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Beni immateriali Patent box : i metodi ed i criteri di calcolo del reddito agevolabile nel caso di uso diretto dei beni immateriali di Roberto Casati Il Patent box è un regime facoltativo di tassazione agevolata dei redditi che derivano da alcuni beni immateriali utilizzati da unimpresa. Nel caso di utilizzo diretto (contrariamente al caso della vendita o della concessione della licenza duso del bene), i metodi ed i criteri di calcolo del red- dito agevolabile devono essere concordati con lAgenzia delle entrate. Secondo quanto indicato dalla normativa, devono essere utilizzati i metodi elaborati dallOCSE per il Transfer Pricing. Tra questi, il metodo del confronto di prezzo (Comparable Uncontrolled Price, o CUP per brevità nel seguito) ed il metodo della ripartizione del profitto residuale (Residual Profit split) presentano no- tevoli difficoltà applicative, mentre uno dei metodi utilizzati per la valutazione dei beni immate- riali, il metodo dei risultati differenziali, appare di più diretta applicazione. Comunque, a prescin- dere dalla scelta del metodo da utilizzare, la normativa è affetta da unambiguità interpretativa che comporta un notevole impatto sulla quantificazione del reddito agevolabile, per cui un inter- vento chiarificatore da parte del Legislatore sarebbe quanto mai opportuno. Il contributo si con- clude con un paragrafo sul meccanismo di recapture delle perdite da Patent box e le sue impli- cazioni a livello strategico. Lesplicitazione delle conseguenze di questo meccanismo può risul- tare particolarmente interessante per le imprese che stanno ancora valutando se aderire o meno a questo regime di tassazione agevolata. Lagevolazione fiscale Patent boxIl Patent box è un regime facoltativo di tassazione agevolata dei redditi che derivano da alcuni beni immateriali utilizzati da unimpresa. Questo regime è stato introdotto nel nostro ordina- mento nel dicembre 2014, allineando così lItalia agli altri Paesi europei, nei quali, già da diversi an- ni, erano in vigore misure analoghe. Al momento attuale (autunno 2016) stanno ini- ziando, secondo la tempistica prevista dalla norma- tiva, i primi contatti tra lAgenzia delle entrate e le imprese che hanno fatto richiesta dellagevola- zione a partire dallesercizio 2015. La disciplina normativa di riferimento, alla quale si rimanda per la trattazione esaustiva dellargomen- to, è costituita da: i) art. 1, commi 37-45, L. 23 di- cembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015); ii ) art. 5, D.L. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2015, n. 33; iii ) decreto attuativo del 30 luglio 2015 pubblicato nella G.U. n. 244 del 20 ottobre 2015; iv) Provve- dimento dellAgenzia delle entrate n. 2015/154278 e circ. n. 36/E del 1 dicembre 2015; v) art. 1, com- ma 148, L. 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di sta- bilità 2016); vi) circolare dellAgenzia delle entrate n. 11/E del 7 aprile 2016. I beni immateriali per i quali è possibile ottenere l agevolazione (i cc.dd. beni agevolabili) sono i marchi depositati (sono esclusi quindi i marchi di fatto), i brevetti per invenzione, le invenzioni bio- tecnologiche ed i relativi certificati complementari di protezione, i brevetti per modello di utilità, i brevetti e certificati per varietà vegetali, le topo- grafie di prodotti a semiconduttore, il software pro- tetto da copyright, i disegni, modelli e segreti indu- striali (il c.d. know-how) che risultano giuridica- Opinioni Proprietà intellettuale 556 Il Diritto industriale 6/2016 Vincenzo Jandoli - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.

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Beni immateriali

Patent box: i metodi ed i criteridi calcolo del reddito agevolabilenel caso di uso direttodei beni immaterialidi Roberto Casati

Il Patent box è un regime facoltativo di tassazione agevolata dei redditi che derivano da alcunibeni immateriali utilizzati da un’impresa. Nel caso di utilizzo diretto (contrariamente al caso dellavendita o della concessione della licenza d’uso del bene), i metodi ed i criteri di calcolo del red-dito agevolabile devono essere concordati con l’Agenzia delle entrate. Secondo quanto indicatodalla normativa, devono essere utilizzati i metodi elaborati dall’OCSE per il Transfer Pricing. Traquesti, il metodo del confronto di prezzo (Comparable Uncontrolled Price, o CUP per brevità nelseguito) ed il metodo della ripartizione del profitto residuale (Residual Profit split) presentano no-tevoli difficoltà applicative, mentre uno dei metodi utilizzati per la valutazione dei beni immate-riali, il metodo dei risultati differenziali, appare di più diretta applicazione. Comunque, a prescin-dere dalla scelta del metodo da utilizzare, la normativa è affetta da un’ambiguità interpretativache comporta un notevole impatto sulla quantificazione del reddito agevolabile, per cui un inter-vento chiarificatore da parte del Legislatore sarebbe quanto mai opportuno. Il contributo si con-clude con un paragrafo sul meccanismo di recapture delle perdite da Patent box e le sue impli-cazioni a livello strategico. L’esplicitazione delle conseguenze di questo meccanismo può risul-tare particolarmente interessante per le imprese che stanno ancora valutando se aderire o menoa questo regime di tassazione agevolata.

L’agevolazione fiscale “Patent box”

Il Patent box è un regime facoltativo di tassazioneagevolata dei redditi che derivano da alcuni beniimmateriali utilizzati da un’impresa.Questo regime è stato introdotto nel nostro ordina-mento nel dicembre 2014, allineando così l’Italiaagli altri Paesi europei, nei quali, già da diversi an-ni, erano in vigore misure analoghe.Al momento attuale (autunno 2016) stanno ini-ziando, secondo la tempistica prevista dalla norma-tiva, i primi contatti tra l’Agenzia delle entrate ele imprese che hanno fatto richiesta dell’agevola-zione a partire dall’esercizio 2015.La disciplina normativa di riferimento, alla quale sirimanda per la trattazione esaustiva dell’argomen-to, è costituita da: i) art. 1, commi 37-45, L. 23 di-cembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015); ii)art. 5, D.L. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con

modificazioni, dalla L. 24 marzo 2015, n. 33; iii)decreto attuativo del 30 luglio 2015 pubblicatonella G.U. n. 244 del 20 ottobre 2015; iv) Provve-dimento dell’Agenzia delle entrate n. 2015/154278e circ. n. 36/E del 1 dicembre 2015; v) art. 1, com-ma 148, L. 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di sta-bilità 2016); vi) circolare dell’Agenzia delle entraten. 11/E del 7 aprile 2016.I beni immateriali per i quali è possibile ottenerel’agevolazione (i cc.dd. beni agevolabili) sono imarchi depositati (sono esclusi quindi i marchi difatto), i brevetti per invenzione, le invenzioni bio-tecnologiche ed i relativi certificati complementaridi protezione, i brevetti per modello di utilità, ibrevetti e certificati per varietà vegetali, le topo-grafie di prodotti a semiconduttore, il software pro-tetto da copyright, i disegni, modelli e segreti indu-striali (il c.d. know-how) che risultano giuridica-

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mente tutelabili, ovvero quelli che possiedono lecaratteristiche previste dal c.p.i. per essere conside-rati tali (1).In sintesi, i requisiti di applicabilità del Patent boxsono i seguenti: i) l’impresa non deve appartenerealle tipologie esplicitamente escluse (società in li-quidazione, fallimento, ecc.); ii) i beni immaterialiutilizzati dall’impresa, in qualità di proprietaria olicenziataria, devono appartenere alle tipologieagevolabili; iii) l’impresa deve sostenere, o aver so-stenuto negli anni precedenti, dei costi per attivitàdi ricerca e sviluppo finalizzate alla creazione, almantenimento e/o all’accrescimento del valore deibeni immateriali per il quale si richiede l’agevola-zione (2); iv) la modalità di utilizzo dei beni imma-teriali da parte dell’impresa deve essere o la cessio-ne, o la concessione della licenza d’uso a terzi, op-pure l’utilizzo diretto; v) l’impresa deve essersi do-tata di un adeguato sistema di contabilità analitica(il c.d. sistema di tracking and tracing) volto a rile-vare i costi sostenuti per ogni singolo bene imma-teriale agevolato ed a dimostrare il collegamentodiretto tra le spese sostenute ed il bene immaterialeal quale esse si riferiscono.Le imprese che soddisfano le sopra citate condizio-ni hanno la possibilità di optare per l’applicazionedelle disposizioni previste dal regime Patent box perun periodo di cinque anni. Successivamente lascelta di tale opzione è rinnovabile di quinquennioin quinquennio.La scelta di usufruire delle agevolazioni previste daquesto regime fiscale è discrezionale. Anzi, l’opzio-ne non va necessariamente esercitata con riferi-mento a tutti i beni immateriali utilizzati dall’im-presa: si può scegliere l’applicazione del Patent boxper un bene immateriale e non per un altro.In sostanza, il beneficio ottenibile è rappresentatodalla possibilità di escludere dal computo del reddi-

to globale dell’impresa una quota dei redditi deri-vanti dai beni immateriali per i quali si è richiestal’agevolazione, ottenendo così un beneficio econo-mico rappresentato dalla riduzione dell’imponibilefiscale. Più precisamente, l’importo escludibile dalreddito complessivo dell’impresa, per ciascun beneimmateriale agevolato (3), è il risultato del prodot-to di tre fattori:- il reddito derivante dall’utilizzo del bene (il c.d.reddito agevolabile);- un coefficiente minore o uguale a uno (il c.d. Ne-xus ratio), che si determina in funzione dei costi so-stenuti dall’impresa per i beni immateriali agevola-ti (4);- un’aliquota che vale il 40% per il 2016 ed il 50%dal 2017 in avanti.Le modalità di determinazione del primo fattore, ilreddito agevolabile, differiscono a seconda della ti-pologia di utilizzo del bene immateriale.Nel caso di cessione del bene, come reddito agevo-labile, si considera l’eventuale plusvalenza derivan-te dalla cessione. In questo caso il reddito agevola-bile può essere interamente escluso dal computodel reddito complessivo dell’impresa a condizioneche almeno il 90% del corrispettivo di vendita siareinvestito in attività di ricerca e sviluppo di altribeni immateriali agevolabili. Tale importo deve es-sere reinvestito entro la chiusura del secondo pe-riodo di imposta successivo a quello nel quale si èverificata la cessione. Inoltre le attività di ricerca esviluppo nelle quali deve essere reinvestito il corri-spettivo di vendita devono essere svolte diretta-mente dall’impresa, o da università o enti di ricer-ca e organismi equiparati, o da società (anchestart-up innovative) che non appartengono allostesso gruppo, oppure da società che appartengonoallo stesso gruppo ma si siano limitate a far svolge-

(1) Marchi e know-how, anche se il Legislatore italiano nonsi è ancora espresso esplicitamente, al fine di ottemperare aduna linea guida dell’OCSE, potrebbero risultare esclusi dalla li-sta dei beni agevolabili a partire dal 30 giugno 2016.

