Bruciare i grassi fatti e miti del fitness

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Gli equivoci che ingenera l’espressione “bruciare i grassi” o addirittura, come qualcuno scrive “sciogliere i grassi”, possono portare a pratiche pericolose, come quella della quale dava notizia recentemente il supplemento settimanale di un noto quotidiano italiano, che informava come in alcuni Centri fitness statunitensi si spenga l’aria condizionata, non per risparmio energetico, ma perché facendo esercitare i malcapitati clienti a temperature oltre i 30° si “brucierebbero” o meglio “si scioglierebbero” meglio i grassi. Da SDS SCUOLA DELLO SPORT 93 http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/sds-scuola-dello-sport-n-93

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Nel variegato mondo del fitness, le esigenze del marketing e quelle che nascono dalla necessità diattirare e divertire clienti, ai quali si deve continuamente offrire qualcosa di nuovo, costringono a“inventarsi” sempre nuove “discipline”. Tra le ultime, ad esempio, troviamo l’Aqua pole gym, con laquale la Lap gym, una tecnica di “balletto” intorno ad un’asta derivata dalla Lap Dance, fa il suoingresso in piscina, e lo Zumba fitness una disciplina attualmente di gran moda “che brucia grassia ritmo di musica latino-americana”. Fin qui nulla da obiettare e nulla di pericoloso, se non fosse che gli equivoci che ingenera l’espres-sione “bruciare i grassi” o addirittura, come qualcuno scrive “sciogliere i grassi”, possono portare apratiche pericolose, come quella della quale dava notizia recentemente il supplemento settimanaledi un noto quotidiano italiano, che informava come in alcuni Centri fitness statunitensi si spengal’aria condizionata, non per risparmio energetico, ma perché facendo esercitare i malcapitati clientia temperature oltre i 30° si “brucierebbero” o meglio “si scioglierebbero” meglio i grassi. Cioè sidimagrirebbe più rapidamente. Dimenticando che il nostro organismo è fatto in modo tale da man-tenere costante la temperatura interna e lo fa attivando quei meccanismi come la vasodilatazionecutanea, la ventilazione polmonare e la sudorazione che favoriscono la dispersione del calore, non“sciogliendo i grassi”.Ciò non deve stupire, visto che “sciogliere i grassi” o “bruciare i grassi”, espressioni ormai utilizzatein tutto il mondo come sinonimo di dimagrimento, ingenerano in chi ignora come funziona il corpoumano una serie di equivoci e di false credenze e spesso porta ad affermazioni che non sono deltutto corrette. Infatti, fermo restando che l’attività fisica: “contribuisce ad abbassare i valori dellapressione arteriosa e quelli dell’ipercolesterolemia, a prevenire malattie cardiovascolari, obesità esoprappeso, diabete, osteoporosi; contribuisce, inoltre, al benessere psicologico, riducendo ansia,depressione e senso di solitudine” (come affermato nel Programma “Guadagnare salute” del nostro

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ess BRUCIARE i GRASSI

a cura di Mario Gulinelli

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Ministero della salute), cioè serve per finalitàche sono molto più importanti del semplicedimagrimento, il criterio fondamentale per lariduzione del grasso corporeo diretta a calare dipeso rimane un bilancio energetico negativo,nel quale l’energia consumata è maggiore diquella assunta attraverso l’alimentazione, e nonla sola quantità dei grassi, o più esattamente,di acidi grassi ossidati, ovvero “bruciati”, perottenere energia, attraverso l’allenamento. Sull’efficacia del solo esercizio fisico nel dimi-nuire il peso corporeo e i livelli di grasso corpo-reo senza che ad esso siano associati cambia-menti nell’alimentazione, alcune utili informa-zioni possono essere ricavate da un articolo direview di Katarina T. Borer, Direttrice delLaboratorio di endocrinologia dell’esercizio fisicodella Scuola di Chinesiologia dell’Università delMichigan (K. T. Borer, How effective is exercisein producing fat loss?, Kinesiology, 40, 2008,2, 126-137), che ci ricorda come – soprattuttoa causa dei rischi per la salute che sono asso-ciati al sovrappeso e all’obesità – l’esercizio fisi-co come mezzo per mantenere il peso corpo-reo, oppure per diminuire sia il peso sia il gras-so corporeo, abbia attirato l’attenzione deiricercatori da oltre un quarto di secolo (il primoarticolo che cita è del 1991) e che per produrreuna riduzione sostanziale del grasso corporeo ènecessario che si realizzi un notevole volume diesercizio fisico per un certo periodo di tempo.Poiché gli studi citati dalla Borer prevedonotempi di durata dell’esercizio diversi, occorretenere conto che essa nella sua review ha nor-malizzati i loro dati alla percentuale di perdita dipeso ottenuta su quattro settimane. Va poiricordato che molti Autori non hanno misuratodirettamente il dispendio d’energia e in alcunicasi descrivono l’intensità dell’esercizio in termi-ni estremamente generali. Comunque in questistudi il dispendio energetico è stato stimato inbase al peso del soggetto, alla velocità e ladurata del costo energetico del jogging o delladeambulazione sulla distanza di 1 km (1Kcal/km · kg di peso corporeo). I dati delle ras-segne disponibili (Ballor D. L., Keesey R. E., A

