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Bergson 1859-1941

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Bergson

1859-1941

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Opere più importanti

• Saggio sui dati immediati della coscienza (1889)

• Materia e memoria (1896)

• L’evoluzione creatrice (1907)

• Le due fonti della morale e della religione (1932)

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Bergson maestro del pensiero

• Bergson fu considerato un “maestro del pensiero” da un vasto pubblico di studiosi di letteratura e arte, oltre che di filosofia, ed esercitò una grande influenza nella cultura francese e nella filosofia europea.

• Egli diede voce a tutti quegli aspetti che la visione positivista aveva trascurato, rappresentando per questo la massima espressione dello spiritualismo francese.

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TEMPO, DURATA E MEMORIA

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La persistenza della memoria. Salvador Dalì, 1931

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Il tempo della scienza

Il tempo della scienza è costituito da un susseguirsi di istanti omogenei, ossia tutti inevitabilmente uguali. Fra gli istanti non c’è differenza qualitativa, come non sono differenti qualitativamente i punti di una retta. Gli istanti si differenziano solo quantitativamente, ovvero per il loro collocarsi prima o dopo nella linea del tempo, così come i punti si differenziano per il loro stare prima o dopo all’interno della retta. Un’immagine del tempo così inteso, è offerta dall’orologio, il quale fornisce sempre e soltanto la rappresentazione dell’istante: le lancette (o i numeri digitali) ci dicono in che istante ci troviamo, ma non conservano traccia del passato né alcuna anticipazione del futuro. Un’altra immagine che ci permette di cogliere la natura del tempo della scienza è la collana di perle, tutte uguali e distinte tra loro. Naturalmente, questa concezione del tempo ha una grande utilità pratica: è grazie alla misurabilità del tempo scientifico che possiamo organizzare la nostra vita sociale (rispettare un appuntamento, prendere un treno, ecc.). Tuttavia, commetteremmo un errore se pensassimo che questo sia l’unico concetto di tempo possibile.

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Il tempo della vita (o della coscienza)

Sulla scia di sant’Agostino, che aveva definito il tempo come distensio animi (dove si misura il tempo? Nell’anima, che conserva la memoria del passato ed è in attesa del futuro; e dove dura l’attenzione per le cose presenti), Bergson individua, oltre al tempo della scienza, il tempo della vita o tempo della coscienza. Questo non è fatto di singoli istanti tra loro separati, ma è concepito come flusso continuo, incessante movimento degli stati di coscienza (la nostra coscienza non è mai statica) in cui i momenti si fondono, compenetrano e assommano fra di loro. Il tempo della coscienza è dato dal confluire del passato nel presente, grazia alla memoria, e di questo nel futuro, attraverso l’anticipazione (cioè la progettualità). Mentre il tempo della fisica è reversibile (l’esperimento può essere ripetuto infinte volte), il tempo della vita è fatto di momenti irripetibili (ogni ricerca del tempo perduto è destinata al fallimento). Il tempo della scienza è dunque un tempo “spazializzato” (un “concetto bastardo”: si concepisce il tempo come se si trattasse di uno spazio, qualcosa che abbia un’estensione) e quindi astratto e esterno. Il tempo della vita-coscienza è invece qualcosa di concreto e interiore e si identifica con la durata.

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Il tempo della vita

Il tempo dello spirito è un tempo interiore: • è il tempo della durata, il tempo che dura, il passato dura nel

presente e durerà nel futuro; • è il tempo della vita, cioè delle cose che hanno significato per

ciascun individuo singolarmente: l’orario dei treni è importante per l’organizzazione della mia vita, ma non ha il medesimo valore del ricordo di un gesto affettuoso, che per quanto lontano nel tempo possa essere continua ad essere presente alla mia coscienza;

• è un tempo qualitativo, perché ha senso non in quanto misurabile, ma in ragione della qualità del ricordo che suscita in noi;

• è un flusso continuo, non soggetto a essere segmentato in parti.

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La metafora del gomitolo

“È, se si vuole, lo svolgersi di un rotolo, perché non c’è essere vivente che non si senta arrivare, a poco a poco, al termine della parte che deve recitare; e vivere consiste nell’invecchiare. Ma è anche, altrettanto, un arrotolarsi continuo, come quello d’un filo su un gomitolo, poiché il nostro passato ci segue, e s’ingrossa senza sosta del presente che raccoglie sul suo cammino: coscienza significa memoria.”

