Bravi in Chimica

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Liceo Scientifico “G. B. Scorza” di Cosenza PON C-4-FSE-2010-281 Bravi in Chimica

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PON Liceo Scientifico "Scorza" di Cosenza

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Liceo Scientifico “G. B. Scorza” di Cosenza

PON C-4-FSE-2010-281

Anno 2010/2011

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Liceo Scientifico “G. B. Scorza” di Cosenza

PON C-4-FSE-2010-281

Dirigente Scolastico: Prof. Prof. Rodolfo Luciani

Esperto esterno: Prof. Andrea Checchetti

Tutor: Prof.ssa Giovanna Tallarico

Corsisti: Bruno Matteo Ruffo Rosario Marzio

Capizzano Francesca Russo Tommaso

De Rose Cristina Spizzirri Valentina

Del Gaudio Enrico Timoleone Daniel

Di Lieto Giulio Tocci Diodato

Fasano Gai Vitelli Martina

Guarascio Maria Cristina

Le Rose Giseppe

Librandi Katia

Perna Armando

Quattromani Miriam

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Il Progetto

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Con questo progetto PON il Liceo Scientifico ”Scorza” di Cosenza ha inteso

sviluppare un percorso didattico - laboratoriale su alcune esperienze di chimica

denominato “Bravi in Chimica”.

Obiettivi generali:

mettere a punto attività e relativa documentazione rispondenti alle esigenze

didattiche delle scuole secondarie di II grado

contribuire con l’utilizzo del laboratorio scientifico all'approfondimento del

curriculum scolastico per passare dal sapere al saper fare

L’attività di formazione degli alunni ha previsto la realizzazione di una serie di fasi

operative

1. Approfondimenti teorico-pratici propedeutici allo svolgimento dell'attività

laboratoriali

2. Utilizzo delle strumentazioni scientifiche disponibili nella scuola

3. Realizzazione di una serie di esperimenti a carattere scientifico-tecnologico

documentando le attività per inserirle nelle unità didattiche della

programmazione di Chimica Organica e Biochimica

Esperienze di laboratorio

o L’acqua e la materia vivente

Obiettivi: Comprendere il concetto di solubilità, solvente, soluzione.

o Riconoscimento degli zuccheri, amidi, lipidi, e proteine

Obiettivo: Comprendere che nella materia sono presenti macromolecole

indispensabile al funzionamento biologico

o Azione degli enzimi: azione dei lieviti e digestione delle macromolecole

Obiettivo: Riconoscere la presenza degli enzimi attraverso i prodotti delle

reazioni alle quali danno luogo

o Determinazione dell’acidità del latte

Obiettivo: Riconoscere che la reazione biochimica più importante che si

realizza nei formaggi è la trasformazione del lattosio in acido lattico.

o Il processo di saponificazione

Obiettivi: Comprendere la reazione di trasformazione dei trigliceridi in saponi

o Pigmenti delle foglie

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Obiettivo: Saper individuare i pigmenti della clorofilla presenti nelle foglie

attraverso diversi metodi di separazione

o Respirazione anaerobica

Obiettivo: Comprendere che la respirazione è il processo biochimico con cui gli

esseri viventi si procurano l’energia per svolgere le proprie attività

o Estrazione del DNA da un frutto

Obiettivo: utilizzo delle principali tecniche di separazione per separare il DNA

di un frutto.

Si sono svolti 10 incontri di cui 8 di tre ore laboratoriali, che si sono

cronologicamente distinti in:

1. Microlezione

2. Indagine sperimentale

3. Interpretazione dei risultati

e 2 di due ore per introdurre il corso e svolgere un test d’ingresso e una verifica

finale.

Competenze

Acquisire le conoscenze e le tecniche per operare nei laboratori di chimica

Saper elaborare i risultati ottenuti

Conoscere e interpretare i processi biochimici

Infine è importante ricordare che le attività di laboratorio sono state valutate

relativamente a:

1. Conoscenze di base dei principi analitici

2. Capacità organizzativa dei corsisti nel progettare e realizzare un’analisi

3. Capacità di registrare i dati sperimentali ottenuti dall’esperimento

4. Validità dei risultati ottenuti

L’insieme delle prove ha riguardato argomenti che possono considerarsi sicuramente

un approfondimento dei contenuti curriculari, ma allo stesso tempo l’indispensabile

legame per avviare un confronto con situazioni reali, ampliando così l’orizzonte

culturale.

