Brochure La depressione - Un problema poco riconosciuto tra i giovani

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Depressione Un problema poco riconosciuto tra i giovani

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In collaborazione con Rotary - Jobel - Fondazione Idea - Asl1 - Asl2. Ministero dell'istruzione delle università e della ricerca

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Che cosa è il Rotary?Pensa a un gruppo di amici… che amano ritrovarsi per portare avanti progetti umanitari, pensa a uomini e donne che si impegnano a livello locale e internazionale sostenendo l’istruzione e la formazione professionale, portando acqua potabile, combattendo la fame, migliorando la salute e le condizioni igienico sanitarie, sradicando la poliomielite dal pianeta... e hai scoperto il rotary.

Questi uomini e queste donne formano una organizzazione mondiale fondata dall’amercano Paol Harris oltre cento anni fa, di imprenditori e professionisti convinti che per cambiare il mondo si incomincia con l’impegno a “servire al di sopra di ogni interesse personale”.

Uomini e donne che prestano servizio umanitario, che incoraggiano il rispetto di elevati principi etici nell’esercizio di ogni professione e che si impegnano a costruire un mondo di amicizia e di pace. In sintesi è “Amicizia e Servizio”, il piacere di stare insieme pre rendersi utili, donare competenza, tempo, disponibilità.

il Rotary èUn’associazione che conta oltre 1.200.000 amici in più di 220 paesi con una sola missione: Servire al di sopra di ogni interesse personale.

Un’associazione umanitaria che promuove l’ideale di servizio e incoraggia:

Lo sviluppo di rapporti interpersonali intesi come opportunità di servizio

Elevati principi morali nello svolgimento delle attività professionali e nei rapporti di lavoro, il riconoscimento dell’importanza e del valore di tutte le attività utili

L’applicazione dell’ideale rotariano in ambito professionale e sociale

La comprensione e la buona volontà e la pace tra i popoli attraverso il servizio.

Per queste ragioni, tutte le attività e i progetti di servizio dell’associazione, come la fame, la sete, l’educazione, la polio plus, la talassemia, la lotta contro l’AIDS o una raccolta fondi non sono fatti perlodarsi o autocelebrarsi, ma per far conoscere a tutte le persone che ne soo esterne, cosa in realtà il Rotary sia e come operi.

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DepressioneUn problema poco riconosciuto tra i giovani

Le persone tendono generalmente a vedere l’adolescenza come un periodo di confusione, ricco di cambiamenti d’umore e d’intensi eventi emotivi.In effetti, gli adolescenti, avvicinandosi all’età adulta, affrontano diverse nuove sfide e pressioni sociali e alcuni vivono con difficoltà questa fase di transizione.Molti, compresi gli esperti, erano soliti una volta, minimizzare questi cambiamenti d’umore e del comportamento, giudicandoli manifestazioni normali dell’adolescenza, “una fase” da superare per crescere.C’è tuttavia un numero sempre crescente di prove che dimostrano che tali problemi non sono sempre un aspetto normale del processo di crescita.Per molti adolescenti, sintomi come la mancanza di gioia, la confusione, l’isolamento, il ritenersi incompreso e manifestare un atteggiamento ribelle possono essere indice di un disturbo dell’umore.Gli studiosi affermano che gli adolescenti possono ammalarsi di depressione quanto gli adulti.A tutte le età, la depressione è una condizione che dovrebbe essere presa sul serio, perché si accompagna ad una grande sofferenza e può interferire significativamente con la vita d’ogni giorno, con il funzionamento sociale e il benessere generale.Nei casi più gravi, la depressione può portare al suicidio e purtroppo, negli ultimi 30 anni, la percentuale di suicidi tra i giovani è progressivamente aumentata, senza contare le morti dovute a comportamenti a rischio con valenza suicidaria.Per fortuna la depressione adolescenziale risponde efficacemente agli interventi terapeutici: questi però non sono sempre messi in atto perché la malattia spesso non è riconosciuta.Genitori, insegnanti, medici e chiunque sia vicino ai giovani dovrebbe fare uno sforzo per riconoscere la depressione ed intervenire quando necessario.Molti giovani presentano il primo episodio di depressione proprio durante l’adolescenza, ma pochi la riconoscono.Studi recenti indicano che negli ultimi decenni c’è stata un’impennata dei casi di depressione che iniziano durante l’adolescenza, anche se non n’è chiaro il motivo. Il mondo in cui viviamo diventa sempre più complesso e molti giovani si sentono impreparati ad affrontare una serie di scelte e tensioni.

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La patologia depressiva attualmente sembra essere una tra le più diffuse nel mondo.Le ultime ricerche epidemiologiche dell’OMS affermano che la depressione si trova al quarto posto tra tutte le patologie nel mondo (e non solo psichiatriche) e che questo indice sta crescendo così rapidamente che si ipotizza che nel 2020 raggiungerà il secondo posto.La depressione può colpire chiunque, indipendentemente dall’età, dal sesso, dal livello culturale e dallo status socioeconomico; si manifesta maggiormente nelle donne rispetto agli uomini: compare nel 25% delle donne e nel 12% degli uomini.In Italia si stima che circa il 6% degli uomini e il 9,5% delle donne sperimentino almeno un episodio di depressione più o meno grave nel corso di un anno. Questa differenza sembra essere dovuta al fatto che le donne, rispetto agli uomini, hanno più frequentemente sentimenti di tristezza, sono più autocritiche e vengono maggiormente educate ad essere dipendenti. Gli uomini, invece, sembrano reagire ai vissuti depressivi soprattutto con comportamenti disfunzionali quali, ad esempio, l’uso di alcol e di droghe.Chi ha avuto un episodio di depressione, rispetto a chi non l’ha mai sperimentato, ha maggiori probabilità di presentare altri episodi depressivi nel corso della sua vita.Il Disturbo Depressivo è associato ad una elevata mortalità. Fino al 15% degli individui con un Disturbo Depressivo grave muore per suicidio. Ciononostante, la maggior parte dei soggetti depressi non arriva ad avere ideazioni suicidarie o sintomi particolarmente gravi, ma lamenta sintomi che spesso non vengono neanche associati facilmente alla depressione stessa (stanchezza cronica, malesseri fisici, apatia, astenia, calo del desiderio, irritabilità, ecc.).Altri disturbi sono frequentemente presenti contemporaneamente alla depressione: Disturbi Correlati a Sostanze, Attacchi di Panico, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo Borderline di Personalità.

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Cosa significa essere depressi?

Sentirsi depressi significa vedere il mondo attraverso degli occhiali con delle lenti scure: tutto sembra più opaco e difficile da affrontare, anche alzarsi dal letto al mattino o fare una doccia.Molte persone depresse hanno la sensazione che gli altri non possano comprendere il proprio stato d’animo e che siano ottimisti inutilmente.La parola “depressione” è composta dal prefisso “de” e dalla parola “pressione”. In pratica, quando siamo depressi è come se ci mancasse la sufficiente pressione, ovvero la sufficiente energia per fare le cose che vogliamo. Ciò avviene perché utilizziamo le nostre energie contro di noi invece che per raggiungere gli obiettivi che ci interessano. È molto comune che le persone depresse siano profondamente arrabbiate con se stesse. Si tratta in molti casi di persone che, per storia personale e familiare, hanno imparato a schiacciare la propria aggressività nei rapporti con gli altri, non trovando altre soluzioni – per esprimerla – che rivolgerla contro se stessi, generando sintomi pericolosi come l’auto-svalutazione e la conseguente mancanza di autostima.

Quando siamo depressi, è come se avessimo vicino a noi una persona molto rabbiosa che ci insulta e ci svaluta di continuo, non dandoci alcun sostegno nella nostra vita ma criticandoci, colpevolizzandoci e facendoci ricordare con estrema chiarezza tutti gli insuccessi e le volte in cui non ci siamo dimostrati all’altezza.

La depressione sopravviene quando l’individuo è costretto prima o poi a confrontarsi con i limiti; per questo la depressione viene spesso definita “malattia dell’onnipotenza”. Le separazioni, le perdite, i limiti sono una parte della vita che il depresso tende a negare. In lui avviene una lotta feroce tra il depresso-debole-vittima (che è la parte che non ce la fa più, che vorrebbe morire) e l’onnipotente-superiore-trionfante, che tende a controllare tutto. Quando qualcosa fallisce, il fallimento viene vissuto come una sconfitta personale totale. Egli percepisce in maniera precaria il proprio sé e i propri bisogni. E’ persa la consapevolezza di sé come persona fisica. Pertanto, la consapevolezza di tale realtà comporta una condizione di confusione che non permette l’individuazione di una direzione precisa di azione e nemmeno il reperimento dell’energia finalizzata a generare l’azione. Possiamo incontrare sia individui bloccati nell’azione, quasi paralizzati, che trascorrono il loro tempo nell’inerzia, e sia individui che agiscono in modo compulsivo nell’estremo tentativo di perseguire il “grande ideale”, legato ad un sistema di valori interno.Il depresso ha difficoltà a gestire il conflitto per una sua grande rigidità mentale che lo porta a ragionare secondo un’ottica dicotomica: giusto-sbagliato; ciò gli preclude la possibilità di scelta. In lui è forte l’introiezione di modelli esterni poco congruenti con i propri reali bisogni.

