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Dagli Appennini alle Ande Siamo nel cuore dell’estate e non po- tevamo non condire questa numero di Biosfera con consigli pratici da segui- re nei mesi più caldi, e più spensierati, dell’anno. Se proprio non ve la sentite di imbarcarvi in direzione Ecuador per par- tecipare a un corso da istruttore cinofilo sulle Ande, potete sempre rimanere in zona e scoprire il mondo del sottobosco che accompagna chi va in cerca di fun- ghi, magari nei vicini Appennini. Per chi alla montagna preferisce spiaggia e mare il must di stagione è invece il costume ecologico, per una tintarella e un tuffo in acqua coperti solo di materiale riciclato al 100%. Senza dimenticare gli animali. Vie- tato abbandonarli. E le soluzioni per una piacevole vacanza con gli amici a quattro zampe sono tutti a portata di mano. O di pagina, se continuerete a sfogliare. Rimanendo in tema di animali c’è anche la soluzione per eliminare i fa- stidiosi insetti che appestano le calde serate di mezza estate. La soluzione è il bat box: la “cuccia” per l’amico pi- pistrello, che senza darvi disturbo vi farà pizza pulita in giardino o in terraz- zo di animaletti poco graditi. Oltre al benessere individuale pen- siamo però anche a quello del pia- neta. E mentre Legambiente ci dice quanto sono utili le energie pulite, vi lasciamo con la riflessione di Mario Tozzi, lo scienziato con la piccozza: “l’adozione delle pratiche previste dalla decrescita felice è condivisibile e anzi è l’unica via possibile in que- sto senso. Ciò comporta consumare di meno e dotarsi di una buona parte di energie rinnovabili per i consumi domestici. Il singolo deve fare la sua parte e può fare parecchio”. Scienza e picozza a pag. 8 Bikini usa e getta a pag. 7 Nel mondo del sottobosco a pag. 15 Insetticida con le ali a pag. 11 Ferie a 4 zampe a pag. 13 Un dog trainer in Ecuador a pag. 3 Comuni rinnovabili a pag. 5 [email protected]

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Dagli Appennini alle Ande

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Dagli Appennini alle AndeSiamo nel cuore dell’estate e non po-

tevamo non condire questa numero di Biosfera con consigli pratici da segui-re nei mesi più caldi, e più spensierati, dell’anno. Se proprio non ve la sentite di imbarcarvi in direzione Ecuador per par-tecipare a un corso da istruttore cinofilo sulle Ande, potete sempre rimanere in zona e scoprire il mondo del sottobosco che accompagna chi va in cerca di fun-ghi, magari nei vicini Appennini.

Per chi alla montagna preferisce spiaggia e mare il must di stagione è invece il costume ecologico, per una tintarella e un tuffo in acqua coperti solo di materiale riciclato al 100%. Senza dimenticare gli animali. Vie-tato abbandonarli. E le soluzioni per una piacevole vacanza con gli amici a quattro zampe sono tutti a portata di mano. O di pagina, se continuerete a sfogliare.

Rimanendo in tema di animali c’è anche la soluzione per eliminare i fa-stidiosi insetti che appestano le calde serate di mezza estate. La soluzione è il bat box: la “cuccia” per l’amico pi-pistrello, che senza darvi disturbo vi farà pizza pulita in giardino o in terraz-zo di animaletti poco graditi.

Oltre al benessere individuale pen-siamo però anche a quello del pia-neta. E mentre Legambiente ci dice

quanto sono utili le energie pulite, vi lasciamo con la riflessione di Mario Tozzi, lo scienziato con la piccozza: “l’adozione delle pratiche previste dalla decrescita felice è condivisibile e anzi è l’unica via possibile in que-sto senso. Ciò comporta consumare di meno e dotarsi di una buona parte di energie rinnovabili per i consumi domestici. Il singolo deve fare la sua parte e può fare parecchio”.

Scienza e picozza a pag. 8

Bikini usa e getta a pag. 7

Nel mondo del sottobosco a pag. 15

Insetticida con le ali a pag. 11

Ferie a 4 zampe a pag. 13

Un dog trainer in Ecuador a pag. 3

Comuni rinnovabili a pag. 5

[email protected]

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L’esperienza di un ferrarese in un centro

per istruttori cinofiliUscire dagli schemi alla ricerca di

qualcosa di più autentico, fidarsi del proprio istinto più che dei consigli della Farnesina, ricercare il rapporto uomo natura all’interno della stessa, rimanere incantato di fronte alle stel-le accovacciate così vicino all’equato-re che sembra potercisi addomentare dentro... Non c’è dubbio che per ri-trovare se stessi un corso da Istrutto-re Cinofilo in Ecuador sia stata una scelta strana ma ef-ficace. Ore di pulmann tra nuvole di piombo con scorci mozzaf iato aperti come ferite sopra le Ande, due giorni aspet-tando nella città presta-bilita un con-tatto senza ancora un volto, il suo ar-rivo, la jeep lancia-ta sulla Panameri-cana che porta da Cuenca a Sayausi, l’approdo al centro di addestramento “Xtreme Dogs” dove ho passato quasi due mesi: tutto è sembrato avventura

e ricerca del non convenzionale. La mia formazione all’Hacienda “El Ma-zan” (una bella casa all’europea tra pascoli verdi e boschi di eucalipto) è iniziato a pieni ritmi da subito. Quello che mi interessava era capire i cani all’interno del loro habitat di sempre, poterci camminare assieme tra le montagne per instaurare un rapporto con loro prima di addestrarli, capire che cos’è l’addestramento da chi ne ha fatto la propria vita, ma fuori da classi ed ore prestabilite; volevo un faccia a faccia forzato con quella re-altà. A volte io e l’istruttore Dany De

A r a u j o ci sveglia-v a m o c o n una le-z i o n e

sopra l’etologia e gli istinti da svi-luppare in un cane

per convincere il suo cervello all’obbedien-za senza sen-

tirla come coerci-zione; altre volte si scendeva diret-tamente sull’erba umida del campo per i primi esercizi di “obediencia” e

“mordida”, ed è stato strano vede-re che in fondo siamo noi a dover in primo luogo sviluppare i nostri istinti

per diventare interessanti all’occhio dell’animale. Pian piano tutto ha pre-so forma in qualcosa di più concreto. Mi sono ritrovato a ridisegnare sia le dinamiche uomo-animale che uomo-uomo in maniera differente, così che lo scambio comunicativo reci-proco sul campo ha avuto un valo-re inesprimile in entrambe le dire-zioni.

