaidi nuovo dentro il pullmino. Loconfesso, sudavo freddo ed erava-mo sotto un sole impietoso che do-veva picchiare oltre i quaranta gra-di. Continuammo il giro in quel

… due persone a una ventina di metri da noi, protetti da una specie di riparo – quattro bastoni e uno straccio –accucciate tra la sporcizia afrugare.

Lontano, verso la città, il verde dell’erba tornava a trionfare, quasi volesse indicare che la discarica era solo una parentesi, un bubbone malato.

Il padre Corti a Comodoro Rivadaria è un’istituzione.Praticamente intoccabile.Se fosse da chiunqueattaccato o importunatoverrebbe difeso da unesercito di poveri. È forsel’unico prete vivente cuiabbiano già dedicato due piazze nella cittàdove opera.

Èdecisamente “particolare” pa-dre Corti, italiano di originema argentino di elezione. E

lui lo sa. Simpatico, dinamico, lo-quace, racconta la sua incredibile vi-ta, a cominciare da qualche furbiziaper non lasciare la povera gente. Di-ce sorridendo: “L’ispettore volevacambiarmi da Comodoro – e ne ave-va tutto il diritto – ma io mi sentivomorire, lontano dai miei poveri per iquali stavo costruendo collegi, stra-de, ambulatori, ecc. Forse proprioper questo mio gran daffare, il supe-riore s’informò: A proposito, quantidebiti hai? Ebbi una folgorazioneistantanea; risposi: beh… più di duemilioni di pesos! Erano allora unasomma enorme; lui si spaventò e milasciò lì. E ci sto ancora”. PadreCorti continua a raccontare, ne haper ore. Parla senza rispettare la cro-naca temporale degli avvenimenti.Insomma, salta di palo in frasca,

come fanno i geni. Di colpo passadallo ieri all’oggi senza scomporsi:“Ah, sa una cosa? Io chiedo a DonBosco ciò che mi serve, perché lavo-ro per lui. Così un giorno in cui ave-vo bisogno di una grossa grazia, misono rivolto a lui, come al solito, mastavolta… niente. L’ho ripetutamenteinvocato, sempre senza esito. Alloraho preso la sua statuetta, l’ho messanel bagno e gli ho detto ‘Don Bosco,adesso te ne stai qui recluso, finchénon mi dài quello che mi serve!’”.

I CARCERATIPadre Juan è uno dei personaggi

di primo piano a Comodoro. Eppu-re, se lo vedi sembra nessuno. Unpretino modesto nel portamento,sempre con il sorriso sulle labbra, el’espressione di chi è in pace conDio e con gli uomini. Ma quandoracconta, t’accorgi che dentro uncorpo fragile, nonostante gli 82 an-ni, nasconde una volontà di ferro.Gli chiedo: “Padre, alla fin fine checosa ha realizzato di concreto a Co-modoro?”. La risposta è immediata,e vengo a sapere che quel prete altouna spanna, somigliante a un nonni-no sul viale del tramonto, ha co-struito un grande collegio intitolatoa “Domingo Savio” con scuole ele-mentari, medie e superiori per geo-metri e artigiani. Ma la cosa più stu-pefacente è che non ha cercato unaditta per i lavori, è andato nel carce-re dipartimentale e ha chiesto i re-clusi. Il magistrato responsabile s’èspaventato, tanto che ha tergiversatoper 25 giorni, alla fine gliene ha as-segnati 35. “Ma non voglio guardietra i piedi!”. “E chi li sorveglia? Pa-dre, non mi chieda ciò che...”. “Lafaccio io la guardia!”. Il direttoredel carcere dovette cedere e lui ini-ziò i lavori. Ai carcerati/operai dava

MISSIONI

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Profilo di un salesiano sui generis che da quasi

DO PERCHÉ RICEVORICEVO PERCHÉ DOdi Giovanni Eriman

Gian

carlo

Man

ieri

Don Corti alla Pisana nel maggio 2007 con i confratelli (da sn.) don Francesco Motto, don Mario Baroni e don Pietro Santilli.

La cartina della Patagonia.

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sessant’anni si dedica anima e corpo ai poveri.

ho fatto tutto per i poveri; dunque,prima avevo costruito un altro colle-gio Domingo Savio, inaugurato nel1962, per 1200 figli di famiglie po-verissime. Poi fu la volta del Zeferi-no Namuncurà per 550 bambini, conscuole elementari e medie. La quartaopera è stata la scuola professionaleSan Giuseppe Operaio, per 450 tec-nici e apprendisti. Le 30 macchineper i laboratori le hanno regalate imiei paesani di Galbiate. Poi ecco ilGiovanni XXIII per 1150 bambini diasilo, elementari e medie, la scuolapiù numerosa di Comodoro. Nel1996 me l’hanno bruciata due dro-gati. Ma quattro anni dopo l’ho rico-struita.

Ancora, il San Giovanni Bosco,inaugurato nel ’82. È stato incendia-to nel 2001 da quattro bambini di 9,10 e 14 anni perché erano stati rifiu-tati essendo il collegio stracolmo di1150 alunni. Qui ha frequentato laministra dell’educazione del Chubut,

signora Alcide Morandi, e vi ha stu-diato anche il calciatore Mario Al-berto Santana che ha giocato primanel Chievo, poi a Palermo quindi conla Fiorentina e ora gioca in Inghilter-ra. L’Asilo Don Bosco è per 200bimbi dai 3 ai 5 anni, e la chiesa diCristo Lavoratore per una parrocchiadi 30 mila anime. Senza contare isette laboratori medici in periferia ealcune cooperative per acqua, luce,gas, e case per i poveri...”.

C’È DELL’ALTROL’ho interrotto perché sembrava

non volesse finire più. Ero ammira-to, a dir poco. Gli ho chiesto a bru-ciapelo: “Ma… ha qualche progettoper il futuro?”. “Certamente: devocostruire un tempio a Don Bosco.Sto iniziando”. Negli anni Settantaera presidente dell’Ospedale Gene-rale di Comodoro Rivadavia. Vennea trovarsi finanziariamente in catti-ve acque: il governo non pagava,mancavano i fondi. Padre Corti ven-ne ai ferri “corti” con il ministro del“Bienestar Social” e minacciò diportare i malati in riva al mare, ab-bandonandoli a se stessi. E i fondifurono trovati! Tra le imprese famo-se è notissima quella che l’ha vistoprotagonista di pace quando i pove-ri in sciopero stavano accingendosia dar fuoco ai negozi per distrugge-re tutto. Le autorità chiamarono luia calmare gli animi. Egli fece prepa-rare dai commercianti un pacco/do-no per ciascuno dei rivoltosi, lo di-stribuì come segno della buona vo-lontà di risolvere le questioni pen-denti, e tutto rientrò. Solo la grandepopolarità e l’amore dei poveri losalvò, durante la dittatura del gene-rale Videla, da morte certa. Era alsecondo posto su una lista di 90persone da eliminare. Ma chi potevatoccare un uomo che ha dato spe-ranza a più di 50 mila ragazzi, tantopopolare che un centinaio di bambi-ni portano il suo nome? “Per qualmotivo, padre, portano il suo co-gnome?”. “Li hanno abbandonatidavanti alla mia porta, io li ho rico-nosciuti davanti alla legge, dandoloro il mio cognome”. Per saperne di più:www.amigospadrecorti.org.ar

il 5% di quello che loro spettava,mentre il 95% lo consegnava alleloro famiglie. Il collegio (5000 m2

per 4 piani) fu pronto in metà deltempo che sarebbe servito a una dit-ta. Il magistrato rimase talmentecolpito dall’incredibile impresa cheper Natale concesse cinque giorni dilibertà ai detenuti. Al tempo stabili-to tornarono tutti in carcere.

SENZA SOLDIUna volta si trovò a corto di dana-

ro, con tanti pagamenti da fare, enon sapeva dove sbattere la testa.Solito ricorso a Don Bosco: “Pensa-ci tu!”. Proprio in quel momentobussano alla porta. Entra un signoreben vestito: “Reverendo, le conse-gno questa busta”. “Chi la manda?”.“Non sono autorizzato a dirlo. Laapra a mezzanotte!”. E sparì. PadreCorti attese la mezzanotte poi aprì labusta. C’erano 350 mila pesos, quel-lo che gli serviva per finire un altrodei suoi collegi per 1200 alunni.

Il libro di Maria Valdaski, Masfuerte que el fuego, racconta con ab-bondanza di particolari le gesta dipadre Juan, e un regista ha realizzatoun documentario sulle sue imprese:El hijo de la Pampa. “Insomma, donGiovanni, anzi padre Juan, può elen-carle queste sue imprese?”. “Se vuo-le... Dunque, oltre al collegio già de-scritto, quello fatto con l’aiuto deicarcerati... – s’interrompe – Ah, pri-ma di andare avanti, ti assicuro che

Il collegio Deán Funes di Commodoro Rivadavia dove don Corti iniziò il suo apostolato di insegnante, prima di dedicarsi totalmente ai poveri.

Don Corti in udienza da Paolo VI.

Carissimo, doveva accadere. Ci sono cascato anch’io. Stoscrivendo tra 4 o 5 libri disordinati, su unascrivania, un biglietto ferroviario, un cellulare inricarica, una rivista destinata al cestino e unafoto di gruppo. Non sono un duro.Un viaggio – si sa – inizia prima, molto prima dellapartenza. Il cuore è sempre l’ultimo a imbarcarsi.Mille chilometri sono tanti come dieci, cinque,come anche solo mille metri. Allontanarsi – è una gara dura – .La voglia di averti vicino è un desideriosacrosanto. È come stare alla finestra. Lafinestra non è un occhio spento. È un’opportunità che se ti vede scivolare lontanoall’orizzonte ti spalanca le porte del cuore dove entri e non esci più.Molti amano stare alla finestra: non è un modo di mettere il naso negli affari degli altri, non è un modo di perdere tempo, non è una curiosità morbosa.È la voglia di trattenere chi esce di casa, di inseguire i sentimenti che contano, è un’occasione e un’uscita di sicurezza. Allafinestra nascono/muoiono i desideri.Quest’estate ho avuto modo di conoscere l’alberodei desideri. Tre domande lecite: dove? Che cosa?Quando?La prima: in Turchia. Di fronte a Istambul, una bellissima isolaBuyukada (etimologicamente grande isola),10.000 abitanti, niente macchine, solo carrozze e coppie di cavalli.Nell’isola un santuario ortodosso dedicato a sanGiorgio. E l’albero dei desideri?I pellegrini salendo al santuario, non so se per devozione, tradizione o imitazionefanno una sosta e con gesti quasi liturgici esacrali compiono tre azioni: estraggono una

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fettuccia bianca e gialla, vi scrivono una grazia daperorare, il desiderio di turno. E da ultimostringono la fettuccia al ramo dell’albero con unpaio di robusti nodi.Suggestivo: è l’albero dei desideri. Sembra unciliegio con tutti quei fiocchi bianchi, rossi e gialli.Da fedele turista ho inalberato anch’io il mio desiderio: la voglia di starti vicino.È così.Se lasci o saluti un amico lo senti più amico. Se un volto scompare oltre l’orizzonte ti senti unosservato speciale.Se lasci l’Italia ti senti più italiano.Se lasci il cuore ti senti amato per sempre.Mi sono portato via da quest’estate una secondausanza che mi ha molto aiutato a non sentirmilontano da te.Si dice che se tocchi con la tua destra l’acqua delBosforo, raggiungi chiunque, dovunque.Il mare tiene tutti in acqua e porta a galla tutti inostri pensieri.Nostalgico? Forse. Entusiasta? Sì.Conoscerti è stato mitico, magico, bello.A Napoli si direbbe “O mostro!”.

VOGLIA DI STAR VICINO

letteraai giovani

LA VOGLIADI...

Cipr

iano

Dem

arie

BS OTTOBRE 2007

Anche l’Africa si è aperta alla comunicazione sociale, data l’importanza che a livello

apostolico riveste questo grande comparto della cultura. I salesiani, fedeli al fondatore, vogliono essere all’avanguardia. Presentiamo

in questo articolo una bella realizzazione dell’ispettoria Africa-Est.

INSERTO

CULTURA

BEAMSRAGGI DI LUCE

di Tom Kunnel

Lo sforzo più grande richiesto dalla Chiesa e dalla congregazionesalesiana ai propri figli è quello di educare ai mass media, perché il

mondo di oggi è sotto il dominio dei mezzi di comunicazione sociale e losarà sempre di più. L’intento dei salesiani non è quello di comunicare

notizie, quanto quello di divulgare la Buona Notizia, il Vangelo di Gesù.Si tratta insomma di usare per l’Annuncio e la Catechesi tutti i mezzi

audiovisivi oggi disponibili sul mercato. L’Africa Est salesiana ci prova coni BEAMS (Servizi Multimediali Don Bosco Africa Est)

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I salesiani di Don Bosco si sonoavventurati in Africa Orientale27 anni fa, precisamente nel

1980. Gli sforzi iniziali vennerodiretti, com’era ovvio, verso l’e-vangelizzazione e l’educazionetecnica della gioventù povera. Eb-bene in 27 anni 27 opere: il ritmodi un’apertura all’anno ha dell’in-credibile. Lo sparuto gruppo deiprimi salesiani, inviati dall’ispetto-ria di Bombay tre a Iringa e altret-tanti a Mafinga in Tanzania, e nel-lo stesso anno altri tre a Korr inKenia si è allargato fino a contare160 confratelli. Vista l’espansionequasi prodigiosa di presenze, inuna nazione che ha fame di Van-gelo come di pane, nell’anno Giu-bilare 2000, proprio per affrontarecon mezzi adeguati e rinnovatozelo il III millennio cristiano, si

volle prendere una decisione co-raggiosa: fondare un centro per imass media a Nairobi, che servisseil Kenia, la Tanzania e il Sudan. Sicominciò subito a lavorare per larealizzazione, e il sogno poté di-venire realtà nel 2004, quando siaprì un semplice studio per la pre-stampa e la composizione chevenne chiamato “Studio Bakhita”,in onore della grande e simpati-ca schiava sudanese che divennesuora e santa tra le canossiane.Qualche tempo dopo ecco venirealla luce un secondo studio, lo“Studio Kizito”, che venne attrez-zato per le produzioni multime-diali. Infine, nel maggio 2005, lo“Studio Bosco” adibito a registra-zioni digitali audio. Man manoche uno studio nasceva, iniziava alavorare a ritmi sostenuti, perché la

richiesta di servizi superava ogniaspettativa. Non tardarono i rico-noscimenti. In effetti durante la se-duta plena-ria dell’AMECEA (Associazione deiMembri delle Conferenze Episco-pali dell’Africa Orientale) a Kam-pala, nel giugno 2005, BEAMS (lasigla è stata scelta anche perché laparola in inglese significa raggi diluce) ha ricevuto da SIGNIS (l’As-sociazione Cattolica Mondiale perla Comunicazione) il premio perprestazioni eccellenti.

