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BASSA Voce In questo numero pag. 3 VILLACHIARA BORGO SAN GIACOMO • La santella della Mater Salvatoris • Ritornano le rose pag. 4 ORZINUOVI • Coro De Urceis-Vox Nova • Primo maggio in musica pag. 5 ORZINUOVI-LOGRATO • Sacra Famiglia • Associazione CANA e affido familiare pag. 6 ORZIVECCHI-BARBARIGA • Suor Annelvira Ossoli • Brevis: un concorso originale pag. 7 POMPIANO-COMEZZANO • Perché la memoria abbia un futuro • El laandèr de Gèrola pagg. 8-9 LA RIFORMA DELLA SCUOLA pagg. 10-11 SPAZIO CULTURA pag. 12 ME L’HAN MATADA... Dopo che il Parlamento ha approva- to la legge quadro di riforma del sistema di istruzione e formazione n. 53/2003 e l’uscita del decreto legislativo n. 59/2004 e la circolare n. 29/2004, la riforma della scuola sta imboccando la strada dell’at- tuazione. Queste note hanno lo scopo di infor- mare e invitare alla riflessione, pro- ponendo interrogativi e osservazioni problematiche. LA RIFORMA Come ogni riforma “novista”, il decreto legislativo rinnova anche il lessico. E così vanno fuori listino termini retrò come scuola mater- na, elementari e medie, sostituiti da “scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado”. Nella pratica cam- bia poco, ma intanto si elimina un po’ di “passato”! Ma quali sono le principali novità? - L’anticipo delle iscrizioni, alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria, per i bambini e le bambi- ne che compiono 3 e 6 anni entro il 30 aprile. - Una più ampia libertà di scelta per le famiglie e una maggiore autonomia didattica e organizzati- va per le scuole. Con questo fine è stato riorganizzato l’orario scola- stico. Nella scuola dell’infanzia la famiglia potrà scegliere da un minimo di 24 ad un massimo di 30 ore di frequenza settimanale. Nella scuola primaria le ore setti- manali sono 30, suddivise in 27 ore obbligatorie e 3 ore di attività e insegnamenti opzionali (facolta- tivi per gli/le alunni/e e obbligatori per la scuola). A questi orari si aggiunge il tempo eventualmente dedicato alla mensa. - L’introduzione del portfolio delle competenze che dovrà documen- tare il percorso formativo seguito da ogni allievo/a fin dalla scuola […] Tutti ad accanirsi contro la riforma della scuola; io no, non ci riesco, e con l’approccio relativista che mi ritrovo (da tempo ho perso i riferi- menti ai valori assoluti) preferisco andarci dentro e vedere che cosa propone. Di primo acchito posso anche dire che non mi piace una riforma che si è insediata sull’abrogazione netta della legge precedente (la legge 30, il riordino dei cicli proposto da Berlinguer e De Mauro), ma siccome essere contro la riforma non vuol dire essere contro il cambiamento, preferisco fare dei distinguo, con la certezza che è necessario cono- scere per comprendere a fondo ciò che accade. Proprio perché calata un po’ troppo dall’alto (consultando solo le com- ponenti che la devono “esigere” e non anche quelle che la devono “realizzare”), questa riforma ha aperto un dibattito spesso conflit- tuale all’interno delle scuole italia- ne, costringendo gli insegnanti e gli operatori a legittimare le direzioni educative fino ad ora perseguite anche solo per contrapporle all’av- vio delle innovazioni proposte. Bel dibattito, davvero, che fa bene alla scuola come una mela al giorno. Così, nel tentativo di salvaguardare le migliori esperienze messe a punto in questi anni, si sono accese nelle scuole riflessioni vivaci che, quando non si sono limitate allo scontro ideologico o di superficie, hanno saputo far emergere alcune idee forza: - il valore della collegialità docente ormai acquisita ma anche le pro- spettive nuove del tutorato; - il primato dell’apprendimento del- l’alunno sull’azione di insegnamen- to del docente; - l’unicità della persona e del suo percorso ma anche la necessità della condivisione delle idee e delle azioni. Scrive Anoè, in un recente articolo su una rivista scolastica, che […] anno I Mensile gratuito di informazione locale – n° 3 maggio 2005 Speciale scuola - Carlo Valotti Una scuola ben fatta. Anche di più. Speciale scuola - Luciana Ferraboschi pag. 14 QUINZANO-SAN PAOLO • Qualità dell’aria • Solidarietà Italia-Romania Bassa in fiore - Foto Valerio Gardoni Scuola dell’infanzia e primaria: quale riforma? (segue a pag. 8) (segue a pag. 8)

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VILLACHIARA BORGO SAN GIACOMO • La santella della Mater Salvatoris • Ritornano le rose ORZINUOVI-LOGRATO • Sacra Famiglia • Associazione CANA e affido familiare LA RIFORMA DELLA SCUOLA Bassa in fiore - Foto Valerio Gardoni In questo numero Speciale scuola - Luciana Ferraboschi POMPIANO-COMEZZANO • Perché la memoria abbia un futuro • El laandèr de Gèrola pagg. 10-11 SPAZIO CULTURA ORZIVECCHI-BARBARIGA • Suor Annelvira Ossoli • Brevis: un concorso originale pagg. 8-9 pag. 12 BASSA Voce 2

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BASSAVoceIn questo numero

pag. 3 VILLACHIARABORGO SAN GIACOMO• La santella della Mater Salvatoris• Ritornano le rose

pag. 4 ORZINUOVI• Coro De Urceis-Vox Nova• Primo maggio in musica

pag. 5 ORZINUOVI-LOGRATO• Sacra Famiglia• Associazione CANA e affido familiare

pag. 6 ORZIVECCHI-BARBARIGA• Suor Annelvira Ossoli• Brevis: un concorso originale

pag. 7 POMPIANO-COMEZZANO• Perché la memoria abbia un futuro• El laandèr de Gèrola

pagg. 8-9 LA RIFORMA DELLA SCUOLA

pagg. 10-11 SPAZIO CULTURA

pag. 12 ME L’HAN MATADA...

Dopo che il Parlamento ha approva-to la legge quadro di riforma delsistema di istruzione e formazionen. 53/2003 e l’uscita del decretolegislativo n. 59/2004 e la circolaren. 29/2004, la riforma della scuolasta imboccando la strada dell’at-tuazione.Queste note hanno lo scopo di infor-mare e invitare alla riflessione, pro-ponendo interrogativi e osservazioniproblematiche.