(2) Con il termine “attività di ricerca e sviluppo” si intendo-no non solo la ricerca (fondamentale e applicata) e lo sviluppodi nuove tecnologie che possono essere protette da brevetto,ma anche le attività di realizzazione, mantenimento e sviluppodi tutti gli altri beni agevolabili, diversi dai brevetti di invenzio-ne. Ad esempio, nel caso di un’impresa che utilizza un mar-chio depositato, rientrano nelle “attività di ricerca e sviluppo”le attività promozionali che accrescono la rinomanza del mar-chio, le tasse di mantenimento ed i rinnovi a scadenza. Più indettaglio, la natura dei costi di ricerca e sviluppo da considera-re viene specificata nell’art. 8 del decreto attuativo del 30 lu-glio 2015.

(3) In realtà l’art. 1, comma 148, L. 28 dicembre 2015, n.208 ha modificato tutto l’impianto della normativa - che richie-

deva di considerare separatamente ogni singolo bene immate-riale agevolato - consentendo di aggregare tutti i beni immate-riali, anche di tipologie diverse, che vengono utilizzati congiun-tamente in un singolo prodotto o in una singola famiglia diprodotti (i beni immateriali collegati dal c.d. vincolo di comple-mentarietà).

(4) Per i dettagli di calcolo di questo coefficiente si vedal’art. 9 del decreto attuativo del 30 luglio 2015. In generale sipuò dire che il coefficiente è tanto minore quanto più i costi diricerca e sviluppo sostenuti nei confronti di società apparte-nenti allo stesso gruppo, ed i costi di acquisizione del bene,sono maggiori dei costi sostenuti direttamente dall’impresa, odei costi sostenuti nei confronti di soggetti terzi indipendenti.In particolare, per un’impresa che abbia già acquistato o crea-to il bene in un periodo d’imposta precedente e nel periodo diimposta considerato abbia sostenuto direttamente tutti i costidi ricerca e sviluppo relativi al bene, il coefficiente risulta pari auno.

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re le attività di ricerca e sviluppo da università/entidi ricerca o società extra-gruppo (5).Nel caso l’utilizzo sia rappresentato dalla concessio-ne della licenza d’uso del bene a terzi, il redditoagevolabile è costituito dai canoni derivanti dallalicenza, al netto dei costi fiscalmente rilevanti (di-retti ed indiretti) connessi al bene licenziato. In al-tre parole, in questo caso, il reddito agevolabile ècostituito da una componente positiva rappresenta-ta dalle royalty, meno una componente rappresen-tata dai costi di ricerca e sviluppo relativi al be-ne (6).Nel caso invece di utilizzo diretto del bene da partedell’impresa, la normativa richiede che i metodi edi criteri di calcolo del reddito agevolabile debbanoessere concordati in via preventiva con l’Agenziadelle entrate. In pratica occorre attivare una c.d.“procedura di ruling” presso l’Agenzia che si con-clude con la stipula di un apposito accordo sullemodalità di calcolo del reddito agevolabile.In questo contributo ci riproponiamo di analizzarei metodi ed i criteri di calcolo che verranno utiliz-zati dall’Agenzia delle entrate.Relativamente a questo argomento il decreto at-tuativo del 30 luglio 2015 ed il provvedimento del-l’Agenzia delle entrate del 1° dicembre 2015 han-no fornito delle prime indicazioni, che sono stateoggetto di analisi e di un successivo dibattito daparte degli esperti (7). Inoltre, nell’ultima circolareemessa dall’Agenzia delle entrate (8), citata comeCir11/E nel seguito, sono stati forniti ulteriori det-tagli e delucidazioni su tale argomento.

Le indicazioni sui metodi fornitedalla normativa

L’art. 7 del decreto attuativo del 30 luglio 2015 (9)stabilisce che, nel caso di utilizzo diretto, il redditoagevolabile è costituito dal contributo economicoche il bene immateriale agevolato ha apportato al-la formazione del reddito complessivo dell’impresa.La relazione illustrativa allegata al decreto specificaulteriormente che “Il contributo economico consi-ste in un reddito figurativo ascrivibile ai beni im-

materiali incorporato nel reddito rinveniente dal-l’attività svolta dal contribuente.”.Successivamente, col dichiarato intento di attri-buire ai soggetti che sfruttano direttamente i beniimmateriali lo stesso beneficio che otterrebberoladdove licenziassero gli stessi beni ad altri sogget-ti, la relazione illustrativa riconduce il calcolo delreddito agevolabile nel caso di utilizzo diretto alcaso della concessione della licenza d’uso.In questa prospettiva, la relazione illustrativa pro-segue indicando che, nel caso di uso diretto, è ne-cessario assumere “l’esistenza di un ramo d’aziendaautonomo deputato alla concessione in utilizzo deibeni immateriali allo stesso contribuente...” propriocome nel caso della concessione della licenza d’u-so.Più chiaramente, come quadro di riferimento, larelazione illustrativa suggerisce di immaginare che:- l’impresa (A) che utilizza direttamente il beneimmateriale si suddivida in due rami d’azienda: unramo (A’) deputato alla creazione, mantenimentoe sviluppo del bene immateriale ed un ramo (A’’)deputato alla produzione e commercializzazione deiprodotti/servizi che “incorporano” il bene immate-riale;- il ramo d’azienda A’ conceda la licenza d’uso delbene immateriale al ramo A’’.Una volta assunta questa separazione virtuale, lacomponente positiva del reddito derivante dall’uti-lizzo diretto del bene immateriale è costituita dalleroyalty che A’ incasserebbe da A’’. La componentenegativa del reddito è costituita dai costi di ricercae sviluppo (diretti e indiretti) che A’ sostiene nelcorso dell’esercizio per la creazione, il manteni-mento e lo sviluppo del bene immateriale licenzia-to.Comunque, per quanto riguarda le modalità di cal-colo del contributo economico nel caso di utilizzodiretto, al di là del quadro di riferimento suggeritodalla relazione illustrativa, in generale l’art. 12 deldecreto attuativo stabilisce che questo dovrà essere“determinato sulla base degli standard internazio-nali rilevanti elaborati dall’OCSE, con particolareriferimento alle linee guida in materia di prezzi ditrasferimento (10)”.

(5) Si veda l’art. 10 del decreto attuativo del 30 luglio 2015.(6) I costi da considerare sono quelli di competenza del pe-

riodo di imposta.(7) Si vedano: i) Organismo Italiano di Valutazione (OIV) “La

stima del contributo economico dei beni immateriali usati diret-tamente ai fini del regime di Patent box: riflessioni per gli espertidi valutazione” www.forumtools.biz/oiv/upload/ ed_dp_patent-boxoiv.pdf, ii) G. Lagrutta - L. Miele “Patent box allineato all’OC-SE” in Il Sole 24 Ore del 22 dicembre 2015, iii) M. Bini “Patent

box in cerca di criteri in linea con i principi dell’OCSE” in Il Sole24 Ore del 27 gennaio 2016, iv) incontro Telefisco 2016 del 28gennaio 2016.

(8) Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 11/E del 7 aprile2016.

(9) Considerato congiuntamente al comma 7 dell’art. 9.(10) Per prezzi di trasferimento (Transfer Pricing) si intendo-

no i prezzi ai quali dovrebbero avvenire le transazioni di com-pravendita di beni/servizi tra imprese che risiedono in Paesi di-

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Il riferimento alle linee guida OCSE, ai fini delladeterminazione del reddito derivante dall’utilizzodiretto del bene immateriale, viene confermato an-che dal Provvedimento dell’Agenzia delle entratedel 1° dicembre 2015 e dalla successiva circ. Ci-r11/E.