NEL MONDO MULTIMEDIALE

Il sogno di BEAMS era, ed è an-cora, quello di inserirsi nel mon-do multimediale e di usarne lastraordinaria potenza di penetra-zione secondo i fini propri delcarisma salesiano: educare edevangelizzare, o per usare la feli-ce espressione del Rettor Maggio-re don Egidio Vigano, “per edu-care evangelizzando ed evange-lizzare educando”. La missionespecifica di “Raggi di Luce” è,dunque, quella di essere ciò cheil nome significa: spargere la lu-ce della Buona Novella di Gesùin mezzo ai giovani dell’AfricaOrientale, seguendo il metodoeducativo di Don Bosco, poten-ziato e reso più appetibile daimoderni mezzi della comunica-zione sociale.

Sin dall’inizio, consci delle gran-di sfide cui occorreva far fronte,l’équipe che gestiva BEAMS, dopoun’approfondita riflessione scelseun approccio dalle molte sfaccet-tature. Prima di ogni altra cosa si èscelto di offrire programmi che po-

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tremmo chiamare di persuasione.L’intento dichiarato era quello disensibilizzare gli operatori dellapastorale e della catechesi affin-ché diventassero più consapevolidel mondo dei mass media e del-la necessità e urgenza non solo diusarli, ma soprattutto di saperliusare. Per questo motivo l’équipedel centro è andata in giro perscuole, nei centri parrocchiali ediocesani, e negli istituti religiosiper propagandare i corsi residen-ziali organizzati presso la DBYES(Centro Servizi Educativi Giova-nili Don Bosco) cioè nella sede diBEAMS.

Né l’offerta di servizi si limita aqueste iniziative. Infatti, “Raggi diLuce” offre a tutti gli animatoridelle tre nazioni che serve, il pro-gramma Anima l’animatore, cheha lo scopo di equipaggiare glianimatori locali a dar vita a grup-pi che imparino bene a utilizzarenel loro lavoro educativo e/oapostolico, i numerosi e diversifi-cati strumenti della comunicazio-ne sociale. Si tratta, in definitiva,di veri e propri Corsi per Anima-tori, consci che i media non sonofacili da maneggiare. In effetti, lostrumento di per sé non insegnanulla, e anzi, usato male, può an-che essere pernicioso. È l’anima-tore che gli dà anima e qualità.

A questo scopo BEAMS ha pre-parato alcuni programmi mul-timediali, come Attrezzi media-tici per l’animatore giovanilee Analisi del film “Gesù” (regiadi Robert Young), come esem-pi di un retto utilizzo del mezzo.L’analisi è guidata da suor Do-minica Dipio. È stata preparataanche una serie di DVD sul tea-tro da strada, con uno sco-po preciso, quello di sensibiliz-zare sul problema più tragicoche investe l’Africa più di qua-lunque altro continente, l’AIDS.L’utilizzazione massiccia del fol-klore tradizionale e delle dan-ze tribali ha reso più viva e frui-bile la visione ed efficace lacampagna.

IL CINEFORUM E ALTROUn’altra attività che ha preso

piede ed è bene accolta daglioperatori è quella del Cineforume dell’esperienza Grande Scher-mo. BEAMS ha la possibilità diproiezione audiovisiva con audiomulticanale, conosciuto con ilsuo termine inglese di DOLBYSURROUND. Il centro possiedeormai una raccolta di circa 200film “da non perdere”, cioè tra ipiù significativi e degni di atten-zione, perché portatori di mes-

saggi positivi. Tutti i DVD in de-posito sono in formato originale,non, dunque, copie piratate.

Sul versante della carta stampa-ta, la rivista che più s’impone è ilBollettino Salesiano locale (localesi fa per dire, perché il SalesianFamily Bullettin è diffuso in 6 na-zioni (Kenia, Uganda, Tanzania,Sudan, Randa, Ethiopia) pubblicamolto spesso articoli sui mass me-dia e i messaggi del Santo Padreper le Giornate Mondiali dellaComunicazione.

A livello di creazione di net-work, BEAMS ha stabilito contatti

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con l’Università Cattolica dell’EstAfrica, il Centro Internazionaledei Maristi, Tangaza College, ecc.che offrono corsi di educazioneai media.

Un’altra efficace realtà “edito-riale” del centro multimediale èil sito web che risponde all’indi-rizzo www.dbafe.org. Esso, oltrea presentare tutte le case, la lorostoria e le attività della provinciaecclesiastica salesiana (parroc-chie, scuole secondarie, scuoletecniche case di formazione,centri giovanili sparsi in Kenia,Tanzania e Sudan) offre ancheuna collezione immensa di risor-se in rete, elencate alfabetica-mente e per tema, in modo dafacilitare la ricerca e lo studiodei media. Il tutto coronato an-che da tre gallerie di foto, unaper ogni nazione della provinciaecclesiastica che mostra avveni-menti e attività principali di ogninazione. Il sito, che merita in-dubbiamente la visita, è comple-to nella sua panoramica delleopere, delle attività, dei collabo-ratori, dei volontari, dei santidella Famiglia Salesiana, dellepubblicazioni, ecc. Cartine sen-sibili aiutano ad andare nella lo-calità che si desidera visitare.Oltretutto la veste grafica è chia-ra, invitante e fruibilissima.

A CONCLUSIONESiamo senza dubbio la più re-

cente istituzione che si occupa dimass media nella nostra zona equindi abbiamo il grande sogno diaddentrarci molto in profondità inquesta città cibernetica che sa difuturo e nemmeno più tanto remo-to. Oggi i giovani, anche i più po-veri, cercano con tutti i mezzi diprocurarsi un computer e di met-tersi in rete, perché sanno beneche la rete è la più grande piazzadel mondo. Per quanto virtuale, of-fre tuttavia in tempo reale notizie,

opportunità di lavoro, conoscenzefinora impensabili e incita allo stu-dio e alla ricerca. Internet ti dà l’il-lusione di possedere il mondo. Edè questo il grande miraggio che at-tira sempre più torme di giovani.Ecco perché BEAMS è presente nelweb e si ripromette di incrementa-re ancora questa presenza per au-mentare le opportunità di fare ani-mazione e apostolato.

Sono giovani professionisti pre-parati dal nostro stesso centro aoccuparsi del buon funzionamentodel sito web. Le sfide sono molte-plici, ma siamo convinti che pos-siamo insegnare il buon uso deglistrumenti mediali contemporanei,che possono contribuire in mododecisivo al raggiungimento di ri-sultati anche superiori a quelli dicoloro che usano i mass media perdistruggere e appiattire le culture ele persone.

Come cristiani siamo chiamatia essere il lievito e il sale delmondo (cfr. Mt 13,33 e 5,13): ciòsignifica che la nostra missione èincoraggiare piuttosto che dissua-dere, costruire piuttosto che di-struggere. Il mondo dei mass me-dia ha bisogno di lievito e di saleper realizzare il potenziale cheha a sua disposizione per arric-chire la nostra vita e la vita deigiovani che serviamo.

Tom Kunnel

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MARI CARMENBAMBINADA ALTARE

Nella Spagnainsanguinata dalla guerracivile, trascorre i suoi brevianni Mari Carmen, le cuivicissitudini familiari silegano strettamente aglieventi politici in corso; suamadre era la nipote deldittatore, Miguel Primo de Rivera.

La bambina viene alla luceil 14 marzo 1930 e muovela sua vita in un tenero e

continuo dialogo con Dio che na-sce da subito grazie ai sacramentiche riceve (il battesimo appenanata, la cresima a soli due anni),poiché, come ebbe a dire la ma-dre: “Ero convinta dell’approssi-marsi di momenti difficili per laSpagna e per noi, con accenni dipersecuzione religiosa; volevoperciò che la mia bambina rice-vesse quanto prima il SignoreGesù”. Con sentimenti maturi edono di sé la piccola Mari Car-men si lascia ispirare dall’esem-pio materno nell’accoglienza diDio predisponendo così il suocuore all’amore verso il prossimoe all’esercizio del perdono…virtùqueste che ben presto si trovò asperimentare dato che suo padre,cattolico fervente, trovò la mortedurante la guerra fratricida, chevedeva contrapposti i nazionalistidi destra, guidati nella rivolta dalgenerale Francisco Franco controi repubblicani del fronte popolareappoggiati dalle sinistre.

� Nel quaderno di “Atti” e“Fioretti” dove la piccola Car-men appuntava le sue riflessioni,è possibile comprendere il suototale e appassionato affidamentoal Signore e la sua precoce maautentica maturazione spiritualeche ogni giorno diventava piùconsapevole grazie anche ai mi-rabili esempi materni. Nell’anno’38-’39 dopo alterne vicende po-litiche e familiari (si erano in unprimo tempo rifugiati nell’amba-sciata belga poi si stabilirono aSan Sebastian), Mari Carmenfrequenta una scuola di suore delSacro Cuore e nell’ottobre 1938va in collegio presso le suore ir-landesi di Zalla. L’anno seguen-te, di ritorno dalle vacanze di Pa-squa, contrasse la scarlattina chesi complicò a causa di un’otiteche degenerò in setticemia. Neidifficili giorni del dolore chemartoriavano il suo corpo e lace-ravano il cuore di chi le rimane-va accanto, solo il nome di Gesùriusciva a sollevarla dalla soffe-renza. Il dottor Antonio MartinCalderin disse: “Durante tuttoquesto tempo, sebbene la bambi-na avesse solo 9 anni, sopportò lesofferenze e i dolori con una ras-segnazione veramente esemplaried era curioso osservare come al-l’iniziare la cura dolorosa le ba-stava pronunciare il nome ‘Gesù’per sopportare senza lamentarsi,ogni dolore”. La malattia avevadunque fortificato la sua giovanema adamantina fede, divenutaeroica. Nonostante gli sforzi deimedici, la piccola morì il 17 lu-glio 1939.

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� Sembrano le parole di ungrande mistico, Mari Carmenmoriva distrutta dalla malattia maquel passaggio cambiò anche ilsuo aspetto; un’infermiera com-menta: “ Prima di morire emanavaun odore sgradevole (…), dopo lamorte, cambiò. Emanava un odoresoave, una fragranza tutta sua, di-versa dall’odore dei fiori che ave-va tutti intorno a sé. Non era piùrigida ma flessibile”. Nel 1961 èiniziato il Processo Diocesano aMadrid e fu consegnato a Roma il10 maggio 1983 essendo stato ap-provato dalla Sacra Congregazio-ne per le cause dei Santi. Nel 1990è stata presentata nella stessa Con-gregazione la “Posititio sulle suevirtù eroiche”. �

[email protected]

Mari Carmen González-Valerio (1930-1939).

Da 50 anni, salesiani e FMA sono presentinell’Alto Orinoco,nell’Amazzoniavenezuelana. Hanno seminato il Vangelo tra gli indigeniattraverso l’impegnoeducativo e un intelligentepercorso di catecumenato.

VESTITI DI ARIA E DI SOLE

La visita, desiderata e finalmenteattuata, fa’ parte, per Madre Antonia,dell’immaginario ardente dei suoiprimi anni di vita religiosa quandogiungevano i reportages di padreCocco, il pioniere di queste terre, e lafacevano sognare di poter essere mis-sionaria laggiù, tra quella gente «ve-stita di aria e di sole». Con un ruolodiverso, viene salutata oggi dal capi-tano Pompeyo, che la introduce inuna comunità di Yanomami. Il popo-lo di questa etnia vive principalmentedi agricoltura e caccia, abita in casecomuni chiamate shabono, strutturacircolare che accoglie dalle 40 alle100 persone. La loro forma di societàè ugualitaria, non gerarchica e credo-no nell’esistenza degli spiriti, chia-mati Yawari, che vivono nelle laguneo nella selva e che considerano ami-chevoli. Qualche anno fa, uno studio-

so scriveva: «… gli Yanomami sareb-bero l’unica etnia rimasta genetica-mente pura tra tutti gli uomini viventisulla terra… Sono figli di coloro che,almeno sessantamila anni fa, attraver-sarono lo stretto di Bering, al di sopradi un ponte terrestre ora scomparso.Da allora sono prigionieri di questopianeta, fatto di fiumi e di foreste.Non conoscono altro mondo».

L’Orinoco è la loro via di comuni-cazione e proprio sulle rive di questofiume sorgono le missioni salesiane,che portano avanti un progetto coralemirato su tre obiettivi: il processo ca-tecumenale o di evangelizzazioneesplicita; la promozione comunitariaattraverso la cooperativa e i lavoricomunitari; l’educazione formale in-terculturale bilingue. Quest’ultimorisultato è il frutto di lunghi anni distudio per giungere alla scrittura dellacomunicazione solo orale degli indi-geni. Attualmente, i testi scolasticiportano, a fronte della lingua yano-

FMA

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Figlie di Maria Ausiliatrice - La Madre Generale Antonia

NOZZE D’OROTRA GLI YANOMAMI

di Graziella Curti

Sveglia alle cinque del mattino.Caracas è ancora nel buio quan-do madre Antonia Colombo,

Superiora generale delle FMA, salesull’aereo che la porterà a Ocamo,nel cuore della selva amazzonica.Duemila chilometri di volo sopra unmare verde. Obiettivo del viaggio, èquello di ringraziare e celebrare i 50anni di presenza missionaria tra gliYanomami: un lungo cammino di in-culturazione del Vangelo che ha por-tato in questi ultimi anni alla nascitadi una Chiesa locale che crede in Ge-sù, assume la buona notizia dalle ra-dici proprie della sua cultura e rileggei miti, le tradizioni, le abitudini e lamentalità a partire dalla novità e dallaluce della Parola.

Un bambino yanomami.

Lo shabono è la casa collettiva degli yanomami.

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chiedevano: “Con chi parlate?”.“Con Dio” rispondevamo. “Chi èDio?” ci domandavano. “Colui cheha fatto il fiume, la selva, gli animali,gli Yanomami, tutto….». Sia le Figliedi Maria Ausiliatrice sia i Salesianihanno capito questa lezione, che cer-ca di inculturare il mistero cristiano.Non hanno avuto premura nell’an-nuncio evangelico. Si sono impostilunghi cammini di riflessione insie-me, nella comunità apostolica, pertrovare quei segni tipici della culturaattraverso i quali far comprendere isegni cristiani, i sacramenti e la buo-na notizia del Vangelo.