Il bello di trovarsi in un Paese dove i rapporti umani e le burocrazie sono più morbide, infatti, è quello di po-ter entrare in contatto anche con le persone in maniera più vera. Sono stato così introdotto da Dany (che sosteneva dovessi avere un’idea glo-bale sul mondo del dog training ed i suoi metodi) in ambienti dove militari e poliziotti hanno condiviso con me i loro segreti su come addestrare un cane al recupero di armi, droga ed esplosivi in un clima che pareva più amicizia che scambio di informazioni riservate, quasi come se l’imprinting che lasci potesse valere l’accesso a qualunque informazione. Lunghi sa-rebbero poi i racconti su quante case mi hanno accolto, quanti sconosciuti chiesto di rimanere e sui discorsi lun-go le strade deserte la notte, con le emozioni scoperte come un libro sen-

za copertina. Non c’è stato un attimo di tutto questo che non sia stato per me una ripresa di fiducia anche verso i rapporti umani. Eppure se un fina-le a tutto questo doveva esserci, non

poteva che trattar-si di una prova con me stesso. Due giorni prima della mia partenza, un giudice di Guaya-quil (dove infine mi perderò dentro un’ultima avventu-ra) è sceso all’Ha-cienda insieme a

dieci proprietari per la selezione dei loro cani. Con “selezione” si intende la valutazione delle caratteristiche strutturali e psico-fisiche di un sog-getto, ed è di importanza basilare per il suo pedegree in quanto garanzia della genetica che tramanderà alle cucciolate. Detta in parole povere, niente selezione, niente accoppia-mento. Io partecipo con Wuily De Alkupak Wuasi, pastore tedesco nero di 15 mesi. Spuntiamo al secondo tentativo un punteggio di 72/80, votazione superiore ad addestratori con 20 anni di conoscenza, lo stesso di uno dei cani di Dany. Fortuna del principiante o talento lo scoprirò nel corso degli anni, eppure so che que-sta esperienza, aldilà di un titolo vali-do solo in Ecuador, mi resterà dentro per sempre.

Avventura da cani in Ecuador

“Il dog training ridisegna le dinamiche uomo-animale”

Marcello Gamberoniha trascorso due mesi sulle Ande

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L’86% dei Comuni italiani utilizza almeno una fonte rinnovabile

per produrre elettricitàIn Europa è sicuramente la Ger-

mania il Paese con il maggior spirito innovatore in materia di energie pu-lite. I tedeschi stanno raccogliendo i frutti degli sforzi compiuti nel corso dell’ultimo decennio per quanto ri-guarda la percentuale di elettricità generata attraverso le fonti alter-native. Alcuni studi hanno rilevato che la quota del 12,5% stabili-ta per il 2010 è già stata ampia-mente superata, i nuovi obiettivi sono quelli di rag-giungere quota 20% nel 2020, puntando so-prattutto su eo-lico e solare, e di arrivare ad-dirittura al 45% entro il 2030. E in Italia come viene affrontato il tema delle rinnovabili? Qualcosa sicura-mente si sta facendo, anche se non è possibile vantare un ruolino di mar-cia avvicinabile a quello teutonico. Secondo il rapporto di Legambien-te sono 6.993 i comuni italiani che hanno installato sul loro territorio al-meno un impianto per l’energia puli-ta, ben 1.413 in più rispetto all’anno scorso. E la crescita ha riguardato tutte le fonti cosiddette pulite o a basso impatto: solare fotovoltaico, solare termico, mini idro-elettrico, geotermia, impianti a biomassa. La diffusione di questi sistemi è pre-

sente nell’86% dei comuni. Seppure con qualche fatica si sta creando un nuovo modello di distribuzione che cambia profondamente il modo di guardare all’energia e al rapporto con il territorio. Fortunatamente ci sono anche nel nostro Paese delle vere e proprio punte di eccellenza. Dobbiaco, in Alto Adige, per esem-pio produce attraverso energie puli-te addirittura il 296% del fabbisogno elettrico delle famiglie che risiedono sul suo territorio. È il risultato di una combinazione virtuosa: 255 kW pro-vengono da impianti fotovoltaici e al-tri 1.279 kW dal mini-idroelettrico.

Sono stati inoltre installati pannel-li solari termici e attraverso la rete di teleriscalda-mento allacciata a due impianti – uno da biomassa da 25 MW e uno da biogas da 132 kW – si arriva a

coprire ben oltre le esigenze di calo-re dei residenti. L’impianto di teleri-scaldamento, inaugurato nel 1995, è in grado di soddisfare anche il fabbisogno termico del limitrofo co-mune di San Candido. La biomassa utilizzata è il “cippato” di origine locale, costituito dai residui delle potature boschive, cortecce, scar-ti di legno di segherie e industrie. Sempre nel bolzanino troviamo Pra-to allo Stelvio, altro ente locale vir-tuoso in tema di ambiente. In questo caso il mix energetico è composto da ben 6 tecnologie rinnovabili di-verse. Sono installate due centrali di teleriscaldamento da biomassa per una potenza totale di 1,4 MW, 4

