bigino tematico meccanica quantistica

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Indice tematico di meccanica quantistica Elenco dei punti salienti della trattazione seguendo il Picasso January 23, 2016 1 I postulati della meccanica quantistica 1.1 Il principio di Sovrapposizione Gli stati di un sistema sono rappresentati dagli elementi (vettori) di uno spazio vettoriale H sul corpo complesso. Vettori proporzionali (con un fattore complesso) rappresentano lo stesso stato. Gli stati sono quindi in corrispondenza con i raggi di H. Inoltre tale spazio deve essere dotato di un prodotto scalare hermitiano, affinch` e la teo- ria possa avere un carattere predittivo (infatti la probabilit` a di transizione da uno stato all’altro sar` a definit` a proprio grazie al prodotto scalare). La dimensione di tale spazio ` e usualmente infinita. inoltre supponiamo che lo spazio H sia completo: ` e quindi uno spazio di Hilbert. Assumiamo che H sia separabile. 1.1.1 Notazione di Dirac 1.2 Le osservabili 1. Definizione di osservabili. 2. Definizione di autovalori di un’osservabile. 3. Definizione di autostati di un’osservabile e di autovettori. 4. Prima forma del Postulato di proiezione. Nota: quando si dice che una volta il mio sistema collassato in un autostato ogni successiva misura dar` a lo stesso risultato, si intende compiuta SENZA che lo stato evolva. 5. Distinzione tra autovalori degeneri e non degeneri e quindi osservabili degeneri e non degeneri. 1

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Indice tematico di meccanica quantistica

Elenco dei punti salienti della trattazione seguendo il Picasso

January 23, 2016

1 I postulati della meccanica quantistica

1.1 Il principio di Sovrapposizione

Gli stati di un sistema sono rappresentati dagli elementi (vettori) di uno spazio vettorialeH sul corpo complesso. Vettori proporzionali (con un fattore complesso) rappresentano lostesso stato. Gli stati sono quindi in corrispondenza con i raggi di H.

Inoltre tale spazio deve essere dotato di un prodotto scalare hermitiano, affinche la teo-ria possa avere un carattere predittivo (infatti la probabilita di transizione da uno statoall’altro sara definita proprio grazie al prodotto scalare). La dimensione di tale spazio eusualmente infinita. inoltre supponiamo che lo spazio H sia completo: e quindi uno spaziodi Hilbert. Assumiamo che H sia separabile.

1.1.1 Notazione di Dirac

1.2 Le osservabili

1. Definizione di osservabili.

2. Definizione di autovalori di un’osservabile.

3. Definizione di autostati di un’osservabile e di autovettori.

4. Prima forma del Postulato di proiezione.Nota: quando si dice che una volta il mio sistema collassato in un autostato ognisuccessiva misura dara lo stesso risultato, si intende compiuta SENZA che lo statoevolva.

5. Distinzione tra autovalori degeneri e non degeneri e quindi osservabili degenerie non degeneri.

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1.3 Probabilita di transizione

1. Definizione.

P (|A〉 −→ |B〉) =|〈B |A〉|2

〈A |A〉 〈B |B〉(1)

Nota: e un postulato.

2. Proprieta, cioe: perche e una buona definizione.

1.4 Conseguenze e postulato di Von Neumann

Conseguenze dei postulati introdotti:

1.4.1 Per osservabili NON degeneri

1. Gli autovettori normalizzati di una osservabile NON degenere costituiscono un s.o.n.c.:

〈ξi | ξj〉 = δij (2)

E’ quindi una base ortonormale. Per cui:

2. Ogni vettore |A〉 puo essere sviluppato in serie di Fourier sui vettori di base. Da cuisi ottiene l’importante condizione:

〈A |A〉 =∑|ai|2 <∞ (3)

per cui solo se essa vale la grandezza definita dalla serie di Fourier e un vettore di H.(Guardare spazi di Schwartz).

3. Significato fisico degli |ai|2 e degli ai. Fattori di fase.

1.4.2 Per osservabili degeneri

1. Gli autovettori di un’osservabile DEGENERE corrispondenti ad autovalori diversisono ortogonali e formano ancora un sistema completo. MA non necessariamenteuna base ortonormale. vale infatti il:

2. Teorema Ogni combinazione lineare di autovettori di un’osservabile, corrispondenti auno stesso autovalore, e ancora autovettore dell’osservabile corrispondente allo stessoautovalore.Come conseguenza l’insieme degli autovettori di un’osservabile corrispondenti a unostesso autovalore costituisce un sottospazio lineare (chiuso) di H. Tale varieta linearee detta autospazio dell’osservabile corrispondente all’autovalore ξi. La dimensionedi tale autospazio viene detta grado di degenerazione dell’autovalore.

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3. Essendo il sistema completo si puo ortonormalizzare e ottenere una base ortonormale!(di H). Allora si puo ancora sviluppare qualunque vettore di H in termini di essa.

4. POSTULATO DI VON NEUMANN Se una misura di ξ su |A〉 da come risul-tato l’autovalore (degenere) ξi, lo stato dopo la misura e rappresentato dal (raggio acui appartiene il ) vettore |ξi〉 ottenuto proiettando ortogonalmente |A〉 sull’autospaziodi ξ relativo all’auovalore ξi.

5. Probabilita di transizione e formulazione equivalente.

1.5 Operatori associati alle variabili

1. Definizione (cioe come associare un operatore ad un’osservabile a partire da una baseortonormale di autovettori dell’osservabile stessa.) e estensione alle combinazionilineari finite e infinite.

2. perche e una buona definizione: non dipende dalla scelta della base. Nota sui problemidi dominio → limitatezza degli operatori.

1.6 Proprieta degli operatori associati alle osservabili

1. ξop e un operatore autoaggiunto. distinzione tra operatori limitati ed illimitati (percui vale solo l’hermitianicita).

2. Giustificazione della terminologia: autovettori e autovalori. dimostrazione chesegue da definizioni. In sostanza: ad ogni osservabile corrisponde un operatore au-toaggiunto ξop; gli autovalori e gli autovettori di ξop sono tutti e soli gli autovalori e gliautovettori di ξ. Siamo quindi autorizzati a identificare, e quindi a rappresentare conlo stesso simbolo ξ, l’osservabile e l’operatore ad essa associato: ξ rappresenta quindicontemporaneamente una grandezza fisica, lo/gli strumento/i atto/i a misurarla, el’operatore lineare che le corrisponde.

3. 2 proprieta di operatori autoaggiunti: gli autovalori sono reali e autovettori corrispon-denti ad autovalori diversi sono ortogonali.

4. digressione sul problema: quindi ad ogni operatore autoaggiunto corrisponde un’osservabile?

