Biotecnologie meniscali; Biotechnology meniscal;

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43 tessuto di partenza. Nel secondo, le MSC, anche se espanse in la- boratorio, non si differenziano completamente in condrociti [17]. Gli “scaffold” biomimetici posso- no essere utilizzati in due eve- nienze: rigenerazione del solo strato cartilagineo o del comples- so osteocondrale. Nel primo caso si associa alle microfratture, me- todica di stimolazione midollare, l’impianto di membrana collage- nica. A fronte di un 87% di risul- tati buoni a medio termine, studi sperimentali hanno dimostrato che la qualità del rigenerato è in- feriore all’impianto dello stesso “scaffold” con condrociti [18,19]. Il principio alla base dell’impian- to degli “scaffold” biomimetici, bifasici (osso-cartilagine) o trifasici (osso-strato calcificato-cartilagi- ne), prevede la migrazione di cel- lule dallo spazio subcondrale. Queste cellule successivamente si differenziano in osteoblasti e con- drociti grazie alle diverse caratte- ristiche strutturali e biochimiche dei vari strati del supporto [20]. Perplessità nascono dal potenzia- le di migrazione cellulare che, co- me detto in precedenza, è inver- samente proporzionale alla gran- dezza dello “scaffold”: maggiore alla periferia rispetto al centro. Inoltre, difficile potrebbe essere la gestione di un eventuale falli- mento: l’approccio chirurgico teo- ricamente trasforma una lesione cartilaginea pura in osteocondra- le. I bioreattori possono essere considerati l’ultima frontiera nel- la produzione degli “scaffold”. Condrociti autologhi sono semi- nati su un substrato velocemente riassorbibile e posti in coltura cel- lulare all’interno del bioreattore. Quest’ultimo, imprimendo stimoli meccanici (pressione idrostatica) alla coltura, stimola e accelera la produzione di matrice da parte delle cellule. Il prodotto finale è quindi impiantato all’interno del difetto cartilagineo. Uno studio clinico preliminare a breve termi- ne ha dimostrato alla RM un ri- empimento del 66-100% del di- fetto con tessuto simile alla carti- lagine circostante nel 75% dei ca- si trattati [21]. A oggi non è stato dimostrato qua- le sia la tecnica di riferimento co- me alternativa all’ACI. Valide ri- sposte ai diversi quesiti inerenti la rigenerazione cartilaginea po- tranno essere dedotte soltanto al- la luce dei risultati di studi a lun- go termine controllati randomiz- zati. Bibliografia 1. Marcacci M, Zaffagnini S, Kon E et al (2002) Arthroscopic auto- logous chondrocyte transplan- tation: technical note. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 10:154-159 2. Ronga M, Grassi FA, Bulgheroni P (2004) Arthroscopic autolo- gous chondrocyte implantation for the treatment of a chondral defect in the tibial plateau of the knee. Arthroscopy 20:79-84 3. Henderson I, Gui J, Lavigne P (2006) Autologous chondrocy- te implantation: natural history of postimplantation periosteal hypertrophy and effects of re- pair-site debridement on out- come. Arthroscopy 22:1318- 1324. e1 4. Peterson L, Vasiliadis HS, Britt- berg M, Lindahl A (2010) Au- tologous chondrocyte implan- tation: a long-term follow-up. Am J Sports Med 38:1117-1124 5. Gigante A, Bevilacqua C, Rice- vuto A et al (2007) Membrane- seeded autologous chondrocy- tes: cell viability and characte- rization at surgery. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 15:88-92 6. Abazari A, Elliott JA, Law GK et al (2009) A biomechanical tri- phasic approach to the trans- port of nondilute solutions in articular cartilage. Biophys J 97:3054-3064 7. Solchaga LA, Dennis JE, Gold- berg VM, Caplan AI (1999) Hyaluronic acid-based polymers as cell carriers for tissue-engi- neered repair of bone and car- tilage. J Orthop Res 17:205-213 8. Archer CW, Redman S, Khan I et al (2006) Enhancing tissue integration in cartilage repair procedures. J Anat 209:481-493 9. Khan IM, Gilbert SJ, Singhrao SK et al (2008) Cartilage inte- gration: evaluation of the rea- sons for failure of integration during cartilage repair. A review. Eur Cell Mater 16:26-39 10. Gooding CR, Bartlett W, Bentley G et al (2006) A prospective, randomised study comparing two techniques of autologous chondrocyte implantation for osteochondral defects in the knee: Periosteum covered ver- sus type I/III collagen covered. Knee 13:203-210 11. Marcacci M, Kon E, Zaffagnini S et al (2007) Arthroscopic se- cond generation autologous chondrocyte implantation. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 15:610-619 12. Ferruzzi A, Buda R, Faldini C et al (2008) Autologous chon- drocyte implantation in the knee joint: open compared with arthroscopic technique. Com- parison at a minimum follow- up of five years. J Bone Joint Surg Am 90[Suppl. 4]:90-101 13. Jakobsen RB, Engebretsen L, Slauterbeck JR (2005) An analy- sis of the quality of cartilage re- pair studies. J Bone Joint Surg Am 87:2232-2239 14. Kon E, Verdonk P, Condello V et al (2009) Matrix-assisted auto- logous chondrocyte transplan- tation for the repair of cartilage defects of the knee: systematic clinical data review and study quality analysis. Am J Sports Med 37[Suppl. 1]:156-166 15. McCormick F, Yanke A, Pro- vencher MT, Cole BJ (2008) Minced articular cartilage—ba- sic science, surgical technique, and clinical application. Sports Med Arthrosc 16:217-220 16. Nejadnik H, Hui JH, Feng Choong EP et al (2010) Auto- logous bone marrow-derived mesenchymal stem cells versus autologous chondrocyte im- plantation: an observational co- hort study. Am J Sports Med 38:1110-1116 17. Karlsson C, Brantsing C, Svens- son T et al (2007) Differentia- tion of human mesenchymal stem cells and articular chon- drocytes: analysis of chondro- genic potential and expression pattern of differentiation-rela- ted transcription factors. J Or- thop Res 25:152-163 18. Dorotka R, Bindreiter U, Mac- felda K et al (2005) Marrow sti- mulation and chondrocyte transplantation using a collagen matrix for cartilage repair. Osteoarthritis Cartilage 13:655- 664 19. Gille J, Schuseil E, Wimmer J et al (2010) Mid-term results of Autologous Matrix-Induced Chondrogenesis for treatment