Bianconero La fotografia stenopeica nel terzo millennio · stenopeica nel terzo millennio La...

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128 Bianconero La fotografia stenopeica nel terzo millennio La fotografia a foro stenopeico non è un retaggio del passato, ma uno strumento creativo tuttora utilizzato in ambito artistico. La fotocamera Zero Image 4x5” è un ottimo apparecchio che permette di usare sia i Pinhole e gli Zone Plate. Questo articolo segue quello dell’ottobre 2008 in cui ci siamo occupati della foto- grafia stenopeica utilizzando una camera Rollei realizzata interamente in cartone; questa fotocamera, come qualsiasi altro semplice modello Pinhole, richiede che il caricamento della pellicola, o della carta autopositiva, sia effettuato al buio in camera oscura o, se si lavora in esterni, utilizzando una changing bag. Oggi parleremo invece di una macchina Pinhole più evoluta; è una fotocamera 4x5” che accetta sia gli chassis caricati a pellicola piana, che il dorso Polaroid 4x5” per utilizzare ad esempio la mitica e com- pianta Polapan 55. La macchina é una struttura in legno molto ben rifinita, chiusa sul lato anteriore da una Da sinistra: la Zero Image con focali da 25, da 50 e 75mm, ottenute aggiungendo progressivamente dei telai.

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Bianconero

La fotografia stenopeica nel terzo millennio

La fotografia a foro stenopeico non è un retaggio del passato, ma uno strumento creativo tuttora utilizzato in ambito artistico. La fotocamera Zero Image 4x5” è

un ottimo apparecchio che permette di usare sia i Pinhole e gli Zone Plate.

Questo articolo segue quello dell’ottobre 2008 in cui ci siamo occupati della foto-grafia stenopeica utilizzando una camera Rollei realizzata interamente in cartone; questa fotocamera, come qualsiasi altro semplice modello Pinhole, richiede che il

caricamento della pellicola, o della carta autopositiva, sia effettuato al buio in camera oscura o, se si lavora in esterni, utilizzando una changing bag. Oggi parleremo invece di una macchina Pinhole più evoluta; è una fotocamera

4x5” che accetta sia gli chassis caricati a pellicola piana, che il dorso Polaroid 4x5” per utilizzare ad esempio la mitica e com-pianta Polapan 55. La macchina é una struttura in legno molto ben rifinita, chiusa sul lato anteriore da una

Da sinistra: la Zero Image con focali da 25, da 50 e 75mm, ottenute aggiungendo progressivamente dei telai.

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La Zero Image pronta per scat-tare con lo chassis montato sul dorso.

Lo chassis in posizione dietro alla fotocamera, trattenuto dagli elastici a corredo.

Dopo aver estratto il volet dallo chassis si scosta il “legnetto” che copre il foro stenopeico e si dà inizio alla posa.

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piastra di legno che accoglie l’otturatore e il disco con vari Pinhole e gli Zone Plate; lo chassis si monta nella parte posteriore della fotocamera, tenendolo in posizione con degli elastici che si agganciano a dei perni in ottone. Dispone di due attacchi filettati per il treppiedi per cui la si può utilizzare sia in orizzontale che in verticale. La focale é di soli 25mm, ovvero la distanza tra il Pinhole e il piano pellicola, una foca-le che sul formato 10x12cm porta ad avere un grandangolare spinto, diciamo intorno a 12mm sul formato Leica. Separatamente si può però acquistare un numero pressoché infinito di telai, ciascuno del tiraggio di 25mm e con essi raggiun-gere la focale desiderata; i telai dovranno essere bloccati tra di loro usando sempre gli elastici. L’interno dei telai é dipinto con una vernice nera opaca e gli incastri tra un telaio e l’al-tro sono studiati per garantire una perfetta tenuta di luce. A corredo con la fotocamera vengono for-niti già montati tre Pinhole (per le prime tre focali, quindi 25, 50 e 75mm) e tre Plate Zone. Il Plate Zone é una sorta di Pinhole molto particolare: innanzitutto è molto più lumino-so del Pinhole ed é formato da un disco in un materiale trasparente su cui sono stampati diversi cerchi concentrici. All’effetto Pinhole si aggiunge quindi un effetto di diffrazione, con riflessi delle superfici luminose su fondo scuro che creano una sorta di bagliore intorno alla zona, un effetto che ricorda quello che si ottiene con pellicola all’infrarosso. Il Plate Zone è stato ideato da Augustin

Jean Fresnel e in suo onore alle volte viene chiamato Fresnel Zone Plate.

