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BOSISIO-CHINI: “FONDAMENTI DI GLOTTODIDATTICA” 1 CAPITOLO 2: ACQUISIZIONE E APPRENDIMENTO DI UNA LINGUA Introduzione Secondo Bloomfield l'acquisione del linguaggio costituisce "senza dubbio la massima prestazione intellettuale" dell'esistenza. L'acquisizione della lingua materna o lingua prima (L1) e quella di una lingua seconda sono due esperienze simili ma non coincidenti. I temi acquisizionali sono ovviamente molto rilevanti in quanto si ritiene che la conoscenza di come proceda l'acquisizione di una lingua costituisca un prerequisito imprescindibile per una consapevole e corretta impostazione del suo insegnamento, è noto che l'interesse per l'acquisizione di seconde lingue è sorto nel campo della linguistica applicata all'insegnamento. La linguistica acquisizionale svolge una funzione sussidiaria rispetto alla glottodidattica (cui fornisce conoscenze e interpretazioni utili per elaborare approcci e metodi di educazione linguistica. I due termini di acquisizione e apprendimento vengono usati qualora sinonimicamente, talora come termini aventi accezione diverse. Krashen intende per "acquisizione" un processo di appropiazione (di L2), inconsapevole, implicito, e per Apprendimento un processo consapevole, focalizzato sulla lingua da apprendere. Il concetto di acquisizione è contrapposto a quello di sviluppo linguistico in quanto l'acquisizione implica un processo istantaneo mentre lo sviluppo allude a un processo attraverso stadi. Il sistema linguistico appreso viene chiamato lingua bersaglio o lingua target, mentre la lingua di partenza è nominata lingua madre o L1. Quando una seconda lingua viene appresa accanto ad un'altra non si parla di acquisizione di L2 ma di acquisizione bilingue primaria. L'apprendimento di L2 è detto spontaneo qualora avvenga in un contesto in cui L2 viene utilizzata normalmente nell'interazione sociale, si parla invece di apprendimento linguistico guidato laddove il contatto con L2 si ha solo in classe, se la lingua appresa in questo modo non è la lingua del contesto esterno si parla di Lingua straniera, mentre quando L2 viene sia studiata in classe che parlata all'esterno si parla di apprendimento misto. 1. Apprendere L1 e L2: elementi per un confronto L'acquisizione della lingua materna è un'esperienza condivisa da tutti gli esseri umani , è un processo che accade poco dopo il primo anno di vita in modo omogeneo, mentre l'apprendimento di altre lingue richiede non pochi sforzi. Entrambi fanno leva da un lato su processi di socializzazione per cui la lingua funge da strumento di comunicazione, dall'altro su risorse cognitive e articolatorie della specie umana. Studi empirici condotti sull'acquisizione di L1 e di L2 mostrano un procedere attraverso fasi di sviluppo.

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BOSISIO-CHINI: “FONDAMENTI DI GLOTTODIDATTICA”

1

CAPITOLO 2: ACQUISIZIONE E APPRENDIMENTO DI UNA LINGUA

Introduzione

Secondo Bloomfield l'acquisione del linguaggio costituisce "senza dubbio la massima prestazione

intellettuale" dell'esistenza. L'acquisizione della lingua materna o lingua prima (L1) e quella di

una lingua seconda sono due esperienze simili ma non coincidenti.

I temi acquisizionali sono ovviamente molto rilevanti in quanto si ritiene che la conoscenza di come

proceda l'acquisizione di una lingua costituisca un prerequisito imprescindibile per una consapevole

e corretta impostazione del suo insegnamento, è noto che l'interesse per l'acquisizione di seconde

lingue è sorto nel campo della linguistica applicata all'insegnamento. La linguistica acquisizionale

svolge una funzione sussidiaria rispetto alla glottodidattica (cui fornisce conoscenze e

interpretazioni utili per elaborare approcci e metodi di educazione linguistica.

I due termini di acquisizione e apprendimento vengono usati qualora sinonimicamente, talora

come termini aventi accezione diverse. Krashen intende per "acquisizione" un processo di

appropiazione (di L2), inconsapevole, implicito, e per Apprendimento un processo consapevole,

focalizzato sulla lingua da apprendere.

Il concetto di acquisizione è contrapposto a quello di sviluppo linguistico in quanto l'acquisizione

implica un processo istantaneo mentre lo sviluppo allude a un processo attraverso stadi.

Il sistema linguistico appreso viene chiamato lingua bersaglio o lingua target, mentre la lingua di

partenza è nominata lingua madre o L1. Quando una seconda lingua viene appresa accanto ad

un'altra non si parla di acquisizione di L2 ma di acquisizione bilingue primaria.

L'apprendimento di L2 è detto spontaneo qualora avvenga in un contesto in cui L2 viene utilizzata

normalmente nell'interazione sociale, si parla invece di apprendimento linguistico guidato laddove

il contatto con L2 si ha solo in classe, se la lingua appresa in questo modo non è la lingua del

contesto esterno si parla di Lingua straniera, mentre quando L2 viene sia studiata in classe che

parlata all'esterno si parla di apprendimento misto.

1. Apprendere L1 e L2: elementi per un confronto

L'acquisizione della lingua materna è un'esperienza condivisa da tutti gli esseri umani , è un

processo che accade poco dopo il primo anno di vita in modo omogeneo, mentre l'apprendimento di

altre lingue richiede non pochi sforzi. Entrambi fanno leva da un lato su processi di socializzazione

per cui la lingua funge da strumento di comunicazione, dall'altro su risorse cognitive e articolatorie

della specie umana.

Studi empirici condotti sull'acquisizione di L1 e di L2 mostrano un procedere attraverso fasi di

sviluppo.

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Sia in L1 che in L2 ricorrono alcuni errori comuni , infatti nelle produzioni dell'apprendente

troviamo forme "devianti" dal target che rivelano l'applicazione di strategie simili nell'impadronirsi

del nuovo sistema linguistico. Questi errori comuni detti evolutivi sono spesso produzioni

analogiche regolarizzanti e semplificazioni paradigmatiche o sintagmatiche.

Tanto in L1 che in L2 si nota che alcune difficoltà acquisizionali sono legate a strutture della lingua

d'arrivo che esibiscono tratti di marcatezza cioè tratti rari nelle lingue del mondo oppure

particolarmente complessi, come ad esempio dei foni marcati nell'italiano o gruppi consonantici

complessi (str).

Dell'apprendimento di L1 e L2 vengono evidenziate alcune divergenze.

1. Una prima differenza è costituita dal fatto che per L1 l'acquisizione linguistica è parallela e

concomitante con lo sviluppo cognitivo, mentre per L2 essa può poggiare su uno sviluppo cognitivo

già avanzato e su una conoscenza molto più ampia, quindi vengono usate risorse cognitive e

metacognitive. L'acquisizione di L2 avviene in sogetti che conosono un'altra lingua e che pertanto

già dispongono di categorie e nozioni lingusitiche.

2. Un'ulteriore differenza risiede nel fatto che in L2 il peso delle differenze individuali sembra

maggiore che in L1 conseguentemente l'uniformità di esito è maggiore in l1 che in l2.

Anche lo stadio finale raggiunto è diverso: in L1 è solitamente buono , in L2 di solito è meno

soddisfacente e si può anzi avere "fossilizzazione" a stadi elementari. L'apprendimento della lingua

materna può inoltre fruire di alcuni punti di forza.

3. Per L1 è più forte e intimo il legame fra lingua e identità personale e di gruppo che non è per L2

che viene sentita estranea al nucleo centrale della propria identità

4. Per L1 è di solito più abbondante e calibrato sul livello dell'apprendente input linguistico (cioè le

produzioni linguistiche cui è esposto), la quantità di input ricevuta risente pure del grado di apertura

del soggetto verdo la società e la cultura legate ad L2

5.Per L1 alcuni studiosi sottolineano che anche qualitativamente l'input linguistico a cui è esposto il

bambino (baby talk) è più favorevole all'apprendimento essendovi maggiormente rappresentata

un'intelaiatura interazionale (scaffolding) che favorisce e supporta gli interventi dell'apprendente.

Per L2 tali caratteristiche strutturali dell'input sono meno sistematiche

6. In L1 infine ha un peso maggiore l'apprendimento implicito mentre in L2 ha un ruolo decisivo

l'apprendimento esplicito , laddove L2 è appresa in corsi focalizzati sulla grammatica e sulla forma

linguistica.

7. Fra L1 e L2 vi sono infine diversità neurobiologiche fra i due processi e le condizioni cerebrali in

cui si svolgono normalmente in quanto l'acquisizione di L1 e quella di L2 si collocano in erà diverse

e il substrato neurologio dell'apprendimento differisce in modo significativo.

Lenneberg introduce l'ipotesi detta del periodo critico secondo la quale anche per l'acquisizione

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della lingua vi sono dei tempi specifici per il quale è importante imparare la/le lingua/e, per imparare

L1 entro i 5 anni o entro la pubertà, mentre chi impara L2 si colloca dopo tale periodo e in effetti

mostra un diverso tipo di elaborazione dell'input.

2. Approcci teorici all'acquisizione di L2

L'intelligenza generale e lo sviluppo cognitivo hanno ispirato alcuni modelli teorici sull'acquisizione

di L2

2.1 Principali studi e filoni

Negli anni '50 in un contesto dominato dalla psicologia comportamentista l'acquisizione della

lingua veniva letta come il formarsi di abitudini linguistiche mutato da meccanismi di ripetizione,

imitazione e rinforzo. Tale lettura risultava poco illuminante nell'ambito della grammatica, infatti

non tutto ciò che il bambino produce è frutto di imitazione bensì pare obbedire a regole elaborate dal

bambino stesso.

Una tappa fondamentale per lo sviluppo degli studi acquisizionali è stata la messa in discussione del

modello behaviorista ad opera di Chomsky, egli sostiene che l'acquisizione della lingua non consiste

nell'assunzione di abitudini e comportamenti linguistici per pura imitazione bensì si configura come

un processo creativo di apprendimento di regole che egli ritiene basato su una facoltà di linguaggio

innato (innatismo). Da questo moemnto pare un nuovo approccio, più sistematico, ma anche teorico

all'acquisizione linguistica.

A partire dagli anni '70 si sono affermati tre filoni di teorie acquisizionali:

a) teorie innatiste o nativiste

b) teorie cognitiviste

c)teorie ambientalistiche attente agli aspetti di socializzazione e al ruolo dell'input materno e in

genere al ruolo del contesto nell'apprendimento

Il primo filone può essere descritto come simbolico nel senso che rappresenta la conoscenza

linguistica come un insieme di simboli e regole, mentre nel secondo tendono a prebalere approcci

connessionisti che rappresentano la conoscenza come pattern di attivazione in reti neurali.

Recentemente si è pure proposto di classificare le teorie sull'acquisizione di L1 utilizzando due

dicotomie: innatismo vs non innatismo, processi dominio-specifici vs ricorso a capacità generali

non specificamente linguistiche.

1. La posizione innatista-domino specifico per cui lo sviluppo grammaticale del bambino

poggerebbe su una Grammatica universale innata la facoltà del linguaggio sarebbe infatti autonoma

da altre facoltà cognitive, costituendo un modulo specifico. (Innatista-generativo)

2. La posizione innatista- domino generale per cui il bambino nascerebbe con una dotazione

biologica non linguistica, deputata all'elaborazione dell'informazione lingustica (Cognitivista)

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3. La posizione non innatista e domino-specifica per cui il linguaggio si svilupperebbe sulla base di

rappresentazioni dominio-specifiche legate al linguaggio, non innate, ma emerse gradualmete di

processi di modularizzazione (Cognitivista)

4. La posizione non innatista e dominio-generale dei piagetiani per la quale il bambino costruirebbe

nel suo sviluppo rappresentazioni cognitive generali, su cui pogerebbero sistemi di problem solving,

fra cui il linguaggio (Cognitivista, ambientalistici)

2.2 Teorie innatiste

Le teorie innatiste ispirate a Chomsky partono dall'idea secondo cui gli uomini apprendono la lingua

in un modo del tutto naturale, sorprendentemente rapido e uniforme a fronte di un input "povero",

ovvero la povertà dello stimolo o del problema logico dell'acquisizione linguistica che richiede

una spiegazione per il fatto che l'apprendente sa più di quanto si potrebbe evincere dall'input.

L'acquisizione di L1 potrebbe aver luogo quindi unicamente grazie alla presenza di un patrimonio di

conoscenze e principi astratti innato, specie-specifico, più precisamente di un dispositivo di

acquisizione linguistica innato o meglio di una grammatica universale che comprenderebbe i

principi innati universalmente e parametri che determinerebberp l'insieme delle lingue umane

possibili.

Secondo tale teoria nel corso dell'acquisizione il bambino fisserebbe i parametri di GU sulla

osizione specifica della lingua cui viene esposto. Egli lo farebbe in modo tendenzialmente rapido, in

base all'individuazione di un indizio, un trigger, presente nel suo input.

Secondo molti innatisti, oltre alla GU, pure la modularità interna della grammatica sarebbe innata e

così le categorie sintattiche, le categorie funzionali e i tratti fonologici distintivi.

Si sono mosse varie critiche sull'appproccio innatista: non vi sono prove neurobiologiche, l'assunto

di un'acquisizione veloce di L1 non sembra supportata da dati empirici. Inoltre, secondo Bates,

l'esistenza si universali linguistici non prova il carattere innato del linguaggio poihè questi

potrebbero derivare da proprietà universali di cognizione, dalla memoria e dalla percezione.

L'idea di una predisposizione innata allo sviluppo del linguaggio nell'uomo è oggi molto accettata,

alcuni ritegono che sono innati i meccanismi responsabili dell'acquisizione e l'uso della lingua che

non sarebbero però strettamente linguistici.

2.3 Teorie cognitivo- funzionali

Le teorie psicologiche "non simboliche" vedono la cognizione come un fenomeno che emerge a

partire da processi semplici e da capacità cognitive generali, non da rappresentazioni simboliche più

o meno innate. L'acquisizione del linguaggio nel bambino viene vista nel contesto del suo sviluppo

intellettuale, essendo preparata dallo stabilirsi di prerequisiti cognitivi e guidata da principi operativi

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a validità interlinguistica.

Una prima corrente di studi ricerca le correlazioni fra gli stadi dello sviluppo cognitivo proposti da

Piaget e il formarsi della competenza linguistica nel bambino. La prima fase è quella “olofrastica”

(un'intera frase costituita da un'unica parola) e fino ai 18 mesi sarebbe in relazione con lo sviluppo

dell'intelligenza sensomotoria, inoltre non deve essere trascurato il contributo che lo sviluppo

linguistico dà a quello cognitivo. Lo psicolinguista Dan Slobin ritiene che l'ordine di acquisizione di

nozioni semantiche espresse linguisticamente sia costante nelle varie lingua e indipendente dai

mezzi formali con cui vengono espresse, in quanto dettato dagli stadi universali dello sviluppo

cognitivo, infatti egli evidenzia l'emergere di comuni principi operativi che sarebbero alla base della

capacità di costruire il linguaggio insieme a un costante sviluppo di nozioni semantiche che vengono

espresse semanticamente. Questi principi guidano l'apprendente nella percezione, segmentazione ed

analisi dell'input linguistico e nella costruzione della sua grammatica (pag 59, esempio). Con

riferimento a Slobin, Andersen ha proposto analoghi principi operativi per l'acquisizione di L2. Nel

filone cognitivo-funzionale troviamo alcuni studiosi che evidenziano l'importanza della funzionalità

comunicativa nell'acquisizione, infatti il bambino impara certe forme linguistiche (es. la frase

interrogativa) per poter fare qualcosa (chiedere), il compito principale dl bambino è dunque quello

di scoprire i corretti rapporti forma-funzione nella sua L1, per fare ciò egli si lascia guidare da criteri

di frequenza e salienza, da indizi formali e semantici, quelle che cioè sono più individuate e

percepibili: prospettiva del Competition Model di Bates e MacWhinney, secondo cui

l'apprendimento si baserebbe su indizi che l'apprendente deve cogliere, riconoscerne il valore e

assegnare loro il giusto peso. Nella produzione il bambino inizia con lo stabilire le categorie

pragmatico-semantiche basilare di topic, comment e agente scegliendo delle codificazioni tramite

elementi superficiali (accordi, ordine delle parole).

