BG 6 milioni di metri cubi - unibg.it · areati ed illuminati artificial-mente. «Applicando questo...

2
BG 2 Sabato 31 Gennaio 2015 Corriere della Sera Urbanistica Il dossier Fantasmi di cemento 6 milioni di metri cubi tra case e ditte vuote d’Arco Territorio e rilevazioni Le abitazioni e le aree da riutilizzare LEGENDA AREE OBSOLETE: edifici residenziali che non ottemperano più a criteri di sicurezza, antisismicità e risparmio energetico, complessi ormai in situazione di avanzato degrado e disagio sociale AREE DISMESSE: ex fabbriche abbandonate, cantieri e capannoni in disuso, scheletri di edifici, strade interrotte e mai ultimate Il confronto regionale AREE DISMESSE Dati in m 3 in migliaia Fonte: Ufficio statistico Federcasa Fonte: Convegno «Rammendo e rigenerazione urbana per il nuovo Rinascimento» Provinciali Urbane Varese 3.933 343 Lecco 956 1.076 Milano 7.670 2.699 Monza e Brianza 2.238 855 Como 1.074 907 Pavia 1.776 1.781 Lodi 496 484 Cremona 1.251 684 Mantova 812 377 Brescia 2.215 3.220 BERGAMO 1.834 1.967 Sondrio 438 57 0 5 10 15 20 25 30 35 40 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Regione Lombardia Città di Milano CITTÀ DI BERGAMO Regione Lombardia Città di Milano CITTÀ DI BERGAMO Dati in milioni di metri cubi ITALIA Patrimonio edilizia residenziale pubblica 30 11,5 1 39 2,7 2 850 mila alloggi La scheda Il progetto «Rifo» è nato due anni fa. È stato commissionato da Italcementi a Emanuela Casti (foto), professore di Geografia all’Università di Bergamo e responsabile del Laboratorio cartografico Diathesis Lo studio, realizzato da 8 ricercatori, costituisce la piattaforma da cui potranno decollare soluzioni abitative innovative Ogni area della Lombardia, analizzata e inserita nella banca «Rifo», è stata schedata con una carta d’identità che riporta stato di locazione, vincoli, accessibilità viaria, grado di edificabilità e, nel caso di edifici obsoleti, la loro collocazione in aree dismesse Tre milioni di metri cubi, cioè l’equivalente di cinque Oriocenter: è il dato complessi- vo delle aree obsolete e dismes- se nel solo Comune di Berga- mo. È il dato che si ricava dal vi- deo appena presentato al Con- vegno annuale della Fondazione Italcementi, dal ti- tolo «Rammendo e rigenera- zione urbana per il nuovo Rina- scimento». Per l’esattezza, un milione di metri cubi (un Orio- center intero, più circa tre quarti) è «l’obsoleto», cioè quegli edifici residenziali co- struiti intorno agli anni ’50-’60 che non ottemperano più a cri- teri di sicurezza, antisismicità e risparmio energetico, in situa- zione di avanzato degrado e di- sagio sociale. Due milioni sono i metri cubi delle aree «dismes- se», ex fabbriche, cantieri e ca- pannoni in disuso, strade in- terrotte e mai ultimate. Sono le cicatrici della crisi, che hanno sfregiato il capoluogo come la provincia bergamasca dove, a fronte di 665 mila metri cubi di obsoleto, il dismesso si avvici- nano ai due milioni. Riassumendo: con la volu- metria di tutto il costruito-de- gradato-inutilizzato nella Ber- gamasca ci si potrebbero co- struire 10 Oriocenter. Il dato, impressionante, si colloca in un quadro in cui, sui circa 40 milioni di metri cubi di aree di- smesse in Lombardia, è Milano a fare parte del leone (oltre 7 milioni nella sola provincia e circa 2,8 in città), seguito da Monza e da Brescia. E sempre il comparto abitativo di Milano, tra città e provincia, presenta qualcosa come 17 milioni di metri cubi di edifici obsoleti su un rilevamento complessivo, in chiave regionale, di 30 milioni, dove la città di Bergamo è se- conda in classifica, seguita a ruota da Brescia e Como. Il qua- dro tratteggia un presente che evidenzia il passato, vengono alla luce gli errori (e i disastri) della grande espansione delle città a scapito del territorio agricolo, dell’ambiente e del paesaggio. Le città dovranno metabolizzare — in chissà quanto tempo — la grande quantità di aree dismesse che si ritrovano al loro interno. E così il punto focale è diventato quello della rigenerazione ur- bana. Ma che va affrontato cambiando prospettiva. Il recupero delle aree di- smesse spesso è a senso unico: il degrado lascia il posto quasi sempre a nuovi edifici che por- tano, a loro volta, nuove strade e centri commerciali. Interven- ti