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Materia e memoria

La coscienza dunque si identifica con la memoria. In Materia e memoria, Bergson distingue tre aspetti della memoria:

• la memoria pura (o ricordo puro)

• il ricordo-immagine

• la percezione

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La memoria pura

La memoria pura è la coscienza stessa, che è pura durata, ossia conservazione integrale dell’esperienza vissuta. Essa costituisce il deposito di tutti i ricordi passati, in quanto registra automaticamente ciò che viviamo nella sua forma originale e globale, pur non avendone consapevolezza. La memoria pura, rappresenta il nostro passato tutto intero che ci accompagna in ogni momento, anche se non ce ne rendiamo conto. Noi non siamo solo attualità, ma anche storia vissuta.

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Il ricordo-immagine

Il ricordo-immagine è invece l’atto con cui il nostro passato si concretizza, facendosi in parte (per frammenti) presente qui e ora. Esso costituisce una piccola porzione della memoria complessiva, una sua materializzazione. La coscienza pur essendo memoria non è sempre ricordo, non è sempre attualizzata; essa è una dimensione più ampia rispetto alla sfera della consapevolezza. Essendo un fatto fisiologico (dipendente dal cervello) il materializzarsi del ricordo puro nel ricordo-immagine è suscettibile di alterazioni e disturbi. Le malattie che alterano la funzione del ricordo possono colpire solo il ricordo-immagine, la memoria di superficie, non la memoria pura. Ciò che si perde in tali disfunzioni non è il contenuto della coscienza, ma la capacità del cervello di attualizzare il ricordo o di fare da “filtro”. A dimostrazione di ciò sta il fatto che, se la malattia scompare, cioè se il cervello ricomincia a funzionare in modo corretto, il malato ritrova la “memoria”, ovvero il suo passato, conservatosi integro nella continuità della coscienza. Il nostro passato non si perde mai: è virtualmente disponibile sempre, anche se in modo inconscio (echi freudiani). La memoria è più oblio che ricordo.

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La percezione

La percezione è la facoltà che ci lega al mondo esterno e ha la funzione di selezionare i dati che sono più utili ai fini della nostra vita concreta (ha la funzione di limitare in vista dell’azione la vita dello spirito). Memoria e percezione corrispondono a spirito e corpo: il primo comprende la totalità della vita vissuta, il secondo si concentra sul presente e sulle necessità pratiche, portando alla luce solo una parte di quella totalità. Per questo una percezione isolata – un suono, un odore, un’immagine – può essere occasione del riaffiorare del ricordo, cioè dell’emergere di quella memoria profonda che è sommersa, ma che costituisce lo sfondo della nostra vita.

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LO SLANCIO VITALE

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Lo slancio vitale

Nel testo L’evoluzione creatrice, Bergson prospetta l’idea di una continuità tra vita biologica e vita della coscienza. Entrambe sorgono da un’unica energia vitale. La vita infatti si origina da un unico impulso iniziale, detto “slancio vitale” (élan vital), un’energia che crea di continuo e in modo imprevedibile, in quanto libera e non necessitata, una grandissima varietà di forme.

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L’espansione dello slancio vitale e le biforcazioni

Questo slancio si espande nell’universo, irradiandosi in ogni direzione, ma con un’intensità variabile, il che spiega la differenziazione degli esseri e delle specie: • La prima biforcazione fondamentale dello slancio vitale è

quella cha ha dato origine alla divisione tra piante e animali (i vegetali fabbricano da sé le sostanze organiche che servono al loro nutrimento a partire da sostanze minerali che trovano nel terreno; gli animali sono costretti a muoversi per cercare il cibo, e sviluppano quindi sensibilità e in alcuni casi coscienza).

• La vita animale si è poi sviluppata a sua volta in diverse direzioni. Quelle in cui l’evoluzione ha avuto maggior successo sono quelle degli antropoidi e dei vertebrati (il cui apice è l’uomo).

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Libertà dello slancio vitale e totipotenza

Il processo evolutivo non implica un disegno precostituito, come in una visione finalistica: la vita creatività libera e imprevedibile. L’unità precede la differenziazione degli esseri, l’energia vitale è una vis a tergo, agisce alle spalle. La vita, all’origine, è “totipotenza”, cioè possibilità divenire tutte le cose, che gradualmente si attualizza e si specifica.

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Evoluzione creatrice

• L’evoluzione non implica alcuna realtà data o precostituita, ma è “realtà in movimento” che si manifesta e si genera da se stessa, espandendosi e modificandosi di continuo (come la coscienza è flusso-movimento continuo). Bergson parla di “evoluzione creatrice”. La realtà è sempre unica, sia che la si consideri dal punto di vista dello slancio vitale, sia che si considerino i singoli risultati del suo processo: all’origine vi è l’energia vitale che, spirituale nella sua essenza, nel momento in cui esaurisce la propria forza tende a manifestarsi come materia (problema: se è così prima dovrebbero essere nate le coscienze e poi i corpi??).