meta-analysis of the factors affecting exercise-induced changes in body mass, fat mass andfat-free mass in males and females,International Journal of Obesity, 15, 1991,717-726; Epstein, L.H., Wing R.R., Aerobicexercise and weight, Addictive Behavior, 1980,5, 371-388.; Leon A.S., Sanchez O. A.,Response of blood lipids to exercise trainingalone or combined with dietary intervention,Medicine and Science in Sports and Exercise,33 2001, Suppl 6, S502-S515) e numerosistudi individuali passati in rassegna dall’Autriceindicano che in molte ricerche sull’esercizio fisi-co, realizzate senza che vi fossero limitazionidella dieta, questo produceva una perditamolto modesta di peso e di grasso. La figura 1,nella quale è mostrata la perdita mensile digrasso corporeo in funzione del dispendio ener-getico dell’esercizio fisico quotidiano, evidenziache in molti studi questo dispendio energeticoquotidiano prodotto dall’esercizio fisico era trop-po scarso per produrre una perdita sostanzialedi grasso. Oltre al costo energetico diretto dell’esercizio,gli effetti indiretti attesi dell’esercizio fisicosono l’aumento del tasso metabolico basale ariposo e della termogenesi indotta dalla dieta(TID), che come è noto è la spesa energetica/calorica dell’organismo legata soprattutto aiprocessi fisiologici/metabolici necessari perl’assorbimento, il trasporto e la sintesi dei prin-cipali nutrienti (carboidrati, lipidi e proteine).Tale spesa energetica rappresenta un ulteriorefattore che può contribuire alla perdita totaledi energia. Secondo la Borer, i dati su questoaspetto sarebbero meno chiari. Se alcuni studiche prevedevano un notevole dispendio ener-getico provocato da un esercizio fisico intensoriferiscono di un incremento del metabolismoper periodi di alcune ore, come ad esempio,quello risalente addirittura al 1935 degli statu-nitensi Edwards, Thorndike, Dill (Edwards, H.T.,Thorndike, A., & Dill, O.B. The energy require-ment in strenuous exercise, New EnglandJournal of Medicine, 213, 1935, 532-535)che trovarono un incremento del 7% del tasso