Quando madre Antonia Colomboha visitato la missione S. DomenicoSavio, ha potuto partecipare, nelloshabono, alla celebrazione della ve-glia battesimale dove è stato riletto ilmito del fuoco alla luce della festa.Un fuoco nuovo che ha il potere diproteggere la gente e di introdurla allacelebrazione del giorno seguente incui trentaquattro persone hanno rice-vuto il Battesimo. L’intera comunitàindigena si è preparata al grandeevento con una celebrazione peniten-ziale, che ha affascinato madre Anto-nia Colombo per la concretezza e laprofondità del messaggio. Attorno adun albero di palma, fasciato dal suostesso fogliame, dove erano stateconficcate alcune frecce, è stata fattala confessione pubblica dei peccati

comunitari. A ogni colpa dichiarata,veniva tolta una freccia dall’albero,che si liberava dalla stretta del suofogliame, simbolo del cuore di ognipersona che si sgravava del peccato.«Perdonaci, Signore – diceva il por-tavoce della comunità – perché fac-ciamo sposare prematuramente lenostre figlie gravandole del peso fa-miliare e impedendo loro di frequen-tare la scuola». E un altro aggiunge-va: «Riceviamo denaro dal governoe invece di usarlo per il benesseredella famiglia, ci ubriachiamo e mal-trattiamo le nostre mogli. Abbi pietàdi noi, Signore». Una lezione di tra-sparenza per le nostre modalità, avolte un po’ troppo edulcorate, di ri-conciliazione sacramentale.

LA PAROLA CHE DÀ PACEIl Battesimo è stato l’approdo di un

lungo cammino di cinque gruppi dicatecumeni, che sono stati accompa-gnati dai missionari, dalle missiona-rie e dai ministri indigeni. Infatti, perraggiungere questa meta, la comunitàha istituito vari ministeri: quello deicelebratori, che sono già battezzati eannunciano la Parola ad altre comu-nità; quello dei traduttori, che conmissionari e missionarie traducono laParola in yanomami; quello di coloroche rileggono il Vangelo per incultu-rarlo e tradurlo in una evangelizza-zione esplicita.

Quando Madre Antonia ha chie-sto a uno dei celebratori di spiegarleil suo compito, lui ha risposto con lavoce e i gesti che l’hanno profonda-mente commossa: «Io annuncio ilVangelo ai miei fratelli, ma spessoloro mi fanno delle domande diffici-li sul senso della vita, sul dolore…Io non so che cosa rispondere e al-lora, nel silenzio, cerco di leggerenel mio cuore e poi dico una parolache non è mia. Ma sono sicuro cheviene da Dio, perché chi l’ascolta ri-mane nella pace». �

mami, lo spagnolo, in modo tale daaggiungere la conoscenza di unostrumento comunicativo in più.

Anche per quanto riguarda la pro-mozione comunitaria, attraverso ilcommercio di prodotti locali, c’è vo-luta tanta pazienza da parte dei mis-sionari, che hanno stimolato gli indi-geni allo scambio di merci per vince-re la condizione di miseria e di famein cui vivevano queste popolazioni.Tali traguardi, compreso quello dellaformazione dei maestri, sono statiraggiunti grazie alla presenza dellaMissione, oggi chiamata ComunitàApostolica S. Domenico Savio, cheirradia, attraverso fma, sdb, missio-nari laici e volontari/e, il servizio avari centri: Mavaca, Ocamo, AltoOcamo, Platanal, Mavaquita.

DIO: COLUI CHE HA FATTO IL FIUME

Diceva padre Cocco, ricordandol’inizio della missione: «Sia pure contutto il rispetto che meritava la lorocultura, dovevamo entrare nel tema:annunciare Cristo, Dio. Perciò innan-zitutto ci mettemmo a imparare la lo-ro lingua, a studiare i loro costumi enel frattempo andavamo predicandocon l’esempio, che è il discorso chetutti capiscono… Gli indios ci vede-vano pregare? Capivano subito cheparlavamo con Qualcuno e allora ci

Colombo visita gli avamposti missionari.

Macaca-Ocamo. La madre con la comunità FMA tra gli yanomami.

Cerimonia del battesimo con monsignor David Divason.

EDUCAZIONE

RELIGIOSA VITACOME VOCAZIONE

SUGGESTIONIDI PAROLE Temi religiosi e socialidalla A alla Z per la catechesie l’insegnamento della Religione di Mario Chiarapini Paoline, Milano 2007pp. 340

LEZIONI DI DIO Sulla storia della vocazione di Enrico Dal CovoloEditrice Rogate, Roma2007, pp. 104

Queste lezioni, distribuitein sei giornate tematiche,seguono una linea unitariasuggerita dallo schemaletterario dei racconti bibli-ci di vocazione. Uno sche-ma a cinque punte: lachiamata di Dio, la rispo-sta della persona umana,la missione, i dubbi e le re-sistenze del chiamato, laconferma da parte di Dio.Le “lezioni” restano aperteal settimo giorno, quellodella contemplazione diDio nella vita rinnovata.L’obiettivo dell’autore, per-seguito con il metodo dellaLectio divina, è quello diaiutare a rileggere le gran-di storie di vocazione dellaChiesa, confrontarsi conesse per rendere più coe-rente e generosa la pro-pria risposta al Signoreche chiama. In breve: unaverifica spirituale sulla“storia sacra” della propriavocazione.

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a cura di Giuseppe Morante

IL MESE IN LIBRERIA

I VOSTRI FIGLIHANNO SOLTANTO VOI!Solo l’educazione può cambiare il mondo di Bruno Ferrero, ELLEDICI, Leumann (To)2007, pp. 224

I pilastri che reggono lacostruzione della fami-glia spesso hanno biso-gno di revisione. L’auto-re riflette sui principalipunti di riferimento del-l’amore familiare. Pensache i genitori possonofarcela, ma hanno pau-ra. È questo il sentimen-to che prevale oggi inmolti di loro. Illustri stu-diosi li bombardano dicattive notizie. Tutti de-nunciano. Tutti incitano.Tutti accusano: il siste-ma familiare è malatograve. Pochi suggeri-scono qualche terapia,sia pur minima. Sembrapiù facile puntare il ditocontro ciò che non va; eil più delle volte con sta-tistiche ineccepibili. Pro-porre soluzioni positivesignifica compromettersie questo non piace. Maquesto libro va som-messamente controcor-rente e suggerisce lineedi intervento educativopraticabili da tutti. Contotale simpatia e solida-rietà per i genitori.

FIDANZAMENTO

E FAMIGLIA

QUALCOSA DI NUOVOPiù che amici non ancorafidanzati di Enrica e MichelangeloTortala, Simona CorradoEffatà Editrice, Cantalupa (To)2006 (con CD), pp. 208

ANIMA TEMA DI FAMIGLIA Percorso formativo per animatori a cura di Giulia MariaCappozzoEffatà Editrice, Cantalupa (To)2007 (con CD), pp. 144

I due volumi si offrono comeaiuto per animatori della pa-storale del fidanzamento edel matrimonio. Il primo èpiù rivolto ai giovani con unpercorso di incontri da svol-gere in gruppo e una seriedi indicazioni metodologichemolto utili per coinvolgerenella riflessione. Il secondotratta del rapporto genitori efigli ai convegni sulla fami-glia con la condivisione diun percorso differenziatoma comune. A tema c’èsempre la formazione, fruttodi lavoro decennale dell’é-quipe animazione dell’Uffi-cio Famiglia della CEI. Vistal’importanza del tema, gli ar-gomenti saranno certamen-te utili per rivitalizzare lapreparazione al matrimonioe alla vita di famiglia.

La parola, spesso avvoltada mistero, è evocatrice diesperienze che esprimono ipercorsi umani e rivelanoemozioni, sogni, ideali eprogetti. Il volume coerente-mente alle finalità educativedell’insegnamento religiosoa scuola, si prefigge di infor-mare sul fatto e sui conte-nuti del cristianesimo e dellealtre realtà religiose presentinella vita quotidiana. Favori-sce e suscita il desiderio diricerca e approfondimentodegli aspetti religiosi; formaalla convivenza e al dialogointerreligioso, poiché cono-scere e capire sono i pre-supposti per una reciprocatolleranza. Ne scaturisce unmanuale con capitoli titolaticon una parola-chiave se-condo un ordine alfabetico,quasi un prontuario utile perInsegnanti di Religione eAnimatori di pastorale gio-vanile.

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VOI, CHI DITECHE IO SIA? Qual è la risposta di oggialla perenne domandadi Gesù? di Tarcisio Mezzetti ELLEDICI, Leumann (To)2007, pp. 468

VERA IDENTITÀ

EDITRICI PER IL NOSTRO TEMPOdi AA.VV.ELLEDICI/VELARLeumann (TO) dal 2005…pp. 50 (ogni volumetto)

Una bella collana, coeditatadalle editrici ELLEDICI eVelar, si sta imponendo al-l’attenzione dei lettori, dal2005. Si tratta di libretti di50 pagine, veloci, freschi,facili, attraenti. Non sonocome quelli che siamo abi-tuati a vedere: poche pagi-ne scritte bene, ma con unasola illustrazione, quella dicopertina. Questi al contra-rio, oltre a una scritturafluente e una magistrale im-postazione grafica, esibi-scono illustrazioni in quadri-cromia in tutte le pagine. I ti-toli sono ormai una cin-quantina. Gli agili volumettipresentano profili di uominie donne che hanno fatto lastoria della Chiesa e dellasocietà: don Andrea San-toro, De Foucauld, EdithStein, Elisabetta d’Unghe-ria, Gianna Beretta Molla,Don Bosco, ecc., ecc...

COLLANAESEMPLARE

NON SI FA VENDITA PER

CORRISPONDENZA. I libri

che vengono segnalati si pos-

sono acquistare presso le libre-

rie cattoliche o vanno richiesti

direttamente alle rispettive

Editrici.

STRUTTURERESIDENZIALI PER MINORI E QUALITÀDEL SERVIZIOSOCIOEDUCATIVO di Vito Orlando LAS, Roma 2007, pp. 272

Esiste l’emergenza umani-taria dei minori soli, sen-za famiglia, abbandonati, oesposti a difficoltà e pro-blematiche gravi nella lorocrescita. Per essi la legi-slazione italiana ha fattopassi da gigante ricono-scendo per ognuno luoghidi accoglienza adeguati al-le loro esigenze, che con-sentano una vita comu-nitaria di tipo familiare.Perché siano ambienti dicrescita hanno bisogno diun progetto educativo chegarantisca qualità di rela-zioni affettive, professio-nalità educative adeguate,e inserimento nella rete deiservizi del territorio. DonBosco sognava per i piùsvantaggiati delle case do-ve si potesse sperimentareun clima di famiglia”, inse-rirsi attivamente in una retedi rapporti interpersonaliautentici e significativi, esviluppare il protagonismoe la naturale creatività.

IMMAGINI BIBLICHE e la Santa Messa di Carlo Colonna Ed. Segno, Tavagnacco (Ud)2007, pp. 182

MINORI…

DA EDUCARESIMBOLIED EUCARESTIA

L’autore si propone di con-durre i lettori ad avereun’intelligenza “mistica”, piùalta e profonda, dei grandimisteri della fede cui parte-cipano i fedeli a ogni cele-brazione. Ciò avviene inparticolare attraverso l’inter-pretazione delle immaginibibliche che lo Spirito Santoha offerto perché si possacomprendere appieno il mi-stero dato da vivere nellaMessa. Le immagini bibli-che presentate nel testo,una volta comprese nel lorosignificato spirituale, aiute-ranno a partecipare meglioai riti celebrativi, perché sisarà in grado di cogliere laDivina Presenza di Cristo ela sua Alleanza con l’uomo.Fa parte della Tradizionedella Chiesa educare i fe-deli a leggere in modo “spi-rituale” i testi biblici che nel-la lettera con cui si presen-tano nascondono significatispirituali.

È una riflessione molto at-tuale in un tempo in cui laChiesa sembra essere indifficoltà culturale. Eviden-zia i pericoli che oggi asse-diano il cristianesimo daogni parte. Se la realtà mi-stificata è conosciuta, potràessere affrontata e sma-scherata. Per cui, indipen-dentemente da ogni pole-mica, rimangono ancora,pare, senza risposte permolti credenti le domandecentrali: i cristiani sono statieducati a difendere la lorofede? L’educazione cristia-na come annuncio e comecammino di fede è rivoltaveramente a cercare di ri-spondere a Gesù che ponecome condizione di salvez-za l’adesione alla sua per-sona? Oggi è evidente unneoagnosticismo risorgen-te, come il mondo dell’eso-terismo e della magia, cheassedia il popolo cristiano,in gran parte impreparato arispondere.

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scritte. A volte bastava una parola, una frase magariappena biascicata, che ormai loro, i suoi scavezzacolli,comprendevano bene. E a un elogio di “Valentì” ci te-nevano tutti, anzi se lo contendevano. Le sue lettere sono rimaste famose: scriveva in occa-sione del re-inizio delle attività dopo la pausa vacan-ziera dell’estate, in occasione della Pasqua, ai chieri-chetti che ricevevano la cresima, per invitarli al campoestivo. Ma scriveva anche ai genitori perché seguisse-ro i propri figli e li invogliassero a servire il Signore.Davvero unico il signor Valentino. Tanto che eradiventato un “mito”. Il vocabolo era sulla bocca di tutti.Del resto era arrivato a collocare nel lungo corridoiodell’antisacrestia ping-pong, biliardino, dama, scacchie gioco dell’oca. Quando i tempi lo richiesero, ci miseperfino il computer che lui non sapeva usare, ma intui-va che sarebbe stato il futuro dei suoi ragazzi.

GENTILEZZENell’armadio dove conservava gelosamente le ostie perla messa, conservava anche le caramelle per i chieri-chetti, convinto che le prime erano il viatico spirituale, lealtre quello materiale e quei furbastri spesso pensavano(e aspettavano) più al secondo che al primo. Lui li capi-va. Per tutti aveva attenzioni che lasciavano stupefatti.Non era un gran parlatore, anzi sembrava che parlarelo affaticasse, o non volesse sprecare parole. Parlavaperò con i fatti, con le piccole attenzioni, con le cara-melle, con le visite a casa o all’ospedale quando qual-cuno era ammalato, con le cartoline postali. “Valentì,curi questi ragazzi manco fossi il padre...”. “Perché glirimanga qualcosa di buono”, rispondeva semplicemen-te. In sacrestia prima di impartire l’ordine di “procedere”,controllava che i piccoli ministranti fossero in perfettatenuta. Niente sciatterie, trasandatezza, goffaggine. Ilbello è che controllava anche i celebranti, e intervenivaanche su una piega del camice fuori posto. Un giorno

Un salesiano semplice, umile, gran lavoratore, circondatoperennemente da schiere dichierichetti pronti per “servireall’altare”, o vocianti in sacrestia e nei corridoi adiacenti.