La Zero Image 4x5”La macchina è ben costruita in legno di teak verniciato lucido e tutte le parti in metallo sono in ottone pieno, in un bel connubio tra le tonalità calde del legno e dell’ottone; le parti interne sono rifinite accuratamente con una vernice nero opaca antiriflesso e gli incastri tra un telaio e l’altro sono molto ben rifiniti a tenuta di luce. La torretta che monta i tre Pinhole e i tre

Zone Plate non è molto comoda quando occorre ruotarla per passare da un diafram-ma all’altro, ma ci si fa l’abitudine. I tre Pinhole in dotazione sono dei fori perfetti realizzati al laser in un lamierino, forse una lega di ottone estremamente sottile; i tre Zone Plate sono presumibilmente stampati su un acetato trasparente e sono altrettanto ben rifiniti.

Fotografare con la Zero Image 4x5”Abbiamo provato la fotocamera utilizzando

E’ possibile utilizzare anche un dorso 4x5” per pellicole Polaroid.

Il dorso Polaroid tenuto in posizione dietro alla fotocamera.

Con il dorso Polaroid, dopo aver estratto il volet in cartoncino a corredo di ciascuna pellicola Polapan 55, si apre il foro e si comincia la posa.

Grazie al doppio attacco filettato la Zero Image può essere montata sulla testa del treppiedi sia in orizzontale che in verticale.

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le focali 25mm, 50mm e 75mm. Alla focale 25mm si ottiene un angolo di campo a dir poco mostruoso, con una fortissima vignet-tatura che può essere calcolata in non meno di 6,7 stop di differenza tra centro e bordi. La focale che ci é sembrata più gestibile é stata invece quella da 75mm, che sul formato Leica corrisponde circa a 20mm, un grandangolare ideale per la fotografia di paesaggio e di interni, anche se difficile da utilizzare nei ritratti. Qui la vignettatura é pressoché inesistente. La Zero Image non ha riferimenti per l’inquadratura: utilizzando lo Zone Plate più “luminoso”, f/43.5 è possibile studiare l’inquadratura su un vetro smerigliato (lo si può richiedere ad un vetraio) montato sul retro della macchina, stando

sotto al classico telo nero da banco ottico; in questo modo ci si può fare un’idea abba-stanza precisa dell’inquadratura che si sta componendo. Un’alternativa più approssimativa, ma anche più veloce, è quella di costruirsi un mirino ritagliando in un cartoncino nero un rettan-golo che, tenuto a una distanza prefissata dall’occhio, vada a inquadrare esattamente l’angolo di campo coperto dalla fotocamera; queste cornici sono anche disponibili come accessori. Se si intende lavorare con diverse focali occorre dotarsi di cornici / mirino per ogni focale impiegata.L’esposizione si calcola utilizzando un esposimetro esterno; tuttavia le sue scale difficilmente superano il diaframma f/45, mentre qui si deve lavorare con diaframmi

che in alcuni casi vanno oltre f/250, per cui si può fare ricorso alla Exposure Scale che viene data in dotazione con la macchina: è un regolo calcolatore che incorpora una scala dei diaframmi da f/1.4 a f/4000 (quat-tromila!!!!) e una scala dei tempi che va da 1/8000 di secondo fino a 15 (quindici)…. ore!!!!Una terza scala tiene conto del difetto di non reciprocità delle pellicole: il tempo di posa infatti andrà moltiplicato per il fattore x2 (per posa nominale da 1 secondo fino 4 secondi), x5 (da 8 fino a 20 secondi di posa), addirittura fino a x12 quando il tempo di esposizione nominale va da 60 secondi a 15 ore. Questo significa che se il tempo di posa nominale è di 15 ore, a causa del difetto di

L’interno della fotocamera è dipinto con una vernice nera opaca antiriflesso ed i bordi a contatto con lo chassis e i telai sono ricoperti di velluto per evitare il rischio di un’in-filtrazione di luce; al centro è visibile la torretta che monta i tre Pinhole e i tre Zone Plate in dotazione.

