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A PALAZZO GRAVIN bollettino di informazione della facoltà di architettura di napoli aprile 2005 numero 16 Premio Biagio Rossetti 2004 Il MusArc di Ferrara è l’unico museo italiano dedicato interamente all’Architettura; è sta- to inaugurato nel 1998 e ha sede nella casa di Biagio Rossetti. Alterna mostre di architet- tura dalla piccola alla grande scala, mono- grafie di architetti e collezioni di design. Fra le attività promosse sotto la presidenza di Nico Ventura, il Museo di Architettura di Ferrara ha istituito, nel 2000, il Premio Biagio Rossetti, concorso annuale per tesi di laurea in Pro- gettazione Architettonica aperto a tutte le Facoltà di Architettura italiane. Ogni anno la giuria è composta da tre per- sonalità della cultura architettonica italia- na: ne hanno fatto parte, tra gli altri, Vittorio De Feo, Vittorio Gregotti, Glauco Gresleri, Massimo Scolari, Luigi Snozzi, Gino Valle. Nei quattro anni sono stati esposti circa 80 lavori di 140 giovani progettisti, assistiti da 90 docenti, fra cui figurano i maggiori esponen- ti dell’attuale cultura accademica; sono state premiate tesi prodotte in differenti ambiti culturali e geografici: Reggio Cala- bria (2001), Ferrara e Roma Tre ex-equo (2002), Genova (2003), Napoli “Federico II” e Palermo ex-equo (2004). L’edizione 2004, in mostra al MusArc dal 22 dicembre 2004 all’8 febbraio 2005, ha visto la partecipazione di diciassette sedi univer- sitarie che si sono confrontate sul tema “Ar- chitettura e impegno sociale”. La giuria, for- mata da Matilde Baffa, Giuseppe Gambi- rasio e Carlo Melograni, ha segnalato le tesi di Anna Paola Chagas Bovet (rel. Mario Pa- nizza, Facoltà di Architettura di Roma Tre), Alice Pesce (rel. Roberto Sordina, Serena Maffioletti, IUAV), Silvio Terzi (rel. Angelo Torri- celli, Facoltà di Architettura Civile del Poli- tecnico di Milano), e ha assegnato ex-equo il Premio Biagio Rossetti 2004 a Sergio Falbo per Il progetto urbano della Cattedrale di Palermo (rel. Prof. Pasquale Culotta, corr. Mons. Crispino Valenziano, Archh. A. Bian- cucci, E. Davì, P. Di Francesca, S. Giunta, Facoltà di Architettura di Palermo) e Maria- teresa Giammetti per il progetto di un Tem- pio islamico cristiano a Barletta (rel. San- dro Raffone, cor. Arch. Gianluca Di Vito, Fa- coltà di Architettura di Napoli “Federico II”). Luca Guerrini (Curatore del Premio) Martedì 26 aprile, h. 11:00 Palazzo Gravina, Biblioteca “E. Persico” inaugurazione della mostra PREMIO BIAGIO ROSSETTI 2004 26 aprile - 3 maggio 2005 presentazione Nico Ventura direttore artistico MusArc di Ferrara Luca Guerrini curatore del Premio Biagio Rossetti intervengono Francesco Cellini preside Facoltà di Architettura Roma Tre Pasquale Culotta presidente corso di laurea in Architet- tura, Facoltà di Architettura di Palermo Bendetto Gravagnuolo preside Facoltà di Architettura di Napoli Sandro Raffone coordinatore Consulta attività culturali Facoltà di Architettura di Napoli in facoltà

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APALAZZO GRAVINbollettino di informazione della facoltà di architettura di napoliaprile 2005numero 16

Premio Biagio Rossetti 2004

Il MusArc di Ferrara è l’unico museo italianodedicato interamente all’Architettura; è sta-to inaugurato nel 1998 e ha sede nella casadi Biagio Rossetti. Alterna mostre di architet-tura dalla piccola alla grande scala, mono-grafie di architetti e collezioni di design. Fra leattività promosse sotto la presidenza di NicoVentura, il Museo di Architettura di Ferraraha istituito, nel 2000, il Premio Biagio Rossetti,concorso annuale per tesi di laurea in Pro-gettazione Architettonica aperto a tutte leFacoltà di Architettura italiane.Ogni anno la giuria è composta da tre per-sonalità della cultura architettonica italia-na: ne hanno fatto parte, tra gli altri, VittorioDe Feo, Vittorio Gregotti, Glauco Gresleri,Massimo Scolari, Luigi Snozzi, Gino Valle.Nei quattro anni sono stati esposti circa 80lavori di 140 giovani progettisti, assistiti da 90docenti, fra cui figurano i maggiori esponen-ti dell’attuale cultura accademica; sonostate premiate tesi prodotte in differentiambiti culturali e geografici: Reggio Cala-bria (2001), Ferrara e Roma Tre ex-equo(2002), Genova (2003), Napoli “Federico II”e Palermo ex-equo (2004).L’edizione 2004, in mostra al MusArc dal 22dicembre 2004 all’8 febbraio 2005, ha vistola partecipazione di diciassette sedi univer-sitarie che si sono confrontate sul tema “Ar-chitettura e impegno sociale”. La giuria, for-mata da Matilde Baffa, Giuseppe Gambi-rasio e Carlo Melograni, ha segnalato le tesidi Anna Paola Chagas Bovet (rel. Mario Pa-nizza, Facoltà di Architettura di Roma Tre),Alice Pesce (rel. Roberto Sordina, SerenaMaffioletti, IUAV), Silvio Terzi (rel. Angelo Torri-celli, Facoltà di Architettura Civile del Poli-tecnico di Milano), e ha assegnato ex-equoil Premio Biagio Rossetti 2004 a Sergio Falboper Il progetto urbano della Cattedrale diPalermo (rel. Prof. Pasquale Culotta, corr.Mons. Crispino Valenziano, Archh. A. Bian-cucci, E. Davì, P. Di Francesca, S. Giunta,Facoltà di Architettura di Palermo) e Maria-teresa Giammetti per il progetto di un Tem-pio islamico cristiano a Barletta (rel. San-dro Raffone, cor. Arch. Gianluca Di Vito, Fa-coltà di Architettura di Napoli “Federico II”).Luca Guerrini (Curatore del Premio)