che se possono risolvere il degrado, provocano un ulterio- re consumo di suolo. Un feno- meno che in Italia, secondo al- cune stime, avanza a un ritmo che, entro il 2020, potrebbe raggiungere i 75 ettari al gior- no. Ma quanto suolo si rispar- mierebbe se questi edifici vuoti o i campi degradati fossero re- cuperati e restituiti al pubblico sotto forma di luoghi destinati alla fruizione collettiva (ad esempio musei, biblioteche, centri per i giovani o i bambini) oppure rinaturalizzati e tra- sformati in parchi e giardini? «Il suolo libero va lasciato ta- le», ribadisce con forza Ema- nuela Casti, professore di Geo- grafia e responsabile del labo- ratorio cartografico Diathesis dell’Università di Bergamo che attraverso il «metodo Rifo» ha effettuato uno screening atten- to dello «stato dell’arte», una ricerca che è una vera e propria sfida di politica territoriale, giocata tutta sulle parole chia- ve: consumo di suolo, rigene- razione urbana, rinnovo edili- zio e risparmio energetico, ri- qualificazione delle periferie, tutela dell’ambiente, recupero del paesaggio e housing socia- le. A proposito: la ricostruzione sulle aree dismesse o obsolete della città potrebbe significare la creazione di 10 mila nuovi al- loggi potenziali con apparta- menti da 100 metri l’uno. Donatella Tiraboschi © RIPRODUZIONE RISERVATA Lo studio Con «Rifo» spazi recuperati per le nuove destinazioni Si chiama «Rifo», come di- cono i più piccoli quando vor- rebbero poter cancellare tutto e ripartire da capo. La forma ab- breviata di «rifaccio» è il nome del progetto dell’Università di Bergamo, coordinato da Ema- nuela Casti, professoressa di Geografia dell’Ateneo e re- sponsabile del laboratorio car- tografico «Diathesis». Com- missionato da Italcementi, lo studio — due anni di lavoro di 8 ricercatori — ha creato una banca dati delle aree obsolete e dismesse della Lombardia, ri- cavata interpellando ogni sin- golo Comune, ma fornisce an- che una metodologia di recu- pero. L’obiettivo è duplice: re- cuperare spazi e rigenerare le periferie cittadine, perché, spiega Casti, «il nostro territo- rio è fragile e di consumo ce n’è stato troppo. Occorre un cam- bio di prospettiva, restituire il suolo consumato per un nuovo utilizzo a servizio della comu- nità». Per rendere concreto il progetto e sicure e sostenibili le abitazioni obsolete, si punta a un «domino verticale». Par- tendo dal presupposto che il nuovo modello di rigenerazio- ne degli edifici riguarderà la lo- ro verticalità («L’altezza con- sente di mantenere invariata la volumetria dedicata alla fun- zione abitativa», puntualizza Alessandra Ghisalberti, geo- grafa del Laboratorio Diathe- sis), attraverso la profondità si potranno realizzare nuove fun- zioni, come garage o altri locali areati ed illuminati artificial- mente. «Applicando questo modello ai quartieri popolari, abbiamo stimato che è possibi- le mantenere la volumetria, au- mentando del 100% i garage e liberando circa il 40% della su- perficie occupata da destinare ad aree verdi del quartiere», ri- vela Casti. La mobilità degli abitanti è forse l’aspetto più in- novativo dello studio che pro- pone un processo circolare di demolizione-ricostruzione tra aree dismesse ed obsolete. Mentre avverrà la demolizione- ricostruzione di un edificio, gli inquilini verranno trasferiti in un altro palazzo dello stesso quartiere, «evitando uno sradi- camento dai luoghi conosciuti, senza che nessuno sia costretto a cambiare scuola, strutture sa- nitarie o commerciali, mante- nendo così la rete sociale», spiega Casti. Il processo è a ca- scata: una volta avviato il primo intervento, seguirebbero gli al- tri, come «un domino edili- zio». «La partecipazione recu- pera lo “spatial capital”, cioè l’insieme di esperienze e com- petenze degli abitanti nella ge- stione dei luoghi,l’uso dei beni pubblici, priorità e criticità, re- cuperando così la stratificazio- ne dei valori attribuiti ai luo- ghi», conclude Casti. D.T. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il nostro territorio è fragile e troppo edificato Emanuela Casti Solo in città gli edifici degradati equivalgono a cinque Oriocenter

Transcript of BG 6 milioni di metri cubi - unibg.it · areati ed illuminati artificial-mente. «Applicando questo...