LA RIFORMACome ogni riforma “novista”, ildecreto legislativo rinnova anche illessico. E così vanno fuori listinotermini retrò come scuola mater-na, elementari e medie, sostituitida “scuola dell’infanzia, scuolaprimaria, scuola secondaria diprimo grado”. Nella pratica cam-bia poco, ma intanto si elimina unpo’ di “passato”!Ma quali sono le principali novità?

- L’anticipo delle iscrizioni, allascuola dell’infanzia e alla scuolaprimaria, per i bambini e le bambi-ne che compiono 3 e 6 anni entroil 30 aprile.- Una più ampia libertà di sceltaper le famiglie e una maggioreautonomia didattica e organizzati-va per le scuole. Con questo fine èstato riorganizzato l’orario scola-stico. Nella scuola dell’infanzia lafamiglia potrà scegliere da unminimo di 24 ad un massimo di30 ore di frequenza settimanale.Nella scuola primaria le ore setti-manali sono 30, suddivise in 27ore obbligatorie e 3 ore di attivitàe insegnamenti opzionali (facolta-tivi per gli/le alunni/e e obbligatoriper la scuola). A questi orari siaggiunge il tempo eventualmentededicato alla mensa.- L’introduzione del portfolio dellecompetenze che dovrà documen-tare il percorso formativo seguitoda ogni allievo/a fin dalla scuola […]

Tutti ad accanirsi contro la riformadella scuola; io no, non ci riesco, econ l’approccio relativista che miritrovo (da tempo ho perso i riferi-menti ai valori assoluti) preferiscoandarci dentro e vedere che cosapropone.Di primo acchito posso anche direche non mi piace una riforma che siè insediata sull’abrogazione nettadella legge precedente (la legge 30,il riordino dei cicli proposto daBerlinguer e De Mauro), ma siccomeessere contro la riforma non vuoldire essere contro il cambiamento,preferisco fare dei distinguo, con lacertezza che è necessario cono-scere per comprendere a fondo ciòche accade.Proprio perché calata un po’ troppodall’alto (consultando solo le com-ponenti che la devono “esigere” enon anche quelle che la devono“realizzare”), questa riforma haaperto un dibattito spesso conflit-tuale all’interno delle scuole italia-

ne, costringendo gli insegnanti e glioperatori a legittimare le direzionieducative fino ad ora perseguiteanche solo per contrapporle all’av-vio delle innovazioni proposte.Bel dibattito, davvero, che fa benealla scuola come una mela al giorno.Così, nel tentativo di salvaguardarele migliori esperienze messe apunto in questi anni, si sono accesenelle scuole riflessioni vivaci che,quando non si sono limitate alloscontro ideologico o di superficie,hanno saputo far emergere alcuneidee forza:- il valore della collegialità docenteormai acquisita ma anche le pro-spettive nuove del tutorato;- il primato dell’apprendimento del-l’alunno sull’azione di insegnamen-to del docente;- l’unicità della persona e del suopercorso ma anche la necessità dellacondivisione delle idee e delle azioni.Scrive Anoè, in un recente articolosu una rivista scolastica, che […]

anno I Mensile gratuito di informazione locale – n° 3 maggio 2005

Speciale scuola - Carlo Valotti

Una scuola ben fatta.Anche di più.

Speciale scuola - Luciana Ferraboschi

pag. 14 QUINZANO-SAN PAOLO• Qualità dell’aria• Solidarietà Italia-Romania

Bassa in fiore - Foto Valerio Gardoni

Scuola dell’infanzia eprimaria: quale riforma?

(segue a pag. 8) (segue a pag. 8)

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VILLACHIARA-BORGO SAN GIACOMO | 3BASSAVoce

Eretta sul ciglio del viottolo che si inerpica lungo il terraz-zo fluviale, tra il corso dell’Oglio e il borgo antico di Villa-gana, frazione di Villachiara, la santella della Mater Sal-vatoris era rimasta per troppo tempo sopraffatta enascosta alla vista dai rami intricati e spinosi di rovi e ro-binie. Ormai i villaclarensi stavano lentamente perdendola memoria dell’esistenza e dell’ubicazione del tempiettoche protegge l’immagine della Vergine con Bambino,scolpita in bassorilievo nel marmo bianco e inserita inuna cornice di pietra di Sarnico, sagomata con masche-re e teste di leone. Fino a pochi decenni fa, prima dell’e-sodo dalle campagne, la santella era meta ogni giornodelle mamme e delle nonne di Villagana, che vi si reca-vano in preghiera e la tenevano in ordine ornandola diceri e di fiori. «Poi, con l’esodo e lo spopolamento del pic-colo borgo – racconta lo storico Paolo Zanoni – anche laMater Salvatoris cadde nell’oblio e venne ricoperta dairampicanti, che sempre più di rado mani pietose si inca-ricavano di rimuovere». Da qualche giorno però il taber-nacolo della Mater Salvatoris è tornato ben visibile sul ci-

glio della stradina, in mezzo alla vegetazione che si svi-luppa rigogliosa ai tepori della primavera. Battista Diani eCarlo Martinelli, due pensionati del posto, con l’ausilio deimezzi meccanici messi a loro disposizione dal condutto-re del fondo, Giuliano Franchi, hanno lavorato in modopaziente e discreto ed hanno rimesso a nuovo la santel-la. «Hanno tracciato un agevole sentiero d’accesso, conalcuni scalini ed un corrimano di protezione, che permet-te di scendere al cospetto della sacra immagine – rac-conta soddisfatto Zanoni; è stato sistemato un piccolospazio antistante con la posa di uno strato di ghiaia; so-no stati restaurati ed imbiancati i muri, la predella semi-circolare ed i sedili per la sosta; è stato pulito il quadrolapideo facendone risaltare i pregi di artigianato popola-re». L’edicola presso la quale un tempo i contadini sosta-vano in preghiera è quindi tornata al primitivo splendore.Non si hanno notizie certe sull’origine della santella ap-partata sul terrazzo modellato dal fiume Oglio. «Un tem-po si diceva che la Vergine fosse apparsa in questo luo-go ad un conte di casa Martinengo, il quale volle che aricordo dell’evento venisse costruito il tabernacolo – con-tinua lo storico. Adesso che è stata rimessa in ordine edè tornata a risplendere, la santella della Mater Salvatorisè di nuovo usufruibile da tutti coloro che intendono so-starvi per una preghiera, un pensiero o semplicementeper tirare il fiato, quale tappa inedita di un percorso sug-gestivo, che può essere compiuto a piedi o in bicicletta,tutto compreso nel Parco Regionale dell’Oglio Nord, cheha il pregio di abbinare un ambiente di incomparabilebellezza a testimonianze cristiane e mariane altrettantosignificative».Attraversando sulla riva sinistra del fiume il territoriodi Villagana, antica proprietà dei conti Martinengo, èinfatti facile imbattersi in qualche icona mariana chetestimonia la devozione alla Madonna della popola-zione. Oltre alla santella restaurata, l’elenco com-prende il santuario del Rino, intitolato a Maria Na-scente, l’edicola dell’Immacolata Concezione e leimmagini della Mater Amabilis, dell’incoronazionedella Vergine e dell’Assunta che protegge Villagana,contenute nell’oratorio privato di San Vittore.