impianti idroelettrici, diversi impian-ti fotovoltaici, un impianto eolico da 1,2 MW. Grazie all’insieme di fonti rinnovabili il Comune è in grado di risparmiare più di 5 mila tep di com-bustibili fossili e 14 mila tonnellate di anidride carbonica. Ma i vantaggi sono anche per le tasche dei resi-denti che godono di un risparmio del 30% sui consumi di energia termica. Non bisogna spostarsi tanto per arrivare a Carano (Tn). L’ammini-strazione comunale ha deciso di sfruttare al meglio una vecchia cava di porfido ormai inattiva, situata in un’area di monta-gna di 15 mila metri quadrati, esposta al sole e priva di alta vegetazione. I 3.000 pannelli fotovoltai-ci installati nel giro di un anno producono ora una potenza di 500 kw di energia elettrica, che soddi-sfa i tre quarti degli abitanti. Per trovare invece il primo comune capoluogo che pos-sa vantare significativi risul-tati in questo campo bisogna spostarsi all’estre-mo sud d’Italia, a Lecce. L’ammini-strazione salen-tina ha deciso di sfruttare i vari fat-tori energetici pre-senti sul proprio territorio. Sono stati predisposti impianti solari ter-mici (su 4.500 mq) e fotovoltaici (6 MW), ma anche 36 MW di sistema eolico che capitalizzano al meglio le

forti raffiche di vento presenti in pun-ti strategici. Il risultato prodotto da questo mix è in grado di soddisfare il 100% del fabbisogno elettrico delle famiglie. Per gli impianti fotovoltaici il comune è ricorso a incentivi regio-nali e al Conto Energia previsto dal-lo Stato. Ma i risultati sono arrivati molto in fretta anche grazie alla snel-lezza delle procedure autorizzative e burocratiche. I siti su cui si collocano i pannelli fotovoltaici sono i più di-

versi: capannoni industriali, cen-tri commerciali, distributori

di carburante, edifici sco-lastici ed ecclesiastici. Ma sono presenti ov-

viamente anche pic-coli impianti installati su abitazioni private. Al di là di queste re-altà principali Legam-biente ha deciso di

premiare altri comuni, che possono diventare

esempi per altre realtà lo-cali. È il caso di Monrupi-no, in provincia di Trieste. Il piccolo centro è in testa alla classifica per quanto riguarda il solare fotovoltai-

co con una media di 1.151 kw pro-dotti ogni mille abitanti. Da non dimenticare poi Don in Trentino, per quanto riguar-da il solare termi-co. In questo caso gli impianti solari sono in grado di

soddisfare larga parte dei fabbisogni di acqua calda sanitaria e di riscal-damento delle famiglie della zona.

Rivoluzione energetica in corso

Dobbiaco soddisfa

tre volte il fabbisogno dei residenti

In Alto Adige e Trentino le

amministrazioni più virtuose

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Con la carica negli slipSempre in linea con l’impronta

green in riva al mare, ecco un’invenzione quantomeno

geniale: il costume... autoalimentante. Se la prossima

volta che siete comodamente spalmati sul lettino ma l’iPod si

sta scaricando e gracchia, beh, un pensierino ad Andrew Schneider

lo dovete per forza fare. Questo giovane designer americano ha

infatti sposato moda e tecnologia, abbronzatura e tempo libero: ha infatti concepito un bikini

(boxer nel caso degli uomini) che permette all’energia solare non

solo di scurire la nostra pelle, ma anche di accumularsi per essere sfruttata come batteria naturale,

senza vivere con l’incubo del caricabatterie.

L’idea è al contempo semplice e geniale, perfettamente in

linea con il filone imperante delle energie alternative: il

costume è ricoperto una pellicola fotovoltaica che trasforma

l’energia proveniente dal sole in energia elettrica grazie alla

presenza di piccoli trasformatori. La presa è inserita nella parte

inferiore del costume nel caso delle donne, negli slip all’interno

dei boxer nel caso degli uomini (in quest’ultimo caso la portata della

carica è maggiore). Sempre a proposito di esempi famosi, il Solar Swimsuit della

Triumph International - industria giapponese che produce

reggiseni - è un costume intero sul quale è possibile collegare

un cavo usb per ricaricare piccoli dispositivi elettronici come

cellulare o lettori mp3. La stessa casa sta ottimizzando il Solar

power Bra, prodotto in cotone di alta qualità e con un pannello

solare cucito sull’addome, che offre la possibilità addirittura

di collegamento a un cavo usb. Futuristico, ma con due difficoltà

evidenti: come lavarlo senza danneggiare il pannello? Essendo un reggiseno – e non un costume

– come esporlo il più possibile al sole senza dare scandalo?

Bagnanti col bikini… solubileSi diffonde l’utilizzo

di costumi da spiaggia ecologici,

biodegradabili e usa e getta

Il bikini, riportano gli annali, era già conosciuto ai tempi dell’Antica Roma. Senza bisogno di indietreggia-re così tanto nel tempo, basta ricor-dare che in Europa i primi costumi da bagno fecero la loro comparsa ver-so la metà del XIX secolo: da quella sorta di vestiti che coprivano dalle spalle alle ginoc-chia si passò alla metà degli anni Cinquanta, quan-do la quantità di stoffa impiegata iniziava lentamente a diminuire. Gli anni Sessanta attestarono la diffu-sione dei primi topless, gli Ottanta il tanga di brasiliana concezione. Come si evince, la moda mare è sempre stata in moto perpetuo e ha sempre seguito l’evoluzione della società: pertanto, negli ultimi tempi non poteva non prendere una piega ecologica. Ovvero, anche in qui pochi centimetri quadrati di materiale è sta-ta cucita l’attenzione per l’ambiente. Alle ragazze sempre attente all’evo-luzione della moda e che non fanno a meno del web per seguirne le no-vità in tempo reale, non sarà sfug-gito il tam tam in Rete del successo della Rip Curl, compagnia australia-na da decenni impegnata nel riciclo dei materiali plastici. Sì, come si può dedurre, la linea lanciata per l’esta-te 2010 è una linea realizzata al 100% con materiali plastici riciclati, opportunamente trattati per ottene-re fibre idonee alla lavorazione e al confezionamento finale. Allo stesso modo, vengono prodotti completi tecnici per gli amanti della montagna. L’azienda riesce così, attraverso

una brillante azione di marketing, a colpire il target idoneo all’acqui-sto dei prodotti e contemporane-amente a incentivare la salvaguar-dia del pianeta, partendo proprio dai più giovani e da azioni sem-plici come la scelta di un bikini. Il tutto ad un prezzo nemmeno esor-bitante: i motori di ricerca on line de-dicati ai consumatori che permettono di paragonare e confrontare i prodot-ti parlano di cifre attorno ai 70 euro. Fortunatamente l’esempio della Rip