metabolico basale durante il sonno in allievidell’età delle Scuole superiori (College) dopoavere praticato football americano, cheaumentava al 9,9% dopo una seduta intensadi lavoro e al 20% dopo una seduta moltointensa, mentre il tasso metabolico durante ilsonno era del 23% maggiore 13 ore dopo unapartita di lacrosse e dell’8% più elevato dopo31 ore, o quello di Passmore, Johnson nelquale 7 ore dopo 10 km di deambulazione a 4km all’ora (momento nel quale le misurazionifurono interrotte) il tasso metabolico in quattrosoggetti era dal 14 al 17% maggiore di quelloantecedente all’esercizio (Passmore R.,Johnson R. E., Some metabolic changes fol-lowing prolonged moderate exercise,Metabolism, 9, 1960, 452-456), molte ricer-che, che non prevedevano sedute di lavoromolto intense, mostrano una rapida diminuzio-ne nel tasso metabolico post-esercizio. Per cuisembra che, in soggetti giovani, solo un caricofisico molto intenso e prolungato incrementisostanzialmente il tasso metabolico in misuratale da contribuire a un significativo consumodi energia. La stessa conclusione vale per latermogenesi indotta dalla dieta (TID), che ingiovani maschi dopo tre ore di esercizio al50% dello sforzo massimo mostrava unaumento del 33%, rispetto ai valori osservatiallo stato sedentario dopo i pasti (Bielinski R.,Schutz Y., Jequier E. 1985, Energy metaboli-sm during the postexercise recovery in man,Americal Journal of Clinical Nutrition, 42,1985, 69-82), mentre nessun incrementonella TID (o nel tasso metabolico, il mattinosuccessivo) fu riscontrato in studi effettuati sudonne in età post-menopausa dopo due ore diesercizio nel quale in un giorno spendevano435 Kcal durante ognuna delle due sedute diesercizio (Wuorinen E. C., Detection of exerci-se energy expenditure, Tesi di dottorato, TheUniversity of Michigan, 2007). Per quantoriguarda i volumi e le intensità di esercizionecessari per ottenere e mantenere la perditadi grasso e di peso, la Borer ricorda che perperdere un chilogrammo di grasso corporeo

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Dispendio energetico dovuto all’esercizio giornaliero (Kcal)

Figura 1 – Percentuale di perdita mensile di peso corporeo come funzione della spesa energetica dell’esercizio fisico quotidiano.

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che contiene l’87% di lipidi (il resto è per il10% di acqua, il 2% di collagene e lo 0,1% diglicogeno) è necessario spendere circa 7830Kcal. Se si suppone che una persona vogliaottenere una perdita di grasso di un quarto dichilogrammo alla settimana, ogni settimanadeve spendere 2000 Kcal supplementari inattività fisica. Presupponendo cinque giorni diesercizio per settimana, il dispendio di energianecessario ammonta a 400 Kcal al giorno. Latabella 1 (modificata da American College ofsports medicine. Position stand: Appropriateintervention strategies for weight loss and pre-vention of weight regain for adults 2001)mostra quale sia la durata dell’esercizio neces-saria per spendere 400 Kcal per persone dipeso corporeo diverso che eseguono formediverse di esercizio fisico.Dalla tabella si desume che per produrre undispendio energetico di 400 Kcal al giornosono necessari volumi elevati di esercizio fisi-co. Si tratta di livelli di dispendio energeticoquotidiano che possono essere irrealistici permolte persone sedentarie e fuori forma, anchese alcune persone, in particolare coloro chepraticano regolarmente sport, possono ottener-li. Ci si deve chiedere, però, se un dispendioenergetico quotidiano di 400 Kcal attraversoesercizio fisico garantisca una perdita settima-nale di 250 g di grasso corporeo La risposta ècomplicata dalle variazioni nell’intensità dell’e-sercizio, dal corredo genetico individuale e dallivello di forma fisica necessaria per sostenerelivelli elevati di ossidazione dei grassi. Tuttequeste circostanze rendono difficile raggiunge-re questo tasso di perdita di grasso solo attra-verso l’esercizio. Se dal volume si passa all’in-tensità dell’esercizio, una intensità bassa per-mette tassi più elevati di ossidazione dei grassidi una intensità elevata. Ad esempio, secondoRomijn et al. al 25% dello sforzo massimocirca il 90% del costo energetico dell’esercizioè coperto dall’ossidazione dei lipidi provenientidai depositi di grasso, e circa il 10% dell’ener-gia è fornito dal glucosio prodotto dal fegato(cfr. Romijn J. A., Coyle E. F., Sidossis L.,