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In assenza di obiettivi chiari da perseguire il depresso tende a non fermarsi per individuare bene i propri bisogni. Egli persegue un’illusione, c’è esaltazione, grande energia come nell’atteggiamento compulsivo ma quasi sempre non riesce a raggiungere la soddisfazione piena del bisogno. La dimensione euforica dell’esperienza, poggiata su basi fragili e poco consapevoli, determina una confluenza sugli interessi e i bisogni dell’altro a discapito delle proprie esigenze. Ciò porta a vivere in maniera limitata e frustrante il contatto con l’esterno. Il depresso si sentirà inadeguato, obbligato a scusarsi, a riparare e riterrà giusto essere punito qualora il rapporto non fosse positivo, serbando nel suo intimo sensi di colpa e rancore che non riuscirà ad esplicitare. In realtà c’è un focalizzarsi eccessivamente sbilanciato più sul sapere cosa agli altri piace e a soddisfare tale esigenza che a fare le cose per il piacere di farle. Il depresso è un soggetto per lo più bloccato sia da un punto di vista fisico (predomina l’abulia, l’apatia) sia da un punto di vista immaginativo (non riesce ad immaginarsi un qualche futuro), egli non è del tutto consapevole di se stesso, il suo livello di energia è quasi sempre molto basso mentre il livello emotivo è molto presente. La depressione viene distinta principalmente in due tipi:La depressione reattiva è una reazione a qualche avvenimento ben identificato nella vita del paziente come ad esempio la scomparsa di una persona cara, una separazione, la perdita del lavoro, il passaggio di alcune fasi evolutive, ogni qualvolta entriamo a contatto con un nostro limite e, non riuscendo a superarlo, ci sentiamo frustrati. Tale frustrazione, protratta nel tempo, può generare uno stato depressivo.Tra i vissuti esperiti in questo tipo di depressione ci sono la tristezza, il senso di vuoto, la rabbia, l’apatia, l’ingiustizia, il ritiro affettivo e al contatto con la vita, un senso d’impotenza ed i ritmi fisiologici appaiono alterati.La depressione endogena o melanconica o di tipo maggiore, è determinata da cause sconosciute e da fattori ignoti. Non si sa perché accade e il suo succedersi può avvenire rapidamente o, scivolando pian piano, trasformare il normale sentire in un’esperienza in cui non c’è più energia, il desiderio diminuisce progressivamente e la perdita del senso contagia ogni angolo dell’esistenza: tutto senza un apparente ragione.La depressione endogena rientra nell’ambito delle psicosi; è caratterizzata da un andamento ad accessi, con episodi depressivi di durata variabile, che possono intercorrere più volte nella vita del paziente: l’angoscia di questi depressi è disperata, incomprensibile e non riconducibile a un evento esistenziale penoso (anche se talvolta esiste un fattore scatenante), sono presenti un senso di dolore e di vuoto interiore ineluttabile, coesistono convinzioni deliranti e autoaccusatorie, rimorso e bisogno di espiazione. E’ qualcosa che emerge, ma distaccato dalla vita, scollato da essa.Sappiamo che il rischio di suicidio nei pazienti che soffrono di questa patologia è alto, e la loro incidenza è addirittura maggiore rispetto alle morti per gli incidenti stradali.Uno degli aspetti principali da considerare, rispetto a questa patologia, è la corporeità.Ci sono due aree che riguardano la fenomenologia della corporeità: la prima legata alla sua cura, la pulizia, la sua immagine e, in questo ambito, il corpo sembra che si spenga; la seconda è sentire il corpo come qualcosa

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d’indifferenziato, una massa vuota o pesante, un’entità de-energizzata, con un peso oppressivo toracico, alla testa o alle spalle che è l’espressione dell’angoscia depressiva, penosa e costante. L’aspetto centrale è quindi la corporeità e non può esserci psicoterapia che non consideri o non passi attraverso il corpo.L’alterazione dei ritmi sonno-veglia rappresentano un ulteriore aspetto, come quelli degli appetiti (l’anoressia o l’iperfagia), o il risveglio precoce, con il massimo dell’angoscia; in questo caso, l’andamento è peggiore al mattino e un po’ meglio al pomeriggio e alla sera, mentre l’appetito sessuale e la libido si azzerano.La sindrome più descritta in questi contesti e quella di “Jules Cotard” in cui si arriva a negare di avere un corpo, in una esperienza terrificante, e il paziente in una logica delirante arriva ad affermare che se non ha un corpo non può essere vivo, e sa di non essere morto e che vivrà in questo stato per sempre.La fenomenologia di questa esperienza è costituita da una assenza di una richiesta di attenzione poiché vi è il disinteresse a tutto; e questo avviene anche per le personalità di tipo isterico con esperienze depressive. La tristezza melanconica è certamente diversa da quella reattiva poiché è fatta di svuotamento, di mancanza di sentimenti e paradossalmente il paziente non prova nemmeno più sentimenti per questa mancanza.C’è il non senso dell’andare della vita che è fuori, e tra le immagini riportate dalle persone che soffrono di melanconia c’è quella di vivere osservando l’esistenza come da una finestra, ma senza provare nulla; il tempo e lo spazio sono alterati.

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CAUSENon esiste una causa unica della depressione: alla base del disturbo vi

sarebbero diversi fattori di tipo biologico, ambientale e psicologico.Alcuni studi hanno dimostrato che vi è una componente genetica (fattori biologici) che può favorire o meno lo sviluppo di un quadro depressivo. Una certa tendenza alla depressione, quindi, può essere ereditaria; infatti i figli di genitori depressi presentano un rischio più elevato di sviluppare depressione.I soli fattori biologici, tuttavia, non spiegano lo sviluppo della patologia; dalle ricerche scientifiche emerge, infatti, che se un gemello è depresso, l’altro gemello, dotato dello stesso corredo genetico, ha una probabilità di sviluppare sintomi depressivi del 50-70%, non del 100%.A livello biologico la depressione può essere determinata anche da una errata regolazione di alcune sostanze come neurotrasmettitori ed ormoni.Tra gli altri fattori che possono influenzare lo sviluppo di un quadro depressivo ci sono quelli ambientali: l’educazione ricevuta, gli eventi vissuti all’interno della famiglia e quelli vissuti fuori della famiglia (es. esperienze scolastiche e con gli amici). In particolare, sembra che alcune esperienze precoci negative possano facilitare lo sviluppo di una vulnerabilità acquisita alla depressione e un senso di mancanza di speranza verso il futuro. Ad esempio, chi ha perso la madre prima dei tredici anni di età sembra abbia più probabilità di sviluppare questo disturbo. Alcune situazioni stressanti, inoltre, contribuirebbero sia a scatenare, che a mantenere nel tempo i sintomi depressivi. Tra questi fattori di rischio e di mantenimento, i principali risultano:• perdite importanti (es. perdere il lavoro, un’amicizia, il partner);• diminuzione delle attività gratificanti (es. svolgere un lavoro che piace di meno rispetto a quello precedente);• mancanza di relazioni sociali (es. trasferirsi in una città dove non si conosce nessuno);• richieste nuove dell’ambiente esterno (es. cambiare mansione lavorativa, diventare genitore);• problemi di gestione della propria vita (es. essere disoccupato, avere problemi economici).