Nota importante: applicare un operatore a un vettore dello spazio di hilbert deglistati non significa fare la misura dell’osservabile associata all’operatore!! Altrimenti ilrisultato sarebbe determinato sempre, essendo possibile scomporre ogni stato sulla basedegli autovettori dell’osservabile.

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1.7 La notazione di Dirac

Qui c’e parecchia roba, conviene pero guardare il Dirac per comprendere meglio. Inoltrediscorso sugli operatori di proiezione.

1.8 Valori medi

1. Sistema nello stato |A〉. N misure dell’osservabile ξ. Definizione di valor medio ξdell’osservabile ξ sullo stato |A〉: valor medio dei risultati ottenuti.

ξ =1

N

∑i

ξiNi =∑i

ξiPiPi =Ni

N(4)

2. Da postulato V. N. si mostra che Pi = 〈A |Ei|A〉 con Ei proiettore sull’autospazio diξ corrispondente all’autovalore ξi

3. per proprieta del proiettore:ξ = 〈A |ξ|A〉 (5)

Chiamata Valore di aspettazione dell’osservabile ξ sullo stato |A〉.

4. Nota. in questo ragionamento abbiamo sempre considerato 〈A |A〉 = 1.

5. Operatore ξ2 e sue proprieta.

6. scarto quadratico medio ∆ξ. Rappresenta una misura della dispersione dei risultatiattorno alla media.

7. Teorema ∆ξ = 0 se e solo se |A〉 e autovettore di ξ.

8. Importanza della conoscenza dei valori di aspettazione.

1.9 Stati puri e miscele statistiche

//Da fare. Fatto, capito poco pero

1.10 Osservabili compatibili

1. Definizione di (due) osservabili compatibili. 2 formulazioni equivalenti. Senso fisico.

2. Teorema Due osservabili sono compatibili se e solo se (gli operatori ad esse associati)hanno commutatore nullo.

3. Lemma (importante per la dimostrazione del teorema, ma anche in generale) se[ξ, η] = 0 e se ξ |ξ′〉 = ξ′ |ξ′〉, allora η |ξ′〉 e ancora autovettore di ξ corrispondenteall’autovalore ξ′.

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4. Generalizzazione a piu di due osservabili.

5. Concetto di sistema completo di osservabili compatibili (cioe che commutano).

1.11 Relazioni di indeterminazione

Relazione di Indeterminazione (teorema):

∆ξ∆η >1

2| 〈s | [ξ, η] | s〉 (6)

Dimostrazione. Per dimostrarla si introducono gli operatori non hermitiani (cioe α 6= α†)α = ξ + ixη e α† = ξ − ixη con x parametro reale.Caso in cui il commutatore e un multiplo dell’identita.

1.12 Postulato di quantizzazione

1. Sistemi fisici che ci interessano d’ora in poi sono sistemi di n particelle. Quali sonole osservabili di tali sistemi? qi,pi, e le f(q, p).Postuliamo che fop = f(qop, pop).Attenzione solo all’ordine, che classicamente non conta, quantisticamente sı.

2. Ci interessano i commutatori fondamentali. Proprieta dei commutatori.

3. Analogia con Parentesi di Poisson (meccanica classica).

4. POSTULATO DI QUANTIZZAZIONE i commutatori delle qi e delle pi sonoproporzionali alle corrispondenti parentesi di Poisson.

5. Costante di proporzionalita tra [qi, pi] e δij deve essere immaginaria pura: POSTU-LIAMO sia i~.

6. Si ha quindi

∆qi∆pi >1

2~ (7)

2 L’oscillatore armonico

Scopo: determinazione degli autovalori dell’energia di un’oscillatore armonico unidimen-sionale, la cui hamiltoniana (ovvero l’energia) e:

H =1

2m

(p2 +m2ω2q2

)(8)

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2.1 Positivita degli autovalori dell’energia

1. teorema 1 Gli autovalori di H sono tutti non negativi.Dimostrazione. Si dimostra che per un generico stato il valore di aspettazione di H enon negativo usando l’autoaggiuntezza di p e q.

2. grazie alla relazione di indeterminazione vale: teorema 2 Tutti gli En sono positivi.→ La minima energia di un oscillatore armonico e diversa da 0!!

3. I valori medi di p e q sugli autostati di h sono nulli. Si dimostra calcolando ilcommutatore tra H e p (che risulta proporzionale a p stesso) e quindi inserendolo nelcalcolo esplicito del valore medio di p su un autostato dell’energia.

4. Il livello fondamentale E0 soddisfa E0 > 12~ω. ricordare disuguaglianza a2 +b2 > 2ab.

2.2 I livelli energetici dell’oscillatore armonico

1. Si introducono gli operatori non hermitiani η e η†:

η =1√

2mω~(p− imωq) , η† =

1√2mω~

(p+ imωq) . (9)

2. Si scrivono p e q in termini di η e η† e si calcolano i commutatori [H , η] e [H , η†].

3. Si mostra cosı (sfruttando i risultati precedenti) che si possono ottenere autovettori(con rispettivi autovalori) di H applicando ripetutamente η o η†, che vengono perciorispettivamente chiamati operatori di discesa e di salita, a un autovettore |E〉 diH. Gli autovalori cosı ottenuti sono limitati inferiormente da E0 = 1

2~ω, ma nonsuperiormente.

4. Importanti proprieta e normalizzazione degli autovettori di H.

3 teoria delle rappresentazioni

3.1 Rappresentazioni

1. Base ortonormale di vettori (ortonormalita e completezza) → Scomposizione in seriedi Fourier di ogni vettore |A〉. I coefficienti {an} ∈ `2 sono i rappresentativi di|A〉 nella base |en〉. → il prodotto scalare tra due vettori puo essere espresso intermini dei rappresentativi→ abbiamo un isomorfismo tra H e `2 (cioe lo spazio dellesuccessioni {an} per cui

∑|an|2 <∞), che viene chiamato la rappresentazione di

H su `2.

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2. Rappresentazione degli operatori. Considerando il rappresentativo di un vettore ot-tenuto applicando l’operatore ρ a un generico vettore di H si giunge alla definizionedegli elementi di matrice dell’operatore ρ nella base |en〉:

ρnm ≡ 〈en | ρ | em〉 (10)

i quali determinano completamente l’operatore.

3. Proprieta delle rappresentazioni degli operatori:

• I rappresentativi dell’operatore identita sono in ogni base δnm.

• Si mostra che ogni operatore e rappresentato da una matrice di numeri e che lamatrice di un prodotto e il prodotto delle matrici secondo secondo la regola delprodotto righe per colonne (matrici infinite).

• la matrice che rappresenta ξ† e l’hermitiana coniugata di quella che rappresentaξ.