of focal cartilage defects in the knee. Knee Surg Sports Trau- matol Arthrosc 18:1456-1464 20. Kon E, Mutini A, Arcangeli E et al (2010) Novel nanostructu- red scaffold for osteochondral regeneration: pilot study in hor- ses. J Tissue Eng Regen Med 4:300-308 21. Crawford DC, Heveran CM, Cannon WD Jr et al (2009) An autologous cartilage tissue im- plant NeoCart for treatment of grade III chondral injury to the distal femur: prospective clini- cal safety trial at 2 years. Am J Sports Med 37:1334-1343 Ortopedia Reumatologia e archivio di 43 Ortopedia Reumatologia D. Perugia Il ruolo chiave del menisco nel provvedere all’assorbimento ed alla trasmissione delle forze ed al- la distribuzione del carico attra- verso il ginocchio è ormai asso- dato. Così come ben chiaro è il suo contributo alla stabilità, lu- brificazione, nutrimento, con- gruenza e propriocezione artico- lare. Ciò nonostante, la meni- scectomia artroscopica rimane la procedura chirurgica ortopedica più praticata, sia in Europa che negli Stati Uniti. Si calcola infatti che, ogni anno, vengono esegui- te in questi luoghi rispettivamen- te 400000 ed 1 milione d’inter- venti per una patologia menisca- le. Sebbene con questa procedu- ra siano stati riportati risultati fa- vorevoli a breve termine, la me- niscectomia ha mostrato di con- durre nel corso del tempo ad una degenerazione articolare associa- ta a dolore e limitazione funzio- nale. Il risultato della meniscectomia è, infatti, causa di un aumento dello stress da contatto tra le su- perfici articolari del femore e del- la tibia. Tale aumento risulta di- rettamente proporzionale all’e- stensione dell’area asportata, fino a raggiungere il 300% a seguito di una meniscectomia totale. Appare pertanto logico il tentati- vo di preservare il menisco lesio- nato mediante la sua riparazione, ricostruzione o sostituzione. Allo stato attuale, trovano sem- pre più frequente indicazione al- la sutura meniscale i paziente gio- vani con un’anamnesi di recente infortunio. Non tutte le lesioni meniscali consentono una ripa- razione. Le indicazioni alla sutura sono le rotture longitudinali maggiori di 1-1,5 cm, le lesioni in zona 1 o 2 secondo la classificazione di Ar- noczky-Warren e le ipermobilità meniscali, in assenza di lesioni se- condarie significative o di un’in- stabilità del ginocchio. Le controindicazioni principali, invece, sono rappresentate dai dis- turbi della vascolarizzazione pe- riferica, dalle malattie metaboliche sistemiche, congenite o aquisite, che interessano la sintesi del col- lagene e dalle malattie renali. Il buon risultato della sutura è, pertanto, subordinato ad un’ac- curata valutazione del tipo e del- la sede della lesione. La sutura meniscale può essere eseguita sia per via artrotomica che artroscopica. Sebbene i risul- tati con le due tecniche siano ri- portati come sovrapponibili, l’ar- troscopia consente una definizio- ne diagnostica più accurata della lesione, presenta una minore in- vasività, con tempi di recupero più precoci. Numerose sono le tecniche pro- poste. Esse possono essere gene- ricamente distinte nelle “inside- out”, le “outside-in” e “all inside”. Quest’ultima tecnica di sutura, ol- tre a presentare i minori rischi in- traoperatori, in quanto eseguita totalmente intracapsulare risulta indicata in tutti i tipi di lesione, in particolare per le lesioni meni- scali centrali (zona 2). Le tecniche “inside-out” e “outside- in” rappresentano, invece, delle valide alternative nelle lesioni del corpo-corno anteriore. La tecnica “inside-out”, perfezio- nata da Henning, nonostante sia la più utilizzata, in quanto con- sente di eseguire la sutura sotto di- retto controllo artroscopico, ne- cessita di partoclare attenzione a causa della vicinanza delle strut- ture nobili. Meno utilizzata è invece la tecni- ca “outside-in” che necessita di una piccola incisione cutanea per es- sere completata. Alcuni autori hanno dimostrato che non vi è nessuna differenza di risposta alle sollecitazioni mecca- niche tra menisco sano e sutura- to. Il buon esito di una sutura me- niscale dipende, oltre che dalla tecnica chirurgica, anche da un adeguata preparazione del letto meniscale e risulta, inoltre, in- fluenzato da fattori biologici, qua- li sede ed ampiezza della lesione ed eventuali lesioni legamentose associate. Recenti lavori hanno ri- portato risultati soddisfacenti in oltre del 80% dei casi di sutura as- sociata a ricostruzione del lega- mento crociato anteriore. Le per- centuali di successo vengono ri- portate inferiori nelle riparazioni isolate. La ricerca ha proposto diversi ap- procci sperimentali comprenden- ti tutte le strategie tipiche della medicina rigenerativa, quali tra- pianti meniscali allogenici, scaf- fold con cellule libere, terapia ge- nica, iniezioni intra-articolari di cellule progenitrici, colle biologi- che, tessuto di sintesi. Il trapianto meniscale con allo- ABSTRACT Biotechnology meniscal The menisci plays a key role in the knee joint. Meniscal tears are the most common knee injuries. It is none that complete or partial meniscectomy predispose the knee to degenerative joint disease. However, artrhoscopic meniscectomy remains the most frequently perform orthopaedic procedure. Therefore it would be seem logical to try to preserve meniscal tissue by repair, reconstruction or replacements. None of these procedures has been completely successfull and can be considered suitable for all patients, as meniscal tears require specific and patient-related treatments depending on the size and type of lesion. Recent advances in cell biology, biomaterial sci- ence and bioengineering have now the potential to drive meniscus regener- ation into a series of clinically relevant strategies. In this review paper, the clinical need for meniscus repair, regeneration or replacements strategies will be explained, and past and current experi- mental studies are reported. Biotecnologie meniscali D. Perugia, M. Pagnottelli, A. Ciompi Università di Roma “La Sapienza” Seconda facoltà di Medicina e Psicologia, Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea DOI 10.1007/s10261-013-0060-3