Il livello di conoscenze, competenze e abilità, acquisite dai corsisti, è stato

monitorato attraverso un test d’ingresso e una prova finale, che ha evidenziato il

rafforzamento delle abilità, il conseguimento dei saperi e le competenze previste.

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Per la realizzazione del progetto sono state utilizzate le seguenti metodologie:

- presentazione dell’attività laboratoriale

- cooperative learning

- problem solving

Sono stati raggiunti i seguenti risultati:

Conoscenza delle specifiche procedure di laboratorio

Consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza

Capacità di gestire le relazioni di gruppo

Si ringrazia la Scuola, il Dirigente Scolastico, prof. Rodolfo Luciani, il tutor, la

prof.ssa Giovanna Tallarico, per la collaborazione mostrata per tutta la durata del

corso.

Cosenza 18/06/2011 Prof. Andrea Checchetti

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La didattica

laboratoriale

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I risultati degli ultimi rapporti OCSE-PISA dei nostri studenti dimostrano quanto i

modelli di trasmissione del sapere scientifico non siano più sufficienti e quanto sia

impellente mettere in campo nuove pratiche, nuovi modelli, nuovi curricoli della

conoscenza scientifica e tecnologica a partire dalla scuola dell’obbligo.

La messa in opera di questo progetto PON del Liceo Scientifico “G.B. Scorza” di

Cosenza ha centrato una serie di obiettivi fondamentali per stimolare il rapporto che

ogni studente instaura con il sapere scientifico al fine di valorizzare il laboratorio

come il luogo senza il quale non c’è apprendimento, lo spazio nel quale lo studente è

in grado di scoprire e costruire la propria visione del mondo e della realtà che lo

circonda. Il laboratorio come spazio fisico e mentale dove coinvolgere gli studenti in

uno scambio cooperativo e permettere l’acquisizione di conoscenze, metodologie e

abilità didatticamente misurabili. E’ stata posta attenzione a una pratica del fare dove

l’agire sperimentale si confronta concettualmente con la problematicità dei processi,

con la complessità dei saperi. In questa direzione si è cercato nell’ambito del progetto

di far incontrare due visioni di concepire il laboratorio: da un lato come spazio-

tempo di verifica delle leggi, officina per acquisire abilità del misurare e dall’altro

come terreno fertile per sviluppare un pensiero critico, capace di fondere le abilità

manuali con quelle mentali per creare le giuste sinergie tra il pensare e l’agire, in

modo da condividere teorie e concetti con l’elaborazione e il procedere sperimentale.

La didattica laboratoriale costituisce dunque uno strumento di forte innovazione

perché permette di dare cittadinanza ai linguaggi verbali e non verbali, sviluppare

autostima e autonomia culturale e infine facilitare i processi di interazione e

cooperazione.

Utilizzare la didattica laboratoriale significa guidare processi di auto-apprendimento

quali l’analisi, l’osservazione, il confronto, la ricerca di diversi itinerari possibili nella

soluzione di un problema che consentono così agli studenti di diventare i

protagonisti, attori di un processo in cui acquisiscono competenze. In quest’ottica

l’attività di laboratorio promuove la discussione, la riflessione, il ragionamento.

Scienze e laboratorio dunque come momento d’incontro per apprendere insieme le

strategie necessarie, gli strumenti utili per risolvere un problema.

Di seguito alcune tra le schede di laboratorio realizzate dagli alunni che hanno

partecipato al corso

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Schede di

laboratorio

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SAGGI DI RICONOSCIMENTO DEGLI ALIMENTI

EFFETTO: Le soluzioni aggiunte servono per rivelare la presenza

rispettivamente di proteine, zuccheri semplici e zuccheri

complessi. Infatti, nel test positivo il colore diventa viola per le

proteine, rosso mattone per gli zuccheri semplici, nero per gli

zuccheri complessi.