Un modello che combina elementi cognitivo-funzionali con una teoria linguistica applicata anche a

settori diversi dell'apprendimento è la teoria della naturalezza, proposta da Dressler per spiegare

l'acquisizione di L1, secondo lo studioso si imparano più facilmente tutti i tratti di una lingua che

non sono particolarmente marcati e anche quelle più coerenti con il tipo della lingua in questione.

Alcuni approcci del filone cognitivo applicano all'acquisizione la teoria dei prototipi elaborata da

Rosch, secondo il quale l'acquisizione funziona come la categorizzazione, infatti l'apprendente

acquisisce delle categorie linguistiche partendo da un significato prototipico, di base (parole,

strutture ecc) estendendolo via via.

A differenza di quanto si ha nei modelli generativi, nel filone cognitivo-funzionale viene

sottolineato il ricorso nei bambini a un apprendimento attento ai pattern di co-occorrenza di certi

tratti semantici o morfo-sintattici e formali.

Si possono condurre al filone cognitivista alcuni modelli dell'apprendimento del linguaggio attenti

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alla miscrostruttura della cognizione e alle sue basi neurologiche, i quali interpretano i processi

mentali come lo stabilirsi di connesioni fra unità o nodi favorito dalla frequenza della loro

attivazione; a tali modelli deriva una visione dell'acquisizione come formazione di pattern

associativi più che come stabilirsi di regole.

Il principale è il modello neurale che utilizza delle reti neurali per simulare su un calcolatore come i

bambini acquisisono alcuni aspetti della grammatica il L1. Le simulazioni svolte hanno mostrato

che la sola immissione nella rete neurale di un certo numero di forme flesse di una lingua, tramite

vari cicli di allenamento successivi, senza esplicite regole, consente alla rete di apprenddere il

passato anche irregolare di verbi nuovi. Recentemete Macwhinney sulla base del suo Competition

model e di nuovi sviluppi del connessionismo, ha proposto un modello unificato dell'apprendimento

L1 L2 che postula per la rappresentazione del linguaggio nel cervello la formazione di mappe

autoorganizzate, cioè di reti neurali di nodi aventi funzioni simili spazialmente concentrati appunti

in 'mappe'.

Una prospetiva promettente basata sull'USO pare supportata dalle ricerche di Tomasello che

mostrano come il L1 i bambini imparino le strutture linguistiche a partire da singole parole

(olofrasi), seguite da brevi cotruzioni frasali organizzare attorno a specifiche parole, poi attorno a

'isole verbali', acquisendo la struttura argomentali di singolo verbi, per poi gradualmente ricavarne

rappresentazioni più astratte e generali.

L'approccio costruzionista di Goldberg interpreta l'acquisizione linguistica come passaggio

graduale da signole unità concrete a costruzione linguistiche più astratte. Esso fa leva sulla nozione

di costruzione, un'unità linguistica convenzionale, un abbinamento forma-funzione, facente parte

della conoscenza grammaticale di un parlante. In L1 dapprima si imparerebbero specifiche formule

fisse e routines, poi modelli o pattern a bassa generalizzabilità, infine costruzioni astratte.

2.4 Teorie ambientaliste

Un terzo filone teorico, etichettabile come ambientalista, sottolinea il ruolo dei fattori esterni al

soggetto che apprende, in particolare le dinamiche di socializzazione. Le teorie che sottolineano

l'influsso della socializzazione sullo sviluppo di L1 evidenziano come la mera esposizione alla

lingua non sia sufficiente per impararla, ma serva un coinvolgimento del bambino in attività sociali.

Un altro filone 'ambientalista' si è mosso nell'intento di dimostrare l'infondatezza dell'idea

chomskiana di un input 'degenerato' e agrammaticale. Numerosi studi hanno dimostrato che l'input

infantile o Baby Talk è solitamente corretto, chiaramente scandito, contiente poche riduzioni

fonetiche, semplificazioni lessicali e sintattiche, ripetizione e parafrasi, strutture con scaffolding,

che conosentono al bambino di fornire il suo contributo all'interazione inserendo uno o pochi

elementi in costruzioni fornite dall'adulto. Il baby talk, che non è uguale in tutte le comunità

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linguistiche, pare avwre un effetto più considerevole sull'acquisizione infantile del lessico e di tratti

discorsivi che sulla grammatica; sembra che le prime parole usate dal bambino siano quelle che

sente più spesso. Gli approcci ambientalisti presentano alcuni punti problematici, accanto ad aspetti

interessanti. Per esempio gli effetti dello stile comunicativo dei genitori sull'acquisizione linguistica

paiono poco chiari, il ricorso al baby talk non sembra essere un requisito indispensabile.

3. L'interlingua e la questione dell'errore

I primi a occuparsi di insegnamento/apprendimento di L2, influenzati dalle teorie

comportamentistiche di Skinner leggono il fenomeno dell'acquisizione linguistica come

l'automatizzazione di abitudini basata su meccanismi di stimolo-riposta-rinforzo e imitazione. Nel

quadro dell'analisi contrastiva si confrontano due lingua a contatto nelle loro strutture al fine di

determinare potenziali errori e le difficoltà dell'apprendere. Successivamente, soprattutto nel filone

di analisi degli errori ci si volge allo studio del comportamento linguistico degli apprendenti in

particolare quello deviante dalle norme della lingua d'arrivo, degli errori che si riscontrano non solo

in aree di L2 diverse da L1 ma pure in ambiti non previsti (nel caso di somiglianze).

Corder propone di interpretare gli errori dell'apprendimento come testimonianze di un sistema

linguistico in formazione. Egli differenzia gli errors (errori legati alla competenza utili per

ricostruire la grammatica soggiacente) e mistakes (errori o sbagli a livello di performance, comuni

anche nei nativi di quella lingua come i lapsus).

L'apprendente di L2 va considerato secondo Corder, un creatore di regole. La sua competenza in L2

non va giudicata priva di regole, si tratta di una competenza transitoria con una sua grammatica in

fieri, costruita sulla base di un dispositivo d'acquisizione interno, un system builder indipendente

dal programma dell'insegnante e dalla lingua materna.

A Larry Selinker dobbiamo la formulazione della nozione di interlingua che designa la lingua

imperfetamente posseduta dall'apprendente concepita come un sistema linguistico a sè stante che

risulta dal tentativo di produzione da parte dell'apprendente di una norma della LO (lingua

obiettivo), l'interlingua può incorrere nella fossilizzazione (permanere o riaffiorare di strutture

errate) che comprende cinque processi:

-Il transfert linguistico, derivante dall'influsso della lingua materna su L2

-Il transfert di insegnamento cioè errori dovuti all'aplicazione indebita di regole e strutture su cui

punta l'insegnamento

-Le strategie di acquisizione di L2 per esempio omettendo o semplificando i morfemi grammaticali

-Le strategie di comunicazione di L2 risultato di un modo identifiabile in cui l'apprendente affronta

la comunicazione con parlanti nativi

-La sovraestensione di regole di L2 overgeneralization, a contesti in cui non andrebbero applicate

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A partire da Corder e Selinker la concezione dell'interlingua rimanda a due caratteristiche centrali: la

sua sistematicità e il suo dinamismo, alcuni giungono a enfatizzare sempre più la creatività

nell'acquisizione di L2 e l'azione di analoghi dispositivi acquisizionali innati in L1 e L2, tanto da

arrivare a formulare l'ipotesi dell'identità fra acquisizione di L1 e L2. Se nell'ottica acquisizionale

l'errore è indizio di una fase transitoria, in chiave didattica esso viene spesso letto come un

problema, mentre in realtà può essere utilizzato proficuamente dal docente, per comprendere il

grado di sviluppo dell'interlingua. In ogni caso va distinta la descrizione dell'errore che fa

riferimento a quanto osserviamo, dalla sua spiegazione che rimanda al processo soggiacente, a

meccanismi acquisizionali, a fattori linguistici, generali e specifici. Si possono distinguere quattro

tassonomie descrittive degli errori sulla base dei loro aspetti superficiali e dei loro effetti:

1.Le tassonomie delle categorie linguistiche si basano sull'elemento linguistico e sul livello

linguistico interessanto, possiamo parlare così di errori fonetico-fonologici, errori morfologici,

errori sintattici.

2. Le tassonomie delle strategie superficiali comprendono omissioni di elementi necessari;

aggiunte improprie di elementi non necessari; malformazioni; ordini impropri degli elementi

3. Le tassonomie comparative si basano sul confronto tra la struttura degli errori in L2 e altri tipi di

costruzioni. Ad esempio si confrontano errori di L2 con errori commessi anche dai bambini che

imparano quella lingua come L1. Alcuni errori sono detti evolutivi perché presenti anche in L1, altri

sono errori interlinguali, cioè riflettono la struttura della lingua nativa

4.Le tassonomie degli effetti comunicativi trattano degli errori dal punto di vista dei loro effetti

sulla comunicazione, sull'ascoltatore o sul lettore.

Alcuni errori sono dovuti al grado di attenzione variabile e a fatti di esecuzione che possono

verificarsi anche nella L1. In tal caso si può parlare con Corder più di errore che di sbaglio.

4. Approcci teorici all'apprendimento di L2

Le teorie formulate sull'acquisizione di L2 possono essere ricondotte afli stessi filoni teorici

presentati per L1

A) Modelli innatisti enfatizzano anche per L2 il ruolo della competenza linguistica innata e della

GU

B) Modelli cognitivo-funzionali leggono l'acquisizione linguistica come un processo guidato da

principi cognitivi generali e motivazioni funzionali

C)Le teorie ambientalistiche che vabbè lo sai.

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4.1 Il modello del Monitor

Un modello dell'apprendimento che ha avuto molto successo è quello proposto da Krashen che tiene

conto dei vari fattori dell'apprendimento. Secondo questa teoria l'apprendimento di L2 viene attuata

da tre operatori mentali:

1.Il filtro: Filtra l'input in L2 fornito dall'ambiente in base a fattori emotivi. Più sono forti le

motivazioni, più il filtro viene abbassato e vengono permeate le informazioni. Non solo la

motivazione integrativa (desiderio di partecipare alla vita della comunità) ma anche quella

strumentale (per ragioni pratiche) incide molto sul filtro, insieme alla attidudine alle lingue

2. L'organizzatore elabora a livello subconscio i dati in entrata, l'intake, costruendo la competenza

linguistica

3. Il monitor sarebbe responsabile dell'elaborazione linguistica consapevole, derivante dallo studio

della grammatica. Il suo grado di utilizzazione dipende da vari fattori come l'età, l'esecuzione del

compito verbale, personalità.

Per Krashen la vera acquisizione sarebbe quella operata dall'organizzatore che porterebbe a parlare

in modo automatico e spontaneo, non quella mediata dallo studio che egli chiama apprendimento.

Krashen riassume il suo modello di Monitor in 5 ipotesi:

1.ipotesi dell'acquisizione/apprendimento (la differenza la sai)

2.ipotesi dell'ordine naturale: le strutture della L2 vengono acquisite in ordine naturale, fisso e

determinato dall'organizzatore

3ipotesi del monitor:attivo nell'apprendimento linguistico consapevole

4. ipotesi dell'input comprensibile: l'input deve essere comprensibile e di difficoltà e di complessità

lievemene superiore a quella della varietà posseduta

5.ipotesi del filtro affettivo: non ci deve essere ansia

4.2 il ruolo di GU nell'apprendimento di L2

Nel filone innatista si colloca l'approccio di studiosi ispirati al generativismo di Chomsky, esso

sottolinea l'impossibilità di imparare una lingua senza un accesso alla GU. Apprendere L2 in tale

ottica significherebbe riposizionare i parametri di GU secondo i valori che essi assumono in L2.

Negli sviluppi del Programma minimalistico di Chomsky, i principi proposti per GU sono più

astratti e potenti di quelli delle versioni precedenti della teoria e i parametri non riguarderebbero più

la parte strutturale della grammatica, bensì il lessico. Nell'apprendimento di L2 si attraverserebbe

una fase in cui sarebbero presenti solo le categorie lessicali e mancherebbero marche morfologiche e

movimenti sintattici. Fra gli innatisti vi è chi esclude del tutto per L2 l'accesso a GU, chi ritiene

l'accesso parziale, oppure indiretto.

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4.3 Modelli cognitivo-funzionali

I modelli ispirati a una posizione funzionale e cognitivista, affermano che nel processo

acquisizionale interagiscano anche fattori ambientali, fattori interni e neurologici. L'apprendimento

linguistico viene fatto tramite delle strategie e operazioni cognitive, non specificamente

linguistiche.

La teoria dell'interlingua può essere ricondotta al filone cognitivista in quanto legge l'acquisizione

di L2 come un processo mentale di costruzione di regole.

Alcune teorie cognitive di stampo psicologico, in particolare il modello ACT fanno riferimento

alla differenza tra conoscenza esplicita verbalizzabile e consapevole della L2 e conoscenza implicita

latente e intuitiva, fra conoscenza dichiarativa (sapere qualcosa) e conoscenza procedurale (praticare

la conoscenza). L'acquisizione avverebbe tramite l'auotmatizzazione e ristrutturazione delle

conoscenze esplicite, grazie alla pratica. In tal senso si pronuncia il modello dell'information

processing di McLaughin, che vede l'apprendimento come passaggio, mediato dalla pratica, di

processi controllati, verso processi più automatici e veloci.

Schmidt, invece, teorizza l'ipotesi del noticing secondo cui per apprendere sono fondamentali

l'attenzione e la consapevolezza, suggerendo di utilizzare nell'insegnamento strategie di attenzione

alla forma linguistica di L2, in modo da contestualizzarlo o decontestualizzarlo.

Studi in ambito cognitivo hanno messo inoltre in luce il ruolo della memoria, infatti l'acquisizione

della lingua avverebbe grazie, dapprima, alla memoria a breve termine che ricorda le regole più

semplici, che vengono poi trasferite alla memoria a lungo termine (Automatizzazione) in modo che

quella a breve termine possa ricordare processi più complicati.

Ullman, ha elaborato un sistema neurocognitivo detto dichiarativo-procedurale, secondo questo vi

sono due sistemi cerebrali diversi che aiutano ad acquisire una L2, uno socciagente alla memoria

dichiarativa che presiede al lessico mentale e alle conoscenz linguistiche arbitrarie, l'altro,

complementare ma indipendente, sovraintende alla memoria procedurale e alla conoscenza della

grammatica, alcune indagini offrono da supporto all'ipotesi dello sviluppo dal dichiarativo al

procedurale.

Sui meccanismi di elaborazione fa leva il Modello della processabilità di Pienemann: egli vede

l'acquisizione di L2 come l'acquisizione di abilità necessarie per elaborare la lingua, sostenendo che

ciò che è facile da processare è facile da imparare, ogni procedura costituisce un prerequisito per la

successiva. Esse sono: A) Accesso al lemma. B)Procedura categoriale C)Procedura sintagmatica. D)

Procedura Frasale.

Un approfondimento di TP è l'Ipotesi dell'insegnabilità, ovvero gli insegnanti devono seguire

questo tipo di procedure per insegnare una L2.

Anche con L2 sono stati teorizzati modelli che propongono visioni costruttiviste. Secondo questi,

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meccanismi acquisizionali a vase percettiva, motoria e cognitiva basterebbero per 'costruire'

complesse rappresentazioni linguistiche.

Sul versante connesionista alcune simulazioni su reti neurali hanno dimostrato che anche per L2 la

regolarità di associazioni fra forme e funzioni basti per imparare regole di grammatica.