Una macrofotografia dei tre Zone Plate con le relative specifiche.

Una macrofotografia dei tre Pinhole con le relative specifiche.

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non reciprocità bisognerà esporre per circa 13... giorni.Con la Zero Image 4x5” si devono utiliz-zare i classici chassis 9x12cm o 10x12cm caricandoli con qualsiasi pellicola piana, colore negativa o diapositiva o negativa bianconero. Noi abbiamo lavorato con la pellicola Maco Genius SprintFilm, una ISO 25 ortocromatica, che può essere manipo-lata sotto la luce di una lampada rossa da camera oscura sia in fase di caricamento negli chassis che durante lo sviluppo; il trattamento può essere eseguito anche in

bacinella, controllando visivamente il pro-cedere dell’annerimento.Abbiamo anche lavorato con la compianta Polapan 55, in quanto il sistema di Polaroid permette di ottenere in 25 secondi netti sia una stampa positiva che una negativa 4x5” perfettamente utilizzabile per ingrandimenti successivi.Nel momento in cui scriviamo la Polapan 55 è stata data per “spacciata”, ma ci augu-riamo (la speranza è l’ultima a morire) che succeda il miracolo e che la Polapan 55, insieme ad altri importanti materiali

Polaroid, continuino in qualche modo ad essere fabbricati.

La ripresa a foro stenopeicoPer prima cosa occorre munirsi di un buon treppiedi: le pose sono lunghe e la stabilità della fotocamera è conditio sine qua non; con i treppiedi ultraleggeri, come i modelli in carbonio, se la giornata è ventosa occorre appesantire il treppiedi fissando un peso alla base della colonna.Si decide quindi la focale che si desidera utilizzare per la ripresa e di conseguenza

La pellicola Rollei Maco Genius SprintFilm piana non ha sul bordo la convenzionale tacca che serve a riconoscere al buio il lato con l’emulsione; con la luce rossa di sicurezza è comunque facile individuare il lato emulsionato perché è di un colore grigio chiaro, mentre l’altro lato è di colore mattone scuro.

Per questo articolo, oltre alla pellicola Polaroid Polapan 55, abbiamo utilizzato pellicola piana 4x5” Rollei Maco Genius SprintFilm da 25 ISO di sensibilità e ortocromatica, in modo da poterla manipolare sotto la luce rossa da camera oscura.

Per il trattamento della pellicola abbiamo utilizzato lo sviluppo Ecoprint a 23 gradi, in diluizione 1+12 in bacinella, sviluppan-do in agitazione continua per circa 120 secondi; bagnata, è una pellicola molto delicata ed è quindi consigliabile manipolarla nelle bacinelle con le mani protette da guanti di lattice anziché con le pinze, che potrebbero rigare l’emulsione.

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Con la Zero Image viene data in dotazione la Exposure Scale che permette di calcolare, in base al diaframma del Pinhole o dello Zone Plate utilizzato, il tempo nominale di scatto e quello effettivo dopo averlo moltiplicato per il fattore relativo all’effetto di non reciprocità.