Martedì 26 aprile, h. 11:00Palazzo Gravina, Biblioteca “E. Persico”inaugurazione della mostraPREMIO BIAGIO ROSSETTI 200426 aprile - 3 maggio 2005

presentazioneNico Venturadirettore artistico MusArc di FerraraLuca Guerrinicuratore del Premio Biagio Rossetti

intervengonoFrancesco Cellinipreside Facoltà di Architettura Roma TrePasquale Culottapresidente corso di laurea in Architet-tura, Facoltà di Architettura di PalermoBendetto Gravagnuolopreside Facoltà di Architettura di NapoliSandro Raffonecoordinatore Consulta attività culturaliFacoltà di Architettura di Napoli

in facoltà

Il paesaggio della mostra

Quasi sempre nelle esposizioni dedicate a un architetto o a unostudio di architettura prevale uno sguardo rivolto al passato,per proporre al pubblico una lettura critica che metta in luce levalenze o suggerisca interpretazioni di progetti e opere visti dauna minima distanza temporale.Questo è in parte vero anche per Architettura come paesag-gio, la mostra che pur offrendo una sintesi dei lavori di Gabettie Isola – il sodalizio più duraturo dell’architettura italiana delsecondo Novecento – è sostanzialmente rivolta al nuovo fareprogettuale di Aimaro Isola, dal 2001 alla guida del team digiovani architetti e artisti di Isola architetti, dopo l’improvvisascomparsa di Roberto Gabetti. Non è pertanto una retrospetti-va, perché parla soprattutto di presente. Un presente che hamolti rapporti con il passato, con cui intreccia un dialogo chenon vuole riconnettere tutto ad un unico universo architettoni-co, rintracciando per forza continuità e permanenza di linguaggio tantomeno di forme. È piuttosto un racconto che parla diarchitettura e professione presentando, con la leggerezza disempre, lavori e sperimentazioni degli ultimi anni, grazie ad unallestimento che gioca sulla vivacità dell’impatto visivo e dellaprovocazione concettuale. Così l’itinerario della mostra, ripe-scando nella memoria concetti, pensieri e idee di un passatopiù o meno recente, mette in scena una storia fatta di coeren-za, che adotta una narrazione non lineare – per ripensamenti,digressioni e suggestioni – attraversando architetture, fotografiee sculture secondo tempi e spazi scanditi di volta in volta dallesingole situazioni.Architettura come paesaggio appare più che un titolo, unaproposta di lettura. Perché riconnettendo progetti cronologi-camente distanti restituisce un’idea di paesaggio che ampliala nozione stessa di architettura, e spiega tanto la ricerca con-dotta sulla base di un terreno condiviso con Gabetti quantoquella più recente di Isola architetti. È un’attenzione alla di-mensione scalare dell’architettura che è ben resa dagli incon-fondibili disegni di Aimaro Isola. Disegni che meglio di ogni altracosa, con i tratti a mano libera, indagano da oltre cinquant’anniquel “continuo degli spazi” che lega l’architettura ai luoghi e lirende paesaggi.Se il grande segno territoriale del Centro residenziale di Ivrea ècertamente l’icona più efficace di una fase ormai storica che,per dirla con Carlo Olmo, «apre una lunga stagione di landarchitecture italiane», il paesaggio circoscritto della grande cor-te quadrangolare del Centro IBM di Segrate ripropone quellasfida tra natura e tecnologia che ben risponde alla complessitàdel progetto contemporaneo. L’architettura costruisce così unamolteplicità di paesaggi, metaforicamente segnalati dalle por-te tematiche – gli alberi e l’arco, i giunchi e il ponte – che attra-verso coni prospettici aprono la corte interna alla pianura el’edificio al paesaggio.L’allestimento della mostra romana ideato da Aimaro e SaverioIsola è prodotto dallo stesso atteggiamento progettuale. Il rap-

porto privilegiato con il luogo e la sua storia si configura in unametafora spaziale che occupa gli spazi dell’ex casa di correzio-ne di San Michele con un’istallazione capace di raccontare, persintesi visive, i percorsi possibili tra idee, progetti e realizzazioni.Il paesaggio della mostra interpreta il vano del carcere conun’allusione diretta che rimanda da una parte all’elaborazio-ne concettuale – i fili colorati che si intersecano nella grandesala, le corde che si intrecciano per l’evasione – e dall’altra allamateria stessa del costruire: i materiali sono elementi portanti ediventano supporti espositivi dei progetti di architettura, dise-gni, modelli, fotografie di studio, oggetti in mostra.La presentazione dei progetti, disposti per temi (paesaggi dellavoro, luoghi dell’incontro, abitare il mare, abitare la terra, glispazi del sacro) e affiancati dalle sculture di Hilario Isola e MatteoNorzi e dalle piccole camere oscure abitate dalle fotografie d’au-tore, è conclusa da un punto di sosta soprelevato per godere diuna visione d’insieme attraversata dalla luce e dai colori.D’altronde l’architettura effimera è sempre stata per loro uncampo di sperimentazione avanzata, dove la ricerca di solu-zioni non convenzionali ha trovato un terreno particolarmentefertile di espressione. A volte permettendo di sondare il difficilecampo del rapporto diretto con ambienti storici per eccellen-za. Senza sovrapporsi a questi spazi, gli allestimenti di Gabetti eIsola hanno sempre cercato di migliorarne la comprensione,producendo luoghi di senso compiuto, paesaggi di interni au-tonomi e ricchi di suggestione.E su un’occasione effimera si basa la mia esperienza diretta.Ideato da Gabetti e Isola per la mostra Luigi Vanvitelli e la suacerchia, promossa dalla Soprintendenza negli appartamentiborbonici del Palazzo reale di Caserta, è stato l’ultimo progettodi Roberto Gabetti. L’allestimento interpretava in modo gioiosoe persino irriverente le grandi sale barocche della Reggia van-vitelliana. Sette padiglioni poligonali, decorati da ironici capi-telli di rame e rivestiti da sontuosi tendaggi dai colori squillanti,non solo definivano lo spazio espositivo ma, sommandosi alcomplesso apparato scenografico inventavano un vero e pro-prio paesaggio. Un paesaggio di interni che intesseva inediterelazioni di senso con le decorazioni, i marmi policromi, le statue,le sale affrescate, le prospettive diagonali che moltiplicavanouno spazio già spettacolare.In un gioco di rimandi continui era la Reggia stessa a diventareparte integrante del percorso della mostra, che permetteva disuperare quel persistente disagio che caratterizza le esposizionidedicate agli architetti, quando non riescono a comunicarel’architettura come spazio, materia, tecnologia, colore.Negli spazi di San Michele progettati da Carlo Fontana e se-gnati dalla presenza del carcere minorile, il paesaggio dellamostra di oggi irrompe con spensieratezza, raccontando le scel-te di Isola per illustrare il proprio operato. Come sempre è sor-prendente e riflette ancora una volta il particolare modo dirapportarsi ad uno spazio monumentale.