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I sintomi depressivi, infine, possono derivare anche dal continuo contatto con situazioni dove è impossibile controllare l’esito degli eventi. In questi casi possiamo sentirci tristi, stanchi, senza più alcun interesse e senza speranza perché abbiamo appreso che in alcun modo il nostro comportamento può influire sugli eventi, che non ci è possibile migliorare le cose, che gli eventi negativi sono incontrollabili. Interpretazioni di questo tipo possono verificarsi in presenza di esperienze frustranti transitorie (es. difficoltà lavorative, crisi in relazioni significative) o di circostanze di vita continuativamente sfavorevoli (es. aver perso un genitore in tenera età, avere un figlio disabile, prendersi cura di persone anziane affette da demenza).Le cause elencate, tuttavia, non costituiscono dei fattori che necessariamente provocano la depressione.Nell’insorgenza del quadro depressivo, infatti, riveste un ruolo cruciale il modo in cui la persona interpreta gli eventi e mobilita le risorse per far fronte ad essi (fattori psicologici). Ad esempio, si può perdere una persona cara e, dopo un periodo iniziale di sofferenza, reagire all’evento aumentando i comportamenti di autocura, migliorando le proprie relazioni interpersonali e definendo nuovi obiettivi personali (Resilienza). Al contrario si può pretendere da se stessi comportamenti perfetti, rimproverarsi in modo eccessivo per piccoli errori e autopunirsi, favorendo, così, il mantenimento dell’umore depresso. Il fumo e la depressione

Anche il fumo, oltre a far male al fisico, può indurre anche problemi di natura mentale. Una ricerca pubblicata sul Journal of Psychological Medicine da un team della Washington University School of Medicine ha sottolineato infatti i vantaggi per la nostra salute mentale derivanti dalla decisione di smettere di fumare.La prima autrice dello studio, Patricia Cavazos-Rehg, commenta: “i clinici tendono a soprassedere sulle abitudini al fumo dei pazienti, e a trattare come casi a sé patologie come depressione, dipendenza da alcolici o problemi con la droga, permettendo ai pazienti di auto-medicarsi con le sigarette se necessario. Circa il 40% dei forti fumatori soffre o ha sofferto in passato di disturbi d’ansia o dell’umore. Inoltre, il 50% ha problemi con l’alcol, mentre il 24% li ha con la droga”.Nel corso della sperimentazione il 42 per cento dei fumatori ha continuato ad avere problemi di umore, mentre il 29 per cento mostrava dei miglioramenti. Per quanto riguarda l’alcol, i problemi si sono ridotti dal 28 al 18 per cento e quelli con la droga dal 16 al 5 per cento. Lo studio ha coinvolto 4.800 fumatori.Commentano i ricercatori: “smettere di fumare, o comunque ridurre di molto il numero di sigarette, è collegato a una salute mentale significativamente migliore, ed è associato a un rischio più basso di sviluppare disordini come depressione o dipendenze da alcol e droghe. Quando un paziente è pronto per affrontare il suo problema psichiatrico, quello è il momento giusto perché il medico lo indirizzi anche a smettere con il fumo”.Ma a minacciare la nostra salute mentale è anche il fumo delle sigarette altrui. Lo dice uno studio pubblicato sulla rivista Archives of General Psychiatry.

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Le conseguenze sull’apparato respiratorio e cardiovascolare sono state ampiamente dimostrate nel tempo, come confermano gli autori dello studio guidati da Mark Hamer dello University College di Londra: “un crescente corpus di letteratura ha dimostrato gli effetti nocivi sulla salute fisica da esposizione al fumo passivo. Data l’elevata prevalenza di esposizione al fumo passivo – negli Stati Uniti, si stima che il 60% degli americani non fumatori mostri la prova biologica dell’esposizione al fumo passivo – anche un basso livello di rischio può avere un impatto notevole sulla salute pubblica”.I ricercatori hanno analizzato più di 5000 non fumatori e di 2000 fumatori senza patologie psichiatriche pregresse, valutandoli sulla base di un questionario sul disagio psicologico. La ricerca ha poi seguito la storia clinica dei volontari registrando eventuali ricoveri negli ospedali psichiatrici nel corso di 6 anni. Gli scienziati hanno individuato il tipo di esposizione al fumo passivo tra i non fumatori servendosi della cotinina, un marcatore i cui livelli testimoniano la quantità di nicotina assorbita dall’organismo.Nel totale, circa il 15 per cento ha comunicato ai medici un disagio psicologico. La percentuale si alzava in maniera significativa tra i fumatori e i non fumatori con un’alta esposizione al fumo passivo, vale a dire con una presenza di cotinina fra 0,70 e 15 microgrammi per litro. Nel corso dei 6 anni della ricerca, 41 sono stati i ricoveri in centri psichiatrici, e la distribuzione percentuale confermava anche in questo caso il dato precedente.Nell’articolo, i cui risultati sono stati anticipati da Science Daily, gli autori concludono: “nel complesso, dunque, i nostri dati sono coerenti con altri elementi emergenti, e suggeriscono un ruolo causale dell’esposizione alla nicotina sulla salute mentale. A nostra conoscenza, questo è il primo studio a dimostrare una potenziale associazione tra valutazione obiettiva dell’esposizione al fumo passivo e la salute mentale in un campione rappresentativo di una popolazione generale”.

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SINTOMIÈ bene tener presente che i sintomi della depressione possono essere talvolta “mascherati”, al punto che nessuno si accorge del problema, talvolta neanche il soggetto stesso, che tende ad attribuirli a normale stanchezza, stress, nervosismo o problemi lavorativi, familiari o di coppia. E’ infatti piuttosto frequente il caso in cui la persona depressa non voglia riconoscere il proprio stato interno, che lo porta a vedere “tutto nero”, ad essere intollerante, irritabile, pessimista, nervoso, distante, ecc., e ritenga che esso sia solo la conseguenza di fattori esterni che andrebbero modificati (lavoro, coppia, denaro, figli, ecc.).Alcuni sintomi della depressione sono più ricorrenti e li possiamo definire standard, tra cui umore depresso, perdita di interesse nei confronti di qualsiasi attività, calo dell’appetito, insonnia o ipersonnia, perdita di energia, senso di colpevolezza, difficoltà nel concentrarsi e prendere decisioni, pensieri ricorrenti di morte e suicidio. La depressione classica è caratterizzata da perdita di sentimenti e iniziativa, distacco affettivo, sensi di colpa e di rovina. In queste circostanze ci si sente responsabili di tutto ciò che avviene intorno a noi, ci si sente inutili e inguaribili. In alcuni casi si può soffrire anche di attacchi di panico.Generalmente chi soffre di depressione mostra un umore depresso, una marcata tristezza quasi quotidiana e tende a non riuscire più a provare lo stesso piacere nelle attività che provava prima. Le persone che soffrono di depressione, si sentono sempre giù, l’umore ed i pensieri sono sempre negativi.Sembra che presentino un vero e proprio dolore di vivere, che li porta a non riuscire a godersi più nulla.Oltre a questi sintomi di depressione primari, normalmente succede che le persone che soffrono di questo disturbo ne presentino altri, quali:• umore depresso o tristezza per la maggior parte del giorno;• ridotta capacità di trarre piacere dalle attività che in passato procuravano gioia e soddisfazione;• senso di fatica e sensazione di non farcela nelle attività quotidiane;• sensi di colpa, autocritica, autosvalutazione e sensazione di essere un fallito;• mancanza di speranza e pianto;• pensieri negativi e idee di morte;• irritabilità;• difficoltà a prestare attenzione, a concentrarsi e a prendere decisioni;• sonnolenza e aumento della durata del sonno;• risvegli notturni angosciosi, con difficoltà a riprendere sonno;• inappetenza o, in rari casi, aumento dell’assunzione di cibo;• ridotto desiderio sessuale.

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Non è necessario presentare tutti questi sintomi per ricevere una diagnosi di depressione maggiore.La depressione può manifestarsi con diversi livelli di gravità: i sintomi possono infatti manifestarsi in modo acuto (con fasi di depressione molto acute ed improvvise, che magari tendono a scomparire da sole o con una terapia) oppure costantemente, anche se in forma leggera, con alcuni improvvisi momenti di peggioramento. In tal caso si parla di distimia.Alcune persone presentano sintomi depressivi di bassa intensità, legati ad alcuni momenti di vita, mentre altre si sentono così depresse da non riuscire a svolgere le normali attività quotidiane. Le forme gravi sono caratterizzate da un numero più elevato di sintomi, una maggiore intensità e durata nel tempo della sintomatologia ed una maggiore compromissione delle attività quotidiane.Le forme minori di depressione (reattiva), sono sempre riconducibili a conflittualità interiori del paziente, ovvero a difficoltà di adattamento a vicissitudini esistenziali: il malessere non raggiunge mai il livello psicotico di vera e propria alienazione, tutto appare ancorato a eventi della vita che rendono i sintomi della depressione relativamente comprensibili; prevalgono scontento, irritabilità, lamentosità, pessimismo. I sintomi fisici più comuni sono la perdita di energie, il senso di fatica, i disturbi della concentrazione e della memoria, l’agitazione motoria ed il nervosismo, la perdita o l’aumento di peso, i disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia), la mancanza di desiderio sessuale, i dolori fisici, frequenti i disturbi neurovegetativi (mal di testa, vertigini, turbe funzionali cardiovascolari), il senso di nausea, la visione offuscata, l’eccessiva sudorazione, il senso di stordimento, l’accelerazione del battito cardiaco e le vampate di calore o i brividi di freddo.Le emozioni tipiche sperimentate da chi è depresso sono la tristezza, l’angoscia, la disperazione, il senso di colpa, il vuoto, la mancanza di speranza nel futuro, la perdita di interesse per qualsiasi attività, l’irritabilità e l’ansia.I principali sintomi comportamentali si manifestano attraverso la riduzione delle attività quotidiane, la difficoltà nel prendere decisioni e nel risolvere i problemi, l’evitamento delle persone e l’isolamento sociale, i comportamenti passivi, la riduzione dell’attività sessuale e i tentativi di suicidio.Le persone che soffrono di depressione, inoltre, presentano un modo di pensare caratterizzato da regole o “filosofie di vita” disadattive, aspettative irrealistiche e pensieri spontanei negativi su se stessi, sul mondo e sul futuro (sintomi cognitivi). Le regole o “filosofie di vita” di queste persone risultano assolute, rigide e, quindi, non adattive (assunzioni disadattive). Chi ha la depressione fa riferimento a dei “doveri” che sente di dover assolvere per rispettare i propri valori (es. “Non posso sbagliare mai!”, “Se non piaccio a qualcuno, non posso essere amato!”, “Se fallisco in qualcosa vuol dire che sono un fallito!”, “Se ho un problema da parecchio tempo significa che non potrò mai risolverlo!”, “Non posso essere debole!”).Chi soffre di depressione, inoltre, generalmente presenta aspettative irrealistiche: ha degli standard eccessivamente elevati sia nei confronti di se stesso, che degli altri. Crede, ad esempio, che fare errori sia assolutamente vietato, che non si possano avere conflitti e che bisogna essere sempre di buon umore.

