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Essere o benessere? Sabato 30 gennaio 2010 anno I numero 01 Ad ogni epoca corrisponde una sfi- da: la conquista del fuoco, la scrittu- ra, l’agricoltura, la civiltà industriale. La sfida del tempo presente è dimo- strare la nostra capacità di vivere in armonia con l’ambiente. Un equilibrio da raggiungere al più presto, per non continuare a mettere in pericolo la vita stessa; del pianeta e, di conse- guenza, di tutti noi. Queste pagine, realizzate con carta riciclata e non trattata chimicamente, sono dedicate a coloro che affrontano ogni nuovo giorno come una sfida, un foglio bianco in cui inserire nuovi con- cetti di progresso e società. Perché se oggi la parola d’ordine è sostenibilità, è soltanto attraverso la conoscenza che si può trovare la chiave di volta per adottare comportamenti corretti. Il nostro, dunque, vuole essere un pic- colo contributo per accedere a nuovi scenari di conoscenza, fornendo una panoramica delle vie d’accesso a tutto ciò che è evoluzione nel rispet- to della natura: dalla bioedilizia alle energie rinnovabili, dal turismo verde ai rimedi naturali per la salute, dal ri- ciclo dei materiali alle nuove forme di utilizzo corretto dell’ambiente che ci circonda. In questo percorso ci faremo guida- re, come un faro, da alcuni interroga- tivi: sapremo diventare abbastanza sensibili da cogliere e rispettare la complessità del nostro pianeta supe- rando paure e necessità immediate? Saremo capaci di pensare ad un siste- ma economico che consideri le conse- guenze, anche minime, su ogni essere vivente? Sapremo pensare come un ecosistema e vivere come elementi utili alla nostra Biosfera? Tutti noi, let- tori di Biosfera, terremo gli occhi e la mente aperti per raccogliere ogni se- gnale di questo cambiamento, imma- ginando, tra queste pagine, il nostro domani. Adesso. La Redazione CaFFè da passerella a pag. 3 Eco-naso per Paris a pag. 5 indennità da INCENERITORE a pag. 7 RISO da camminare a pag. 9 La Senape ti mette le ALI a pag. 11 La PIANTA che allunga la VITA a pag. 13 Parola di SCOUT a pag. 14 www.aromabag.it i brand nella foto sono stati usati al solo scopo dimostrativo” copia gratuita

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cultura bioetica

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Essere o benessere?

Sabato 30 gennaio 2010 anno I numero 01

Ad ogni epoca corrisponde una sfi-da: la conquista del fuoco, la scrittu-ra, l’agricoltura, la civiltà industriale. La sfida del tempo presente è dimo-strare la nostra capacità di vivere in armonia con l’ambiente. Un equilibrio da raggiungere al più presto, per non continuare a mettere in pericolo la vita stessa; del pianeta e, di conse-guenza, di tutti noi.

Queste pagine, realizzate con carta riciclata e non trattata chimicamente,

sono dedicate a coloro che affrontano ogni nuovo giorno come una sfida, un foglio bianco in cui inserire nuovi con-cetti di progresso e società. Perché se oggi la parola d’ordine è sostenibilità, è soltanto attraverso la conoscenza che si può trovare la chiave di volta per adottare comportamenti corretti. Il nostro, dunque, vuole essere un pic-colo contributo per accedere a nuovi scenari di conoscenza, fornendo una panoramica delle vie d’accesso a

tutto ciò che è evoluzione nel rispet-to della natura: dalla bioedilizia alle energie rinnovabili, dal turismo verde ai rimedi naturali per la salute, dal ri-ciclo dei materiali alle nuove forme di utilizzo corretto dell’ambiente che ci circonda.

In questo percorso ci faremo guida-re, come un faro, da alcuni interroga-tivi: sapremo diventare abbastanza sensibili da cogliere e rispettare la complessità del nostro pianeta supe-

rando paure e necessità immediate? Saremo capaci di pensare ad un siste-ma economico che consideri le conse-guenze, anche minime, su ogni essere vivente? Sapremo pensare come un ecosistema e vivere come elementi utili alla nostra Biosfera? Tutti noi, let-tori di Biosfera, terremo gli occhi e la mente aperti per raccogliere ogni se-gnale di questo cambiamento, imma-ginando, tra queste pagine, il nostro domani. Adesso. La Redazione

CaFFè da passerella a pag. 3Eco-naso per Paris a pag. 5

indennità da INCENERITORE a pag. 7

RISO da camminare a pag. 9

La Senape ti mette le ALI a pag. 11

La PIANTA che a l l u n g a la VITA a pag. 13

Parola di SCOUT a pag. 14

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L’idea di creare un accessorio di moda nata da un giovane

studente universitario

Un fragrante aroma di caffè e un ri-goroso made in Italy: è Aromabag, la borsa cucita sull’idea dell’artigianato creativo ed ecosostenibile.

Lo stilista è un giovane ventiseienne di Porto Tolle, Steve Azzalin, studen-te di Comunicazione all’Università di Ferrara e artigiano con la passione per l’autoproduzione: quando aveva cinque anni, le tradizionali macchini-ne non se le faceva regalare, ma se le costruiva con bucce d’arancia e stec-chetti. Una passione che è cresciuta nel tempo, e che lo ha portato a fab-bricarsi da sé birra, liquori e sapone.

Autoproduzione, ma anche sensibili-tà ambientale: una lunga esperienza negli scout lo ha condotto negli anni a tingere di verde le sue potenzialità creative.

Aromabag è nata da un percorso di vita, e ha preso forma due anni fa, in occasione di un viaggio a Lisbona: stringeva un bel sacchetto di caffè dello storico Café Nicola, mentre dentro cresceva la voglia di avere una borsa “unica”. Ecco allora l’idea. Dall’idea viene il proget-to e quindi l’entusiasmo di realizzare

un sogno: gli ingredienti? Qualche sacchetto da caffè chiesto a un amico barista, forbici, ago e filo. E ad agosto 2008, il brevetto. L’impresa. La pro-mozione. Le sfilate. La vendita.