Margherita Guccione

DARC - SBAP Roma - CAVEAGabetti & Isola - Isola architettiArchitettura come paesaggio. Architettura, fotografia, sculturaRoma S. Michele a Ripa (ex casa di correzione)Via di San Michele 25, Roma31marzo - 22maggio 2005

Periferie e mestiere dell’urbanista

La periferia, non solo nell’immaginario disciplinare, rappresentail fallimento della fiducia tipicamente moderna di costruire unacittà abitabile, a misura d’uomo.La marginalità economica e sociale dello spazio periferico èraffigurata dai ghetti residenziali fuori dal centro, dagli spazivuoti senza dimensione e senza cura tra i condomini multipia-no, dalle strade deserte che percorrono brani di campagnaabbandonata negli interstizi del costruito. Sono immagini di unterritorio che non conosce più alcun nòmos, e in cui alle regolecollettive si sostituisce l’”anti-stato” della camorra.La “città pubblica”, costruita fino agli anni ’70, è caratterizzatada uno spazio urbano privo di referenti e di contesto: è la peri-feria senza differenze che si incontra da Reggio Calabria a Na-poli, da Roma a Milano, esito di un processo ormai arrestatoche richiede progetti in grado di rendere vivibili parti “storiciz-zate” della città consolidata. Tuttavia, a fronte dell’arresto dellacrescita della città pubblica, l’espansione continua con un’edi-lizia disordinata, abusiva, spontanea, che dilaga il più dellevolte senza regola né piano, come dimostra la realtà dell’areametropolitana di Napoli. È il territorio della diffusione, della bas-sa densità, che trasforma la campagna residua, la urbanizza,modifica il paesaggio e la sua percezione, e soprattutto condi-ziona la vita degli abitanti che vedono piazze, botteghe emercati cedere il passo ai luoghi globalizzati degli shoppingmalls, dei cineplex, delle strade-mercato.Il problema è oggi quello di conoscere questa città che crescefuori dalle regole, ma anche dalla percezione del cittadino,degli amministratori, dei piani; conoscere per progettare que-sta “nuova città”, per conferirle qualità urbana, per trasforma-re un territorio privo di identità in uno “spazio abitabile”.Questi sono stati i temi al centro del dibattito della giornata distudi organizzata il 31 gennaio scorso, presso l’Istituto Greno-ble, dal Corso di Laurea in Urbanistica e Pianificazione Territo-riale e dall’Assessorato alle Periferie del Comune di Napoli, cheha visto il confronto di molti urbanisti e architetti italiani tra cuiAttilio Belli, Benedetto Gravagnuolo, Francesco Indovina, Pa-ola Viganò, Sandro Dal Piaz, Carlo Gasparrini, Francesco D.Moccia, Federico Oliva, Paola Di Biagi, Giovanni Laino, San-dro Balducci, Daniela Lepore, Paride Caputi, MichelangeloRusso, insieme agli amministratori delle grandi aree metropoli-tane italiane.Il dibattito ha messo in evidenza i problemi del rapporto tra leemergenze urbanistiche e sociali della periferia contempora-nea ed il ruolo complesso dell’urbanista, che non può sottrarsidal costruire scenari concreti entro cui proporre nuove forme diconvivenza e di relazioni territoriali. Ruolo che dovrà essere so-stenuto dalla qualità del progetto urbanistico e urbano e dal-l’impegno di nuove generazioni capaci di esprimere continuitàe qualità professionale, e di dare un nuovo senso ai “mestieri” –spesso nuovi, inediti, non convenzionali – necessari per darerisposta concreta alla domanda di cambiamento.

Michelangelo Russo

La mostra espone l’archivio privato Serra di Cassano, l’impor-tante famiglia genovese che nel Cinquecento si insediò nel re-gno di Napoli. L’archivio è una miniera di documentazione cheoffre pagine e pagine relative a molti aspetti della vita politica,economica e sociale del Mezzogiorno in età moderna. Questomateriale è al centro delle ricerche e delle pubblicazioni chel’architetto Teresa Leone conduce da tempo con un capillarestudio filologico sul palazzo e le attività che ruotavano intornoad esso, mantenedo un rapporto costante con la Soprinten-denza Archivistica per la Campania.L’esposizione, attraverso disegni architettonici, immagini, oggettie documenti di tipo diverso, offre un’immagine a tutto campodelle lente acquisizioni edilizie, degli arredi e delle suppellettili,soffrendo contemporaneamente un quadro sintetico di avve-nimenti storici e artistici del tempo.Un ricco calendario di rassegne video, conferenze e tavolerotonde accompagna la mostra per tutta la sua durata.