4. Discorso su osservabili compatibili e matrici diagonali. importante. //da fare

3.2 La rappresentazione di Heisenberg per l’oscillatore armonico

Definizione. Si da il nome di rappresentazione di Heisenberg ad ogni rappresentazionein cui la hamiltoniana e diagonale.In questo paragrafo si mostra la rappresentazione di H. per l’oscillatore armonico scegliendocome base ortonormale gli autovettori di H ( ovvero |n〉).

3.3 Trasformazioni unitarie

In questa sezione si introducono formalmente le trasformazioni unitarie come analogo delletrasformazioni canoniche della meccanica classica. Bisogna ricordare che qui si sta parlandodi uno spazio di dimensione infinita, per cui, ad esempio, bisogna verificare che sia U †Uche UU † siano uguali all’operatore unitario per affermare che U † = U−1 e che quindi U eunitario.

1. Operatori unitari mandano basi ortonormali in basi ortonormali. Conservano lanorma dei vettori.

2. trasformazioni unitarie (cambio di base) lasciano invariate le regole di commutazione(operatori unitari implementano le trasformazioni canoniche).

3. teorema di Von Neumann.

4. teorema Se un operatore V commuta con tutte le osservabili, allora e un multiplodell’operatore identita.

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3.4 Considerazioni preliminari alla introduzione della rappresentazionedi Schrodinger

1. Uno dei problemi importanti della meccanica quantistica e quella di determinareautovalori e autovettori delle osservabili, ovvero, passando da un’opportuna rappre-sentazione, quello di trovare autovalori e autovettori di matrici di infinite dimensioni.Problema: infinite equazioni lineari e omogenee: non abbiamo metodo generali perrisolverle.

2. altro problema: Qual e la rappresentazione piu conveniente per q e p? Forse quellain cui le q o le p sono diagonali, ma, se, verbigrazia, volessi determinare una rappre-sentazione in cui le q sono diagonali, avrei un altro problema:

3. Le q non hanno autovettori. Dimostrazione intuitiva usando il commutatore tra q ep, ma non rigorosa. Dimostrazione piu rigorosa:

• Introduzione operatori U(a) con a ∈ R: U(a) = e−ipa/~. Tale operatore eunitario (mostrare).

• Calcolare commutatore di q con U(a): mostrare come si ottenga uno spettroCONTINUO di autovalori e dire perche questo sia un’assurdo.

4. Per p vale la stessa cosa.

5. Cosa sono allora q e p? Non osservabili, ma possono essere considerate come il limitedi osservabili (piu avanti bene).

6. Significato fisico dell’operatore U(a): esso e l’operatore che implementa una trasfor-mazione canonica, e in particolare la traslazione (mostrare).

3.5 La rappresentazione di Schrodinger

Le qi non hanno autovettori→ non esiste una rappresentazione in cui le qi siano diagonali.Ora pero ”facciamo finta” che invece le qi abbiano autovettori e procediamo nel modiseguente:

1. Consideriamo un sistema con un grado di liberta.

2. Ammettiamo che la q ammetta una base di autovettori, anzi: ogni numero reale x eun autovalore di q e per ognuno di essi esiste un autovettore |x〉 di x. (infatti, nelladimostrazione della assenza di autovettori di q emerge il fatto che, se esistessero essisarebbero un’insieme continuo.

3. Quindi i rappresentativi di ogni vettore |A〉 sono della forma: 〈x |A〉 = ψA(x) ,cioe funzioni della x. Tale funzione viene chiamata funzione d’onda dello statorappresentato dal vettore |A〉.

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4. Il prodotto scalare in termini delle funzioni d’onda e quello dello spazio L2 delle fun-zioni a quadrato sommabile (basta adattare la relazione di completezza alla variabilecontinua per ottenere questo risultato).

5. L’operatore q in questa rappresentazione e rappresentato dalla moltiplicazione per x.Quindi e una rappresentazione in cui q e diagonale (spiegare)

In questo discorso siamo partiti dalla base |x〉, in maniera non rigorosa. Ora procediamoa rovescio, cercando un isomorfismo (cioe una rappresentazione) dello spazio dei vettori

di stato H con lo spazio L(n)2 (per un sistema con n gradi di liberta). Partiamo quindi

cercando la rappresentazione degli operatori pr poi dedurne quella dei vettori. Uno deimodi di costruire questo isomorfismo e il seguente.

3.5.1 Rappresentazione di Schrodinger o delle coordinate

1. Questa rappresentazioni, per alcuni motivi (mostrare), e definita da:

|A〉 → ψA(x1, · · · , xn) ∈ Ln2 , qi → xi , pi → −i~∂

∂xi(11)

2. Verificare che xi e −i~ ∂∂xi

sono operatori autoaggiunti su L2. In questa si verifica sola-mente che tali operatori siano hermitiani (utilizzando sostanzialmente la definizione)e non autoaggiunti.Nota. E’ importante tenere sempre a mente che vi e una differenza, e quale e (sitratta fondamentalmente di una differenza ai domini di definizione degli operatori,dove cioe sono limitati. Per approfondire e utile il file di Fabio Baruffa).

3. Verificare che per essi valgono le regole di commutazione del postulato di quantiz-zazione.Nota. Anche in questo caso bisogna considerare che le relazioni trovate non valgonoper qualsiasi funzione di L2, infatti anche la funzione xixjψA(x1, · · · , xn) deve esserea quadrato sommabile, e cosı la sua derivata seconda (deve anche essere, quindi,derivabile almeno due volte), e cosı via. Le funzioni che soddisfano tali condizionisono un insieme denso in L2. Questo ci riporta ancora al problema del dominio deglioperatori non limitati, che e una questione importante.

4. Conoscendo il modi in cui le q e le p vengono rappresentate e possibile trovare larappresentazione di qualunque osservabile f(qi, pi).

5. Esempio: trovare autovalori e autovettori dell’energia per un sistema di particelle (ngradi di liberta). La hamiltoniana e e della forma:

H =n∑i=1

p2i

2m+ V (q1, · · · , qn) (12)

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Si ottiene l’equazione agli autovalori per H in RS (Rappresentazione di Schrodinger):(n∑i=1

− ~2

2m

∂2

∂x2i

+ V (x1, · · · , xn)

)ψE (x1, · · · , xn) = EψE (x1, · · · , xn) (13)

chiamata equazione di Schrodinger. E’ un’equazione differenziale lineare omo-genea del secondo ordine. Le incognite sono gli autovalori E e le ψE (x1, · · · , xn).A noi interessano solo quei valori di E per cui le ψE (x1, · · · , xn) sono a quadratosommabile. Essi costituicono un insieme discreto, finito o infinito.

3.5.2 Rappresentazione degli impulsi

Si ottiene scambiano il ruolo delle q e delle p nella (11) (cambia solo un segno meno davantialla rappresentazione delle posizioni come derivata. questo e dovuto allo scambio di po-sizione nel commutatore). Notazione: si usano le k anziche le x come variabili indipendentiper distinguere le due rappresentazioni.