Azzalin, nella sua personale aroma-

bag, porta sempre una matita e un taccuino. “Mi piace guardare cosa indossa la gente: le donne e i giova-ni, specialmente. E quando qualche idea mi colpisce prendo appunti, fac-cio qualche disegno e appena torno a casa sviluppo il progetto”. Dall’idea alla sua realizzazione concreta: al desk di questo giovane laureando non c’è il solito computer, ma la macchina da cucire. Dopo aver raccolto le buste necessarie – da otto a venti, a secon-da della grandezza di ciascuna confe-zione e modello –, taglia e intreccia i sacchetti di caffè tramite resistenti finiture in poliestere. La sua prima macchina da cucire era una Singer a

pedale della nonna, da cui ha imparato l’arte della tessitura: una passione che gli è entrata nel dna. In questo progetto lo aiuta anche la mam-ma, una casalinga attivissima. Il passo successivo è infine la consegna del model-lo ad alcune delle sue più affezionate clien-ti: “Lo testeranno in vista del modello de-finitivo, mi segnale-ranno eventuali difet-ti e mi consiglieranno

che modifiche apportare al mio pro-getto”, spiega l’artigiano delle borse prêt-à-porter.

I modelli per il momento sono sei, tre stile “shopper” - Easy,

City e Sun - , e tre con tracolla -

C a m p u s ,

University, College -. La stessa cinghia per la tracolla sfrutta un’idea innova-tiva – già presente sul mercato - delle cinture di sicurezza dei veicoli destina-ti alla demolizione.

Aromabag è un progetto basato su

5 “R”: Rifiuto, Re-cupero, Riciclo, Re-styling, Ritorno di immagine. “Intendo creare una rete di torrefazioni “virtuose” – auspica Azza-lin – per trasformare il sacchetto del caffè, da rifiuto difficilmente recupera-bile, a immagine “green” dell’azienda”. Infatti il recupero è duplice: “Da una parte – spiega Azzalin - si riutilizza il sacchetto nella sua fisicità, ma d’altra parte si lancia un’immagine nuova del marchio e, quindi, dell’azienda pro-duttrice di caffè”. Costadoro S.p.A. di Torino e Krifi Caffè S.p.A. di Ferrara sono due nomi che spiccano nella ca-tena di aziende che hanno già sotto-scritto il contratto con Aromabag. Un contratto a costo zero, che va a tutela dei brand delle torrefazioni.

Trendy e originale, con quel suo pro-fumo inconfondibile di caffè che si porta sempre appresso, Aroma-bag ha già venduto oltre cin-quecento pezzi, unici nella loro fattura perché tagliati e cuciti singolarmente e a mano: e saranno presto acquistabili presso un circuito selezionato di commercianti. “Per ora – anticipa Azzalin - l’impresa punta sulle borse, ma

sono già in fase di studio molti altri prodotti. Un esempio? Le tovagliette per la colazione”.

Intanto Aromabag calca le passerelle italiane della moda verde: è stata ac-cessorio principe della recente sfilata

“Green à Porter – La moda a chilometro zero” al Teatro San Martino di Bologna, e Azzalin ha appena

confermato l’invito alla Fiera naziona-le del consumo critico e degli stili di vita sostenibili,“Fa’ la cosa giusta!” di Milano, presso Critical Fashion, la se-zione speciale dell’anno - vetrina privi-legiata per il vestire etico e sostenibile - , che si terrà il 12-14 marzo.

Per informazioni e prenotazioni: www.aromabag.it, [email protected].

Aggiornamenti periodici sono nella fan page “Aromabag” di Facebook.

Il caffè? Una borsa prêt-à-porter

Borsa da caffè, ago, filo e...

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Aromabag ha già venduto oltre 500 pezzi

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Naso anti-smog per Paris HiltonL’ereditiera si è

sottoposta ad un nuovo intervento a

Bologna dal chirurgo Paolo Gottarelli

Faringite, raffreddore, apnea nottur-na, russamento, cefalea, allergia, sinu-site: sono solo alcune delle patologie legate ad una cattiva respirazione na-sale. Per tante persone, la manna de-gli spray nasali vasocostrittori si tra-sforma spesso in una vera e propria dipendenza.

La soluzione definitiva però esiste, e si chiama “metodo Gottarelli”.

Noto alla stampa come “naso eco-logico”, è l’operazione alla quale si è recentemente sottoposta la famosa ereditiera protagonista delle crona-che di gossip, Paris Hilton: si dice abbia collezionato già otto interventi di chirurgia nasale, e ha dato un’an-t i c ipaz io - ne della sua

“svolta verde” alla rivista statunitense Girl: “Penso – ha dichiarato la model-la - che i filtri nasali siano insufficienti per fermare gas e polveri sottili che ci assediano nelle metropoli”. Racconta della sua rinite cronica, che l’ha spinta a desiderare una soluzione chirurgica, affinché il suo naso abbia “maggiori difese”, dato che, sostiene, “l’ecologia del proprio corpo parte dal naso”.

Questa intenzione l’ha condotta a Bologna, dal suo chirurgo rinoplasti-co, Paolo Gottarelli.

Passione ed entusiasmo stimolano da trent’anni la ricerca del professore. Il suo metodo innovativo si basa sulla precisa applicazione integrata di tre tecniche: la rinoplastica strutturale di Dean Toriumi, la rinoplastica vetto-riale della punta di John Tebbetts e la turbinoplastica inferiore da lui stesso ideata.