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Altre persone depresse, invece, ritengono di non meritare nulla e accettano tutto quello che viene offerto loro senza ricercare qualcosa di migliore.I pensieri spontanei che passano per la mente delle persone depresse, infine, generalmente rispecchiano la visione negativa che queste persone hanno di sé, del mondo e del futuro (pensieri automatici negativi). Chi ha concezioni negative di sé, del mondo e del futuro, ne amplifica gli aspetti negativi e minimizza quelli positivi. Ad esempio, chi ha una concezione negativa di sé si focalizza solo sui propri difetti e si percepisce non amabile, incapace, fallito, stupido, brutto, debole o cattivo. Tipici esempi di pensieri automatici negativi sono: “Sono un totale fallimento!” (pensiero negativo su di sé); “Mia madre mi considera un perdente!” (pensiero negativo relativo a quello che qualcun altro può pensare di noi); “Di sicuro risulterò antipatico!” (predizione negativa); “Niente va bene!” (pensiero negativo sul mondo); “Quello che ho fatto non conta, tutti sarebbero in grado di farlo!” (minimizzazione dei propri successi o delle proprie qualità).Ci sono, inoltre, alcuni comportamenti tipici delle persone depresse che favoriscono lo sviluppo di circoli viziosi e che, dunque, mantengono nel tempo l’umore depresso. Questi comportamenti, riducendo la produttività lavorativa, il contatto con nuove esperienze e le attività ricreative, riducono anche la probabilità di provare emozioni piacevoli e di modificare le idee negative su se stessi, sul mondo e sul futuro. Alcune persone depresse, ad esempio, sperimentando molta fatica nell’affrontare le incombenze quotidiane (es. pagare le bollette, chiamare l’idraulico, far revisionare l’automobile), iniziano a rimandarle; in questo modo iniziano a sentirsi maggiormente incapaci e fallite. Questo evitamento mantiene la depressione in quanto non permette alla persona né di sperimentare brevi stati mentali positivi (es. un leggero senso di efficacia personale), né di verificare che, nella realtà, non è così incapace come pensa di essere. Spesso accade anche che le persone depresse, provando apatia e disinteresse per quasi tutto, smettano di uscire, evitino il contatto con le altre persone e trascorrano molto tempo libero in attività passive come guardare la televisione e stare a letto, rimuginando sui propri problemi ed assillando amici e conoscenti riguardo ad essi. Anche tali comportamenti mantengono la depressione in quanto impediscono alla persona di vivere esperienze gratificanti. Un ulteriore esempio dei modi in cui la depressione si mantiene è dato da coloro che, non riconoscendo i propri successi e non gratificandosi per essi, perpetuano l’insoddisfazione verso di sé. Parlando nello specifico di depressione nell’adolescenza è importante sottolineare come spesso possono manifestarsi sintomi non tipici o mascherati. Ad esempio, l’abuso d’alcool e droghe spesso va di pari passo con la depressione giovanile e ne peggiora l’esito. Si possono presentare problemi di concentrazione, così come irrequietezza ed iperattività. Gli adolescenti depressi possono manifestare atteggiamenti antisociali come ostilità, aggressività e comportamenti spericolati oltre a sfidare le regole e l’autorità.Gli esperti indicano che fino al 20% di tutti gli adolescenti con depressione presentano un particolare tipo di patologia dell’umore noto come disturbo bipolare, caratterizzato da umore ampiamente altalenante sia sopra sia sotto la normalità. Una persona che soffre di questo disturbo può sembrare triste ed abbattuta in un certo periodo (depressione) e in un altro periodo invece mostrarsi eccitata ed addirittura esaltata (mania).

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Conseguenze della depressione

La depressione può avere importanti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni.L’attività scolastica o lavorativa della persona può diminuire in quantità e qualità soprattutto a causa dei problemi di concentrazione e di memoria che tipicamente presentano i soggetti depressi.Questo disturbo, inoltre, porta al ritiro sociale, che, col passare del tempo, a sua volta porta a problemi di tipo relazionale con partner, figli, amici e colleghi.L’umore depresso condiziona anche il rapporto con se stessi e con il proprio corpo. Tipicamente, infatti, chi è depresso ha difficoltà a lavarsi, curare il proprio aspetto, mangiare e dormire in modo regolare. Il disturbo depressivo può portare a gravi compromissioni nella vita di chi ne soffre. Non si riesce più a lavorare o a studiare, a iniziare e mantenere relazioni sociali e affettive, a provare piacere e interesse nelle attività. 15 persone su 100 che soffrono di depressione clinica grave muoiono per suicidio. Più giovane è la persona colpita, più le compromissioni saranno gravide di conseguenze. Per esempio un adolescente depresso non riesce a studiare e ad avere relazioni, e quindi non riesce a costruire i mattoni su cui realizzare il proprio futuro.Il rischio di suicidioE’ terribile, ma la tragica verità è che il suicidio è diventata la seconda causa di morte tra i giovani tra i 15 ed i 19 anni. La prima causa di morte è rappresentata dagli incidenti, soprattutto automobilistici e anche tra questi una certa parte sono attribuibili, in forma più o meno diretta, a comportamenti spericolati (per esempio guida spericolata e troppo veloce, guida dopo abuso di sostanze) che spesso esprimono un disagio psichico. La percentuale di suicidio tra i giovani è triplicata negli ultimi 30 anni. Alcuni sondaggi mostrano che circa il 40% degli studenti di scuole secondarie hanno preso in considerazione il suicidio in qualche occasione, più o meno seriamente.Se un giovane (o chiunque tu conosci) ti confida di avere avuto idee di morte o fantasie suicidarie, la cosa più importante che puoi fare è prenderla sul serio. Vi sono evidenti prove che chiunque parli di suicidio lo stia pensando veramente.Gli esperti rilevano che la maggioranza dei giovani che tentano di suicidarsi ne hanno parlato in precedenza. Cerca aiuto immediatamente. Un medico o uno psichiatra sono le persone cui rivolgersi. Per ragioni non completamente chiare, certi adolescenti sono più vulnerabili di altri. Occorre porre attenzione ad alcuni segni specifici come le modificazioni marcate della personalità o del comportamento, disturbi del sonno e dell’alimentazione, gravi cadute nella resa scolastica o lavorativa. Molti giovani a rischio prendono la loro tragica decisione subito dopo una delusione come la fine di una relazione, un fallimento scolastico o sociale, un litigio con i genitori o uno scontro con un’autorità. Il ricorso all’alcool è riscontrato in circa la metà di tutte le vittime di suicidio giovanile.

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Come capire se si soffre di depressione

Può capitare a tutti, qualche volta, di essere un po’ depressi, ma ciò non significa che tutti necessitano di un trattamento. Come si fa a capire se abbiamo bisogno o meno di un aiuto terapeutico?Non è patologico avere delle leggere fluttuazioni dell’umore. La tristezza, se non è troppo intensa, può anche essere utile alla persona: porsi domande sul perché siamo tristi, ad esempio, può condurci a capire se abbiamo bisogno di qualcosa e può spingerci a trovare delle soluzioni ai nostri problemi.La depressione necessita di un intervento clinico quando i suoi sintomi sono molto intensi, provocano una forte sofferenza e durano da molto tempo (più di 6 mesi). Nella depressione “clinica”, inoltre, sono presenti autocritica, sensi di colpa, disperazione, mancanza di speranza verso il futuro, pessimismo eccessivo e pensieri di morte. La depressione vera e propria rappresenta, quindi, qualcosa di molto più intenso e duraturo rispetto al semplice sentirsi “un po’ giù di tono”.Per sapere se una persona è “clinicamente” depressa, inoltre, bisogna prendere in considerazione i motivi e le cause della sua depressione. Sentirsi molto tristi e privi di energia, avere sentimenti di vuoto, sentire di aver perso ogni interesse verso il mondo esterno dopo aver perso una persona cara (es. separazione, divorzio, lutto) è una reazione naturale, coerente con l’esperienza che stiamo vivendo e, nella maggior parte dei casi, transitoria. La depressione conseguente ad una separazione o ad un lutto, quindi, non è un disturbo psicologico; questa va trattata clinicamente se non si risolve spontaneamente in un arco di tempo che può andare dai 6 ai 12 mesi (lutto complicato).