Ulteriori osservazioniOss 1. Notazione: in RS o in rappresentazione degli impulsi, la funzione d’onda cor-rispondente a un vettore che rappresenta un autostato di uno stato rispetto a una certaosservabile f(q, p) viene chiamata autofunzione dell’osservabile f(q, p).Oss 2. I risultati trovati valgono per qualunque rappresentazione e quindi nello spazioastratto H (grazie a postulato di Von Neumann). Spazio di schwartz S delle funzioni in-finitamente differenziabili e che si annullano all’infinito, insieme a tutte le loro derivate: edenso in L2 e in esso tutti i polinomi P (xi,−i~ ∂

∂xi) sono ben definiti come operatori di L2.

Oss 3. S buon candidato per rappresentare gli stati di un sistema.

3.6 Interpretazione fisica delle rappresentazioni di Schrodinger e degliimpulsi

Si fa un ragionamento per la RS che puo essere ripetuto analogo per la rappresentazionedegli impulsi.

1. Si parte da un vettore |A〉 e si considera la sua funzione d’onda NORMALIZZATAψa(x1, · · · , xn) rappresentativa.

2. Si calcolano i valori medi di qi e pi sullo stato rappresentato da |A〉 e quello diuna generica f(q1, · · · , qn). Si trova che compare sempre (nell’intergale) il termine|ψa(x1, · · · , xn)|2.

3. Si considera, per semplicita, il caso con un grado di liberta, e, con l’introduzionedell’operatore E∆,x′(q) che in RS e la funzione caratteristica dell’intervallo ∆, siarriva al risultato che |ψa(x)|2dx e la probabilita di trovare la particella con ascissa

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compresa tra x e x+ dx e, quindi, |ψa(x)|2 e la densita di probabilita relativa allaposizione della particella.

4. Nota. La |ψa(x)|2 non basta, da sola, a determinare lo stato della particella.

5. Si puo generalizzare a piu gradi di liberta e si ottiene che |ψa(x1, · · · , xn)|2dx1 · · · dxne la probabilita di trovare il sistema (di particelle) con coordinate comprese fra x1 ex1 + dx1 e cosı via.

3.7 Gli autovettori impropri delle qi e delle pi

Le qi non hanno autovettori, ma vogliamo sviluppare un formalismo matematico in modoche la RS (o la rappresentazione degli impulsi) risulti un rappresentazione ”vera e propria”(cioe sia determinata da qualcosa di analogo a una base di autovettori).

1. In RS l’effetto di qi su un vettore e la moltiplicazione per xi. Grazie a questo ealla definizione della funzione d’onda (tramite i rappresentativi: ψa(x) = 〈x |A〉), siricava:

〈A | qi | x〉 = xi 〈A | x〉 (14)

la quale essendo vera per ogni |A〉:

qi |x〉 = xi |x〉 (15)

Oss 1. La (15) non ha significato se non e moltiplicata a sinistra per un qualunquevettore |A〉 appartenente al dominio di q. Infatti le qi non hanno autovettori in H.Oss 2. Gli oggetti indicati con |x〉 non sono vettori di H e vengono chiamati vettoriimpropri. Si dice quindi che |x〉, cioe |x1, · · · , xn〉, e un autovettore improprio delleqi con autovalori impropri xi che formano uno spettro continuo.

2. Considerando il prodotto scalare tra due vettori di H si ottiene la relazione di com-pletezza per la base impropria di autovettori impropri delle qi. Vale anche in questocaso la Oss 1.

3. INTRODUZIONE DELLA DELTA DI DIRAC.

(a) Si vuole capire che significato ha l’espressione 〈x | x′〉 (si riscorda infatti che none definito tra due vettori impropri un prodotto scalare) e vedere se si trova unanalogo della relazione di ortogonalita che sussiste tra i vettori di una base diautovettori di un’osservabile.

(b) Partendo dalla definizione di ψA(x) e utilizzando la relazione di completezza siarriva, con alcune osservazioni, a:

ψA(x) =

∫δ(x− x′)ψA(x′)dx′ (16)

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Che e ancora soddisfatta se a δ(x−x′) si sostituisce δ(−x+x′)→ δ(−x) = δ(x)(e pari). E’ poi evidente che:

ψA(0) =

∫δ(x′)ψA(x′)dx′ (17)

(c) Significato e proprieta:

i. Per x 6= 0 δ(x) = 0.

ii. ∫ +∞

−∞δ(x)dx = 1 (18)

(in generale e uguale a 1 l’integrale su un intervallo che comprenda il puntoin cui δ(x) 6= 0.

La δ(x) non e quindi una funzione (per queste due proprieta), e si dice che e unadistribuzione. Viene chiamata delta di Dirac (il quale la chiama funzioneimpropria). Si puo immaginare la delta anche come limite di una funzione blabla.

(d) Siamo arrivati quindi alla relazione di ortogonalita per gli autovettori impropri:

〈x | x′〉 = δ(x− x′) (19)

Per piu gradi di liberta:

〈x1, · · · , xn | x′1, · · · , x′n〉 = δ(x1 − x′n)δ(x2 − x′2) · · · δ(xn − x′n) (20)

Si ricorda che la delta viene pero usata solo all’interno di integrali.

(e) La trattazione della delta sul Dirac e un po’ diversa. Dato che l’ha introdotta luie utile ricordarne i punti salienti (ma e meglio guardarla sul libro). Egli procedecosı:

• Introduce direttamente la delta come quantita definita dalle i),ii).

• Nota il fatto che la delta non sia un’usuale funzione e la chiama funzioneimpropria.

• Mostra la proprieta piu importante della delta, ovvero la (17) (valida perogni f(x)) con dimostrazione molto intuitiva.

• Giustifica l’introduzione della funzione impropria.

• Mostra un altro significato della delta: come derivata della funzione agradino (inoltre la delta compare ogni folta che si deriva una funzione dis-continua).

• Mostra diverse proprieta della delta.

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3.8 Relazione fra le rappresentazioni delle coordinate e degli impulsi

Scopo: determinare la funzione d’onda in rappresentazione degli impulsi una volta che sianota quella in RS e viceversa. Guardare libro per procedimento. Il risultato principale eche le due rappresentazioni, a meno di fattori costanti, sono una la trasformata di Fourierdell’altra.

3.9 Le q e le p come osservabili

Dove si mostra in che senso le q e le p (e tutte le osservabili che abbiano uno spettrocontinuo di autovalori impropri) possono essere considerate osservabili.

1. Si considera l’operatore q∆(x) =∑+∞−∞ xnE∆,xn(x) . Esso e un’osservabile.

2. Si mostra che q∆ approssima la q nel limite di ∆ piccolo.

3. Un autovettore |x′∆〉 e approssimativamente autovettore di q corrispondente all’autovalorex′ se sullo stato rappresentato da |x′∆〉 si ha ∆q 6 ∆ e q ' x′, dove ∆ rappresenta ilgrado di approssimazione con cui si vuole misurare la posizione.