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CONOSCENZA, INTELLIGENZA, INTUIZIONE

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La conoscenza umana può essere di due tipi: intelligenza

1) Possiamo conoscere un oggetto dall’esterno, descrivendone i singoli caratteri e utilizzando simboli (concetti e parole) per rappresentarli, così come possiamo conoscere una città dalla somma di molte fotografie. In altre parole, si tratta di compiere un’analisi dell’oggetto per ricomporre poi sinteticamente i diversi aspetti studiati. Per fare questa operazione ci serviamo dell’intelligenza, che isola gli aspetti della realtà considerata, offrendo un’immagine razionale, ma necessariamente parziale e astratta. È una forma di conoscenza rivolta all’azione, funzionale all’adattamento dell’uomo all’ambiente.

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Intuizione

2) Una seconda modalità conoscitiva è invece quella che si basa sull’intuizione, la quale conosce l’oggetto nella sua interiorità, compiendo un atto di “identificazione simpatetica”: l’oggetto non è scomposto o analizzato, ma viene colto immediatamente, dall’interno, nella sua totalità. Nell’esempio della città, essa non viene conosciuta attraverso la ricostruzione fotografica, ma con un’esperienza diretta che permette di coglierne l’atmosfera.

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La metafisica

L’atteggiamento conoscitivo che si avvale dell’intuizione è proprio della metafisica. Se questa disciplina è stata criticata (dagli empiristi e razionalisti) è perché si è tentato di penetrare l’oggetto metafisico con lo strumento dell’intelligenza. Ma ciò non significa che non sia possibile conoscere la realtà tramite l’intuizione. Con ciò Bergson non vuole intendere che la conoscenza scientifica non abbia valore, l’importante però è non avere la pretesa di estendere le categorie della scienza al di là del loro ambito legittimo: la scienza consente il progresso tecnico, la produzione e l’elaborazione di strumenti sempre più sofisticati per agire sulla realtà, ma non può offrirne la piena “conoscenza” né penetrarne l’essenza.

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L’arte come modello conoscitivo

I concetti e le parole (gli strumenti della scienza), infatti, comportano necessariamente la divisione, la scomposizione e quindi la “distorsione” della realtà, la quale per essere compresa nella sua essenza, non può essere concettualizzata, né espressa in termini linguistici (la simpatia per cui ci si trasporta all’interno di un oggetto… è inesprimibile). Paradossalmente lo stesso filosofo si trova in difficoltà a comunicare e a trasmettere la visione del mondo che ha colto mediante l’intuizione. Egli non può far altro che divenire indicatore di percorsi, avvalendosi perlopiù di immagini e di metafore. Da qui l’interesse di Bergson per l’arte, considerata un vero e proprio modello conoscitivo (critica: spesso il filosofo quando arriva ad individuare i limiti della conoscenza concettuale e comprensiva e del linguaggio, va a cercare la soluzione in altri campi, come nell’arte – vedi Schopenhauer e Nietzsche - o nella religione – vedi Kierkegaard, come se investendo su questi campi una capacità conoscitiva e quindi solutiva, penetrativa, una capacità di accedere, che invece alla filosofia è preclusa).

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LA MORALE E LA RELIGIONE

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Società chiuse e società aperte

In Le due fonti della morale e della religione, Bergson anticipa un tema che sarà ripreso da Popper. Egli infatti identifica due tipi di organizzazione sociale: la società chiusa e la società aperta. La società chiusa è quella autoritaria, in cui l’uomo è spinto a identificarsi con il gruppo sociale e ad accettare i suoi rigidi valori. In essa prevalgono le esigenze di coesione sociale, di staticità e di mantenimento dello status quo e dominano il conformismo e la paura del cambiamento. La società aperta, invece, promuove la libertà e la creatività degli individui; in essa l’obiettivo è la realizzazione dell’umanità e lo sviluppo di sempre nuove modalità di convivenza e di collaborazione volte al progresso sociale.

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Religione statica e religione dinamica

A queste due forme di morale corrispondono due atteggiamenti religiosi: la religione statica, che si serve dei miti e delle sue superstizioni per proteggere l’uomo dalle sue paure (il timore della morte, dei pericoli della vita, degli insuccessi) e dargli una speranza consolatoria; e la religione dinamica, la quale si identifica con la vita dei mistici e, dunque, è abbastanza rara. Essa consiste nella partecipazione, grazie all’amore, allo slancio creatore della vita e nell’unificazione con Dio (lo slancio creatore è Dio stesso). Bergson vede nella mistica l’unico rimedio ai mali morali e sociali e invoca un supplemento di anima, per un mondo che vede pervaso dalla tecnica e dalla meccanica.