Le indicazioni sui metodi fornitedalle linee guida OCSE

Le linee guida OCSE in materia di prezzi di trasfe-rimento descrivono l’approccio ed i metodi da se-guire per determinare il prezzo al quale dovrebberoavvenire gli scambi di beni materiali e immaterialitra imprese che risiedono in Paesi diversi ed appar-tengono allo stesso gruppo multi-nazionale.Per evitare che attraverso l’applicazione di prezzideterminati ad hoc si possano realizzare dei trasferi-menti di reddito tassabile da Paesi ad elevata pres-sione fiscale verso Paesi a minor pressione, il prezzodi trasferimento dei beni dovrebbe essere un prezzodi libero mercato, ovvero le imprese appartenentiallo stesso gruppo dovrebbero scambiarsi beni e ser-vizi agli stessi prezzi che esse concorderebbero sefossero indipendenti.L’ultima versione di queste linee guida (11), indi-cata come TPG2010 nel seguito, contiene ancheun capitolo dedicato al Transfer Pricing dei beniimmateriali. Questo capitolo è stato integralmentesostituito nel 2015 da quanto contenuto in unnuovo documento (12) quasi interamente dedicatoal Transfer Pricing dei beni immateriali (TPG2015nel seguito).Per quanto riguarda le modalità di trasferimento dibeni immateriali, le linee guida OCSE contempla-no sia il caso di cessione del bene, sia il caso diconcessione della licenza d’uso (TPG2015, par.6.26). Le linee guida riguardano quindi sia i metodiper la determinazione del prezzo di vendita, sia imetodi per la determinazione delle royalty o deltasso di royalty in caso di licenza.Notiamo infatti come molto spesso, nei contrattidi licenza di beni immateriali, le royalty sianoespresse come un tasso di royalty moltiplicato per iricavi di vendita dei prodotti che “incorporano” ilbene immateriale licenziato.Ai fini della determinazione del prezzo o delleroyalty relative ai beni immateriali, le linee guida

riportano inizialmente che uno qualunque dei cin-que metodi definiti in generale (Comparable Un-controlled Price (CUP), Resale price, Cost-plus,Transactional Net Margin, Profit split) può risultareappropriato (TPG2015, par. 6.136).Successivamente le linee guida sconsigliano, nelcaso di beni immateriali, l’applicazione del metodoResale price, del metodo Cost-plus e del metodoTransactional Net Margin (TPG2015, par. 6.141 epar. 6.142).Infine rilevano che i metodi “che è più probabilerisultino utili nel caso del trasferimento di beni im-materiali sono il CUP ed il Profit split”, lasciandoperò aperta anche la possibilità di utilizzare le tec-niche che vengono usualmente impiegate per sta-bilire il valore economico dei beni immateriali(TPG2015, par. 6.145), con particolare riferimentoai metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cas-sa futuri (i cc.dd. Discounted Cash Flow-based me-thods) (TPG2015, par. 6.157).Le linee guida specificano che la selezione del me-todo più appropriato deve essere fatta prendendoin considerazione i punti di forza e di debolezza deidiversi metodi (TPG2010, par. 2.2). Inoltre, lascelta deve essere preceduta da un’analisi funziona-le che individui le attività economicamente rile-vanti svolte dall’impresa, i beni utilizzati ed i rischiassunti. Nel caso dei beni immateriali risulta parti-colarmente importante basare l’analisi funzionalesu una chiara comprensione sia delle modalità at-traverso le quali l’impresa svolge la sua attività im-prenditoriale, sia delle modalità attraverso le qualii beni immateriali contribuiscono alla creazione divalore per l’impresa (TPG2015, par. 6.3).Le linee guida, a rigore, non richiedono l’applica-zione di più di un metodo. Se la scelta di un parti-colare metodo è ben giustificata, allora non è ne-cessario applicarne altri (TPG2010, par. 2.11).Su questo argomento, l’ultima circolare dell’Agen-zia delle entrate specifica che “Per i casi di difficiletrattazione, dove l’utilizzo di un unico metodo nonconsente di determinare con certezza il contributoeconomico, ovvero i redditi o le plusvalenze deri-vanti dallo sfruttamento economico o dalla cessio-ne del bene immateriale, è opportuno e consiglia-bile per il contribuente ricorrere all’utilizzo di piùmetodi congiuntamente.” (Cir11/E, pag. 59).

versi ed appartengono allo stesso gruppo multi-nazionale (im-prese collegate). Da diversi decenni l’OCSE emette delle lineeguida sui metodi che dovrebbero essere utilizzati dalle impreseper determinare tali prezzi (le cc.dd. Transfer Pricing Guideli-nes).

(11)OECD (2010) Transfer Pricing Guidelines for Multinatio-

nal Enterprises and Tax Administrations, OECD Publishing.(12)OECD (2015), Aligning Transfer Pricing Outcomes with

Value Creation, Actions 8-10 - 2015 Final Reports, OECD/G20Base Erosion and Profit Shifting Project, OECD Publishing, Pa-ris.

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L’applicazione del metodo CUP(Comparable Uncontrolled Price)

Il CUP consiste nell’assumere come prezzo di libe-ro mercato di un bene trasferito tra imprese appar-tenenti allo stesso gruppo il prezzo di un bene simi-le che viene trasferito tra imprese indipendenti incircostanze comparabili (TPG2010, par. 2.13).Nel nostro caso, in cui l’obiettivo è determinare leroyalty derivanti dalla concessione della licenzad’uso di un bene immateriale, l’applicazione di talemetodo consiste nella determinazione delle royal-ty di libero mercato relative alla concessione dellalicenza d’uso di beni simili, in circostanze compara-bili. Una volta individuate delle transazioni tra im-prese indipendenti che risultano comparabili - nel-le quali cioè sia il bene licenziato, sia le circostan-ze, siano sufficientemente simili - le royalty di libe-ro mercato potranno essere identificate con il valormedio delle royalty delle transazioni comparabili.Per la ricerca delle transazioni comparabili si pos-sono considerare sia le eventuali transazioni cheavvengono tra l’impresa stessa e società terze indi-pendenti, nelle quali il bene oggetto della transa-zione è simile a quello in esame, sia transazioni traimprese indipendenti nessuna delle quali coincidecon l’impresa stessa. Nel primo caso si parla diCUP interno (TPG2010, par. 3.27), mentre nel se-condo di CUP esterno (TPG2010, par. 3.29).Poiché esistono delle banche dati nelle quali ven-gono registrati gli accordi di licenza di beni imma-teriali, insieme alla descrizione di tutte le loro ca-ratteristiche (bene oggetto della licenza, settoredelle società coinvolte, royalty pattuite, ecc.), la ri-cerca di transazioni comparabili, impresa a primavista di insormontabile difficoltà, diventa invecefattibile e spesso fornisce risultati accettabili.Le linee guida OCSE evidenziano però espressa-mente che “Particolare attenzione deve essere eser-citata nei casi in cui l’analisi si basi su benchmarkreperiti da banche dati esterne. Infatti è essenzialeche le informazioni in esse riportate siano suffi-cientemente dettagliate e tali da consentire di svi-luppare correttamente l’analisi di comparabilità”(TPG2015, par. 6.130).Le banche dati commerciali contenenti accordi dilicenza di beni immateriali che vengono maggior-mente utilizzate a questo scopo sono: RoyaltyStat,RoyaltyRange, RoyaltySource e ktMine di Bureau vanDijk.Notiamo inoltre che, poiché molto spesso le royal-ty sono espresse come un tasso di royalty moltipli-cato per i ricavi di vendita dei prodotti/servizi che

“incorporano” il bene immateriale, il risultato del-l’applicazione del metodo CUP fornisce quasi sem-pre un tasso di royalty, invece che direttamentel’importo totale delle royalty annuali.Le linee guida OCSE suggeriscono le modalità conle quali devono essere realizzate sia l’analisi dicomparabilità (TPG2010, par. 3.4), sia la successi-va analisi statistica dei tassi di royalty corrispon-denti agli accordi risultati comparabili (TPG2010,par. 3.62).In generale, viene richiesto che l’analisi di compa-rabilità tenga conto sia dei cinque fattori definitiper il caso generale dei beni materiali e dei servizi- che sono, come indicato in (TPG2010, par.1.36), le caratteristiche dei beni e dei servizi, l’ana-lisi funzionale, i termini contrattuali, le circostanzeeconomiche e le strategie aziendali -, sia dei fattorispecifici dei beni immateriali, che sono invece i se-guenti (TPG2015, par. 6.116):- esclusività della licenza- estensione e durata dei diritti di protezione legale- estensione geografica dei diritti di protezione le-gale- vita utile del bene immateriale- stadio di sviluppo del bene immateriale- diritto di beneficiare di migliorie, revisioni e ag-giornamenti- benefici prevedibili per il futuro.D’altra parte le linee guida riconoscono che letransazioni tra imprese indipendenti relative a beniche presentano caratteristiche simili a quelle delbene in esame sotto tutti gli aspetti sopra elencati,in alcuni settori potrebbero essere molto poche oaddirittura inesistenti. Per questo motivo consen-tono di ampliare la ricerca di transazioni compara-bili anche ad aree industriali e/o territoriali diverseda quelle del caso in esame (TPG2010, par. 3.38).Le linee guida consentono anche la possibilità dieffettuare delle rettifiche ai tassi di royalty delletransazioni individuate al fine di aumentare lacomparabilità al caso in esame (TPG2010, par.3.47 e TPG2015, par. 6.129 e par. 6.137).A tale proposito l’Agenzia delle entrate precisache “la corretta applicazione del CUP richiede ele-vati livelli di comparabilità” e “Nel caso in cui esi-stano differenze... e non è possibile effettuare ag-giustamenti ragionevolmente accurati che consen-tano di eliminare l’effetto di tali differenze, il me-todo CUP non potrà essere applicato in manieraaffidabile.” (Cir11/E, pag. 53).In conclusione, una volta completata l’analisi dicomparabilità ed aver determinato un tasso diroyalty di libero mercato, per ognuno dei beni im-