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tessuto di partenza. Nel secondo,le MSC, anche se espanse in la-boratorio, non si differenzianocompletamente in condrociti [17].Gli “scaffold” biomimetici posso-no essere utilizzati in due eve-nienze: rigenerazione del solostrato cartilagineo o del comples-so osteocondrale. Nel primo casosi associa alle microfratture, me-todica di stimolazione midollare,l’impianto di membrana collage-nica. A fronte di un 87% di risul-tati buoni a medio termine, studisperimentali hanno dimostratoche la qualità del rigenerato è in-feriore all’impianto dello stesso“scaffold” con condrociti [18,19].Il principio alla base dell’impian-to degli “scaffold” biomimetici,bifasici (osso-cartilagine) o trifasici(osso-strato calcificato-cartilagi-ne), prevede la migrazione di cel-lule dallo spazio subcondrale.Queste cellule successivamente sidifferenziano in osteoblasti e con-drociti grazie alle diverse caratte-ristiche strutturali e biochimichedei vari strati del supporto [20].Perplessità nascono dal potenzia-le di migrazione cellulare che, co-me detto in precedenza, è inver-samente proporzionale alla gran-dezza dello “scaffold”: maggiorealla periferia rispetto al centro.Inoltre, difficile potrebbe esserela gestione di un eventuale falli-mento: l’approccio chirurgico teo-ricamente trasforma una lesionecartilaginea pura in osteocondra-