BG2 Sabato 31 Gennaio 2015 Corriere della Sera

Urbanistica Il dossier

Fantasmi di cemento6 milioni di metri cubitra case e ditte vuote

d’Arco

Territorio e rilevazioniLe abitazioni e le aree da riutilizzare

LEGENDAAREE OBSOLETE: edifici residenziali che non ottemperano più a criteri di sicurezza, antisismicità erisparmio energetico, complessiormai in situazione di avanzato degrado e disagio sociale

AREE DISMESSE: ex fabbriche abbandonate, cantieri e capannoni in disuso, scheletri di edifici, strade interrotte e mai ultimate

Il confronto regionale

AREE DISMESSE

Dati in m3 in migliaia

Fonte: Ufficio statistico Federcasa

Fonte: Convegno «Rammendo e rigenerazione urbana per il nuovo Rinascimento»

ProvincialiUrbane

Varese3.933343

Lecco9561.076

Milano7.6702.699

Monza e Brianza2.238855

Como1.074907

Pavia1.7761.781

Lodi496484

Cremona1.251684

Mantova812377

Brescia2.2153.220

BERGAMO1.8341.967

Sondrio43857

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0

5

10

15

20

25

30

35

40

RegioneLombardia

Città diMilano

CITTÀ DIBERGAMO

RegioneLombardia

Città diMilano

CITTÀ DIBERGAMO

Dati in milioni di metri cubi

ITALIAPatrimonio edilizia residenziale pubblica

30

11,5

1

39

2,7 2

850 milaalloggi

La scheda

Il progetto «Rifo» è nato due anni fa. È stato commissionato da Italcementia Emanuela Casti (foto), professore di Geografia all’Universitàdi Bergamo e responsabile del Laboratorio cartografico Diathesis

Lo studio, realizzato da 8 ricercatori, costituisce la piattaforma da cui potranno decollare soluzioni abitative innovative

Ogni area della Lombardia, analizzatae inserita nella banca «Rifo»,è stata schedata con una carta d’identità che riporta statodi locazione,vincoli, accessibilità viaria, grado di edificabilità e, nel caso di edifici obsoleti, la loro collocazione in aree dismesse

Tre milioni di metri cubi,cioè l’equivalente di cinqueOriocenter: è il dato complessi-vo delle aree obsolete e dismes-se nel solo Comune di Berga-mo. È il dato che si ricava dal vi-deo appena presentato al Con-v e g n o a n n u a l e d e l l aFondazione Italcementi, dal ti-tolo «Rammendo e rigenera-zione urbana per il nuovo Rina-scimento». Per l’esattezza, unmilione di metri cubi (un Orio-center intero, più circa trequarti) è «l’obsoleto», cioèquegli edifici residenziali co-struiti intorno agli anni ’50-’60che non ottemperano più a cri-teri di sicurezza, antisismicità erisparmio energetico, in situa-zione di avanzato degrado e di-sagio sociale. Due milioni sonoi metri cubi delle aree «dismes-se», ex fabbriche, cantieri e ca-pannoni in disuso, strade in-terrotte e mai ultimate. Sono lecicatrici della crisi, che hannosfregiato il capoluogo come laprovincia bergamasca dove, afronte di 665 mila metri cubi diobsoleto, il dismesso si avvici-nano ai due milioni.

Riassumendo: con la volu-metria di tutto il costruito-de-gradato-inutilizzato nella Ber-gamasca ci si potrebbero co-struire 10 Oriocenter. Il dato,impressionante, si colloca inun quadro in cui, sui circa 40milioni di metri cubi di aree di-smesse in Lombardia, è Milanoa fare parte del leone (oltre 7milioni nella sola provincia ecirca 2,8 in città), seguito daMonza e da Brescia. E sempre ilcomparto abitativo di Milano,tra città e provincia, presentaqualcosa come 17 milioni dimetri cubi di edifici obsoleti suun rilevamento complessivo, inchiave regionale, di 30 milioni,dove la città di Bergamo è se-conda in classifica, seguita aruota da Brescia e Como. Il qua-dro tratteggia un presente cheevidenzia il passato, vengonoalla luce gli errori (e i disastri)della grande espansione dellecittà a scapito del territorioagricolo, dell’ambiente e del

paesaggio. Le città dovrannometabolizzare — in chissàquanto tempo — la grandequantità di aree dismesse chesi ritrovano al loro interno. Ecosì il punto focale è diventatoquello della rigenerazione ur-bana. Ma che va affrontatocambiando prospettiva.