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materiali considerati, la componente positiva delreddito, anno per anno, risulta essere uguale al tas-so di royalty moltiplicato per i ricavi di vendita deiprodotti che “incorporano” quel particolare beneimmateriale.Per quanto riguarda la componente negativa delreddito, essa è data, anno per anno, dai costi di ri-cerca e sviluppo che vengono sostenuti dall’impre-sa per la creazione, il mantenimento e lo sviluppodi quel particolare bene immateriale. I costi daconsiderare sono quelli fiscalmente rilevanti, diret-ti e indiretti, sia quelli spesati nell’esercizio, sia laquota di ammortamento per quelli capitalizzati inquell’esercizio o negli esercizi precedenti.Nel caso in cui risulti possibile individuare una opiù transazioni comparabili tra imprese indipen-denti, le linee guida rilevano che il CUP è il meto-do più diretto ed affidabile (TPG2010, par. 2.14).Questo metodo è però affetto, secondo noi, da dueimportanti criticità.In primo luogo vi è la grande difficoltà di indivi-duare delle transazioni che hanno ad oggetto deibeni immateriali simili a quello in esame. Le ban-che dati commerciali sopra citate contengonoognuna qualche decina di migliaia di accordi di li-cenza. Se si considera che questo insieme di accor-di deve servire come riferimento per tutte le tipo-logie di beni immateriali (marchi, brevetti, ecc.),in tutti i settori industriali ed in tutte le regionigeografiche, si intuisce che la probabilità di riusciread individuare degli accordi comparabili al caso inesame, nonostante estensioni e rettifiche, è abba-stanza bassa. Nel caso dei beni immateriali, l’Agen-zia delle entrate non può aspettarsi delle analisi dicomparabilità che abbiano lo stesso livello di mat-ching delle analisi di comparabilità fatte per ilTransfer Pricing di beni materiali/servizi, dove ilconfronto viene fatto a livello di dati di bilancioutilizzando banche dati che contengono diversi mi-lioni di imprese.In secondo luogo, il CUP non riesce a catturaretutto il reddito derivante dall’utilizzo del bene im-materiale. In altre parole, questo metodo sottosti-ma il reddito ascrivibile all’utilizzo del bene imma-teriale. Infatti, quando due soggetti sottoscrivonoun accordo di licenza relativo ad un bene immate-riale, entrambi ne derivano un profitto (se infatticosì non fosse, almeno uno dei due si rifiuterebbedi sottoscrivere l’accordo). Il profitto per il licen-ziante è pari alle royalty che incassa dal licenziata-

rio. Il profitto per il licenziatario è pari al beneficioeconomico che deriva dall’utilizzo del bene menole royalty che riconosce al licenziante. È chiaro cheil beneficio economico per il licenziatario deve es-sere maggiore delle royalty che paga al licenziante(altrimenti al licenziatario non converrebbe sotto-scrivere il contratto). Se quindi si determinano leroyalty di libero mercato per confronto con casi dilicenza simili a quello in esame, si ottiene un valo-re che è inferiore al beneficio economico che deri-va effettivamente dall’utilizzo del bene immaterialein esame. Per fornire un primo apprezzamentoquantitativo della rilevanza di questa differenza, ri-cordiamo che, come è ben noto a chi si occupadella determinazione dei tassi di royalty nei con-tratti di licensing, la regola empirica utilizzata stori-camente per ripartire tra licenziante e licenziatarioil beneficio economico totale derivante dall’utilizzodel bene licenziato prevedeva che il 25% del bene-ficio economico fosse attribuito al licenziante ed il75% al licenziatario (la c.d. regola del 25% (13)).Oggi queste percentuali vengono ricalcolate casoper caso sulla base di un’accurata analisi delle fun-zioni svolte e dei rischi assunti da licenziante e li-cenziatario. Tuttavia, questa osservazione consentedi stimare che la quota di reddito derivante dall’u-tilizzo di un bene immateriale che viene ricono-sciuta al licenziante è circa pari ad un quarto delreddito generato effettivamente da tale bene.A valle di questa osservazione diventa evidente lacontraddizione tra quanto disposto dal testo del de-creto attuativo, dove viene riportato che “il reddi-to agevolabile è costituito dal contributo economi-co che il bene ha apportato alla formazione delreddito complessivo dell’impresa”, e quanto indica-to dal testo della relazione illustrativa, che richiededi porsi in un quadro di riferimento - la separazionevirtuale dell’impresa in un ramo licenziante ed unramo licenziatario - all’interno del quale il redditoagevolabile risulta uguale al solo reddito percepitodal ramo licenziante, cioè solo ad una (piccola)parte del reddito generato effettivamente dal beneper l’intera impresa.

L’applicazione del metodo Profit split

Il metodo del Profit split, come indica il nome stes-so, stabilisce come ripartire tra diverse imprese cheappartengono allo stesso gruppo il profitto (14) cheesse concorrono a generare in modo congiunto.

(13) Si veda R. Goldscheider et al. Use Of The 25 Per CentRule In Valuing IP, les Nouvelles, december 2002, 123.

(14) “Profitto” e “reddito” sono qui usati come sinonimi.

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Consideriamo, ad esempio, il caso di un’impresache produce un componente e lo vende ad unacollegata, la quale produce un secondo componen-te, assembla i due componenti e vende il prodottofinito sul mercato. In questa situazione, al fine dideterminare un prezzo di libero mercato per la ven-dita del primo componente alla seconda impresa,bisogna prima di tutto considerare il profitto globa-le derivante dalle vendita del prodotto finito e suc-cessivamente determinare come suddividerlo tra ledue imprese. Il metodo del Profit split richiede chequesta suddivisione venga fatta in modo da appros-simare la ripartizione che sarebbe stata concordatatra imprese indipendenti (cioè non appartenentiallo stesso gruppo) (TPG2010, par. 2.108).Nel caso non si riesca a determinare la ripartizioneper confronto diretto con transazioni comparabilitra imprese indipendenti, il metodo prescrive disuddividere il profitto globale sulla base di un’ana-lisi funzionale delle due imprese, intendendo conciò un’analisi che prenda in considerazione le fun-zioni svolte, i beni utilizzati ed i rischi sostenuti daciascuna di esse ai fini dell’ottenimento del profittoglobale (TPG2010, par. 2.111 e par. 2.119).Le linee guida asseriscono che questo metodo puòessere validamente applicato anche al caso di tra-sferimento di beni immateriali (TPG2015, par.6.152).A tal fine notiamo innanzitutto che l’idea di base -ripartire un profitto globale in base alle funzionisvolte dalle imprese per ottenerlo - può essere ap-plicata anche al caso di una singola impresa, an-dando a ripartire il suo reddito globale tra le diver-se funzioni aziendali che concorrono a generarlo.Se poi, una parte del reddito globale è dovuta all’u-tilizzo di uno o più beni immateriali, si può imma-ginare di isolare questa quota parte sottraendo dalreddito globale il reddito attribuibile a tutte le fun-zioni svolte dall’impresa (Cir11/E, pag. 55); ovverotogliere dal reddito globale le quote di reddito chenon derivano dall’utilizzo dei beni immateriali(TPG2010, par. 2.121) (15). In questo caso le fun-zioni svolte dall’impresa (per esempio la funzionedi produzione, di distribuzione, ecc.) vengono chia-mate “routinarie”, il reddito che rimane dopo aversottratto dal reddito globale il reddito attribuibilealle funzioni routinarie viene chiamato “residuale”o “extra-reddito” e tutto il metodo viene definito“Profit split residuale”.

Le quote di reddito derivanti dalle funzioni routi-narie possono essere determinate per confrontocon i redditi conseguiti da imprese comparabili chesvolgono analoghe funzioni (TPG2010, par.2.121). Per esempio, per determinare la quota ri-conducibile alla funzione di produzione, si può de-terminare il reddito medio conseguito da societàche sono puri produttori, operano nello stesso set-tore e non fanno uso di beni immater ia l i(TPG2010, pag. 319 e TPG2015, pag. 124). Oppu-re, sempre per determinare le quote di reddito deri-vanti dalle funzioni routinarie, si possono applicaregli altri metodi di Transfer Pricing (TPG2010, par.2.121). A questo proposito, nell’ultima circolaredel 7 aprile 2016 l’Agenzia delle entrate precisache i metodi preferibili per determinare il redditodella funzione routinaria di produzione sono ilCUP ed il Cost-plus, mentre per determinare il red-dito derivante dalla funzione di distribuzione, i me-todi consigliati sono il CUP ed il Resale-price (Ci-r11/E, pag. 56).Ai fini dell’applicazione del metodo Profit split resi-duale è quindi fondamentale realizzare innanzituttoun’accurata analisi funzionale che identifichi chia-ramente le funzioni routinarie svolte dall’impresa,così da consentire la selezione di imprese compara-bili che svolgono le medesime funzioni e determi-nare così i redditi corrispondenti.Successivamente occorre quantificare, ed elimina-re, le quote di reddito attribuibili ad eventuali altrifattori che concorrono alla formazione del redditocomplessivo dell’impresa, quali: i) i cc.dd. marketingreturns (ad esempio la quota di reddito derivantedalla posizione commerciale particolarmente im-portante acquisita dalla società sul mercato, impu-tabile alla lista clienti); ii) i cc.dd. manufacturingreturns (il reddito che deriva dalla particolare qua-lità dei prodotti commercializzati rispetto a quellidei concorrenti, il reddito che deriva da particolarieconomie di scala, ecc.); iii) il reddito che derivadai beni immateriali utilizzati dall’impresa che nonsono agevolabili (quali, ad esempio, i marchi di fat-to, i diritti di autore relativi ad opere diverse dalsoftware, ecc.); iv) il reddito che deriva dai beniimmateriali agevolabili, ma che non sono oggettodi agevolazione (Cir11/E, pag. 57).L’applicazione del metodo del Profit split residualerichiede quindi che venga svolta un’accurata rile-vazione di tutti i beni immateriali utilizzati dall’im-presa (sia quelli agevolabili che quelli non agevola-

(15) Per la precisione, il par. 2.121 non parla espressamentedi beni immateriali, ma di “unique and valuable contribution”.

Tuttavia, il par. 2.109 riporta come esempio di “unique and va-luable contribution” proprio il caso dei beni immateriali.