Nei pochi studi ispirati alla Construction Grammar si riprende l'idea che inizialmente

l'apprendimento faccia leva su 'formule' che poi analizza e usa con elementi in parte diversi e infine

procede ad apprendere costruzioni più astratte e generali. Fanno riferimento a fattori cognitivi pure

approcci funzionalisti che correlano l'acquisizione di L2 con la sua funzionalità comunicativa, essi

sono fondati su motivazioni comunicative e cognitive.

Nelle interlingue si individua un passaggio dalla modalità pragmatica alla modalità sintattica, ad

esempio nel Competition Model basato sul ruolo degli indizi nell'apprendimento linguistico, infatti

quando la LO fa riferimento a indizi o criteri, l'apprendente tende ad utilizzare prima i criteri di L1 e

solo successivamente quelli di L2. L'apprendimento di L2 viene guidata da bisogni comunicativi e

comporta la nascita e lo sviluppo di varietà di apprendimento sistematiche, prima semplici, poi

più complesse. Tali varietà vengono influenzate dalle caratteristiche della facoltà linguistica e

dell'input, nelle varietà acquisizionali si troverebbero i principi di validità generali esposti da Klein:

1. Il principio del focus last che porta a collocare alla fine dell'enunciato le informazioni focalizzate

2.Il principio del Controller First per cui il soggetto viene messo all'inizio dell'enunciato

3. altri principi sintattici vengono appresi succesivamente a 1 e 2.

4.4 Modelli ambientalisti

Altre teorie acquisizionali correlano l'acquisizione di L2 a fattori esterni all'apprendente, come

l'ambiente o fattori psicosociali come atteggiamenti e motivazioni.

Secondo il modello dell'acculturazione di Schumann sull'apprendimento di L2 inciderebbero la

distanza sociale (che si correla con il grado di chiusura e coesione della comunità immigrata, con

i rapporti sociali, di dominazione o subordinazione fra immigrati e società ospitante) e la distanza

psicologica (rimanda alla shock linguistico e culturale sunito dall'apprendente nell'incontro della

comunità che lo ospita), per un'adeguato apprendimento è necessaria una ridotta distanza sociale e

psicologica tra le due comunità.

Altri modelli di stampo socioculturale considerano l'apprendimeno un fenomeno interindividuale

poi intrapersonale.

Approcci sociolinguistici e etnografici sottolineano l'influsso di variabili socioanagrafiche

(età,classe sociale ecc).

Ambientalisti sono anche coloro che sono attenti al ruolo dell'input linguistico e all'interazione fra

nativi e apprendenti.

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In particolare l'ipotesi interazionista di Long sviluppa l'ipotesi dell'input di Krashen che comprende

modifiche linguistiche e interazionali di vario tipo, inoltre egli sottolinea il contributo di fattori interi

all'apprendente (come l'attenzione, la capacità di elaborazione) e fattori esterni, comprensa la

correzione. L'approccio di Long suggerisce al docente una particolare cura dell'input sulla cui base il

discente può costruire le sue ipotesi su L2.

4.5 Modelli integrati

Il Modello multidimensionale: contempla l'azione congiunta di principi e processi cognitivi, di

strategie universali di elaborazione linguistica e di fattori socio-contestuali

Il Modello integrato: Gass considera i vari fatto, innati e non, che incidono sull'apprendimento,

proponendo 4 fasi di elaborazione di L2:

1) fase di percezione dell'input in cui incidono soprattutto fattori personali, psicologici.

2) fase di comprensione dell'input in cui esso viene modificato per facilitarne la comprensione

3) fase di accettazione dell'input con la formazione di ipotesi su L2 e la sua grammatica

4) Una fase di integrazione dell'intake nel sistema dell'interlingua

Il Modello di Towell e Hawkins combina un approccio innatista con asoetti del modello ACT,

integrando il contributo di GU, il transfer da L1, con l'apporto della memoria e di altri meccanismi

cognitivi, oltre che di conoscenze apprese.

6.Dalla linguistica acquisizionale alla glottodidattica

Projection Hypothesis: l'insegnamento è efficace anche quando punta su forme marcate in una

gerarchia acquisizionale: in tal caso pare vengano acquisite anche quelle non marcate da esse

implicate nella suddetta gerarchia. La consapevolezza circa le sequenza acquisizionali e la valenza

indiziaria degli errori in L2 può contribuire ad affinare nel docente un metodo osservativo e

diagnostico per descrivere e valutare la competenza in L2 del singolo alunno, interpretare le sue

difficoltà. valorizzare quanto già acquisito, decidere su quali strutture insistere nel passo successivo.

Studi acquisizionali partono dall'assunto che l'apprendimento di L2 ha luogo naturalmente a partire

dall' interazione di non nativi con nativi, su stimolo della pressione comunicativa, grazie

all'esposizione a un input L2 di nativi o esperti.

Ricerche condotte in anni recenti mostrano l'utilità per l'apprendimento di L2 di sequenze di

negoziazione del significato (in cui cioè gli interagenti cercano di prevenire o porre rimedio a un

problema comunicativo, costruendo insieme il senso di quanto dicono) e di sequenz di riparazione in

quanto, come sostiene Long con la sua interaction hypotesis , in esse giocano in mood produttivo

l'input, capacità interne dell'apprendente fra cui l'attenzione selettiva e l'output. Si osserva inoltre

che è opportuno fornire al discente nell'interazione non solo l'evidenza positiva circa L2, ma pure

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l'evidenza negativa cioè la correzione. Accanto l'interazione emerge così il ruolo decisivo ai fini

acquisizionali dell'attenzione e della consapevolezza, dunque di strategie didattiche che le

favoriscano.

Durante l'insegnamento gli errori possono:

-Essere trascurati, come tende a fare un insegnamento di tipo comunicativo che punta solo

sull'evidenza positiva

-Essere corretti esplicitamente (si fornisce un'evidenza negativa e spesso la forma corretta

-Essere corretti più implicitamente, per esempio riformulando in modo corretto quanto prodotto

dall'apprendente, cioè fornendo evidenza positiva più che negativa: recast)

La messa a fuoco della forma torna spesso utile poiché favorisce il noticing; questo accelera

l'apprendimento ed evita la fossilizzazione.

Vi sono varie forme di istruzione di L2, forme esplicite e altre più implicite. Tale diverse forme di

istruzione mirano a produrre tipi differrenti di conoscenza di L2; dichiarativa- consapevole vs

procedurale. Gli approcci didattici possono essere focalizzati sul significato e su compiti da

svolgere in L2 (task-based) oppure sulla forma secondo due declinazioni: la prima detta focus on

form, la seconda detta focus on forms.

Un approccio didattico esplicito, con focus on form, mirante a favorire l'acquisizione facilitando

l'analisi dell'input è la cosiddetta processing instruction in cui vengono fornite istruzioni

all'apprendente circa il modo di elaborare l'input. Se è vero che l'istruzione formale contribuisce

soprattutto alla conoscenza esplicita di L2 essa pare favorire quella implicita. Nella fattispecie

l'input in L2 può diventare intake e suscitare conoscenza implicita stimolando le tre seguenti

operazioni: il noticing (attenzione a specifici tratti linguistici dell'input) il comparing (confronto) e

integrating (costruzione di nuove ipotesi sull'interlingua).

Sulla scorta dei risultati della ricerca e di lavori sperimentali sull'acquisione guidata di L2, si può

auspicare lo sviluppo di una didattica acquisizionale, cioè di un modello teorico di didattica

linguistica che si rapporti alle prospettive acquisizionali.

Il singolo docente andrebbe sprontato ad impratichirsi di tecniche interazionali efficaci per L2, oltre

che di salde conoscenze dichiarative sulla lingua insegnata, le sue zone più marcate e bisognose di

interventi espliciti, alla luce pure di L1 e di fattori tipologici, come:

-procedere tenendo conto delle tappe acquisizionali

-adottare nelle descrizioni linguistiche categorie che consentano di giustificare l'uso delle forme

-potenziare livelli diversi della competenza linguistica, insegnando per ogni funzione mezzi

espressivi di diverso livello linguistico

-scomporre gli elementi linguistici "densi" della lingua target.

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CAPITOLO 3: ELEMENTI DI LINGUISTICA EDUCATIVA

Introduzione

In questo capitolo ci si soffermerà sui principali livelli di analisi della lingua e sui concetti utili per

descrivere tali oggetto. L'ottica che scegliamo è quella della linguistica educativa. Tale filone di

studil, che trova riscontro nella educational linguistics, può essere definita come "settore delle

scienze del linguaggio che ha per oggetto la lingua considerata in funzione dell'apprendimento

linguistico e del più genrale sviluppo delle capacità semiotiche".

1. Elementi per una didattica del livello fonetico- fonologico

Insegnare una lingua significava, in passato, insegnare a leggere e a scrivere, non tanto a comunicare

oralmente. La scarsa attenzione alla pronuncia ha diversi tipi di ricadute sul piano

dell'apprendimento, che possono essere classificate in base al livello, fonologico o fonetico, che

viene coinvolto.

Possiamo considerare conseguenze fonologiche quelle che comportano una neutralizzazione di

coppie minime nella lingua appresa (es. Vènti-Vénti)

Possiamo considerare di tipo fonetico i problemi che comportano una sostituzione di un fono non

standard al posto di quello standard (kaza anzichè kasa)

La 'devianza' di tipo fonologico può comportare equivoci e incomprensioni, mentre quella di tipo

fonetico è all'origine di quelli che comunemente sono definiti 'accenti regionali' o 'accenti stranieri'.

1.1 Livello fonetico-fonologico e didattica di L1: il caso dell'italiano

E' indispensabile sapere che è necessaria un'attenzione costante a livello fonico, allo scopo du

rendere ciascuno consapevole della distanza complessiva e delle specifiche divergenza tra la propria

pronuncia regionale e quella standard, e capace di eliminare o ridurre i tratti regionali nei contesti

che richiedono un registro accurato.

Per poter insegnare in modo efficace i suoni della lingua, il docente di italinao L1 deve avere una

solita conoscenza teorica e pratica del sistema fonetico e del sistema fonologico. Uno strumento

fondamentale è l'alfabeto fonetico che consente di visualizzare la forma fonica ideale o quella reale

della parola. (IPA). Per affrontare il 'problema della pronuncia' in relazione all'insegnamento

dell'italiano L1 è necessario avere consapevolezza delle principali criticità.

Alla diglossia (che vede l'italiano come lingua alta e il dialetto come lingua bassa) si va via via

sostituendo la dilalia in cui l'italiano affianca i dialetti negli usi orali. Questa nuova convivenza tra

italiano standard e dialetto ha dato vita a fenomeni di ibridazione cioè l'italiano regionale.

Se alcuni tratti non standard vengono percepiti come tale e sono di conseguenza corretti

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(stigmatizzazione), altri invece no.

Labov fa una distinzione linguistica delle variabili in:

-Indicatori: Variabili sensibili ai fattori sociali che il parlante non controlla

-Marcatori: Variabili che il parlante mostra di controllare modificando la propria realizzazione in

funzione dello stile che il cotesto richiede, si gioca quindi sulla variazione diafasica.

Un altro fattore sociolinguistico che condiziona fortemente i comportamenti linguistici dei discenti

riguarda il prestigio celato cui godono le varietà della lingua o le varianti d'uso stigmatizzate, cioè

in molti casi il parlante pur conoscento il prestigio manifesto di un determinato tratto non lo utilizza

per paura di incorrere nei giudizi negativi dei suoi pari.

Un ulteriore fattore fortemente condizionante l'apprendimento del livello fonico L1 è costituito

dall'interferenza tra la grafia della lingua e la sua pronuncia.

1.2 Livello fonetico-fonologico e didattica di L2

Nella didattica di L2, il livello fonico assume una rilevanza maggiore rispetto a quella che ha nella

didattica di L1, perché è indispensabile un livello di esplicitazione della relazione tra grafia e

fonetica.

Nella pratica didattica l'apprendimento dell'articolazione dei suono 'esotici', cioè dei foni di L2, che

sono assenti in L1, viene spesso trascurato, di conseguenza vi è la sostituzione dei suoni esotici di

L2, con suoni simili della L1 (transfert fonologico).

Accade a volte che L2 possieda suoni che sono presenti in L1, ma che in L1 costituiscono varianti

di uno stesso fonema, mentre in L2 hanno valore distintivo. La lunghezza delle vocali, ad esempio,

in italiano è automaticamente determinata da regole fonotattiche che operano automaticamente e

che non sono pertinenti dal punto di vista fonologico e non vengono generalmente percepita dal

parlante di L1.

Quindi, insegnarle in L2 ha l'obiettivo dell' efficacia comunicativa.

Un aspetto generalmente trascurato dell'apprendimento della pronuncia di una L2 è quello del

condizionamento esercitato sull'apprendente dalla propria pronuncia regionale dell'italiano.

La graduale diffusione della lingua inglese ha causato un'abitudine italiana di pronuncia

dell'inglese, come di altre lingue, che non coincide con l'effettiva pronuncia di queste, ma che ha

acquisito il rando di una sub-norma italiana. (Prestiti semi adattati: Link)

La diffusione dell'inglese, inoltre, produce come effetto seguente l'applicazione di vere o presunte

regole di pronuncia dell'inglese a parole e nomi che invece appartengono ad altre lingue (Caso di

stage)

Risulta particolarmente significativo che ai termini di preferisca applicare una pronuncia

anglicizzata .

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1.3 Sintesi e indicazioni per la didattica del livello fonetico-fonologico

INUTILE

2. Grammatica e competenza metalinguistica

2.1 che cosa intendiamo con 'grammatica'

Per discutere dell'insegnamento della grammatica, è opportuno definirne il significato e le sue

diverse accezioni.

In una prima accezione si intende con Grammaticaa la descrizione ragionata di un sistema

linguistico che consiste solitamente in un insieme di regole. Una descrizione linguistica presuppone

una terminologia tecnica che non è parte della descrizione stessa, ma deve essere condivisa ed

esplicita (es. la parola soggetto).

Non tutti gli studiosi concordano sul fatto che una grammatica debba includere regole tendenziali

oltre a regole assolute: le prime infatti non sono predittive, cioè non riescono a predire quali frasi

sono 'corrette' e quali no, tuttavia anche le regole tendenziali contribuiscono a desrivere la specificità

di un sistema lingusitico. Secono Prandi la grammatica di una lingua è un sistema che include sia

regole vincolanti sia opzioni alternative.

Una descrizione di una lingua però non coincide con la lingua stessa. La validità e l'utilità di una

descrizione rispetto a un'altra variano a seconda degli scopi che la descrizione stessa si prefigge;

tuttavia una descrizione grammaticale dovrebbe essere coerente, ovvero includere regole che diano

una descrizione unitaria della lingua e in cui i principi di funzionamento invocati non siano in

conflitto fra loro. L'adozione di una terminologia grammaticale unica e condivisa tra i diversi

docenti di lingua consente la comparazione fra la grammatica delle diverse lingue.

2.2 Quale lingua deve descrivere una grammatica

Lo studio scientifico della lingua orale ci garantisce che anche le varietà orali di una lingua

possiedono regole che non sempre coincidono con quelle delle varietà scritte. Estendendo questo

problema all'insieme delle varietà di cui una lingua è costituita, cioè al suo diasistema, possiamo

chiederci se la grammatica deve descrivere regole dell'intero diasistema configurandosi come

sistema di sistemi oppure se deve selezionare solo alcune varietà della lingua.

In italiano molti problemi vengono risolti nelle grammatiche di riferimento, che selezionano

alcune varietà di lingua come esemplari e descrivono le regole di tali varietà. Al contrario nelle

grammatiche didattiche selezionano solo alcune varietà del sistema come fonte della descrizione

grammaticale, si assiste così alla formazione di quella che L.Serianni ha chiamato la norma

sommersa: norma che non è data dai fatti di lingua ma che si autoperpetua nelle grammatiche

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17

stesse.