Il recupero delle aree di-smesse spesso è a senso unico:il degrado lascia il posto quasisempre a nuovi edifici che por-tano, a loro volta, nuove stradee centri commerciali. Interven-ti che se possono risolvere ildegrado, provocano un ulterio-re consumo di suolo. Un feno-meno che in Italia, secondo al-cune stime, avanza a un ritmoche, entro il 2020, potrebberaggiungere i 75 ettari al gior-no. Ma quanto suolo si rispar-mierebbe se questi edifici vuotio i campi degradati fossero re-cuperati e restituiti al pubblicosotto forma di luoghi destinatialla fruizione collettiva (adesempio musei, biblioteche,

centri per i giovani o i bambini)oppure rinaturalizzati e tra-sformati in parchi e giardini?«Il suolo libero va lasciato ta-le», ribadisce con forza Ema-nuela Casti, professore di Geo-grafia e responsabile del labo-ratorio cartografico Diathesisdell’Università di Bergamo cheattraverso il «metodo Rifo» haeffettuato uno screening atten-to dello «stato dell’arte», unaricerca che è una vera e propriasfida di politica territoriale,giocata tutta sulle parole chia-ve: consumo di suolo, rigene-razione urbana, rinnovo edili-zio e risparmio energetico, ri-qualificazione delle periferie,tutela dell’ambiente, recuperodel paesaggio e housing socia-le. A proposito: la ricostruzionesulle aree dismesse o obsoletedella città potrebbe significarela creazione di 10 mila nuovi al-loggi potenziali con apparta-menti da 100 metri l’uno.

Donatella Tiraboschi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lo studio

Con «Rifo» spazi recuperatiper le nuove destinazioni

Si chiama «Rifo», come di-cono i più piccoli quando vor-rebbero poter cancellare tutto eripartire da capo. La forma ab-breviata di «rifaccio» è il nomedel progetto dell’Università diBergamo, coordinato da Ema-nuela Casti, professoressa diGeografia dell’Ateneo e re-sponsabile del laboratorio car-tografico «Diathesis». Com-missionato da Italcementi, lo studio — due anni di lavoro di8 ricercatori — ha creato unabanca dati delle aree obsolete edismesse della Lombardia, ri-cavata interpellando ogni sin-golo Comune, ma fornisce an-che una metodologia di recu-pero. L’obiettivo è duplice: re-cuperare spazi e rigenerare le

periferie cittadine, perché,spiega Casti, «il nostro territo-rio è fragile e di consumo ce n’èstato troppo. Occorre un cam-bio di prospettiva, restituire ilsuolo consumato per un nuovoutilizzo a servizio della comu-nità». Per rendere concreto ilprogetto e sicure e sostenibilile abitazioni obsolete, si puntaa un «domino verticale». Par-tendo dal presupposto che ilnuovo modello di rigenerazio-ne degli edifici riguarderà la lo-ro verticalità («L’altezza con-sente di mantenere invariata lavolumetria dedicata alla fun-zione abitativa», puntualizzaAlessandra Ghisalberti, geo-grafa del Laboratorio Diathe-sis), attraverso la profondità si

potranno realizzare nuove fun-zioni, come garage o altri localiareati ed illuminati artificial-mente. «Applicando questomodello ai quartieri popolari,abbiamo stimato che è possibi-le mantenere la volumetria, au-mentando del 100% i garage eliberando circa il 40% della su-perficie occupata da destinaread aree verdi del quartiere», ri-vela Casti. La mobilità degliabitanti è forse l’aspetto più in-novativo dello studio che pro-pone un processo circolare didemolizione-ricostruzione traaree dismesse ed obsolete.Mentre avverrà la demolizione-ricostruzione di un edificio, gliinquilini verranno trasferiti inun altro palazzo dello stesso

quartiere, «evitando uno sradi-camento dai luoghi conosciuti,senza che nessuno sia costrettoa cambiare scuola, strutture sa-nitarie o commerciali, mante-nendo così la rete sociale», spiega Casti. Il processo è a ca-scata: una volta avviato il primointervento, seguirebbero gli al-tri, come «un domino edili-zio». «La partecipazione recu-pera lo “spatial capital”, cioèl’insieme di esperienze e com-petenze degli abitanti nella ge-stione dei luoghi,l’uso dei benipubblici, priorità e criticità, re-cuperando così la stratificazio-ne dei valori attribuiti ai luo-ghi», conclude Casti.