le. I bioreattori possono essereconsiderati l’ultima frontiera nel-la produzione degli “scaffold”.Condrociti autologhi sono semi-nati su un substrato velocementeriassorbibile e posti in coltura cel-lulare all’interno del bioreattore.Quest’ultimo, imprimendo stimolimeccanici (pressione idrostatica)alla coltura, stimola e accelera laproduzione di matrice da partedelle cellule. Il prodotto finale èquindi impiantato all’interno deldifetto cartilagineo. Uno studioclinico preliminare a breve termi-ne ha dimostrato alla RM un ri-empimento del 66-100% del di-fetto con tessuto simile alla carti-lagine circostante nel 75% dei ca-si trattati [21]. A oggi non è stato dimostrato qua-le sia la tecnica di riferimento co-me alternativa all’ACI. Valide ri-sposte ai diversi quesiti inerenti larigenerazione cartilaginea po-tranno essere dedotte soltanto al-la luce dei risultati di studi a lun-go termine controllati randomiz-zati.

Bibliografia

1. Marcacci M, Zaffagnini S, Kon Eet al (2002) Arthroscopic auto-logous chondrocyte transplan-tation: technical note. Knee SurgSports Traumatol Arthrosc10:154-159

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for the treatment of a chondraldefect in the tibial plateau of theknee. Arthroscopy 20:79-84

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4. Peterson L, Vasiliadis HS, Britt-berg M, Lindahl A (2010) Au-tologous chondrocyte implan-tation: a long-term follow-up.Am J Sports Med 38:1117-1124

5. Gigante A, Bevilacqua C, Rice-vuto A et al (2007) Membrane-seeded autologous chondrocy-tes: cell viability and characte-rization at surgery. Knee SurgSports Traumatol Arthrosc15:88-92

6. Abazari A, Elliott JA, Law GK etal (2009) A biomechanical tri-phasic approach to the trans-port of nondilute solutions inarticular cartilage. Biophys J97:3054-3064

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Eur Cell Mater 16:26-3910. Gooding CR, Bartlett W, Bentley

G et al (2006) A prospective,randomised study comparingtwo techniques of autologouschondrocyte implantation forosteochondral defects in theknee: Periosteum covered ver-sus type I/III collagen covered.Knee 13:203-210

11. Marcacci M, Kon E, ZaffagniniS et al (2007) Arthroscopic se-cond generation autologouschondrocyte implantation. KneeSurg Sports Traumatol Arthrosc15:610-619

12. Ferruzzi A, Buda R, Faldini C etal (2008) Autologous chon-drocyte implantation in theknee joint: open compared witharthroscopic technique. Com-parison at a minimum follow-up of five years. J Bone JointSurg Am 90[Suppl. 4]:90-101

13. Jakobsen RB, Engebretsen L,Slauterbeck JR (2005) An analy-sis of the quality of cartilage re-pair studies. J Bone Joint SurgAm 87:2232-2239

14. Kon E, Verdonk P, Condello V etal (2009) Matrix-assisted auto-logous chondrocyte transplan-tation for the repair of cartilagedefects of the knee: systematicclinical data review and studyquality analysis. Am J SportsMed 37[Suppl. 1]:156-166

15. McCormick F, Yanke A, Pro-vencher MT, Cole BJ (2008)Minced articular cartilage—ba-sic science, surgical technique,and clinical application. SportsMed Arthrosc 16:217-220

16. Nejadnik H, Hui JH, Feng

Choong EP et al (2010) Auto-logous bone marrow-derivedmesenchymal stem cells versusautologous chondrocyte im-plantation: an observational co-hort study. Am J Sports Med38:1110-1116