“Uno dei punti focali di questo in-tervento – spiega Gottarelli – è la Mit (Modified Inferior Turbinoplasty), ovvero “sette mosse in sette minuti”, per ripristinare il volume dei turbina-ti: l’operazione è molto meno invasi-va delle precedenti, perché evita le

emorragie e l’uso di fastidiosi tam-poni; di conseguenza – assicura – la convalescenza è più breve”. La Mit permette infatti una più ampia visualizzazione del cor-netto inferiore osseo ed evita le emorragie suturando, con un filo riassorbibile, il turbinato rimpicciolito.“A seguito

di inciden-ti sportivi – spiega il chirurgo - ho provato

p e r s o n a l -mente la ‘gio-

ia’ dei tamponi interni: l’ho trova-ta tremenda”. Questa esperienza

personale ha spinto Gottarelli a elaborare un intervento “ef-

ficace, duraturo e ben sopportabile”.

La durata dell’in-tervento oscilla fra i 60 ed i 90 minuti, e la frontiera del “non dolore senza tamponi” è stata raggiunta. Il rico-vero non raggiun-ge le ventiquattro

ore. A tre giorni dall’intervento il pa-ziente può tornare al lavoro, mentre porterà dei cerottini ed uno splint di plastica per sette giorni, tanti quanti sono necessari per riprendere l’attivi-tà sportiva. Il naso sarà stabile, come prima, dopo circa un mese.

Gottarelli cura il naso nella sua inte-rezza, nel pieno rispetto della funzio-ne respiratoria - olfattoria e fonatoria - e della forma: “due aspetti legati in modo indissolubile”, spiega il chirur-go. Non si tratta di interventi funzio-nali o estetici, ma di “una vera e pro-pria rinoplastica globale”.

“Quando un paziente – racconta il medico – mi dice che sarebbe suffi-ciente una limatina del dorso troppo alto, inorridisco. Una struttura solida, infatti, se viene ab-bassata, mostra un suo allungamento, e quindi perde di naturalezza. Il naso è come un grande ‘puzzle’ - continua il professore - i rimo-dellamenti devono avvenire sempre nel rispetto di una visione globale del naso e del viso”.

Il metodo Gottarelli segue i tradizio-nali passaggi di un intervento chirurgi-co: innanzitutto la diagnosi, funziona-le ed estetica. Si procede con la tomo-grafia assiale computerizzata dei seni paranasali: è l’unico esame strumen-tale, e non invasivo, che offre tutte le

informazioni sulle eventuali alterazio-ni anatomiche. Il secondo passaggio diagnostico riguar-da l’analisi morfo-logica della pirami-de nasale, sotto il

duplice profilo delle alterazioni fisiche e degli eventuali desideri del pazien-te. “Il metodo – spiega il professore - che creai nel 1991, e che presentai al Congresso italiano della Società di chirurgia plastica del ‘96, consiste nel rapportarmi con il paziente da-vanti al monitor del computer, per visualizzare le modifiche richieste, e saggiare immediatamente le risposte emotive dell’interessato. Utilizzando questa metodica virtuale – continua il chirurgo -, ho un 90% di persone che si dichiarano più soddisfatte del risultato reale postoperatorio, rispet-

to a quello virtuale. Questo apparente miracolo – evidenzia Gottarelli - av-viene per due motivi: il primo è che utilizzo il programma di fotoritocco non al 100% delle sue possibilità, per mantenere un margine operativo; la seconda ragione di questo successo è dato dalla rinoplastica globale”.

Dopo la fase di diagnosi, l’obbiettivo è quello di creare un naso che abbia un setto in asse, la valvola nasale che funzioni al meglio e i turbinati inferiori che abbiano le giuste dimensioni: ciò per garantire una buona funzionalità nasale.

A questo punto, ci si occupa della parte estetica. “È importante – sot-tolinea Gottarelli - ricordare a coloro che desiderano un intervento corret-

tivo estetico - in ge-nere si tratta di una rinoplastica ridutti-va - che a una ridu-zione delle dimen-sioni del naso, può corrispondere una minore funzionalità. Perciò – avverte il medico - è indispen-

sabile che il chirurgo sappia trattare il naso sotto ogni aspetto, non ultimo anche sotto il profilo della chirurgia dei seni paranasali”.

Senza dimenticare il requisito della naturalezza: “Un naso è naturale – spiega il chirurgo plastico - quando il rapporto dimensionale fra punta e dorso risulta ottimale e rispetta i va-lori normali degli angoli che il naso forma con la fronte e con il labbro superiore. Ciò – continua - deriverà anche dal nuovo equilibrio creatosi fra le tre parti del naso, ossia la parte ossea superiore, la parte intermedia cartilaginea e la punta nasale con le sue cartilagini alari”.

La buona riuscita di un intervento deriva dalla scrupolosità del metodo adottato, che cancella la possibilità di dolore, recidive ed insoddisfazione del paziente. “La forza della rinopla-stica globale – evidenzia il professo-re – consiste proprio nell’attenzione meticolosa dedicata ad ognuna delle quaranta fasi intraoperatorie”.

Il successo del metodo Gottarelli lo si vede nei numeri: dal 1997 ad oggi il professore ha eseguito con esito positivo oltre 1590 rinoplastiche globali e 3182 turbinoplastiche, contando tra i propri pazienti anche star come Paris Hilton.

La modella: “l’ecologia del proprio corpo

parte dal respiro”

Gottarelli: “7 mosse

in 7 minuti rispettando

forma e olfatto”

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Se inquini, paghi. Il pugno di ferro

ecosostenibile di Forlì

Sconti sulle bollette, giardinetti di quartiere, sei o sette nuovi parchi pubblici sparsi per la città. Il Comune di Forlì mostra il pugno di ferro “eco-sostenibile” e avanza queste ed altre richieste a beneficio dei suoi cittadini a Hera, la multiutility che ha in gestio-ne i servizi gas, acqua e smaltimento rifiuti. E anche il nuovo inceneritore, eufemisticamente chiamato dagli ad-detti ai lavori “termovalorizzatore”.