Serra di Cassano. Un palazzo, una famiglia, la storia.Tesori di una dimora napoletana del Settecento.Palazzo Serra di CassanoPalazzo Marigliano22 Gennaio - 14 Giugno 2005Info: www.archivistica-na.it

Dopo la contaminazione del mondo dell’arte, anche l’archi-tettura sembra essere stata contagiata dal video. Da inizialmesupporto all’esposizione, il video è diventato un appuntamen-to al quale le mostre d’architettura non possono mancare. Af-fiancato ai più tecnologici prodotti multimediali e ai renderinganimati, il tradizionale video assume un sapore a tratti nostalgi-co e a tratti innovativo che colloca le architetture in un tempoe in uno spazio che le rende più vicine alla gente. Architetture inbianco e nero, architetture legate ai luoghi della memoria, ar-chitetture abitate dalle persone, diventano architetture dellepersone che le vivono e le vivranno ogni giorno.Il successo del mezzo visivo è testimoniato dai numerosi video-eventi che si susseguono. Dopo il festival del cinema d’architet-tura di Palazzo Venezia e la video-mostra Videoarc al MAXXI,l’Ordine degli Architetti di Napoli ha proposto la rassegna Quat-tro passi tra le stelle dell’Architettura, che continua con fil-march, una serie di filmati concessi dalla RAI sull’opera di grandiarchitetti, da Carlo Scarpa fino agli interventi della Tate Mo-dern Galery.Il linguaggio del video coinvolge in particolare l’architetturacontemporanea che, attraverso il mezzo cinematografico, sem-bra riuscire ad esplicitare la sua forza comunicativa, efficace eimmediata, in modo che non solo gli addetti ai lavori, ma so-prattutto i non-architetti riescono a cogliere la dinamicità, l’in-novazione, l’espressività spesso non canonica delle nuove ar-chitetture. Le recenti costruzioni visitate attraverso la cinepresae spesso raccontate dalle voci in sottofondo degli stessi archi-tetti che le hanno ideate, acquistano un fascino tutto partico-lare e sono percepite dal pubblico in maniera più complessa ecompleta.Veri e propri film d’autore quindi, dove il valore mediatico po-trebbe assumere un ruolo fondamentale nelle strategie di diffu-sione e valorizzazione della cultura architettonica contempo-ranea innescate dai più recenti strumenti normativi.

Chiara Monaco

Architettura in video

Serra di Cassano

Facoltà di Architettura, CdL UptaComune di Napoli, Assessorato alle PeriferieConvegnoPeriferia e mestiere dell’urbanistaNapoli, Istituto Grenoble, via Crispi 3131 gennaio 2005

La presenza di una numerosa comunità mussulmana, oltre i le-gami con l’Oriente, hanno privilegiato la scelta di Barletta qua-le sede di una delle tre tesi. Cemento del legame storico traBarletta e il Mediterraneo orientale è Federico II di Svevia, chenel XII secolo l’aveva scelta come sede di una delle quattrobasiliche palatine della Puglia e di una delle sue fortezze, indiretto contatto con il vicino Castel del Monte.Sempre in quegli anni fu costruita la grande chiesa del SantoSepolcro, roccaforte dei Templari, fiancheggiata dal Colosso, lastatua di un imperatore romano fatta portare da Costantino-poli e che sancisce il fascino di Barletta per l’Oriente. In asse conil Colosso ha sede ancor oggi l’Ordine Equestre del Santo Sepol-cro di Gerusalemme e il Centro di Cultura Islamica.I riferimenti all’epica templare hanno condotto il progetto versouna ricerca legata a matrici compositive medioevali, introdu-cendo proporzioni e direzioni che si sono affiancate a quelleprescritte dal tema.Il lotto scelto per il progetto è un’area triangolare in prossimitàdel porto, immediatamente a ridosso della settecentesca PortaMarina, il cui asse di simmetria ruota di 5 gradi ad Est rispetto alladirezione Nord-Sud. Lo stesso scarto è presente anche in Casteldel Monte, il cui ingresso, come i portali delle cattedrali, giace suun asse ruotato di 5 gradi rispetto alla direzione Est-Ovest, rota-zione probabilmente dovuta alla differenza d’inclinazione trala Terra e la Luna. Trasferito questo dato al progetto, il murocristiano è stato posizionato lungo l’asse di simmetria di PortaMarina, confermando la direzione di preghiera delle cattedrali.Il segmento che traguarda la Porta e indica la direzione di pre-ghiera cristiana, si concretizza in un canale di raccolta dell’ac-qua piovana che, dalla nuova fontana posta a margine dellapiazza e penetrando il recinto da una piccola fenditura, giun-ge fino all’aula facendo da contrappunto della grande portasettecentesca.L’asse verso la Mecca e la strada che costeggia il lotto, defini-scono le direzioni su cui si dispongono le pertinenze in comune ele case dell’imam e del parroco.Trovate le direzioni suggerite dal sito e imposte dal tema, leproporzioni da conferire all’intervento sono state ricercate nel-l’impianto di Castel del Monte che, come Barletta, si trova sul41° parallelo. A questa latitudine le ombre proiettate da unognomone durante i solstizi differiscono di un angolo di 32 gradi,pari alla diagonale del rettangolo aureo. Infatti il Castello fede-riciano è proporzionato da un rettangolo aureo – con l’estremaragione di 22 metri, pari a 40 cubiti di 55 centimetri – sulle sueprogressive sezioni auree e sul numero “otto”. Similmente, lo sche-ma planimetrico del tempio nasce dall’intersezione di un qua-drato di 22 m. di lato, orientato secondo la direzione cristiana eripartito in 8 sottomoduli che segnano il passo dei pilastri, e dalcorrispondente rettangolo aureo orientato verso La Mecca. Illato del “padiglione dell’acqua”, che accoglie il battistero e lefontane per le abluzioni, è ugualmente dimensionato dal rap-porto aureo. Il modulo di 55 cm. fissa la misura delle lastre dipietra che rivestono il blocco dell’aula, i servizi e il recinto.Lo spazio di preghiera è teso tra il margine Ovest con “il padi-glione dell’acqua” e il margine Est, definito da un architraveche separa due muri isolati, illuminati dalla luce riflessa dallacopertura nell’acqua della vasca sottostante.I due muri indicano le direzioni di preghiera e quello cristiano èriconoscibile anche dal maggiore spessore dovuto alla presen-za dell’altare scorrevole. Nello stesso muro è aperto il taberna-colo, che insieme al mirab, nel giorno del solstizio d’estate, èilluminato dalla luce proiettata da due apposite fenditure.L’aula si configura come uno spazio romboidale, compresso dauna grande piastra di copertura in cemento armato a vista. Fragli inerti sono state aggiunte schegge di vetro allo scopo di farvibrare questa sorta di monolite in conflitto con i massicci pilastrie la grande trave. Questi elementi primari, quasi barbarici, ri-mandano agli archetipi del costruire, ai dolmen e alle corpositàdegli edifici in terra di Puglia.