17. Karlsson C, Brantsing C, Svens-son T et al (2007) Differentia-tion of human mesenchymalstem cells and articular chon-drocytes: analysis of chondro-genic potential and expressionpattern of differentiation-rela-ted transcription factors. J Or-thop Res 25:152-163

18. Dorotka R, Bindreiter U, Mac-felda K et al (2005) Marrow sti-mulation and chondrocytetransplantation using a collagenmatrix for cartilage repair.Osteoarthritis Cartilage 13:655-664

19. Gille J, Schuseil E, Wimmer J etal (2010) Mid-term results ofAutologous Matrix-InducedChondrogenesis for treatmentof focal cartilage defects in theknee. Knee Surg Sports Trau-matol Arthrosc 18:1456-1464

20. Kon E, Mutini A, Arcangeli E etal (2010) Novel nanostructu-red scaffold for osteochondralregeneration: pilot study in hor-ses. J Tissue Eng Regen Med4:300-308

21. Crawford DC, Heveran CM,Cannon WD Jr et al (2009) Anautologous cartilage tissue im-plant NeoCart for treatment ofgrade III chondral injury to thedistal femur: prospective clini-cal safety trial at 2 years. Am JSports Med 37:1334-1343

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OrtopediaReumatologia

D. Perugia

Il ruolo chiave del menisco nelprovvedere all’assorbimento edalla trasmissione delle forze ed al-la distribuzione del carico attra-verso il ginocchio è ormai asso-dato. Così come ben chiaro è ilsuo contributo alla stabilità, lu-brificazione, nutrimento, con-gruenza e propriocezione artico-lare. Ciò nonostante, la meni-scectomia artroscopica rimane laprocedura chirurgica ortopedicapiù praticata, sia in Europa chenegli Stati Uniti. Si calcola infattiche, ogni anno, vengono esegui-te in questi luoghi rispettivamen-te 400000 ed 1 milione d’inter-

venti per una patologia menisca-le. Sebbene con questa procedu-ra siano stati riportati risultati fa-vorevoli a breve termine, la me-niscectomia ha mostrato di con-durre nel corso del tempo ad unadegenerazione articolare associa-ta a dolore e limitazione funzio-nale.Il risultato della meniscectomiaè, infatti, causa di un aumentodello stress da contatto tra le su-perfici articolari del femore e del-la tibia. Tale aumento risulta di-rettamente proporzionale all’e-stensione dell’area asportata, finoa raggiungere il 300% a seguito di

una meniscectomia totale.Appare pertanto logico il tentati-vo di preservare il menisco lesio-nato mediante la sua riparazione,ricostruzione o sostituzione.Allo stato attuale, trovano sem-pre più frequente indicazione al-la sutura meniscale i paziente gio-vani con un’anamnesi di recenteinfortunio. Non tutte le lesionimeniscali consentono una ripa-razione.Le indicazioni alla sutura sono lerotture longitudinali maggiori di1-1,5 cm, le lesioni in zona 1 o 2secondo la classificazione di Ar-noczky-Warren e le ipermobilitàmeniscali, in assenza di lesioni se-condarie significative o di un’in-stabilità del ginocchio.Le controindicazioni principali,invece, sono rappresentate dai dis-turbi della vascolarizzazione pe-riferica, dalle malattie metabolichesistemiche, congenite o aquisite,che interessano la sintesi del col-lagene e dalle malattie renali.Il buon risultato della sutura è,pertanto, subordinato ad un’ac-curata valutazione del tipo e del-la sede della lesione.La sutura meniscale può essereeseguita sia per via artrotomicache artroscopica. Sebbene i risul-tati con le due tecniche siano ri-

portati come sovrapponibili, l’ar-troscopia consente una definizio-ne diagnostica più accurata dellalesione, presenta una minore in-vasività, con tempi di recuperopiù precoci.Numerose sono le tecniche pro-poste. Esse possono essere gene-ricamente distinte nelle “inside-out”, le “outside-in” e “all inside”.Quest’ultima tecnica di sutura, ol-tre a presentare i minori rischi in-traoperatori, in quanto eseguitatotalmente intracapsulare risultaindicata in tutti i tipi di lesione, inparticolare per le lesioni meni-scali centrali (zona 2).Le tecniche “inside-out” e “outside-in” rappresentano, invece, dellevalide alternative nelle lesioni delcorpo-corno anteriore.La tecnica “inside-out”, perfezio-nata da Henning, nonostante siala più utilizzata, in quanto con-sente di eseguire la sutura sotto di-retto controllo artroscopico, ne-cessita di partoclare attenzione acausa della vicinanza delle strut-ture nobili.Meno utilizzata è invece la tecni-ca “outside-in” che necessita di unapiccola incisione cutanea per es-sere completata.Alcuni autori hanno dimostratoche non vi è nessuna differenza di

