Breve cronistoria dei primi calcolatori Olivetti · Hackerando la Macchina Ridotta (la CEP prima...

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Hackerando la Macchina Ridotta (la CEP prima della CEP) Breve cronistoria dei primi calcolatori Olivetti Giovanni A. Cignoni – Dipartimento di Informatica, Università di Pisa – marzo 2012 Appunti, immagini e riferimenti per orientarsi nella storia dei primi calcolatori Olivetti: dalla Macchina Zero al GE-115. Con la partecipazione dell’azienda di Ivrea al progetto CEP, i calcolatori Olivetti sono, per più di un motivo, vicini alle macchine oggetto specifico di HMR. Per certi versi quindi la digressione olivettiana è un atto dovuto. Da un’altro punto di vista, è questo un primo, limitato, tentativo di affrontare la storia dei calcolatori Olivetti con il metodo di HMR: rigorosa curiosità sia dalla prospettiva storica e documentale, sia da quella tecnologica. Dal confronto delle fonti, per esempio con la storia dell’INAC, e dal confronto con le altre macchine dell’epoca emergono spunti e collegamenti che possono solo arricchire un capitolo importante della storia dell’informatica italiana, spesso trattato con eccessiva autoreferenzialità e affidandosi solo alla suggestione dei ricordi dei protagonisti. Il primo interesse dell’Olivetti ai calcolatori elettronici viene fatto risalire alla fine del 1949 quando, a settembre, l’azienda di Ivrea ricevette la visita di Enrico Fermi che, probabilmente, ebbe un ruolo nel confermare idee e direzioni già maturate in Adriano e Dino Olivetti. Come evento ben più concreto per segnare l’ingresso dell’Olivetti nel mondo dei grandi calcolatori si può anche considerare la sottoscrizione nel dicembre 1949 dell’alleanza con la Bull per la commercializzazione dei prodotti meccanografici dell’azienda francese. A partire dal 1950 Olivetti è inoltre coinvolta con l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (INAC) di Roma nel tentativo di avviare un progetto italiano per la costruzione di un calcolatore elettronico. In questo contesto si colloca la partecipazione di Michele Canepa al viaggio in USA di Mauro Picone e di altri ricercatori dell’INAC per visitare fra l’agosto e l’ottobre 1950 i più importanti progetti statunitensi di costruzione e uso dei calcolatori elettronici. Al termine della missione, su indicazione di Dino Olivetti, allora presidente della Olivetti Corporation of America, Canepa rimane in USA, dove continuerà per circa un anno a studiare i progetti americani e a mantenere costanti scambi con la casa madre e con i ricercatori romani. Nel 1952 l’Olivetti affida a Canepa la direzione del laboratorio/osservatorio che l’azienda di Ivrea apre a New Canaan. I tentativi per avviare la realizzazione di un calcolatore insieme all’INAC continuano fino al 1954. In diversi momenti sembrano concretizzarsi dei progetti: intorno al 1952 ci sono contatti con Aiken per la costruzione a Roma di un “Mark V”, successore del Mark IV prossimo al completamento ad Harvard; intorno al 1953 si pensa a un accordo con il National Bureau of Standards per realizzare all’INAC una replica del SEAC (a sua volta derivato dall’EDVAC dell’University of Pennsylvania. HMR hmr.di.unipi.it 1/5

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Hackerando la Macchina Ridotta(la CEP prima della CEP)

Breve cronistoria dei primi calcolatori OlivettiGiovanni A. Cignoni – Dipartimento di Informatica, Università di Pisa – marzo 2012

Appunti, immagini e riferimenti per orientarsi nella storia dei primi calcolatori Olivetti:dalla Macchina Zero al GE-115.

Con la partecipazione dell’azienda di Ivrea al progetto CEP, i calcolatori Olivetti sono, per più di un motivo, vicini alle macchine oggetto specifico di HMR. Per certi versi quindi la digressione olivettiana è un atto dovuto.