Nello specifico, il sindaco, Roberto Balzani, intende richiedere ad Hera di estendere le aree verdi che ha at-tualmente in cantiere: l’autorizzazione prevedeva otto ettari in cui piantare alberi, ma l’obiettivo ora sono anche le aree verdi attrezzate. Lo conferma l’assessore all’Ambiente, Alberto Belli-ni, che spiega come l’amministrazione chieda a Hera di “arrivare a 9 o 9,5 ettari, ma realizzando anche aree attrezzate, giardini pubblici nella zona di Coriano, vi-cina all’inceneritore, ma anche in altre zone della cit-tà”.

Si tratterebbe, in sostanza, di una sorta di “indennità di disagio”, per la quale si potrebbe coniare il motto “se inquini, poni rimedio”. L’impianto

di smaltimento rifiuti, già denominato “terza Linea” (poiché sostituisce i due forni dismessi a gennaio dell’anno scorso), p r o v o -ca un d i sag io che va i n d e n -nizzato, sostiene infatti il sindaco. Se su q u e s t o p u n t o le trat-t a t i v e sono in corso, altrettanto non si può dire per il ver- sante reti gas, per

il quale la parola “no” dell’am-

ministrazione sembra essere ormai definitiva.

Dal 2007 Hera, contestando il contratto di servizio per le reti gas, ha deciso unilateralmente di paga-re 800mila euro di canone annuo in meno rispetto alla cifra concordata (pari a 6 milioni e 800mila euro). Un contenzioso che rischia, a detta del primo cittadino romagnolo di diventa-re “pericoloso” per i rapporti “non fa-cili” con la multiutility. Sembra quindi proprio non esserci scampo per Hera sul fronte della rete del gas: Bal-zani è fermo nel sostenere che rimarrà di proprietà comunale. Una scelta alternativa a quella fatta dai Comuni di Ravenna, Ferrara, Imo-la e Faenza. Il Comune di Forlì, insomma, non parteciperà all’aumento

di capitale del 1% di Hera hol-ding, passan-do dal 2,02% all’1,96% di proprietà.

I rapporti con-flittuali con Hera continuano an-che su un altro versante, quel-lo che riguarda l ’e l iminaz ione delle Sot, le sette società territoria-li in cui è divisa

Hera holding nelle diverse realtà comunali. Infatti, nonostante la soppressio-ne delle Sot comporterà un

taglio delle spe-

se (90mila euro solo per la Sot di Forlì-Cesena), “questa scelta non favorisce – ha spiegato Balzani - i territori, mentre rafforza l’identità aziendale di Hera come soggetto capitalistico”.

Ma l’anima “verde” del Comune non si esplica solo alzando la voce nei confronti della multi servizi bo-lognese. La parola d’ordine della nuova giunta è chiara e concre-ta: eco sostenibilità a 360 gradi. Ecco allora che anche la raccolta differenziata porta a porta emer-ge tra le sue priorità. Poiché c’è “una abnorme produzione pro capite di rifiuti” ha dichiarato il sindaco.

Una scelta di politica am-bientale che è stata anche so-stenuta dall’autorevole parere del professor Paul Connett, docente di Chimica Generale, Chimica Ambientale e Tossi-cologia presso l’Università St. Lawrence, Canton, New York, giunto a Forlì martedì 19 gen-naio. Che ha previsto: “Con-centrandosi sulla raccolta porta a porta in pochi anni la città potrebbe chiudere l’inceneritore per i rifiuti urbani”. Contestualizzando la realtà forlivese, l’esper-to ha sottolineato come la Pianura Padana sia già una delle zone più inquinate: “I

rischi degli inceneri-tori li vedremo tra 20 anni – ha sot-tolineato -, ma che il rischio sia grande o picco-lo, non bisogna correrlo. Le due preoccupazioni principali sono la produzione di diossine, che si accumulano nei grassi animali, e quella di nano particelle, il pe-ricolo più grave per i nostri tes-suti”.

Indennità da inceneritore

bioarchitettura

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Modena Terzo Mondo si è attivata per avere un canale diretto per sostenere la popolazione del paese colpito da questo disastroso terremoto, il contatto è l'associazione Solidaridad Fronteriza e Padre Regino Martinez.

Per sostenere la popolazione di Haiti effettuate un versamento sul c/c bancario codice Iban:

IT63 L 05188 12907 000000001200Oppure sul c/c postale 10127413 intestato a:Modena Terzo Mondo, via Cesana 41, 41100 Modena, causale “emergenza Haiti”.

Associazione di solidarietà internazionaleModena Terzo Mondo OnlusV i a C e s e n a , 4 1 - 4 1 1 0 0 M o d e n a - T e l . 3 3 6 3 8 8 1 5 9 www.modenaterzomondo.org - [email protected]

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Dieci anni di ricerca hanno prodotto un

materiale inalterabile, ecologico e a prova di

futuroLa formula: lolla di riso (la parte

esterna del chicco) al 60%, sale co-mune al 22%, olio minerale per il restante 18%. Il risultato: Resysta. Un materiale ibrido che risulta quasi identico al legno tropicale e permette decisivi vantaggi di impiego.

Dopo una intensa attività di ricerca di oltre dieci anni, l’azienda Münche-ner Boulevard Möbel GmbH annuncia così la nascita del marchio Resysta. Un marchio che contraddistingue un prodotto estrema-mente resistente alle intemperie e all’acqua salata, inattaccabile da insetti e funghi e, soprattutto, rispet-toso dell’ambiente. Con Resysta si possono realizzare pavimentazioni per esterni e per interni,

mobili da giardino e molto altro ancora. Il prodotto fi-nale, infatti, viene lavorato come il legno con macchi-ne utensili normali: tagliato, levigato, verniciato, oliato e incollato. Inoltre grazie alla sua particolare composizione, la su-perficie rimane priva di fessure e an-che le lesioni che provocano schegge di legno saranno solo un ricordo del passato.