ON LINE ALESIANI COADIUTORI

Profilo di un grande salesiano coadiutore,Valentino Giovagnoli (1929-2005).

IL RE DEI SAGRESTANI

Il signor Valentino Giovagnoli (1929-2005).

Valentino (Valentì per gli anconetani) è tornatonella sua Ancona per il “trionfo” del funerale. Lohanno circondato i suoi chierichetti di un tempo,

ora professionisti affermati, commercianti, medici, avvo-cati, ingegneri, professori, ecc. Per più di 30 anni la sa-crestia della chiesa della Sacra Famiglia è stata il suoregno e schiere di ministranti i suoi sudditi. Sudditi fe-deli, che al loro burbero capo – dal cuore d’oro e daimodi gentili – volevano un bene dell’anima. Lui se li cu-rava come la chioccia i pulcini, per loro si sottoponevaa ogni sforzo, inventava attività, programmava vacan-ze, partiva in gita, pregava... Appuntava diligentementele presenze, assegnava note di merito, orali ma anche

di Giancarlo Manieri

In Terra Santa.

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che mi trovò un po’ spettinato: “Direttò, in fondo al retroabside c’è pettine e specchio!”.Nei tempi migliori, aveva in servizio un centinaio dichierichetti, una fortuna che capitava a ben pochisacrestani. Anzi a nessuno. Aveva la sagrestia affolla-ta come un oratorio, e il baccano era notevole, tantoche qualche signora amante del silenzio mal sopporta-va quello schiamazzo. Lui sapeva rabbonire le impa-zienze con calma olimpica e risposte gentili in difesadei suoi scavezzacolli: “Signò, almeno qui non fannodel male”. Ad alcuni faceva vedere con un certo orgo-glio i tabelloni con le classifiche di merito, ma alla finepremiava sempre tutti, magari con qualche pezzo diostia. Uno dei suoi chierichetti, oggi giornalista affer-mato, ricorda il suo modo di insegnare: “Il corridoio(che portava alla sagrestia n.d.r.) era stato trasformatoin una lunga esposizione di oggetti e paramenti liturgi-ci: turiboli, calici, patene, casule, ecc. Dovevamo diretutti i nomi, ‘battezzare’ quel firmamento liturgico”. Eradiventato un punto fisso di riferimento. “Andiamo daValentino”, era quasi un intercalare per i suoi scugniz-zi. E lui dirimeva le loro questioni come un Salomone,e tutti accettavano i suoi verdetti, perché venivano dauno che ti voleva più bene che a se stesso. Quandogli fu concessa la facoltà di poter distribuire la comu-nione, divenne il conforto degli ammalati. Li conoscevatutti e tutti conoscevano lui.

VERSO LA CONCLUSIONEFinché un male crudele e progressivo, il morbo diParkinson, lo debilitò tanto da immobilizzarlo. Allora, sì,tutti si sono accorti che “mancava”. Quella sagrestiadove s’era trascinato fino all’ultimo e la chiesa sembraro-no più vuote. Direttore della casa, lo vidi un giorno chescendeva le scale della sua camera, reggendosi conambedue le mani alla ringhiera: “Come va, Valentino?”.“Eh! Va… lentino”. “Vedo. Devi fare una fatica boia”.“Per le scale va ancora, tutto sommato. Il peggio vienedopo”. Già, dopo, quando doveva percorrere il lungocorridoio per arrivare in “ufficio”. Le gambe non ne vole-vano sapere di andare e lui, con una tigna feroce, lefaceva muovere pochi centimetri alla volta. “Dài, ti douna mano”. “No, no, faccio da solo. Sono partito moltoprima, arriverò in tempo!”. Una cinquantina di metri perventi/venticinque minuti di fatica improba. Ma la volontàbatteva la malattia. Ne restai ammirato.

Era di Gualdo, Valentino, anzi no: “Di Rigali”, precisava.“Rigali? Cos’è? ”. “Uno sputo di paese, per dire che èpiccolo. Ma, à chaque oiseau, son nid est beau”. “Toh,anche il francese!”. “Eh, cosa ti credi!”. Fu l’unica cosache gli tirai fuori su Rigali, un giorno che tentai di scher-zare sul suo “natio borgo selvaggio”. Cominciò la sua“carriera” di salesiano coadiutore a Macerata come guar-darobiere, poi fu provveditore a Civitanova, infermiere aTerni, sacrista a Ortona, infine sacrista e animatore delpiccolo clero ad Ancona per 31 anni filati. Gli anni dellasua escalation apostolica! Quattro anni a CivitanovaAlta, gli ultimi – da ammalato – completarono il suo cur-riculum. “Quale tremenda croce essere senza croce”,scriveva sant’Agostino. Valentino ha avuto il sigillo dellacroce e deve essersi presentato al Padre Eterno con tut-te le carte in regola. La serie delle letterine che scrivevaai ragazzi sono un capolavoro di semplicità e di pedago-gia salesiana. Aveva perfettamente capito che il migliormodo per tenerli buoni e farli crescere era, per l’appunto,la pedagogia del tu per tu: l’invito personalizzato, ilbigliettino, l’esortazione, il mezzo scappellotto che sem-brava più una carezza, gli auguri per Natale e Pasqua, ilpresepio che aveva ogni anno qualcosa di nuovo. E lapreghiera costante, continua per loro, una pratica chenon ha mai propagandato, ma ha sempre compiuto.Il morbo che progressivamente lo ha paralizzato e poiportato alla morte ce ne ha messo di tempo perdomarlo. Umiltà e passione le caratteristiche che hatrasmesso con la fedeltà alla regola e il lavoro “apo-stolico”, aggettivo, questo, che per lui non è affattosprecato. “Valentì, calmati, riposa. Stai in camera lamattina, è inutile che fai tanta fatica per alzarti prestoe scendere in chiesa...”. “Direttore, mica lavoro perme! ”. Aveva ragione. �

ALESIANI COADIUTORI

Valentino, già in carrozzella, attorniato da alunni suoi ex.

In Israele per un corso di esercizi spirituali.

COME DON BOSCO l’educatoredi Bruno Ferrero

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essere «autodiretti». Sono personeche, prima di tutto, cercano in sestesse il riconoscimento delle proprieazioni e del proprio lavoro. Si applau-dono da sole. E così acquisiscono ilgusto per lo studio e per il lavoro. Aquesto deve puntare l’educazione.

� Flessibilità e capacità di risolve-re i problemi. L’intelligenza è la ca-pacità di vedere e risolvere i proble-mi. Il primo stadio della creatività èidentificare i problemi. Di qui comin-cia il vero “salto di qualità” che portaal successo scolastico e non solo. Difronte a un problema i bambini devo-no sentirsi sollecitati e sfidati, non re-spinti. Alcuni ragazzi rimangono scon-certati quando devono adattarsi anuovi insegnanti con metodi didatticidiversi. Quando c’è bisogno di flessi-bilità e spirito di adattamento, anna-spano. Un modo per aiutarli consistenel suggerire loro di elencare una se-rie di approcci diversi prima di inizia-re il compito per poi scegliere quelloche sembra il migliore. Se vedonoche l’approccio scelto non funziona,devono essere in grado di trovarneun altro. È importantissimo insegnareai più piccoli il concetto di «strategiedi riserva», ovvero alternative cui ri-correre quando la prima strategianon funziona.

� Resilienza. Nel corso degli ultimianni la ricerca ha dato grande spa-zio a questo argomento. Ci sonopersone che non riescono a ripren-dersi dagli insuccessi o a superarele difficoltà, mentre altre si dimo-strano straordinariamente resilientie non si abbattono di fronte a nulla.Si tratta di educare a un ottimismodi fondo, che resiste agli smacchi espinge a reagire sempre.

� Distrazioni sociali. Il rendimentopuò essere ostacolato anche dairapporti sociali. Alcuni studenti sonocosì concentrati sulle relazioni in-terpersonali che nella loro mente re-sta spazio per ben poco altro. Leesigenze degli amici sono molto piùimportanti di compiti e lezioni. Alcuniragazzi limitano deliberatamente ilproprio rendimento scolastico per-

Cipr

iano

Dem

arie

Troppi studenti sono sostenitori del “io basta che me la cavi”. Altri, all’opposto, sono giovani stacanovisti con un rendimento altissimo.

MALESSERE SCUOLATroppi ancora i ragazzi che a scuola falliscono. Perché?

C’è un’emergenza rifiuti dicui tutti sono preoccupati,ma ce n’è un’altra, molto

più grave, di cui si preoccupano inpochi. Sono la massa di bambini eragazzi “buttati via” dal sistema sco-lastico. Si tratta spesso di una for-ma di “rifiuto” bilaterale, sofferto so-prattutto dai ragazzi che si sistema-no ai margini della vita scolastica,cercando semplicemente di arrivareal termine dell’obbligo. Sottovaluta-re l’insuccesso scolastico ha un co-sto sociale elevatissimo, in terminidi disadattamento, disoccupazionecronica, programmi di recupero pertossicodipendenti e forme di infeli-cità varia. Il successo scolastico alcontrario rende felici genitori e figli.Una buona attenzione da parte deigenitori e degli insegnanti può risol-vere il problema alla radice. Il rendi-mento di un bambino dipende da al-cuni fattori esterni come il tipo dicultura familiare, i termini socio-economici, i modelli comportamentalipositivi o negativi, ecc., ma è deter-minato soprattutto da fattori interni.

� Oblomovisti e stacanovisti. Trop-pi studenti sono sostenitori del «mibasta cavarmela». Sono ostentata-mente rilassati e sembrano quasi te-mere il successo. Anche se vengonospronati in tutti i modi, non reagisco-no. Affrontano la scuola come unacondanna ai lavori forzati. Altri sonodiametralmente all’opposto: giovanistacanovisti con un rendimento altis-simo e una forte determinazione cheli porta a primeggiare. Il «gene del-l’ambizione» può emergere a età di-verse. Chi lo possiede in età presco-lare e nei primi anni di scuola manife-sta un forte desiderio di piacere aglialtri, di fare bella figura, di dimostrarequanto è bravo ovunque se ne pre-senti l’occasione: in piscina, durantela lezione di arte, sui campi da gioco.In un certo senso, per queste perso-ne le conferme delle loro capacità daparte degli altri non sono mai abba-stanza: più ne ricevono e più ne vor-rebbero. In mancanza di riconosci-menti esterni però rischiano di afflo-sciarsi. Molti bambini e adulti, per for-tuna, sono abbastanza fortunati da

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il genitoredi Marianna Pacucci

S ono passati ormai molti annida quando Alessandra e Clau-dio hanno iniziato a frequenta-

re la scuola elementare e pochissimida che hanno abbandonato i banchidel liceo: ed io ho già nostalgia deitempi in cui erano studenti. Il primogiorno di scuola era una vera e pro-pria festa, soprattutto quando si ini-ziava un nuovo ciclo di studi. I prepa-rativi cominciavano già una settimanaprima, perché ogni cosa doveva es-sere opportunamente predisposta perla nuova avventura: si completavanoe rivedevano i compiti delle vacanze;si procedeva a riorganizzare le came-rette perché potessero accogliere i li-bri e tutti i materiali del nuovo annoscolastico; i giochi venivano collocatiin uno spazio più dimesso, quasi avoler suggerire che da quel momentoe per molti mesi sarebbero stati usatiin modo più discreto. La sera primabisognava fare un bagno più accura-to del solito e disporre sulla sedia ivestiti e i grembiulini, stirati di fresco;le cartelle erano già pronte, con lematite e i colori ben appuntiti, i qua-derni ancora ben impaginati, il diarioscelto con cura (perché ogni bambinosi gioca tutta la sua “personalità” inquesta scelta). La mattina ci si alzavapresto (le corse dell’ultimo minutoerano riservate ai mesi successivi) esi aveva diritto – tutta la famiglia – auna colazione sontuosa; i piccoli an-che a una merenda a sorpresa piùbuona del solito. La nonna veniva re-clutata per gli ultimi dettagli: la rigaben dritta nei capelli, un fiocchettoannodato in modo inappuntabile, unalucidatura ulteriore alle scarpe.

� E poi dritti a scuola: se ero fortu-nata con i miei orari di lavoro, riuscivoad accompagnare personalmente imiei bambini il primo giorno; altrimenti– un po’ a malincuore – vestivo i pan-

ni della professoressa e correvo adaccogliere i miei studenti, passandola palla al nonno, che era contentoperché finalmente tornava ad avereun’“occupazione stabile” con i nipoti.Al ritorno a casa, il pranzo s’infittiva diracconti, richieste (c’è sempre qual-cosa che non hai comprato preventi-vamente e di cui la maestra ha “asso-lutamente bisogno entro domani mat-tina”), e poi partiva il gran tour del po-meriggio: i compiti. E se le insegnantinon ne avevano assegnati, nel dub-bio si ripassava qualcosa, ci si eserci-tava in qualcos’altro. Siamo semprerimasti fedeli a questo rituale e a tuttigli impegni che scandiscono l’espe-rienza scolastica e il tempo dello stu-dio, perché ci è sembrato importanteche i ragazzi percepissero che lascuola è una questione che riguardatutta la famiglia e, concretamente, po-tessero verificare la nostra compa-gnia e solidarietà sia negli aspettigradevoli, sia in quelli meno gratifi-canti che punteggiano il lungo percor-so dell’istruzione. Abbiamo condivisotutto: i ripassi-fiume prima delle inter-rogazioni, la paura del compito inclasse, gli esami che non finisconomai, le amicizie e le litigate con i com-pagni, i professori antipatici e quelliche insegnavano a vivere, le assem-blee e gli scioperi e il coraggio di an-dare controcorrente rispetto alle cosenegative che si vivono, prima o poi, ascuola. Siamo rimasti sempre vicini,quanto meno sul piano del dialogo e

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IL CROMOSOMA DELL’APPRENDIMENTO

Un successo ottenuto insieme: figli e genitori.

ché non vogliono essere definiti«sgobboni» o «secchioni», etichetteche possono determinare l’accetta-zione o meno da parte dei compa-gni. La capacità di resistere a que-ste influenze negative varia da indi-viduo a individuo.