Da un’altro punto di vista, è questo un primo, limitato, tentativo di affrontare la storia dei calcolatori Olivetti con il metodo di HMR: rigorosa curiosità sia dalla prospettiva storica e documentale, sia da quella tecnologica. Dal confronto delle fonti, per esempio con la storia dell’INAC, e dal confronto con le altre macchine dell’epoca emergono spunti e collegamenti che possono solo arricchire un capitolo importante della storia dell’informatica italiana, spesso trattato con eccessiva autoreferenzialità e affidandosi solo alla suggestione dei ricordi dei protagonisti.

Il primo interesse dell’Olivetti ai calcolatori elettronici viene fatto risalire alla fine del 1949 quando, a settembre, l’azienda di Ivrea ricevette la visita di Enrico Fermi che, probabilmente, ebbe un ruolo nel confermare idee e direzioni già maturate in Adriano e Dino Olivetti.

Come evento ben più concreto per segnare l’ingresso dell’Olivetti nel mondo dei grandi calcolatori si può anche considerare la sottoscrizione nel dicembre 1949 dell’alleanza con la Bull per la commercializzazione dei prodotti meccanografici dell’azienda francese.

A partire dal 1950 Olivetti è inoltre coinvolta con l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (INAC) di Roma nel tentativo di avviare un progetto italiano per la costruzione di un calcolatore elettronico. In questo contesto si colloca la partecipazione di Michele Canepa al viaggio in USA di Mauro Picone e di altri ricercatori dell’INAC per visitare fra l’agosto e l’ottobre 1950 i più importanti progetti statunitensi di costruzione e uso dei calcolatori elettronici.

Al termine della missione, su indicazione di Dino Olivetti, allora presidente della Olivetti Corporation of America, Canepa rimane in USA, dove continuerà per circa un anno a studiare i progetti americani e a mantenere costanti scambi con la casa madre e con i ricercatori romani. Nel 1952 l’Olivetti affida a Canepa la direzione del laboratorio/osservatorio che l’azienda di Ivrea apre a New Canaan.

I tentativi per avviare la realizzazione di un calcolatore insieme all’INAC continuano fino al 1954. In diversi momenti sembrano concretizzarsi dei progetti:

intorno al 1952 ci sono contatti con Aiken per la costruzione a Roma di un “Mark V”, successore del Mark IV prossimo al completamento ad Harvard;

intorno al 1953 si pensa a un accordo con il National Bureau of Standards per realizzare all’INAC una replica del SEAC (a sua volta derivato dall’EDVAC dell’University of Pennsylvania.

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In entrambi i progetti dell’INAC Olivetti è sempre citata come partner industriale. Tuttavia nessun progetto riesce a partire e Picone, per non accumulare ulteriore ritardo nelle competenze sull’uso di questi nuovi strumenti, decide nel 1954 di acquistare un Ferranti Mk1 inglese utilizzando fondi messi a disposizione dall’Azienda per il Rilievo e l’Alienazione dei Residuati bellici.

Tuttavia sempre nel 1954, quasi inaspettatamente, le condizioni per lanciare un progetto di costruzione maturano a Pisa per iniziativa dell’Università e con il finanziamento degli enti locali di Pisa, Lucca e Livorno. L’Olivetti è coinvolta fin dal principio: nel 1955 Mario Tchou, da pochi mesi in azienda, partecipa con i ricercatori pisani alla stesura del piano di massima in cui si prevede la costruzione della Calcolatrice Elettronica Pisana (CEP) in due bienni. Formalmente, la collaborazione è definita da una convenzione fra Olivetti e Università firmata nel maggio del 1956. L’Olivetti partecipa al Centro di Studi sulle Calcolatrici Elettroniche (CSCE) dell’Università con un finanziamento diretto, con personale distaccato presso il Centro (Giuseppe Cecchini, Sergio Sibani, Vladimiro Sabbadini) e con la fornitura di strumenti e di periferiche. Il CSCE coglierà gli obiettivi prefissi realizzando prima la Macchina Ridotta, nel 1957, e poi la CEP “definitiva” nel 1961. Nei primi anni del progetto CEP il contributo di Olivetti sarà determinante per le competenze nel campo dell’elettronica digitale.