Gastaldelli A., Horowitz J. F., Endert E., WolfeR.R., Regulation of endogenous fat and car-bohydrate metabolism in relation to exerciseintensity and duration, American Journal ofPhysiology, 265, 1993). Questi elevati tassi diossidazione dei grassi sono una conseguenzadella mancata connessione circolatoria tra tes-suto adiposo e muscolo, della stimolazionesimpatica della lipolisi, e di un apporto di ossi-geno sufficiente a sostenere il lento processodell’ossidazione dei grassi. A intensità modera-ta del 65% del massimo sforzo, circa il 50%del costo energetico è fornito dagli acidi grassi,ma solo metà di essi deriva dai depositi digrasso del tessuto adiposo, mentre l’altra metàderiva dal grasso intramuscolare. L’altro 50%di energia proviene dal glicogeno muscolare ein misura minore dal glicogeno epatico. Conl’aumento dell’intensità dell’esercizio all’85%dello sforzo massimo, solo circa il 30% delcosto energetico dell’esercizio è coperto daigrassi, metà del quale origina dai loro depositimentre l’altra metà dai depositi intramuscolari.Ciò è dovuto, in parte alla già ricordata manca-ta connessione circolatoria tra tessuto adiposoe muscolo durante l’intensa attivazione simpa-tica che si produce ad elevate intensità diesercizio, e ancora di più al peggioramentometabolico dell’ossidazione dei grassi in favoredell’utilizzazione dei carboidrati. Lo studio diRomijn et al., quindi, dimostra che l’energianecessaria per l’esercizio fisico dipende da unamescolanza di carburanti metabolici, per cui ilipidi che provengono dai depositi di grassodurante l’esercizio sono utilizzati in misuravariabile. Scegliere la più bassa intensità d’e-sercizio per massimizzare l’ossidazione deigrassi dei depositi di lipidi non sarebbe realisti-co in quanto il dispendio totale di energia dimi-nuisce con la riduzione dell’intensità dell’eser-cizio. Per ottenere sostanziali perdite di grassouna persona dovrebbe esercitarsi per molte oreal giorno a bassa intensità di esercizio (cfr.tabella 1). Questo programma metabolicoforse era una caratteristica evolutiva utile per inostri antenati cacciatori-raccoglitori che

migravano a piedi per molte miglia e molti gior-ni. Ma forse, afferma la Borer, non rappresentauna soluzione attraente per gli uomini del 21secolo che cercano di eliminare rapidamenteun indesiderato grasso corporeo. Al termine della sua rewiev, dopo avere espo-sto i vari fattori che debbono essere considera-ti per quanto riguarda l’efficacia dell’eserciziofisico nel produrre una perdita di grasso, laBorer arriva alla conclusione che l’esercizio fisi-co, in particolare sotto forma di allenamentoaerobico, può essere usato per la diminuzionedel grasso corporeo, ma il processo è moltopiù rapido ed efficace se associato ad unamoderazione o una restrizione dell’alimentazio-ne, cioè ad una strategia dietetica. E ricordaanche che se l’esercizio fisico non producequei rapidi livelli di perdita di grasso che sidesidererebbe ottenere resta che un aumentodella stato di fitness presenta molti aspettipositivi per la salute. Per cui persone obeseche presentano un buon livello di efficienzaaerobica presentano un rischio minore di mori-re per patologie cardiovascolari e altre cause dimorte di soggetti magri con basso livello diforma fisica; che l’efficienza aerobica porta adun incremento per adattamento della funzionecardiocircolatoria e della massa mitocondrialenei muscoli, fattore che aumenta l’ossidazionedei grassi, riduce la produzione di specie reatti-ve dell’ossigeno implicate nell’eziologia del dia-bete di 2 tipo e di altre patologie associateall’obesita. Per cui un allenamento aerobicoaccompagnato da una diminuzione dell’assun-zione di alimenti rappresenta la via ottenerequel corpo più magro – e quindi più attraente,secondo i canoni attuali – che è l’obiettivo dimolti frequentatori dei Centri di fitness.Sempre per quanto riguarda il rapporto esi-stente tra attività fisica e “bruciare i grassi”,va ricordato un anche un articolo di AskerJeukendrup già Direttore dell’HumanPerformance Laboratory della School of Sportand Exercise sciences dell’University diBirmingham e attuale Global Senior Directordel Gatorade Sports Science Institute pubbli-

Tabella 1 – Minuti di esercizio continuo necessari per un dispendio di400 kcl basati su peso corporeo della persona (dati modificati daACSM 2001).