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bili) (16), insieme al calcolo del loro contributo alreddito globale dell’impresa.Una volta isolato il contributo al reddito dell’im-presa fornito dai beni immateriali oggetto di agevo-lazione, nel caso siano più di uno, sarà necessario,sulla base di appropriati criteri, procedere alla suaripartizione per singolo bene immateriale (o persingolo aggregato di beni, se si utilizza il vincolo dicomplementarietà del quale si è accennato nellanota (3)).Senza entrare nei dettagli, le due metodologie chevengono utilizzate più spesso a tale scopo sono leseguenti:- ripartizione basata sui costi sostenuti per i diversibeni immateriali (il presupposto è che i costi soste-nuti per i diversi beni forniscano un proxy della lo-ro capacità di contribuire al reddito)- ripartizione effettuata determinando per altra viail contributo al reddito di alcuni dei beni immate-riali utilizzati, mediante l’applicazione di metodidiversi dal Profit split, quali, ad esempio, il CUP(sia interno che esterno); per esempio, nel caso lasocietà avesse in essere un accordo di licenza conun soggetto indipendente per un dato bene imma-teriale che concorre a formare il reddito da riparti-re, le royalty corrispondenti potrebbero essere uti-lizzate per determinare il contributo reddituale diquesto bene; in mancanza di validi CUP interni,potrebbe essere possibile reperire le informazioni ri-levanti su banche dati esterne (CUP esterno).Si noti che con il metodo del Profit split residualesi determina direttamente il reddito - inteso ovvia-mente come ricavi meno costi - che deriva dall’uti-lizzo del bene immateriale. Non è quindi necessa-rio, contrariamente a quanto accade nel caso delCUP, procedere alla sottrazione dei costi diretta-mente riferibili al bene immateriale. I costi soste-nuti dall’impresa per il bene immateriale in esamesono già stati presi in considerazione nel momentoin cui è stato assunto, come punto di partenza delcalcolo, il reddito dell’impresa (che è già al nettodei costi relativi a tutti i beni immateriali). In que-sta prospettiva sembra che applicando il metododel Profit split residuale si possa fare a meno di rile-vare i costi per singolo bene immateriale. È bene

invece sottolineare che l’adozione di un sistema ditracking and tracing dei costi per singolo bene im-materiale è uno dei requisiti di applicabilità richie-sti dalla normativa a prescindere dal particolaremetodo di Transfer Pricing adottato.Inoltre, sempre contrariamente al CUP, in cui, co-me abbiamo visto, l’importo delle royalty indivi-duate per confronto con gli accordi di licenza com-parabili non comprende la porzione del reddito ge-nerato dal bene immateriale che viene trattenutadal licenziatario, il metodo del Profit split residuale,applicato come sopra descritto, consente di deter-minare l’intero reddito generato dai beni immate-riali agevolati (sia la parte di reddito spettante adun ipotetico licenziante, sia la parte spettante adun ipotetico licenziatario).A questo punto, se assumiamo che tutto il redditogenerato dal bene immateriale sia agevolabile, co-me indicato sia nella legge di stabilità 2015 (17),sia nel testo del decreto attuativo del 30 luglio2015, il calcolo del reddito agevolabile può dirsiconcluso.Evidenziamo infatti che combinando l’art. 7 deldecreto attuativo del 30 luglio 2015 con il comma7 dell’art. 9 dello stesso decreto si ottiene il se-guente disposto: “Nel caso di uso diretto dei beniimmateriali il reddito agevolabile è costituito perciascun bene immateriale oggetto dell’opzione dalcontributo economico da esso derivante che haconcorso algebricamente a formare il reddito d’im-presa o la perdita.”.Se invece assumiamo che valga quanto riportato apag. 5 della relazione illustrativa del medesimo de-creto (18), poi ripreso dall’Agenzia delle entrate apag. 57 della Cir11/E (19), ovvero che è necessarioporsi nell’ambito del quadro di riferimento in cui siha un ramo di azienda che concede la licenza d’usodel bene al ramo operativo, per determinare il red-dito agevolabile bisognerebbe, una volta determi-nato il reddito rinveniente dai beni immaterialiagevolati, ripartirlo tra ramo licenziante e ramo li-cenziatario e considerare come reddito agevolabilesolo la parte spettante al ramo licenziante.La ripartizione dovrebbe essere fatta sulla base del-l’analisi funzionale dei due ipotetici rami d’azienda,

(16) Si vedano ad esempio gli elenchi riportati nei parr.6.2.1 e 6.2.2 del Nuovo Trattato sulla valutazione delle aziendedi L. Guatri - M. Bini, Milano, 2009 .

(17) Si veda il comma 39 dell’art. 1 della L. 23 dicembre2014, n. 190.

(18) “Nel caso di utilizzo diretto dei beni immateriali,...(omissis). La scelta di prevedere l’applicabilità del beneficiofiscale anche in queste ipotesi risponde all’esigenza di attribui-re ai soggetti che sfruttano direttamente i beni immateriali lo

stesso beneficio che otterrebbero laddove licenziassero glistessi beni ad altri soggetti. Tale approccio, di fatto, assumel’esistenza di un ramo d’azienda autonomo deputato alla con-cessione in utilizzo dei beni immateriali allo stesso contribuen-te.”.

(19) “Il criterio guida deve infatti sempre essere la determi-nazione della quota parte di reddito di impresa imputabile all’i-potetico “ramo d’azienda” deputato alla concessione in usodegli IP agevolati allo stesso contribuente, ...”.

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ovvero sulla base di un’analisi che prenda in consi-derazione le funzioni svolte, i beni utilizzati ed i ri-schi sostenuti da ciascuno di essi ai fini del conse-guimento del reddito globale rinveniente dai beniimmateriali agevolati, esattamente come indicatodal metodo Profit split.Volendoci sbilanciare, tra le due ipotesi, propen-diamo per la prima (reddito agevolabile uguale red-dito totale generato dal bene immateriale) per i se-guenti motivi:- che il reddito agevolabile sia tutto il reddito ge-nerato dal bene immateriale viene indicato sia neltesto della legge primaria che nel testo del decreto,mentre la richiesta di ipotizzare di suddividere vir-tualmente l’impresa in due rami e considerare co-me reddito agevolabile solo la quota di redditospettante al licenziante viene indicata nella rela-zione illustrativa al decreto, la quale, come “valorenormativo”, rispetto alla legge ed al decreto, rive-ste un’importanza secondaria;- le linee guida OCSE di riferimento (20), dallequali è stato tratto l’impianto del Patent box italia-no, parlano sempre e solo di reddito che deriva dalbene immateriale (21); non vi è al loro internonessun cenno alla necessità di suddivisione virtualein due rami d’azienda e di considerare solo la quotadi reddito spettante al licenziante;- non vi è alcuna motivazione razionale a sostegnodell’assunto indicato dall’estensore della relazioneillustrativa, ovvero “l’esigenza di attribuire ai sog-getti che sfruttano direttamente i beni immaterialilo stesso beneficio che otterrebbero laddove licen-ziassero gli stessi beni ad altri soggetti”;- l’effetto della validità della seconda ipotesi avreb-be un impatto deprimente sui risparmi fiscali otte-nibili, in quanto, come abbiamo già argomentatoalla conclusione del paragrafo sul CUP, in media ilreddito spettante al licenziante è pari al 25% delreddito globale generato dal bene immateriale; bi-sognerebbe quindi, per determinare la quota di red-dito di impresa escludibile dall’imponibile fiscale,moltiplicare il reddito globale generato dal bene,oltre che per il Nexus ratio (sempre minore o ugua-le a uno) e l’aliquota del 50%, anche per un ulte-riore 25%.In effetti, al momento attuale agli esperti che sistanno occupando del calcolo del reddito agevola-

bile è ben noto che il CUP ed il Profit split residua-le portano a risultati molto diversi.Alla luce di queste considerazioni e della rilevanzadell’argomento appare quanto mai opportuno unintervento del Legislatore per chiarire quale delledue ipotesi vada assunta nel calcolo del redditoagevolabile.Comunque, a prescindere da questo problema in-terpretativo, che è sicuramente a monte delle que-stioni relative alle modalità di applicazione dei di-versi metodi di calcolo del reddito agevolabile, ilprincipale vantaggio del metodo del Profit split resi-duale è rappresentato dal fatto che questo metodo,contrariamente al CUP, consente di determinaretutto il reddito generato dai beni immateriali.Per contro, lo svantaggio più rilevante è costituitodal fatto che riuscire ad isolare il reddito attribuibi-le ai beni immateriali agevolati a partire dal reddi-to globale dell’impresa è estremamente difficile eoneroso. Ciò richiede infatti che vengano rilevatitutti i beni immateriali utilizzati dall’impresa e chesi riesca a determinare il reddito generato da cia-scuno di essi. Concettualmente è come sostenereche poiché è molto difficile determinare il redditoderivante da alcuni beni immateriali (come brevet-ti, marchi depositati, ecc.), allora conviene deter-minare il reddito che deriva da tutti gli altri (adesempio marchi di fatto, domini internet, accordidi non concorrenza, contratti di franchising, ecc.),dove questi ultimi sono oltretutto più inapprensibi-li ed evanescenti dei primi!

L’applicazione delle tecnichedi valutazione dei beni immateriali

Come abbiamo già anticipato, le linee guida OCSElasciano aperta anche la possibilità di applicare letecniche di valutazione dei beni immateriali, pur-ché applicate secondo i principi del Transfer Pricing(TPG2015, par. 6.145).A questo proposito, l’Agenzia delle entrate specifi-ca che “Il contribuente che, nella determinazionedel reddito agevolabile, utilizzi metodi diversi daquelli descritti nei punti precedenti [il CUP ed ilProfit split residuale] ha l’onere di motivare in det-taglio le ragioni per le quali i metodi del CUP edel Residual Profit Split sono stati considerati me-no appropriati o non praticabili nelle circostanzedi specie e le ragioni per le quali si è ritenuto che

(20) Cap. 4 del documento OECD (2015), Countering Harm-ful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transpa-rency and Substance, Action 5 - 2015 Final Report, OECD/G20Base Erosion and Profit Shifting Project, OECD Publishing, Paris.