Riccardo Caffi

A tutti gli amanti delle rose è rivolta la mostra-merca-to, giunta alla terza edizione, che Borgo San Giacomodedica alla regina dei fiori.Perché una manifestazione incentrata solo sulla rosa?Pensando alla letteratura, all’arte e alla poesia ad essadedicate ci sarebbe di che riempire intere biblioteche.Ogni primavera ci ritroviamo a spiare i primi boccioli, inattesa della loro apertura, cercando nuove forme eassaporandone ogni sfumatura e profumo. Ogni prima-vera ricomincia la magia e ci fa pensare che le nostrerose siano veramente diverse da tutte le altre; citandoSheridan quanti direbbero: «Vieni nel mio giardino.Vorrei che le mie rose ti vedessero».E questi sono solo alcuni dei motivi per cui si continuaad amare le rose, a scrivere di rose, cercando didescriverle con prospettive del tutto personali; infondo, non si vuole parlare solo del fiore ma delle emo-zioni che genera.Inoltre basta pensare a quante varietà ne esistono,quante forme dei fiori, quante sfumature di colore,quanti portamenti, quanti utilizzi.Dalla preistoria ad oggi la rosa, attraverso i secoli, hamantenuto tutte quelle caratteristiche che l’hanno resa ilfiore più amato, complice anche l’uomo, che pur modi-ficandola ha saputo mantenerne inalterato il fascino.

Si sente parlare spesso di rose antiche e moderne edecco i paladini di una o dell’altra difenderne i pregi edesaltarne la bellezza. Le rose antiche con le loroforme morbide, il loro profumo e la loro “rusticità”hanno affascinato da sempre gli appassionati, manon hanno il dono della rifiorenza. Le rose moderne,create a partire dalla seconda metà dell’Ottocento,oltre a fiorire in continuazione (merito dell’introduzio-ne di rose orientali), hanno forme del fiore più appun-tite, più grandi e infinite tonalità di colore; tuttaviahanno smarrito per strada le forme morbide e, inmolti casi, la fragranza delle antiche.I grandi “creatori” di rose stanno facendo un passoindietro cercando di unire le migliori caratteristichedelle due, e i risultati si vedono. Primo fra tutti pareesserci riuscito David Austin con le sue rose inglesi:forme e profumi delle antiche con le tinte e la rifioren-za delle moderne.Domenica 22 maggio vi aspettiamo dunque a BorgoSan Giacomo; dalle 9 alle 19 in piazza Rimembranzesi potranno ammirare e acquistare centinaia di roseantiche e moderne, dalle minuscole miniature allegrandi rampicanti, di ogni forma e colore.Ma non è tutto. Se son rose fioriranno, questo il nomedella manifestazione, propone anche prodotti edoggetti artistici legati alla rosa: découpage, ceramiche,cesti, dipinti e quant’altro gravita attorno a questo bel-lissimo fiore.L’occasione per gli amanti dei fiori è ghiotta; c’è la pos-sibilità di vedere, in un sol colpo, una parte dell’univer-so rose e, perché no, la possibilità di acquistare qual-che varietà particolare per arricchire il proprio giardino.L’appuntamento è da non deludere, poiché in fondobasta poco perché la magia delle rose ricominci…

Fausto Rubetti e Giuliana Gentili

L’Atletico Farfengo, in collaborazione con il circolo ANSPI della frazione, organizza il Torneo Notturno diCalcio ’05, per squadre a sette giocatori, in calendario da lunedì 16 maggio fino alla fine del mese.La squadra vincitrice del torneo avrà in premio un trofeo ed una porchetta, mentre alle compagini chesi classificheranno al secondo, terzo e quarto posto sarà assegnato un trofeo.Verranno inoltre premiati il miglior portiere, il miglior cannoniere ed il miglior giocatore in assoluto deltorneo. Le premiazioni avranno luogo al termine delle finali.

Villachiara

Recuperata a Villagana la santelladella Mater Salvatoris

Ritornano le rose

BASSAVoceEditore: Communitas - Associazione CulturaleSede in Orzinuovi, Via L. Van Beethoven n. 6

sito associazione: www.communitasbs.ite-mail associazione: [email protected] giornale: www.communitasbs.it/bassavocee-mail giornale: [email protected]

Autorizzazione del Tribunale di Brescian. 7/2005 del 28/02/05

Direttore Responsabile: Riccardo CaffiRedazione: Carla Baronchelli, Stefania Biatta,Mauro Cinquetti, Fulvio Cominotti, Giorgio Ferrari,Valerio Gardoni, Angelo Zucchi

Coordinamento editoriale e progetto grafico:San Giorgio Editrice srl Unipersonale, GenovaSalita del Prione, 25/1 – 16123 [email protected]

Stampa: MASTERGRAPH S.P.AVia Livraghi, 21– 20126 MILANO

In distribuzione gratuita in 11.000 copie a:Orzinuovi, Villachiara, Orzivecchi, Pompiano, Quinzano, Borgo San Giacomo, San Paolo, Lograto, Comezzano Cizzago,Barbariga

Borgo San Giacomo

Foto Luciano Zanoni

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Mohammed Ashraf non va a scuola. Da quando esceil sole fino a che spunta la luna, lui taglia, ritaglia,perfora, mette insieme e cuce palloni da calcio, cheescono rotolando dal paese pachistano di Umar Cotverso gli stadi del mondo. Mohammed ha otto anni,fa questo dall’età di cinque. Se sapesse leggere, eleggere in inglese, potrebbe capire l’iscrizione che luiappiccica su ognuna delle sue opere: “Questo pallo-ne non è stato fabbricato da bambini”.