Curl non è isola-to: la piega gre-en che stanno prendendo molti settori della vita quotidiana porta il fiorire di nume-rose idee similari. Un caso in cui il materiale di par-

tenza è rappresentato da bambù, soia e cotone biologico sono i prodot-ti firmati dalla Nikster, che una volta ricavate le fibre idonee alla tessitura aggiungono solamente quel pizzico di lycra necessaria alla perfetta aderen-za al corpo. Ma non si pensi che i pro-dotti naturali siano spartani o anonimi: naturale non significa “out”, perché i costumi sono impreziositi ed abbelli-ti come le linee tradizionali da pizzi, merletti, perline e paillettes, secondo i dettami della moda del momento. E che dire della linea disegnata da Aa-ron Chang Collection: tutti i costumi da bagno concepiti sono costituti da bottiglie di plastica riciclate e 100% cotone biologico. E i costumi ma-schili – con il bo-xer che negli ulti-mi anni l’ha fatta da padrone – non seguono queste logiche di ecocompatibilità intin-ta nelle regole di marketing intel-ligente? La risposta è scontata. Un caso tra tanti: quella dei costumi ricavati da t-shirt riciclate, o usate

poco ma passate di moda. L’idea è firmata da LowTee e ovviamente la tecnica permette di ottenere pezzi unici. Ricreabili, senza scomodare gli stilisti più famosi, anche con un minimo di arte del cucito e qualche vecchia maglietta nell’armadio che non sia diventata straccio per spol-verare o materiale pronto per i cas-sonetti della raccolta umanitaria. Ma non finisce qui. Come nel caso di scarpe e borse chi, l’anno successi-vo all’acquisto, non si è pentito della spesa e sognato un nuovo modello? Disdetta che aumenta proporzional-mente all’importo dello scontrino emesso. Ebbene, sempre curiosando tra le stranezze in riva al mare o a bor-do piscina, ad un costo accessibilissi-mo (attorno ai dieci euro) è possibile cambiare ad ogni week-end il bikini. Come? Con il modello usa e getta. Ov-viamente l’allestimento è in carta mo-nouso con un “rinforzo” interno bianco per essere maggiormente resistente all’acqua (e alle trasparenze), ma può essere una simpatica alternativa in caso di impellente voglia di shopping marittimo o nel caso si sia dimenti-cato di mettere il nostro in valigia. Sempre “easy” come concezio-ne da segnalare anche il bikini tascabile, composto interamen-te da polimeri biodegradabili. Infine, se si vuole completare l’opera relativa all’abbigliamento da battigia, ecco sandali e infradito… naturali. Sono infatti in crescita le produzioni – con conseguente diminuzione dei

prezzi per i con-sumatori – di cal-zature con l’inte-laiatura ottenuta da pneumatici e copertoni ricicla-ti, dal coccolate (morbida fusione tra cocco e latti-

ce naturale) e inserti che vanno dalla canapa alla gomma riciclata, magari poggiati su zeppe in sughero naturale al 100%. Il tutto assemblato con colle all’acqua ipoallergeniche e atossiche.

la moda mare imbocca la strada

‘verde’

Due pezzi per salvaguardare

la natura

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L’intervista di Biosfera al geologo

più famoso d’ItaliaÈ il geologo più famoso di Italia.

In suo onore è stato battezzato persino un corpo celeste, l’aste-roide 11328. Compare in tv con il suo inseparabile “strumento di lavoro: non si possono ave-re dubbi... lui è il conduttore tv con la piccozza. Stiamo parlando di Mario Tozzi, primo ricercato-re del Consiglio nazionale delle ricerche e responsabile per la divulgazione della Federazione italiana scienze della terra. Ha firmato oltre 60 pubblicazioni scientifiche, ma ha anche condot-to 150 documentari  dalle città italiane per  Rai International ed è autore e consulente scientifico di numerosi programmi tv, come Geo&Geo, Gaia - Il pianeta che vive, Che tempo che fa. Biosfera lo ha intervistato,

per conoscere colui che è gior-nalista, ma anche ricercatore,

ambientalista, ma anche divul-gatore.

Io sono sempre un geologo. Questo è il mio essere, da cui de-riva tutto il resto. Sono uno che si occupa del pianeta e che lo studia. Il pianeta è il centro delle mie riflessioni. Da ciò deriva l’at-tività di divulgazione, di ricerca, di conduzione televisiva. Ricerca e divulgazione sono facce della stessa medaglia.

La ricerca in Italia è colpita da quel fenomeno della “fuga dei cervelli”: cosa consigliereb-be a un giovane ricercatore?

Il mio consiglio è di emigrare, per conoscere altre realtà, per poi tornare in Italia e battersi per restare qui. Il problema non sta nel fatto che i cervelli italiani emigrino, ma che non ritornino.

Dalla ricerca all tv. Lo scor-so 30 giugno ha vinto il pre-mio Flaiano per la televisione insieme al Trio Medusa, per il programma La gaia scienza su La7, che conduce da circa un anno. Quali sono gli ingredien-

ti per una “buona” tv?Per quanto mi riguarda sono

informazione e intrattenimento, mescolate in maniera attraente con un piccolo carattere di novi-tà.

Ma esistono tabù “verdi” di cui si fatica a parlare all’opi-nione pubblica?

Purtroppo quando si parla di problematiche importanti, ma difficili da affrontare, ne esistono tuttora tanti. Per esempio, primo tra tutti, la decrescita felice. È un concetto ambientale che incide sull’economia del Paese: conside-rato che gli economisti leggono la crescita in termini di Pil, l’espres-sione “decrescita felice” si tende a censurare.