Anche dopo anni, Resysta garanti-sce sempre una piacevole sensazione. Inoltre con Resysta ognuno può con-tribuire alla tutela delle foreste pluviali tropicali dal momento che non un solo albero ha bisogno di essere abbattuto. A differenza di tutti i rivestimenti fino-ra disponibili, i prodotti Resysta - gra-

zie alla componen-te di lolla di riso, imputrescibile, im-permeabile e inat-taccabile da paras-siti e funghi - sono particolarmente adatti ad essere utilizzati per pavi-

mentazioni di piscine, centri benessere, moli e barche.

È proprio nelle zone umide, infatti, che Resysta può dimostrare le sue carat-teristiche altamente tecnologiche. Resysta ha l’aspetto del legno ma col vantaggio di non temere il sole, la pioggia o la neve; non si gon-fia, non si spezza e non si scheggia; è garantito dal produttore per 15 anni ed è un prodotto riciclabile. Le possibilità di utilizzare i pavimenti Resysta sono versatili.

Non sono fissati limiti all’immagina-zione: Münchener Boulevard Möbel è aperto a tutti i suggerimenti e idee creative da parte di architetti e utenti. Le colorazioni che meglio sottoline-ano l’eleganza dei prodotti Resysta sono: “Birmania Teak” che conferi-sce ai materiale la tonalità calda del teak e “Siam Teak” con sfumature

armoniche di marrone. Sono comunque appli-cabili anche tutte le al-tre sfumature di colore. Resysta, inoltre,offre la

possibilità di scegliere tra due configurazioni: liscia

o ondulata. Ma non importa quale faccia si scelga perché in

entrambi i casi le pavimentazioni Resysta restano la soluzione perfetta per chi ama il legno e la manutenzio-ne minima.

Il marchio Resysta, particolarmente vantaggioso e dalle notevoli proprietà igieniche, è una rivoluzione anche nel settore del mobile. Infatti, dopo il suc-cesso del lancio della prima collezione di Resysta dello scorso anno, la Mün-chener Boulevard Möbel GmbH ha da poco presentato la “Resysta Furnitu-re Collection 2010”, la nuova era per tutti gli utenti di mobili da giardino che soddisferà finalmente tutte le esi-genze di uno stile di vita all’aria aper-ta, dai tavoli da pranzo alle sedie ai lettini relax. Linee semplici e design raffinato, ma soprattutto un materiale che offre una ineguagliata garanzia di comfort e durevolezza affiancata ad un look versatile.

La rivoluzione dei pavimenti di riso

E’ del tutto simile al legno ma

non si gonfia e non si scheggia

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Esempi di vita oltre il petrolio: un Boeing

747 ha viaggiato grazie a un mix di

cherosene e camelinaEnergie rinnovabili, fonti rinnovabili,

agroenergie, biomasse, fotovoltaico, energia eolica. Sono molteplici i neo-logismi che da qualche anno a questa parte sono entrati a fare parte – e lo faranno sempre con frequenza mag-giore – del nostro quotidiano.

Vuoi per la dipendenza che crea l’im-portazione del petrolio come fonte primaria da cui ricavare combustibili, vuoi perché le riserve dell’oro nero non sono inesauribili, vuoi per la ri-duzione dell’impatto ambientale, imperativo mondiale per contrasta-re in primis l’inquinamento atmo-sferico, acquatico e per contribuire alla riduzione del surriscaldamento del pianeta.

Ma cosa sono le e n e r -gie rinnovabili? Sono q u e l l e

forme di energia che per loro caratteri-stica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi "umani" e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse natu-rali per le generazioni future.

Alla luce di ciò, per energie rinnova-bili si intendono elementi quale il sole, il mare, il vento, il calore proveniente dal sottosuolo che vanno a contrap-porsi con quelle non rinnovabili quali petrolio, carbone, gas naturale etc.

Tra le più recenti tematiche legate alle energie che vanno in direzione “green” ci sono le agroenergie, il cui studio ha dato origine ad esperimenti

– che tra non molto potrebbero diven-tare una routine impensabile qualche decennio fa – quantomeno originali, ma che fanno riflettere parecchio su quali sono state le basi su cui ha pog-giato il pianeta fino ad oggi.

E se pensiamo che nel 2009 l’Italia ha importato oltre i tre quarti del fab-bisogno di energia, nell’Unione Euro-pea la cifra si attesta sul 50%: tutto ciò che può arrivare per diminuire tale spesa e che si dimostri a basso impatto ambientale viene ovviamente valutato con attenzione.

Partiamo da che cosa sono le agro-energie, ovvero la potenzialità energe-tica che si può ricavare dai processi agricoli come produzione di biocarbu-

rante (biodiesel, bioetanolo), ma anche dalle biomasse

come per esempio il le-gno.

Ed a proposito di le-gno, un esempio con-creto che dimostra che a piccoli passi le

energie “green” possano far diminuire la dipen-denza dal petrolio è quello già attivo in Alto Adige, dove il teleriscaldamen-to è basato sulla fonte rinnovabile le-gno.

Gli elementi che hanno spinto nel-la direzione del riscaldamento agro energetico: quasi la metà del terri-torio è infatti ricoperto da boschi; il legno ha un valore neutro di anidride carbonica ed è fonte rinnovabile, non andando in esaurimento. E ad imple-mentare la quantità di legname, gli

scarti delle numerose segherie dell’Al-to Adige. Ma fin che si parla di legna l’innovazione nella produzione di energie magari fa poco riflettere sulle opportunità fornite dalla natura. Pas-siamo quindi ad una pianta, chiama-ta in gergo falso lino, nome comune della Camelina Sativa (stessa famiglia della senape), nell’antichità usato per l ’a l imentaz ione perché di facile coltivazione, che si trova nell'Europa del Nord, Finlan-dia e Romania.

Bene: una mi-scela paritaria di cherosene e di Camelina (dalla pianta e dai semi si estrae l’olio) ha permesso… il volo di un Boeing 747, della compagnia che batte bandiera olandese Klm.