PRINCIPIO: Nella provetta 2 le proteine reagiscono con il rame e il latte diventa

viola, nella provetta 4 gli zuccheri si comportano come riducenti

facendo precipitare l’ossido rameoso, nella provetta 6 gli zuccheri

complessi reagiscono con lo ioduro.

MATERIALE

OCCORRENTE:

- Provette

- pipette Pasteur

- spatolina

- beakers

REATTIVI: - soluzione di NaOH al 10%

- Soluzione di CuSO4 al 1% in acqua (Fehling A)

- Tintura di iodio

- Soluzione di tartrato di sodio e potassio in una soluzione di

idrossido di sodio (Fehling B )

PROCEDURA: Si prendono sei provette e si utilizzano a due a due per ogni

saggio da effettuare. Nella prima delle tre serie di provette si

aggiunge acqua mentre nella seconda un alimento che contiene la

molecola da evidenziare in modo da ottenere due test uno

negativo e uno positivo.

Nella prima serie si aggiungono acqua e latte e come reagenti una

soluzione di idrossido di sodio al 10% e una di solfato di rame al

1% in acqua.

Nella seconda serie si aggiungono acqua succo di frutta e come

reagente una miscela 1:1di soluzione di Fehling A e B.

Si riscaldano le soluzioni.

Nella terza serie si aggiungono acqua e farina e come reagente una

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soluzione di iodio/ioduro

Per tutte e tre le serie si osserva un cambiamento di colore

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DETERMINAZIONE DELL’ACIDITÀ DEL LATTE

EFFETTO: La determinazione dell’acidità del latte si basa sulla

neutralizzazione con sostanze alcaline (KOH 4N), mediante

titolazione, usando come indicatore la fenolftaleina oppure

seguendo le variazioni di pH indicate dal pHmetro e stabilendo il

punto di equivalenza (corrispondente al limite inferiore

dell’intervallo di viraggio della fenolftaleina).

PRINCIPIO: Il latte possiede una lieve acidità naturale dovuta ai fosfati, citrati,

CO2 e proteine; ma, a partire dal momento della mungitura,

l’acidità aumenta in quanto il lattosio del latte si trasforma

parzialmente in acido lattico.

L’acidità viene espressa in gradi Soxhlet-Henckel = S.H. ed è

rappresentata dai ml di KOH 0.4 N impiegati per neutralizzare 100

ml di latte.

Al punto equivalente le moli di NaOH sono le stesse dell’acido

lattico, quindi i grammi di acido lattico presenti in 100 cc di

campione sono dati da:

(MNaOH * VNaOH) * PM acido lattico

Il PM dell’acido lattico è uguale a 90 g/mol

Il valore in grammi di acido lattico calcolati equivalgono quindi al

valore dell’acidà % del campione.

MATERIALE

OCCORRENTE:

- beakers

- agitatore/riscaldatore

- ancoretta magnetica

- buretta graduata per titolazione

- bilancia analitica

-cilindri graduati

REATTIVI: - latte

- idrossido di potassio

- fenolftaleina

PROCEDURA: 100 ml di latte, misurati con precisione, vengono versati in un

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beaker contenente un’ancoretta magnetica e poggiato su un

agitatore. Si aggiunge qualche goccia di fenolftaleina (indicatore).

In una buretta viene introdotto il KOH precedentemente preparato

e titolato. Si titola e si sospende la titolazione al viraggio della

fenolftaleina.

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ACCENDI FUOCO E SPEGNI FUOCO

EFFETTO: Il bastoncino igniscente riprende a bruciare nella beuta AF grazie

all’ossigeno che permette dunque la combustione, mentre la

fiamma viene spenta nella beuta SF a causa della presenza della

CO2

PRINCIPIO: Beuta AF

Il contatto lievito - acqua ossigenata (H2O2) provoca la formazione

del gas ossigeno. L'acqua ossigenata, infatti, è un veleno per le tutte

le cellule, comprese quelle dei lieviti, che si difendono

trasformandola in composti innocui (acqua e ossigeno) per mezzo

di enzimi, chiamati enzimi della perossidasi. Il gas ossigeno (O2) è

un comburente che aiuta a bruciare.