In che cosa consiste?Significa che il singolo deve fare

la sua parte e può fare parecchio: l’adozione delle pratiche previste dalla decrescita felice è condivi-sibile e anzi è l’unica via possibi-le in questo senso. Ciò comporta consumare di meno e dotarsi di una buona parte di energie rin-

novabili per i consumi domestici. Questo ci consentirebbe di non dover costruire nuove centrali.Il suo essere vegetariano ri-

entra in questo approccio?Sì, sono vegetariano, ma non

come fosse una fede religiosa. Se mi invitano a cena degli amici e mi preparano la carne, la man-gio – poca -, per non mettere in imbarazzo nessuno. Perchè penso che l’eccessivo consumo di carne e pesce determini dei danni am-bientali considerevoli.Una tematica sotto i riflettori

è invece quella del risparmio energetico.

Il concetto di efficienza energe-tica implica l’uso delle fonti rin-novabili. Si sta affermando sem-pre più questo atteggiamento, che è quello pù produttivo per il prossimo futuro, se non voglia-mo subire crisi senza precedenti. Probabilmente all’inzio c’è biso-gno di incentivi, per far diventare tali fonti progressivamente più vantaggiose: ritengo che sfruttare queste strategie di incentivazione

Mario Tozzi, lo scienziato

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sul breve e medio termine, possa contribuire a mettere in campo un circolo virtuoso.Il nucleare non è allora un mo-

dello da seguire?Nella maniera più assoluta, no.

Perchè è una strategia di corto re-spiro. È un combustibile fossile e le sue riserve sono limitate: quindi tanti più reattori si inaugureranno, tanto meno durerà. Già adesso si calcola una prospettiva di 60 anni: se si mettessero in azione tutti i reattori del mondo, le scorte du-rerebbero trent’anni, meno del-la vita di una nuova centrale. Poi c’è il problema che non sappiamo come smaltire le scorie in manie-ra definitiva: nessuno al mondo lo sa. Inoltre è impossibile calcolare il vero costo di un reattore nuclea-re, quello che viene accollato alla collettività e che risulta legato allo smaltimento delle scorie, alle con-seguenti malattie, agli eventuali incidenti.È piena estate: la costa emilia-

no-romagnola è uno dei simbo-li delle vacanze di tanti turisti.

Una potenzialità economica e al tempo stesso una criticità am-bientale della nostra regione.

Lo stato del mare, ma anche l’ero-sione delle coste, è un problema generale e presente, soprattutto laddove vengono scaricati i liqua-mi, seppur depurati. La vera emer-genza ambientale della regione consiste nell’assenza di una vera rete di tutela ecologica, di pro-tezione della natura al suo stato originario: ci sono troppe cave che prelevano ciottoli e sabbie dai fiu-mi e dai torrenti. E ci sono troppe costruzioni: è tuttora molto forte l’aggressione del cemento. Mino-re è il problema della subsidenza, in Emilia-Romagna,  che è invece quasi arrestata, perchè il prelievo di idrocarburi nel ferrarese è limi-tato. Le frane sono un’evenienza molto forte, mentre i terremoti non sono così importanti, sono solo di piccola entità nel parmen-se e nel reggiano. Premesso ciò, i parchi regionali sono ancor più im-portanti, per la loro fondamentale funzione di tutela ambientale.

“Il sentiero dell’atmosfera” nel Parco del Frignano

3, 10, 17, 24 e 31 agosto 2010Sestola (Mo), Ufficio informazioni turistiche, ore 8,30

Per conoscere l’atmosfera, il suo stato di salute e l’attività di ricerca scientifica svolta a 2165 m di quota sulla vetta del Monte Cimone, il Parco del Frignano organizza ogni martedì di agosto

l’escursione gratuita “Il sentiero dell’atmosfera”. Si tratta di un itinerario didattico-ambientale che percorre le pendici nord-

ovest del Monte Cimone e introduce ai “segreti” dell’atmosfera e del clima che cambia, grazie ai 10 punti informativi disseminati

lungo il sentiero. Giunti sulla vetta, gli escursionisti potranno visitare la Stazione di ricerca Scientifica “Ottavio Vittori” del

Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Osservatorio del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare”.

Il ritrovo è fissato alle ore 8,30 presso l’Ufficio Informazioni Turistiche di Sestola (Mo).

Prenotazione obbligatoria:Ufficio IAT Sestola tel. 0536.62324.

III ecomaratona della Valdarda15 agosto 2010

Casali di Morflasso, Piacenzainfo: ecovaldarda.it

XI Premio Ecologia Laura Conti31 agosto 2010

Venezia, Ecoistituto del Veneto, viale Venezia, 7L’annuale concorso che l’Ecoistituto del Veneto Alex Langer

promuove per valorizzare tesi di laurea in campo ambientale.

APPUNTAMENTI

che ama il pianeta

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Una casetta in giardino per ospitare

pipistrelli anti-zanzaraNon arrivano più le rondini e si alle-

vano pipistrelli. Il mondo va a rove-scio, per quanto concerne il pri-mo caso, ma per il secondo pare proprio sia iniziato un percorso di riabilitazione per un animale per secoli vittima indifesa di superstizioni e false credenze. Il “topo volante” è infat-ti ora una delle armi migliori, che coniuga efficacia, economia, ecolo-gia ed ecosiste-ma, nella lotta a zanzare e insetti. A qualunque la-titudine, chi non si è mai istintiva-mente coperto la testa con le mani alla vista di un pipi-strello? Leggenda vuole che i capelli siano una delle mete preferite dei chirotteri (nome scientifico del pipi-strello), ma decenni di documentari hanno smentito tale predisposizione. Ed è stato sfatato anche il mito che siano ciechi: anche in questo caso numerosi approfondimenti scienti-fici hanno smontato la tesi. Per non parlare dell’accostamento del mam-mifero all’origine della saga di Bat-man e dei vampiri. Fortunatamente in alcuni paesi quali Cuba, Cina ed alcune isole del Pacifico i pipistrelli sono considerati dei portafortuna. Si diceva della lotta alle zanzare, ar-gomento da sempre nei piani di pre-venzione delle amministrazioni delle zone un tempo paludose, Ferrara e la sua provincia in primis. A tal pro-posito, l’estate 2010 sta portando in voga le “Bat Box”, in vendita da alcu-ni anni ma ora all’apice del successo: casette in legno costruite apposita-mente per i pipistrelli, alloggiate in giardini o sui balconi, in maniera da tenere il più possibile “pulita” l’area circostante dai fastidiosi insetti estivi.