D.T.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il nostro territorioè fragile e troppo edificato

EmanuelaCasti

Solo in città gli edifici degradati equivalgono a cinque Oriocenter

Corriere della Sera Sabato 31 Gennaio 2015 PRIMO PIANO BG3

Filati Lastex, eterno rinvio e fondi a rischioL’impresa vincitrice dell’appalto per l’asilo se ne va: corsa contro il tempo per non perdere i finanziamenti

Slitta ancora l’avvio dei lavorinella palazzina della ex FilatiLastex in cui realizzare il nuovoasilo nido di Redona. Per que-sto progetto, che risale al lonta-no 2007, bisognerà aspettareancora. A fine luglio era stataconclusa la gara d’appalto (in-vestimento di 2 milioni e 645mila euro tra realizzazione egestione) ma gli intoppi sonosempre dietro l’angolo. La «DiCataldo Sebino», l’impresa vin-cente, a ottobre ha deciso di re-cedere mettendo in seria diffi-coltà il Comune. «Prima hannocontestato la gara d’appalto in-fine si sono tirati indietro, pro-babilmente per problemi con ilsubappalto — conferma Fabri-

zio Persico responsabile dellaCooperativa “La fenice” di Albi-no che sta seguendo l’opera —.Ora abbiamo avviato i contatticon la seconda classificata, laPranedil di Melegnano, che èben contenta di subentrare.Speriamo davvero di comincia-re questi lavori a breve e di con-cludere tutto in 10 mesi comeprevisto nella gara. Sarà unacorsa contro il tempo: per com-pletare l’opera non possonotrascorrere più di 18 mesi». Ilritardo accumulato, però, ri-schia di far perdere i finanzia-menti. «Nel 2010 abbiamo otte-nuto un contributo regionaledi 200 mila euro — continuapreoccupato Persico — e ri-

schia di scivolarci via dalle ma-ni. L’amministrazione comu-nale sta cercando di fare il mas-simo per limitare i problemi».Sul terreno di proprietà comu-nale dato in concessione allacooperativa La Fenice, entro lafine del 2015 sorgerà un asilonido con 40 posti, una residen-za per disabili con 10 posti e 4alloggi «protetti» per disabili

meno gravi. «L’unica varianteche chiederemo al progetto ri-guarda lo spazio gioco — chia-risce Persico —. In questi annine è già stato realizzato uno,non avrebbe senso aprirne unsecondo a poca distanza. An-che per quanto riguarda il se-minterrato dobbiamo valutare:pensavamo di destinarlo perl’acquaticità neonatale confunzioni terapeutiche (il be-nessere psicofisico dei bambi-ni appena nati attraverso l’ac-qua) ma non sappiamo se lacooperativa che voleva seguirequesto progetto, dopo tanti an-ni, è ancora disponibile».

Vittorio Ravazzini© RIPRODUZIONE RISERVATAIn stand-by L’area Filati Lastex è un campo vuoto

L’intoppoIl progetto risale al 2007, la gara chiusa a luglio. Ora i nuovi problemi burocratici

La mappa

di Maddalena Berbenni

Hotel mai decollati e sterpaglieCosì i quartieri si impoveriscono Con i cantieri bloccati gli incassi comunali scendono da 9 a 2 milioni

Gli insediamentiIn passato, in città, si puntava e ridurreil comparto produttivo. Oggi è il contrario

Gli obiettiviSiamo saturi di case, ma dobbiamo attirare imprese e attività

Stefano Zenoni assessore

Un’ora e mezza di lezione fi-lata e Stefano Zenoni andrebbeavanti a oltranza. Senza nean-che tirare il fiato. Laurea in Pia-nificazione territoriale, 34 an-ni, l’unica parentesi che si con-cede è un giro su Google Earth,che ha appena attivato una fun-zione «pazzesca, si vede tutta lacittà in 3D, potrei passarci lenotti insonni». Il buco della ca-serma Li Gobbi, la Reggiani, ilParco Ovest. La Sace, l’ex con-vento delle Clarisse, RedonaCentro. Bergamo è un’enormearea dismessa. Da anni.