Eduardo Galeano

L’albatros, “[…] il principe delle nubi / che solca latempesta e si ride dell’arciere” (per dirla con in versidi Baudelaire), è tornato a volare.Per il secondo anno il nostro collettivo, informale escalcinato finché volete ma vivo e vegeto, ha organiz-zato per il 1° maggio una manifestazione/concerto,per stare insieme e per pensare.Una festa per il primo maggio, festa del lavoro daquando i lavoratori hanno deciso che non volevanoessere più schiavi, che il mondo viveva della loro fati-ca e dal mondo volevano rispetto, libertà, dignità.Una festa che ha avuto al suo centro la musica, masoprattutto una nuova richiesta di attenzione per lenuove forme che lo sfruttamento e lo schiavismohanno assunto nel mondo, soprattutto nei confrontidei più deboli, dei bambini.E parliamo di sfruttamento vero, di fatica inumana, dibambini e bambine che lavorano la terra, fanno secca-re mattoni di fango, intrecciano tappeti, cuciono pallo-ni e scarpe, frugano nelle discariche delle metropoli,alla ricerca di qualcosa che possa avere un qualchevalore e possa essere venduto. Di bambini e bambinesfruttati sessualmente da adulti senza scrupoli.E quel che più pesa è il sapere che questo accadesoprattutto perché dei due soldi che da questa faticaarriva le loro famiglie e loro stessi non possono farea meno, per sopravvivere, per campare una vita dimerda, ma che è la sola che gli è concessa.Allora quel che vi chiediamo oggi è di tentare di capire iperché, le ragioni, ma anche soprattutto di cominciaread interrogarci sul come uscire da questa situazione di

ingiustizia, che genera altra ingiustizia, rabbia, dispera-zione, violenza. Cominciare a non sentirci più la coscien-za a posto solo perché ogni tanto facciamo qualcheofferta per i “poveri negretti”, a non poterci più giustifi-care con il solito “io non posso farci niente”, perché tuttipossiamo fare qualcosa, dobbiamo fare qualcosa. Sitratta innanzitutto di capire perché in questa parte delmondo si consuma e si spreca e in tutti i sud, le perife-rie del mondo, si muore di fame o di malattie banalicome il morbillo. Capire quali sono i meccanismi, eco-nomici e sociali, alla base dell’ingiustizia e cambiarliradicalmente, cambiando anche il nostro modo di vive-re, di rapportarci all’uomo e alla natura.Questa era la nostra ambizione. Non siamo certi diessere riusciti a far giungere a tutti il nostro messag-gio, ci abbiamo provato, abbiamo seminato, vogliamosperare che qualche seme germoglierà e darà frutto.Anche quest’anno il nostro lavoro ha avuto il sostegno,importante ed essenziale, dell’Assessorato alle Politi-che giovanili, dei sindacati CGIL e CISL di Brescia e Or-zinuovi. Accanto a noi si sono impegnati le Cooperative“La nuvola” e “Nuvola rossa”, l’Orientagiovani, Emer-gency, Amnesty International, il Commercio Equo e So-lidale di Orzinuovi, l’Istituto Superiore “Cossali”, il Cen-tro Diurno “L. Nolli”.Eccezionale e nuovo compagno di strada l’Accade-mia Diesis, che con la musica dei suoi allievi ha “ad-dolcito” le asprezze dello ska e del punk dei gruppiche hanno suonato:Scarafaggi (gruppo ska di Brescia), Carpman & theCatfish (gruppo ska/punk di Orzinuovi), Federica Epis(cantautrice orceana), RivelArdes (gruppo pop/punk),Skarnemurta (gruppo skatchanka di Parma), SouthPunk (“storico” gruppo ska di Soncino).A far degna cornice ai musicisti: mostre, bancarelledi diverse associazioni di solidarietà, libri e soprattut-to gente e persone, uomini e donne, ragazzi e ragaz-ze, nonne e nonni, e chi più ne ha più ne metta!Parte integrante, e per noi molto importante, della ini-ziativa è stata l’edizione del secondo numero diAlbatros, il nostro giornalino di cultura, musica e spe-ranza, che reca come sottotitolo: nei nostri sogni c’èun mondo migliore.Sappiamo che la questione è complessa, ma sappia-

mo anche che se non ci si impegna un po’ di più tuttiquanti non si andrà da nessuna parte.Noi ci abbiamo provato. O almeno abbiamo provato aprovarci. E tu?

Al prossimo anno. E chi volesse darci una mano cicerchi.

Collettivo Albatros

4 | ORZINUOVI BASSAVoce

Orzinuovi

Primo maggio in musica

“Ci sono regioni dell’anima dove solo la musica porta luce”(Z. Kodaly)

Il coro civico “De Urceis” nasce nel 1984 come coro maschile, facendosiapprezzare nel campo della musica di ispirazione popolare, guidato dal mae-stro Bruno Provezza.Nel 1985 l’inserimento delle voci femminili ha consentito al coro di affron-tare una esperienza musicale più completa attingendo ai capolavori dellamusica polifonica. Segno di questa trasformazione è stato l’arricchimentodel repertorio con lo studio della Messa di W. Byrd, brani di Palestrina,Monteverdi, Bach, Vivaldi. Nel corso degli anni il coro ha partecipato a nume-rose rassegne: particolarmente apprezzate sono state le sue esibizioni allaMinoritenkirche di Vienna nell’anno 1996 ed alla basilica superiore di Assisinel maggio 1997. Ricordiamo inoltre che il coro, in collaborazione conl’“Orchestra d’Archi” di Brescia, nel 2003 ha tenuto numerosi concerti pre-sentando il Gloria RV 589 di Vivaldi ottenendo lusinghieri apprezzamenti.Dal 1985 organizza a Orzinuovi una rassegna corale di estrema qualità cherichiama ogni anno un pubblico attento e affezionato.Nel 1994 nasce il coro “Vox Nova”, compagine interamente femminile cheattinge gran parte delle proprie coriste dalle sezioni femminili del “De Urceis”.La scelta dei brani attuata dal maestro Bruno Provezza ha cercato di coniu-gare la crescita graduale delle competenze tecniche vocali delle coriste conle peculiarità dei generi musicali nelle diverse epoche storiche. Nel 1997 ègiunto il primo importante riconoscimento con la conquista del primo premioal concorso di esecuzione vocale di Provaglio d’Iseo.I due gruppi vocali collaborano costantemente pur seguendo percorsi di ricer-ca diversificati. Infatti negli ultimi anni il “Vox Nova” ha affrontato prevalente-mente brani di musica del Novecento, mentre il coro “De Urceis” ha scelto unrepertorio di ampio respiro trovando collaborazione in altri gruppi vocali dellaProvincia di Brescia: ciò ha consentito al coro l’esecuzione del Gloria di Vivaldie lo studio del Requiem di Cherubini che, speriamo, potrà essere presentatonel prossimo autunno.