4. Discorso analogo per le p (guardare bene pero).

5. Commenti vari. (da sistemare)

4 L’equazione di Schrodinger per sistemi unidimensionali

4.1 La hamiltoniana della particella libera

Determinazione degli autovalori della hamiltoniana della particella libera nel caso unidi-mensionale.

1. La hamiltoniana e:

H =p2

2m(21)

Quindi H e p commutano → hanno un insieme completo di autovettori (impropri)simultanei. Essendo p non degenere ogni autovettore improprio di p e autovettoredi H. → I vettori |p′〉 costituiscono una base di autovettori di H ed i corrispondenti

autovalori E si ottengono dalla equazione agli autovalori di H, da cui → E = p′2

2m . Hha quindi autovalori continui e tutti reali, quindi ha solo autovalori impropri.

2. Si trova che il grado di degenerazione e 2 (a parte per E = 0). Significato fisico: ilsegno della velocita non cambia il valore dell’energia cinetica.Oss 1. Per il principio di sovrapposizione, quantisticamente esistono stati in cui laparticella ha un impulso ne negativo ne positivo, ma una sovrapposizione dei due.

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3. Riesaminiamo lo stesso problema in RS. L’equazione di Schrodinger in questo casodiventa:

− ~2

2mψ′′(x) = Eψ(x) , ψ′′(x) ≡ d2ψ

dx2(22)

con incognite E e ψ(x). La sua soluzione e della forma:

ψ(x) = αei√

2mEx/~ + βe−i√

2mEx/~ , α, β ∈ C (23)

Dal confronto con la trattazione precedente (per cui E > 0) si ottiene la seguentecondizione necessaria:

Se vogliamo determinare autovalori e autovettori impropri di una osservabile dob-biamo accettare soltanto quelle soluzioni dell’equazione agli autovalori in RS che simantengono limitate per x→ ±∞, e scartare quelle che divergono.

4.2 Il teorema di degenerazione. Inversioni spaziali

Questo paragrafo e propedeutico ai successivi.

1. Teorema di degenerazione Se due osservabili η e ζ commutano entrambe con un’osservabileξ, ma non commutano tra di loro allora ξ e degenere. (Dimostrazione facile)

2. Applicazione al caso della hamiltoniana della particella libera, cerchiamo cioe diritrovare la doppia degenerazione degli autovalori E usando questo teorema. Si in-troduce l’operatore inversione spaziale:

(a) Definizione in RS:IψA(x) = ψA(−x) . (24)

(b) Idempotenza.

(c) Autoaggiuntezza(dubbio sulla dimostrazione).

(d) Unitarieta (segue dalle prime due).

(e) Autovalori sono w = ±1.

(f) Autofunzioni: funzioni PARI e DISPARI.

(g) I anticommuta con q e p.

(h) Le stesse proprieta valgono con piu gradi di liberta.

(i) L’operatore I commuta con l’hamiltoniana e in generale con tutte le osservabilipari nelle q e p. Quindi in particolare con ogni hamiltoniana del tipo

H =p2

2m+ V (q) (25)

purche V (q) = (−q).(j)

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4.3 Caratteristiche generali delle soluzioni dell’equazione di Schrodingernel caso unidimensionale

Caso di particella vincolata a muoversi su una retta soggetta a un potenziale V (q).

1. Hamiltoniana:

H =p2

2m+ V (q) (26)

e relativa equazione agli autovalori in RS:

ψ′′(x) =2m

~2(V (x)− E)ψ(x) (27)

2. Ci interessano quelle soluzioni che o

• appartengono a L2, e quindi in particolare tendono a zero per x→∞; oppure,se non sono L2

• si mantengono limitate per x→∞.

Le prime sono le autofunzioni proprie di H e corrispondono agli stati legati del sitema.Le seconde sono le autofunzioni improprie di H, i cui autovalori sono autovaloriimpropri e, si vedra, formano uno spettro continuo.

3. Ci interessano solo le soluzioni reali della (27) (mostrare perche).

4. fissato un valore (reale) di E l’asse delle x rimane suddiviso in due tipi di regioni:quella in cui E > V (x), che sono quelle classicamente accessibili e quelle in cuiE < V (x) che sono quelle classicamente non accessibili. I punti di confine tra leregioni di tipo I e quelle di tipo II sono i classici punti di inversione. da questeinformazioni si puo capire il comportamento qualitativo (solo per quanto riguardaconcavita e punti di flesso) della ψ nelle regioni di tipo I e II (utile ragionare bene suqueste rappresentazioni qualitative).

4.4 Le soluzioni dell’equazione di Schrodinger: autovalori discreti

In questo e nei prossimi si analizzano le soluzioni dell’eq. di S. (spettro, forma delleautofunzioni, degenerazione) per diversi tipi di potenziale. Cominciamo con un potenzialedella forma:

V (x)→ +∞ , x→ ±∞ . (28)

Noi cerchiamo i valori di E per cui si hanno soluzioni accettabili dell’eq. di S. ovverodevono appartenere a L2 o se no rimanere limitate all’infinito (non e vero, possono solo,nelle regioni di tipo II, o divergere o tendere a 0, a causa della concavita). Per un talepotenziale ci sono due casi:

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1. E < Vmin. Tutto l’asse delle x e regione di tipo II. Non esistono soluzioni accettabili(dimostrare ragionando sulla pendenza della tangente a causa della concavita).

2. E > Vmin. In questo caso esistono delle soluzioni accettabili, ma corrispondono soloa autovalori discreti. Infatti le soluzioni devono tendere a 0 tanto nella regione ditipo II a destra del piu destro dei punti di inversione tanto nella regione di tipo II asinistra del piu sinistro dei punti di inversione.Caratteristiche di ψ(x):

• Nella regione compresa fra i punti di inversione piu esterni la funzione d’onda eoscillante, poiche ogni volta che attraversa l’asse delle x cambia di segno.

• L’autofunzione di H corrispondente all’autovalore piu basso, cioe al livello fon-damentale, non ha nodi, poiche (intuitivamente, ma da controllare) cambia con-cavita prima ancora di incontrare l’asse delle x, perche i punti di inversione sonomolto vicini. Per cui tendera a zero a destra e sinistra senza mai incontrare l’asse.

• Per i livelli successivi (maggiori) aumenta la curvatura, per cui la ψ(x) puocompiere piu oscillazioni.

• Teorema di oscillazione Per un sistema con un solo grado di liberta sianoE0, E1, · · · , En, · · · gli autovalori discreti della hamiltoniana ordinati in sensocrescente, e siano ψ0(x), ψ1(x), · · · , ψn(x), · · · le corrispondenti autofunzioni.Allora ψ0(x) non ha nodi, ψ1(x) ha un nodo,..., ψn(x) ha n nodi.