Peso corporeo (kg) 75 100

Ergometro a pedali 64,5 48

Camminare a 3,8 km/h 107 80

Camminare a 4,5 km/h 92 69

Camminare a 5,3 km/h 79,8 60

Nuotare 40 31

Esercizi di forza 53 40

Ballare 58 44

Rastrellare il prato 80 60

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cato nella rubrica Standards der Sportmedizindalla rivista tedesca di medicina dello sport(Jeukendrup A. E., Fettverbrennung und kör-perliche Aktivität, Deutsche Zeitschrift fürSportmedizin, 56, 2005, 9, 337). Come affer-ma Jeukendrup (che scrive con cognizione dicausa in quanto oltre ad essere un eminentescienziato della nutrizione è un triatleta che hapartecipato a diciotto triathlon tra i quali cin-que Ironman Hawai), è universalmente ricono-sciuto che la capacità di “bruciare i grassi”, opiù correttamente la capacità di metabolizzarliin modo efficace, è molto importante per lacapacità di resistenza nello sport competitivo,come pure per la salute. Altrettanto sicuro èche gli atleti allenati alla resistenza posseggo-no una capacità particolarmente sviluppata diossidazione degli acidi grassi che li mette ingrado di utilizzarli come substrato energeticoquando le riserve di glicogeno non sono almassimo. Contrariamente ad essi, le personesovrappeso o obese come anche i pazientiinsulino-resistenti e con diabete di II tipodispongono di una limitata capacità di meta-bolizzazione dei grassi e di una tendenza acontinuare a immagazzinare, piuttosto che aridurre, la loro massa grassa, la cui basemolecolare sarebbe la minore proporzione difibre ossidative e la ridotta massa di mitocon-dri, che sono i siti subcellulari della fosforila-zione ossidativa, nel loro muscolo scheletrico.Nella condizione di obesità la concentrazionedi acidi grassi circolanti è elevata a causadella resistenza all’insulina e alla sua ridottacapacità di sopprimere la lipolisi del tessutoadiposo. L’elevato flusso di acidi grassi forni-sce un ampio substrato per l’ossidazione mito-condriale dei grassi che non può essere realiz-zata efficacemente per la limitata massa mito-condriale. Ciò porta ad una disfunzione checomprende una più elevata produzione di spe-cie reattive dell’ossigeno e uno spostamentodal metabolismo dei grassi a quello dei carboi-drati (Saris W.H.M., Heymsfield S. B., Allmetabolic roads lead to mitochondrial (dys)-function, Current Opinion in Clinical Nutrition

and Metabolic Care, 10, 2007, 661-663). Lepersone obese presentano anche una minoreespressione dell’ormone del tessuto adiposo,l’adiponectina, che fornisce uno stimolopotente per la biogenesi mitocondriale e perquesta ragione sarebbero svantaggiate nelloro sforzo di ridurre grasso dalla ridotta capa-cità di ossidarlo o di produrre più mitocondri eda una maggiore dipendenza dal metabolismodei carboidrati.Ne risulta un aumento dell’accumulo dei lipidie dei loro metaboliti nella muscolatura chepuò alterare ulteriormente i segnali dell’insuli-na e aumentare ulteriormente la resistenzaall’insulina, cioè la già ridotta sensibilità dellecellule del corpo, soprattutto della muscola-tura, del fegato e del tessuto adiposo all’azio-ne di questo ormone. Per cui, r icordaJeukendrup, è legittimo affermare che unapiù elevata capacità di metabolizzare i grassipossa aiutare i soggetti sovrappeso e obesi aridurre il loro peso e in particolare il loro gras-so corporeo. Quindi è giusto chiedersi qualisiano i fattori principali che influenzano que-sta capacità di “bruciare i grassi” durantel’attività fisica. Tra tali fattori, il primo cheviene citato da Jeukendrup, in perfetta con-cordanza con quanto affermato da Romijn(1993), è l’intensità del carico, in quantorappresenta uno dei più importanti nell’influi-re sul metabolismo dei grassi. Il rapporto trasingole intensità del carico e la loro ossida-zione dei grassi è stato descritto in variericerche, ma nel 2003 Achten e Jeukendrup(Achten J., Jeukendrup A. E., Maximal fat oxi-dation during exercise in trained men,International Journal of sport Medicine, 24,2003, 8, 603-608) lo hanno studiato peruna gamma più ampia d’intensità, confer-mando che, in generale, la percentuale delmetabolismo dei carboidrati sulla trasforma-zione globale dell’energia aumenta proporzio-nalmente all’intensità del carico, mentre lacombustione dei grassi dapprima s’incremen-ta, per diminuire, successivamente, ad inten-sità più elevate (figura 2).