Un biodiesel sostenibile – ridotta dell’80% l’emissione di CO2 - ricava-bile da una pianta che offre opportu-nità ad ampio raggio: la pianta porta

bassi costi di pianta-g i o n e e ma-n u t e n -

zione, si adatta a condizioni meteorologiche

difficili, aggiunge sostanze preziose ai terreni aiutando la crescita di al-tre coltivazioni ed è stato scientifica-mente appurato che aiuta a ridurre le malattie delle piante successivamente ruotate; infine, gli scarti della sua la-vorazione forniscono un mangime di ottima fattura.

La Camelina non è stata però l’uni-co vegetale sperimentato in tal senso: altri esperimenti sono stati effettuati con miscele contenenti noci di cocco, Jatropha Curcas (piante della famiglia delle Euforbiacee) e persino alghe.

Addirittura nel 2008 è stata costitu-ito un organismo internazionale atto alla diffusione dei biocarburanti nel

settore aeronautico, fondato da co-struttori e compagnie aeree.

Altri esempi di biocombustione sono offerti dal sorgo dolce – una delle prime grandi piante addomesti-cate dall’uomo e simile alla canna da zucchero- per arrivare al bioetanolo, e sempre all’etanolo si arriva dalla più conosciuta manioca; e biodiesel

si ottiene dal Mil-lefoglio d’acqua, pianta infestante acquatica perenne diffusa negli Usa.

Ma non finisce qui. Energia si rica-va dalle biomasse, ovvero tutte le so-stanze organiche,

vegetali o animali che siano, da cui è possibile ricavare energia; e addirit-tura è stata testata la produzione di energia elettrica dal girasole altoleico (ed anche dagli oli di colza e soia).

Sempre in tema di energia verde, un argomento che da sempre ha conno-tato il territorio emiliano romagnolo: lo zuccherificio.

All’inizio del 2006 l’Italia sposò la linea europea in merito alla riconver-sione degli impianti saccariferi per destinarli alla produzione di agro-energie da bio-masse a bio-diesel a bio-etanolo. Gli stabilimenti rimasti attivi da 19 passarono a 15 per un investimento di 1,3 miliardi di euro.

A distanza di tre anni, larga parte di questi nuovi impianti sono fermi dopo la riforma del mercato Ocm: fra i 5 già avviati sulla nuova strada anche quello di Pontelagoscuro (la cui pro-duzione è stata spostata ad Argenta), al pari di quello di San Pietro in Casale (Bo) destinato alla trasformazione dei prodotti ortofrutticoli e di contenitori in cellulosa. Il 2010 sarà l’anno di par-tenza per gli stabilimenti di Porto Viro (Ro), Russi (Ra) e Finale Emilia (Mo): la produzione del primo Kilowatt/ora è in agenda per il 2011.

Un po’ di senape per alzarsi in volo

Nel 2009 l’Italia ha importato oltre i 3/4 del

fabbisogno di energia

benessere

12.

coltivare

agire

abitare

governare

produrre

Relazioni istituzionali e Programmazione culturaleFondazione Culturale Responsabilità Etica

via N.Tommaseo, 7 - 35131 Padovatel. +39 049 8771121 fax +39 049 8771199

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Organizzazione eventoAdescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c.via Boscovich, 12 - 35136 Padovatel. +39 049 8726599 fax +39 049 8726568email [email protected]

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Terra Futura 2010 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica per conto del sistemaBanca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c.È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente.In collaborazione con Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA e numerose altre realtànazionali e internazionali.

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benessere

12.

benessere

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Storia e proprietà curative della pianta

denominata la “guaritrice silenziosa”

Medicina alternativa significa "medi-cina che non segue i concetti medi-ci vigenti". Si capisce bene che il campo della medicina alterna-tiva non solo non ha limiti ben definiti, ma è aperto a numerose forme e soluzioni in continua evoluzione.

Non meraviglia quindi che nell’ar-co di un ventennio si sia passati dal ri-medio della nonna e l’omeopatia ed i suoi famosi Fiori di Bach alle innume-revoli forme odier-ne di medicina non convenzionale, una scelta per ogni esigenza: dalla cromoterapia alla cristalloterapia, dal-la medicina ayurvedica alla medicina naturopatica fino alla musicoterapia.

In tutto questo eterogeneo pano-rama, c’è un elemento che ha at-traversato i secoli e che accompa-gna l’evoluzione del concetto di rimedio sanitario naturale: l’aloe. C’è chi la chiama “pianta naturale per il pronto soccorso”, chi “guaritrice silen-ziosa”: da sempre sono state apprez-zate le virtù dell’Aloe Barbadensis Mil-ler o più comunemente chiamata Aloe Vera, che vanta oltre 300 varietà nella stessa famiglia, quella delle Liliacee. Il suo spettro d’azione? Dalle proprie-tà curative a quelle cosmetiche e de-purative, non sono ancora tutte note le sue peculiarità.

Forse perché sono centinaia i composti contenuti in quella che comunemente definiamo pianta grassa e che spesso è utilizzata come pianta ornamentale. La sua presenza è fatta risalire addi-rittura al tempo degli Egizi: il Papiro di Ebers, la cui presenza è databile al 1500 a.C., è straordinaria testimo-nianza di quanto l’austera aloe passi trasversalmente i secoli restando pun-to di riferimento per medicamenti e preparazioni galeniche.

Non basta. L’aloe, ribattezzata “pian-ta dell'immortalità”, veniva utilizzata anche per preparare un composto atto all’imbalsamazione; ed oltre al bagno nel latte Cleopatra pare si

immergesse anche in un prepara-to contenente polpa di aloe. Forse il segreto della sua bellezza?Dagli egi- zi ai Sumeri (e alla l o r o pianta dalle magi-c h e virtù), agli arabi

(che la chiamavano giglio del deserto), alla pianta veniva

addirittura attribuita l’invulnerabilità, tanto

che Alessandro Magno ne fece coltivare intere

piantagioni in maniera da averne sempre a disposizio-

ne durante qual-siasi battaglia.