Tre architetti in giunta — ol-tre a Zenoni, Francesco Valesi-ni e il sindaco Giorgio Gori —la sfida è superare il doppiochoc di crisi e Patto di stabilitàe rimettere i cantieri in movi-mento. Come? Ribaltando i pi-lastri dell’urbanistica. Peresempio, su cosa costruire: «IlPgt uscente — spiega Zenoni— si basava sulla logica che lacittà doveva perdere la sua fun-zione produttiva e fare spazioal residenziale e al commercia-le. Questa logica, nel tempo,dobbiamo ribaltarla. Siamo sa-turi di appartamenti e di centricommerciali. La nostra inten-zione è quella di attrarre formeproduttive e artigianali avanza-te, di innovazione e che possa-

no portare lavoro e linfa all’eco-nomia». Il sindaco Gori ne hagià parlato con Confindustria,Ance, Imprese&Territorio. Laparola magica è incentivi.Sconti, per esempio, sull’Imu efacilitazioni nelle pratiche. Sista ragionando su una deliberache allarghi le maglie di quelladi maggio 2013, quando giàerano stati introdotti sconti su-gli oneri in cambio di scelte vir-tuose. «Quando è stato appro-

vato, il Pgt si basava sul fattoche l’economia funzionava.Erano previsti oneri molto altiper trasformazioni molto ge-nerose. Quando la crisi ha ini-ziato a colpire, la convenienzaeconomica di quelle trasfor-mazioni per le imprese è svani-ta». L’edilizia si è fermata, i pia-ni di conseguenza e con loro leopere previste con gli oneri.«Due amministrazioni fa — fanotare Zenoni — gli oneri in-

cassati da Palazzo Frizzoni era-no 8, 9 milioni. Oggi sono 2».Nella vita dei quartieri si è tra-dotto in aspettative deluse, ser-vizi promessi e mai realizzati.«A parte l’ex Enel, la palazzinadella Sace e via Autostrada —fa notare Zenoni — tutti i pianisono bloccati». Qualche novitàprossimamente potrebbe arri-vare proprio su Sace e Auto-strada. «Sace è un interventoquasi esclusivamente residen-

ziale, dubito che lo resterà. Sa-rebbe interessante in quell’am-bito mantenere funzioni avan-zate produttive». Su via Auto-strada potrebbe tramontarel’ipotesi dell’hotel: «I tempi sisono allungati, l’Expo è alleporte, l’operatore ci ha fatto ca-pire che l’interesse potrebbeessere mutato».

Fanno parte dei piani giàconvenzionati l’ex conventodelle Clarisse di Boccaleone,Redona Centro, via Zanica, l’exDogana, i magazzini Generali.A questi ultimi è legato il temadella Gamec, sempre che nondecolli l’idea di Palazzo dellaLibertà: «A me piacerebbe tan-tissimo». Sulle Clarisse: «Ci te-niamo molto, sarebbe bellomantenere la vocazione sporti-va, oppure scolastica». Il restoè calma piatta.

In questa categoria è entratadi recente la ex caserma LiGobbi. La convenzione è statafirmata a dicembre e prevede larealizzazione di due palazzine a«L», con una piazza aperta suvia Suardi e una nuova strada tra le vie Amadeo e Giovanni daCampione. Tra le aree dove nonesiste nemmeno una conven-zione sono al ex Ote, la exIsmes, la ex Fervet, la MangimiMoretti e la Reggiani: «L’unicacosa che abbiamo sempre so-stenuto è che il ridimensiona-mento deve tenere conto delfatto che lo stadio rimarrà lì.Pensiamo a una fermata dellaTeb, a parcheggi, a qualche su-perficie commerciale semprelegata allo stadio. A me risultache Percassi qualche area in gi-ro se la sia assicurata, ma in Co-mune nessuno s’è fatto avanti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il progetto

La giunta guidata da Giorgio Gori sta studiando un pianodi incentivi economici per attirare attività artigianali e imprenditoriali nelle aree dismesse che punteggianoil territorio (nella foto Agazzi, il complesso delle ex Clarisse a Boccaleone)

40Posti

saranno a disposizione nel nuovo asilo di Redona, una volta che sarà costruito. Il cantiereha però subito numerosi rinvii

3Milioni

di metri cubi, tra aree obsoletee dismesse, sono stati censiti nel solo territorio del comune di Bergamo con il dossier «Rifo»

200Abitazioni

costruite coni canoni dell’edilizia residenziale pubblica sono state messe a disposizione con gli ultimi bandi in città. La richiesta è però maggiore