Esistono numerosi studi nei quali è stata defi-nita quale sia l’intensità del carico in cui siosserva il tasso maggiore di metabolismo deigrassi (Fatmax). Tale intensità, che può essereutilizzata sia per l’allenamento della resisten-za, sia per lo sport diretto al miglioramentodella salute, sia per programmi di riduzione delpeso, secondo Achten e Jeukendrup nei sog-getti allenati si trova ad intensità medie (circaal 65% del V

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al 50% del V.O2max.

Oltre all’intensità del carico un altro importan-te fattore della capacità di ossidazione deigrassi è rappresentato dall’alimentazione. Unadieta ricca di carboidrati, infatti, inibisce l’ossi-dazione dei grassi, mentre una povera produr-rebbe tassi più elevati di metabolismo dei lipi-di. Achten, Jeukendrup (Achten J., JeukendrupA. E., The effect of pre-exercise carbohydratefeedings on the intensity that elicits maximalfat oxidation, Journal of Sports Science, 21,2003, 1017-1024) hanno dimostrato chel’assunzione di carboidrati nelle ore che prece-dono un carico portano ad un aumento dell’in-sulina e quindi ad una diminuzione fino al35% della combustione dei grassi. Un simileeffetto post-prandiale dell’insulina sul metabo-lismo lipidico può durare 6-8 ore. Ciò significache i massimi tassi di ossidazione dei grassi siraggiungerebbero a digiuno dopo la carenzanotturna di cibo. Per questa ragione, con gliatleti di sport di resistenza, spesso è statoapplicato un allenamento al mattina senzache esso fosse stato preceduto dalla primacolazione, supponendo che in questo modo sipotesse aumentare la capacità del metaboli-smo lipidico della muscolatura, anche se nonesistono studi che provino l’efficacia di unsimile regime di allenamento o effetti rilevantisulla prestazione. Né tale modo di procederesi è rivelato efficace in programmi diretti alladiminuzione di peso. Per quanto riguarda il fat-tore durata del carico è noto da molto tempoche l’importanza della metabolizzazione deigrassi aumenta con l’incremento della duratadel carico. Nelle gare di ultra resistenza i tassi

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Figura 2 – Relazione tra ossidazione dei lipidi e intensità del carico in soggetti allenati (n = 55%), espressa in percentuale del V.O2max.