Le regole possono essere intese in due modi: Regolative che vengono imposte ad un fenomeno da

un autorità per disciplinare il fenomeno stesso (es, il semaforo) e costitutive che sono connaturate al

fenomeno (es. in it. l'agg concorda per genere e numero).

Una grammatica può contenere entrambi i tipi di regole ma la loro diversa natura va tenuta presente

quando ci si interroga sulo scopo da dare all'insegnamento della grammatica. Occuparsi delle regole

costitutive di una lingua significa cercare le regole di funzionamento di essa, così come i parlanti la

usano, con un approccio descrittivo.

Occuparsi delle regole regolative significa invece occuparsi di definire un modello linguistico

ritenuto esemplare, preferibile. Le regole in questo senso sono intese in quanto norme da rispettare

(grammatica normativa). Insegnare le regole con un approccio descrittivo significa trattare la

lingua che si conosce come un oggetto di cui osservare il funzionamento, insegnare le regole con un

approccio normativo ha una finalità diversa, quella di trattare la lingua come un oggetto di cui

imparare il corretto uso.

2.3 Perché insegnare la Grammatica

Possiamo individuare sostanzialmente due scopi dell'insegnamento della grammatica:

1. Il raggiungimento di una migliore competenza linguistico-comunicativa, cioè di una migliore

capacità di usare la lingua, si parla anche di competenza implicita o procedurali cioè di una

competenza che si manifesta come abilità di svolgere determinate attività

2. Il raggiungimento di una migliore competenza metalinguistica cioè di una migliore conoscenza

dei meccanismi di funzionamento della lingua. Si parla anche di competenza esplicita o

dichiarativa .

Il potenziamento di queste due competenze può avere importanza diversa in contesti didattici

diversi: nell'insegnamento di una seconda lingua l'insegnamento grammaticale è normalment

pensato come strumento per potenziare una competenza linguistico-comunicativa ancora incerta,

mentre il potenziamento delle competenze metalinguistiche è pensato come obiettivo di una L1.

Una maggiore consapevolezza metalinguistica non può direttamente influenzare la competenza

linguistico-comunicativa di un discente ma può dotarlo di strumenti per perfezionarla. Perche la

competenza metalinguistica sia utile al miglioramento delle abilità linguistiche però è necessario

che essa sia intesa e insegnata come l'acquisizone di uno strumento, di un metodo osservativo che

possa essere applicato quanto più possibile a tutte le lingue conosciute o in via di apprendimento.

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2.4 Quale grammatica insegnare

Innanzitutto, una grammatica dovrebbe adottare una terminologia coerente, esplicita e rigorosa.

Non sempre questo accade, ad esempio nelle grammatiche parole come quindi, tuttavia,

comunque,ma,perchè, in alcune sono classificate come avverbi, in altre congiunzioni, in effetti tutte

queste parole hanno una funzione analoga (la connessione di frasi) e analogo comportamento dal

punto di vista formale (sono invariabili), ciò che le distingue è il diverso comportamento sintattico

perché parole come quindi e tuttavia sono mobili all'interno della frase, mentre parole come ma e

perché si collocano necessariamente tra due frasi.

Una terminologia grammaticale dovrebbe inoltre essere potente ovvero essere in grado di

spiegare il maggior numero di fenomeni con il minor numero di concetti.

Nella selezione delle proprietà fondamentali delle lingue, una delle più importanti e forse meno

evidenziate della descrizione didattica tradizionale è la natura sintagmatica e gerarchica delle

costruzioni linguistiche. Intendiamo con ciò riferirci al fatto che gli enunciati, anche se si

esprimono linearmente e hanno una soggiacente organizzazione in costituenti (gruppi di parole, di

morfemi, di suoni) organizzati in dipendenze gerarchiche e ricorsive. Il riconoscimento di questa

proprietà dovrebbe essere uno degli obiettivi fondamentali dell'insegnamento grammaticale. Per

ottenere questo obiettivo, un modello descrittivo semplice e didatticamente efficace è quello della

grammatica valenziale, che descrive la sintassi delle frasi a partire dal sistema di valenze proiettato

dal verbo.

La descrizione grammaticale, destinata ad un uso didattico, dovrebbe avere la finalità primaria di

descrivere i meccanismi di base di funzionamento di una lingua. L'obiettivo di un insegnamento

grammaticale dovrebbe essere quello di fornire un insieme ridotto ma potente di nozioni che

consentano di descrivere la lingua madre e poi la L2 insegnate non tanto nelle loro specificità

individuali, ma piuttosto in quanto esempi di lingua umana. La grammatica andrebbe intesa come

uno strumento descrittivo solo secondariamente su qusto oviettivo si può innestare anche la

preoccupazione normativa.

3. Lessico e semantica

Oggi è opinione condivisa chee il lessico di una lingua sia un sistema dotato di un'articolata

organizzazione interna e che il suo apprendimento non abbia luogo attraverso la meccanica

memorizzazione di arbitrarie associazioni tra forme e significati, bensì sfruttando regole e strutture

proprie di tale struttura e organizzazione

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3.1 L'informazione lessicale

Con il termine informazione lessicale si indica genericamente quell'insieme di informazioni che si

suppone siano contenute in una parola.

Il significato di una parola può essere di vario tipo. Una prima distinzione è quella tra significato

lessicale e significato grammaticale, in base alla quale le parole che compongono il lessico di una

lingua si distinguono in due grandi gruppi: Le parole contenuto e parole funzione. Mentre le prime

forniscono il contenuto, le seconde tendono a svolgere funzioni supplementari, come quella di

chiarire le relazioni esistenti tra le parole che introducono il contenuto. Una seconda distinzione è

quella tra significato connotativo e significato denotativo. Il significato denotativo è la proprietà

di una parole di indicare o riferirsi non a un signolo oggetto, ma genericamente all'intera classe degli

elementi che condividono le proprietà di quell'oggetto. Il significato connotativo riguarda invece

quegli aspetti del significato di una parola che hanno carattere 'attributo': sono cioè le proprietà che

possono aggiungersi al significato denotativo e specificare per esempio l'atteggiamento del parlante

(mamma connotativo affettivo).

Un ulteriore significato è quello collocazionale, si tratta del significato che una parola assume solo

in combinazione con un'altra (pioggia battente)

Un ultimo significato è quello azionale è proprio delle parole che descrivono una situazione nel

mondo, si tratta perlopiù di verbi e nomi derivati da verbi. Oltre al significato le parole hanno

proprietà foniche cioè hanno un suono caratterizzato da una struttura sillabica, un'accentazione ecc.

Alle proprietà foniche corrispondono delle proprietà grafiche, costituite dall'insieme di caratteri

attraverso i quali il suono della parola è reso nella tradizione scrita. Accanto alle proprietà

semantiche, parole hanno delle proprietà morfologiche. Un'ultima proprietà tipicamente attribuita

alla parola è quella di appartenere a una determinata classe lessicale, cioè di essere ad esempio un

verbo, un nome ecc.

3.2 Strutture paradigmatiche e sintagmatiche nel lessico

Una relazione paradigmatica può essere definita come il rapporto esisente tra due parole che

possono essere sostituite l'una all'altra in uno stesso contesto. Le relazioni paradigmatiche possono

essere di vario tipo. Un primo tipo è quello delle relazioni verticali, nelle quali uno dei termini è

sovraordinato all'altro (iponimia/iperonimia). Un secondo tipo è quello che riguarda le relazioni

orizzontali, come quelle di equivalenza o sinonimia nelle quali i termini si trovano sullo stesso

piano.

Una relazione sintagmatica può essere definita come quella che intercorre tra due o più parole

quando sono combinate per formare unità linguistiche più complesse. Esistono diversi tipi di

relazioni sintagmatiche. Dal punto di vista semantico è opportino distinguere almeno tre tipi di

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restrizione:

1.Restrizione concettuale. Queste restrizioni sulla combinazione delle parole derivano dalle

proprietà intrinseche del referente della parola, delle quali siamo consapevoli a seguito della nostra

esperienza nel mondo

2.Restrizioni lessicali basate su una solidarietà semantica. La natura di questo tipo di restrizioni

è fondata su un conflitto lessicale. (Calzava va solo con scarpe e guanti)

3.Restrizioni lessicali basate su una solidarietà consolidata dall'uso. Appaiono come restrizioni

consolidate dall'uso che sembrano trovare ragione nella tendenza delle lingue a esprimere

determinati concetti con abbinamenti preferenziali di parole. (es. avere paura ma non avere

tristezza).

In base ai tre tipi di restizioni, con l'ausilio di due ulteriori criteri, è possibile individuare quattro

principali tipi di combinazione di parole:

a)Combinazioni libere. Combinazioni di due o più parole che non è sottoposta a evidenti restrizioni

b)Combinazioni ristrette. Quasi tutte le combinazioni comunque sono ristrette. Per quanto

riguarda le combinazioni legate a un'implicazione sintagmatica di contenuto si possono fare le

seguenti osservazioni:

- Le restrizioni si distinguono in quanto alcune sono più circoscritte di altre. Nelle combinazioni

verbo-nominali, se la restrizione è meno circoscritta, il verbo ammette più classi di oggetti

-Il significato della combinazione ristretta è generalmente composizionale, può cioè essere calcolato

a partire dal significato delle singole parole

-La sotituibilità dei membri della combinazione è ridotta a causa della presenza di una restrizione

-I membri della combinazione sono autonomi dal punto di vista sintattico, nel senso che consentono

le modificazioni tipiche degli elementi liberi

c)Collocazioni. Un tipo particolare di combinazione ristretta di parole è quello della collocazione.

Una collocazione è una frequente co-occorrenza di due parole in una lingua, essa è una

combinazione di parole soggetta a una restrizione lessicale per cui la scelta di una specifica parola

per esprimere un determinato significato è condizionata da una seconda parola alla quale questo

significato è riferito. (Pioggia battente)

d) Locuzioni. Le locuzioni o espressioni idiomatiche. Ciò che conraddistingue le locuzioni

idioomatiche dalle regolari combinazioni di parole è la diversa semantica. Il significato delle

locuzioni idiomatiche non è infatti propriamente costruito, ma si costituisce in blocco a partire da

procedimenti come ad esempio quello della similitudine.

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3.3 Lessico e apprendimento

Esistono molti modi di apprendere e di conoscere una parola. Si può conoscere il significato di una

parola senza per questo saperlo usare attivamente in un contesto, oppure si può non conoscere il

comportamento collocazionale. Ancora, non si può non essere a conoscenza della specifica

segmentazione operata dalla lingua in un determinato ambito concettuale.

Un'importante distinzione da tenere presente è quella tra lessico passivo e lessico attivo. Il lessico

passivo può essere definito come l'insieme di unità lessicali di cui l'apprendente si serve per capire

testi scritti e parlati, in sostanza è l'insieme delle parole che un apprendente può riconoscere ma non

è in grado di usare attivamente. Il lessico attivo comprende le unità lessicali di cui l'apprendente si

serve nella produzione linguistica scritta o orale.

Il fatto che nell'acquisizion degli aspetti di contenuto precedano gli aspetti formali trova conferma

nell'incertezza che gli apprendenti iniziali si L2 mostrano nell'assegnare alle parole la corretta

categoria grammaticale. L'apprendente iniziale utilizza l'elemento lessicale conosciuto il cui

significato è maggiormente vicino al significato che intende esprimere, a prescindere dal modo in

cui questo è codificato nel lessico in termini di categoria grammaticale. Quanto all'ordine di

apprendimento delle parole in L2, esso pare guidato da specifici criteri, come la similarità sonora, la

trasparenza morfologica, la specificità semantica ecc. Le prime parole apprese sarebbero singoli

elementi o pezzi di lingua non analizzati con valore prevalentemente pragmatico seguite nell'ordine

da parole contenuto e parole funzione.

3.4 Spunti per l'insegnamento del lessico nel contesto dell'istruzione formale

E' possibile fornulare alcune linee guida per ciò che riguarda l'insegnamento del lessico in contesto

formale. Gli aspetti ineressanti su cui focalizzare l'attenzione sembrano esere le proprietà

grammaticali, sintattiche e distribuzionali delle parole, che sono connesse in modo regolare alle

proprietà semantiche. L'obiettivo del docente non deve essere esclusivamente quantitativo ma anche

qualitativo; Ol docente deve porre l'accento non solo sul significato delle parole ma sulle interazioni

tra il significato delle parole e il loro comportamento formale. Una pratica didattica in linea con

queste posizioni è quella ispirata all'approccio lessicale. Osserva Bornero che lessico e grammatica

sono insegnati in modo integrato, le parole non sono presentate in isolamento, ma sono proposte

all'apprendente nella gamma di contesti sintattici in cui possono apparire. L'operazione di

contestualizzazione può essere sfruttata non solo per sottolineare i rapporti tra lessico e

grammatica, ma anche per analizzare il comportamento distribuzionale delle parole più in generale.

Una delle tecniche usate per stimolare questo tipo di contestualizzazione consiste per esempio nel

chiedere di organizzare le parole in catene di azione. Un altro aspetto rilevante nella didattica del

lessico, è quello di stimolare il consolidamento dei legami associativi tra le parole apprese. Un

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metodo diffuso è quello di chiedere all'apprendente di creare diagrammi che rappresentano in forma

di rete i legami intercorrenti tra vocaboli a partire dal vocabolo base. Secondo Pustejovsky il

significato di una parola può essere descritto facendo appello a quattro dimensioni principali: Ruolo

formale (Cos'è x); Ruolo Costitutivo (Di cosa è fatto x); Ruolo Agentivo (Come x è portato ad

essere); Ruolo Telico (A cosa serve x).

Per quanto riguarda la distinzione tra lessico attivo e passico l'insegnamento si differenzia a seconda

di quale insieme è volto a potenziare, le parole nuove saranno apprese prima passivamente e poi

diventeranno attive.

4. Lingue per lo studio e linguaggi specialistici

4.1 Premessa

Gli ultimi decenni del xx secolo sono decenni di immigrazioni e innescano progetti e studi

sull'acquisizione-apprendimento delle lingue seconde, nasce l'espressione 'lingua per lo studio' che

si oppone all'espressione 'lingua per accoglienza'. Il quadrato di Cummins ci aiuta a penetrare nella

complessa inerrelazione tra pensiero e linguaggio, tra attività pragmatiche di contestualizzazione e

attività cognitive della lingua. L'educazione linguistica deve interessare ogni docente, se

l'insegnamento di una lingua straniera si può fare e ha fatto riferimento nel tempo a metodiche di

tipo traduttivo, diretto, semplificato ecc, l'insegnamento in una lingua altra ha meno strumenti cui

attingere. Rispetto alla lingua dell'accoglienza allora, la lingua dello studio deve andare più in

profondità, deve essere più trasparente e più semplice e contemporaneamente deve saper sfruttare la

propria ridondanza.

4.2 La lingua per lo studio

4.2.1 Per una definizione La lingua per lo studio è la lingua delle abilità integrate, del riassunto e

della presa di appunti. Non si tratta della lingua del capire, o del parlare o del leggere o dello scrivere

prese singolarmente e successivamente una dopo l'altra, ma di tutte queste abilità considerate

simultaneamente e intrecciatesi l'una con l'atra, l'una nell'altra. Volendo approfondire il concetto di

'lingua per lo studio' ci imbattiamo nella nozione di testo scientifico-tecnico descrittivo, ma

soprattutto argomentativo. Perché questa triplice dimensione del testo sia chiara per l'alloglotto

occorrono un'architettura, una testura piana e nello stesso tempo incisiva. La tripartizione:

1.Organizzazione gerarchica delle informazioni

Le informazioni contenutistivhe devono essere presentate in modo gerarchico e non lineare, in

maniera tale che quanto è essenziale alla comprensione appaia subito, mentre quanto è secondario

non rivesta la stessa importanza

2.Snodi concettuali

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I passaggi, devono essere segnati anche tipograficamente grazie a un uso sapiente della grafica che

mostri al lettore il paragrafo concettuali piuttosto che quello tipografico

3.Collegamenti-riferimenti al già noto

Per imparare è necesario preparare anche linguisticamente un approccio ciclico al sapere, che sappia

frantumare le nozioni minute in cui la funzione centrale della lingua appaia e sia realmente quella

referenziale.