Mariateresa Giammetti

Nel 1998, nella città di Irbid in Giordania, mi aveva colpito ilprofilo di un minareto e un campanile attiguo, un’immagine dirassicurante convivenza. La ripresa del conflitto in Palestinam’indusse a pensare di progettare qualcosa per unire (il Papaavrebbe poi esortato a “gettare ponti invece di elevare muri”)e quell’immagine mi fece balenare l’idea di un luogo di pre-ghiera dove la distinzione dei riti fosse assegnata non allo spazioma al tempo. Fu Rosaria Fiocco, mia moglie e consocia dellostudio, a proporre il tempio islamico-cristiano come tema per ilLaboratorio di Progettazione 2. La complessità del progetto miportò a interpellare molti studiosi che rilevarono non poche ri-serve: tutti sostennero la necessità di anteporre al progetto ap-profonditi confronti tra liturgisti delle due religioni e mi fu suggeri-to di limitare l’intervento all’accostamento di due edifici sacri.Tuttavia fu proprio la consapevolezza della grande difficoltàdel problema a persuadermi di ribaltare l’approccio: avrei as-sunto la semplicità più che un’inaccessibile sapienza come at-tributo del progetto. Compresi che avrei dovuto introdurre ilparadosso dell’azzeramento della memoria, condizione incon-cepibile per l’architettura come per la vita, ma necessaria perun tema senza storia; la condivisione dell’unico spazio sacroimponeva la dispersione di tutti i simboli della tradizione e ditutto ciò che poteva evocare le figure di ciascuna religione.Trovai un valido sostegno nel coraggio, sensibilità e cultura deldomenicano Benedetto Fulgione, allora Rettore della Cappelladell’Università Federico II. Il dotto monaco fornì l’autorevolesupporto nell’opera di riduzione delle rispettive esigenze liturgi-che, portando all’essenza gli spazi della chiesa e della moschea.Sono così stati eliminati il campanile e il minareto, l’acquasan-tiera e la via crucis; è stato previsto l’uso di un altare mobile,mentre la croce sarebbe stata introdotta prima della cerimo-nia. Il confessionale avrebbe trovato posto fuori dall’aula, men-tre la civile usanza di togliersi le scarpe sarebbe stata estesaanche ai cristiani. Queste audaci semplificazioni hanno confe-rito al tema la necessaria chiarezza per essere trasferito ai mezzidell’architettura.L’oblio assunto come presupposto operativo, che nei fatti coin-cide con l’effettiva assenza di antecedenti cui riferirsi, non haesonerato ad ignorare la storia. Al contrario la comparazione diedifici dei due culti è servita sia per evitare la sommatoria deiricordi, sia per rintracciare le radici comuni. Lo scavo in profon-dità degli “inizi” ha isolato tre archetipi di riferimento: la stanza,il percorso e il recinto che si è rivelato fondamentale per lacompiutezza del tema.La sala di preghiera è stata conformata dall’orientamento edalla composizione di “muri mussulmani” e “muri cristiani”, di-sposti in ragione degli assi cardinali. I muri islamici sono la quiblacon il mihrab puntato sulla Mecca e una parete perpendico-lare alla quibla sul lato orientale. I muri cristiani sono una pareteorientata secondo un asse Est-Ovest posto a settentrione e unmuro ortogonale al primo sul lato Est. Con l’ingresso da occiden-te, la forma trapezoidale della sala, con il fondo allargato, fa-vorisce la partecipazione.Il recinto avrebbe incluso funzioni specifiche di carattere religio-so come la madrasa con la casa dell’imam e la parrocchiacon l’alloggio del parroco, oltre le fontane per le abluzioni e ilbattistero. Per promuovere l’incontro avevo inserito alcune at-tività in comune come la mensa e la biblioteca, mentre le su-perfici scoperte sarebbero state concepite come un giardino.L’acqua che esprime la vita, il recinto che palesa l’unione, ilgiardino nel suo antico significato di paradiso e la luce comelegame emozionale verso il divino, tendono a ridare senso allavisione simbolica dispersa dalla soppressione di tutti i simboli,evocando l’essenza spirituale delle due fedi.La condizione intrinseca di essere il complesso islamico-cristianoprivo di memoria, ha favorito l’astrazione dell’architettura mo-derna, un’architettura del silenzio, confacente la spiritualità chenon avrebbe lasciato margini all’esibizione o alla trasgressione.Invece l’interrogativo formale avrebbe trovato risposta diret-tamente nella “composizione architettonica”, il procedimentoche riduce a unità parti, ragioni e cause diverse, fra cui gli ele-menti costruttivi che non sarebbero stati indifferenti al carattere