risposta alle sollecitazioni mecca-niche tra menisco sano e sutura-to. Il buon esito di una sutura me-niscale dipende, oltre che dallatecnica chirurgica, anche da unadeguata preparazione del lettomeniscale e risulta, inoltre, in-fluenzato da fattori biologici, qua-li sede ed ampiezza della lesioneed eventuali lesioni legamentoseassociate. Recenti lavori hanno ri-portato risultati soddisfacenti inoltre del 80% dei casi di sutura as-sociata a ricostruzione del lega-mento crociato anteriore. Le per-centuali di successo vengono ri-portate inferiori nelle riparazioniisolate.La ricerca ha proposto diversi ap-procci sperimentali comprenden-ti tutte le strategie tipiche dellamedicina rigenerativa, quali tra-pianti meniscali allogenici, scaf-fold con cellule libere, terapia ge-nica, iniezioni intra-articolari dicellule progenitrici, colle biologi-che, tessuto di sintesi.Il trapianto meniscale con allo-

ABSTRACT Biotechnology meniscal

The menisci plays a key role in the knee joint. Meniscal tears are the mostcommon knee injuries. It is none that complete or partial meniscectomypredispose the knee to degenerative joint disease. However, artrhoscopicmeniscectomy remains the most frequently perform orthopaedic procedure.Therefore it would be seem logical to try to preserve meniscal tissue byrepair, reconstruction or replacements. None of these procedures has beencompletely successfull and can be considered suitable for all patients, asmeniscal tears require specific and patient-related treatments depending onthe size and type of lesion. Recent advances in cell biology, biomaterial sci-ence and bioengineering have now the potential to drive meniscus regener-ation into a series of clinically relevant strategies. In this review paper, the clinical need for meniscus repair, regeneration orreplacements strategies will be explained, and past and current experi-mental studies are reported.

Biotecnologie meniscaliD. Perugia, M. Pagnottelli, A. CiompiUniversità di Roma “La Sapienza” Seconda facoltà di Medicina e Psicologia, Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia, AziendaOspedaliera Sant’Andrea

DOI 10.1007/s10261-013-0060-3

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Per soddisfare queste caratteristi-che sono stati testati vari mate-riali, sia naturali che di sintesi.Tra i primi ricordiamo il tessutoperiostale e pericondrale, la sot-tomucosa del piccolo intestino, iltessuto meniscale porcino e la cel-lulosa batterica. Tutti hanno mo-strato una elevata biocompatibi-lità, senza però garantire delle pro-prietà meccaniche ed una strut-tura geometrica soddisfacenti.I biomateriali sintetici, invece, so-

no rappresentati da strutture poli-meriche realizzate su misura al fi-ne di ottenere la forma geometrica, la porosità e le proprietà biomec-caniche richieste, a seconda dellecaratteristiche del tessuto ospite edelle cellule da impiantare.

aspettare la disponibilità di untrapianto delle dimensioni ido-nee.I biomateriali utilizzati per la pro-duzione degli “scaffold” (Fig. 1)devono presentare determinatecaratteristiche. In particolare, lo“scaffold” ideale dovrebbe essere:“cell-instructive”, per promuoverela differenziazione e la prolifera-zione cellulare o per facilitare lamigrazione cellulare; “biomimeti-co”, per simulare l’architettura, latribologia e le caratteristiche mec-caniche del menisco nativo; “bio-compatibile”, per non indurre al-cuna reazione da corpo estraneo,neppure con i suoi prodotti di de-gradazione; lentamente biodegra-dabile, per poter essere sostituitodal tessuto biologico; manegge-vole, per essere suturato facil-mente dal chirurgo.L’elasticità e la resistenza rappre-sentano ulteriori caratteristicheindispensabili dello “scaffold”, il

quale deve sopportare le grandiforze meccaniche che agisconosull’articolazione. Deve, inoltre,presentare una porosità sufficien-temente adeguata per consentirela diffusione di nutrienti e so-stanze cataboliche.