4.2.2 La 'linguistica' della lingua per lo studio

La lingua dello studio comprende quel lessico di secondo livello che solitamente entra in un

interlingua che da basica diventa post-basica. Le sue espressioni sarebbero costituite essenzialmente

da parole il cui spettro semantico si restringerebbe fino a farle diventare termini ossia lessemi

specialistici tipici di una scienza, di una tecnica. I principali costitutivi della conoscenza sono,

l'argomentare, il trarre conclusioni, l'affermare, il contraddire, il fare previsioni ecc.

4.2.3 Il carico informativo e la complessità linguistica

E' necessario che ogni nozione, ogni concetto, abbiano uno spazio ben definito in modo tale da

apparire di immediata lettura e decifrazione. La frase breve sarà da preferire alla frase lunga. Ogni

nozione chiave deve essere circoscritta ed espressa in modo da apparire in tua la sua nitidezza e la

sua evidenza. Analogalmente la 'densità (complessità) sintattica' cioè l'uso di un periodare

complesso, sarà sciolto in un periodare perifrastico, analitico, paratattico, che permette

un'evidenziazione più marcata dei nuclei concettuali fondanri il testo di studio. I testi 'ad alta

comprensibilità' sono testi in cui il carico informativo è ben distribuito nella sequenza linguistica,

corrispondente al paragrafo concettuale, il quale, a sua volta, è reso evidente da accorgimenti

tipografici come caratteri speciali, titoli, sottotitoli ecc.

4.3 I linguaggi specialistici

4.3.1 Dalla 'preistoria'.. L'espressione linguaggi settoriali è la più diffusa e tra le prime nate in

Italia in epoca di glottodidattica ormai affermata. Con 'linguaggi settoriali' troviamo pure 'lingue

speciali/di specializzazione', 'microlingue'. Il termine 'microlingua' è accompagnato dagli aggettivi

'scientifico-professionale' 'con un duplice scopo':

-Ottenere il massimo della chiarezza

-Permettere a chi la usa appropriatamente di essere identificato come membro del gruppo

scientifico-professionale.

Questi due scopi non si raggiungono sempre, com'è stato precisato da Migliorini, lo studioso elenca

sei principi che assicurano la comprensione e ai quali ogni lingua dovrebbe attenersi e cioè:

l'univocità, l'uniformità, la continuità, la coerenza al sistema, la brevità e la bellezza.

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4.3.2 ...alla storia Per affrontare il percorso della didattica microlinguistica, occore richiamare lo

stage di Saint-Cloude nel 1967, i cui Atti appaiono nel 1970, in questi si affrontano problemi

scientifici e istituzionali e si analizzano strumenti didattici e applicazioni relativi alle tre grandi

lingue straniere (francese, inglese e tedesco). Dal punto di vista teorico i problemi erano allora di

natura epistemologica; Dal punto di vista didattico l'abilità più studiata era quella della lettura.

A tale proposito ricordiamo le dicotomie secondo le quali si distinguono diversi tipi di lettura:

-La lettura globale o cursoria vs la lettura analitica

-La lettura di skimming vs la lettura di scanning

-La lettura onomasiologia (che va dal senso al segno linguistico) vs la lettura semasiologia (o

cuntrariu)

Negli anni successivi appaiono approfondimenti sulla natura del testo specialistico, prevalentemente

argomentativo, di cui si studiano alcuni tipici caratteri quali:

-La monoreferenzialità

-Le categorie definitorie tipiche del discorso scientifico

-I processi di pertinentizzazione

-La spersonalizzazione del discorso

-L'impiego di modi e tempo verbali 'semplici'

-Le composizioni lessicali, le nominalizzazioni, il proliferare di acronimi.

Viene pure evidenziato il ricorso ad alcune categorie concettuali comuni alla lingua standard, come

il rapporto causa-effetto, tesi-antitesi.

4.3.3 Dalla lingua speciale agli obiettivi specifici

Il passaggio dalla centrazione sulla lingua alla centrazione sull'allievo tocca anche la didattica

particlare delle lingue di specialità. E' la glottodidatttica che da linguistica applicata alla lingua

diventa sociopsico-linguistica applicata all'utente, di cui si occupano i progetti europei. Le analisi

dei bisogni comunicativi di chi si sposta nell'ambito dei pesi europei aumentano a dismisura e

orientano in modo diverso anche la didattica microlinguistica. Il concetto di 'unità capitalizzabile' di

una didattica a base semantica, sfocia in diverse proposte operative. La più fortunata è l'approccio

nozionale-funzionale di Wilkins, basato su diversi tipi di significato, che vengono analizzati

partitamente; La presenza di items linguistici che veicolano notions, cioè categorie concettuali

appartententi a un determinato micro-mondo settoriale, mostra come anche in questo settore

specializzato la didattica del comunicativismo abbia avuto il sopravvento sulle liste di parole, sulle

terminologie specialistiche ecc, Nella discussione se sia meglio affidare una classe a un docente di

lingua straniera o un docente disciplinarista, si profila chiara la compresenza dei due.

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4.3.4. I livelli di specializzazione della lingua per 'scopi speciali'

Giovanni Freddi distingu tre livelli di comunicazione microlinguistica, ruotanti attono a termini di

'descrizione' e di 'trattazione'. La descrizione si biforca in due sotto setttori: La descrizione

generica e la descrizione specifica, mentre la trattazione specialistica può presentare il carattere

della 'formazione' e della 'formalizzazione'. Le due descrizioni e la trattazione specialistica possono

costituire un filo rosso nella stesura di manuali, di note chiarificatrici ai testi di studio.

5. Testo, tipi tesguali e pratiche didattiche

In ambito linguistico si è sottolineato che l'unità 'frase', non è la più adatta a rendere ragione degli

scambi comunicativi interindividuali, ma serve un'unità di altro livello: Il testo. Si ritiene perciè che,

nell'ottica di una linguistica educativa, è opportuno tener conto pure di tali dimensioni, collegabili a

quella che Saussure chiama la parole, l'uso linguisico.

5.1 Testo e competenza testuale

Insegnare a comprendere e a produrre testi in una lingua, è uno dei principali obiettivi della scuola,

come anche le recenti Indicazioni nazionali per le scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione

esplicitano.

La linguistica testuale, pone al centro dell'attenzione il testo, leggendolo come il segno linguistico

primatio, e vi evidenzia la presenza caratteristica di elementi quali pronomi, articoli, connettivi, il

cui uso rimanda a una misura superiore a quella di una frase (dunque transfrastica), Inoltre il testo

viene identificato come occorrenza comunicativa, unità linguistica formata secondo le regole

grammaticali della particolare lingua usata, che l'intenzione dell'emittente e ricevente ritiene

linguisticamente compiuta. Vengono così poste le basi per un approccio semantico-pragmatico e

procedurale.

L'unità fondamentale della nostra attività linguistica è caratterizzata, fra l'altro da: a)Un tema

corrente; b)Una chiara funzione comunicativa; c) In rapporto con certe situazioni e presupposti.

Fornire all'apprendente gli strumenti per poter gestire tale entità, assume un'innegabile rilevanza

formale e didattica. Si tratta di sviluppare nei discenti una competenza testuale, essa può essere

definita come la capacità di riconoscere che cosa è un testo e cosa non lo è; sul versante produttivo,

essa comporta saper produrre testi compiuti, semanticamente e formalmente coerenti. Tale

competenza di solito viene gradualmente sviluppata in L1 e può essere successivamente coltivata in

altre lingue e culture.

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5.2 Alcuni criteri di testualità

Secondo il classico lavoro di De Beaugrande e Dressler, un buon testo risponde ad alcuni requisiti di

testualità, più precisamente:

La coesione, essa abbraccia la rete di relazioni grammaticali e superficiali fra unità del testo,

segnalata da vari tipi di marche di continuità testuale. Un tipico effetto coesivo è prodotto in

particolare da anafore e catafore, cioè da rimandi coreferianziali a referenti menzionati in

precedenza. Un ruolo coesivo hanno anche i connettivi testuali che collegano parti di testo in

quanto unità discorsive, il loro uso implica una consapevolezza metatestuale.

La coerenza riguarda la continuità del senso nel testo, si tratta di connessione delle parti di un tutto.

Contribuiscono alla coerenza semantica di un testo:

-Il ricorso a mezzi lessicali e fraeologici esprimenti le relazioni semantiche di tipo paradigmatico

-La messa in evidenza dell'articolazione logica del testo, sia con specifici connettivi, sia con

dispositivi grafici

-Le scelte di organizzazione retorica del testo.

Un buon testo consente senza troppa fatica di ricostruire le intenzioni dell'emittente

(intenzionalità). Al contempo il ricevente deve poter identificare come accettabile il testo, cioè

come ben formato (accettabilità) e deve essere messo nella condizione di riconoscere la sua valenza

informativa, in quanto esso aggiunge qualche elemento nuovo alle conoscenze dello stesso referente

(informatività). Ciascun testo porta in sè rimandi al contesto situazionale compresi riferimenti a

oggetti e persone ivi presenti. La situazionalità del testo si concretizza soprattutto tramite il

meccanismo della deissi che si esplica in cinque principali tipi: Personale (riferimento al parlante);

Temporale (ieri, domani); Spaziale (qui, questo); Testuale (riferimento a segmenti del testo);

Sociale (codifica le relazioni sociali fra i partecipanti).

L'intertestualità riguarda il rapporto del testo con altri e i rimandi fra un testo e l'altro, che spesso

vanno scoperti per una comprensione piena del messaggio. Essa include pure a questione dei tipi di

testo, classi di testo con funzioni e strutture simili. Sul rispetto di tali criteri è opportuno che la

didattica di L1 e L2 si soffermi, tematizzandoli con opportune attività, a partire da testi autentici ben

formati.

5.3 Aspetti procedurali e organizzazione informativa del testo

Utili indicazioni per la didattica del testo ci giungono considerando, in ottica procedurale, le fasi del

processo di produzione del testo, che sono cinque:

1.Progettazione del testo; 2. Ideazione; 3 Sviluppo; 4. Espressione; 5. Sintesi grammaticale. Tutte

queste fasi influiscono simultaneamente l'una sull'altra. Al fine di comprendere un testo, saranno

utili al ricevente nozioni enciclopedihe sull'argomento del testo, dati di conoscenza sulla situazione

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e sul tipo di testo e sapere consolidati in specifici formati di rappresentazione, fra cui schemi,

scripts, frames. Più precisamete lo schema è una struttura di dati per la rappresentazione di concetti

generici e rappresenta conoscenze in modo struttrato. Il frame costituisce il quadro di riferimento

per rappresentare un concetto, eventi o sequemze di eventi. Lo script consiste nella successione

ordinata di eventi prevedibili. I Plans descrivono l'insieme di scelte che una persona deve fare

allorchè si accinge a perseguire un obiettivo. Nel testo è spesso riconoscibile un tema o topic

sovraordinato su cui il testo verte. Nei singoli enunciati testuali si ha spesso una biformazione

informativa: a una parte tematica, se ne affianca una nuova, il comment o rema. Più precisamente

all'interno del rema si identifica una parte massimamente saliente e informativa, il focus. Il modo in

cui procede lo sviluppo dei temi di un testo (progressione tematica) può assumere configurazioni

ricorrenti, per esempio, troviamo progressione lineare in quanto, il rema dell'enunciato, diventa

tema del successivo enunciato e progressione con rema scisso laddove il rema viene di seguito

scisso in due nuovi temi nel seguito. In testi, si ha pure progressione con tema costante (allo sesso

tema si assegnano vari remi). Si può inoltre trovare, la progressione con ipertema, cioè un tema

sovraordinato. La struttura informativa di un testo può essere utilmente messa in relaione con la

domanda di cui il testo si propone di rispondere: la Quaestio. La risposta alla quaestio viene data

dagli enunciati del testo appartenenti all'ossatura del testo, alla sua struttura principale. Questi, di

norma, contribuiscono alla sua macrostruttura, cioè la forma logica di un testo. Le informazioni

collaterali rispetto al quesito di base, le digressioni, fanno invece parte della sua struttura laterale e

verranno facilmente omesse in un suo riassunto. La quaestio condiziona lo sviluppo

dell'informazione nei vari domini referenziali all'interno degli enunciati del testo.

5.4 Tipi di testo e operazioni testuali, fra teoria e didattica

In chiave descrittiva i testi sono ascrivibili a diversi tipi testuali, che si distinguono sulla base di vari

criteri. Ricordiamo alcuni criteri, proposti da Lavinio:

-Mezzo o canale

-Numero di istanze

-Funzione conunicativa dominante

-Vincoli per la codifica

Alcuni criteri comprendono il grado di pianificazione, aspetti legati alla forma linguistica del testo,

al grado maggiore o minore di radicamento nel contesto situazionale, al grado di individualità o

ripetitività del testo.

Si riconoscono generalmente cinque tipi testuali: descrittivo, narrativo, espositivo, argomentativo

e regolativo. I tipi testuali possono ulteriormente differenziarsi in generi. Quanto ai tratti condivisi,

prendendo come esempio le descrizioni, si può rilevare che esse si concentrano su stati o qualità di

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ciò che viene descritto. Dal punto di vista linguistico gli enunciati descrittivi sono spesso atemporali.

Ai generi testuali tradizionali vanno ora aggiunti nuovi generi testuali e ipertestuali legati alla

tecnologie digitali. Le abilità testuali in L1 vengono acquisite dapprima con modalità informali, in

seguito all'esposizione a testi presenti nel contesto del discente e alla progressiva maturazione

cognitiva di abilità necessarie per comprendere e produrre specifici tipi testuali. Per quanto concerne

l'acquisizione di abilità testuali in L2, da un lato essa può fruire di competenze testuali già acquisie

in L1, dall'altro essa richiede lo sviluppo di mezzi lessicali e grammaticali specifici di L2. Nella

didattica sarà pertanto opportuno sia tematizzare specifiche strutture linguistiche di L2,

specificandone la valenza testuale, sia puntare sulle peculiarità della testualità nella specifica di L2.

6. Elementi di pragmatica

6.1 Rilevanza della dimensione pragmatica

La linguistica educativa e gli approcci funzionali e comunicativi alla didattica delle lingue invitano a

coniugare l'obiettivo di sviluppare nel discente la competenza in una lingua ai suoi diversi livelli con

l'obiettivo di fornire gli strumenti per agire e interagire in quella lingua in modo efficace e adeguato

al contesto, coerente con i suoi scopi comunicativi (competenza pragmatica). La componente

socio-pragmatica ha a che fare con le norme sociali che in una certa società e cultura sovrintendono

l'agire linguistico. La componente pragmalinguistica riguarda la codificazione linguistica di tali

dimensioni. Il potenziamento della competenza pragmatica di L1 e L2 ha a che fare con entrambe le

componenti, non risolvendosi solo in un'istruzione su forme linguistiche specifiche, ma richiedendo

pure l'esplicitazione delle norme sociali suddette.

6.2 Gli atti linguistici

Una prima dimensione pragmatica riguarda l'idea del linguaggio come strumento di azione.

Parlando, si possono compiere infatti azioni di vario tipo: Azioni compiute ricorrendo elettivamente

al linguaggio verbale sono definibili come atti linguistici. Gli atti linguistici si compongono di vari

livelli:

-Enunciativo o locutorio: enunciazione di parole e suoni di una certa lingua;

-Proposizionale o locutivo: riferimenti a eventi, stati di cose, a entità e predicazioni.

-Illocutivo: atto compiuto nel proferire un certo enunciato, forza illocutiva di quanto detto.

-Perlocutivo:effetto sull'interlocutore

L'atto linguistico può talora essere compiuto ricorrendo a un verbo, detto performativo, che

etichetta e produce l'atto stesso. Vi sono atti linguistici diretti e indiretti, con possibili aggiunte di

modificatori di forza illocutiva come per favore.