(21) Le linee guida specificano che come reddito agevolabi-le va considerata unicamente la quota del reddito globale del-l’impresa che deriva dall’utilizzo del bene immateriale (si vedaa pag. 29 del documento citato nella nota precedente).

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il metodo selezionato rappresenti una soluzione piùappropriata.” (Cir11/E, pag. 58).Pertanto, prosegue l’Agenzia, “pur non essendoesclusa la determinazione del contributo economi-co con metodi diversi da quelli “ordinari” di Tran-sfer Pricing (CUP e Profit split), occorrerà benesplicitare la coerenza tra i metodi alternativi sele-zionati e gli standard OCSE e motivare le ragioniche hanno portato alla selezione di un metodo nonordinario” (Cir11/E, pag. 58).I metodi usualmente adottati nella pratica valutati-va per stabilire il valore economico dei beni imma-teriali possono essere raggruppate in tre classi(Mun2011 (22), pag. 110):- metodi basati sui costi (Cost Approach)- metodi basati su dati di mercato (Market Ap-proach)- metodi basati sul reddito (Income Approach).Le linee guida scoraggiano espressamente l’utilizzodei metodi basati sui costi (TPG2015, par. 6.142)e consigliano invece esplicitamente le tecniche ba-sate sui flussi di cassa scontati (TPG2015, par.6.157).Per questi motivi ci limitiamo a considerare unica-mente i cc.dd. Discounted Cash-Flow methods (DCFnel seguito). Questi metodi rientrano nella classedei metodi basati sul reddito. In generale conside-rano come punto di partenza i redditi futuri chederivano dal bene immateriale in esame. Il valoredel bene immateriale alla data della valutazioneviene ottenuto attualizzando i redditi futuri di tuttigli anni di vita residua del bene, mediante un op-portuno tasso di sconto (Mun2011, pag. 111). Co-me misura del reddito rinveniente dal bene imma-teriale viene utilizzato il Free Cash Flow (23)(FCF nel seguito). Il valore del bene risulta cosìdall’applicazione della ben nota formula di calcolodel valore attuale di una sequenza di flussi di cassafuturi, dove i flussi di cassa sono dati dai FCF pre-visti in tutti gli anni futuri di vita residua del bene(Mun2011, pag. 126).I metodi basati sui flussi di cassa scontati che ven-gono maggiormente utilizzati sono i seguenti(Mun2011, pag. 128):- il metodo delle royalty equivalenti- il metodo dei risultati differenziali- il metodo del valore residuale.Il metodo delle royalty equivalenti (o Relief-from-Royalty method) è il metodo che viene maggior-

mente impiegato nella pratica valutativa. È basatosull’idea che il titolare di un bene immateriale, gra-zie al fatto di poterne liberamente disporre, nonnecessita di acquisire la licenza d’uso del bene daun terzo. Le royalty risparmiate grazie al fatto dipossedere il bene sono identificate con il redditoderivante dal bene da valutare (Mun2011, pag.130).Da un punto di vista speculare, l’importo rispar-miato può essere determinato come l’ammontareche il titolare del bene riceverebbe nel caso conce-desse la licenza d’uso del bene ad un terzo. Il valoredel bene immateriale viene quindi determinato co-me valore attualizzato dei flussi di cassa rappresen-tati dalle royalty derivanti dalla concessione dellalicenza d’uso ad un terzo, al netto delle imposte edegli eventuali costi di mantenimento del bene.Più in dettaglio, ai ricavi previsti per la vendita delprodotto che “incorpora” il bene immateriale davalutare, viene applicato un tasso di royalty di mer-cato così da ottenere i flussi di royalty previsti. Perfare ciò è però necessario conoscere o ipotizzare untasso di royalty adatto. Di solito il tasso di royaltyviene determinato per confronto con accordi di li-cenza relativi a beni immateriali simili a quello davalutare, stipulati tra imprese indipendenti in con-dizioni comparabili (apportando eventualmente lenecessarie correzioni quando la similitudine non èelevata). Successivamente vengono calcolati i flus-si di royalty nette applicando il tasso medio delleimposte aziendali. Infine i flussi di royalty netteprevisti negli anni futuri di vita residua del benevengono attualizzati per riflettere il valore del benealla data della valutazione, utilizzando un opportu-no tasso di sconto. Nella prassi valutativa cometasso di sconto viene quasi sempre utilizzato il co-sto medio ponderato del capitale.Il metodo dei risultati differenziali (o dei beneficieconomici differenziali o reddito incrementale)consiste invece nel quantificare direttamente ilcontributo reddituale derivante dall’utilizzo del be-ne immateriale. Il valore del bene viene poi deter-minato attualizzando i flussi di cassa rappresentatidai FCF differenziali prevedibili per gli anni futuridi vita residua del bene. I FCF differenziali vengo-no determinati confrontando i FCF che si otter-rebbero senza il bene immateriale con i FCF che siprevede di ottenere nell’ipotesi di utilizzo del beneimmateriale (Mun2011, pag. 128). Per questo mo-

(22) F. Munari - R. Oriani “The Economic Valuation of Pa-tents” Edward Elgar Publishing Limited, 2011.

(23) Si veda a p. 126 di [Mun2011] per la precisa definizio-

ne di Free Cash Flow e per la spiegazione del perché il FreeCash Flow consente di rilevare il beneficio economico che deri-va dalle diverse modalità di utilizzo di un bene immateriale.

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tivo questo metodo viene chiamato anche “Withand without-benchmarking” (OIV2015 (24), pag.11).Esempi tipici di beni immateriali ai quali è possibi-le applicare questo metodo sono i seguenti(Mun2011, pag. 126):- i brevetti di processo, per i quali la possibilità diutilizzare in esclusiva il processo brevettato consen-te di ottenere dei risparmi sul processo produttivorispetto ai concorrenti (cost savings approach)- i brevetti di prodotto, per i quali la possibilità diescludere terzi dalla vendita del prodotto brevetta-to consente di conquistare una maggiore quota dimercato- i marchi, per i quali la possibilità di contraddi-stinguere i propri prodotti, rispetto a quelli dellaconcorrenza, con un segno distintivo e rinomatoconsente di venderli ad un prezzo maggiore rispettoai prodotti dei concorrenti (premium price).Quindi, se è possibile reperire le informazioni perquantificare i risparmi sul processo produttivo o imaggiori ricavi derivanti dal maggior prezzo/quotadi mercato, l’applicazione di questo metodo è sicu-ramente consigliabile. Oltretutto consente di de-terminare tutto il reddito che deriva dal singolobene immateriale.Sempre nell’ambito del “With and without - bench-marking”, cioè nell’ambito di un’analisi differenzia-le, rientra anche un approccio leggermente diversoche consiste nel confrontare i risultati redditualidell’intera impresa che utilizza uno o più beni im-materiali con i risultati reddituali di imprese con-correnti comparabili (il c.d. benchmark), ma chenon utilizzano beni immateriali (OIV2015, pag.30). In questa prospettiva, se l’impresa in esamepresenta un risultato reddituale migliore di quellodel benchmark, si può attribuire l’extra-reddito al-l’utilizzo dei beni immateriali. Poi, se i beni imma-teriali utilizzati sono più di uno, si ripropone il pro-blema di suddividere per singolo bene il valore glo-bale dell’extra-reddito. Inoltre, se tutte le impreseconcorrenti comparabili utilizzano beni immaterialisimili a quelli dell’impresa in esame, è indispensa-bile riuscire a dimostrare che quelli dei concorrentisono “più deboli” e si può quindi sostenere che dia-no luogo ad un vantaggio competitivo trascurabilerispetto a quello dell’impresa in esame.Di quest’ultimo approccio è possibile, secondo noi,utilizzare anche una variante che potremmo defini-

re di benchmark “interno”. In sintesi, visto che ilPatent box, come abbiamo già accennato, consentedi aggregare i beni immateriali che sono “incorpo-rati” nello stesso prodotto (o nella stessa famigliadi prodotti), è possibile immaginare di suddividereil FCF globale dell’impresa per famiglia di prodottie determinare il FCF differenziale confrontando ilFCF di una famiglia che incorpora i beni immate-riali con il FCF di una famiglia che non ne incor-pora nessuno (ovviamente se tale famiglia esiste ele caratteristiche dei suoi prodotti (segmento dimercato, ecc.) sono le stesse di quelli dell’altra fa-miglia). In questo modo si realizza un confrontocon un benchmark “interno” (in analogia a quantoaccade col CUP interno), che, rispetto ad unbenchmark esterno, fornisce il vantaggio di evitarela ricerca di società comparabili e garantisce nelcontempo in modo automatico la comparabilità ri-spetto ad alcuni dei fattori da considerare (quali ilsettore, l’analisi funzionale, le circostanze economi-che e le strategie aziendali).Il metodo del valore residuale risulta invece parti-colarmente indicato in tutti i casi in cui vi è unbene immateriale principale (un c.d. Primary Inco-me Generating Asset), un bene cioè che da solo for-nisce un reale vantaggio competitivo all’impresache lo utilizza (ad esempio un marchio particolar-mente notorio o un brevetto fondamentale perl’ottenimento di rilevanti risparmi nel processoproduttivo), mentre gli altri beni immateriali pos-sono essere considerati dei “contributory assets”(OIV2015, pag. 27).Questo metodo determina il valore dei beni imma-teriali in esame deducendo dal valore dell’interaimpresa (o della business unit che utilizza il beneimmateriale) il valore di tutti gli altri beni dell’im-presa (Mun2011, pag. 129). Ciò significa che perapplicare questo metodo, occorre determinare sia ilvalore dell’intera impresa, sia il valore di tutti glialtri beni (beni materiali, capitale circolante, ecc.).In pratica, la procedura più seguita consiste nel de-durre dal reddito globale dell’impresa i contributidi tutti gli altri beni materiali. Il reddito che resi-dua (Excess earnings) viene attribuito al bene im-materiale principale (Primary Income GeneratingAsset). Il valore del bene viene poi determinato at-tualizzando alla data della valutazione i flussi dicassa rappresentati dagli Excess earnings. Per questomotivo questo metodo viene spesso denominato

(24) Organismo Italiano di Valutazione (OIV) “La stima delcontributo economico dei beni immateriali usati direttamenteai fini del regime di Patent box: riflessioni per gli esperti di valu-

tazione” www.forumtools.biz/oiv/upload/ ed_dp_patentbo-x_oiv.pdf.