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di trasformazione nel metabolismo lipidicopossono arrivare a 1g/min. Anche in questocaso un’assunzione di carboidrati prima odurante il carico porta ad una soppressionedell’ossidazione dei lipidi. La misura in cui ven-gono “bruciati i grassi” è influenzata anche daltipo di attività. Così Achten, Venables,Jeukendrup (Achten J., Venables M. C.,Jeukendrup A. E., Fat oxidation rates arehigher during running compared with cyclingover a wide range of intensities, Metabolism,52, 2003, 747-752) hanno dimostrato che,ad un determinato livello di consumo d’ossige-no, l’ossidazione dei lipidi nei movimenti dimarcia o di corsa era superiore che in movi-menti di pedalata. Per quanto riguarda le dif-ferenze di genere anche se vi sono numerosericerche che non hanno rilevato differenzequalitative nel metabolismo durante carico fisi-co tra uomini e donne, la maggior parte dellericerche indicano che le donne bruciano piùgrasso degli uomini. In una loro ricercaVenables, Achten, Jeukendrup (Venables M.C., Achten J., Jeukendrup A. E., Determinantsof fat oxidation during exercise in healty menand women: a cross sectional study, Journalof Applied Physiology, 98, 2005, 160-167)nella quale sono stati confrontati, su unavasta zona d’intensità, 300 soggetti (157uomini, 143 donne) sono riusciti a dimostrareche le donne presentavano un tasso d’ossida-zione dei grassi più elevato nella maggior partedelle intensità e il loro Fatmax si presentava aintensità più elevate. Gli uomini, rispetto alledonne, presentano tassi minori di ossidazionedei grassi e un passaggio più precoce, rispettoalle donne, ai carboidrati come fonte principa-le di energia. Jeukendrup, continuando nella sua rassegnadei fattori che influenzano la combustione deigrassi, non può fare a meno di citare gli inte-gratori alimentari, visto che sul mercato esisteuna ampia quantità di prodotti che affermanodi essere “bruciatori di grassi”, cioè di esserein grado di incrementare il metabolismo lipidi-co. Tra essi cita la caffeina, la L-carnitina(usualmente chiamata carnitina, disponibile incommercio sotto forma di acetil-L-carnitina),l’acido idrossicitrico (contenuto, ad esempio,nell’estratto secco di garcinia, una pianta ori-ginaria del Sud-est asiatico), il cromo (com-mercializzato sotto forma di cromo picolinato,cromo cloridrato, cromo polinicotinato), l’acidolinoleico coniugato (Conjugated Linoleic Acid,CLA, un acido grasso omega 6 contenuto nellatte, nei latticini, nelle carni e in alcuni vege-tali), il ginseng, il glucomannano (un polisac-caride di origine vegetale contenuto nella fibraalimentare della radice di Amorphallus konjak,pianta di origine orientale), il thè verde, lo psil-lio (Plantago psyllium, una pianta officinaledella famiglia delle plantaginaceae), il piruva-to. Alle proprietà ampiamente pubblicizzate ditutti questi prodotti si contrappone però, adetta di Jeukendrup (Jeukendrup A. E., WallisG. A., Fat supplementation, health and endu-rance performance, Nutrition, 20, 2004, 678-688), la scarsità di prove scientificamenteaccettabili che confermerebbero che sono

realmente in grado di migliorare l’ossidazionedei grassi durante il carico fisico. Anzi, alcunidi essi, non solo sarebbero inefficaci, mapotrebbero essere addirittura rischiosi. Perquanto riguarda poi l’aumento della tempera-tura esterna dell’ambiente in cui si svolge atti-vità fisica – la pratica di alcuni Centri fitnessstatunitensi dei quali abbiamo parlato all’inizio– la capacità di metabolizzare i grassi puòessere influenzata anche dai fattori ambienta-li, in quanto questi possono contribuire adeterminare il substrato scelto per il metaboli-smo, ma elevate temperature esterne rafforza-no l’utilizzazione del glicogeno nell’attività fisi-ca e diminuiscono la metabolizzazione deigrassi. Lo stesso effetto si può osservaredurante attività fisiche svolte in altitudine. Secondo Jeukendrup, quindi, il solo approccioefficace per aumentare la metabolizzazionedei lipidi durante l’attività fisica sarebbe unregolare allenamento sportivo, soprattutto l’al-lenamento di resistenza che provoca unmiglioramento della dotazione muscolare dienzimi del metabolismo lipidico. Tale tipo diallenamento aumenta la densità dei mitocon-dri e migliora l’apporto locale di sangue, duemeccanismi che hanno un effetto positivo sul-l’ossidazione dei grassi. In base ai risultatidelle ricerche è noto da vari decenni (HolloszyJ. O., Coyle E. F., Adaptation of skeletalmuscle to endurance exercise and their meta-bolic consequences, Journal of AppliedPhysiology, 56, 1984, 831-838) che giàquattro settimane di un allenamento regolarebasato su tre sedute settimanali di 30-40minuti di durata inducono notevoli adattamen-ti nel muscolo scheletrico le cui principali con-seguenze metaboliche, sono il miglioramentodell’ossidazione dei grassi e cambiamentienzimatici. Ma, secondo Jeukendrup, attual-mente non si possono trovare indicazioni vali-de su come debba essere l’allenamento otti-male che permette di raggiungere questi risul-tati. Anche per quanto riguarda la combinazio-ne migliore tra tipo di attività fisica (sport)intensità e durata di un allenamento direttoalla riduzione del peso, per il momento non sipuò dare una risposta chiara. Stabilire ilFatmax potrebbe servire per diminuire il peso oi grassi o mantenerli costanti, ma ancora nonesiste una prova scientifica di ciò. In generalesi deve affermare che la quantità assoluta digrassi ossidata durante attività sportiva èscarsa: in media 0,5 g/min se si sceglie unaintensità ottimale, per cui ci vorrebbero più di33 ore di carico sportivo per demolire una chi-logrammo di massa grassa. Camminare o cor-rere ad una intensità di circa il 50-65% delV.O2max potrebbe rappresentare una buona