Il cammino ventennale del coro ci ha insegnato che le opere della polifonianon sono più appannaggio esclusivo delle istituzioni ufficiali, ma sempre piùfrequentemente passano nel repertorio dei complessi amatoriali che si rive-lano spesso strumenti qualificati e, non di rado, più attendibili di tante cele-brate formazioni accademiche.Possiamo quindi dire che negli ultimi anni in Italia il confine che separava ilcorista professionista dal corista amatoriale dilettante si sta facendo, sull’e-sempio di altri paesi europei, sempre più sottile e meno discriminante.

De Urceis e Vox Nova

IL CORO “VOX NOVA” SALE IN CATTEDRASabato 12 febbraio 2005, presso l’auditorium Torelli di Sondrio, si è tenutauna giornata di studio sulla vocalità che ha visto protagonista il coro “VOXNOVA”, sezione femminili del Coro Civico “DE URCEIS”, diretto dal maestroBruno Provezza.

In un ambiente amichevole e cordiale si è svolta una piacevole lezione sulletecniche di preparazione al canto corale. Sono stati esaminati ed approfondi-ti i temi della vocalità, delle tecniche di respirazione e di rilassamento, deglielementi fondamentali per la emissione vocale adatti al particolare genere direpertorio fino al sorprendente effetto del canto armonico o bifonico (sdoppia-mento della voce).Una particolare attenzione è stata poi dedicata all’esame e alla successivainterpretazione di alcuni brani di autori contemporanei. Il tutto amalgamatosapientemente dall’esperienza del maestro Bruno Provezza che è riuscito acoinvolgere ed entusiasmare l’assemblea presente formata da diversi diret-tori di coro e da numerosi coristi valtellinesi e della vicina Svizzera.La giornata si è conclusa poi con la Rassegna Corale il cui contributo è statointeramente devoluto alla Caritas Provinciale di Sondrio per l’assistenza aibambini degli orfanotrofi della Romania.Anche in questa occasione il coro “VOX NOVA” dimostra la propria qualitàvocale e si conferma come uno dei pochi gruppi femminili, a livello regiona-le, in grado di poter presentare repertori particolarmente ardui ma moltoapprezzati.

Francesca Bonfiglio

Orzinuovi

Musica e canto. Cantare è bello, cantare in coro è…

Foto Luciano Zanoni

Ti piace cantare?Vieni da noi, a Orzinuovi (presso la ex sede della Biblioteca Comunale incorso Palestro).Ci troviamo ogni lunedì e mercoledì sera alle 21 per cantare musica clas-sica e contemporanea, di compositori italiani e stranieri. L’invito è rivolto atutti: per giovani e anziani, donne e uomini!!!Se vuoi saperne di più, vieni lunedì o mercoledì prossimi, oppure telefonaai numeri:030.9481112 – 030.943375

Genitori, insegnanti, educatori sono invitati agli incontri di informazione sulla difesa della salute dei bambiniin programma presso il centro culturale Aldo Moro, a Orzinuovi. Venerdì 20 maggio, alle 20.30, sarà affron-tato il tema “Il medico e l’infermiera pediatrici di fronte ai genitori fra dubbi e certezze”. Interverranno i dot-tori Mario Colombo, Claudio Sicchero, Alessandra Ciceri, del reparto di Pediatria dell’ospedale di Manerbio.Venerdì 27, sempre alle 20.30, l’endocrinologo Fabio Buzi relazionerà su “Bambini e cibo. Perché è impor-tante parlarne?”. Moderatore di entrambe le serate il dottor Roberto Nicoli, pediatra di Orzinuovi.

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ORZINUOVI-LOGRATO | 5BASSAVoceDialogo con padre Antonio Consonni, responsabile del Centro educativo e Scuola dell’Andreana

Lograto

Sacra famiglia: 80 anni di passione educativaLungo la vecchia statale che da Orzinuovi conduce aSoncino, quella chiesa che si protende dal fabbricato al-le sue spalle e dalla distesa del verde riposante che lacirconda, con i suoi grandi santi benedicenti riesce a di-stogliere l’attenzione, catturata dal santuario della Ma-donnina dell’Oglio che domina la strada, prima di giun-gere al ponte sul fiume. È la chiesa dell’Istituto dei Padridella Sacra Famiglia che, sull’area di un vecchio cascina-le (l’Andriana), alla fine di aprile del 1925 aprivano uncentro educativo che accoglieva i bambini orfani e unascuola per i figli dei contadini poveri e privi di istruzione.Oggi, accanto alla chiesa, si ascoltano le voci allegre deipiccoli della scuola materna ed elementare e quella deigiovani della media, mentre poco distante fervono i lavo-ri nel cantiere della grande piscina (pronta per l’inizio del-l’estate). La comunità religiosa e la scuola sono guidatedal settembre scorso da padre Antonio Consonni, che stapredisponendo con entusiasmo il calendario delle mani-festazioni che celebreranno all’Andreana i primi 80 annidi vita «e di passione educativa – sottolinea padre Anto-nio – perché immagino con quanta fatica e dedizione iconfratelli che mi hanno preceduto si sono preoccupati di

dare un futuro agli orfani». La comunità religiosa dei pa-dri della Sacra Famiglia venne fondata da santa PaolaElisabetta Cerioli (proclamata santa da papa GiovanniPaolo II il 16 maggio del 2004), nobildonna di Soncino,che ha vissuto le esperienze di moglie, di madre, e che,rimasta vedova a 38 anni, decise di seguire i sentieri del-la carità. Aprì le porte del suo palazzo ai poveri ed ai sof-ferenti, nel dicembre 1857 indossò l’abito religioso efondò la Congregazione della Suore della Sacra Famiglia,accanto alla quale diede vita, nel 1863, all’Istituto dei Pa-dri della Sacra Famiglia, affinché si occupassero dell’e-ducazione dei piccoli, degli abbandonati che non aveva-no famiglia e dei poveri che vivevano nei disagi. «Non lonascondo – confessa padre Antonio – sono stato così af-fascinato dalla figura di questa santa che sto raccoglien-do appunti perché in vecchiaia voglio scrivere un roman-zo sulla sua vita». A chi osserva che un tempo i padriaccoglievano gli orfani (e forse per questo erano presso-ché sconosciuti sul territorio), mentre oggi accolgono i fi-gli dei ricchi, padre Antonio risponde: «Accogliamo tutti eveniamo incontro economicamente ai poveri. Abbiamo inprogetto la creazione di un fondo per le famiglie che vo-

gliono iscrivere il loro figlio alla nostra scuola ma nonhanno risorse». La gestione della piscina da parte di unacomunità religiosa può suscitare perplessità ed in passa-to è stata accompagnata da polemiche, «tuttavia siamograti ai nostri confratelli perché questa struttura ci hapermesso di continuare la scuola, di incontrare tantagente e di radicarci sul territorio – aggiunge il responsa-bile. Con le piscine provvediamo al benessere dei nostribambini, ma chi viene da noi sa che una parte del bigliet-

to (prezzi uguali agli altri) è destinata al sostegno delle fa-miglie in difficoltà, per la scuola dei loro figli in Italia, co-me in Brasile e in Africa, dove abbiamo le nostre missio-ni. L’obiettivo del nostro compito educativo – concludepadre Consonni – è quello di far percepire che la vita èbella e vale la pena di essere vissuta con impegno e cheDio c’è e si prende cura di tutti come un buon padre».