Addirittura la Bib-bia cita il v e g e t a l e nella cura delle ferite di Cristo, possi-bili grazie al suo

potere cicatrizzante ed antidolorifico. Alla fine dell’Ottocento anche l’arche-ologia rende onore all’aloe: nei pressi di Baghdad, dove nel 2000 a.C. sor-geva l’antica Mesopotamia, alcune scritte cuneiformi su tavolette ripor-tavano le doti di piante le cui “foglie assomigliavano a foderi di coltelli". E in queste foglie a forma di lancia è contenuto un gel trasparente e denso, unione di succo e polpa, che contie-ne oltre settanta composti sfruttabili dall’uomo.

L’aloe infatti è a detta di molti il vege-tale che in natura offre più sostanze chimiche (dalle vi-tamine agli amino-acidi, dai fosfolipidi ai sali minerali, poi enzimi, saponine, lignine) e proprie-tà medicamentose intrinseche: dalla capacità antinfiam-matoria a quella antimicotica a quella analgesica, per non parlare dell’alto valore nutritivo. Alla luce di tale poliedricità curativa, nel 1959 la Food and Drug Admini-stration, l'ente governativo statu-nitense che si occupa della regola-mentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, sancì ufficialmente le proprietà terapeutiche di questo simil arbusto.

Questa pianta succulenta perenne, che arriva anche al metro di altezza, che presenta foglie a forma lanceola-ta disposte a ciuffo, con apice acuto

c o n - tenenti al loro interno un evi- dente parenchima a c q u i - fero, e che conta le s p i n e solamente sui lati, è da poco coltivata nell’Italia del Sud, anche se in Eu-ropa la Spagna detiene la pro- duzione più a b b o n - dante. L’aloe è facilmen- te reperibile in luoghi caldi e asciutti quali Afri- ca, America Latina, Gre- cia, Brasile, Israele e Australia.

L’aloe può essere utile già di primo mattino: il suo succo as- sunto con regolarità e a d i g i u n o , rendendo l’as- sorbimen-to dei suoi prin- cipi attivi

m a s s i m a - l e , regola mol-te funzioni dell'orga-n i s m o

produ-c e n -

d o

u n b e -nesse-re diffu-so imme-diato. Il tutto perché vengo-no favoriti sia la digestione che il

transito intesti-nale, aumentata l’attività della flora batterica – tre attitudini che fanno della pianta un natu-rale supporto in casi di ga-strite, bruciori di stomaco, colite, sindrome del colon irritabile e reumatismi - aumentata l’attività

del sistema immunitario e diminuita la velocità del processo di invecchia-mento.

E la sua capacità di ridurre l’impat-to dello stress su pelle, denti, ossa e capelli spiegano i molteplici prodotti presenti in commercio che pubbli-cizzano il conte- nuto in aloe (dentifrici, sham- poo, creme c o s m e t i c h e etc.).

Passando alle proprietà chimiche antisett iche, l’aloe è utilizzato per d e b e l - lare infezioni c u t a - nee ed interne:

dall’acne all’her-p e s alle scottature e addirittura per le

ustioni, dall’ar-trite reumatoide

agli streptococ-chi ed un’ampia

gamma di fun-ghi, virus e batteri.

Senza dimenticare l’effetto lassativo degli

antrachinoni contenuti dalle foglie; oltre ad esse-

re rimedio per le fastidio-se sindromi premestruali.

Ma quali sono le forme farmaceutiche sotto cui possiamo trovare i com-posti a base di aloe?

Naturalmente, in base all’uso (interno, topico,

cosmetico etc.), possiamo utilizzare il succo condensato -

ottenuto per incisione degli stra-ti superficiali delle foglie ad alto

contenuto acquoso e concentrato tramite ebollizione - e il gel che cola dopo aver inciso profondamente le

foglie; ancora, aloe in polvere (per essicazione del succo), pastiglie

e pomate.

L’industria farma-ceutica esporta i benefici dell’aloe

sottoforma di creme, tinture, lozioni, latte per il cor-po ed altri prodotti ancora. E nei casi di scottatura può addirittura essere utilizza-ta direttamente la foglia aperta sulla parte lesa. Le controindicazioni sono davvero ridotte all’osso: da chi soffre di allergie alle Li-liacee (che sfociano in der-matiti e orticarie), alle nor-mali precauzioni in stato di gravidanza.

Aloe Vera, dalla natura un dono alla vita

Cicatrizzante, antinfiammatoria

e rallenta l’invecchiamento

Gli Egizi la chiamavano

la pianta dell’immortalità

turismo etico e solidale

14.

Gli scout, esempio di responsabilità verso di

sé e verso l’ambienteGli esploratori non sono solo av-

venturosi scienziati che scoprono le zone più remote del mondo. Qualche piccolo Indiana Jones si può trovare anche sotto casa: sono gli scout, che, solo in Italia, sono organizzati in oltre venti associazioni.

La più numerosa è l’Agesci, associa-zione guide e scout cattolici italiani, che conta oltre 177 mila associati: sono 743 nella zona di Ferrara.

Elias Becciu è il coordinatore dei capi dei clan (i gruppi degli scout over 16) della zona di Ferrara, Porto Ga-ribaldi, Mesola, Casumaro, Argenta e Ro ferrarese. A 8 anni è diventato lupetto, a 21 capo e, oggi, trenten-ne, ricorda i suoi 22 anni da scout. È appena tornato da tre giorni in Gar-fagnana: trascorsi sotto una pioggia ininterrotta, in piena emergenza pie-na del Serchio. Accompagnava, da maestro, trenta ragazzi tra i sedici e i ventuno anni: zaino in spalla, unifor-me blu, fazzolettone al collo, scarpo-ni, gavetta e l’immancabile chitarra. Questo l’occorrente per trascorrere la loro prima “route”, l’esperienza scout dei più grandi.