Da Searle in poi si riconoscono cinque classi di atti linguistici, basate su una classificazione di

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diverse forze illocutive e su diverse condizioni per la riuscita:

-Dichiarativi, che producono un cambiamento istituzionale nella situazione

-Rappresentativi o assertivi, che impegnano il parlante sulla verità della proposizione espressa

-Commissivi, che impegnano il parlante a fare qualcosa in futuro

-Direttivi, che richiedono all'interlocutore di fare qualcosa

-Espressivi, che esprimono uno stato psicologico del parlante.

Tali dimensioni di variazione, pertinenti in chiave di pragmatica interculturale, vanno tenute

presenti in una glottodidattica pragmaticamente informata.

6.3 La logica della conversazione

Un filone cospicuo della pragmatica si sofferma su norme generali che governano la conversazione,

come la forza delle intenzioni comunicative dei soggetti interagenti, la razionalità o logica della

conversazione. Alla base del funzionamento delle conversazioni e del lavoro di ricostruzioni dele

intenzioni altrui nel corso di conversazioni, secondo Grice vi sarebbe il principio di cooperazione.

Per esso si parte dal presupposto che normalmente l'interlocutore, coopera alla buona riuscita della

comunicazione. Tale principio si declinerebbe in quattro massime conversazionali, che

guiderebbero il paròante rispettivamente a fornire un contributo pertinente e rilevante nel contesto

(massima della relazione), vero per cui ha prove (massima della qualità) quantitativamente

adeguato (massima della quantità), e chiaro (massima del modo). Le massime possono talora

essere violate, l'ascoltatore inferisce altri significati, operando implicature conversazionali.

6.4 Interagire parlando: Turni, mosse comunicative, dominanza e cortesia.

Dal punto di vista strutturale, l'interazione può essere descritta facendo riferimento a una serie di

regolarità discorsive e di unità su cui puntano l'attenzione l'ernometodologia e l'analisi della

conversazione.

Il turno è lo spazio di intervento del singolo parlante durante uno scambio comunicativo.

L'avvicendamento dei turni si ha di norma on punti detti di rilevanza transizionale, variamente

segnalati.

Pause, silenzi e sovrapposizioni nelle conversazioni reali sono tutt'altro che rari assumendo diverse

valenze e svolgendo varie funzioni. Essendp tali comportamenti in parte diversi da cultura a cultura,

è opportuno istruire l'apprendente sia su come gestire i suoi interventi alla conversazione secondo

specifiche regole di avvicendamento dei turni, sia su come la specifica cultura e lingua d'arrivo tende

a gestire e a interpretsre sovraapposizioni, pause e silenzi. Dal punto di vista delle azioni

comunicative svolte nei diversi turni della conversazione e del loro concatenarsi, una nozione

pragmaticamente rilevante è quella di mossa. In generale le mosse spesso si organizzano in

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sequenze complementari. La struttra della conversazione risente anche del diverso potere

interazionale degli interlocutori. Alcune mosse interazionalmente forti sono spesso appannaggio di

chi ha maggior potere interazionale, la dominanza di uno degli interlocutori può essere dovuta a

cause diverse, sia di tipo sociale, sia di tipo contestuale o linguistico. Tale dominanza affiora per

esempio pure nella frequente struttura triadica dell'interazione didatttica, costituita da una mossa

iniziale, una mossa di risposta del discente, infine una mossa di chiusura. Incidono e si intrecciano

con tali dinamiche aspetti relativi alla gestione della faccia o immagine sociale del sè, per i quali

nell'interazione, i partecipanti tendono pure a salvaguardare e promuovere la propria immagine. La

gestione di aspetti interpersonali tanto delicati è più problematica nel caso di lingue e culture non del

tutto familiari ai partecipanti, i quali rischiano di operare inconsapevoli transfert pragmatici della

propria L1. Contribuisce alla gestione della faccia la codifica verbale della cortesia.

6.5 Imparare e insegnare aspetti pragmatici di un'altra lingua

La ricerca sull'acquisizione di aspetti pragmatici in L2/LS è più recente di quella relativa alla

morfosintassi e si è occupata fin ora di:

-Come si impara a eseguire in L2 alcuni atti rischiosi per la faccia

-Quanto lo sviluppo della pragatica sia consizionato da quello della grammatica

-Quali fattor incidano su tale tipo di acquisizione

A livello generale si osserva che in L2 spesso la forma che assumono gli atti linguistici è più diretta

ed esplicita che in L1. La competenza pragmalinguistica pare precedere quella socio-pragmatica,

concernente norme socioculturali della specifica comunità linguistica di L2. Quanto al rapporto fra

sviluppo di competenze pragmatiche e grammaticali, gli esiti delle ricercge non sono univoci. Da un

lato le prime paiono precedere le seconde, in quanto apprendenti adulti che già dispongono di una

competenza pragmatica legata alla loro lingua e cultura d'origine, questa può sostenere quella in fieri

di L2. D'altro canto canto si è dimostrato che una competenza pragmatica può svilupparsi solo con

l'avanzamento della competenza morfosintattica. Lo sviluppo pragmatico in L2 è pure sensibile ad

altri fattori relativi al contesto di apprendimento, a dimensioni psicosociali e socioculturali legate ad

L2.

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CAPITOLO 4: LA DIDATTICA DELLA L2

Introduzione

Insegnare una L2 significa innanzi tutto sviluppare nell'apprendente una competenza

linguistico-comunicativa altra rispetto a quella in lingua materna. L'apprendimento di una o più L2

permette non solo di diffondere la cultura del plurilinguismo ma soprattutto di sviluppare la

cosiddetta multi-competence. Obiettivo principale dell'apprendimento e dell'insegnamento delle

lingue è dunque lo sviluppo della competenza linguistico-comunicatica dell'apprendente.

1.Elementi per un curricolo

Il curricolo è un modello, o meglio, una procedura, un progetto di insegnamento. Il curricolo

esplicita di fatto il programma, presentando un vero e proprio piano di lavoro da raggiungere in

rapporto al contesto sociale e alle caratteristiche degli apprendenti, indica i materiali, i sussidi e le

tecniche di lavoro da mettere in gioco, descrive le forme di accertamento e di valutazione. Un

curricolo comprende quindi indicazioni diverse che possono essere fornite reagendo ad alcune

domande chiave, le cui risposte specificano gli elementi, ovvero le variabili imprescindibili della

pianificazione curricolare: Dove? Chi? Che cosa? Come?

La risposta alla prima, Dove?, chiama in causa il contesto, sociale e scolastico. Per progettare un

percorso di apprendimento linguistico occorre innanzitutto conoscere le linee di politica linguistica

a cui tale percorso deve fare riferimento. Occorre cioè rispettare le indicazioni nazionali. Le scelte

curricolari, non dipendono solo dalla politica linguistica del paese, ma anche dalla singola scuola, e

cioè da un lato della politica scolastica in materia di insegnamenti linguistici e dall'altro dalle

persone che si occupano di educazione linguistica. L'impostazione di un curricolo, dunque, non può

prescindere da un'attenta analisi del contesto. La seconda variabile imprescindibile per la

progettazione curricolare risponde alla domanda chi? ed è costruita attorno all'apprendente e ai suoi

bisogni linguistici e alle sue motivazioni. Il curricolo va dunque costruito intorno

all'apprendente in funzione dei suoi bisogni linguistico-comunicativi, delle sue motivazioni, della

sua personalità, del suo stile cognitivo e delle sue conoscenze pregresse. L'estensore del curricolo

dovrebbe quindi tracciare un macroprofilo dell'apprendente. Oltre all'apprendente, la risposta alla

domanda Chi? chiama in causa anche l'insegnante di L2. Si tratta di un discorso istituzionale,

relativo alla formazione del docente in generale e di lingue in particolare, formazione iniziale

ovviamente ma anche e soprattutto continua. Un buon docente di lingue, non solo deve possedere

un'adeguata competenza comunicativa nella lingua oggetto del suo insegnamente, ma deve anche

aggiornarsi costantemente sull'evoluzione della stessa. Le competenze e l'aggiornamento,

comprendono le discipline afferenti alla didattica linguistica. Insegnare una L2 significa non solo

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BOSISIO-CHINI: “FONDAMENTI DI GLOTTODIDATTICA”

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istruire ma anche educare a quela lingua e, per suo tramite, fare educazione (pluri)linguistica. La

letteratura del settore distingue le mete educative , dalle mete glottodidattiche, le prime si

identificano con la culturalizzazione, la socializzazione e l'autopromozione. Le mete

glottodidattiche richiamano invece più direttamente lo sviluppo della competenza comunicativa

nella lingua/cultura oggetto di studio e la cosiddetta competenza "glottomatetica" cioè la capacità

di apprendimento linguistico, riferito anche a tutte le altre lingue che l'allievo studia.

Che cosa? Cioè quali contenuti inserire nel curricolo? I contenuti saranno strettamente connessi allo

sviluppo della competenza comunicativa nella L2. Allo scopo di poter tracciare, i contenuti di un

curricolo linguistico, è necessario riprendere la definizione di competenza comunicativa e

considerare tutte le componenti che la compongono: quella linguistica, che prevede precisi

riferimenti alla fonologia, al lessico, alla morfosintassi; quella paralinguistica, che chiama in causa

intonazione, tono della voce ecc; quella extralinguistica, con cui si riflette sulle dimensioni cinesica

e prossemica oltre che su quelle cronemica, oggettuale e vestemica; infine quella socio-pragmatica,

sociolinguista e culturale. Più recentemente è stato prodotto un modello di competenza

comunicativa più completo, in cui le componenti di tale competenza vengono definite in base alla

loro dimensione mentale. Questo schema colloca, nella dimensione mentale, le competenze

strettamente connesse al sapere la lingua e cioè le competenze linguistica, extralinguistica,

socio-pragmatica e culturale. La padronanza delle abilità linguistiche semplici e integrate,

consente il passaggio dalla dimensione mentale al contesto reale della produzione dei testi, in altri

termini, dal sapere la lingua a saper fare la lingua.

La domanda Come? esprime attraverso quali procedimenti, presentare i contenuti pianificati. Il

curricolo presenta oggi una natura tridimensionale, proposta da Balboni, il quale lo paragona ad

un cubo costituito da colonne di altezza diversa, che insieme rendono il lato superiore del cubo

molto articolato, ci sembra particolarmente chiara e significativa o meglio della complessa realtà

didattica che gli elementi costitutivi del curricolo tracciano. Tale concezione complessa ma

completa del curricolo comprende oggi le nozioni più tradizionali di sillabo, inteso come corpus e di

programma, termine della tradizione scolastica italiana utilizzato per tracciare i fini, i contenuti, i

metodi e i criteri di valutazione di un corso di lingua. Progettare un curricolo glottodidattico

significa dunque considerare i seguenti elementi imprescindibili: 1. La contestualizzazione. 2. I

destinatari 3. I 'registi' 4. I contenuti 5 La struttura

Dal curricolo, è necessario passare al micropercorso, cioè alla pianificazione dei segmenti didattici

per definire tali segmenti e caratterizzarli in rapporto al progetto generale:

-Dal dialogo socratico o maieutico della tradizione classica

-Alla lezione tradizionale frontale e asimmetrica, in cui il docente costituisce l'unico e

incontestabile 'mezzo' di trasmissione dei contenuti del discente

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-Ai più recenti schemi e modelli di organizzazione dell'attività didattica, noti come modulo, unità

didattica e unità di acquisizione.

Pierangela Diadori definisce i segmenti costituitivi del curricolo unità di lavoro, il termine è

considerato un iperonimo che permette di indicare una pluralità di casi concreti. Un modulo, per

essere definito tale deve avere caratteristiche precise: a) Deve essere auosufficiente b) Deve fondarsi

su ambiti comunicativi complessi c) Deve essere valutato e quindi accreditato autonomamente d)

Deve essere flessibile e potersi raccordare con altri moduli.

Ogni modulo è costituito da una rete di unità didattiche, ognun dedicata ad un contenuto specifico.

Il passaggio dal concetto di lezione frontale e asimmetrica a quello di unità didattica si realizza negli

anni Settanta con il progetto Lingue moderne o Lingue vive con il contributo di Wilkins. L'unità

didattica, inizialmente costituita da cinque momenti consecutivi (1.presentazione; 2.accostamento

globale al testo; 3.induzione delle struttre morfosintattiche; 4. Applicazione delle strutture indotte

attraverso esercizi; 5.sistematizzazione delle strutture e controllo), divenuti sei con gli

approfondimenti che Freddi propone del modello negli anni Novanta, presenta fin dalla sua genesi

un riferimento esplicito alla Gestalttheorie, teoria psicologica che si basa sulla natura olistica della

percezione umana. Le sei fasi, riprendono la sequenza globalità-analisi-sintesi, immediatamente

seguite dalla fase della riflessione, a queste se ne aggiungono altre due, la fase della motivazione, in

apertura finalizzata ad attivare l'attenzione e a stimolare l'interesse degli apprendenti, e quella del

controllo, in chiusura, nella quale si verificano caratteristiche e profondità degli apprendimenti

avvenuti. La pertinenza e l'efficacia delle fasi che costituiscono il cuore dell'unità didattica, che

Balboni definisce molecola matematica, trovano conferma nella rilettura neurolinguistica fornita

da Marcel Danesi, il quale riconosce l'attivazione di entrambi gli emisferi cerebrali secondo i

principi della bimodalità e della bidirezionalità emisferica: le modalità percettive dell'emisfero

destro vengono attivate dalla fase della globalità, quando l'apprendente entra in contatto con un

contenuto nuovo; la fase dell'analisi del testo/contenuto attiva invece le modalità percettive

dell'emisfero sinistro, mentre quelle della sintesi e della riflessione attivano entrambe le modalità

percettive. La rilettura dell'unità didattica come rete di unità d'acquisizione è utile per superare la

staticità e la limitatezza dell'idea di sequennza, a favore di una maggiore flessibilità e di

conseguenza adeguatezza ai ritmi dei discenti. Alla luce delle osservazioni appena esposte

potremmo identificare il curricolo con un paesaggio . Un paesaggio percorribile, o meglio

esplorabile seguendo vie diverse, alla scoperta delle sue componenti costitutive e caratteristiche.

Anche i moduli possono essere esplorati in modo reticolare nelle singole parti che li compongono, le

unità didattiche, composte a loro volta da reti di unità di acquisizione.

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2. Approcci, metodi e tecniche

Per passare dalla macro alla microprogettazione è necessario indicare l'approccio, il metodo e le

tecniche suggeriti dagli estensori del curricolo perché questo possa realizzarsi concretamente. Per

poter procedere, dunque, è essenziale soffermarsi su alcuni concerti chiave della glottodidattica. Si

tratta dei concetti di approccio, metodo e tecnica, che insieme costituiscono un modello

glottodidattico strettamente connesso a quelo che descrive la natura interdisciplinare.

Le teorie esterne alla glottodidattica, forniscono al glottodidatta spunti, definizioni, descrizioni

varie e diversificate. Tale processo di implicazione dall'esterno all'interno dello spazio di ricerca

della glottodidattica determina la messa in atto di un approccio specifico, fondato su specifiche

teorie. L'approccio è la 'filosofia di fondo', il pensiero dominante. Nello spazio della ricerca

glottodidattica, le conoscenze dichiarative devono dare luogo a conoscenza procedurali, che stanno

alla base di un modello operativo concreto, cioè di un metodo. Il metodo, realizza operativamente le

indicazioni dell'approccio. Infine all'esterno dello spazio della ricerca glottodidattica, si colloca il

'mondo dell'azione', da cui il glottodidatta attinge per selezionare le tecniche, cioè le procedure

didattiche che permettono di realizzare gli obiettivi del metodo. Per presentare approcci alla

glottodidattica seguiamo un criterio misto, che fonde più chiavi di lettura possibili:

a) Quella cronologica, in cui l'attenzione si concentra sull'evoluzione metodologico-scientifica nel

passare da un approccio a quello successivo.

b) Quella scientifica, quella cioè che permette di caratterizzare ogni singolo approccio in base alle

teorie dalle quali ha tratto spunto per generare poi metodi diversi

c) Un'altra chiave di lettura è data dalla considerazione, riservata ai fattpri costitutivi dello spazio

didattico: studente/apprendente, insegnate, disciplina

d) Anche l'osservazione delle tecniche e degli strumenti tecnologici utilizzati per raggiungere gli

obiettivi posti da un determinato metodo costituiscono una possibile chiave di lettura

e) Infine, un'ulteriore chiave di lettura, può essere costituita dalle aree di sviluppo degli approcci:

ciò che Cambiaghi ha definito 'stagione americana' (anni Quaranta-Cinquanta), stagione francese

(anni Cinquanta-Sessanta), stagione inglese (anni Settanta).