Vi sono degli adolescenti maggiormente a rischio di depressione?

Non è facile dirlo. Innanzi tutto più ragazze che ragazzi soffrono di depressione e tentano il suicidio. Tuttavia tra i giovani che tentano il suicidio, i maschi portano a termine il tentativo più delle ragazze.Gli esperti credono di aver individuato tre gruppi d’adolescenti particolarmente sensibili al problema del suicidio.• Il primo di questi gruppi è formato da soggetti che presentano i sintomi “classici” della depressione, quali tristezza e perdita d’ogni speranza. Si tratta di ragazze soprattutto, ma certamente non solo.• Il secondo gruppo è composto da perfezionisti che s’impongono livelli di riuscita molto alti. Questi adolescenti, per lo più maschi, sono spesso ansiosi, isolati e socialmente ritirati.• Il terzo gruppo é formato principalmente da maschi che esprimono la loro depressione con comportamenti aggressivi come l’uso di droghe, sfida con l’autorità ed atteggiamenti rischiosi.La depressione in questo particolare gruppo può essere maggiormente difficile da individuare, dal momento che questi giovani tendono a negare qualsiasi sentimento di depressione e a rifiutare una proposta d’aiuto. E’ una situazione assai pericolosa, perché questi sono i giovani con maggiori probabilità di portare a termine i tentativi di suicidio.

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Di seguito sono elencati alcuni comportamenti osservabili, che sono più frequentemente associati ad un rischio di suicidio nei giovani:

- Parlare di morte, di suicidio o farsi del male- Presenza di panico e d’ansia cronica- Insonnia costante- Cambiamenti nelle abitudini di sonno e/o alimentari- Recenti e ripetuti fallimenti scolastici o lavorativi.- Cessione d’oggetti personali particolarmente cari Disturbi psicologici e sintomi depressivi

È opportuno fare alcune distinzioni tra la depressione ed altre condizioni che possono assomigliarle.Tuttavia, per ricevere una diagnosi seria ed accurata è necessario rivolgersi a persone qualificate.Nel disturbo bipolare, ad esempio, si presentano dei periodi di depressione, ma alle fasi depressive si alternano delle fasi dette di eccitamento maniacale, in cui ci si sente molto ottimisti e pieni di energia. La Distimia o disturbo distimico è un disturbo dell’umore. Si può definire come una depressione cronica più lieve nei sintomi rispetto alla depressione maggiore ma prolungata nel tempo. La distimia può comparire sin dall’adolescenza. Si riscontra più frequentemente nella fascia di età che va dai 18 ai 45 anni e spesso sopraggiunge dopo uno o più episodi di depressione maggiore.Chi soffre di distimia soffre da almeno due anni di alcuni sintomi depressivi presenti quasi tutti i giorni, la maggior parte del giorno. I sintomi possono essere insonnia o ipersonnia (si dorme meno o di più del solito); scarso appetito o iperfagia; bassa autostima, sentimenti di insicurezza, inadeguatezza, inefficienza, autosvalutazione; difficoltà di concentrazione e di prendere decisioni; sconforto, tristezza, disperazione, pessimismo; affaticabilità e scarsa energia.Si tratta quindi degli stessi sintomi della depressione clinica ma molto più attenuati e prolungati nel tempo. Spesso questi sintomi non sono presenti tutti insieme. Il Disturbo dell’Adattamento è un disturbo nella maggior parte dei casi transitorio che compare in seguito ad uno o più eventi o situazioni di stress psicosociali oggettivamente identificabili. È caratterizzato da intensa sofferenza soggettiva e compromissione della funzionalità lavorativa, relazionale e sociale; esso deve avere un’insorgenza entro tre mesi dall’inizio dell’evento traumatico e una durata non superiore ai sei mesi.L’interazione tra evento e reazione del soggetto è molto stretta nel DA. Eventi traumatici anche rilevanti possono non produrre alcun effetto patogeno in certi soggetti, mentre eventi di vita apparentemente modesti possono produrre sofferenza e un DA (e talvolta anche patologie più gravi) in altri.

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Il DA più frequentemente diagnosticato è quello con umore depresso e riguarda disturbi dove predominano stato depressivo, pianto, sentimenti di disperazione. Può seguire eventi di vita quali separazione, divorzio, allontanamento da casa, cambiamento nell’attività lavorativa, insuccesso scolastico. In Autunno e in Primavera si può soffrire di piccole crisi depressive causate soprattutto dal cambiamento climatico e dalla diminuzione delle ore di luce solare.La cosiddetta depressione stagionale é un tipo di depressione chiamata SAD ( Seasonal Affective Disorder ) che determina nella persona stanchezza, disinteresse per le attività che si svolgono normalmente, sonnolenza, calo del desiderio sessuale. Spesso tutto questo si accompagna ad un intenso desiderio di cibo e quindi ad un aumento del peso corporeo. Nella maggior parte dei casi questi disturbi scompaiono col sopraggiungere della bella stagione. E’ importante però tenere sotto controllo questo disturbo e una terapia consiste nell’esporsi quotidianamente alla luce solare, almeno un’ora al giorno, o davanti a luci particolari che riproducono esattamente la luce solare.Per quanto riguarda l’ alimentazione chi soffre di SAD dovrà cercare di limitare l’eccesso di calorie assunte quotidianamente. Sarà sufficiente consumare a intervalli regolari pasti piccoli e nutrienti, a base di cereali integrali, carni magre, pesce, formaggi magri, molta frutta e verdura; preferire i carboidrati complessi come cereali, pasta, pane, patate, ed evitare zucchero e dolci; mangiare sempre seduti, masticando e inghiottendo con calma. In questo modo non si avvertirà il bisogno di assumere altro cibo. Gli Attacchi di panico (attacchi improvvisi e immotivati di intensa paura, brevi, con pseudovertigini, difficoltà a respirare, batticuore, tremore, sudore, disturbi addominali, vampate di caldo, paura di morire, paura di perdere il controllo, paura di diventare folli) possono presentare sintomi depressivi collegati all’ansia anticipatoria che porta la persona ad evitare situazioni specifiche, ad isolarsi e ad allontanarsi dalla vita sociale. La depressione va distinta anche dal disturbo schizoaffettivo e dalla schizofrenia in cui, oltre ai sintomi depressivi, sono presenti deliri e allucinazioni. I sintomi depressivi, infine, possono essere dovuti ad alcune condizioni mediche generali (es. ictus, morbo di Parkinson, demenze, sclerosi multipla) o all’assunzione di sostanze come droghe, alcool e farmaci. In particolare la depressione può derivare dall’astinenza dalla cocaina e da alcolici.

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COME COMPORTARSI CON UN DEPRESSO

Per prima cosa è importante rassicurare le persone depresse convincendole che non stanno “impazzendo” e che non c’è nulla di cui vergognarsi. La depressione è una malattia normale e non c’ è motivo di provare imbarazzo o vergogna per avere una depressione più di quanto non ve né possa essere per soffrire d’influenza.Quando qualcuno è depresso, è difficile che possa vedere “la luce alla fine del tunnel” ed è quindi importante trasmettere fiducia e speranza, parlandogli e spiegandogli bene che cosa sta succedendo e cosa si può fare.Spesso, invece, i parenti spronano chi manifesta i sintomi della depressione a reagire, a sforzarsi. Questo ovviamente in buona fede, senza rendersi conto che ciò tende a far sentire chi ne soffre ancora più in colpa.L’atteggiamento migliore da tenere è quello di aiutare gradatamente il soggetto a riprendere le proprie attività, ad assumere un’adeguata terapia farmacologica ed intraprendere una psicoterapia.La depressione è un disagio psicologico che interferisce significativamente sulle relazioni interpersonali della persona depressa: chi è depresso si sente solo e non amato anche quando è circondato da una rete di amici e familiari affettuosi.D’altra parte, poche cose possono incidere negativamente su un rapporto come una prolungata depressione. Il depresso desidera ardentemente l’affetto degli altri ma allo stesso tempo tende a respingerli chiudendosi in se stesso oppure svalutando quello che gli altri fanno per lui.Spesso i familiari della persona depressa hanno la sensazione che più fanno meno il loro aiuto venga riconosciuto e apprezzato, anzi, il depresso, lungi dall’essere grato per le premure di cui è oggetto, sprofonda sempre di più nello stato depressivo.In altri casi, il depresso può irritarsi verso la persona che cerca di aiutarlo sentendo che l’affetto che gli viene manifestato è troppo poco, troppo tardi e non serve a farlo guarire dal suo disagio.Per tale ragione può succedere che le persone che vivono con un depresso, soprattutto se si tratta di una prolungata depressione, comincino a nutrire dei suoi confronti dei forti sentimenti negativi come rabbia, fastidio, impotenza e senso di colpa.È bene non colpevolizzarsi per questi vissuti spiacevoli sapendo che sono assolutamente normali e che provano quanto sia importante la relazione con la persona depressa (di solito le persone con cui ci arrabbiamo di più sono quelle a cui vogliamo più bene).Se invece questi sentimenti non vengono riconosciuti apertamente e non vengono accettati si rischia di “agirli” diventando indifferenti e insensibili verso la persona che sta male.