• Teorema di non degenerazione Per ogni sistema unidimensionale gli autovaloridiscreti della hamiltoniana sono non degeneri. (dimostrazione semplice, perassurdo)

3. Un caso particolare: V (x) = V (−x). → H commuta con l’operatore di inversioneI → I e H hanno un insieme completo di autofunzioni simultanee, ma siccome leauofunzioni di I hanno parita definita, e gli autovalori discreti di H sono non degeneri→ le autofunzioni di H hanno parita definita. Seguendo questo ragionamento si trovache le autofunzioni di H sono alternativamente pari e dispari, con ψ1(x) pari.

4.5 Le soluzioni dell’equazione di Schrodinger: autovalori continui

• Caso di un potenziale del tipo:{V (x)→ +∞ x→ −∞V (x)→ 0 x→ +∞

, Vmin < 0. (29)

Vi sono tre casi:

1. E < Vmin: tutto l’asse delle x e di tipo II, e non vi sono autovalori.

2. Vmin < E < 0: Autovalori discreti.

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3. E > 0: spettro continuo non degenere.

• Caso di un potenziale del tipo:{V (x)→ V2 x→ −∞V (x)→ V1 x→ +∞

, Vmin < V1 < V2. (30)

Vi sono quattro casi:

1. E < Vmin: non esistono autovalori.

2. Vmin < E < V1: Autovalori discreti.

3. V1 < Vmin < V2: Autovalori continui non degeneri.

4. E > V2: Autovalori continui doppiamente degeneri.

Si vede quindi come, in generale, dato un potenziale, si possa capire il tipo di autovalori ela degenerazione escluzivamente dal tipo di regioni che si hanno a ±∞ (Vedere libro a pg.130 per specchietto riepilogativo).

5 Sistemi unidimensionali

5.1 L’oscillatore armonico unidimensionale in rappresentazione di Schrodinger

Vogliamo trovare le autofunzioni ψn(x) = 〈x | n〉 dell’hamiltoniana in RS.

1. Si potrebbe partire dall’eq. di S. per l’oscillatore armonico:

− ~2

2mψ′′n(x) +

1

2mω2x2ψn(x) = Enψn(x) (31)

e risolverla, ma noi useremo un metodo piu breve.

2. Si vuole calcolare ψn(x) = 〈x | n〉′ dove i vettori |n〉′ sono quelli che trovi a pg 94.Con alcuni ragionamenti ci si riduce al problema di calcolare il solo 〈x | 0〉 (ovvero lafunzione d’onda dello stato fondamentale). Ricordando che il vettore |0〉 e definitoda η |0〉 = 0, e scrivendo η in RS, si ottiene un’eq. differenziale del primo ordineche permette di determinare ψ0(x) a meno di un fattore, che si puo determinareimponendo la normalizzazione. Si ottiene infine la funzione d’onda normalizzatadello stato fondamentale dell’oscillatore armonico:

ψ0(x) =(mωπ~

)1/4e−(mω/2~)x2 (32)

E’ una gaussiana!! Ha i flessi nei punti di inversione per un oscillatore di energia E0.

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3. Vi e una importante e interessante osservazione da fare sulla possibilita, in mecca-nica quantistica, che la particella, dopo la misura si trovi in una regione di tipo II,classicamente proibita.

4. A partire dalla ψ0(x) e poi possibile ricavare tutte le altre ψnx), applicando n voltel’operatore di salita. Polinomi di hermite bla bla bla.

5.2 Buca di potenziale

In molte situzioni si ha un potenziale V (x) che passa da un certo valore ad un altro,significativamente diverso, in un tratto molto piccolo, lungo ε. Si schematizzano questipotenziali con potenziali a gradino, a cui si arriva naturalmente prendendo il limite perε→ 0 del potenziale fisico. Tali potenziali a gradino presentano quindi una discontinuita, incui bisognera stabilire delle condizioni di continuita per le autofunzioni dell’hamiltoniana.Tali condizioni si usano sfruttando il fatto che si e usato un procedimento di limite perarrivare al potenziale a gradino.

Si considera l’eq di Schroedinger per la situazione in esame, cioe la (27), e la si integracon estremi 0 e ε. Effettuando il limite per ε → 0 si trova la condizione di continuita perψ′(x), e con un procedimento analogo quella per ψ(x). Le condizioni sono che sia la funzioned’onda che la sua derivata prima devono essere continue nel punto di discontinuita.Applicazione: Problema unidimensionale di una particella soggetta ad un potenziale ”abuca”.

1. Si parte dall’equazione di Schrodinger, che e definita in modo diverso dentro e fuorila buca.

2. Si scrivono le soluzioni generali per le due equazioni (dentro e fuori), per valoridi E < V0 (poiche vogliamo gli stati legati, ovvero quegli stati corrispondenti aautovalori discreti)

3. Imponendo che la soluzione sia L2 si trova che due dei coefficienti devono essere nulli(quelli per cui la funzione esploderebbe)

4. Oss. V (x) e pari in x → essendo gli autovalori discreti non degeneri → H e Icommutano e hanno una base comune di autovettori → gli stati legati hanno paritadefinita!! (sono quindi autostati di I).

5. Si incomincia a studiare gli stati a parita positiva, fra i quali vi e lo stato fonda-mentale. Imponendo nella soluzione generale la condizione che sia una funzione parisi ottiene la soluzione generica per stati pari, che, ovviamente e simmetrica rispettoall’asse delle ψ(x). Imponendo infine la continuita di ψ e ψ′ tnegli estremi della bucasi ottiene l’equazione che che indica quali sono gli autostati di H con parita +1.

6. Analogamente si ottiene un’equazione per gli autostati dispari.

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7. Le soluzioni finali (cioe i valori di E corrispondenti agli stati legati) si trovano uti-lizzando un metodo grafico, da cui si evince che, qualunque sia il valore di V0 e di a(altezza delle pareti e larghezza della buca) esiste sempre almeno uno stato legato,cioe quello fondamentale (pari).

8. Solo per lo stato fondamentale si osserva il comportamento per il limite di buca in-finita, cioe per V0 →∞. Si nota dal grafico che, sotto tale limite, E0 → π2~2/(8ma2).Inoltre, la funzione d’onda diventa:

limn→∞

ψ0(x) =

{A cos πx2a −a < x < a

0 |x| ≥ a.(33)

In questo caso limite quindi la funzione d’onda si annulla fuori dalla buca, inoltre negliestremi e ancora continua (quindi si annulla) mentre la sua derivata prima no. Questaconclusione vale per tutte le ψn(x), le quali formano una base → qualsiasi funzioned’onda ψ(x) e nulla fuori dalla buca, ovvero la particella e vincolata a muoversi nelsegmento (−a, a) (con a > 0 ). E’ quindi necessario risolvere l’eq. di Schrodingersolo allinterno della buca, imponendo la condizione per le autofunzioni di H ψn(x):

ψn(+a) = ψn(−a) = 0 con V0 =∞ per |x| > a. (34)

Tale condizione al bordo e valida qualunque sia la forma di V (x) all’interno dellabuca.