I detrattori penseranno: già, ma cosa vuoi che faccia da solo un animalet-to lungo qualche centimetro? Bene, i pipistrelli dal tramonto all’alba in-gurgitano qualcosa come diecimila insetti, di cui duemila circa sono zan-

zare. Non a caso, vista la voracità del pipistrello, il progetto è stato

impiantato anche in Sudafrica per arginare, o almeno tentare di farlo,

una malattia morta-le come la malaria,

portata dalla fem-mina di Anophele. Ma com’è fatta questa casetta? E’ una semplicis-sima struttura in legno di circa 35 cm per 60, spessa appena 5, messa insieme senza di colle o coloranti nocivi, e inodore,

per evitare che l’animale non ci entri. E’ molto simile a quella che in tempi lontani veniva allestita in giardino per gli uccellini: l’unica differenza è che la bat box presenta il buco d’entra-ta in basso, per favorirne l’ingresso come natura detta. Sempre per as-secondare le esigenze del chirottero - che numerosi gridi di allarme danno in via di estinzione - la casetta deve essere posta solle-vata dal terreno, ad un’altezza che varia dai 3 ai 6 metri, che le ren-de sicure dai pre-datori, o in pieno sole o all’ombra totale (nel primo caso si accon-tenteranno le femmine del pipi-strello, nel secondo i maschi). Le scatole possono anche essere ap-pese agli alberi, o fissate alla parete dell’abitazione. Al bando però posti illuminati, o superfici metalliche. C’è anche un periodo idoneo per l’in-stallazione, perché nulla di questo

sistema che cerca di arginare l’uti-lizzo di sostanze chimiche è lascia-to al caso: il momento migliore per il posizionamento è in primavera, tra marzo e aprile, quando il pipi-strello esce dal letargo e cerca una sistemazione per i mesi successivi. I pipistrelli - delle 34 specie presen-ti in Italia - che riempiranno le bat box saranno i Pipistrellus kuhlii, in italiano pipistrello albolimbato. Am-piamente diffuso, è di piccole dimen-sioni e predilige proprio gli ambienti urbanizzati. Già poco prima del tra-monto caccia insieme alle rondini, ad una distanza dal suolo che non supera le poche decine di metri. Col sopraggiungere della notte si sposta presso i lampioni e le altre sorgen-ti di luce che attraggono gli insetti. Ma da dove è nata questa nuova moda, che alcuni comuni del Nord Italia hanno addirittura adottato uffi-cialmente? Il progetto, chiamato “Un pipistrello per amico”, è datato 2007 ed è stato reso realtà dalla partner-ship tra il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze  e Unicoop Firenze ed ha trovato tra Toscana, Emilia Romagna e Lazio i terreni più fertili per il radicamento. Presso i punti vendita Coop che la espongo-no la bat box è in vendita a 27 euro, ma sono molti i casi di auto-costru-

zione, con diversi Comuni che hanno pubblicato del-le vere e proprie guide dell’allesti-mento fai-da-te. Non solo. Il proget-to quest’anno ha trovato uno spon-sor di calibro mon-diale, Walt Disney, che ha disegnato

per Coop Kiro (da chirottero) ed ha prodotto una serie di gadget  ludici ed informativi che accompagnano le bat box nei punti vendita: fumetti, adesivi, album da colorare e il libret-to con le informazioni sui pipistrelli e sul corretto utilizzo della scatola.

Una Bat-Box per l’insetticida volante

Bye bye AutanChi abita in zone soggette alla

proliferazione delle zanzare avrà sperimentato ed affinato

numerose tecniche per contrastare la loro presenza, parallelamente ai trattamenti periodici garantiti dal comune di residenza (trattamenti

larvicidi per fogne e caditoie, ovitrappole etc.).

Ma sembrano in declino i tempi dell’Autan, ben conosciuto nel ferrarese e che ha attraversato

incontrastato intere generazioni, e dei prodotti chimici in

genere: negli ultimi anni, oltre all’inossidabile zampirone -

che però si è “vestito” di nuovi profumi, al passo con in tempi

– sono cresciuti a dismisura i prodotti naturali per contrastare

il fastidioso fenomeno: dai prodotti naturali a base di estratti

di citronella e geranio, olio di Neem, menta; nuova moda che pesca dai rimedi della nonna gli

sfregamenti con rami di rosmarino e fiori di lavanda. Troviamo anche

alcuni prodotti omeopatici utili alla causa: il Ledum Palustre, ad

esempio, altera il sudore della pelle rendendolo sgradevole alle

zanzare. Ma possono venire in aiuto

anche... i pesci rossi. Numerose associazioni ambientaliste

suggeriscono di dare vita ad eventuali piccoli laghetti o vasche nel giardino popolandoli di pesci,

che mangiando le larve delle zanzare argineranno nel loro piccolo una piccola parte del

problema. Infine, una regola che poco

c’azzecca con la scienza (ma non si sa mai). Sembra infatti che le

zanzare siano attratte in maniera diversa dai colori: maggiormente predisposte ad attaccare persone

vestite di nero, rosso e blu, a decrescere seguono verde, giallo,

bianco.