Riccardo Caffi

Associazione CANA e affido familiare“Il legame che unisce la tua vera famiglia non èquello del sangue, ma quello del rispetto e dellagioia per le reciproche vite”

Richard Bach

Dopo la bella frase di Bach, ritrovata stampata su unopuscolo di un’associazione di Lograto, è bene iniziarequesto articolo con un dato che non tutti conoscono:attualmente nell’ASL di Brescia sono in affido pressofamiglie quasi trecento minori. Queste famiglie affidata-rie spesso svolgono il loro importante compito socialenell’anonimato più totale, e nella solitudine.Alcune di lorosono in mezzo a noi, sono nostre vicine di casa.

A Lograto esiste una associazione per molti versi scono-sciuta, che si occupa appunto di affido di minori. Nata nel2004, l’associazione CANA è composta attualmente daquindici famiglie. Il presidente dell’associazione si chia-ma Angelo Bulgarini. Da lui abbiamo avuto il materialeper scrivere questo articolo, sicuramente incompleto mache vuole focalizzare l’attenzione della gente su un temadelicato. Le famiglie dell’associazione CANA di Lograto siincontrano al castello, presso la Comunità Alloggio MinoriSusa, comunità facente capo all’associazione ComunitàMamré Onlus (dal loro opuscolo abbiamo “carpito” lafrase iniziale di Bach). Sono accomunate, tali famiglie, daldesiderio di apertura al mondo e dalla volontà di offrire

solidarietà piena verso chi soffre. Alcune famiglie sonogià affidatarie, altre si stanno preparando ad iniziare que-sta esperienza, altre ancora ci stanno solo pensando.Ma non solo; ci sono anche famiglie disponibili ad esse-re da appoggio e sostegno ai bambini inseriti in comu-nità, o alle stesse famiglie affidatarie.Si tratta dunque di una fitta rete di solidarietà diffusa chesta crescendo piano piano. Chi già ha seguito un percor-so di affido pensa sia necessario sensibilizzare ulterior-mente le famiglie all’esperienza dell’accoglienza, offren-do informazioni e percorsi di formazioni seri. Ritiene inol-tre importante costruire una rete tra le famiglie solidali,per evitare l’isolamento nei momenti di difficoltà, chearrivano sempre.Ecco che allora le famiglie dell’associazione CANA orga-nizzano corsi di formazione specifici e mirati. L’affido sipuò infatti realizzare in diverse forme, a seconda dei pro-getti. Ci può essere l’affido giornaliero, di qualche ora, ol’affido a breve termine, di qualche giorno, necessario perrisolvere emergenze famigliari improvvise; ci può essereinfine l’affido nel tempo delle vacanze, qualche mese, oquello a lungo termine, qualche anno. Ogni forma di affi-do precedentemente citata richiede preparazione speci-fica da parte della famiglia affidataria, preparazione chesi ottiene con appositi corsi gestiti sempre dall’associa-zione CANA. L’Associazione sostiene anche le coppie conbambini in affido, attraverso un gruppo di auto-aiuto benaffiatato e preparato. Tale gruppo diventa lo strumentoper favorire il dialogo, la condivisione di esperienze, leriflessioni guidate che permettono poi di trovare la solu-zione in comune ai vari problemi che nascono all’internodelle famiglie affidatarie.Ma per comprendere fino in fondo quale sia l’enormeimpegno sociale svolto da tali famiglie, bisogna affronta-re brevemente il discorso affido.Che cosa è l’affido? È un servizio di solidarietà, da distin-guere nettamente dall’adozione, anche se entrambi sonostrumenti per ottenere e risolvere situazioni di disagio esofferenza nei bambini, ma non solo. L’affido, a differen-za dell’adozione, è temporaneo. Con l’affido vengonomantenuti i rapporti con la famiglia di origine. Il bambinoo ragazzo che viene dato in affido ad una famiglia puòavere un’età compresa tra gli zero e i diciotto anni.L’affido non è importante solo per il bambino che ne usu-fruisce, ma è molto importante anche per la sua famigliad’origine. Tale famiglia, in genere, attraversa momentidifficili che impediscono la sana gestione del fanciullo.Per questa famiglia collocare il bambino momentanea-mente presso una famiglia affidataria significa concen-trarsi al meglio sulla risoluzione dei propri problemi.Naturalmente non sempre tali problemi si risolvono inbreve tempo. A volte nemmeno si risolvono.Ecco dunque che risulta fondamentale il compito, difficilee impegnativo, della famiglia affidataria, che deve essere

per prima cosa una famiglia aperta e solidale, come sot-tolineato precedentemente per le famiglie dell’associazio-ne CANA. Ma deve anche essere una famiglia preparataall’evento, una famiglia seguita poi dalle istituzioni prepo-ste al controllo del momento dell’affido, una famiglia nonlasciata sola con se stessa, soprattutto nei momenti diffi-cili, che sempre incombono sul vivere di ogni giorno.Tutti possono diventare affidatari: famiglie, coppie cono senza figli, single. La legge è chiara, in proposito.Non vi sono vincoli di età, di istruzione, di reddito, perchi decide di prendere un bambino in affido. Ciò checomunque non deve mancare in una famiglia affidata-ria è la capacità di comprensione ed accettazione dellastoria personale, spesso dolorosa, del bambino, o laforza di accoglierlo e di lasciarlo andare via quandomaturerà il momento opportuno, o la consapevolezzadell’importanza dell’esperienza che coinvolgerà ed impe-gnerà ogni membro della famiglia.Naturalmente ogni affido è progettato dai servizi socialidelle ASL territoriali di competenza, e nulla viene lasciatoal caso. Si tratta dunque di un percorso complesso, pro-blematico. Un percorso che può dare moltissimo, in ter-mini di affetti e gioia, anche alle famiglie affidatarie, cheper non sentirsi troppo sole si sono riunite all’interno di unCoordinamento Provinciale delle Famiglie Affidatarie.Anche le famiglie dell’associazione CANA fanno parte ditale coordinamento, che si è ritenuto opportuno realizza-re per mettere a confronto le varie esperienze famigliari,i bisogni delle famiglie affidatarie e dei minori ospitati, lerelazioni con le famiglie di origine, i successi e gli insuc-cessi dei vari processi di affido.Ma le finalità di tale coordinamento provinciale sono mol-teplici. Si va dallo studio ed approfondimento dell’istitutodell’affidamento famigliare alla promozione e sensibiliz-zazione delle tematiche dell’accoglienza come strumen-to di intervento sui minori; si va dalla formazione dellefamiglie che intendono avvicinarsi al tema dell’affidofamigliare alla fornitura di servizi di appoggio a ciascunassociato che ne faccia domanda. Infine, il coordinamen-to provinciale intende: fornire maggiore visibilità sociale eforza contrattuale all’affido, creare canali di raccordo eriflessione fra enti preposti all’attuazione dell’affido edautorità giudiziaria, promuovere la presenza del coordi-namento stesso nelle sedi in cui si elaborano progetti enorme che regolano l’affido dei minori.