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Quali sentimenti attivala relazione con il depresso?

EstraneitàLe persone depresse sembrano sperimentare un improvviso cambiamento di personalità: diventano negative, apatiche, indifferenti a tutto e a tutti, irritabili e sempre di cattivo umore.I familiari del depresso sono spesso sconcertati da questo cambiamento e hanno l’impressione di non riconoscere più l’individuo distruttivo che ha preso il posto del loro caro.È bene sapere che questo cambiamento è solo temporaneo e che una volta superato l’episodio depressivo il vostro caro ritornerà la persona che conoscete e amate. Senso di colpaIl senso di colpa è un vissuto molto comune nella relazione con la persona depressa e più il legame è stretto (in particolar modo se si tratta di una relazione genitore –figlio) più il senso di colpa può essere intenso e difficile da gestire.Noi tutti tendiamo a sentirci responsabili del benessere delle persone che amiamo e, di conseguenza, ci sentiamo parzialmente responsabili della loro infelicità.Questa convinzione si traduce nella sensazione di non fare abbastanza per aiutare e rendere felice la persona che sta male. Purtroppo non è in nostro potere ridare alla persona che sta soffrendo la gioia di vivere e la fiducia nella vita, soprattutto se il depresso è un genitore.La depressione è un disagio che dipende da un’interazione di cause

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psicologiche, biologiche e sociali e da eventi scatenanti (un lutto, la menopausa, un licenziamento, condizioni di vita sfavorevoli, ecc.).

Detto in altri termini: la persona depressa sta male per una serie di motivi che hanno poco a che fare con noi e molto a che fare

con il suo assetto psicologico e biologico.Quello che si può fare è stare vicini alla persona che soffre,

ma senza attribuirsi la responsabilità del suo malessere (a meno che il depresso sia stato gravemente danneggiato

da un nostro comportamento). Un vissuto di rifiutoLa depressione comporta un ripiegamento su se stessi e sui propri problemi, per questo motivo il depresso può ferire i sentimenti delle persone che gli stanno accanto senza nemmeno accorgersene.Inoltre, la depressione è caratterizzata dalla diminuzione della capacità di provare amore e gioia: chi è depresso in modo grave non sente più niente verso le persone che un tempo gli erano care, ma l’amore viene sostituito da una profonda indifferenza verso tutto e tutti.A volte il depresso si mostra irritabile e di cattivo

umore e può far capire che la presenza di amici e parenti, lungi dall’essergli d’aiuto, gli dà solo fastidio.

Per tutte queste ragioni, relazionarsi con una persona depressa può essere estremamente doloroso: il

partner o i familiari del depresso si sentono respinti ingiustamente, non amati ed esclusi dalla sua vita. Altre

volte, invece, il depresso cerca continuamente l’affetto e l’attenzione di amici e parenti, chiamandoli a tutte le ore e

sommergendoli con i suoi problemi senza alcun riguardo per le loro esigenze salvo poi svalutare sistematicamente tutto l’aiuto

che riceve.

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RabbiaLa rabbia nei confronti di una persona cara che sta male è forse il sentimento più difficile da gestire. Eppure i familiari di un depresso finiscono per provare molta rabbia ed arrivare quasi ad odiare il malato. La rabbia nasce dalla sensazione che il depresso si pianga addosso, facendo tragedie per piccolezze e che faccia poco o niente per stare meglio.Bisogna capire che la persona depressa è in una condizione di grave sofferenza psicologica da cui non può uscire con la sola forza di volontà: la depressione paralizza la volontà e la capacità di agire.La riluttanza a farsi curare è un altro aspetto della depressione.Il depresso sente che il suo è un caso troppo grave, che nessuno può capirlo e aiutarlo e che qualsiasi tipo di cura con lui non funzionerà.Spesso il rifiuto delle cure, comune a molti depressi, può nascondere forti sensi di colpa che causano un bisogno di punizione. Depressione e impotenzaRecenti ricerche psicologiche hanno evidenziato che la tristezza tende ad estendersi alle persone che entrano in contatto con la persona depressa. In un certo senso la depressione è “contagiosa”: la relazione con una persona depressa può risvegliare in chi la circonda delle tendenze depressive latenti peggiorando il loro umore. L’impotenza è un’altra sensazione che si prova nella relazione con un depresso: non si sa cosa fare, come aiutare qualcuno che sta male ma che allo stesso tempo respinge il nostro aiuto. Non sdrammatizzareEvita le rassicurazioni facili del tipo: “Vedrai che ogni cosa andrà per il meglio”, evita anche di minimizzare o di sdrammatizzare. Anche se le intenzioni sono buone, il depresso si sentirà non capito e si chiuderà ancora di più in se stesso. Evitare le predicheMeglio evitare anche le esortazioni all’ottimismo, o il classico consiglio di “tirarsi su”. Questi atteggiamenti, non sono solo controproducenti perché contribuiscono a colpevolizzare una persona che si colpevolizza già abbastanza di suo, ma sono anche perfettamente inutili. Dire ad un depresso di “tirarsi su” è come dire ad una persona con una gamba rotta di alzarsi e di camminare. Non si ricorderà mai abbastanza che la depressione è disagio psicologico che annulla la capacità di volere e di prendere delle iniziative. Cercare di essere empaticoUn atteggiamento di ascolto, rispetto ed empatia è la soluzione che funziona meglio. Solo quando il depresso si sente ascoltato e capito, può cominciare a vedere la situazione in modo più obiettivo.

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Informazioni e appoggio concreto servono più dei consigliLe prediche e i consigli servono a poco, meglio invece informarsi su centri, terapie e specialisti per la depressione. Dal momento che la persona depressa è incapace di attivarsi da sola, noi possiamo giocare un ruolo importante nel suo processo di guarigione. Questo può voler dire dare un aiuto concreto: per esempio, telefonare e accompagnare il depresso alla visita. Imparare a dare dei limitiStare vicini ad una persona depressa è difficile e frustrante. Alcuni depressi chiedono costantemente amore e attenzioni: ti trattengono ore al telefono, telefonano a tutte le ore del giorno e della notte, pretendono che tu sia sempre a disposizione.Nei casi più gravi, alcune persone depresse possono giocare inconsciamente la carta del ricatto emotivo: ti fanno capire che soltanto tu puoi salvarli dal suicidio e che basta un tuo gesto sbagliato per peggiorare le loro condizioni psicologiche e far loro commettere un atto irreparabile.È importante non assecondare questi comportamenti della persona depressa ma imparare a porle dei limiti che l’aiuteranno a gestire meglio la sua condizione.Di solito, una persona in uno stato depressivo tende ad affidare agli altri la responsabilità della sua vita e della sua felicità e in questo modo non attiva le sue risorse psicologiche. Il messaggio che si deve trasmettere al depresso è che anche se può contare sull’appoggio degli altri, la sua guarigione dipende da lui ed è lui in prima persona che deve attivarsi per stare meglio.Proponi al depresso delle attività piacevoli e divertentiUn depresso non è di buona compagnia, o tace perso in tetri pensieri o ti affligge con interminabili monologhi sui suoi problemi. Per salvaguardare la tua e la sua salute mentale, non assecondarlo nelle sue elucubrazioni ma organizza attività ricreative e divertenti. Vai con il depresso a far shopping, a teatro, al cinema, in discoteca, in palestra, a fare una passeggiata, ecc. Anche se non puoi aspettarti che il depresso partecipi con entusiasmo, il solo fatto di fare qualcosa di diverso dalla solita routine contribuirà a migliorare il suo umore. Trovare il tempo per ricaricarsiStar vicini ad una persona depressa può essere difficile e frustrante: più il legame è importante, più la relazione con il depresso può attivare dei vissuti intensi e dolorosi.Pertanto è necessario imparare a “tutelarsi”, senza farsi assorbire totalmente dai problemi dell’altro e rispettando i propri limiti psicologici.È importante prendersi degli spazi per sé per ricaricarsi, trovarsi delle valvole di sfogo, frequentare delle persone positive. In questo modo si avranno le energie per aiutare la persona depressa.