I chirotteri sono voraci predatori di insetti

Un sistema per arginare l’uso di sostanze chimiche

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Dimezzati gli abbandoni di animali

nel periodo estivoL’estate, si sa, oltre a coincidere con

la bella stagione, la tintarella e i tuffi al mare, è anche il periodo in cui si registra il picco nella triste classifica degli abbandoni degli animali, cani in primis. Nel corso dell’estate 2009 sono stati 5900 i fedeli amici dell’uo-mo, traditi vigliaccamente dai propri padroni e lasciati al loro destino su una strada. Il dato, per quanto anco-ra molto elevato, rappresenta però un significativo passo avanti rispetto agli anni precedenti, quando le statistiche dei ca-nili italiani segna-vano più o meno il doppio dei casi di randagismo. Le cause di questo netto calo? Diverse. La prima riguar-da un drastico, ma opportuno, i n a s p r i m e n t o delle sanzioni penali riguar-danti il maltrat-tamento e l’ab-bandono degli animali di com-pagnia. Numero-se sono state poi le campagne tese a scoraggiare gesti che poco hanno a che fare con la ci-viltà. Contemporaneamente a questo è andata via via aumentando la sensi-

bilità degli esseri umani nei confronti delle bestiole. La società fortunata-mente sta cambiando: istituzioni ed esercizi privati cominciano a studiare modi per andare incontro alle esigen-ze di quei 22 milioni di italiani che posseggono un cane o un gatto e che non per questo debbono rinunciare a molte abitudini quotidiane o alle pro-prie ferie.

Ecco allora che anche il Governo sta muovendo alcuni passi in tal senso. Michela Vittoria Brambilla, ministro del turismo, insieme alle associazioni di categoria del settore, hanno rea-lizzato un sito studiato per agevolare al massimo i possessori di animali,

permettendo loro di orga-nizzare le vacanze

senza lasciare a casa i propri fe-

deli compagni, ma anche per migliora-

re il sistema turisti-co italiano visto che

all’estero, in que-sto specifico cam-po dell’accoglien-za, sono molto più organizzati di noi.

Il nome del sito è di quelli che si ricordano facil-mente: “Turisti a 4 zampe” (www.tu r i s t i a4zampe.it) ma non si pensi

sia rivolto solo ai possessori di cani e gatti. Tra gli animali da compagna elencati tra quelli che si vorrebbero portare in vacanza sono contempla-

ti anche tartarughe, uccelli, conigli, furetti e addirittura cavalli. Ovvia-mene in quest’ultimo caso occorrere restringere le proprie pretese di vil-leggiatura agli agriturismi dotati di maneggio.

All’interno del portale si trovano moltissime informazioni a cominciare dalle tipologie ricettive. Un semplice motore di ricerca permette di sele-zionare la propria struttura ideale, optando tra alberghi, campeggi, agri-turismi, bed&breakfast, e scegliendo poi la regione, la provincia o il comu-ne di destinazione.

Le località maggiormente orga-nizzate sono quelle romagnole, con Rimini e provincia che contano il maggior numero di strutture idonee a ricevere gli ospiti a quattro zampe. All’atto della prenotazione non man-cano però i distinguo. Alcuni alberghi accettano solamente cani di piccola taglia, altri non consentono l’accesso degli animali alla zona ristoro, altri an-cora richiedono garanzie ai visitatori affinché i propri fido non siano soliti abbaiare più del lecito, con minaccia di essere cacciati dalla struttura per disturbo dei vicini di camera. C’è poi l’aspetto legato all’accesso alla spiag-gia. Alcuni alberghi che ricevono gli animali sono convenzionati con stabi-limenti balneari in cui i cani possono essere condotti all’interno del bagno o in specifiche zone a loro riservate. In molti di questi casi è però previsto l’obbligo di tenere gli animali al guin-zaglio. Dove ciò non è consentito na-sce la necessità da parte dei padroni di informarsi se nelle vicinanze della

propria struttura ricettiva esistano tratti di spiaggia libera con accesso consentito agli animali.

Diverso il discorso per chi opta per le vacanze in nave. Quasi tutte le linee che effettuano servizi di tra-ghettamento verso le principali isole vicine allo Stivale (Sardegna, Corsica, Elba, Eolie) non pongono problemi per l’accesso di animali a bordo. Il problema nasce invece per le cro-ciere. Tra le diverse compagnie che organizzano viaggi nel Mediterraneo e dintorni pare non ci sia ancora chi ha pensato di agevolare i proprietari di animali.

Tornando al sito “Turisti a 4 zampe”, va detto che non si rivolge esclusi-vamente ai villeggianti. Molto spesso i possessori di cani, anche nella pro-pria città, sono limitati nell’accesso a bar e ristoranti, dovendo scegliere se lasciare il cucciolo a casa, in macchi-na o, come avviene altre volte, legato fuori dalla porta dell’esercizio. Il mo-tore di ricerca consente di individua-re i luoghi dove mangiare un boccone tenendo il proprio fedele amico a di-stanza di guinzaglio.

Ma non è tutto. Il portale si pone come un ausilio costantemente ag-giornato per tutto ciò che concerne la vita in compagnia di un animaletto. Ci sono quindi un gran numero di con-sigli e di indicazioni utili, non ultimo un sistema di ricerca dei veterinari, in modo tale che per ogni sfortunata evenienza che può colpire il proprio animale in città o durante la villeggia-tura, è possibile individuare la strut-tura di cura o assistenza più vicina.

In vacanza con Fido

Sono 22 milioni gli italiani che possiedono un

cane o un gatto

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IL DECALOGO1. Quando si effettuano le

prime esplorazioni micologiche è consigliabile farsi guidare da una

persona esperta

2. Durante l’uscita fissare dei punti di riferimento, procedere

sempre con cautela ed attenzione: è necessario vivere questi momenti

con equilibrio, pesando i propri limiti fisici e senza strafare

3. Per chi ha poco senso dell’orientamento, evitare di

esplorare zone sconosciute

4. Evitare di uscire in prossimità del tramonto, il buio è un cattivo

alleato

5. Per i neofiti è consigliato portare alle prime uscite due

contenitori: uno in cui riporre le specie di cui si è certi della

commestibilità, l’altro per i funghi su cui si nutrono dubbi da far

visionare al rientro da un esperto in materia

6. I contenitori per la raccolta devono obbligatoriamente essere

cestini di vimini, avere una base sufficientemente ampia e un

manico corto e schiacciato per non creare impiccio durante l’uscita. Vietati sacchetti di ogni genere,