graft rappresenta, allo stato at-tuale, l’unica opzione per la so-stituzione completa del meniscoin quei pazienti che abbiano su-bito un’asportazione totale o sub-totale, con un ginocchio stabile eben allineato e senza evidenti se-gni di osteoartrosi. La fibrocarti-lagine meniscale rappresenta untessuto ideale per un trapianto.Le sue cellule risultano, infatti,immunoprivilegiate a causa del-l’ambiente avascolare e il trapian-to non necessita di anastomosivascolari. Esso richiede, pertanto,una chirurgia meno invasiva e nonnecessita di una terapia immuno-soppressiva.A tutt’oggi però, gli effetti a lun-go termine, circa la protezionedallo sviluppo di danni degene-rativi a carico della cartilagine do-po un impianto di allograft me-niscale non sono ancora dimo-strati.Le limitazioni a questa procedu-ra includono la disponibilità deltessuto, le dimensioni del tra-pianto, il rischio di una reazioneimmunitaria e della trasmissionedi malattie infettive e le lesionimeniscali parziali.In questi casi, uno “scaffold” me-niscale costituisce una valida me-todica ricostruttiva quando la por-zione periferica è integra e per-mane un tessuto di ancoraggiosufficiente in corrispondenza delcorno anteriore e posteriore e delmuro meniscale. Questo, oltre agarantire la stabilità dello “scaf-fold”, garantisce la neoangiogesi ela successiva colonizzazione dicellule progenitrici meniscali. Es-so evita il rischio teorico di un’at-tivazione del sistema immunitarioo della trasmissione di una ma-lattia che può essere teoricamen-te causata da un trapianto meni-scale. Inoltre, ha il vantaggio dipoter esser semplicemente “ta-gliato” su misura al momento del-l’intervento, evitando di dover

Ad oggi i tessuti polimerici piùutilizzati sono l’acido poliglicoli-co (PGA), il poli-L-acido lattico, ilPoliuretano, il poliestere di car-bonio, il politetrafluoroetilene edil policaprolattone.La possibilità di impiantare que-sti nuovi materiali biotecnologicimediante tecnica artroscopica rap-presenta un ulteriore vantaggiodegli “scaffold”. La tecnica di po-sizionamento prevede, dopo lamenisctomia selettiva, la misura-zione del difetto meniscale ed ilconseguente modellamento del-lo “scaffold”. Dopo la cruentazio-ne del muro meniscale, atta a fa-vorire il sanguinamento indi-spensabile per la biointegrazionedello “scaffold”, l’impianto vieneadagiato sul sito della lesione esuturato con il menisco nativo(Fig. 2).I risultati ottenuti con tale meto-dica sono incoraggianti ma ne-cessitano di maggiori trial, so-prattutto a lungo termine, perconsentire un più largo impiegonella pratica clinica.Negli studi di ingegneria tissuta-le sono state utilizzate diverse cel-lule differenziate dell’adulto pre-levate da vari tessuti. Attualmen-te sono in corso studi per la va-lutazione del potenziale di rige-nerazione meniscale di cellule ar-ticolari, cellule costali, condroci-ti nasali, cellule staminali mesen-chimali indifferenziate derivatedal midollo osseo, tessuto adipo-so e sangue periferico, cellule de-rivate dalla membrana sinovialeed, infine, cellule staminali em-brionali.Una procedura che ha riscossogrande interesse è stata l’iniezio-ne intra-articolare di cellule sta-minali per favorire la rigenerazio-ne tissutale. Al momento, però,non esistono evidenze significati-ve per considerare questo ap-proccio un’opzione clinica rile-vante.

Altri studi si concentrano sull’u-tilizzo di fattori di crescita e sul-la terapia genica. Molto fattori dicrescita sono stati studiati. Adesempio, il TGF-beta, ha dimo-strato in vitro un promettente ef-fetto in termine di stimolazionedei GAGs e la produzione di Bi-glicano da parte delle cellule me-niscali.Anche la terapia genica ha susci-tato grande interesse. Nel com-plesso, l’applicazione di tecnichedi trasferimento genico per la ri-generazione meniscale possiedeun certo potenziale. Tuttavia, di-verse variabili devono essere an-cora valutate, come la modalità ditrasduzione (modificazione dimolti tipi cellulari, trasduzione ditessuti interi, iniezione intra-ar-ticolare), la combinazione idea-le di geni da trasferire o il tipocellulare più efficiente nel caso incui si impieghino cellule trans-fettate.