Un esempio pratico dell’utilizzo del regolo calcolatore: l’espo-simetro ci propone una coppia tempo/diaframma f/22 (A) con 1/8 di secondo (B).Sul regolo calcolatore questa coppia corrisponde a f/250 (C) con un tempo di 15 secondi (D); poiché il coefficiente di mol-tiplicazione dell’effetto di non reciprocità in questo caso è 5x (E), a f/250 la posa corretta dovrà essere di 75 secondi.

si assemblano i telai; si monta la macchina sul treppiedi in oriz-zontale o in verticale, usando il corrispondente attacco presente sulla fotocamera in quanto sconsigliamo di passare dal formato paesaggio a quello ritratto ruotando la testa del treppiedi.Si calcola l’esposizione utilizzando un esposimetro esterno, in luce riflessa o incidente a seconda del gusto personale (noi pre-feriamo la luce incidente); se non si dispone di un esposimetro esterno si può utilizzare quello incorporato nella propria reflex.A questo punto si andrà a scegliere se lavorare con Pinhole o con Zone Plate. Come già accennato ci sono notevoli differenze tra i due sistemi: il Pinhole offre il massimo della nitidezza raggiun-gibile, mentre lo Zone Plate, pur avendo una nitidezza pressoché identica a quella del Pinhole, aggiunge un bagliore intorno alle luci puntiformi o ai riflessi su fondo scuro. Un indubbio vantaggio dello Zone Plate è la sua luminosità, molto maggiore: utilizzando la focale 75mm avremo un Pinhole con diaframma f/216 a fronte di uno Zone Plate f/44,7; in pra-tica significa che se a f/44,7 avessimo una posa di 1 secondo (che diventano 2 per il difetto di non reciprocità), utilizzando un diaframma f/216 ci troviamo ad avere un’esposizione nominale di 20 secondi, che sempre per il difetto di non reciprocità si tra-sformano in 100 secondi di posa. Una bella differenza rispetto ai

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Zero Image alla focale 25mm: sul formato 24x36 corrisponde a una focale di 4mm.

Per cercare un confronto tra l’angolo di campo della Zero Image e quello del formato pellicola 24x36 abbiamo eseguito qualche scatto su sensore DX alle focali da 10mm a 18mm; queste vanno moltiplicate per 1.5x (è il rapporto tra formato digitale DX e il formato 24x36).

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Zero Image alla focale 50mm: sul formato 24x36 corrisponde a una focale di 12mm.

Zero Image alla focale 75mm: sul formato 24x36 corrisponde a una focale di 20mm.

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2 secondi di posa dello Zone Plate, specie se intendiamo eseguire dei ritratti! Una volta fatta la scelta tra Pinhole e Zone Plate si imposta la corretta apertura (Pinhole o Zone Plate) e questo va fatto prima di montare lo chassis con la pellicola sul dorso della fotocamera.Si effettuerà quindi l’inquadratura utilizzan-do il mirino / cornice di cui abbiamo par-lato prima; con un diaframma Zone Plate è anche possibile verificare l’inquadratura sul vetro smerigliato.Si misura l’esposizione e si calcola, in base al diaframma impostato, il tempo di posa, moltiplicandolo poi per il fattore di non reciprocità.Per esporre la pellicola si sposta con un dito il “legnetto” che copre il foro dietro a cui è posizionato il Pinhole o lo Zone Plate; se la posa è lunga non sono necessarie precauzio-ni, mentre con le pose brevi (pellicola sensi-bile, forte luce ambiente, diaframmi aperti) le cose sono diverse: Zero Image suggeri-sce di tappare con il dito il foro, estrarre il volet dallo chassis e poi togliere e rimettere immediatamente il dito nel foro. In questo modo si riescono a fare esposi-

Un confronto tra lo scatto eseguito con il Pinhole e quello con lo Zone Plate eviden-zia la differenza tra i due sistemi

Un confronto tra lo scatto eseguito con la Zero Image, in alto, e quello con una reflex digitale: sorprendente, se si considera che il primo scatto è privo di obiettivo!