� Massimizzare i punti di forza. Ibambini e i ragazzi hanno bisogno di“vincere” in qualche cosa. Hanno bi-sogno di scoprire in sé dei punti forti.Nelle famiglie sane, i genitori cercanodi incoraggiare lo sviluppo di una giu-sta autostima nei figli, sottolineando-ne le caratteristiche positive della per-sonalità, dell’aspetto fisico o del mo-do di pensare. È importante accen-tuare ciò che è positivo. Non ignoria-mo gli aspetti negativi, ma cerchiamodi aiutare nostro figlio a superare imessaggi negativi che può riceveredai compagni o dall’analisi che com-pie di se stesso. «Di tutte le paroleche ti dico, che cosa preferisci sentirtidire più di tutto?», domandò una ma-dre al suo bambino di otto anni.«Quando mi dici che sono forte», ri-spose il bambino con un gran sorriso.

� Lo stato d’animo giusto. Chi ètroppo apprensivo tende a renderemeno. L’ansia prosciuga le energiementali, rendendo difficile la con-centrazione. Generalmente l’ansia èlegata alla mancanza di autostima. Iragazzi che hanno alle spalle unaserie di insuccessi scolastici e sonocontinuamente criticati si sentonodei falliti e a volte smettono di impe-gnarsi. Perdono la spinta a far beneper paura di andare incontro a nuovifallimenti.

� Scegliere la scuola giusta. È vi-tale essere in sintonia con l’ambientee le persone. Proprio come un semecontiene tutti gli elementi di cui ha bi-sogno per una crescita rigogliosa erichiede solo un terreno ricco e lecondizioni adatte per prosperare,così ciascun neonato si affaccia allavita con una promessa di genio cheaspetta solo di svilupparsi. �

Per i ragazzi che non amano lo studio, è utile la visione dei filmati realizzati nei villaggi del terzo mondo: bambini che hanno la fortuna di frequentare una scuola hanno negli occhi l’incanto e la curiosità dell’apprendere.

È fondamentale che i ragazzi percepiscano che la scuola è una questione che riguarda tutta la famiglia.

Fabi

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Di B

ello

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nei supporti che una famiglia puòoffrire per risolvere compiti e pro-blemi, difficoltà e ansie, cercandodi rasserenare e incitare, orientaree responsabilizzare. È stato fonda-mentale, però, rimanere semprequalche passo indietro: i ragazzidevono restare responsabili dellaloro esperienza scolastica, devonogiocarsi la partita da protagonisti.

� In tutti questi anni mi sono ripe-tutamente resa conto di quanto im-portante sia non solo trasmettere aifigli il “cromosoma dell’apprendi-mento”, ma anche la consapevolez-za che studiare è fondamentale perla costruzione della propria uma-nità, prima e più che per la realizza-zione di un futuro professionale. I risultati di questa sollecitudinesono stati diversi, com’è giustoche sia, perché ognuno ha la suapersonalità e la sua storia: Ales-sandra continua ad avere “il pia-cere” di studiare, forse perché haavuto la fortuna di scoprire inmodo più convincente quale lega-me intercorre fra ciò che si impa-ra e le vicende della vita quotidia-na; Claudio dice che non amastudiare – anche perché nonsempre ha vissuto situazioni sco-lastiche incentivanti –, ma mantie-ne un produttivo senso del doveree non cerca mai di sottrarsi aquesto impegno, che affronta cononestà, coerenza e dignità.Da parte mia, continuo a pensareche la scuola non è soltanto utile,ma è un valore che va messo adisposizione delle nuove genera-zioni, perché possano imparare avivere con serietà e con umiltà: ilsapere è una parte fondamentaledella propria identità ed è anche ildono più grande che ciascuno dinoi può offrire con semplicità aglialtri, soprattutto a quanti speri-mentano la povertà dell’esclusio-ne dalla conoscenza. Trovo istrut-tivo, per i ragazzi che non amanolo studio, la visione dei filmati rea-lizzati nei villaggi più sperduti delterzo mondo: i bambini che hannola fortuna di poter frequentareuna scuola e imparare almeno aleggere e scrivere, hanno negliocchi una gioia indescrivibile.Saremo capaci di riaccenderequesta luce nello sguardo deinostri figli e dei nostri scolari? �

Oltrepassare la finitezza tem-porale attraverso l’arte èuno dei punti chiave per capi-

re l’opera di Franco Murer che, sin dabambino, ha respirato l’arte grazie al-la scuola del padre Augusto Murer, eha lasciato in questa direzione un’im-pronta molto viva e profonda. Egli,infatti, è riuscito a far percepire condiverse soluzioni questo amalgamaspazio e infinito, tempo ed eterno, fi-sico e metafisico. I suoi dipinti sonointrisi di quest’aura allo stesso tempoumana e divina, materiale e spirituale,concreta ed evanescente.

� Murer non ricorre – per la rap-presentazione dello spazio – alla rap-presentazione prospettica consideratanelle sue diverse forme: a lisca dipesce, a fuoco centrale, a uno o duefuochi laterali, o aerea. Lo spazio e lesue forme vengono connotate attraver-so l’uso magistrale dei colori con ilpeculiare significato che assunsero giànell’arte dell’antica Grecia: il nerosimbolo del principio e della fine; ilblu usato per rappresentare la massimadivinità; il bianco che evoca manife-stazione del divino; il giallo e aran-cione ai quali viene attribuito un altovalore simbolico e il rosso, chiave del-la conoscenza. In questa direzione lapittura di Murer si mantiene, nell’otti-ca di una voluta trasmissione dell’ere-dità artistica mutuata dalla sapienza

antica e rinnovata dal marcato rap-porto vigente fra artista e fruitoredell’opera, secondo quanto trasmessoe dichiaratamente espresso dalla filo-sofia Plotinea: “l’arte è un’operazio-ne spirituale, soggettiva, sia per l’ar-tista che dà forma a ciò che ha den-tro di sé, sia per l’osservatore chericonosce nell’opera il riflesso dellapropria interiorità”.

� Ecco allora come anche nel Cro-cefisso Murer fonde mirabilmentepotenza dei colori, dimensione spa-zio-temporale e sapienza antica,creando una sublime istantanea pit-torica, in cui speranza, fede e uma-na inquietudine interagiscono senzalasciare il minimo spazio a languidiretrogusti emozionali. Potente la rap-presentazione. Le tre croci sono supiani diversi: quella del Cristo in pri-mo piano, alla sua destra in secondopiano il buon ladrone, alla sua sini-stra in terzo piano l’altro malfattore.Un triangolo insomma, ma non per-fetto, secondo lo stile dell’artista; unacomposizione che dice mistero. Trale croci, fantasmi indefiniti, si aggi-rano inquieti cavalli e cavalieri difronte a ciò che doveva essere unacrocifissione come tante, e invece…Non ci sono spettatori umani, ma ilblu intenso del cielo testimonia lapresenza divina sul luogo della piùgrande tragedia dell’umanità. �

Nasce a Falcade (BL) nel 1952. Ancora studente, vince la medagliad’argento alla mostra nazionalein Campidoglio. Si diplomaall’Accademia di Belle Arti di Venezia.Molte le personali in Italia e all’estero.

ARTE SACRA: CROCIFISSIdi Filippo [email protected]

FRANCO MURERLA SOTTILE LINEA TEMPORALE

AFORISMI di Francesco Ferrara1) In ogni rapporto umano rivedo lo scorrere

delle stagioni.2) Il pensiero della felicità è già felicità.

LAETAREET BENEFACERE…

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di Aloi & César

Di fronte alle prove e agli insuccessi della vita l’uomosperimenta la suaprecarietà ed è chiamatoalla prova del coraggio e della fede.

grande meraviglia, e spinge all’in-contro con gli altri, con l’imponde-rabile che è in loro, ma soprattuttospinge a un profondo desiderio diricerca della Fonte, quella continuaricerca di Dio a cui il nostro cuoreanela e in cui solamente trova lapace vera.

PERSFIDE ETICHE

per ragazzi, genitori, educatori

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LA VITA PROVATAE DISAGIATAdi Giovanni Russo [email protected]

LE DIFFICOLTÀMa la nostra vita conosce anche

la prova e gli insuccessi, sia quan-do navighiamo nell’interioritàdelle persone che amiamo, siaquando si manifestano in noi e at-torno a noi i “limiti” del nostromodo di vivere. La prova è un’e-sperienza continuamente presentenella vita dell’uomo, ed è legataalla condizione di povertà e allaprecarietà dell’esistenza. La vita èricchezza e povertà insieme, e l’e-sperienza di quest’ultima è unevento da cui non è dato sfuggire:nessuno può bypassare i limitidella propria né dell’altrui vita, equesto è motivo di molti disap-punti, di molte frenate e di altret-tante lentezze, ma soprattutto del-la nostra insofferenza nei confron-ti di noi stessi e di ciò che ci cir-conda. Quando la nostra insoffe-renza colpisce con forza la nostrapsiche allora si trasforma in dolo-re e sofferenza, un disagio che anostra volta, anche senza volerlo,trasferiamo e comunichiamo agli

VALORI IN QUESTIONE

■ La prova è un’esperienza sempre

presente, esprime la povertà e preca-

rietà della nostra esistenza, ma an-

che il suo essere risorsa di senso.

■ Non possiamo fuggire dagli insuc-

cessi e dalle prove, ci riportano alla

verità di noi stessi e degli altri.

■ La prova è un’esperienza che apre

all’invocazione, a chiedere la compa-

gnia degli altri e, in particolare, la com-

pagnia di Dio.■ L’amore è la sorgente più piena

della risposta alla domanda di senso:

“sono lieto delle sofferenze che sop-

porto per voi”.

La vita è prima di tutto incontrare se stessi, scoprire di esserci...

(E. Munch, L’urlo, 1893). Se i nostri progetti incontrano il vento contrario degli insuccessi, allora è facile cedere alla rabbia, allo scoraggiamento o alla paura.

L a vita è l’esperienza perantonomasia della nostraesistenza: ogni altra espe-

rienza non esprime altro che il suo(della vita) esserci, il suo proveni-re da Dio come dono per l’eccel-lenza che ci permette di sperimen-tare anzitutto la forza del suoAmore, la bellezza della condivi-sione della sua Vita e la grandezzadel dono di Sé fatto all’uomo.Un’esperienza che è in se stessaun incontro, perché la vita è primadi tutto incontrare se stessi, scopri-re di esserci. Tutto ciò riempie di

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PROVE E INSUCCESSICOME RISORSA

In realtà, a ben guardare la sto-ria, come anche la nostra esperien-za, le prove e gli insuccessi dellavita sono una grande risorsa perconoscere meglio noi stessi e glialtri. Dice Gibran: “Il dolore è ilrompersi del guscio che racchiudela vostra intelligenza. Come il noc-ciolo del frutto deve rompersi peresporsi al sole, così dovrete cono-scere il dolore. E se sapeste voimeravigliarvi in cuore dei prodigiquotidiani della vita, il dolore vistupirebbe meno della gioia”. Leparole di Gibran sottolineano lavalenza positiva del dolore, colle-gandolo alla conoscenza. Spezzan-do la felice identità narcisisticacon il nostro corpo, rompendo ilritmo abituale dell’esistenza con ilsenso di perdita che l’accompagna,le prove ci fanno conoscere “nonper astrazione, ma per immedesi-mazione” (Natoli), la verità del no-stro essere, come viventi e mortaliinsieme, “segnati nel profondo del-la nostra natura dalla vulnerabilità”(Gensabella Furnari). Questa cono-scenza, che passa attraverso l’espe-rienza della croce, è un’esperienza

altri. Questa nostra sofferenza perun credente, a causa dell’amoreinfinito con cui Dio ci ama, di-venta la sofferenza stessa di Dio.Dio naviga le nostre sofferenze,assieme a noi; Dio è con noi nellatempesta… Con noi e con tutti.Quando si entra nei recessi più in-timi del prossimo (congiunti, fa-miliari, amici…) ci si accorge chein quelle zone le acque sono spes-so agitate e la navigazione cono-sce intemperie e burrasche a volteannunciate a volte del tutto im-provvise. Chi sceglie di calarsinelle profondità della vita, sceglieanche di conoscere le profonditàdella prova e delle sofferenze. Sepoi gli sforzi per mantenere la rot-ta dei nostri progetti incontrano ilvento contrario degli insuccessi,allora è facile cedere alla tentazio-ne dello scoraggiamento (nei con-fronti di noi stessi) o alla rabbia eall’aggressività (nei confronti de-gli altri), o alla paura.

che isola e che apre. Essa appartie-ne a colui che la prova e difficil-mente riesce a tradursi in parola.La solitudine in cui è vissuta rad-doppia il dolore ma al tempo stes-so riconduce il soggetto a se stes-so, gli fa prendere coscienza deisuoi limiti. È la “prova” che dob-biamo sostenere e da cui non pos-siamo fuggire, ma nello stessotempo è un’esperienza che apre al-l’invocazione, che induce a chiede-re la compagnia degli altri e, inparticolare, la compagnia di Dio.L’esperienza di intimità di Dio edella preghiera è proprio l’espe-rienza di questa invocazione. Leprove e gli insuccessi sono il luogodella sincerità con noi stessi, congli altri e con Dio; sono anche illuogo della preghiera.

La sincerità nelle prove diventaun luogo salvifico, perché conducel’uomo a trascendersi e a ritrovarsinegli altri e in Dio. San Paolo scri-ve: “Sono lieto delle sofferenze chesopporto per voi” (Col 1,24). Lagioia proviene dalla scoperta delsenso della sofferenza, dell’amoreche si nasconde in ogni prova e inogni insuccesso. L’amore è la sor-gente più piena della risposta al-l’interrogativo sul senso, rispostache è stata data da Dio all’uomonella Croce di Gesù Cristo (Enci-clica Salvifici doloris). La speran-za, soprattutto quella cristiana chenasce dall’adesione alla croce diCristo, è la verità che si fa compa-gnia nel navigare delle nostre provee dei nostri insuccessi. �

Il dolore è un’esperienza che apre all’invocazione.

Nei recessi più profondi dell’esistenza le acque sono spesso agitate e la navigazione conosce intemperie e burrasche a volte annunciate a volte del tutto improvvise.

CONFRONTIAMOCI IN

GRUPPO E IN FAMIGLIA

■ Certamente le prove e gli insucces-

si sono motivo di molti nostri disap-

punti: ci conducono all’insofferenza?