Giacomo Colossi

Contatti utili:Affido Famigliare ASL Brescia – tel. 030.43515Gruppo Famiglie Affidatarie di Logratopresso Comunità Alloggio Minori SUSAtel. 030.9973662 (servizio segreteria sabato mattina)e-mail: [email protected]

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6 | ORZIVECCHI-BARBARIGA BASSAVoce

Giovani “messaggisti” di tutta la Bassa unitevi.È arrivato il primo concorso nazionale per smsed è stato indetto dal comune di Barbariga: iltema è libero, e vincerà la frase più densa, ilmessaggio che meglio esprimerà, in un massi-mo di 160 caratteri un sentimento, un’idea,tutta la potenza simbolica ed immaginifica chela scrittura può avere. “Brevis” il nome del con-corso, pensato e ideato dal sindaco MarcoMarchi per rimarcare la “freneticità” dei nostritempi moderni, che ottimizzano ogni tempodella vita, anche quello dedicato alla comunica-zione (che si tratti di comunicazione lavorativa oamorosa). La parola latina brevis in italiano puòessere tradotta con l’aggettivo “breve” maanche con “essenziale”: due caratteristiche chenon sempre le nuove forme di comunicazioneriescono a coniugare. Questa loro sintensi èrichiesta ai partecipanti del concorso indetto dalcomune di Barbariga.Ma il premio “Brevis” prevede altre sette cate-gorie: oltre a quella per sms (short message si-stem), ci sarà la classica sezione poesia (mas-simo dieci versi), il racconto breve (massimouna pagina di 40 righe e 90 battute), l’endeca-sillabo (massimo un verso), il cortometraggio(massimo 10 minuti su dvd), la vignetta satirica(una sola), l’headline/payoff pubblicitario (mas-simo due righe ognuna da 90 caratteri) e la se-zione haiku. L’haiku non è certo una forma dicomunicazione molto conosciuta in Italia, anche

se vanta centinaia di appassionati: è una poesiatipica giapponese, molto breve, composta dasole tre strofe (rispettivamente di 5-7-5 sillabe).Caratteristica fondamentale dell’haiku classicoè quella di fare riferimento a una delle quattrostagioni attraverso un termine (kigo) riguardan-te la flora e la fauna. Le opere vincitrici delle ri-spettive sezioni andranno a formare un’antolo-gia stampata dal comune di Barbariga: i loroautori verranno premiati a settembre nel corsodella sagra del Casoncello: il concorso “Brevis”è stato inizialmente pensato per pubblicizzare lagrande festa paesana, che quest’anno dovreb-be ottenere anche il riconoscimento regionale,ma ora rischia di imporsi come evento mediati-co di interesse superiore.

IL REGOLAMENTO DEL CONCORSO LETTERARIOTutte le opere dovranno essere spedite in cin-que copie e con l’aggiunta di 15 euro in contan-ti (solo una copia deve riportare le generalitàdell’autore) al Comune di Barbariga, piazza A.Moro 4, – 25030 entro il 31 maggio 2005.

Per ulteriori informazioni:tel. 030-9718104www.comune.barbariga.bs.it

Pietro Gorlani

Suor Annelvira Ossoliera nata ad Orzivecchiil 6 agosto 1937. Conl’entusiasmo che l’ac-compagnerà per tuttala vita, aveva scelto finda giovanissima di con-sacrare a Dio e ai fra-

telli poveri tutto il meglio di sé. Entrata nell’Isti-tuto delle suore Poverelle del Beato Palazzolo asoli 17 anni, Celeste, così l’avevano battezzata,nel 1956 professa i voti, camminando poi sul-la strada della sua vocazione di Poverella sen-za mai voltarsi indietro, neppure nei momentipiù duri.Diplomata infermiera e caposala nel 1959,suor Annelvira serve dapprima gli anziani dellacasa di riposo di via Aldini a Milano e nel 1961parte per lo Zaire. Esercita il suo primo serviziomissionario proprio nell’ospedale di Kikwit, nelluogo dove testimonierà il suo amore ai poverie alle consorelle fino alla fine.L’esperienza personale della sofferenza, causa-ta da una malattia polmonare e successiva-mente dai problemi alle ginocchia che lacostringono ad usare per un certo tempo la car-rozzella, la aiuta a maturare quelle “convinzionidi fede” che in modo sempre più limpido ricor-reranno sulle sue labbra, fino agli ultimi giorni:«Il Signore provvede! Il Signore è buono! IlSignore fa bene ogni cosa!».

Conseguita la specializzazione in ostetricia aRoma, suor Annelvira torna nella sua missione,dove aiuta a nascere migliaia di piccole vite.La sua bravura professionale, il suo ottimismo,la sua cordiale collaborazione con il personalelocale erano un’iniezione di vita anche a piccoliesseri che sembravano destinati ben presto amorire per denutrizione.Dal 1992 la Congregazione le ha affidato l’inca-rico di Superiora Provinciale delle suore dellePoverelle della Provincia d’Africa. Con una salu-te non proprio “di ferro” come la sua, per adem-piere al suo compito ha affrontato le fatiche deigrandi e continui viaggi all’interno dello Zaire, inMalawi, in Costa d’Avorio, in Italia, dimostran-dosi capace di leggere nella fede ogni cosa,pronta ad affrontare disagi e pene senza farlipesare sugli altri, aperta ed entusiasta per ogniprospettiva di bene che poteva anche solointravedersi, attenta alla crescita nella fedequanto alle piccole esigenze umane della per-sona. Le sue esclamazioni di gioia per ogni pic-cola cosa, erano famose: «Che bello questovestitino! Che buona questa insalata! Ah, se l’a-vesse la mia gente! […]».A fine marzo, quando la tragedia dell’Ebola eraancora sconosciuta, scrive parlando dell’amatoZaire: «Qui, malgrado la situazione, si va avanti contanta fiducia nel Signore, presente in ogni situazio-ne, anche se a volte, per la nostra poca fede, sem-bra lontano, oppure addormentato […]».