Questo criterio misto permetterà di focalizzare l'attenzione sui punti seguenti:

a)Quando? nascita, sviluppo e diffusione dell'approccio;

b) Perché? eventuale teoria scientifica di riferimento

c)chi? Fattore dello spazio didattico messo in luce

d)dove? Eventuale area di sviluppo

e) che cosa? contenuti privilegiati

f)Come? metodi sviluppatisi a partire dall'approccio

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2.1 Approccio formalistico vs. approccio naturale

2.1.1 l'approccio formalistico

a) Quando?

L'approccio formalistico si sviluppa a partire dal XVIII secolo, quando si avverte in europa le lingue

moderne, che vengono dunque insegnate come lingue classiche

b) Perchè?

Vi è la convinzione che solo un procedimento deduttivo favorisce l'apprendimento

c) Chi?

Il fattore privilegiato risulta essere la lingua oggetto dell'insegnamento. Compito dell'insegnante è

dunque la presentazione sistematica delle caratteristiche dell'oggetto di studio

d) Dove?

Soprattutto in area europea

e) Che cosa?

La caratteristica principale di questo approccio consiste nell'identificare la lingua da insegnare con

la sua grammatica. I contenuti privilegiati vertono dunque sulle abilità scritte e prevedono elenchi di

regole, da studiare prima e da applicare poi e liste di vocaboli da apprendere a memoria.

f) Come?

L'approccio formalistico si realizza nel metodo grammaticale-traduttivo, centrato sull'insegnamento

delle regole. Il modello operativo per eccellenza è la lezione frontale, in cui il docente riversa i

contenuti sugli apprendenti che passivamente li assorbono. Le tecniche didattiche privilegiate sono

dunque la traduzione da e in lingua materna, il dettato e gli esercizi di manipolazione e di

trasformazione. I materiali e gli strumenti utilizzati sono dunque i testi letterari, fra i metodi

scaturiti dall'approccio formalistico ricordiamo il Reading Method e i metodi cognitivi.

2.1.2. L'approccio naturale

a) Quando?

L'approccio naturale nasce quasi contemporaneamente all'approccio formalistico come reazione

alla sua rigidità e alla sua impostazione innaturale e si diffonde tra la fine dell'Ottocento e gli anni

Quaranta

b) Perché?

La sua filosofia di fondo viene influenzata dagli studi sulla fonetica e la fonologia, in particolare i

lavori di Vietor, Jespersen, Sweet e Palmer, essi sostennero che l'oralità deve precedere la scrittura

attraverso una successione ordinata nello sviluppo delle abilità e dunque rivendicando la priorità

dell'orale sullo scritto. Si afferma l'idea che la lingua straniera debba essere insegnata all'adulto

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come la madre insegna al bambino, adottando pertanto un approccio induttivo.

c) Chi?

Il fattore dello spazio privilegiato dall'approccio naturale è la lingua, non però come forma ma come

uso, quindi la lingua di tutti i giorni

d) Dove?

Europa e Stati Uniti

e) Che cosa?

Particolare enfasi viene attribuita alla pronuncia e allo sviluppo delle abilità orali, senza alcun

ricorso alla lingua materna.

f) Come?

Quanto alle tecniche didattiche maggiormente utilizzate ricordiamo semplicemente la

conversazione e il cosiddetto mim-mem approach, che prevede l'accostamento del discente a

campioni di lingua da assumere mediante imitazione gestiale. Fra i principali metodi diretti

ricordiamo i metodi diretti naturali e/o fonetici, semplificati ed eclettici.

-Metodi diretti naturali

In una successione di momenti didattici si procedeva dalla ripetizione mnemonica di modelli

fonetici, allo studio di strutture grammaticali, fino a focalizzare l'attenzione sulle forme lessicali.

-Metodi diretti semplificati

I metodi diretti semplificati si fondano sulla creazione di un vocabolario ridotto, scelto sulla base

della frequenza d'uso. L'uso forzato di tale lingua base, produce espressioni stereotipate e innaturali.

Il metodo diretto semplificato più noto fu il Basic English elaborato da Ogden tra la fine degli anni

Venti e l'inizio degli anni Trenta.

-Metodi diretti eclettici

I metodi diretti eclettici si basano sull'analisi degli aspetti fonetici della lingua accompagnata da un

vocabolario costituito dal lessico più frequente.

2.2 Approcci strutturalistico

Con l'approccio strutturalistico nascono i cosiddetti approcci scientifici, quelli cioè che

costituiscono il risultato di una vera e propria linguistica applicata alla didattiva

a) Quando?

L'approccio strutturalistico nasce negli anni Quaranta b) Perchè?

Le teorie di riferimento di questo approccio sono due: la linguistica di Bloomfield e la psicologia

comportamentista di Skinner dall'altro. La lingua, viene appresa per imitazione costante, e quidni

fissazione dietro rinforzo positivo di uno stimolo

c) Chi?

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Il fattore dello spazio didattico privilegiato in questo approccio torna as essere la lingua, non intesa

come norma, ma come un insieme di regole da fissare in modo autentico grazie ad appositi esercizi.

d) Dove?

Stati uniti ed Europa

e) Che cosa?

Particolare attenzione viene attribuita alle abilità orali e alla fissazione delle regole tramite

imitazione costante di uno stimolo linguistico. L'unità minima del discorso è la frase e la nozione di

struttura, è centrale per questo approccio.

f) Come?

Le tecniche privilegiate sono i cosiddetti esercizi strutturali di sostituzione e di trasformazione. Gli

strumenti tecnologici sono il laboratorio linguistico, il registratore, il videoproiettore per immagini

fisse consequenzali.

I principi dell'approccio strutturalistico sviluppano Tre metodi:

-Il metodo ASTP che trasforma la lingua in un reticolo di abiti mentali mediante una pratica

intensiva di questa, secondo Bloomfield l'apprendimento linguistico è iperapprendimento e tutto ciò

che è meno di 'iper' non serve. Si tratta quindi, di un metodo di natura intensiva, che prevede 36 ore

settimanali di lezione, cui 12 riservate agli 'studi di area'.

-Il metodo audio-orale, si fonda essenzialmente sull'applicazione costante di esercizi strutturali. Il

rigore di questo metodo consiste nella progressione in difficoltà delle sostituzioni proposte e

nell'attenzione ai molteplici aspetti della lingua.

-Il metodo audio-visivo (o SGAV), alla cui base sta una teoria linguistica strutturalista. I metodi

audio-visivi presentano l'immagine come veicolo del significato. Dal punto di vista esercitativo

vengono proposte le stesse tecniche dei metodi audio-orali cioè degli esercizi strutturali.

2.3 Approccio comunicativo

Con l'avvento dell'approccio comunicativo si attua una vera e propria evoluzione metodologica:

a) Quando? A partire dagli anni '60

b) Perché? Alla base dell'approccio comunicativo vi sono due concetti fondamentali: il bisogno

comunicativo e la competenza comunicativa. Si insegna ciò che serve all'apprendente per poter

comunicare e ciò che serve è la competenza comunicativa, che consiste nella capacità di relazionarsi

verbalmente e non verbalmente in modo efficace con individui che appartengono ad una cultura

diversa dalla propria.

Una sintesi dei fattori che concorrono alla costituzione di un evento comunicativo, è data dal noto

modello speaking di Hymes che definisce ed evidenzia otto fattori caratteristici dell'evento

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comunicativo: situazione comunicativa, partecipanti, scopi, atti comunicativi, chiave psicologica,

strumenti, norme e generi.

c) Chi? L'approccio mette in luce il soggetto, con i suoi bisogni specifici.

d)Dove? In Europa

e)Che cosa? I contenuti privilegiati dall'approccio comunicativo sono connessi allo sviluppo della

competenza comunicativa. Le abilità orali hanno la priorità su quelle scritte.

f) Come? Le lezioni sono strutturate intorno ad unità didattiche e ruotano intorno a un testo. I

documenti autentici sostituiscono i documenti creati appositamente con una finalità ddattica.

Dialoghi e conversazioni sono liberi e creativi. Le spiegazioni grammaticali diventano riflessioni

sulla struttura di un testo. La progressione dei contenuti è ciclica, ovvero si riprende una stessa

funzione della lingua e la si arricchisce. Gli strumenti più comuni sono i laboratori lingustici e il

registratore audio video.

-Il metodo situazionale si propone di perseguire l'acquisizione di una competenza comunicativa

attraverso una situazione che da essenzialmente fisica (tipo stare al bar) diventa situazione verbale.

-Il metodo nozionale-funzionale presentato da Wilkins, introduce il concetto di categoria

concettuale a cui lega quello di funzione comunicativa. Questo metodo vuole proporre un

insegnameno in cui i programmi si sviluppino a partire dal contenuto semantico. Il suo scopo è lo

sviluppo della competenza comunicativa in L2 che avviene attraverso lo studio e la manipolazione

delle funzioni e delle nozioni della lingua, combinate col concetto di situazione.

Jakobson individua sei funzioni, ognuna relativa alle sei principali componenti della comunicazione

(Emittente-emotiva/destinatario-conativa/referente-referenziale/messaggio-poetica/codice-metalin

guistic/ canale-fatica).

Halliday propone una partizione delle funzioni presenti nella lingua in tre macrofunzioni,

scomponibili in sette funzioni (tab.5 pag. 209)

Nella glottodidattica italiana, si è diffuso un modello che individua sei funzioni intese come

macro-scopi. Le microfunzioni della didattica tuttavia sono essenzialmente quella del io del tu e

dell'esso. Altri due elementi essenziali sui quali il metodo nozionale-funzionale si fonda osno i

concetti di nozione, che comprende le nozioni generali e quello di bisogno comunicativo, che

implica invece che l'input dell'insegnante deve rispondere ai bisogni reali degli allievi.

Gli esperti del progetto Lingue moderne hanno sviluppato il concetto di livello soglia, cioè il livello

minimo di competenza linguistica per farsi capire, i livelli sognia, sono costituiti da raccolte di

materiali empirici che rispondono alle microfunzioni comunicative e alle micronozioni linguistiche.

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2.4 Approccio 'umanistico-affettivo' o glottodidattica umanistica

Quest'approccio è caratterizzato da proposte molto diverse accumunate tutte da una particolare

attenzione al patrimonio di affettività dell'apprendente.

a) Quando? La glottodidattica umanistica nasce a cavallo tra gli anni '60 e '70, ma si sviluppa negli

anni '80

b) Perchè? Si sviluppa grazie all'influenza dell'umanesimo psicologico

c) Chi? Il fattore privilegiato è l'apprendente

d) Dove? Stati uniti

e) Che cosa? I contenuti privilegiati sono spesso generici

f)Come? Le lezioni, che possiamo definire sessioni di insegnamento/ apprendimento, si realizzano

nei modi più diversi, in funzione dei principi enunciati da ogni singolo metodo.

Nell'ambito della glottofifattica umanistica ricordiamo i metodi più noti:

-Risposta fisica totale (Total Physical Respons o TPR)

Il metodo è caratterizato dalla reazione fisica totale, cioè dal convolgimento psichico e fisico.

L'insegnante offre stimoli verbali e non, la cui acquisizione avviene in un ambiente particolarmente

attento a minimizzare situazioni frustranti. Il metodo si fonda sul principio dell'accoppiamento

parola-azione, per permettere la delayed oral practice che si basa sulla necessità di lasciare tempo

tra il momento in cui il testo viene presentato per la sua comprensione e il momento di analizzarlo. Il

metodo però, ha anche un grosso limite: esso può sfociare nella monotonia e nella perdita

dell'attenzione.

-Community Language Learning/Community Counseling

Il metodo messo a punto da Curran si fonda sulla psicologia di Rogers, trasponendo in didattica i

modelli della seduta psicoterapeuta a gruppi e si basa sulla figura dell'insegnante 'consigliere', gli

studenti, invece, organizzano autonomamente le varie fasi della lezione

-Natural Approach

Il metodo è imperniato sul modello del Monitor, esso attribuisce un valore fondamentale all'abilità

di comprensione orale.

La lingua straniera viene utilizzata, inizialmente, solo dall'insegnante; I sussidi utilizzati per

presentare le strutture della LS sono molteplici in modo da poter sviluppare naturalmente la

competenza comunicativa, infine, le spiegazioni grammaticali e gli esercizi hanno luogo solo dopo

la lezione.

-Suggestopedia

Lozanov prende spunto dalla psicologia clinica creando innanzi tutto un ambiente sereno e

stimolante. L'insegnante impartisce un insegnamento 'tradizionale', attraverso spiegazioni

grammaticali e del lessico ed esercitazioni su ciò che si è appreso fino a quel momento. La lezione

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termina con una sèance di circa un'ora tenuti in piccoli salotti in cui l'insegnante spiega nuovi

concetti e gli alunni praticano lo yoga, essi saranno poi invitati a rileggere le spiegazioni prima di

andare a dormire.

-The Silent Way

Messo a punto da Caleb Gattegno, il metodo si fonda sul principio del silenzio da parte

dell'insegnante il quale debe limitarsi a fornire input e a dare istruzioni, corregendo con gesti

convenzionali piuttosto che con parole, in questo modo il livello di ansia scende vertiginosamente e

l'apprendente rifletterà su quanto appena appreso.

-Interazione strategica

Teorizzato ds Robert Di Pietro, il metodo si basa sulla concezione della comunicazione verbale, che

non può mai essere neutra in quanto le parole dei parlati sono sempre connotate. L'insegnamento

avviene in particolari contesti, chiamati sceneggiature.

-Project Work

Il metodo fa coincidere l'apprendimento linguistico con la realizzazione di un progetto alla cui base

vi è il concetto di 'learning by doing'.

2.5 Approccio integrato

L'approccio più adeguato e meglio rispondente alle esigenze degli allievi è l'approccio integrato.

a) Quando? Negli anni novanta, viene visto come una maturazione ragionata del glottodidatta

b) Perchè? Le teorie scientifiche a cui l'approccio fa riferimento sono molteplici. Secondo Danesi

l'approccio integrato è caratterizzato dalla somma delle singole componenti parziali su cui si

fondano i diversi metodi. L'approccio integrato costituisce il punto di arrivo delle diverse ricerche

teoriche

c) Chi? Il fattore privilegiato è il soggetto apprendente

d) Dove? In contesto europeo

e) Che cosa? I contenuti privilegiati sono tutti i contenuti utili allo sviluppo della competenza

comunicativa

f) Come? Le tecniche utilizzate dipendono dalle diverse esigenze a cui l'approccio integrato è

chiamato a rispondere.

2.6 Le tecniche per lo sviluppo della competenza comunicativa

Le tecniche sono attività didattiche destinate a guidare ma anche a sostenere l'apprendimento, sia in

classe, sia a casa. Le tecniche costituiscono il motore dell'azione didatica, ovvero la forza motrice

che anima e mette in relazione i fattori costitutivi (studente, disciplina, insegnante).