Le macchine del progetto CEP sono però progettate per usi scientifici. Per realizzare anche un prodotto destinato ad applicazioni commerciali Olivetti organizza a Pisa, a Barbaricina, un secondo gruppo di ricerca: il Laboratorio Ricerche Elettroniche (LRE) e ne affidanda la direzione a Tchou. Nonostante la prossimità geografica, il CSCE e il LRE procederanno su linee indipendenti, con collaborazioni limitate ad alcuni aspetti elettronici dei due progetti.

A Barbaricina, fra il 1956 e il 1957 viene progettato e realizzato il primo prototipo Olivetti: la Macchina Zero. Nel 1958 è trasferita a Ivrea, completata e resa operativa per la gestione dei magazzini. Con il successo del prototipo prende corpo il progetto per una linea di calcolatori commerciali: la serie ELEA (per Elaboratore Elettronico Automatico, ma con un voluto riferimento alla scuola presocratica di Elea, in Magna Grecia).

La Macchina Zero, realizzata con tecnologie a valvole termoioniche, è ribattezzata ELEA 9001V mentre per la versione destinata alla produzione di serie si decide di investire sull’emergente tecnologia dei transistor. Per ridurre i costi di approvvigionamento dei nuovi componenti Olivetti, insieme a Telettra e alla statunitense Fairchild, fonda la Società Generale Semiconduttori (SGS che, dopo vari passaggi, è oggi STMicroelectronics).

Il LRE si trasferisce a Borgolombardo, vicino Milano, dove è terminato il secondo prototipo ELEA 9002 (a volte citato come ELEA 9001T) completamente realizzato a transistor. Il 9002 viene installato presso la sede Olivetti di Milano e presentato al Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi l’8 novembre 1959. La produzione di serie, con il nome di ELEA 9003, viene annunciata alla Fiera di Milano. I primi due 9003 di serie sono consegnati nel 1960 alla Marzotto di Valdagno e al Monte dei Paschi di Siena (questo esemplare è oggi conservato integro all’ISIS Fermi di Bibbiena). Complessivamente ne saranno installati circa 40.

Il 9002 e il 9003 sono subito oggetto di un design studiato. L’Olivetti ha una tradizione consolidata e riconosciuta, valga per tutti la mostra dedicata al MoMA di New York nel 1952. Ma del resto, già nel 1944 l’IBM e l’Università di Harvard affidavano la realizzazione esteriore del Mark I a un architetto visionario come Norman Bel Geddes (e, curiosamente, Olivetti e INAC erano vicini a un accordo con Harvard nel 1952). Altri esempi non mancano, UNIVAC era ben preparato al ruolo da protagonista che avrebbe avuto nel 1952 nella prima diretta televisiva di un’elezione presidenziale: i cavi che collegavano le periferiche all’unità centrale erano nascosti in una canalizzazione aerea che si raccordava con la fascia cromata su cui campeggiava il nome della macchina. Il calcolatore è parte dell’arredamento aziendale e deve soddisfare canoni estetici ed

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ergonomici. E infatti ELEA 9003, “vestito” da Ettore Sottsass jr., si aggiudica nel 1959 il premio Compasso d’Oro per il design industriale.

Dopo il 9003, il LRE si sposta a Pregnana Milanese e nel 1961 nasce ELEA 6001, un sistema dedicato a una fascia di mercato più ampia. Dal punto di vista tecnologico l’innovazione più rilevante è l’adozione del controllo microprogrammato, ma in effetti tutto il progetto 6001 è una maturazione del 9003 verso una maggiore modularità di sistema capace di produrre configurazioni diverse per dimensioni e per tipo di applicazioni. È la risposta di Olivetti alla transizione già iniziata da IBM verso i sistemi general purpose come il 7090 presentato nel 1959 o da Digital verso sistemi di piccole dimensioni come lo strabiliante PDP-1 del 1960. Esteriormente ELEA 6001 adotta ancora lo stile modulare, ricercato e funzionale dell’ELEA 9003, dal quale si distingue soprattutto per la consolle di controllo orizzontale. L’ELEA 6001 sarà prodotto in circa 150 esemplari, alcuni dei quali, a dimostrazione della cofigurabilità della macchina, saranno usati per il calcolo scientifico in centri di ricerca come il Politecnico di Torino, l’Università di Padova, il CNR di Roma.