■ Nella vita matrimoniale e familiare

andare in profondità comporta navi-

gare in acque alte: preferiamo percor-

si di superficie?

■ Dio naviga le nostre sofferenze,

sappiamo navigare quelle degli altri?

■ Per mantenere la rotta dei nostri

progetti incontriamo il vento contrario

degli insuccessi: cediamo allo sco-

raggiamento o all’aggressività?

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DIBATTITI

Giornate mondiali

4 ottobre 2007: l’ONUpropone la GiornataMondiale per ricordare il lancio del primo satelliteartificiale e l’inizio dell’Era Spaziale. La conquista dello spaziocambia la vita.

campioni lunari, raccolti il 21 lugliodel ’69 da Armstrong e Aldrin in 2h,31� di affannosi movimenti, sono ingrado di darci risultati concreti a fa-vore della popolazione del pianeta?

� Gli interrogativi rimangono e ildibattito si fa sempre più acceso. Siaffermano sempre più chiaramente ivantaggi della ricerca tecnologica escientifica che non si ferma nel segre-to dei laboratori di ricerca ma, a lun-go andare, ha una forte ricaduta nellavita quotidiana di tutti. Anche la dife-sa dell’ambiente ne guadagna: il pro-getto Odisseospace dell’estate scorsa,proposto dal Dipartimento di Scienzee Tecnologie Ambientali dell’Univer-sità di Milano-Bicocca, lavora sul“Telerilevamento satellitare e monito-raggio ambientale per il ricupero di

aree contaminate”. L’osservatorio diBrera ha ospitato il workshop di 50ore per studenti per “indagare l’origi-ne dei buchi neri, imparare a realizza-re un osservatorio spaziale e cono-scerne gli aspetti ingegneristici”. Ilprogetto-pilota si sta attuando in con-nessione con l’Istituto universitario diAstrofisica, l’Agenzia Europea ESA ela NASA americana.

� Lo spazio è una dimensione pertutti. Al di là di pericoli e vantaggi, disuccessi o errori della scienza, diastuti approfittatori o sinceri sosteni-tori della conquista dello spazio, è im-portante accettare che la nuova EraSpaziale è già in atto. La ISS (Stazio-ne Spaziale Internazionale), il massi-mo progetto di cooperazione mondia-le, offre strumenti unici per coinvol-gere i giovani in percorsi didatticiscientifici, con inserimento di aspettifilosofici, letterari, storici, artistici ereligiosi. Forse, non a caso, il 4 otto-bre, giornata dello Sputnik, coincidecon la festa di San Francesco d’Assi-si, che loda Dio assieme a fratello so-le, sorella luna, le stelle… Ci richia-ma il Salmo 146 “Lodate il Signore, /è bello cantare al nostro Dio… / egliconta il numero delle stelle / e chiamaciascuna per nome”. �

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SPAZIOALLO SPAZIOdi Severino Cagnin

Il 4 ottobre del 1957 il lancio nel-lo spazio del primo satellite arti-ficiale, il sovietico Sputnik sca-

tenò una tempesta di commenti, eun’entusiastica esaltazione dellascienza. Restò in orbita fino al 1° di-cembre, quando bruciò al rientro nel-l’atmosfera. Da allora nel mondo so-no stati lanciati 6445 satelliti (3138ancora in orbita), 144 sonde per l’e-splorazione interplanetaria e 251 mis-sioni di astronavi con a bordo com-plessivamente 449 astronauti. È untriste segreto di stato il nome di quelliche non hanno fatto più ritorno e sonodivenuti “satelliti umani”. Entusia-smo, perplessità e interrogativi. Moltisi chiedono se ne valga la pena. Le 6missioni del Progetto Apollo dellaN.A.S.A. per l’esplorazione della Lu-na costarono circa 211.000 miliardi dioggi: si fermarono nel 1972, a causadegli altissimi costi. Molti si chieserose era necessario conquistare la Lunae lasciar morire di fame milioni di es-seri umani sulla terra. I 24,4 chili di

(Da www.forumargonauti.com ).

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me la colonna sonora di un musi-cal americano. I brani sono moltocaratterizzati grazie a melodie diimpatto anche se non banali, adarrangiamenti in stili diversi, mol-to curati e spesso di grande sug-gestione sonora, ad interpretazio-ni cangianti ma assai comunicati-ve. I testi (molti in inglese, ma an-che in francese e in italiano), so-no brevi schizzi realisti in cui, afolate improvvise, si insinua unmondo onirico e mitologico e ipersonaggi diventano simbolidell’eterno ed inestricabile duali-smo tra Bene e Male. I due oppo-sti, come spesso accade anche

nella realtà, si attraggono, si me-scolano, si confondono abitandocontemporaneamente lo stessoluogo, la stessa idea, la stessapersona.

� Su questo piano si muove Nonè una favola, il cui testo intendesmascherare un “grande bluff”: lo“star system”, ambizione utopicadi ogni adolescente occidentale,è in realtà una prigione. Le picco-le e grandi stelle che lo popolanoanziché invidiate (ed idolatrate)per la loro ricchezza, dovrebberoessere compatite per la loro mise-ra condizione. La loro vita infattiè un concentrato di ansia, de-pressione, frenesia, sostanze, ses-so, tradimenti, zero rapporti uma-ni; in una parola: infelicità. Lamusica mette l’accento sull’iro-nia, grazie a una melodia allegrae cantilenante nella strofa che di-venta quasi ossessiva nel ritornel-lo; l’arrangiamento è giocato sulcontrasto pieno/vuoto con largouso di suoni sintetici freddi e in-colori appena smorzati dal pia-noforte. L’interpretazione di L’Au-ra sorprende per la varietà digamme che mette in gioco: all’i-nizio è vaga e spensierata, poi di-venta sottile, sospirante, quasiammiccante e, infine, concludeaspra e caustica.

� La canzone alla fine suona co-me un monito: in effetti siamotutti pronti a dire che “i soldi nonfanno la felicità”, ma quanti, so-prattutto tra gli adolescenti e igiovani, si comportano di conse-guenza? �

Ventidue anni, una solidaformazione musicale ac-quisita negli Stati Uniti, un

talento espressivo non comune,L’Aura sembra già aver indivi-duato il suo percorso artistico. Ilnuovo disco, infatti, si pone incontinuità con il precedente,anzi, comincia a voler tirare lesomme, affrontando domandedefinitive.

� Prendendo spunto da un ro-manzo di Herman Hesse, l’albumsi intitola Demian ed è costruitoquasi come i concept album de-gli anni ’70 o, meglio ancora, co-

canzonicanzoni

����������

NON È UNA FAVOLAdi Lorenzo Angelini

Ogni medaglia ha il suo rovescio. La ricchezza e il successo, ambiti e perseguiti da tutti, alla fine non pagano poiché neanche la condizione diprivilegio più ampia assicura la felicità.

Are you talking to me? / Oh boy, it’s 3a.m. and I absolutely don’t know whatto do with myself Do you want to hear a story?

Ho sei carlini e un terrier ma no, no,non mi basta / Tre schiavi e pure l’auti-sta ma lui non mi bastaE mi do spesso al digiuno neanchequello basta! / Strizza cervelli di Lon-dra quando tutt’intorno è boom!Pillolina / di mattina e sera / quandosale / no, non sento più il mio cuore

Non è una favola / è una prigione / ilmondo in cui me ne sto!Non è una favola / è una prigione /felice mai sarò!

Ho cento amici ed un uomo ma no,non mi basta / Sei padri (due scono-sciuti), uno non mi basta

Ho scarpe quante ferite, un paio nonmi basta / Quando di notte sto svegliasento il petto che fa boom!Fluoxetina / di mattina e sera / quandosale / no, non sento più il dolore

Non è una favola / è una prigione / ilmondo in cui me ne sto!Non è una favola / è una prigione /felice mai sarò!

Mostrami il tuo, / che mostrerò la miacollezione di feticci ed ironia /Sarai il re della migliore biancheria /eletto da un dio / che non sa cosa è lavita!

Non è una favola / è una prigione / ilmondo in cui me ne sto!Non è una favola / è una prigione /felice mai sarò!Non è una favola / è una prigione /in cui mi nasconderò!Non è una favola / è una prigione /in cui invecchierò!

NON È UNA FAVOLAdi L’Aura

OTTOBRE 2007 BS

I NOSTRI MORTIPER SOSTENERELE OPERE SALESIANE

Notifichiamo che la DirezioneGenerale Opere Don Bosco consede in Roma, riconosciuta conD.P.R. 2-9-71 n. 959, e l’Istitu-to Salesiano per le Missionicon sede in Torino, avente per-sonalità giuridica per Regio De-creto 13-1-1924 n. 22, possonoricevere Legati ed Eredità. Queste le formule:

se si tratta di un Legatoa) di beni mobili“… Lascio alla Direzione Ge-nerale Opere Don Bosco, consede in Roma (o all’Istituto Sa-lesiano per le Missioni, con sedein Torino) a titolo di legato lasomma di € … o titoli, ecc. peri fini istituzionali dell’Ente”.

b) di beni immobili“… Lascio alla Direzione Ge-nerale Opere Don Bosco, consede in Roma (o all’Istituto Sa-lesiano per le Missioni, con sedein Torino) l’immobile sito in…per i fini istituzionali dell’Ente”.

Se si tratta invece di nominareerede di ogni sostanza l’uno ol’altro dei due enti sopraindicati“… Annullo ogni mia prece-dente disposizione testamenta-ria. Nomino mio erede univer-sale la Direzione Generale Ope-re Don Bosco, con sede in Ro-ma (o l’Istituto Salesiano per leMissioni, con sede in Torino)lasciando ad esso quanto mi ap-partiene a qualsiasi titolo, per ifini istituzionali dell’Ente”. (Luogo e data) (firma per disteso)

NB. Il testamento deve essere scritto perintero di mano propria dal testatore.

INDIRIZZIDirezione Generale Opere Don BoscoVia della Pisana, 111100163 Roma-BravettaTel. 06.65612678 – Fax 06.65612679C.C.P. 462002

Istituto Salesiano per le MissioniVia Maria Ausiliatrice, 32 10152 TorinoTel. 011.5224247-8 – Fax 011.5224760C.C.P. 28904100

BRUNO sr. Paola, Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Catania, il 12/11/2006, a 69 anni

Conobbe le fma nel pensionato universita-rio di Catania e lì decise di dedicare la suavita al Signore per l’educazione dei giova-ni. Dopo la laurea in pedagogia, iniziò ilsuo servizio scolastico con l’ardore e l’en-tusiasmo che la contraddistinsero per tuttala vita. Credeva alla dimensione apostolicae pastorale della scuola e soffriva quandola vedeva poco valorizzata. Che il suo ser-vizio fosse efficace lo testimoniano le tanteex-allieve che hanno ricevuto da lei, insie-me alla formazione professionale e all’a-more al dovere, anche una solida educa-zione cristiana. Come Preside ebbe occa-sione di spendere il meglio di sé nell’ac-compagnare alunni/e insegnanti e collabo-ratrici/tori, perché imparassero a svolgere illoro compito come una missione. Sapevasuscitare collaborazione e corresponsabi-lità. Ha speso molte delle sue energie pergarantire la qualità della scuola.

OPESSI sr. Silvia,Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Roppolo Castello (BI), il 14/11/2006,a 79 anni

Fu insegnante, assistente nella scuola enell’oratorio, direttrice di Corsi di Formazio-ne Professionale. Nel 1985 fu chiamata alavorare come segretaria del Cardinal So-dano, in Segreteria di Stato della Città delVaticano, servizio che svolse per 17 anni.Lasciò scritto: “Mi è successa la cosa piùbella che poteva capitarmi... A servizio di-retto del Santo Padre, ho conosciuto laChiesa, le sue sofferenze e le sue glorieed ho imparato tante cose: fedeltà assolutaalla preghiera, carità verso tutti, obbedien-za pronta senza ‘se’ e senza ‘ma’ ”. Nel2002 rientrò a Torino, poi a Roppolo nel2003. In quest’ultima comunità ha conti-nuato a regalare il suo aiuto con intelligen-za e cuore, senza far pesare i disagi dellesue condizioni sempre più precarie. Fu unapersona riservata, discreta, tanto da appa-rire talvolta seria e un po’ distaccata, ma inrealtà molto sensibile, di grande finezzad’animo, cordiale nel tratto, con un caratte-ristico umorismo rispettoso, quasi trattenu-to e peraltro riconoscibile nelle sfumaturedella sua voce e nel sorriso degli occhi.

MILANESE sr. Anna,Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Nizza Monferrato (AT), il 15/11/2006,a 90 anni

«Posso dire che ho mangiato pane e orato-rio!». Così suor Anna sintetizzava le suemolteplici esperienze di vita salesiana, rile-vando con grande efficacia il retroterra in cuiè cresciuta e l’orientamento unico della sualunga fedeltà. Destinata alla Casa salesianadi Asti “Don Bosco”. durante il periodo belli-co, vi rimase per quindici anni addetta allalavanderia e al guardaroba. Le sorelle chel’hanno conosciuta, amano tratteggiarla co-me una donna dotata di intelligenza praticanon comune; retta, volitiva, generosa nel la-voro, capace di rapporti interpersonali fra-terni e sinceri. “Con lei si stava bene – dico-no –”. Era l’anima della comunità, sempre laprima nel sacrificio. Era una donna di fatti

più che di parole. Nei suoi ultimi dieci anni, ariposo nella casa di Nizza, si è preparata,giorno dopo giorno, all’incontro con il Signo-re della sua vita, entrando pienamente nelmistero pasquale di croce e di risurrezione.

TARRARAN sr. Angela,Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Rosà (VI), il 19/11/2006, a 81 anni

Angela ha solo undici anni quando sente lachiamata a donare la sua vita a Dio. Gli annidi formazione, data la giovane età, sono ab-bastanza lunghi e impegnativi e Angela li af-fronta con gioia. A diciotto anni, consegue aTorino il diploma di infermiera professionalee dopo tre anni, parte missionaria per ilGiappone. Il viaggio è avventuroso quantomai e dura due mesi circa. L’arrivo in Giap-pone è una festa per gli orfanelli che accol-gono le missionarie arrivate dall’Italia. Laseconda guerra mondiale ha lasciato un se-gno profondo di tristezza e di miseria. Siprodiga senza sosta, lavorando 24 ore su24 e i sacrifici non si contano. Nel 1967, lo-gorata nella salute, ritorna in Italia, conti-nuando a portare nel cuore l’Oriente e vi-vendo la fatica di ritrovare nella sua mentele categorie del mondo occidentale. Da veramissionaria si era fatta giapponese tra igiapponesi. La voce dei bambini cui è statasorella e madre non la può far tacere. Esco-gita con impegno tante attività. Il male ine-sorabile l’accompagna di giorno in giorno.Non si arrende fino all’ultimo. Cuce e fabbri-ca oggetti per il banco pro-missioni.