9. ESEMPIO: calcolo di autovalori e autofunzioni per una particella vincolata a muoversisu un segmento con potenziale nullo all’interno e infinito all’esterno.

5.3 L’effetto tunnel

Classicamente una barriera di potenziale alta V0 non puo essere attraversata da una parti-cella con energia E0 < V0. Secondo la teoria Quantistica, invece, vi e una probabilita nonnulla che questo accada. Questo fenomeno viene chiamato effetto tunnel. Analizzare ilfenomeno nei dettagli:

1. Si studiano le autofunzioni ψE(x) dell’hamiltoniana. Si scrivono le soluzioni generalinelle regioni asintotiche, notando che sono di tipo I, e che quindi gli autovalori sonocontinui e doppiamente degeneri.

2. Imponendo che la particella in considerazione incida sulla barriera da sinistra si ot-tengono delle condizioni sui coefficienti delle soluzioni. Inoltre, data l’omogeneitadell’equazione di S., e lecito porre il coefficiente dell’”onda incidente” (A) uguale a 1.Si ottiene l’espressione generica di ψE(x) per uno stato di scattering. Come si vede,essendo la funzione d’onda combinazione di funzioni esponenziali, essa non si annulla

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mai. Ricordando che il modulo quadro della f. d’onda, |ψ(x)|2 ha il significato fisicodi densita di probabilita di trovare la particella nella posizione x, e evidente che vi equindi una probabilita non nulla che la particella attraversi la barriera di potenziale!!

3. Inoltre deve essere sempre diverso da zero il coefficiente dell’”onda trasmessa” (C)(perche? da capire, pg 138), quindi tale effetto si verifica effettivamente.

4. E’ quindi naturale chiamare |C|2 coefficiente di trasmissione della barriera, e|A|2 coefficiente di riflessione (dove A non e lo stesso di prima ma e il coefficienterinominato dell’”onda riflessa”). Nota. Si ricorda che la ψE(x) e un’autofunzioneimpropria dell’hamiltoniana, cui corrispondono autovalori impropri, ma esistono perostati fisici che approssimano ψE(x) in una regione dell’asse x grande quanto si vuole.

5. I valori di A e C dipendono da V (x), ma vale l’importante risultato che, qualunquesia la forma di V (x), vale la relazione:

|A|2 + |C|2 = 1 (35)

La dimostrazione di quest’ultima e delicata e importante, per cui vale la pena ricor-dare qui i passaggi principali.

• Si considera il caso tridimensionale, in cui l’equazione di Schrodinger (13) di-venta:

− ~2

2m∆ψE(x) + V ψE(x) = EψE(x). (36)

• moltiplicando la (36) per ψ∗E(x) e la sua complessa coniugata per ψE(x) e sot-traendole si ottiene:

∇ · j = 0 (37)

dove j ≡ − i~2m (ψ∗∇ψ − ψ∇ψ∗) viene chiamato densita di corrente di proba-

bilita. L’equazione appena trovata e detta equazione di continuita e esprimela conservazione della densita di probabilita nel tempo.

• Si torna quindi al caso unidimensionale, in cui la (37) implica direttamente la(35).

6. Inoltre, INDIPENDENTEMENTE dalla forma del potenziale, sia che la particellaarrivi da sinistra, sia che arrivi da destra, i coefficienti di trasmissione e di riflessionesono gli stessi (dimostrazione).

7. ESEMPIO: caso del potenziale rettangolare. Sul libro.

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6 Evoluzione temporale

6.1 L’evoluzione temporale nello schema di Schrodinger

Tutte le discussioni affrontate fino a qui riguardano gli stati del sistema ad un determinatoistante. Ora si vuole determinare lo stato del sistema ad ogni istante noto lo stato all’istanteiniziale e le forze che agiscono sul sistema.

1. Notazione:|A , 0〉 indica che il sistema si trova in uno stato descritto dal vettore |A〉 all’istantet = 0. Analogamente |A , 0〉 indica che il sistema si trova in uno stato descrittodal vettore |A〉 all’istante t, se inizialmente il sistema era nello stato |A , 0〉. Quindiper effetto dell’evoluzione temporale: |A , 0〉 −→ |A , t〉. Qui si sta implicitamentefacendo l’ASSUNZIONE che lo stato del sistema sia determinato (note le forze)unicamente dal suo stato iniziale. Questo e lecito solo se nell’intervallo (0, t) non sieffettuano misure.

2. Si effettua una seconda ASSUNZIONE:

|A , t〉 = U(t, 0) |A , 0〉 (38)

dove U(t, 0) e un operatore lineare e unitario (mostrare conseguenze(e quindi anche”giustificazione euristica” di questa scelta)). Se si considerano forze indipendenti daltempo si puo dimostrare che:

U(t) = e−iKt (39)

con K operatore autoaggiunto. Per analogia con ’operatore di traslazione spazialesi postula che K sia proporzionale ad H. Questo viene anche naturale se si pensaalla teoria classica, in cui l’hamiltoniana e il generatore delle traslazioni temporali.La costante di proporzionalita deve avere le dimensioni del reciproco di un’azione(perche? forse per le regole di commutazione?), per cui si assume:

U(t) = e−iHt/~ (40)

Quindi, per sistemi soggetti a forze indipendenti dal tempo:

|A , t〉 = e−iHt/~ |A , 0〉 (41)

3. Gli operatori unitari lasciano invariati i prodotti scalari. → le probabilita di tran-sizione non dipendono dal tempo. Derivando la (41) rispetto a t si ottiene l’equazionedi Schrodinger dipendente dal tempo:

i~ |A , t〉 = H |A , t〉 (42)

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Questa equazione vale anche nel caso di forze dipendenti dal tempo, ovvero nel casoin cui H dipenda esplicitamente dal tempo. In RS tale equazione diventa:

i~∂

∂tψ(x, t) = H(x,−i~∂/∂x, t)ψ(x, t) , (x ≡ x1, · · · , xn) (43)

con ψ(x, t) = 〈x |A, t 〉

4. Nel caso di forze posizionali si ottiene un’equazione di qontinuita (che il Caracciolonon ha affrontato):

∇ · j(x, t) +∂ρ(x, t)

∂t= 0 (44)

5. La (42) puo essere riscritta in funzione dello stato fondamentale, su cui viene fattoagire l’operatore di evoluzione temporale. Dato che deve valere per ogni vettorerappresentativo dello stato, si ottiene l’equazione operatoriale:

i~d

dtU(t) = H(t)U(t) (45)

6. Stati stazionari: stati che non evolvono nel tempo. Richiedere cio non significa cheil vettore che rappresenta lo stato debba rimanere invariato, questo infatti porterebbea richiedere che lo stato sia autostato di H con autovalore nullo, ma non e fisico, bensıvuol dire richiedere che lo stato fisico del sistema rimanga invariato. deve cioe essere

|A, t〉 = U(t) |A, 0〉 = c(t) |A, 0〉 (46)

Vale il seguente Teorema: Uno stato e stazionario se e solo se e autostato di H. Ovverogli stati stazionari sono tutti e soli gli autostati di H. (si dimostra con l’equazione diSchroedinger).