Beuta SF

Nella beuta avviene una reazione chimica, con produzione di

anidride carbonica e di un sale chiamato sodio acetato, che rimane

in soluzione. - L'anidride carbonica (CO2) è un gas inodore,

incolore e più pesante dell'aria: per questo rimane intrappolato

all'interno della bottiglietta. Questo gas non è né comburente né

combustibile, quindi la sua unica funzione è quella di soffocare la

combustione e quindi far spegnere il bastoncino.

MATERIALE

OCCORRENTE:

- 2 beute,

- Bastoncini in legno per spiedini, di tipo sottile, lunghi 20 cm 1

- Accendino

- cucchiaino

- beakers di piccola dimensione

REATTIVI: - 1 cubetto di lievito di birra fresco e pressato, del peso di 25 g

- Bicarbonato di sodio

- Aceto bianco

- Acqua ossigenata

PROCEDURA: ATTENZIONE: l'esperimento deve essere eseguito su un piano

di lavoro privo di oggetti infiammabili

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Si posizionano sul banco degli esperimenti le 2 beute allineate e

distanziate (10 cm circa). Si riempie la prima beuta (denominata

Accendi Fuoco, AF) di acqua ossigenata fino a 1/3 (1 beaker di

piccole dimensioni pieno). Si versano nella beuta AF 5 g di cubetto

di lievito di birra precedentemente sbriciolato. Si copre con un

tappo per almeno 10 minuti agitando con leggeri movimenti

rotatori di tanto in tanto.

Si introducono nella seconda beuta (denominata Spegni fuoco, SF)

3 cucchiaini colmi di bicarbonato di sodio e successivamente 40 ml

di aceto bianco, poco per volta, per evitare la fuoriuscita immediata

della schiuma effervescente dovuta alla formazione del gas

anidride carbonica.

Si accende la punta di un bastoncino in legno e si spegne la fiamma

quando si forma una punta igniscente ( una piccola brace).

A questo punto si introduce il bastoncino prima nella beuta AF e

successivamente nella beuta SF e si osservano i risultati.

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FERMENTAZIONE ALCOLICA

EFFETTO: Nella prima provetta non si ha produzione di CO2 perché manca il

substrato per la fermentazione, cioè lo zucchero.

Nella seconda provetta è assente il lievito che avrebbe dovuto

effettuare la fermentazione.

Nella terza provetta che si evidenzia con il rigonfiamento del

palloncino rosso.

Lo sviluppo di anidride carbonica come prodotto della

fermentazione del saccarosio si osserva solamente nella provetta n.

3 perché in essa è presente sia il lievito, che trae energia da un

metabolismo di tipo fermentativo, sia il substrato necessario per la

fermentazione cioè lo zucchero.

PRINCIPIO: I saccaromiceti ricavano energia dalla fermentazione degli

zuccheri che vengono convertiti in alcol con produzione di CO2.

C6H12O6 (glucosio) 2 C2H5OH ( alcol etilico) + 2 CO2

La formazione dell’alcol etilico permette, in assenza di ossigeno, la

riossidazione del coenzima NADH.

CH3 COCOOH CH3CHO + NADH + H+

CH3CH2OH + NAD+

La reazione è facilmente verificabile e si può mettere in evidenza la

produzione di gas (anidride carbonica) .

MATERIALE

OCCORRENTE:

- tre provette,

- tre palloncini colorati

REATTIVI: - 1 cubetto di lievito di birra fresco e pressato, del peso di 25 g

- acqua

- zucchero

PROCEDURA: Si allestiscono tre provette:

- provetta n. 1: acqua + lievito di birra (palloncino verde)

- provetta n. 2: acqua + zucchero (palloncino giallo)

- provetta n. 3: acqua + lievito di birra + zucchero (palloncino

rosso)

In ognuna si inserisce un palloncino.