intensità per metabolizzare i grassi, ma oltre aquello dell’intensità non va dimenticato ilruolo svolto dalla durata del carico, perchél’utilizzazione dei grassi aumenta con essa.Per questa ragione, se l’attività fisica rappre-senta l’unica misura diretta alla riduzione delpeso corporeo, di regola l’obiettivo principaleè rappresentato da un aumento del dispendioenergetico tale da permettere la riduzione ilgrasso corporeo, per cui l’aumento del volu-

me del carico fisico diventa un’opzione inevi-tabile. La combinazione tra un programmadietetico e lo sport permette di impedire ladiminuzione della capacità di ossidare i grassiche spesso si osserva dopo una perdita dipeso (cfr. Astrup A., Dietary composition, sub-strate bilance and body fat in subjects with apredisposition to obesity, International JournalObesity related metabolic disorder, 17, 1993,suppl., S32-36, Discussion S41-32).Per concludere, sebbene i fattori che sonostati elencati sopra influenzino la combustionedei grassi, la misura esatta di questa loroinfluenza non può essere quantificata in modopreciso, caso per caso, senza misurazioni delcarico stesso. Ciò è dovuto al fatto che esisteun grado considerevole di variazione interindi-viduale, che probabilmente, in primo luogo, ègeneticamente determinata. Intensità, durata,dieta, tipo di attività fisica e sesso sono ingrado di spiegare solo una percentuale limita-ta – il 12% – di questa variazione nella capa-cità di massima ossidazione dei grassi (cfr.Venables M. C., Achten J., Jeukendrup A. E.,Determinants off at oxidation during exercisein healthy men and women: a cross sectionalstudy, Journal Applied Physiology, 98, 2005,160-167). Per questa ragione, secondoJeukendrup, sarebbero necessari ulteriori studiper comprendere le cause di tale variazione.Ciò è particolarmente importante in quantosappiamo che una scarsa capacità di ossida-zione dei grassi rappresenta un fattore dirischio per l’insorgenza di malattie cardiova-scolari o metaboliche. In conclusione, tornando alla precedenteosservazione di Jeukendrup che afferma cheper il momento non si può dare una rispostaalla domanda di quale sia la combinazionemigliore tra tipo di attività fisica (sport) inten-sità e durata di un allenamento diretto allariduzione del peso, che spesso rappresenta lamotivazione dominante per la quale molti ini-ziano a praticare uno sport o a frequentare deiCentri fitness, si potrebbe affermare che qualetipo di attività fisica si realizzi come mezzo cheaiuta a ottenere un bilancio energetico negati-vo è indifferente. Ciò che conta è passare dauno stile di vita sedentario ad uno attivo. E sedal punto di vista medico da anni si sa cheogni attività fisica, abbinata alla dieta. chealleni la resistenza – camminare, correre,andare in bicicletta, nuotare, sci di fondo, ecc.– serve a diminuire di peso, da almeno duedecenni nella letteratura internazionale si staassistendo ad una crescente rivalutazione del-l’importanza per la salute dell’allenamentodella forza. Che non solo impedisce la perditadi massa muscolare prodotta dall’inattività edal processo di invecchiamento, mantieneforza e coordinazione della muscolatura, pro-duce una termogenesi post-esercizio maggioredi una allenamento della resistenza di inten-sità equivalente, ma, nel caso di uno sviluppodella massa muscolare, induce anche unmaggiore tasso metabolico basale, con effettipositivi sul metabolismo degli zuccheri (cfr.L’allenamento della forza con soggetti diabeti-ci in questo numero a pagina 14) e dei grassi.