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anche Excess earnings o Multi-period Excess EarningMethod.Si noti l’analogia tra il metodo del valore residuale,in cui il reddito attribuibile ai beni immaterialiviene determinato sottraendo dal reddito globaledell’impresa il reddito attribuibile a tutti gli altribeni, ed il metodo del Profit split residuale, in cui alreddito globale dell’impresa viene sottratto il reddi-to attribuibile a tutte le funzioni svolte dall’impre-sa.Tra i vari metodi applicabili, l’Organismo Italianodi Valutazione propone anche il c.d. metodo delprezzo di mercato (OIV2015, pag. 33). In sostanzaquesto metodo consiste nell’individuare il prezzo dimercato del bene immateriale in esame per con-fronto con i prezzi di mercato di beni comparabili.Concettualmente si applica quindi un CUP. Unavolta determinato il prezzo, lo si identifica con ilvalore del bene e, applicando al contrario la for-mula del metodo delle royalty equivalenti, si deter-mina il valore del tasso di royalty in funzione delvalore del bene (ed in funzione del tasso di attua-lizzazione e dei ricavi di vendita del prodotto cheincorpora il bene).Quest’ultimo metodo è affetto secondo noi da duecriticità che ne limitano notevolmente l’applicabi-lità.In primo luogo risulta all’atto pratico quasi sempreimpossibile determinare il prezzo di mercato di unbene immateriale. Infatti, i prezzi ai quali avvengo-no le compravendite di beni immateriali sono qua-si sempre segreti (al contrario dei tassi di royaltydegli accordi di licenza). Inoltre i beni immateriali,quali brevetti e marchi, sono unici per definizione,quindi risulta quasi sempre impossibile individuar-ne di sufficientemente simili. A conferma di ciò ci-tiamo quanto riportato dal principio 38.78 degliIAS (International Accounting Standards) “... nonpossono esistere mercati attivi per marchi, giornali,testate giornalistiche, diritti editoriali di musica efilm, brevetti o marchi di fabbrica, perché ognunadi queste attività è unica nel suo genere...” (25).In secondo luogo non è lecito, per i beni immate-riali, identificare il prezzo al quale è avvenuta unasingola compravendita con il valore. Infatti, valoree prezzo sono due concetti completamente diversi.

Il prezzo è il risultato finale di una trattativa trauna parte acquirente ed una parte venditrice. Il va-lore invece è il risultato di un processo di stimacomplesso, in cui il valore viene determinato sullabase dell’applicazione di ben determinati metodi dicalcolo (26). Il prezzo, per poter essere consideratoun proxy del valore, presuppone quindi l’esistenzadi un mercato attivo. Poiché, come abbiamo giàosservato, per i beni immateriali non esiste unmercato attivo di riferimento, il prezzo al quale av-viene una singola compravendita non può essereconsiderato una buona stima del valore del bene.Tutti i metodi di valutazione basati sul DCF cheabbiamo visto (royalty equivalenti, risultati diffe-renziali e valore residuale) sono accomunati dalfatto che il valore del bene viene determinato at-tualizzando i flussi di cassa dati dai redditi futuriprevisti negli anni di vita residua del bene. Le dif-ferenze tra i vari metodi riguardano unicamente lemodalità con le quali vengono determinati i redditida attualizzare.Nel caso del Patent box, in cui l’oggetto dell’accor-do con l’Agenzia delle entrate è la determinazionedei metodi e dei criteri per il calcolo del redditoagevolabile, l’applicazione di questi metodi si ridu-ce a seguire quanto previsto dal metodo per quantoriguarda le modalità di calcolo del reddito, senzadover poi prevedere i redditi negli anni futuri edeffettuare l’attualizzazione. Evidenziamo infattiche, una volta concordato il metodo di calcolo conl’Agenzia delle entrate, il reddito viene calcolatodi anno in anno dall’impresa, in modo autonomo,mediante l’applicazione del metodo concordato airisultati conseguiti a consuntivo nel corso dell’eser-cizio (ricavi di vendita dei prodotti che “incorpora-no” il bene immateriale e costi di ricerca e svilup-po connessi al bene immateriale considerato).Per esempio, nel caso del metodo delle royaltyequivalenti, si procederà a realizzare l’analisi dicomparabilità per determinare il tasso di royalty dimercato da applicare ai ricavi di vendita del pro-dotto che “incorpora” il bene immateriale. Succes-sivamente non è necessario procedere a determina-re i ricavi di vendita relativi agli anni futuri e at-tualizzarli. Una volta individuato un tasso di royal-ty di mercato, il metodo di calcolo del reddito age-

(25) Per mercati attivi lo IAS 38.8 specifica che si intendonoi mercati in cui esistono tutte le seguenti condizioni: i) gli ele-menti commercializzati sul mercato risultano omogenei; ii) ac-quirenti e venditori disponibili possono essere normalmentetrovati in qualsiasi momento; iii) i prezzi sono disponibili alpubblico.

(26) Si veda a tale proposito la prima riga del primo capitolo

del Nuovo Trattato sulla valutazione delle aziende di L. Guatri -M. Bini, Milano, 2009, che riporta: “I prezzi sono dati espressidai mercati; i valori sono grandezze stimate a mezzo della pre-visione dei flussi attesi e dell’apprezzamento dei rischi; sonoperciò in buona parte opinioni, frutto di un processo comples-so.”.

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volabile da proporre all’Agenzia potrebbe esserecosì espresso: “Ogni anno verranno determinati iricavi di vendita del prodotto che incorpora il beneimmateriale; poi questi ricavi verranno moltiplicatiper il tasso di royalty individuato e da questo im-porto verranno sottratti i costi di ricerca e svilupposostenuti per il bene immateriale nel corso dell’e-sercizio.”.Da questo esempio risulta immediatamente chiaroche, in sostanza, l’applicazione del metodo delleroyalty equivalenti coincide con il metodo CUP.Quindi, come metodi di valutazione, ai fini delladeterminazione del reddito agevolabile, restano ilmetodo dei risultati differenziali ed il metodo delvalore residuale, che, come abbiamo brevementeaccennato, presenta una forte analogia con il me-todo del Profit split residuale.Entrambi questi metodi offrono il vantaggio di riu-scire a determinare l’intero reddito che deriva dal-l’utilizzo del bene immateriale. Tuttavia, mentre ilmetodo dei risultati differenziali determina diretta-mente il reddito derivante dallo specifico bene im-materiale in esame, il metodo del valore residualeè affetto dallo stesso vizio concettuale del metododel Profit split residuale, ovvero dal fatto che perdeterminare tale reddito occorre riuscire a calcola-re il contributo al reddito globale dell’impresa for-nito da tutti gli altri beni utilizzati dall’impresa(beni materiali, capitale circolante, ecc.).

Il meccanismo di recapture delle perditeda Patent box

Concludiamo con un’osservazione che esula dal-l’argomento trattato finora, ma riteniamo sia difondamentale importanza per le imprese che stan-no valutando se aderire al Patent box.La circolare dell’Agenzia delle entrate del 1° di-cembre 2015 aveva introdotto il c.d. “meccanismodi recapture delle perdite da Patent box”, ovvero ilfatto che, nel caso in cui nei primi anni di applica-zione di questo regime il reddito derivante dal beneimmateriale agevolato fosse negativo, prima di po-ter ottenere i risparmi fiscali sui redditi positiviconseguiti negli anni successivi, tutte le perditepregresse avrebbero dovuto essere riassorbite. Piùin dettaglio, la sopra citata circolare specificavache “Tali perdite saranno, quindi, computate a ri-duzione del reddito lordo agevolabile (pari all’ecce-denza dei ricavi rispetto ai costi riferibili al singolobene immateriale), fino al loro completo esauri-mento. Ne consegue che, in tali casi, la concretafruizione della tassazione agevolata, sotto forma di

variazione in diminuzione, avrà luogo nel momen-to in cui il bene immateriale genererà redditi depu-rati da eventuali perdite pregresse prodotte in vi-genza del regime del Patent box.” (Cir36/E, pag.6).In quella circolare sembrava che il meccanismo direcapture delle perdite valesse a partire dall’eserci-zio nel quale l’impresa optava per il Patent box.La circolare del 7 aprile 2016, invece, specifica cheil meccanismo di recapture delle perdite vale a par-tire dall’anno 2015, anche se l’impresa fa domandadi accesso al Patent box negli anni successivi.In altre parole, l’Agenzia ha disposto che prima diaver diritto ad un risparmio fiscale bisognerà averassorbito le perdite da Patent box che sono state so-stenute durante tutto il periodo che precede la do-manda di accesso al Patent box, addirittura in tuttoil periodo che precede la “creazione” del bene stes-so.Per fare un esempio concreto, un’impresa che hainiziato nel 2015 a sostenere delle spese di ricercae sviluppo volte alla “creazione” di un brevetto chedepositerà nel 2021 e che inizierà a fornire un red-dito positivo nel 2022, dovrà tenere traccia dei co-sti sostenuti per quel brevetto a partire dal 2015.Quando poi farà domanda di accesso al Patent box(ad esempio nel 2022), dopo aver depositato la do-manda di brevetto nel 2021, prima di ottenere unrisparmio fiscale dovrà conseguire un reddito posi-tivo cumulato che uguaglia tutte le spese di ricercae sviluppo che l’impresa ha sostenuto per quel bre-vetto a partire dal 2015.La circolare del 7 aprile specifica infatti che “Taledisallineamento tra il momento di sostenimentodei costi di ricerca e sviluppo ed il momento di ef-fettivo conseguimento dei ricavi relativi agli IPproduce i suoi effetti nel momento in cui l’impresadecide di esercitare l’opzione per entrare nel regi-me Patent box: per un corretto funzionamento del-l’agevolazione è necessario tenere memoria, attra-verso il sistema di tracciatura imposto dall’articolo11 del decreto Patent box [sistema di tracking andtracing], del risultato fiscale differenziale relativo al-l’IP anche negli esercizi in cui l’azienda non avevaancora generato l’IP ed esercitato l’opzione per en-trare nel regime. In altri termini, la perdita del sin-golo IP - anche per la parte relativa al periodo an-tecedente alla creazione dello stesso - dovrà esserememorizzata, con il sistema di tracciatura a far datadall’anno 2015, anche se l’impresa non ha optatoper il regime agevolato. L’esercizio dell’opzione,prima di produrre una variazione in diminuzionerappresentativa della misura dell’agevolazione,