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SEPARAZIONE DEI PIGMENTI DELLE FOGLIE VERDI DI SPINACI

MEDIANTE CROMATOGRAFIA SU CARTA

EFFETTO: Utilizzando la tecnica cromatografica è stato possibile separare i

diversi pigmenti colorati. Si osserva che si ottengono quattro bande

diversamente colorate ed esattamente andando dal basso verso

l'alto:

la clorofilla B (verde chiaro),

la clorofilla A (verde scuro),

la xantofilla (gialla).

il beta carotene (giallo arancio).

PRINCIPIO: Il principio fondamentale su cui si basa la cromatografia è quello di

far assorbire la miscela in esame, sciolta in un opportuno solvente,

su particolari substrati che hanno la capacità di trattenere in modo

diverso i vari componenti della miscela, che saranno poi trascinati

via da un opportuno solvente (eluente) con velocità distinta

permettendone la separazione.

MATERIALE

OCCORRENTE:

- mortaio e pestello

- beaker e cilindri

- carta per cromatografia (in alternativa carta da disegno ruvido)

- pipetta Pasteur

REATTIVI: - foglie di spinaci

- alcool etilico

- carbonato di calcio

- etere di petrolio

- acetone

PROCEDURA: ATTENZIONE: l'esperimento deve essere eseguito su un piano

di lavoro privo di oggetti infiammabili.

Si tagliano a pezzetti le foglie di spinaci, si introducono nel mortaio

e si riducono in poltiglia con l’aiuto del pestello. Si aggiungono nel

mortaio circa 5 ml di alcool etilico (prelevato con una pipetta) e si

continua a pestare fino a che il liquido si presenta di colore verde

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intenso (l’alcool etilico estrae i pigmenti delle foglie).

Si aggiunge un pizzico di carbonato di calcio per neutralizzare le

sostanze acide estratte dalle foglie che, altrimenti, tendono a

scolorire i pigmenti.

Si prepara una striscia di carta per cromatografia (di dimensioni

adatte al cilindro che si utilizzerà).

Con una pipetta Pasteur si preleva una goccia del liquido verde

estratto dalla poltiglia di spinaci e la si deposita sulla striscia di

carta, a circa 2 cm dal bordo; si lascia asciugare all’aria per

allontanare il solvente.

Si prepara la miscela eluente da utilizzare per la cromatografia,

costituito da etere di petrolio e acetone (prelevati rispettivamente

con un cilindro graduato e con una pipetta) in rapporto 9:1.

Si pone il liquido così ottenuto in un cilindro (o altro contenitore

adeguato allo scopo), fino all’altezza di circa 1 cm dal fondo.

Si sistema la striscia di carta con l’estratto degli spinaci all’interno

del cilindro, in posizione verticale, in modo che “peschi” appena

nel liquido (la sostanza depositata deve rimanere al di sopra del

liquido); e si chiude il cilindro.

Il liquido, salendo per capillarità lungo la striscia di carta, provoca

la separazione dei pigmenti presenti.

Si estrae il cromatogramma così ottenuto ed si osserva la

separazione dei pigmenti

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PREPARAZIONE DI UN SAPONE

EFFETTO: Durante l’agitazione, il sapone cambierà colore e consistenza,

diventando sempre più cremoso. Dopo un certo tempo, togliendo il

frullatore e facendo colare un po' di miscela, si osserva che resta in

superficie per qualche secondo prima di affondare. Questo è il segnale

che la reazione è avvenuta.

PRINCIPIO: La reazione da cui si ottiene il sapone è detta saponificazione. Tale

reazione avviene tra un grasso (o olio) e una base (per esempio

idrossido di sodio). Quindi il sapone è un sale sodico di un acido

grasso.