7. Come agisce esplicitamente U(t) su un generico (vettore) stato? Cioe come si evolvenel tempo? In generale e non agevole, ma se conosco lo spettro di H e presto detto:basta sviluppare |A, 0〉 su una base di autovettori di H e far agire poi l’operatore dievoluzione sulla somma (che nel caso in cui H abbia autovalori continui diventa unintegrale). Questo e uno dei motivi per cui l’osservabile H e i suoi autovalori sonocosı importanti in meccanica quantistica.

8. Valori medi e costanti del moto. Noto come si evolve un certo stato e possibilestabilire come si evolve il valor medio di una certa osservabile su quello stato. Si hainfatti che:

ξt = 〈A, t |ξ|A, t〉 = 〈A, 0 |U(t)† ξ U(t)|A, 0〉 (47)

Su uno stato stazionario (come ci si aspetta) il valor medio di qualunque osservabilenon cambia. Esistono osservabili tali che il loro valor medio non cambia per ogni

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stato e per ogni t. Tali osservabili sono quelle che commutano con l’hamiltoniana(si dimostra a partire dalla (47) e poi derivando rispetto a t). Tali osservabili ven-gono chiamate costanti del moto (poiche se il commutatore e nullo lo e anche ilvalore delle corrispondenti parentesi di Poisson, e di conseguenza tale osservabile euna costante del moto anche in meccanica classica).vale infine il seguente Teorema: se ξ e una costante del moto e se |A, 0〉 e un autovet-tore di ξ relativo all’autovalore ξ′, tale e anche |A, t〉.

6.2 L’evoluzione temporale nello schema di Heisenberg

Nello schema di Schrodinger il punto di vista e quello in cui a evolvere sono gli stati e leosservabili sono fisse. E’ possibile anche assumere il punto di vista opposto, in cui sono leosservabili a evolvere e gli stati sono fissi. Questo e lecito in quanto, come si vede dalla(47), i due punti di vista sono equivalenti, dato che si puo considerare che l’operatoredi evoluzione agisca sull’osservabile o sui vettori. Questo e chiamato punto di vista diHeisenberg.In questo schema sono le osservabili a dipendere dal tempo, e si ha, dalla (47):

ξ(t) = U(t)† ξ U(t) (48)

1. In analogia con la teoria classica (in cui, come qui, sono le osservabili a dipendere daltempo) si cercano le equazioni differenziali che regolano l’evoluzione delle osservabili.con U(t) come nella (40) si deriva rispetto al tempo la (48). Si ottengono cosı leequazioni di Heisenberg:

ξ(t) =i

~[H , ξ(t)] (49)

Queste equazioni sono formalmente identiche alle equazioni del moto classiche, ovveroalle equazioni di Hamilton.

6.3 Il limite classico della meccanica quantistica

Molto interessante

7 il momento angolare

// per adesso riassunto fatto in modo veloce

7.1 Il momento angolare: regole di commutazione

1. Definizioni di momento angolare e momento angolare totale.

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2. Calcolo delle regole di commutazione del MA con le q, le p e fra le component stessedi M. Si puo fare in vari modi (es: calcolo diretto, sfruttare le parentesi di Poisson),ma il piu conveniente e quello di sfruttare la connessione tra MA e le rotazioni, perchee il piu significativo e aiuta a comprendere la natura del momento angolare.

3. Partendo (dalla meccanica analitica classica) dalla nozione di funzione generatriceper una trasformazione canonica infinitesima di coordinate, si conclude che la compo-nente lungo un asse del Momento Angolare e la funzione generatrice della rotazioneattorno a quell’asse. Si ottengono cosı le parentesi di poisson, e quindi le regole dicommutazione cercate, che possono essere riassunte da:

[Mi, qj ] = i~εijkqk (50)

Conseguenza esclusivamente del fatto che le qi sono le componenti di un vettore, cioesi trasformano sotto rotazioni come una moltiplicazione per una matrice (la matricedi rotazione). Quindi queste regole valgono per qualsiasi vettore, tra qui lo stesso M:

[Mi,Mj ] = i~εijkMk (51)

Procedendo analogamente per osservabili f(q, p), si ottengono le regole di commu-tazione delle componenti del MA con qualsiasi scalare, ovvero con qualsiasi grandezzaf(q, p) che resta invariante per rotazioni. In particolare si ottiene che le componentidi M commutano con tutti gli operatori scalari. Da cui si ottiene, per esempio,l’importante risultato che, nonostante le tre componenti del MA non siano tra lorocompatibili (tranne nel caso particolare in cui siano tutte nulle), l’osservabile M2 ecompatibile con le singole componenti.

4. Oss. Le (50) e (51) sono valide solo se i vettori e gli scalari sono costruiti con levariabili dinamiche del sistema.

7.2 Il momento angolare: autovalori

Si determinano gli autovalori delle componenti del MA, e di M2. Tutte le Mi avranno glistessi autovalori (poiche lo spazio e isotropo e posso scegliere il sistema di riferimento comemi pare), ma non gli stessi autovettori (perche?).

1. Si indicano con µ2~2 gli autovalori di M2 e con m~ quelli di M3 (e indifferente, peril motivo detto sopra, quale componente si scelga). Spesso poi si indicano solamenteµ2 e m (per comodita, oppure se si e in unita di ~).

2. con un ragionamento simile a quello fatto per gli autovalori dell’energia dell’oscillatorearmonico (//lo so, occorrerebbe qualche parola in piu ), si ottengono i seguenti risul-tati:

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• I possibili autovalori µ2 di M2 sono (+ 1)~2 con = 0, 12 , 1,

32 , 2, · · · ;

• I possibili autovalori di ogni componente Mi di M sono m~ con m intero osemidispari a seconda che sia intero o semidispari;

• Fissati Σ′(autovalori delle osservabili che completano il sistema formato da M2

e Mi) e µ2~ (cioe ) m puo assumere solo i valori −,− + 1, · · · , − 1, , cioe2+ 1 autovalori: esistono quindi 2+ 1 stati indipendenti in corrispondenza adogni coppia di autovalori di Σ e M2.

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