architettonico. Louis Kahn sostenne che «la costruzione è unatto di fede», un aforisma che ha indotto a scegliere una tecni-ca costruttiva antica e universale, quella governata da livellae filo a piombo, la più idonea per descrivere l’essenzialità di unospazio liturgico espresso da volumi, luce e ombre.Nel 2003 ho riproposto il tema, arricchito di ulteriori approfondi-menti, per tre tesi di laurea incentrate sul progetto di un TempioIslamico Cristiano a Napoli, Salerno e Barletta elaborati rispetti-vamente da Antonio Greco, Giuseppe Basso e MariateresaGiammetti. Le tre tesi sono state discusse il 20 novembre 2003ottenendo il massimo dei voti e la dignità di pubblicazione. Lapresenza di un parroco e di un imam hanno conferito all’even-to accademico un senso appropriato alla natura del tema.A Napoli “città porosa” e storicamente predisposta ad assorbireculture differenti, il luogo del progetto, individuato lungo unadirettrice tra il porto e Piazza Mercato, dove si riunisce la comu-nità islamica, presenta anche l’esigenza di conferire identità aun margine degradato della città.A Salerno la scelta del luogo ha tenuto conto di istanze delledue comunità, calandosi in una situazione di disagio sia per lapopolazione cristiana, che in molte zone di espansione dellecittà vive la propria fede in spazi precari e inadeguati, e sia perl’assoluta mancanza di luoghi di culto per la giovane comunitàislamica distribuita in modo puntuale e sparso sull’ampio territo-rio della provincia.Il progetto di Barletta è stato caricato di valori e significati storicisoprattutto per l’assunzione di direzioni e proporzioni desuntedall’impianto del vicino Castel del Monte. Come il rifugio fede-riciano, il complesso di Barletta nasce dalla volontà di riportarele leggi della natura nella struttura dell’opera, nel tentativo diunire Dio, l’uomo ed il creato attraverso l’architettura.L’interesse manifestato dai sindaci di Salerno e Barletta e so-prattutto quello della stampa, ha indotto la preparazione di unlibro, in italiano, arabo e inglese, a cura del Gruppo Entasis, cheraccoglie, con i tre progetti, i contributi di teologi, politici, studio-si, giornalisti e semiologi.Su consiglio del teologo Gennaro Matino, il complesso è statopiù propriamente denominato “La Casa di Abramo”, uno spa-zio che pur rifiutando il sincretismo è disponibile anche agli ebrei,favorendo per ciascuno la spiritualità e il dialogo con Dio.

Sandro Raffone

Premio Biagio Rossetti 2004La Casa di Abramo, progetto di Tempio Islamico-cristiano

PALAZZO GRAVINA, numero 16 / aprile 2005, pagina 5

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Antonella FaloticoIl cantiere edile. Le strategie esecutive nella formazione del progetto di architettura.Liguori, Napoli 2003Il volume esamina, attraverso un sintetico e inedito excursus storico-critico e alcuni appropriati casi distudio, il processo di trasformazione del cantiere edile a seguito dell’evoluzione dei saperi tecnici edelle aspirazioni dell’architetto.Si affronta il tema della cultura della costruzione, legata a tempi e modi diversi del fare, puntandol’attenzione sui sistemi di saperi tecnici, sugli ideatori e gli artefici di quei sistemi, sui metodi, suglistrumenti e sulle soluzioni in relazione a specifiche questioni del progetto di architettura.La tesi sviluppata si propone di individuare, nell’opera di realizzazione della costruzione, il dispiegarsidi una “strategia” esecutiva che va riscoperta nel DNA del progetto e che, se correttamente messain atto dall’architetto-costruttore, contribuisce a meglio organizzare il difficile rapporto tra progetto edesecuzione.Il testo, in ultima analisi, va a colmare una lacuna ben evidente nella letteratura tecnica e scientificanel settore dell’architettura che ha trascurato il cantiere edile, considerato nel passato oggetto distudi e di pubblicazioni prevalentemente manualistiche soltanto dal versante tecnico-ingegneristi-co, nascondendo invece gli originali e forti legami tra i problemi della formulazione del progettoarchitettonico e la pratica professionale della costruzione.

Ordine degli architetti di Napoli e provinciaAssociazione culturale ARCH’ÉArchitettura Rurale.Metodi, procedure, esperienze nel riuso e nel recuperoVenerdì 6 maggio - sabato 7 maggio 2005Chiostro di Santa Chiara, Convento Frati Minori San VitoMarigliano (NA)

Il convegno prende spunto dall’ipotesi di progetto pilota e can-tiere scuola per il restauro della Masseria Rossi di Volla (NA) perpoi analizzare tecniche e normative, nazionali e regionali, voltealla tutela e alla valorizzazione dell’architettura rurale. Il con-vegno intende fornire una serie di competenze tecniche aipartecipanti. Competenze multidisciplinari che spazierannodalle tecniche costruttive tradizionali a quelle innovative direstauro e riuso, con riferimento agli interventi di bioarchitetura,normative e procedure vigenti.Particolare attenzione sarà dedicata al recupero del patrimo-nio abitativo rurale previsto dalla normativa nazionale del 24/12/2003 n. 378 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione del-l’architettura rurale” e dal progetto legislativo della Giunta Re-gionale Campana: “Norme in materia di tutela, salvaguardiae valorizazzione dell’architettura rurale tradizionale”.

InterventiBenedetto Gravagnuolo, Tutela e valorizzazione dell’archi-tettura ruraleRenata Picone, Tipologie costruttive tradizionaliClaudio Grimellini, Metodologia per il riuso ed il recuperofunzionaleAldo Aveta, La fase diagnosticaRolando Scarano, L’architettura del sole

Direttore del Convegno: Giuseppe di PalmaDirettore scientifico: Francesco GiordanoCoordinamento: Tommaso Villani

Riccardo FlorioOrigini,evoluzioni e permanenze della classicità in architettura.Un’esperienza di conoscenza, disegno e rappresentazione dell’architettura.Officina Edizioni, Roma 2004Il libro racconta un’esperienza: una vera e piena esperienza di contatto, di analisi, di conoscenza e diappropriazione consapevole dell’architettura, attraverso un percorso ricognitivo e di ricongiunzioneche si addensa e prende corpo nei luoghi del disegno. In virtù di questo cammino disegnato si èdelineata pian piano una struttura esplicativa che, con continui e diretti rimandi alla presenza, assuntain senso evolutivo, della classicità in architettura, ha affrontato una serie di tematiche affascinanti e allostesso tempo impegnative: dalla figura dell’architetto alle problematiche legate ai complessi fenomenidella conoscenza e della rappresentazione; dagli Ordini classici letti fin dalla loro accezione primigeniaall’esame della loro continua reinterpretazione lessicale prodottasi fino al secolo scorso; dalle esperienzefigurative sul tema dell’architettura antica e della sua indagine critica da parte di alcuni maestridell’architettura moderna e contemporanea, alla codificazione del progetto di architettura e, quindi,del disegno di architettura scaturita in ambito rinascimentale; dai procedimenti proporzionali alla pos-sibilità di individuare, nell’esplorazione analitica delle architetture, in particolare moderne e contem-poraneeuna sorta di rete cinematica fondata sulla interazione dei procedimenti così detti statici edinamici, fino a riscoprire in esse legami diretti e profondi con numerosi fondamenti della classicità.