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Differenti tipi di trattamentoNegli ultimi anni sono stati individuati diversi tipi di trattamenti per la cura della depressione. Dagli studi scientifici emerge che attualmente le cure più efficaci per la depressione sono il trattamento farmacologico, la psicoterapia interpersonale e la psicoterapia cognitivo-comportamentale.Non ci sono prove di efficacia che indicano che uno di questi trattamenti è migliore rispetto all’altro: trattamenti differenti e combinazioni di questi possono essere più o meno adatti a seconda delle esigenze personali e cliniche del soggetto. Le psicoterapie e i trattamenti combinati (psicoterapia associata alla farmacoterapia), comunque, risultano essere più efficaci nella prevenzione delle ricadute rispetto al solo trattamento farmacologico.Un trattamento efficace offre speranza. Il trattamento farmacologico della depressione si rivela cruciale soprattutto nei casi in cui il disturbo si presenta in forma grave. Si chiamano antidepressivi i farmaci utilizzati nella cura della depressione. Sono ormai molti i farmaci che hanno dimostrato una notevole efficacia nel curare la depressione con sempre minori effetti collaterali.Il medico, meglio se psichiatra, può scegliere tra diversi farmaci efficaci per la depressione. Questi farmaci hanno aiutato molte persone a controllare i sintomi ed a riprendere le normali attività quotidiane.Gli antidepressivi possono essere utili nel correggere le alterazioni chimiche del cervello responsabili della depressione. Gli antidepressivi agiscono aumentando nel cervello la funzione svolta dai neurotrasmettitori quali la serotonina, la noradrenalina e la dopamina.Le più importanti categorie di farmaci per la depressione distinguono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), gli antidepressivi triciclici (TCA) e gli inibitori della monoamminossidasi (IMAO).Tutti gli antidepressivi richiedono dalle due alle sei settimane di tempo per migliorare i sintomi della depressione e l’attesa può essere a volte deludente e stressante, ma è molto importante non interrompere la cura. Tutti i farmaci hanno effetti collaterali. E’ importante proseguire con i farmaci come indicato dal dottore, anche quando ci si sente meglio; in genere una terapia farmacologica deve essere continuata per alcuni mesi prima di poter essere interrotta.È importante ricordare che la prescrizione dei farmaci può essere fatta solo da un medico, meglio se psichiatra. La psicoterapia può aiutare le persone ad imparare strategie per conoscere ed affrontare la depressione, ad identificare situazioni conflittuali e problematiche della propria vita che possono essere connesse con l’insorgenza della depressione. La terapia cognitivo comportamentale aiuta la persona a sviluppare una modalità di pensiero più equilibrata e razionale; consiste nell’identificare e prendere consapevolezza dei pensieri negativi per rimpiazzarli con pensieri più realistici e positivi: il paziente viene incoraggiato a fare attenzione ai suoi comportamenti, ai pensieri e alle emozioni associati.

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Dall’altro lato, per la cura della depressione, si aiutano le persone a costruire migliori abilità per affrontare le difficoltà quotidiane, che probabilmente hanno portato la persona ad essere depressa. Così, ad esempio, si può insegnare alla persona modalità comunicative più efficaci o strategie per risolvere i problemi nei quali si trova coinvolto.La cura della depressione, quindi, invita la persona a riprendere gradualmente le attività che sono state abbandonate, magari cominciando da quelle più piacevoli, a sviluppare comportamenti più funzionali per risolvere i propri problemi, a pensare in modo più equilibrato e razionale.Questa terapia si differenzia molto da altri tipologie di psicoterapie. A differenza di altre, come ad esempio la psicoanalisi, è centrata sul presente, sui sintomi della depressione, e tende a produrre soluzioni fattive per i problemi presentati.In questo senso si da un peso minore a quanto accaduto nell’infanzia o a quanto gli eventi passati possano incidere sul presente. La psicoterapia interpersonale (IPT) è basata sull’assunto che le relazioni interpersonali del paziente giochino un ruolo significativo sia nell’esordio sia nel mantenimento della depressione. Pertanto il cuore della terapia consiste nel combattere l’isolamento sociale, affrontando problemi irrisolti, prendendo in considerazione conflitti interpersonali.Si tratta di una psicoterapia breve (12-16 sedute) che si focalizza sui sintomi attuali del paziente, sugli eventi della sua vita e sui suoi rapporti interpersonali. Secondo questa prospettiva, infatti, le componenti della depressione sono la formazione del sintomo, il funzionamento sociale e le caratteristiche di personalità. L’obiettivo specifico dalla terapia interpersonale è il funzionamento sociale, che influirebbe positivamente sulla formazione dei sintomi; a causa della brevità del trattamento, non si interviene sulla personalità. Questo tipo di terapia attualmente non è molto diffuso in Italia.Nei casi in cui il quadro depressivo risulti particolarmente grave, è necessario ricorrere a più trattamenti contemporaneamente (es. interventi di supporto, psicoterapia, farmacoterapia) e, eventualmente, a ricoveri ospedalieri. Terapia ad indirizzo Gestaltico

Nel primo momento lo psicologo mantiene un atteggiamento di accoglienza e di ascolto attivo ponendo il rispetto dei confini. Il livello prevalente sarà quello cognitivo con riformulazioni sui temi di sfiducia trattati evitando accuratamente esortazioni ad agire, “a darsi una mossa”. L’obiettivo è quello di muovere il paziente dalla sua situazione di completo ritiro senza azione verso una dimensione relazionale di confronto almeno con il terapeuta.

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Successivamente si cerca di lavorare sulle introiezioni, si stimola il bisogno di affermare il proprio sistema di scelte, si discrimina tra i propri bisogni e le scelte “obbligate” dettate dagli introietti accettando il rischio della separazione. Essere in contatto con i propri bisogni consente di esplicitarli nella relazione con l’altro e significa imparare ad incontrare gli altri in modo chiaro. Per agevolare la presa di coscienza di “cosa accade dentro” il terapeuta può usare tecniche che agiscono sul livello corporeo e che spingono a focalizzarsi sul proprio comportamento fisico e su cosa sente. Saranno utili momenti di rilassamento muscolare integrati ad altri livelli di esperienza come l’immaginativo (sogni guidati). Altro aspetto significativo è quello di reincanalare in direzione dell’obiettivo l’energia così da raggiungere un contatto pieno ed autentico, fondamentale è chiarire qual’è l’obiettivo se esso è legato ai bisogni più profondi o connesso alle illusioni. Psicoterapia di gruppo: lo Psicodramma

Una forma particolare di psicoterapia è lo psicodramma, dove l’azione terapeutica non è affidata al solo psicoterapeuta, ma anche all’interazione tra il portatore del proprio problema e il resto del gruppo.Lo psicodramma è infatti una tecnica psicoterapica di gruppo che permette di esplorare il mondo interiore, la storia e la rete di relazioni interpersonali in cui si è inseriti, attraverso la rappresentazione scenica di momenti significativi della propria esistenza.Ciò che differenzia lo psicodramma da altre tecniche psicologiche è la concreta rappresentazione degli eventi, con la messa in gioco, nella scena rappresentata, dei vissuti emotivi cui è connessa.Si crea così una particolare condizione psicologica che permette l’affiorare nel paziente e negli altri membri del gruppo, anche loro pazienti, di associazioni significative, legate al problema che in quel momento si sta esplorando.Il gruppo funge da cassa di risonanza e contenitore allo stesso tempo, fornendo una cornice rassicurante, al cui interno poter parlare anche dei vissuti più difficili e dolorosi. Concretamente ogni sessione di psicodramma ha una durata di un’ora e mezza; il gruppo è condotto da due terapeuti che si alternano nella funzione di conduzione vera e propria e d’osservazione, con rimando alla fine della seduta.Ogni seduta comprende un certo numero di giochi psicodrammatici, con diversi protagonisti che propongono le scene. Al termine d’ogni gioco i partecipanti alla scena rimandano ciò che hanno sentito nell’interpretare i vari ruoli, fornendo al protagonista e al gruppo nuove chiavi di lettura del problema, nuovo materiale che può essere rappresentato nei giochi o nelle sedute successive.Per il disturbo depressivo, lo psicodramma permette di riflettere ed esplorare ruoli eventualmente bloccati e comprendere il motivo per cui sono vissuti come privi d’energia, cercando di limitare il senso di passività che essi comportano.Il vissuto provato da chi gioca la scena come protagonista e le emozioni provate dal resto del gruppo sono gli elementi centrali dello psicodramma e permettono di affrontare il disagio che ansia, depressione e attacchi di panico segnalano come sintomi.