A partire dal 1960 riprende la collaborazione con l’INAC di Roma con l’obiettivo di costruire un calcolatore scientifico per sostituire il Ferranti acquistato nel 1954. Il progetto, etichettato come ELEA 9104, darà luogo a un esemplare unico consegnato all’INAC nel 1966 che, per riusare la vasta biblioteca software accumulata nel frattempo, sarà usato come simulatore del Ferranti.

Lo sviluppo del 9104 fu realizzato negli anni successivi alla scomparsa prima di Adriano Olivetti nel 1960 e poi di Mario Tchou nel 1961, anni critici che videro la crisi finanziaria dell’azienda e la cessione della Divisione Elettronica alla General-Electric nel 1965. Nonostante il periodo difficile, la ricerca sul 9104 si intersecò con altri progetti: ELEA 9004 e ELEA 4001. Con quest’ultimo il 9104 condivide l’originale struttura delle unità centrali organizzate intorno a colonne con bracci a 120 gradi, ancora frutto della collaborazione con gli architetti dello Studio Sottsass.

Il 9004 non arriverà alla commercializzazione, ma dal 4001 deriverà una serie denominata 4-100 della quale il modello ELEA 4-115 avrà particolare successo: commercializzato anche dalla General Electric come GE-115 e dalla Bull come Gamma 115 sarà venduto in circa 5000 esemplari.

La storia dei primi calcolatori Olivetti si apre e si chiude in un decennio, dal 1955 quando inizia la collaborazione con l’Università di Pisa al 1965 quando il settore dei grandi calcolatori viene abbandonato. Sono anni veloci: una successione di lucide scommesse in persone, collaborazioni, investimenti imprenditoriali che da zero portano Olivetti a un’offerta di macchine di tutto rispetto.

Si investì molto, ma facendo delle scelte. Tecnologicamente alcune soluzioni sono all’avanguardia (il passaggio immediato ai transistor, giusto per fare un esempio), altre sono seducenti (il design), buona parte sono pragmatiche (l’impostazione ancora batch, i dati numerici memorizzati a caratteri, l’assenza di moderne interfacce utente), poche sono criticabili (la mancanza di software). D’altra parte Olivetti era entrata nel mercato dei calcolatori commercializzando nei primi anni Cinquanta macchine Bull che, nonostante avessero architetture anteguerra, ancora trovavano un mercato e lasciavano soddisfatti i clienti.

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Il 9001, nell’installazione finale a Ivrea, e due immagini del 9002 nella sede di Milano.

Il 9003 del Monte dei Paschi di Siena.

Due immagini del 6001.

Un ELEA 4001 e l’ELEA 9104 dell’INAC di Roma

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Pubblicità dell’ELEA 4001 e dell’ELEA 4-115

Riferimenti

G. Calogero, “Ricordi e aneddoti dei Laboratori di Ricerche Elettroniche Olivetti”, 2011.

A. Guerraggio, M. Mattaliano, P. Nastasi (a cura di), “La lunga marcia di Mauro Picone”, Quaderni PRISTEM., n. 15, 2010.

G. Parolini, “Olivetti Elea 9003: Between Scientific Research and Computer Business”, in History of Computing and Education 3 IFIP vo. 269, 2008.

Giuseppe Rao, “Mario Tchou e l’Olivetti Elea 9003”, in Limes, 2008.

F. Filippazzi: “ELEA: storia di una sfida industriale”, in La nascita dell’informatica in Italia, POLIPRESS, Milano 2006.

C. Bonfanti, “Salire sul treno in corsa: il primo computer dell’INAC”, intervento al Meeting PRISTEM , Venezia, 18-20 febbraio, 2005.

C. Bonfanti , “Mezzo secolo di futuro : l’informatica italiana compie cinquant’anni ”, in Mondo Digitale, n. 3, AICA, 2004.

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