Letture consigliate

1. Verdonk P, Beaufils P, Belle-mans J et al (2012) Successfultreatment of painful irreparablepartial meniscal defects with apolyurethane scaffold: two-year safety and clinical outco-mes. Am J Sports Med 40(4):844-853

2. Spencer SJ, Saithna A, CarmontMR et al (2012) Meniscal scaf-folds: early experience and re-view of the literature. Knee19(6):760-5

3. Xu C, Zhao J (2013) A meta-analysis comparing meniscal re-pair with meniscectomy in thetreatment of meniscal tears: themore meniscus, the better out-come? Knee Surg Sports Trau-matol Arthrosc. May 14.

4. Scotti C, Hirschmann MT, Anti-nolfi P et al (2013) Meniscus re-pair and regeneration: review oncurrent methods and researchpotential . Eur Cell Mater26:150-70

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Fig. 2. Sutura artroscopica dello scaffold al resi-duo meniscale

Fig.1. Preparazione dello scaffold meniscale

L’uso di biotecnologie nella riparazione dei tendini flessoriB. Battiston Direttore U.O.C. Traumatologia muscolo-scheletrica – Microchirurgia, Dipartimento di Ortopedia – C.T.O., Torino

DOI 10.1007/s10261-013-0061-2

B. Battiston

Introduzione

Le lesioni dei tendini flessori so-no fra i danni più comuni a livel-lo della mano e rappresentanouna vera sfida per il chirurgo.Nonostante gli sforzi effettuati permigliorare la tecnica chirurgica diriparazione primaria nei traumidella mano, sono ancora numerosigli insuccessi dovuti a rotture se-condarie e aderenze cicatriziali,specie per lesioni localizzate a li-

vello della cosiddetta “terra di nes-suno” o zona 2. Questo è dovutoalla particolare anatomia e vasco-larizzazione dei tendini flessori aquesto livello [1].I principali concetti che guidanoattualmente il trattamento di que-ste lesioni sono quelli di effettua-re riparazioni sufficientemente so-lide da consentire una guarigione“intrinseca” (con un processo ci-catriziale che avviene all’internodel tendine stesso) e allo stesso

tempo una mobilizzazione cheeviti la formazione di aderenze ci-catriziali con le strutture circo-stanti. Ovviamente, la tecnica chi-rurgica non è tutto e la rieduca-zione riveste un ruolo importan-te nel risultato finale. In questa presentazione vogliamocercare di fare sinteticamente ilpunto su quali sono i principaliprogressi che sono stati ottenuti inquesta chirurgia, soprattutto uti-lizzando tecniche innovative ebiotecnologie.

La sutura

Le caratteristiche di un’ideale ri-parazione primaria dei tendiniflessori sono:• suture facilmente inseribili nel

tendine• giunzione regolare dei monco-

ni e minimo “gap” a tale livello• minima interferenza della ripa-

razione con la vascolarizzazio-ne del tendine

• sufficiente solidità e resistenzadella sutura durante la guari-gione per permettere l’applica-zione di tensioni e movimenta-zioni primarie al tendine.

Attualmente la maggior parte deilavori indirizza a una riparazioneprimaria che debba prevedere unasutura centrale (“core suture”),possibilmente a fili multipli inmateriale monofilamento o in-trecciato del calibro 3/0 o 4/0 nonriassorbibile, cui si associa unasutura continua circonferenzialedell’epitendine a livello dei sitodi sezione eseguita accuratamen-te con materiale monofilamento5/0 o 6/0. La sutura centrale haforme e variazioni numerose e

ognuna con una sua validità.Una novità è quella dell’utilizzo didispositivi meccanici per la ripa-razione tendinea con l’obiettivodi aumentare la tenuta della su-tura.I dispositivi possono essere:• esterni, posti sulla superficie

del tendine• interni al tendine.Anche noi abbiamo messo a pun-to e brevettato un sistema di su-tura meccanica interno.L’idea di base è stata quella di ave-re un supporto meccanico inter-no in materiale riassorbibile che

ABSTRACT Use of biotechnologies in flexor tendon injuries repair

Severe flexor tendon injuries in the hand still represent a challenge for thesurgeon. Several solutions have been proposed to avoid these problems: bet-ter suture techniques, even with mechanical systems, and the use ofbiotechnologies as barrier agents against scar formation both in primarysutures and in tenolysis following failures. Poor results are to be treated bysophisticated surgical techniques: tenolysis, teno-arthrolysis, tendon grafts(one or two-stage), up to the use of tendon prosthesis.