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RESILIENZA E DEPRESSIONE

Il filosofo Khalil Gibran ha scritto: “Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza.I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.”La morte di un caro, la perdita del lavoro, una malattia grave sono esperienze di vita che mettono a dura prova l’equilibrio psicologico della persona: emozioni forti e in senso di profonda inquietudine ed incertezza prendono il sopravvento e la persona potrebbe sentirsi come un “puzzle che va in pezzi”. Difficile leggere l’evento, collocarlo nella giusta prospettiva, attribuire responsabilità e onori: tutto sembra nebuloso, il tempo scorre dettato dallo stato d’animo e le cose acquistano un sapore diverso. Alcuni si adattano presto, altri richiedono un processo più laborioso e faticoso: ma da cosa deriva questa differente capacità di resistere agli “urti” della vita? O meglio, perché ci sono individui più o meno resilienti?La resilienza, termine derivato dalla scienza dei materiali e indicante la proprietà che alcuni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione, in psicologia connota proprio la capacità delle persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. Non è quindi solo capacità di resistere, ma anche di “ricostruire” la propria dimensione, il proprio percorso di vita, trovando una nuova chiave di lettura di sé, degli altri e del mondo, scoprendo una nuova forza per superare le avversità. Si tratta di un processo dunque individuale, ovvero che si costruisce nella persona in base alla personalità, ai modelli di attaccamento e agli eventi di vita e pertanto si verifica in modo differente in ognuno di noi. Molto spesso, infatti può capitare che, quando una persona che conosciamo si trova ad affrontare un evento particolarmente stressante, pensiamo “Io al suo posto non sarei riuscita a sopportarlo!”; tuttavia, come detto, questo dipende dalle nostre esperienze, dai nostri apprendimenti, dalla nostra personalità e pertanto filtriamo ed elaboriamo gli eventi e i loro significati in modo differente, reagendovi e integrandoli nella memoria in modo altrettanto differente.Le persone con un alto livello di resilienza dunque, riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. L’esposizione alle avversità sembra rafforzarle piuttosto che indebolirle. Esse tendenzialmente sono ottimiste, flessibili e creative; sanno lavorare in gruppo e fanno facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze.Ma cosa fa si che un individuo sia più o meno resiliente?A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori, primo fra tutti la presenza all’interno come all’esterno della famiglia di relazioni con persone premurose e solidali. Questo tipo di relazioni crea un clima di amore e di fiducia, e fornisce incoraggiamento e rassicurazione favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza. Gli altri fattori coinvolti sono:

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• OTTIMISMO: è la disposizione a cogliere il lato buono delle cose, la tendenza ad aspettarsi un futuro ricco di occasioni positive, la propensione a sminuire le difficoltà della vita, cercando sempre di trovare la soluzione ai problemi.• AUTOSTIMA: un’elevata autostima protegge da sentimenti di ansia e depressione e influenza positivamente lo stato di salute fisica. Si riferisce ad una visione positiva di sè• HARDINESS: tratto di personalità che comprende tre dimensioni:

- CONTROLLO: convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante e l’esito degli eventi,mettendo in atto tutte le risorse per affrontare le difficoltà.

- IMPEGNO: definizione e perseguimento di obiettivi.- SFIDA: visione dei cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita.

• EMOZIONI POSITIVE: capacità di sostituire gemiti e lamenti con emozioni positive.• SUPPORTO SOCIALE: capacità di costruire relazioni eterogenee e molteplici che possano sostenere l’individuo nei momenti difficili.

Le strade che possono portare le persone ad accrescere il proprio livello di resilienza sono numerose.Nella ricerca della strategia più idonea per migliorare il proprio livello di resilienza può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione sulle esperienze del passato cercando di individuare le risorse che rappresentano i punti di forza personali. Un sistema che facilita l’individuazione delle risorse personali è quello di cercare di fornire risposte a queste semplici domande:• quali eventi sono risultati particolarmente stressanti per me?• in che maniera questi eventi mi hanno condizionato?• nei momenti difficili ho trovato utile rivolgermi a persone per me significative?• nei momenti difficili quanto ho appreso di me stesso e del mio modo d’interagire con gli altri?• è risultato utile per me fornire assistenza a qualcuno che stava attraversando momenti difficili come quelli da me sperimentati?• sono stato capace di superare le difficoltà ed, eventualmente, in che modo?• che cosa mi ha consentito di guardare con maggiore fiducia al mio futuro? La “resilienza” può quindi essere appresa, sviluppando l’autostima, l’autoefficacia, l’abilità di tollerare le frustrazioni della vita senza lamentarsi, la capacità di risolvere i problemi e di produrre cambiamenti, la speranza, la tenacia, il senso dell’umorismo: La resilienza non è dunque una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque in qualunque circostanza.Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita, avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma è resiliente chi è disposto al cambiamento quando necessario, chi è disposto a pensare di poter sbagliare, ma anche chi si dà la possibilità di poter correggere la rotta.

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Musica e depressione

La depressione trova un ostacolo nella musica, che aiuta ad esprimere le proprie emozioni in maniera corretta. Lo afferma una ricerca dell’Università finlandese di Jyväskylä pubblicata sul British Journal of Psychiatry.I ricercatori, coordinati da Jaakko Erkkilä, hanno analizzato 79 soggetti fra i 18 e i 50 anni colpiti da depressione. Di questi, 33 hanno seguito le terapie tradizionali affiancandole alla musicoterapia, nel corso della quale hanno preso lezioni per imparare a suonare vari strumenti. A distanza di 3 mesi, i ricercatori hanno scoperto che le persone che avevano seguito la musicoterapia mostravano anche meno sintomi depressivi: “abbiamo scoperto che attraverso la musica le persone spesso riescono a esprimere i propri sentimenti. Alcuni pazienti hanno descritto questa esperienza come un ‘gioco catartico’”, riferiscono i ricercatori.Ma la musica fa bene anche solo ad ... anche solo ad ascoltarla. Alcuni studiosi della Caledonian University di Glasgow, in Scozia, ne sono così convinti che selezioneranno le canzoni più adatte alla musicoterapia nei prossimi tre anni.Le prime anticipazioni segnalano l’effetto positivo di alcuni classici della musica pop come What a wonderful world di Louis Armstrong e Comfortably numb dei Pink Floyd, mentre sono da evitare alcune canzoni degli Oasis e la struggente Everybody hurts dei Rem. Come spiega Don Knox, coordinatore della ricerca: “l’impatto di un brano musicale su una persona va oltre quello che si pensa, tanto che un tempo veloce può risollevare l’umore mentre uno lento buttarlo giù”.La musica come terapia per la depressione non è una novità, tanto che un meta-studio della Cochrane Library sull’argomento aveva evidenziato qualche tempo fa l’efficacia che un “trattamento” del genere potrebbe avere sui pazienti depressi.Gli studiosi, guidati da Anna Maratos del Central and Northwest London Foundation NHS Trust di Londra, hanno riesaminato i risultati di cinque diversi studi, quattro dei quali dimostravano chiaramente benefici evidenti associabili alla musicoterapia. Spiega Anna Maratos: “i risultati dei pochi studi disponibili sulla musicoterapia ci suggeriscono di investire in ulteriori ricerche. Se poi la sua efficacia fosse confermata da nuovi studi, occorrerà stabilire quali modalità di cura possono dare maggiori effetti. Attualmente i risultati degli studi indicano che la musicoterapia migliora l’umore ed è seguita volentieri dai pazienti. Occorrono però ulteriori ricerche per poter dire con certezza che questa terapia è efficace”, conclude Maratos.

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Bibliografia:

• La Depressione – Rainone A., Mancini F. in “Elementi di Psicoterapia Cognitiva”, a cura di Perdighe C., Mancini F. – Giovanni Fioriti Ed., 2010.

• I disturbi depressivi: diagnosi e trattamenti efficaci – Rainone A., Giacobazzi D. in “Gli approcci cognitivi alla depressione”, a cura di Rainone A., Mancini F. – Franco Angeli, 2004.

• La dimensione cognitiva dei disturbi dell’umore – Mancini F., Rainone A. in Trattato Italiano di Psichiatria, Terza Edizione, a cura di Cassano B.G., Tundo A., Elsevier Masson, 2008.

• I sistemi cognitivi in interazione e la terapia cognitiva basata sulla mindfulness. Comprensione e cura della ricorrenza alla depressione – Rainone A., Lindaver P., Picone I. in “Gli approcci cognitivi alla depressione”, a cura di Rainone A., Mancini F. – FrancoAngeli, 2004

• Depressione, ansia, attacchi di panico: percorsi di cura – Salvatore di Salvo – Ed. Libreria cortina Torino

Associazioni che hanno voluto dare la loro Collaborazionee il loro Patrocinio Scientifico:

Cooperativa Sociale Onlus

Imperia - Savona

Progetto grafico

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Comitato ScientificoCoordinazione sanitaria

Tiziana Tassinari, Specialista in NeurologiaCollaborazione sanitaria

Francesco Scarsi, Specialista in PsichiatriaStefania Panero, Psicologa - Psicoterapeuta