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Info:

Zero Image 4x5”: 162 euroTelaio 25mm: 90 euroDistribuzione: Punto Foto Group, Via Aristotele 67, 20128 Milano.Tel.: 02.27.000.793 Fax: [email protected]

zioni con tempi anche inferiori al secondo; un’alternativa meno improvvisata è quella di dotare la Zero Image dell’attacco per lo scatto a distanza con cui comandare l’aper-tura e la chiusura del foro senza rischiare di muovere la fotocamera.Soprattutto le prime volte suggeriamo di effettuare più di uno scatto a diverse esposi-zioni: lavorando con la negativa bianconero il problema di un’eventuale sovra-esposi-zione è facilmente rimediabile in stampa, non quello di una sotto-esposizione.Le prime volte bisogna impratichirsi con il regolo calcolatore e i vari Pinhole e Zone Plate fino a crearsi un tabella personale che permetta, in base all’accoppiata tempo/diaframma suggerita dall’esposimetro, di trovare rapidamente la corretta esposizio-ne.Le possibilità di impiego sul campo sono infinite; come abbiamo detto una focale 75mm sul formato 4x5” equivale a una focale 20mm sul formato Leica che, se non è l’ideale per il ritratto si presta perfettamen-te per la fotografia in interni e soprattutto la fotografia di paesaggio e di architettura.Con nessuna delle focali impiegate, neppu-

re a 25mm, abbiamo ottenuto le distorsioni prospettiche a barilotto tipiche degli obiet-tivi ultragrandangolari, in quanto qui non vi sono lenti che distorcono l’immagine.

Una fotografia fuori del tempo?Non solo pellicola, ma addirittura piana, e per di più utilizzando come obiettivo il foro stenopeico che obbliga a tempi di posa “secolari”. Non è neppure un ritorno agli albori della fotografia, perché già nell’800 le prime fotocamere erano dotate di un obiettivo. E’ quindi una tecnica di ripresa che rimanda a tempi ancora più lontani, in un approccio diametralmente opposto al “tutto e subito” a cui ci ha abituato il digitale. Ogni scatto è un’avventura a sé: bisogna disporre il treppiedi, agganciare la fotoca-mera, preparare l’inquadratura, calcolare l’esposizione, inserire lo chassis e alla fine, finalmente, scattare. L’autonomia di ripresa è proporzionale al numero di chassis caricati di pellicola di cui disponiamo, anche se è vero che, in esterni, con una changing bag è possibile ricaricare ovunque gli chassis.

Non si ha al collo una macchina con un’au-tonomia di centinaia di scatti e di conse-guenza non si fotografa qualsiasi cosa ci arrivi a tiro, ma ogni fotografia deve essere il frutto di una scelta molto meditata. Dopo la fase di ripresa ogni lastra va svilup-pata, fissata, lavata, asciugata e stampata; è un secondo lavoro, quasi più lungo del primo. Ci sono anche dei costi, il supporto di memorizzazione non è una scheda riuti-lizzabile. Le foto ottenute però sono assolu-tamente diverse dalle “comuni” immagini, pezzi unici irripetibili, ed anche i soggetti finiscono per essere sottilmente diversi dai soggetti comuni. Il bianconero è una scelta “quasi” obbliga-ta, per altro in linea con la tradizione della fotografia stenopeica; suggeriamo però di cercarsi un proprio stile, che dipenderà dal tipo di pellicola (non esclusa neppure quel-la all’infrarossa), dalla scelta tra Pinhole e Zone Plate e dalla scelta tra immagini mosse e ferme che determina di conseguenza il tipo di soggetto. Alla fine, è uno stargate che merita di essere attraversato.

Gerardo Bonomo

Le foto sono state scattate con il treppiedi Manfrotto 190CXPRO4. La robustezza del treppiedi è indispensabile in quanto la posa può raggiungere le decine di minuti, se non addirittura le ore. E’ stata scelta la testa a tre movimenti 804RC2 e non una a sfera perché è più semplice raggiungere una perfetta messa in bolla della macchina: prima si mette in bolla il movimento orizzontale, poi si lavora sugli altri movimenti per centrare o modificare l’inquadratura.

Ringraziamo Donato Navone per gli sviluppi e le stampe delle immagini pubblicate.Fotolaboratorio Professionale Donato Navone, Via Bernardino Verro 41, Milano. tel.: 02.84.66.851www.navonefineart.it