MATERIALE

OCCORRENTE:

- Due beakers da 250 ml

- Una pirofila da 500 ml

- Un cilindro graduato da 100 ml

- Due beute da 100 ml

- Una bacchetta di vetro

- Spatoline

- Un coltello

- Fornello elettrico

- Bilancia

REATTIVI: - 15 g di burro

- 10 g di idrossido di sodio (NaOH)

- 100 ml di alcool etilico (95°)

- Colorante per alimenti

- Aromi

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PROCEDURA: Sciogliere 15 g di burro a bagnomaria. Mescolare continuamente per

evitare surriscaldamento. Mescolare 10 g di idrossido di sodio (NaOH)

in 100 ml di alcool. L’idrossido di sodio (NaOH) non si scioglie

completamente ma si deposita sul fondo. Aggiungere la soluzione al

burro fuso, versando anche la parte non disciolta. Mescolare

continuamente mantenendo a ebollizione il bagnomaria per 15 minuti.

A questo punto, si possono aggiungere al composto il colorante e gli

aromi. Dopo 15 minuti togliere dal bagnomaria e lasciare raffreddare

fino a completa solidificazione.

N.B. Conviene utilizzare un agitatore

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ESTRAZIONE DEL DNA DELLA FRUTTA

EFFETTO: Le membrane cellulalri sono costituite da molecole ricche di grassi che

si sciolgono usando del detersivo liquido. Si usa anche un po' di sale

che ha la funzione di facilitare l'eliminazione delle proteine su cui è

avvolto il DNA.

La banana resa poltiglia è riscaldata a 60°C per accelerare e favorire il

processo di demolizione delle membrane cellulari e quelle del loro

nucleo per liberare il DNA. La permanenza a questa temperatura per

lungo tempo, comincia però a degradare ugualmente il DNA

frammentandolo. Questa è la ragione per cui, dopo 15 minuti, bisogna

raffreddare la poltiglia e filtrare il liquido ricco di DNA, separandolo

dai residui cellulari e dagli altri tessuti del frutto. All'interfaccia fra

l'alcool e il filtrato si osserva una sostanza bianchiccia. Si tratta del

DNA della banana.

PRINCIPIO: Il DNA è contenuto nel nucleo delle cellule della banana. Per liberarlo,

è necessario demolire le membrane cellulari e quelle del nucleo. Per

ottenere un DNA più puro usiamo il succo di ananas che ha al suo

interno la bromelina capace di demolire le proteine negli amminoacidi

e di facilitarne l'eliminazione. L’aggiunta di alcool alla soluzione, rende

visibile il DNA, poiché in esso precipita e diventa visibile.

MATERIALE

OCCORRENTE:

- bilancia digitale

- mortaio e pestello

- siringa da 10 ml

- provette

- beakers di diversa dimensione

- riscaldatore/agitatore

- termometro

- colino

REATTIVI: - 100 g di banana

- 3 g di sale da cucina

- succo d’ananas

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- ghiaccio

- acqua distillata

- 10 cc di detersivo liquido per piatti

- alcool etilico

PROCEDURA: Si prepara una soluzione salina di NaCl con 80 cc di acqua distillata e

3 g di sale in un beaker da 100 cc; si aggiungono 10 ml di detersivo

prelevati con una siringa e si porta la soluzione a volume di 100 ml.

Si riducono a poltiglia 100 g di una banana e si introducono in un

beaker da 200 ml a cui si aggiunge la soluzione salina d’estrazione.

Si pone il beaker a bagnomaria controllando che la temperatura non

superi i 60°C e si agita la miscela per 15 minuti dopodiché si pone per 5

minuti il beaker in acqua ghiacciata.

Si filtra con un colino e si versano in una provetta 5 ml di soluzione

filtrata a cui si aggiunge 1 ml di succo di ananas;

Si attende 2 - 3 minuti per lasciare il tempo alla bromelina presente nel

succo di ananas di agire.

Infine si aggiunge lentamente nella provetta un volume, equivalente

alla soluzione, di alcool etilico freddo, evitando che si mescoli con il

filtrato. Il DNA precipita e diventa visibile

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Bravi in Chimica Anno

2010/2011

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C o s e n z a C o s e n z a

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Indice analitico

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Il progetto pag. 3

La didattica laboratoriale pag. 7

Le schede di laboratorio pag. 9

Indice analitico pag. 28