RESI sac. Gustavo, salesiano,✝ Pordenone, il 13/06/2007, a 92 anni

Una vita, quella di don Resi, dedicata pri-ma di tutto ai giovani salesiani in formazio-ne, ai suoi confratelli come direttore in mol-te opere, infine, agli innumerevoli giovanidi cui è stato insegnante attento, solerte,esigente e apprezzato. Fine dicitore, siascoltava volentieri il suo eloquio chiaro,fluente, immaginoso. Don Gustavo fu an-che un poeta. Ha voluto scrivere anche disé e della sua fine. Ed è con questa suastessa “epigrafe” che vogliamo congedarcida lui, assicurandogli il ricordo presso ilPadre Celeste: “Vivo nella gioia di attende-re. / E attendo oggi. / Un oggi che si rinno-va ogni giorno / la venuta di “Chi” sta perarrivare. / Desidero aprirgli subito e volen-tieri / ed entrare così al gallicantus nel“dies aeternus sine vespera”.

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“Reciso in terra

torna a fiorire

nel giardino di Dio”

Agne

se G

aspa

rotto

SEMENZANO sig.ra Adelein Annoè, cooperatrice, ✝ Noale (VE), il 29/01/2007, a 99 anni

Adele è la prima di dodici figli di una fami-glia di solide virtù cristiane. Sposata nel ’38ha due figli che educa cristianamente conattenzione e trepidazione nel furore della2ª Guerra Mondiale. Molte mattine d’inver-no sveglia il primogenito e con passo velo-ce e furtivo si reca alla 1ª messa per potertornare a casa al sorgere del sole e nonpesare sul lavoro. Il primogenito Ernestolascia la casa per entrare nel collegio sale-siano, e unirsi ai figli di Don Bosco comesalesiano laico. Ella continua a governarela casa e la sua numerosa prole, a consoli-dare rapporti fra famiglie, a prestare aiutoa chi ha bisogno, sempre con umiltà e for-za d’animo. Accetta la vecchiaia con sere-nità, ringrazia per ogni attenzione prestata-le, non fa pesare su altri i suoi incomodi.Nelle ultime settimane della sua lunga eoperosa vita ripete a fior di labbra l’AveMaria, la preghiera tante volte da lei sug-gerita ai suoi bambini prima di addormen-tarli.

MAIORANA sig.ra Grazietta ved. Mirci, exallieva,✝ Barcellona (ME), il 10/03/2007, a 96 anni

Aveva frequentato l’oratorio delle FMA epartecipato all’Unione Exallieve. Dopo lachiusura della casa delle Figlie di MariaAusiliatrice, ha cominciato a frequentarel’oratorio salesiano, divenendo poi coope-ratrice. Grazietta era una donna laboriosa,attenta, rispettosa con tutti i parenti, degliamici, dei conoscenti, ma soprattutto erauna sposa amabile, piena di delicatezzaverso tutti, di signorilità e di fede vera esincera. La sua devozione ai valori religiosiera tanto evidente che suscitava ammira-zione in quanti la conoscevano o l’incontra-vano. Quando per l’età e la malferma salu-te non riuscì più a recarsi nella chiesettadell’oratorio, continuò a farsi compagniacon la corona del rosario, a riempire le suegiornate con tante preghiere e il ricordo delfratello don Aurelio (92 anni) salesiano. Ri-marrà di esempio per l’attaccamento in-condizionato ai valori della famiglia.

MIGLIAVACCA sac. Enrico,salesiano,✝ San Marino, l’11/06/2007, a 84 anni

Don Enrico è stato un uomo accogliente! Èla caratteristica che gli hanno tutti semprericonosciuto e che tutti hanno ammirato inlui. Aperto, sincero, mite, disponibile,avrebbe voluto sempre dire di sì a tutti. Masapeva anche dire i suoi no, con garbo macon decisione: “Non posso andare controla mia coscienza! ”. Accoglieva con un am-pio sorriso che accompagnava allargandole braccia ogni volta che qualcuno lo avvi-cinava. Era amico di tutti, nemico di nessu-no. Pronto ad aprire i tesori della sua sag-gezza e della sua bontà a chiunque glichiedesse un parere o un consiglio, e achiunque volesse approfittare del suo mini-stero. “Don Enrico non si tira mai indietro”,dicevano di lui. È stato così per tutta la suavita. E quando si è presentata sorella mor-te, l’ha accolta con altrettanta semplicità,nella totale accettazione della volontà diDio.

L’ANIMALE FANTASTICODEL MESELEVIATANOCon questo nome nella Bibbia è indi-cato un mostro marino, dalla forma diserpente o di coccodrillo, dotato digrande forza e pericoloso per l’uomo.È citato in Gb 3,8 e 40,25, in Is 27,1 enei salmi 74,14 e 104,26. È conside-rato da molti un simbolo del caos pri-mordiale. Questo animale dà il titoloal testo del filosofo inglese ThomasHobbes, che paragonava la forza bru-ta del mostro al potere assoluto delloStato. Herman Melville, invece, nel ro-manzo “Moby Dick”, attribuisce que-sto nome al capodoglio. Nell’ebraicomoderno, indica la balena. Non a ca-so, oggi, per qualcuno sarebbe statoun “leviatano-balena” a inghiottire ilprofeta Giona (2,1-2 e 11) e persino ilburattino Pinocchio.

VITA DA PAPI• 1° ottobre 965: diventa papa Gio-vanni XIII, Giovanni dei Crescenzi.• 2 ottobre 1264: muore Urbano IV,Jacques Pantaleon. Istituì la festadel Corpus Domini.• 3 ottobre 2004: Giovanni Paolo IIbeatifica Carlo I, ultimo imperatored’Austria.• 4 ottobre 1582: Gregorio XIIIintroduce il calendario “gregoriano”;il giorno 4 è seguito dal 15. • 5 ottobre 869: sotto Adriano II, siapre il IV Concilio di Costantinopoli,che condanna Fozio e l’iconoclastia.• 6 ottobre 891: è eletto papa For-moso, romano.• 7 ottobre 1571: sotto Pio V, aLepanto la flotta cristiana sconfiggequella turca, e il papa istituisce lafesta della Madonna del Rosario.• 8 ottobre 451: sotto Leone Magnosi apre il Concilio di Calcedonia,che condanna il monofisismo.• 9 ottobre 1047: muore avvelenatoClemente II, sassone. Nel 1958,muore Pio XII, Eugenio Pacelli.• 10 ottobre 1563: Pio V condannaMichele Baio, precursore del Gian-

senismo (si sottomise, poi, conpapa Gregorio XIII).• 11 ottobre 1303: muore BonifacioVIII, Benedetto Caetani, che il 3settembre ha ricevuto l’affronto del-lo schiaffo, ad Anagni. Nel 1962,Giovanni XXIII apre il Concilio Va-ticano II. • 12 ottobre 638: muore Onorio I.Nel 642, muore Giovanni IV, dal-mata.• 13 ottobre 1534: è eletto Paolo III,che indirà il Concilio di Trento. • 14 ottobre 222: è martirizzato sanCallisto I.• 15 ottobre 1389: muore UrbanoVI, Bartolomeo Frignano; si ha loscisma d’Occidente, con l’antipapaClemente VII.• 16 ottobre 1591: muore GregorioXIV, Niccolò Sfrondati. Nel 1978, èeletto Giovanni Paolo II, KarolWojtyla. • 17 ottobre 532: muore BonifacioII, ostrogoto d’origine. Nel 1912, na-sce Albino Luciani, futuro GiovanniPaolo I. • 18 ottobre 707: muore GiovanniVII, greco. Nel 1405, nasce EneaSilvio Piccolomini, Pio II.• 19 ottobre 615: è eletto AdeodatoI, il primo a usare sigilli di piombo(bullae) sui documenti pontifici.• 20 ottobre 1187: muore UrbanoIII, Uberto Crivelli.• 21 ottobre 686: diventa papa Co-none.• 22 ottobre 1303: è eletto Bene-detto XI, Nicolò Boccalini.• 23 ottobre 787: sotto Adriano I, siconclude il II Concilio di Nicea, con-vocato dall’imperatrice Irene.• 24 ottobre 711: papa Costantinotorna a Roma da Bisanzio, e la tro-va devastata dell’esarca Rizocopo.• 25 ottobre 625: muore BonifacioV, d’origine napoletana.• 26 ottobre 1887: Leone XIII con-cede l’indulgenza plenaria a quantivisiteranno a Lanciano (CH) la chie-sa delle reliquie eucaristiche.• 27 ottobre 1986: Giovanni PaoloII riunisce ad Assisi, per la primavolta, i rappresentanti delle religionidel mondo.• 28 ottobre 1958: è eletto Giovan-ni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli,beato.• 29 ottobre 2000: Giovanni PaoloII è il primo papa ad assistere auna partita di calcio, allo stadio. • 30 ottobre 701: è eletto papa Gio-vanni VI, greco.• 31 ottobre 1705: nasce Gian Vin-cenzo Manganelli, Clemente XIV;nel 1773 decretò lo scioglimento deigesuiti.

CORPO ESTRANEO IN GOLACapita soprattutto ai ragazzi, maanche agli adulti. Per espellere l’og-getto, spesso, bastano alcuni forticolpi di tosse o, se si tratta di unbambino, metterlo a testa in giù edargli qualche pacca sulla schiena.In genere, gli oggetti arrotondatiattraversano l’intestino e sono elimi-nati senza danni. Quando invece lapersona avverte dolore o ha ingeritoun oggetto appuntito (ago, spillo,osso, ecc.) consultare il medico. Seil corpo estraneo è finito nella tra-chea, il paziente rischia di nonrespirare e quindi, occorre agire infretta: farlo tossire e tentare di farespellere l’oggetto. Se il colorito del-la persona da rosso tende a diven-tare bluastro, bisogna colpire cinquevolte il dorso tra le scapole. Oppurecingerla da dietro con le braccia epoi, con le mani premere in modoforte sulla parte superiore dell’addo-me. In genere, il corpo estraneo èespulso o si sposta, consentendoun respiro; comunque, è opportunorivolgersi al medico.

IL MESEIL MESE

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Savina Jemina

BS OTTOBRE 2007

Ottobre

Leone XIII

Pio V

Clemente V

Gregorio XIV

LA SALUTE DEL MESE

Francesco Mottodirettore Istituto Storico Salesiano

Va tenuto anzituttopresente che parlarenel 2007 di “sogni

sfruttati a fini politico/rea-zionari” e “dalle chiarefinalità ricattatorie” sullabase di “memorie agiografi-che” ricostruite, come sidovrebbe sapere, su altre“memorie” del medesi-mo tenore significa per lomeno non aver letto quantoè stato scritto negli ultimidecenni a proposito dellestesse. Si sarebbe scopertoche al riguardo dei conti-nuamente citati “funerali acorte” l’unico documentosicuro, finora ritrovato, è unframmento di lettera, cheperò pone tali problemi diidentificazione del “visiona-rio” ivi citato, che due fra imaggiori storici salesiani nehanno dato interpretazionisemplicemente opposte.Astraendo dall’humus poli-tico-ecclesiale da cui sorgo-no le mai reperite lettere(con le legittime attese diuna popolazione cattolicafedele alla corona ma an-che al papato, con la pre-senza di un diffuso “profeti-smo” e con il senso dei castighi divini per fatti politicidi cui pure era tributaria la mentalità del santo di Val-docco), il rischio di fraintendimento è reale. Testo econtesto sono due dei tre (il terzo è la testa) elementiindispensabili per una qualsiasi corretta interpretazio-ne storica. E, nel caso in questione, uno è fragilissimoe l’altro addirittura inespresso.

� Quanto poi alla “triste fama di iettatore” attribuitaalla attività onirica di Don Bosco, “quasi sempre presa-ga di rovine e disgrazie”, non basta affermarla, maandrebbe dimostrata, tanto più che c’è chi afferma ilcontrario. Don Bosco è stato un “profeta di sventura”, o

un leale sudditodella Chiesa e dicasa Savoia, chesi servì di ognimezzo moral-mente legittimo,qual era l’avvi-so ricevuto per-sonalmente (omeno) dall’Al-to, per impe-

dire l’approvazione di leggi– ritenute (con molte ra-gioni) lesive dei diritti dellaChiesa – da parte dei cosid-detti “rappresentanti del po-polo” piemontese? Questiper altro erano ben lontanidal profondo sentire dellabase, la quale di sicuro noncostituiva per loro una riser-va di consenso. Infine defi-nire semplicemente “finipolitico/reazionari” quelliperseguiti da Don Boscosignifica non solo dimenti-care che il Risorgimento fuun’“autentica” guerra civile,ma anche non conoscere afondo il personaggio DonBosco, tutto dedito al pro-prio lavoro di educato-re, formatore di coscienze,scrittore, fondatore, costrut-tore di opere... e che soloper accidens si occupò dipolitica, là dove come pre-te si sentì in dovere di farela sua parte per evitare con-seguenze nefaste per la fe-de del popolo e per favorireun accordo Stato-Chiesanelle questioni di comuneinteresse.