“Si cresce in un gruppo di pari - spie-

ga Becciu -, in cui gli scout più cresciu-ti si occupano dei più giovani – come ricorda il saluto scout: il pollice pro-tegge il mignolo -: si stringono legami, si condividono esperienze in un’ottica solidale, ci si confronta in prospettiva di una responsabilizzazione”.

Responsabilità verso di sé, verso gli altri, ma anche verso l’ambiente. “So-prattutto – sottolinea Becciu -, negli scout si vive l’ambiente circostante, poiché la natura è lo spazio della no-stra attività quotidiana: diventiamo così consapevoli dei limiti delle sue risorse. Allo stesso tempo – aggiunge il capo scout -, però, possiamo ap-prezzare la bellezza di certi fenome-ni, come un’alba in montagna: nelle nostre città non abbiamo modo di goderne. La ricerca di spazi verdi cit-tadini – continua Becciu - si fa sempre più difficoltosa, soprattutto d’inverno: perciò nella stagione fredda si avvia la fase di progettazione: è il momento in cui sviluppare competenze, anche e soprattutto attraverso il volontariato, che svolgiamo in varie associazioni, in vista dell’attività estiva, all’aperto, nel verde”.

Fin da lupetti, gli scout hanno tutto l’occorrente per sopravvivere nel bo-sco: accette, seghe, cordini. Becciu spiega: “La tentazione di smontare tutto, soprattutto da bambini e adole-scenti, é forte: preservare invece é la meta. Abbiamo un motto – aggiunge

il maestro -: lasciare il posto migliore di come l'abbiamo trovato”. La gestio-ne dei rifiuti, delle risorse, dello spazio é quindi costante. E a ciò, si aggiungo-no attività mira-te all’ecososte-nibilità: “Il mese scorso – rac-conta lo scout – abbiamo fatto il sapone a mano, come risposta all’inquinamento dei prodotti chi-mici. E abbiamo partecipato ai gruppi di ac-quisto solidale, per ragionare sull’importanza della filiera corta e dell’altro-con-sumo”. Un altro tema importante é quindi, aggiun-ge Becciu “L’es-senzialità e la qualità del consu-mo alimentare”.

Si impara facen-do non è quindi solo uno slogan, ma riassume la condotta scout: è un percorso di crescita che rende dav-vero protagonisti: “Dall’osservazione del mondo – dice il coordinatore -,

si decide insieme cosa cambiare, svi-luppando le capacità individuali e di gruppo, e traendo infine un bilancio di ciò che si è fatto”.

L’organizzazione degli scout è piramidale: è gestita da una comunità di capi, ovvero da educatori, suddivisi in diar-chie, coppie formate da un

maschio e una femmina: cia-scuna diarchia coordina un singolo gruppo.

Tre sono i momenti prin-cipali del percorso: dagli 8 ai 11 anni, bambini e bambine svolgono attività basate su Il li-

bro della giungla, che, come spiega Becciu, “of-

fre un ambiente fantastico per giocare alla scoperta del mondo, per mettersi alla pro-va, insieme ad altri”: ecco che

il gruppo prende il nome di “branco”, la sede si chiama “tana”, i bambini sono “lupetti”, i capi sono “vecchi lupi”, e ciascuno di loro ha il nome di uno dei personaggi del

libro di Kipling. Durante la vacanza estiva del branco – la più lunga, che dura una settimana - si usano diversi libri per educare ai diversi valori dello

Pantaloni corti e fazzoletto al

Fin da lupetti, sanno come sopravvivere

nel bosco

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turismo etico e solidale

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Registrazione Tribunale di Ravenna n. 1343 dell’11/01/2010Direttore responsabile: ROBERTO AMADORIArt Director: SERGIO TOMASI

Redazione: ROBERTO AMADORI, ROMINA BUTTINI, RAFFAELE QUAGLIO, GIAMBALDO PERUGINI, CLAUDIA RICCI, MARA RICCI, SERGIO TOMASI, SCOOP MEDIA EDIT soc. coop.

Stampa CSQ Spa Erbusco (BS)

scoutismo, da quello dell’accoglienza a quello della solidarietà.

Dai 12 ai 15 anni si fa parte del “re-parto”, basato su varie “squadriglie”, gruppi di cinque, sei persone, o ra-gazzi o ragazze, in cui c’è un quindi-cenne che coordi-na tutte le attività, con l’aiuto di un quattordicenne. “Negli ultimi anni – commenta in proposito Becciu - si

sta verificando una crisi del ruolo del capo squadriglia: non si assume più la responsabilità dei più piccoli, che

non lo riconosco-no di conseguenza come capo au-torevole; emerge inoltre – evidenzia il maestro - la cre-scente incapacità di progettare: i giovani scout non

riescono a tradurre le conoscenze in azioni”.

Dai 16 ai 21 anni, si entra nel “clan” - un gruppo meno strutturato del re-parto -, in cui i ragazzi sono liberi di organizzarsi in “pattuglia”, a seconda delle attività. Tutte le decisioni sono prese insieme, democraticamente. Spiega il capo scout: “Sono i ragazzi stessi a decidere dove andare, e che tipo di route fare. Tre sono le alterna-tive: la route può essere “di servizio” – quest’estate un gruppo è andato in Albania, per fare animazione in due villaggi; altri due clan sono andati in Abruzzo -; può essere una route “di

fede” – a contenuto religioso, come il Cammino di Santiago -; oppure “di strada” - da pellegrino, più che da trekker-”.

Becciu spiega come nello scou-tismo si intreccino due tipi di percorsi:“Esperienza sociale e espe-rienza religiosa – spiega - contribui-scono a fornire una chiave di lettura degli eventi della vita, soprattutto i più drammatici. Inoltre – conclude l’educatore -, la crescita negli scout permette indubbiamente a tanti gio-vani di sentirsi meno soli ed inutili”.

Sono i ragazzi a decidere dove andare e che

tipo di route fare

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