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1. Tecniche per lo sviluppo della competenza linguistica

Lo sviluppo della competenza linguistica è favorito da tecniche specifiche per l'acquisizione delle

sottocompetenze che la compongono:

a) La sottocompetenza fonologica: Le tecniche utili allo sviluppo della sottocompetenza fonologica

debono favorire nel discente il riconoscimeno e la realizzazione dei fonemi della lingua di

apprendimento. Ad esempio il riconoscimento delle coppie minime, oppure la ripetizione

regressivalo studente ripete progressivamente i sintagmi di una frase partendo dall'ultimo per arrivae

al primo) e la ripetizione ritmica (lo studente ripete modelli ritmici della L2 sempre più

velocemente)

b)La sottocompetenza grafemica: Sono utili tecniche di fissazione come la copiatura e la

realizzazione di cruciverba.

c) La sottocompetenza morfosintattica: Cioè insegnare la grammatica di una lingua, che oggi

sappiamo dover avvenire naturalmente per essere efficace, si parla quindi di riflessione sulla lingua.

Le tecniche utili allo scopo sono quelle che permettono di fissare le regolarità di funzionamento

della lingua, quelle cioè che forniscono un LASS (Language acquisition support system), finalizzato

a mettere in moto il LAD (Language acquisition device). Il funzionamento del LAD permette

all'apprendente di osservare l'input ricevuto, creare ipotesi, verificarle e fissarle, per poi

sistematizzarle.

Alcune tecniche utili sono:

-Tecniche di inclusione, esclusione e seriazione: l'apprendente deve individuare sottinsiemi di

parole o gruppi di parole raggruppabili in virtù di una medesima regola, o al contrario; la seriazione

consiste nel rimettere in ordine una sequenza disordinata in funzione di un principio regolatore

preciso.

-Esercizi strutturali: Essi fanno leva sulla ripetizione, sulla trasformazione (di un suffisso, un

articolo ecc), e sulla sostituzione, contribuendo alla fissazione di una determinata regola

grammaticale

-Tecniche di manipolazione: Esercizi del tipo "volgi al.." che permettono di riflettere sulle regole

-Analisi grammaticale

d) La sottocompetenza lessicale: Per raggiungerla è necessario superare l'apprendimento

mnemonico e ricordare come avviene l'apprendimento del lessico dal punto di vista psicolinguistico.

La percezione e l'assimilazione di una parola avviene per campi semantici o per sisemi completi.

Alcune tecniche sono: L'accoppiamento parola-immagine, i cruciverba, le perifrasi ecc

e) La sottocompetenza testuale: La capacità di riconoscere nei testi le caratteristiche di coesione

formale e di coerenza logico-semantica, ma anche di produrre testi.

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2.Tecniche per lo sviluppo della competenza extralinguistica

La competenza extralinguistica si compone, di diverse sottocompetenze, fra cui quella cinesica,

prossemica, oggettuale ecc. Per svilupparla è necessario ricorrere a tecniche didattiche che facciano

leva sulla non universalità e quindi sulla dimesione intercultuale dei concetti, fra i possibili esercizi

citiamo: 1.A partire dall'osservazione di foto e video, chiedere di riconoscere comuni a quelli della

propria cultura gesti, caratteristiche del contatto fisico ecc. 2. Sulla base dell'esperienza e del

confronto con gli altri cogliere e descrivere le diverse sfumature date a concetti di tempo e di spazio.

3. Tecniche per lo sviluppo della competenza socio-pragmatica

La competena socio-pragmatica si compone delle sottocompetenze strategica, sociolinguistica e

interculturale, possederla significa essere in grado di raggiungere il proprio scopo comunicativo

rispettando le norme di organizzazione del discorso della lingua.

Fra le tecniche utili ricordiamo gli esercizi che permettono di riconoscere nei testi le norme

organizzative, le caratteristiche e la maggiore o minore pertinenza delle diverse varietà come

esercizi di riconoscimento o comparazionne con la L2.

4. Tecniche per lo sviluppo delle abilità linguistiche

Lo sviluppo delle abilità linguistiche costituisce un momento essenziale per il raggiungimento di

una competenza comunicativa. Le tecniche didattiche possono essere suddivise in:

a) Tecniche per lo sviluppo delle abilità di comprensione (scritta e orale): Saper comprendere

significa anche saper prevedere il significato globale di un testo. Si tratta di saper attivare la

expecrancy grammar, un meccanismo essenziale che consiste nel predire ciò che può comparire

in un testo, fra le tecniche possiamo citare: -Analisi del paratesto: titoli, sottotitoli, grafici ecc,

possono aiutare l'apprendente a formulare ipotesi sul testo. -Le griglie: In cui compaiono tratti

salienti del testo da individuare e da indicare tramite una croce o l'indicazione della parola

richiesta. -La domanda chiusa o a scelta multipla. -La domanda aperta. -La transcodificazione:

permette di passare dal codice linguistico ad un altro codice. -L'accoppiamento lingua-

immagine: permette di associare brevi testi alla relativa immagine. -Cloze: consiste nel

completamento di un testo a cui viene tolta una parola ogni sette, vi è il cloze facilitato in cui le

parole vengono scritte accanto, il cloze a crescere sempre più difficle, il cloze alternativo, a cui il

caso toglie parole o parti di parole. Il cloze può essere anche orale. -L'incastro o riordino di

fumetti, di battute di un dialogo, di paragrafi di un testo.

b) Tecniche per lo sviluppo delle abilità di produzione: Per sviluparle servono tecniche

didattiche che permettano di esercitarsi prima nella progettazione e poi nella stesura de testi.

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Esercizi di semplificazione testuale, di transcodificazione e di scrittura controllata possono

essere molto utili.

c)Tecniche per lo sviluppo delle abilità integrate:

Dialogare: è importante interagire con il compagno di banco, con il docente, con un parlante di L2.

Per esercitare questa abilità sono possibili diverse attività come: -la drammatizzazione: consiste in

una recira a memoria o leggendo un copione di un dialogo. -Il dialogo a catena: permette di fissare

atti comunicativi e strutture grammaticali pur richiedendo una personalizzazione minima. -Il

dialogo aperto: da molta libertà all'allievo. -Il role talking :gli interlocutori hanno a disposizione

una sorta di canovaccio costituito da atti comunicativi da realizzare. -Il role play fornisce agli

interlocutori un canovaccio da seguire ma non si tratta di precisi atti comunicativi da realizzare bensì

di situazioni comunicative da animare. -Il role making: l'insegnante si limita a fornire un contesto e

a indicare individualmente i ruoli degli interlocutori. -la telefonata: simulata o reale costituisce un

orrimo esercizio per sviluppare l'abilità nel dialogo. -Chat, mail, sms.

Scrivere sotto dettatura: Fra le varianti del dettato vi è l'autodettato a partire da una registrazione,

per esempio, oppure il dettato-cloze.

Prendere appunti: Saper prendere appunti è un'abilità che chiama in ausa doti cognitive, si tratta

infatti di saper individuare nuclei informativi fondamentali e saperli riportare in maniera

schematica, sintetica, rapida e leggibile a posteriori.

Riassumere: Abilità linguistica ma soprattutto cognitiva. Esercizi propedeutici di tale attività

riguardano la ricerca, la selezione e il riordino dei nuclei informatici.

Parafrasare:Consiste nel saper produrre lo stesso testo utilizzando parole e strutture

morfosintattiche diverse, esso favorisce lo sviluppo lessicale e morfosintattico

Tradurre: La traduzione integra abilità di produzione sia scritte, sia oral: essa puà essere

intralinguistica (parafrasi) che interlinguistica. La traduzione può essere utilizzata come tecnica

didattica. In quest'ottica numerosi esercizi sono possibili.

In conclusione perché le tecniche scelte dall'insegnante risultino efficaci è opportuno valutarle, a

questo proposito G. Porcelli propone un acronimo, CAVEAT:

Coerenza della tecninca con i singoli atti didattici

Ampiezza delle competenze e delle abilità chiamate in causaVivacità nella realizzazione

Efficacia ed efficienza in relazione agli obiettivi didattici

Affaticamento provocato da certe tecniche

Tecnologizzazione utile la presenza dei supporti tecnologici

Questo acronimo può essere complementare all'altro (PACE):

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Pertinenza:La tecnica utilizzata deve essere in grado di esercitarre e specificare abilità

Accettabilità: Il contesto, la modalità di utilizzo, le caratteristiche di una certa tecnica possono

incrementare o annullare il filtro affettivo, rendendo l'attività svolta inutile o particolarmente

efficace

Comparabilità:La scelta e la somministrazione delle tecniche deve rendere l'attività il più oggettiva

possibile

Economicità: Una tecnica, deve richiedere tempi contenuti

Negli utlimi anni, sono stati introdotti altri parametri essenziali:

Flessibilità:Le stesse tecniche debono poter essere utilizzate in modi e secondo varianti diverse

Tipi di relazione e di comunicazione: è importante considerare la natura di ogni tecnica in termini

relazionali e utilizzare la più adatta al tipo di allievi con cui si ha a che fare

Adattabilità: Le tecniche non devono privilegiare un solo stile cognitivo

Autonomia: Le tecniche devono favorire il lavoro autonomo degli studenti

Contributo delle tecnologie: Deve essere funzionale all'obiettivo di una certa attività e cioè non

utilizzato o negletto ad oltranza.

3. Tecnologie per l'educazione linguistica

Nel panorama glottodidattico italiano coesistono almeno tre terminologie dedicate al connubio tra

didattica e tecnologie: glottotecnologie, tecnologie glottodidattiche, tecnologie per l'educazione

linguistica.

1. Il termine glottotecninca denota quei primi strumenti elettronici portati nelle classi di lingue, che

caratterizzano un periodo di fiducia nella 'panacea tecnologica'. Le glottotecnologie sono quindi

correlate ad un approccio tecnocentrico.

2.Il passaggio dalle glottotecniche alle tecnologie glottodidattiche avanzate denota la presa di

coscienza sia dello sviluppo dell'informatica sia dell'importanza del riolo strumentale destinato ai

dispositivi digitali. Le nuiove tecnologie a disposizione cominciano ad essere considerate in base

alla loro efficacia didattica

3.Il termine più opportunamente utilizzato è tecnologie per l'educazione linguistica in quanto esse

sono state pensate per l'apprendente che è al centro dello studio.

3.1 Le risorse tecnologiche dell'audio-oralità

Per una didattica delle lingue basata sulla priorità delle abilità audio-visive, avere la disponibilità di

un apparecchio in grado di replicare un testo orale per un numero infinito di volte senza variazione è

molto importante. Per comprendere l'uso degli strumenti tecnologici nell'apprendimento in chiave

comportanmentista occorre ricordare acuni dei principi fondamentali della scuola di pensiero:

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-L'organizzazione del processo di insegnamento in piccoli frammenti

-La creazione di abitudini imitative nella lingua

-L'applicazione della sequenza stimolo-risposta-rinforzo

Nasce in questo contesto il concetto di teaching machine. Tra le tecnologie più comuni si

annoverano le macchine Pressey: dispositivi per somministrare agli allievi domande a risposta

multipla, spesso tali dispositivi sono corredati da un self-rater, un apparecchio che permette non solo

la fruizione dell'esercizio ma anche la registrazione del risultato.

In questi anni nasce il laboratorio linguistico, esso presenta tratti caratteristici tedenzialmente

conservati anche oggi:

-una console centrale che comprende i comandi per controllare il nastro e per interagire con gli

studenti tramite ascolto discreto oppure comunicazione del tipo uno a uno o uno a molti.

-Numero variabile di postazioni in serie, dotate di apparecchiature tecnologiche

-Una serie di cuffie con microfono, le quali rendono possibile l'ascolto e il mainframe della cattedra

Dalla descrizione traspare un'impostazione centrata sul docente e sulla tecnologia che si traduce nel

modello standard della lezione con metodo audio-lingule. Momenti tipici sono:

-La ricognizione, ovvero il primo ascolto del nastro;

-L'imitazione e la ripetizione

-Lo svolgimento di pattern drills basati sulle strutture del testo finalizzati alla fissazione di strutture

minime in lingua straniera

3.2 Dall'audiovisivo alla multimedialità

I metodi strutturo-globali-audio-visivi (SGAV) coniugano un'impostazione strutturalistica a

tecniche di tipo audiovisivo. Il primo importante esempio di trcmologia dell'audiovisivo è stato il

proietore di immagini fisse o 'filmine', che viene poi sostituito dal proiettore a diapositive.

Il primo strumento elettronico in grado di permettere una sincronizzazione audio-immagine è stato il

diatape, un ibrido tecnologio che inorpora le funzionalità del proiettore di diapositive e del

registratore audio; Il videoregistratore ha portato con sè alcuni rilevanti cambiamenti

nell'insegnamento delle lingue, esso permette di contestualizzare gli input linguistico-comunicativi

e di mettere in luce la situazione socioculturale. Il primo computer per l'uso nella didattica delle

lingue straniere è il sistema PLATO, esso era in grado di eseguire e mantenere una programmazione

di micro-eventi didatitici.

Nasce in questi anni il concetto di CALL (Computer Assistant Language Learning), questo rende

l'apprendente più attivo ma nel numero ridotto delle possibilità esercitative offerte.

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3.3 La glottodidattica sul web e oltre

Nella Rete si realizza sempre più la convergenza digitale, l'accessibilità dell'informazione integrata

multi e ipermediale sul medesimo canale telematico e dispositivo informatico. La visione della Rete

come un unico e immenso database ha contribuito a svilupparre cattive tecniche glottodidattiche, un

esempio è la webquest: attività di ricerce online, su tracce programmate dal docente entro le quali

piccoli gruppi di studenti applicano logiche di ricerca. Vi sono rischi di dispersione, di smarrimento

nell'eccesso di dati, di scarsa autorevolezza delle fonti.

Rendere l'apprendimento un processo in cui il discente è attivo e responabile è invece l'obiettivo dei

progetti di e-learning, esso tende alla costruzione di comunità di apprendimento, alle dinamiche

informali del social networking, alla collaborazione tra studenti e alla co-costruzione di

conoscenza. Il Web, deve essere quindi un luogo alternativo e complementare per la didattica delle

lingue altre, ove possono aver luogo incontri e scambi di opinione, ma non deve essere un sostituto

della gottodidassi, l'accostamento ideale è descritto nelle modalità blended learning.

3.4 Nuovi scenari per l'educazione linguistica

Il progresso delle tecnologie non si è fermato alla produzione di nuovi software e hardware,

l'esempio più visibile è la LIM. In una prospettiva glottodidattica, emerge dalla nuova tecnologia un

quadro di riferimenti che va a modificare i modelli d'insegnamento e l'apprendimento stesso che

aspira a fondarsi sui fili delle interazioni sociali. L'ambiene glottodidattico in cui la LIM dovrebbe

essere inserita di avvicina al modello TELE ( Technology Enhanced Learing Environment). Negli

anni Duemila, tecnologie rinnovate e più performanti rendono possibile l'ampliamento

dell'orizzonte glottodidattico anche a dispositivi digitali mobili. Le proprietà dello smartphone

hanno acquisito un rilevante interesse educativo, la 'marcia in più' dello smartphone sarebbe la

possibilità di farsi macchina creatrice, in una logica di autorialità che fa riferimento ai pricipio di

learning by doing. Il tablet condivide molte caratteristiche dello smartphone, ma a differenza di

quest'ultimo il tablet permette un utilizzo più focalizzato ai suoi obiettivi glottodidattici. Sia i tablets

che gli smartphones sono componenti essenziali del mobile learning. Un esempio di

decentralizzazione dell'aula è nel modello della flipping classroom. L'idea vede le tecnologie come

vettori della didattica che avviene in contesto extrascolastico, tramite video ed esercizi da svolgere

in autonomia. Le ore in classe vengono invece dedicate alla pratica. Come la flipped classroom vi

sono altri esempi:

-l'eTwinning, progetto europeo di gemellaggio online tra due scuole di diverso ordine e

grado

-i MOOC ossia Massive Open Online Course, corsi gratuiti promossi da università o

privati disponibili sul Web in modalità open access.