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comporterà necessariamente una compensazionetra redditi e perdite formatisi nei periodi antece-denti l’opzione. Nel caso in cui nel periodo “anteopzione” siano presenti soltanto perdite fiscali,queste ultime dovranno essere abbattute dal reddi-to prodotto dallo stesso bene immateriale fino adesaurimento delle stesse e senza limitazioni di natu-ra temporale.” (Cir11/E, pag. 73).A prima vista questa disposizione lascia un po’ sba-lorditi. In realtà, in via di principio, è corretta. In-fatti lo spirito del Patent box è agevolare il reddito(quindi ricavi meno costi) che deriva dal bene im-materiale. Se esiste uno sfasamento temporale traquando vengono sostenuti i costi e quando vengo-no conseguiti i ricavi, poco importa: l’agevolazionefiscale viene concessa sul reddito, quindi quando lacomponente positiva è diventata maggiore di quel-la negativa, considerate cumulativamente.Poiché però non si devono considerare i costi so-stenuti prima del 2015, tutte le imprese che hannosostenuto dei costi per i beni immateriali prima del2015 e richiedono l’agevolazione in questi primianni sono avvantaggiate perché per ottenere un ri-sparmio fiscale non dovranno considerare tutti icosti di ricerca e sviluppo che hanno sostenuto perquel bene, ma solo quelli che hanno sostenuto apartire dal 2015.Inoltre, questo meccanismo fa sì che più ci si al-lontana dal 2015, ovvero si fa richiesta del Patentbox negli anni futuri, più aumentano i costi che bi-sogna considerare all’indietro (perché bisogna sem-pre partire dal 2015); quindi più tardi si raggiunge-rà la parità tra componente positiva e negativa cu-mulate e si potrà quindi godere dei benefici fiscaliprevisti dall’agevolazione.Le imprese che opteranno per l’accesso al Patentbox negli anni futuri saranno sempre più svantag-giate rispetto a quelle che lo hanno richiesto findai primi anni. Se ci si limita a considerare questoaspetto, alle imprese conviene richiedere il Patentbox il prima possibile, così da sfruttare il fatto che icosti sostenuti prima del 2015 non dovranno essereconsiderati.All’impresa non converrà però chiedere di accede-re al Patent box appena avrà terminato di sostenerei costi relativi, per esempio, ad un brevetto, perchéin quelle condizioni i costi sono certi ma i ricavisono ancora incerti in quanto futuri. Quindi chie-dendo di accedere al Patent box in quelle condizio-ni, l’impresa si accollerebbe tutto il rischio di nonriuscire ad ottenere i ricavi previsti. Le converràinvece aspettare di avere conseguito dei ricavi cu-mulati tali da eguagliare i costi cumulati sostenuti

a partire dal 2015, così che, dal momento in cui ri-chiederà il Patent box, il reddito positivo darà luogoall’agognato risparmio fiscale.Per far questo, l’impresa dovrà dotarsi di un sistemadi tracking and tracing dei ricavi e dei costi connessiai beni immateriali e “far finta” di aver chiesto diaccedere al Patent box a partire dal 2015. A confer-ma di questa necessità, l’Agenzia specifica ulterior-mente: “Ad ogni modo, le imprese interessate a be-neficiare del regime di tassazione in esame hannol’obbligo, indipendentemente dall’anno di eserciziodell’opzione, di approntare un adeguato sistema ditracciatura contabile o extracontabile. L’articolo11 del decreto attuativo impone, infatti, che il di-retto collegamento delle attività di ricerca e svilup-po e i beni immateriali agevolabili, nonché traquesti beni ed il relativo reddito agevolabile deri-vante dagli stessi beni deve risultare da un adegua-to sistema di rilevazione contabile o extracontabi-le. L’obbligo di tracciatura analitica dei costi a par-tire dall’anno 2015 consentirà al contempo di me-morizzare, per singolo bene immateriale, le perditeda esso prodotte. Come meglio chiarito nel para-grafo 12, anche se l’opzione viene esercitata quan-do il bene immateriale comincia a produrre un red-dito, vale a dire quando i ricavi eccederanno i co-sti, permane l’obbligo di riassorbire le perdite gene-rate dall’anno 2015 da ogni singolo bene immate-riale, comprese quelle sostenute nella fase di ricer-ca.” (Cir11/E, pag. 70).

Conclusioni

Un punto veramente critico di tutta la normativaè l’ambiguità interpretativa che riguarda il redditoda considerare come agevolabile. È tutto il redditorinveniente dal bene immateriale in esame, oppureè solo la quota parte che spetterebbe al licenziantenell’ipotetico caso della concessione della licenzad’uso?Visto che l’impatto di questa differenza sulla quan-tificazione del reddito agevolabile è notevole, sa-rebbe quanto mai opportuno un intervento del Le-gislatore per fare chiarezza su questo punto.Infatti, nel caso risultasse confermata la prima in-terpretazione, il metodo CUP sarebbe sconsigliabi-le perché non in grado di catturare tutto il redditogenerato dal bene. Inoltre, anche l’introduzione diun incremento del tasso di royalty per tener contodel reddito aggiuntivo del licenziatario non potreb-be che essere fatta sulla base di considerazioni opi-nabili e difficilmente sostenibili. In questo caso ilmetodo del Profit split residuale ed i metodi basati

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sui flussi di cassa scontati risulterebbero gli uniciapplicabili in quanto esenti da questo difetto.Nel caso invece risultasse confermata la secondainterpretazione, il CUP sarebbe il metodo da prefe-rire, dal momento che determina direttamente laquota di reddito spettante al licenziante. Gli altridue metodi potrebbero essere applicati ugualmente,ma richiederebbero un ulteriore passaggio che con-siste nel ripartire tra l’ipotetico licenziante e l’ipo-tetico licenziatario il reddito globale derivante dalbene immateriale.Comunque, a prescindere da questa ambiguità in-terpretativa, il CUP, in mancanza di contratti di li-cenza “interni”, risulta molto spesso di difficile ap-plicazione a causa della scarsità di transazioni com-parabili che si riescono ad individuare nelle ban-che dati esistenti.Il Profit split residuale potrebbe risultare indicatonel caso in cui i beni immateriali siano molti e ri-sultino tutti parimenti importanti ai fini della ge-nerazione del reddito agevolabile. Tuttavia, in ge-nerale, questo metodo risulta di difficile applicazio-ne perché riuscire ad isolare il reddito di un beneescludendo dal reddito globale dell’impresa il red-dito derivante da tutti gli altri beni, come abbiamovisto, risulta molto complesso.Le ragioni della difficile applicabilità di questi duemetodi potrebbero risultare in molti casi sufficientia giustificare, di fronte all’Agenzia delle entrate, ilricorso ad un altro metodo. Dopotutto non bisognadimenticare che CUP e Profit split sono metodi diTransfer pricing e, come tali, sono nati per determi-nare prezzi e tassi di royalty di libero mercato, non

per determinare il reddito che deriva dai beni im-materiali.Tra gli altri metodi contemplati dalla linee guidaOCSE, quelli basati sui flussi di cassa scontati par-rebbero essere più indicati. Tuttavia, il metodo Re-lief-from-Royalty, che è il più usato nella prassi va-lutativa, coincide col CUP e risulta quindi affettodalle stesse problematiche di quest’ultimo.Il metodo del valore residuale è affetto dallo stessovizio concettuale del metodo del Profit split residua-le, ovvero dal fatto che per determinare il redditoche deriva da un bene immateriale, occorre riuscirea calcolare il contributo al reddito globale dell’im-presa fornito da tutti gli altri beni utilizzati dall’im-presa.Rimane quindi, come metodo più raccomandabilein generale, il metodo dei risultati differenziali.Questo metodo consente di determinare diretta-mente il reddito derivante dal singolo bene imma-teriale, anche se molto spesso non è facile riuscirea reperire i dati e le informazioni che sono necessa-rie per poterlo applicare. Inoltre risulta essere il piùadatto nel caso i beni immateriali utilizzati dall’im-presa (od i loro aggregati) che contribuiscono inmodo rilevante alla formazione del reddito sianorelativamente pochi.In particolare, la variante del metodo “With andwithout - benchmarking”, che abbiamo definito “in-terna”, costituisce secondo noi, tra tutti i metodicoerenti agli standard OCSE, quello più valido perla determinazione del reddito agevolabile (ovvia-mente se le condizioni per poterlo applicare risulta-no verificate).

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