Francesca Bruni, Angela D’Agostino (a cura di),Le occasioni della città.Al di fuori del piano dentro una politica di piano. Eventi straordinari e trasformazioni urbane,E. S. I., Napoli 2004Il volume raccoglie i contributi di C. Castanheira, V. De Lucia, A. Gonzales, K. Miyamoto, F. Neumeyere V. Pérez Escolano, presentati nel ciclo di convegni “Le occasioni della città. Eventi straordinari etrasformazioni urbane”. L’Obiettivo era quello di delineare le nuove modalità della trasformazionedella città contemporanea sempre più legate a logiche esterne a quelle dalla pianificazione tradizio-nale.Nel testo, le diverse esperienze di rinnovamento urbano sono classificate secondo tre tipologie: eventirelativi a rapidi cambiamenti economici e politici, eventi di rilevanza sportiva, eventi calamitosi.Se Napoli, dunque, si misura con l’occasione offerta dalla dismissione dell’Italsider, Berlino ricostruisceil suo corpo sul vuoto lasciato dalla “caduta del muro”, mentre Barcellona trova nei Giochi Olimpicil’occasione per sistematizzare una metodologia di trasformazione che va oltre il momento dell’even-to e Siviglia diventa città metropolitana per accogliere l’Expo; infine, eventi catastrofici come ledistruzioni diventano momenti per una rinascita urbana tanto a Lisbona quanto a Kobe, sebbenecon scale e modalità diverse.

PALAZZO GRAVINA, numero 16 / aprile 2005, pagina 6

Francesca CastagnetoAttrezzature balneari per ambiti ad alta valenza ambientale.Linee guida per un uso sostenibile della costa.Aracne, Roma 2004Le coste italiane costituiscono una risorsa naturale ed economica, luogo del diversificarsi nel tempodella domanda turistica. Un’evoluzione dei fabbisogni che ha determinato una profonda trasforma-zione degli ambienti costieri, oggetti di processi di urbanizzazione spesso scarsamente pianificati.L’esito delle politiche di gestione è facilmente riscontrabile nell’addensarsi di agglomerati, infrastruttu-re, servizi e attrezzature; azioni che hanno trasformato la fascia costiera in una realtà fisica moltovulnerabile, una terra di nessuno ove ogni intervento può divenire lecito e possibile.Uno degli aspetti emergenti è rintracciabile nella periodicità d’uso degli oggetti insediati: la perma-nenza per lunghi periodi dell’anno di attrezzature inutilizzate, mentre nel periodo estivo il sovraffolla-mento di centri costieri determina situazioni di congestione, degrado e differenziati livelli di inquina-mento.L’affermarsi del principio di sostenibilità ha contribuito a porre in evidenza le criticità descritte e lanecessità di innescare processi di riqualificazione.Obiettivo del testo è quello di delineare nuovi orientamenti per la progettazione e l’organizzazione diattrezzature per il turismo balneare, fondati sulla valutazione di compatibilità tra luoghi ed attività.

Università degli Studi di Napoli “Federico II”I Percorsi della Progettazione per la Sostenibilità Ambientale.Un confronto sull’evoluzione della didattica e della ricerca delsettore nelle Università italiane.15 - 30 aprile 2005Palazzo Gravina, Biblioteca “E. Persico”via Monteoliveto 3, Napoli

La mostra rende possibile il confronto tra diverse linee di ten-denza presenti nelle sedi Universitarie afferenti al centro ABITA,che documentano l’innovazione della cultura del Progetto, unprofondo e radicale mutamento in relazione all’emergere dellaquestione ambientale, e all’esigenza di offrire soluzioni adegua-te all’istanza di sviluppo sostenibile.Elaborazioni grafiche messe a disposizione da:Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Napoli“Federico II”, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Po-litecnico di Milano, Università di Genova, Seconda Universitàdi Napoli, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Politec-nico di Torino.Coordinamento operativoProf. V. Gangemi, Prof. C.GrimelliniGraficaG. LicataOrganizzazione e allestimentoE. Capozza, P. Crisci, G. Licata, V. Zazzarino

Workshop ProgettualeUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”Facoltà di ArchitetturaDipartimento di Configurazione e Attuazione dell’ArchitetturaAttrezzature Temporanee Ecocompatibiliper il Turismo nelle Aree Costiere23 - 27 maggio 2005Via Tarsia 31, Palazzo Latilla (3° piano)

Il Dipartimento di Configurazione e Attuazione dell’Architetturain collaborazione con il Centro Interuniversitario ABITA e conl’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, sezione Napoli, proponeun workshop progettuale sul tema delle Attrezzature Tempora-nee Ecocompatibili per il Turismo nelle Aree Costiere. La sceltadell’oggetto del workshop è sostenuta da molteplici considera-zioni tra cui, in particolare, emerge la necessità di individuaremodelli e soluzioni ecocompatibili per attrezzare le coste del-l’area del Mediterraneo. Infatti molte attività connesse allabalneazione e alla residenza stagionale richiederebbero sistemiidonei a valorizzare l’identità dei luoghi e le risorse naturali epaesaggistiche, in luogo delle soluzioni stereotipate di “villaggituristici” privi di qualità sia architettoniche che ambientali.