� Del resto proprio per il suo essere totalmenteestraneo alla politica – ma decisamente schieratodalla parte del Papa! – poté proporsi ed essereaccettato come gradito mediatore fra le due parti incausa per una ventina d’anni e come tale godettedella stima di non pochi laicissimi “padri dellapatria”, quali Rattazzi, Vigliani, Zanardelli, Cri-spi...., per non dire di Camillo Cavour. Sembra cheDon Bosco venisse più volte ricevuto nell’abitazio-ne privata del conte e anche nei giorni in cui que-sti pronunciava uno dei suoi maggiori discorsi infavore del progetto di legge per la soppressionedegli ordini religiosi… Paradossalmente il santonon si faceva scrupolo di inviargli a casa decine dibiglietti della propria lotteria “con preghiera divolersi adoperare per ismerciarli presso coloro chegiudicherà propensi a simili opere di carità”. Sel’unificazione geopolitica dell’Italia sarà fatta dallaristrettissima “casta” dei politici dell’epoca, al “faregli Italiani” e alla loro unità, politicamente fallita,diede il suo apporto Don Bosco, che mai ritenneincompatibili Patria e Chiesa, Stato e Cristianesimo,“onesto cittadino e buon cristiano”, per dirlo conle sue parole. �

PRIMA PAGINA

I PUNTINISUGLI “I”Scrive lo storico Erberto Petoia:

“Un caso emblematico di sogni sfruttati ai fini politico/reazionari che gli valsero

la triste fama di iettatore, è rappresentatoda Don Bosco… I suoi sogni dalle chiare

finalità ricattatorie, preannunziavano la mortedi diversi membri della corte dei Savoia

(da Medioevo, giugno 07, n. 6, pag. 70)

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OTTOBRE 2007 BS

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BS OTTOBRE 2007

NUOVAMENTEGENITORI

Mi chiamo Claudio e sono papàdi due bellissimi bambini: Ema-nuele di 7 anni e Domenico di 18mesi. Il 5 settembre 2001 era na-ta Valentina ma, a causa di unarara malattia al cuore, morì doposolo otto ore di vita. Per il tremen-do dolore mia moglie Raffaella,dopo circa un anno dall’accadu-to, cadde in depressione e dovet-te poi ricorrere a specifiche cureantidepressive, fino all’inizio del2004. Era nostro desiderio avereun altro figlio, riscoprire e provarela gioia di essere ancora papà emamma, ma ovviamente la pau-ra era tanta. Casualmente abbia-mo incontrato un sacerdote sale-siano che ci ha parlato di sanDomenico Savio, protettore del-le mamme in attesa. Durante imesi di febbraio/marzo 2004 l’ur-na di vetro con il corpo di san Do-menico Savio veniva portata inpellegrinaggio attraverso variecittà d’Italia. Quando giunse nelVeneto, a San Donà di Piave, unsabato pomeriggio siamo partitiper raggiungere quella località. Cisiamo fermati in preghiera da-vanti all’urna, chiedendo la graziadi poter avere, io e mia moglie,un altro figlio. Solo dopo pochimesi Raffaella era incinta. In cia-scuno di noi si mescolavanogioia e paura; abbiamo richiestol’abitino di san Domenico Savio,ricevuto con grande gioia nel lu-glio 2004, e ci siamo affidati alSanto, recitando la novena ognisera. Il 2 febbraio 2005 è nato unbellissimo bambino biondo, congli occhi azzurri. Per riconoscen-za del dono ricevuto e garanziadi protezione, l’abbiamo chiama-to Domenico. Anche una coppiadi nostri amici è stata aiutata dasan Domenico Savio, quando alquarto mese di gravidanza lamamma ha contratto il citomega-lovirus, assai pericoloso, poichéinduce al 40% la possibilità di in-fettare il bambino che si porta ingrembo. Questi nostri amici, sen-tita la nostra esperienza, si sonoaffidati a Domenico Savio e il 5gennaio è nata una bellissimabambina, di nome Charlotte, mi-racolosamente sana.

Zoia Claudio

FORTUNA?NON CREDO

La mia collega di lavoro, dopouna lunga attesa, era rimastaincinta e attendeva la nascitadella seconda figlia. Le fu dia-gnosticata una placenta previa.Dopo numerosi controlli, corre-va il rischio di emorragia e diasportazione dell’utero dopo ilparto. Anche per la bimba na-scitura la situazione era preoc-cupante. Io le procurai l’abitinodi san Domenico Savio, rac-comandandole di affidarsi conla novena all’intercessione delpiccolo santo. In gennaio è na-ta Francesca e la mamma si èristabilita in brevissimo tempo,tanto che i medici le hanno det-to che è stata molto fortunata;ma noi sappiamo benissimoche è tutto merito del nostrogrande santo. Anch’io ho parto-rito un mese e mezzo primadella mia collega, ma con unparto ritardato quasi di due set-timane. Per questo in ospedalemi furono concesse ancora 24ore di tempo prima di un inter-vento con parto pilotato. La se-ra ho invocato san DomenicoSavio tenendo stretto a me ilsuo abitino. Il giorno seguentefinalmente sono giunte le do-glie ed è nato il mio secondo-genito Matteo, sano e forte,grazie a Dio.

Signori Francesca, Nettuno (Roma)

I NOSTRI SANTIa cura di Enrico dal Covolo postulatore generale

Per la pubblicazione non si

tiene conto delle lettere non

firmate e senza recapito. Su

richiesta si potrà omettere

l’indicazione del nome.OTTOBRE 2007 BS

di pregare san Domenico Sa-vio, il santo delle mamme e del-le culle, al quale sono attribuitemolte grazie. Le rivolsi poi l’invi-to a ritornare il giorno seguente,per avere da me delle immagi-nette con la preghiera da rivol-gere a questo santo, assicuran-dole che certamente sarebbestata esaudita. La mamma dellaragazza, commossa, accettò lamia proposta e venne a ritirarele immaginette che le avevopreparato. La esortai a pregareinsieme alla figlia con fede e fer-vore. Dopo qualche settimana,incontrai quella mamma, la qua-le tutta festante mi venne incon-tro per dirmi che a sua figlia,che aveva fatto l’ecografia perprocedere alla procreazione as-sistita, i l ginecologo avevaesclamato: ”Signora, qui c’è unmiracolo: lei è incinta!”. Entram-be commosse, ci siamo abbrac-ciate e abbiamo ringraziato Dio.Giorni fa ho incontrato questamamma che mi ha annunciatola nascita del nipotino Giorgio. IlSignore, per l’intercessione disan Domenico Savio, ha dato lagioia della maternità a questagiovane mamma.

Gauco Rita, Palermo

SVEGLIATO DA UN URLOTERRIFICANTE

Sono un exallievo degli istitutisalesiani di Vendrogno e diSondrio. Nel tardo pomeriggiodel 16 gennaio 2007 scendevoda Bormio verso Lecco, allaguida della mia macchina, conun amico a bordo. Verso le ore

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Attilio Giordani Matilde Salem

LA FOTO NEL PORTAFOGLIO

Da tempo desideravo unagravidanza, ma era impossi-bile convincere mio marito.Un giorno, a Milano, ci re-cammo in chiesa; lì pregai

Mamma Margherita.

davanti alla statuetta di sanDomenico Savio. Cercai diprocurarmi un abit ino, manon mi fu possibile. Decisi al-lora di mettere nel portafogliouna foto riportata dal Bolletti-no Salesiano. Dopo poco eroincinta. La gravidanza fu fati-cosa, ma la bambina cresce-va, nonostante i miei piccolidisturbi. Mancava ormai unsolo mese alla sospirata na-scita, quando venni ricovera-ta d’urgenza per gestosi. Funecessario operare con il ta-glio cesareo. Per tutto il tem-po dell’operazione tenni sottogl i abit i l ’ immaginetta delsanto. La piccola venne allaluce, nonostante alcuni di-sturbi nella respirazione, chescomparvero dopo pocheore. Mi rimaneva da nutrirlacon il mio latte, che però nonsembrava venire. Pregai allo-ra Mamma Margherita, e do-po alcuni minuti ecco ancheil latte.

Bandone Elisabetta, Monza (MI)

18 circa, giunto in prossimità diGrosio, dove la strada si fa piùlarga e rettilinea, mentre proce-devo con velocità più sostenu-ta, fui sorpreso da un colpo disonno. I l mio compagno diviaggio mi svegliò di soprassal-to con un urlo terrificante, men-tre dava un colpo al volante perdirottare la vettura da destraverso sinistra. Io, vedendo inquel momento due macchinevenirci incontro a tutta velocità,sterzai finendo contro il guar-drail dal lato destro della stra-da. Il compagno balzò fuori dal-la macchina, sollecitandomi afare altrettanto, visto il gravepericolo d’essere investiti dallemacchine che transitavano.Fortunatamente esse ci evita-rono. Usciti entrambi indennidall’incidente, potemmo prose-guire il viaggio, avendo riscon-trato solo alcune ammaccaturesulla carrozzeria. La macchinaaveva compiuto una traiettoriaad angolo retto e si era postadi traverso alla corsia, evitandouno scontro frontale. Attribui-sco questa grazia al Servo diDio Attilio Giordani, perchénella tarda mattina dello stessogiorno mi ero recato presso laredazione del “Resegone”, set-timanale cattolico di Lecco, persegnalare con un articolo i die-ci anni trascorsi dalla chiusuradel processo di canonizzazionedel suddetto Servo di Dio e perraccomandarmi a lui.

Maffei Giuseppe, Lecco

NASCITAPRODIGIOSA

Presso il reparto di cardiologiadel poliambulatorio, dove prestoservizio come infermiera profes-sionale, si presentò un giornouna ragazza, accompagnatadalla mamma, per sottoporsi adun esame. Non riuscendo a leg-gere la richiesta medica che mipresentava, chiesi per qualescopo le serviva quell’esame.La mamma mi rispose che suafiglia era sposata da sette annie, non avendo ancora figli, ave-va deciso di procedere alla pro-creazione assistita. Io con di-screzione proposi alla madrecome alternativa a questa prati-ca, molto complessa e difficile,

GIOIA DIESSERE MAMMA

Mi chiamo Cristina, di 31 anni,sposata da due anni e mezzo.Dal 7 ottobre, giorno della nasci-ta di mio figlio Francesco, sonouna persona totalmente felice.Esattamente un anno fa, ero inattesa di una bambina, ma a 40giorni la gravidanza si è fermatae io sono caduta in una dispera-zione totale: piangevo ogni gior-no e mi chiedevo perché il Si-gnore aveva preso il mio bambi-no. Ero diventata gelosa versotutte le mamme che incontravoper strada con i loro bambini. Ungiorno, dopo l’ennesima crisi dipianto, una mia amica mi ha par-lato dell’abitino di san Domeni-co Savio e di tante grazie che ilsanto concede alle mamme. Miprocurai l’abitino, lo misi al collofin dal giorno in cui lo ricevetti.Ogni giorno imploravo il santo didarmi la gioia di essere mamma.Lui ha ascoltato le mie preghie-re, donandomi Francesco.

Nona Cristina, Favara (AG)

PIANGEVO E PREGAVO

Sono sposata da sei anni, mam-ma di due bambine, Sara (quat-tro anni) e Alice (sei mesi).Quando decidemmo di avere ilsecondo figlio, la mia gioia eragrande. Lo desiderammo perqualche mese, ma invano. Decisidi abbandonarmi alla DivinaProvvidenza. Intanto mi sottopo-si a una cura per un’infiamma-zione che avevo scoperto. Dopola cura, scoprii di essere incintama, temendo per la salute delbambino, indossai l’abitino disan Domenico Savio senza maitoglierlo. Ogni giorno piangevo epregavo il santo, affidandogli lamia bambina. Il 23 settembre2005, con nostra grande gioia,nacque Alice, bella e sana.

Bracco Graziella, Pocapaglia (CN)

• Presidente, cambierà qualcosa sotto la sua guida?Purché rimanga tutto il buono che c’è. Abbiamo costruito molto, la-

voriamo con le persone e sulle persone. È questo il nostro tesoro. Daparte mia mi propongo di fare ancora più “rete”.

• Ma… non c’è proprio nulla da rinnovare?C’è da migliorare, come in tutte le cose. Incentivare l’uso dei mezzi

di comunicazione, traformare i volontari in piccoli reporter, approfon-dire la formazione, consegnare il microfono ai giovani. Ogni anno3/4000 persone chiedono di fare volontariato con il VIS, vogliamo faredi più per e con loro.

• In quanti Paesi del mondo operate e con quanti soci?Siamo in 48 Paesi con 55 volontari; 40 persone lavorano in sede.

130 sono i soci effettivi, con diritto di voto. Dobbiamo allargare la ba-se: professionisti, casalinghe, impiegati, operai, studenti…

• Non avete l’impressione, talvolta, di fare supplenza allo Stato?Lo Stato non può fare a meno della Società Civile e viceversa. Que-

sta è la verità.

• Le ONLUS stanno crescendo come i funghi… Perché secondolei?

Il problema è l’improvvisazione. Non si deve fare solo carità ma an-che formazione. Vogliamo puntare sulla professionalità, nella capacitàdi rendere conto… e questo è Vangelo.

• Qual è il compito più importante del presidente di una ONLUS?Fa progetti di sviluppo “con” e non “per” i Paesi poveri. Vigila per-

ché si valorizzi il lavoro di tutti e non si sfrutti nessuno. Insomma fa ildirettore d’orchestra.

In che cosa si distingue una ONLUS “salesiana” dalle altre?È un’“agenzia educativa”. Non accettiamo di fare “qualunque pro-

getto”, non siamo i factotum dello sviluppo.

Auguri, Presidente!

IN PRIMO PIANO redazionale

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ZORTEA MASSIMOAvvocato, exallievo di Mezzano di Primiero e volontario a Mogliano Veneto presso l’istitutoAstori. Sposato con un figlio. Socio VIS da 14 anni, ora ne è diventato il presidente.

BS OTTOBRE 2007

Fabi

ana

Di B

ello

MURAYOÈ una ragazzina che ha sol-

tanto 11 anni, ma è di una sim-patia unica con quel suo sorrisoche fa assumere alla bocca unaconformazione tutta particolarea causa dei suoi bianchissimidenti che danno all’infuori. Èuna bambina che sogna cometutte le bambine della sua etàun futuro di luci e colori, unafamiglia rallegrata da bimbi vi-spi come lei! Quel giorno –aveva solo sette anni – esce perfare la spesa: i poveri cresconoin fretta e fanno cose che qui inOccidente sono impensabili aquell’età. Ma non torna a casa,eppure il negozio è a poche de-cine di metri. Il papà esce acercarla e fa appena in tempo avederla caricare a forza su unajeep che s’allontana a gran ve-locità. Quando Murayo torna acasa è distrutta, inebetita, gliocchioni sgranati riflettono unterrore non trattenuto... La pic-cola ha subìto la vergognosatortura di uno stupro di gruppo.Sembrava una bimba finita. Elo sarebbe stata, se non avessetrovato una giovane coppia disomali, emigrati in America,che ha elemosinato per lei deisoldi per portarla via dall’infer-no della sua patria. Oggi inAmerica Murayo è sotto cura...I danni all’apparato genitale so-no gravissimi. Ma è, soprattut-to, difficile curare in una bam-bina il male che le hanno fattogli adulti. Ha ricominciato asorridere, sì, ma niente è piùcome prima.

TAXE PERÇUE

TASSA RISCOSSA

PADOVA C.M.P.

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FMAdi Maria Antonia Chinello

Destinazione Pacifico

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(Disegni del pittore Umberto Gamba)

Calendario2008Educare con il cuore di Don Bosco

CHIESAdi Silvano StraccaQuo vadis Europa? (12)