che potrebbero alterare l’humus

7. Chi frequenta il bosco deve avere rispetto di tutte le forme di vita animale e vegetale che

incontra, non solamente dei funghi

8. E’ sconsigliato mangiare durante le esplorazioni

micologiche: vero che l’uscita richiede molte energie, ma a

stomaco pieno aumentano la sensazione di gambe pesanti e il

senso di disagio

9. Non tagliare mai i funghi alla base e non raccogliere esemplari

troppo giovani che non hanno ancora prodotto spore

10. Evitare sempre di consumare funghi che non siano stati identificati con certezza: nel

dubbio è sempre meglio non rischiare

Il chi, cosa, come, quando, dell’esperto

raccoglitoreUn ricco risotto con una bella spol-

verata di parmigiano. Cotti alla pia-stra. O crudi, in una sana semplice ma gustosa insalata estiva. I prota-gonisti sono loro: i funghi. Il regno dei Funghi (in latino Fungi) o miceti, comprende più di 100mila specie. Dietro ad un buon piatto al ristoran-te, alla bustina di funghi secchi che troviamo al supermercato, c’è un ric-co background fatto di esperienza, conoscenza e fatica. E, non per ulti-mi, di rispetto e conoscenza dell’am-biente.

Partiamo dalla fatica: i funghi - oggetto di molte false credenze e leggende che lo accompagnano fin dall’antichità, da Roma all’antica Grecia, passando per la mitologia nordica – crescono sui tronchi degli alberi o nel terreno, e si raccolgono in ambienti collinari e montani, spes-so tra la fitta boscaglia e su terreni in pendenza, ma numerose specie fan-no capolino anche in pianura.

Passiamo alla conoscenza: non ci si improvvisa buoni ‘fungaioli’ dalla mattina alla sera, come se fosse una moda. Oltre alla solita raccomanda-zione di muoversi, per le prime usci-te, con qualcuno che ha già un buon bagaglio sulle spalle, solitamente sono l’esperienza e la conoscenza a permettere di riconoscere quelli buo-ni da quelli no, quelli pericolosi da quelli commestibili. Ed ecco entrare in gioco il raziocinio e le conoscenze accumulate da quando è iniziata l’av-ventura a caccia di fughi, e che forse – una volta saputo – renderà meno scontata la bustina di funghi secchi che mettiamo distrattamente nel

carrello mentre facciamo la spesa.Una volta adocchiata una specie,

parte infatti un’attenta analisi mor-fologica: determinare la specie (e la sua eventuale non tossicità) è vitale, è il caso di dirlo. Anzi, ai fungaioli alle prime armi viene consigliato di munirsi di due contenitori: uno in cui mettere le specie di cui si ritiene certa l’origine, l’altro con i casi incerti (valutati poi da chi?). A tal proposito, comunque, va ricordato che il servi-zio Ausl di ogni regione, in genere il Centro Micologico o il Servizio Igie-ne Pubblica, offre nell’indecisione un pool di esperti in grado di valutare la commestibilità della specie raccolta. E il rispetto dell’ambiente? Si pense-rà: sono in un bosco, più naturale di così… Invece no. E’ l’uomo l’artefice del rispetto delle aree verdi, e non viceversa.

Già la ‘strumentazione’ di base dei raccoglitore di funghi è in linea con la natura: i raccoglitori partono muniti solamente di cestini di vimini (niente sacchetti di plastica) e bastone (vie-tati anche i rastrelli perché potreb-bero danneggiare l’humus) e coltello (senza punta). E l’unico altro ‘stru-mento’ necessario idoneo è impalpa-bile e non inquina: il riconoscimento morfologico.

Ancora: a differenza dei riti della società odierna che puntano sul-la socializzazione, per i fungaioli è consigliato evitare i posti affollati che – evidentemente – pullulano di funghi buoni ma che annichiliscono la bellezza di una camminata quasi in solitario alla ricerca di porcini & soci. Non solo: l’alta concentrazione di raccoglitori minaccia quel deter-minato ecosistema, e la salvaguardia dei teatri naturali dove crescono i funghi è basilare per il mantenimento delle specie e della possibilità di pro-

seguire negli anni a venire questo ri-to-hobby. A tal proposito, fare meno confusione possibile, disturbare al minimo la fauna presente e lasciare meno ‘residui’ umani in giro (carte, rifiuti, lattine etc.) è alla base del va-demecum del buon raccoglitore.

Ma rispettare il bosco, o il sotto-bosco, significa anche semplice-mente lasciare al loro destino le specie notoriamente tossiche e che evidentemente hanno un loro senso nell’ecosistema di quel particolare habitat, o evitare anche di riempire il cestino con specie che non han-no nessun interesse gastronomico così, tanto per fare numero e farsi belli con gli amici. A tale proposito, come recita il volume I della collana ‘I funghi dal vero’, redatta da quel-lo che è stato considerato il maggior esponente di quest’arte, Bruno Cet-to, “i funghi sono “indispensabili al benessere delle piante ad alto fusto”. Ma non solo: i funghi saprofiti sono veri e propri “spazzini” della foresta provvedendo a “preparare” il mate-riale morto (foglie, rami etc.) per la successiva demolizione ad opera dei batteri.

Infine, come in molti campi, esisto-no suggerimenti ‘della nonna’ che possono andare bene nel caso di accorgimenti per l’igiene personale o l’economia domestica ma che è me-glio non applicare ad alimenti poten-zialmente velenosi e mortali come i funghi. Viene da sorridere a leggerli, ma sono costati vite umane o ricoveri in ospedale. Ad esempio si dice che se, bollendo nell’acqua con i funghi oggetti in argento questi rimango-no chimicamente inalterati, i funghi sono commestibili. Oppure, si posso-no ritenere idonei all’alimentazione quelli mangiati in parte dagli animali del bosco, come lumache o uccellini.

Estate, tempo di funghi

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