Seconda Università degli Studi di NapoliDipartimento di Restauro e Costruzione dell’architettura e dell’amb.Dipartimento di Ingegneria dei materiali e della produzioneDipartimento di Tecnologia e Scienza dell’architettura e dell’amb.Ambiente e Processi Tecnologici. Il sistema di Gestione Qualitàper l’EdiliziaIstituto Italiano per gli Studi FilosoficiPalazzo Serra di Cassano, Via Monte di Dio 14, Napoli20 aprile 2005

L’obiettivo del convegno è di contribuire a stimolare e accre-scere il dibattito sull’applicazione delle Norme Internazionali perla gestione della qualità (UNI EN ISO 9000:2000) al settore edilizioe di fornire gli strumenti per comprendere quali benefici e van-taggi ne possono derivare.Nell’ottica dell’ “approccio globale”, secondo il quale la quali-ficazione deve interessare tutti i soggetti coinvolti nel processodi produzione e/o trasformazione del costruito (dalla fase dellaprogrammazione, alla progettazione e all’attuazione dell’or-ganismo edilizio), il convegno si articola in tre sessioni parallele:1. La qualificazione del progetto edilizio e il Sistema Qualitàapplicato agli studi professionali2. La Certificazione di Qualità dei materiali e dei prodotti dacostruzione3. La qualificazione dell’esecuzione dell’organismo edilizio

aprile 2005

«Ogni anno a Milano si costituisce e si distrugge nel giro dipochi giorni una immensa quantità di architettura, decine dimigliaia di metri quadrati di spazi intensamente abitati realiz-zati con un impegno economico e progettuale immenso perun solo protagonista: il design». Secondo questa considera-zione di Piereluigi Nicolin, il salone del mobile è uno straordina-rio laboratorio progettuale dove in ogni edizione si sperimen-tano e si offrono al mondo le più libere ricerche ambientali eabitative, in una città caratterizzata da una creatività e dauna carica innovativa in grado di offrire spunti e scenari sullaquotidianità futura. Questo evento si è configurato, nel corsodegli ultimi anni, come evento mediatico, pluridisciplinare,spettacolare: gli oggetti si perdono nel calderone delle inizia-tive, nella gara alla trovata più sorprendente, al party piùraffinato. Un’inesauribile sorgente di ispirazione, un meravi-glioso contenitore da cui ancora si raccolgono rumori, suoni epersino odori, tradotti qualche volta in oggetti.Milano si conferma centro fondamentale per la cultura e ildesign mondiale, mentre la produzione si confonde semprepiù con la strategia e il marketing.Passeggiando freneticamente tra una mostra e un cocktailinaugurale si avverte chiaramente quanto l’apparenza siadiventata una componente necessaria delle strategie di pro-duzione postindustriale, la sua ricerca non riguarda più solo lafigura del designer ma piuttosto quella che il romanziere WilliamGibson ha recentemente definito “marketing virale”. Le con-seguenze sono evidenti. Se osserviamo quanto è stato pre-sentato quest’anno, neanche tanto diverso da quanto vistonegli anni precedenti, notiamo una decisa distanza rispettoall’ideologia della buona forma del design moderno, di quel-lo “italiano” in particolare. La ricerca della forma, lo studiodella presenza e apparenza degli oggetti sono diventati partiintegranti di una sorta di plusvalore immateriale dei prodotti.Il postmodern ha, in effetti, distrutto la fiducia nel rapportoforma-funzione; la forma è diventata così una componenteessenziale di quella strategia che si usa ormai indicare come ilfenomeno della Brand.Nella Brand postindustriale, una sorta di grande immaginariomediale, la forma assume pienamente valore economico.L’estetica deve allora tener conto dei processi dell’econo-mia, della sua estensione o amplificazione in economia deibeni simbolici o dell’immaginario. Siamo di fronte alla cosid-detta “estetizzazione del mondo della vita”. Design e modasi confondono.Nonostante la grande confusione di immagini, alcune ten-denze sono tuttavia ancora rintracciabili. Predominano il tech

e il ludico, da un lato, dall’altro un approccio al progetto dinatura più concettuale.Il tech si esprime attraverso l’ibridazione di materiali, struttureestroflesse, superfici vistose ed enigmatiche, ibridazione tra l’uo-mo e la macchina, l’artificiale, il cyborg. Pensiamo alla nuovacollezione della Horm disegnata da Toyo Ito, agli oggetti diZaha Hadid per Sawaya & Moroni o ai bradding tables diKram e Clemens Weisshaar, invitati quest’anno a esporre nellospazio Krizia da Ingo Maurer. Il ludico, il mondo del gioco, il cuipredominio è di matrice postmoderna, diventa gioco nostalgi-co, mondo della memoria, con la ripetizione degli stilemi delpassato. È il caso delle infinite riedizioni, in versione colorata oin nuovi materiali, dalla Vitra alla Thonet. In alternativa, con-cessioni allo scherzo infantile, enfatizzazioni e richiami al mon-do degli animali e della fantasia, come nella nuova collezionedi Mariscal per Magis o degli oggetti di Fabbrica.Qualche volta, abbiamo detto, atteggiamenti intellettuali,forme astratte di ricerca linguistica, di tradizione dadaista.Una reazione agli automatismi del sistema di mercato, rap-presentato proprio da quei designer che, continuando a pro-gettare oggetti, hanno adottato, come posizione di rottura, ilpotenziamento della componente meno tangibile della loroproduzione: il suo significato. Droog design lascia che sia ilpubblico a suggerire il costo degli oggetti esposti, ripetuti sullostesso ripiano, anonimi, con la firma della casa di produzione,di questa e del designer insieme. Qualcuno ha dunque ten-tato di indurre una domanda: il valore è nell’oggetto o nellamarca?

Valter Luca De Bartolomeis

Palazzo Gravina. Bollettino di informazione della Facoltà di Architettura di Napoli, n. 16, aprile 2005 - Stampa PGD di Gargiulo, NapoliRedazione: Claudio Grimellini, Chiara Monaco, Sergio Villari (dir. resp.) – via Monteoliveto 3, 80134 NapoliQuesto numero del bollettino è consultabile on line in formato pdf sul sito www.architettura.unina.it alla pagina News/Palazzo GravinaDocenti e studenti sono invitati a segnalare iniziative e a inviare materiali all’indirizzo e-mail: [email protected]

Il salone del mobile di Milano: prodotti o strategie di comunicazione?