L’11 maggio suor Annelvira ha già assistito esostenuto fino all’incontro con il Signore tre so-relle, suor Floralba, suor Clarangela, suor Da-nielangela, e sta assistendo la quarta, suor Di-narosa. È lucidamente consapevole di quello chesta affrontando e scrive alla Madre Generale:«Questa terribile malattia si presenta in modosubdolo […]. È una forma tremenda, come quel-la avvenuta a Yambouku […]. Speravamo tantogiungesse in tempo del plasma con gli anticorpi,ma invano! Solo protezioni […]. È solo nella fedeche si trova il senso profondo di tale dolore. Noisiamo impietrite!». In quegli stessi giorni dice auna sorella di Kinshasa: «Il tempo per vivere puòessere anche corto, e allora intensifichiamo il no-stro vivere. Ci rimettiamo a Dio!». Le sue ultimecomunicazioni traboccano di questa fede forte,convinta, concreta, umile.Martedì 23 maggio 1995, alle ore 18, una bre-ve comunicazione da Kinshasa annuncia: «SuorAnnelvira è appena entrata nella pace del Signo-re. Una piccola pioggia è caduta dal cielo, giustonegli ultimi momenti di vita di Suor Anna, ed èsubito cessata. Sarà la pioggia delle grazie chevuol far scendere su di noi: pace, consolazione,accettazione […]».Così suor Annelvira è andata incontro al SuoSposo e alle quattro sorelle che con infinitoamore ha curato fino a dare la vita.

R. C.

1995-2005: X anniversario della morte di suor Annelvira Ossoli per il virus Ebola

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tel. 339.7301390

Brevis: un concorso originale

Orzivecchi

Barbariga

BASSAVoce

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POMPIANO-COMEZZANO CIZZAGO | 7BASSAVoce

“El laandèr de Gèrola” è un detto ormai perso nella parlata comune e dicui ben pochi conoscono il significato. Ma procediamo con ordine. Nel1928 Mussolini, capo del governo, emanò delle leggi che eliminavano lepiccole realtà comunali. Gerola rientrò tra i comuni da sopprimere evenne aggregata con Zurlengo a Pompiano. Scrive il dottor Cominotti nelsuo libro Gerolanuova nel XX Secolo: «Gerolanuova declassata a frazio-ne faticherà ad accettare il nuovo status e conoscerà la non invidiabilesorte di tutte le frazioni, che, ovunque saranno più sacrificate rispetto alCapoluogo».Don Carlo Rodella, il parroco di quel tempo, si oppose con tutte le sueforze all’aggregazione a Pompiano, ma non riuscendo nel suo intento sipresentò in Consiglio facendo promettere al podestà, ed a tutti i consi-glieri, che Gerola sarebbe sempre stata tenuta in considerazione allastregua del capoluogo. La prima richiesta fu di dotare Gèrola di un lava-toio coperto, per dare la possibilità alle donne di fare il bucato al coper-to. Com’è facilmente intuibile fu il cavallo di battaglia e di promessadelle amministrazioni che seguirono, tanto che il detto “Come èl laandèrde Gèrola” incominciò a circolare tra gli addetti ai lavori con il significa-to di promesse elettorali non mantenute. Dalle notizie che troviamo neidocumenti parrocchiali possiamo tranquillamente dire che la collabora-zione con la prima amministrazione fu senz’altro positiva in quanto inter-venne con una significativa cifra alla spesa della sostituzione del concer-to delle campane. Già nel 1932 si manifestò il problema delle campaneormai logore e “crepe”. L’operazione durò due anni.La chiesa non poteva stare senza campane e furono lasciate le menodanneggiate, le due più piccole, a scandire il tempo della preghiera edella vita dei gerolesi. Tutto l’intervento si completò nel maggio 1934,con la solenne consacrazione delle campane stesse da parte del nuovovescovo di Brescia monsignor Giacinto Tredici e il collaudo del cavaliereArnaldo Bambini di Verolanuova. La ditta a cui fu commissionato il con-certo delle campane era la ditta Luigi Cavadini di Verona. Non fu certoun concerto di campane fortunato in quanto dieci anni dopo furonosequestrate, come tante nella zona, per farne materiale bellico.Il totale della spesa, tolto il valore delle vecchie campane (8.800 lire) eradi 31.650 lire. Il Municipio partecipò alla spesa con 4.500 lire, ed ilpodestà cavaliere Vincenzo Tenchini volle essere compadrino della

seconda campana offrendo 50 lire. Il problema del lavatoio fu semprevivo fino al 1955, quando per una consistente e radicale ristrutturazionedelle case dei braccianti, voluta dal conte Giacomo Feltrinelli, l’esigenzavenne meno. Di quel periodo troviamo questa frase: «Gerola diventa dav-vero nuova. Le stalle si cambiano in case invidiabili: comode, decorose,ariose, sane con bagno e acqua».

Certamente i tempi sono cambiati, ma il problema delle frazioni è unproblema strutturale a cui anche l’Amministrazione attuale è chiamata adare delle risposte atte a salvare le frazioni sia come entità sia comecomunità.

Mario Piovani

C’è chi pensa che solo in città, nel centro, possanascere e svilupparsi qualsiasi progetto culturale. Nonè così! Di tanto in tanto anche nella verde pianura, inperiferia, può capitare di veder fiorire esperienze chelasciano un segno profondo.Da qualche giorno ha visto la luce un volumetto, dal

titolo La guerra non è come nei film…, che raccoglieuna serie di testimonianze di reduci della secondaguerra mondiale, alla cui realizzazione i ragazzi dellascuola media di Comezzano Cizzago hanno offerto unvalido contributo, insieme a quelli della sede centraledi Trenzano e delle sedi associate di Castrezzato eLograto.Siamo di fronte all’ultima piccola, ma importante, per-la di una collana edita negli anni dalla scuola, direttadal professor G. Quaresmini, «grazie al consapevoleimpegno dei docenti – ricorda il dirigente – che stimo-lano e guidano gli alunni in percorsi in cui la cono-scenza si lega al significato, il sapere si fonde coi va-lori e la cultura diviene testimonianza di vita».Si tratta di una pubblicazione nata grazie anche all’im-pegno appassionato del dirigente scolastico, instan-cabile nell’individuare e valorizzare i momenti di forteconnessione tra la scuola ed il territorio.Una pubblicazione carica di tante esperienze umane eimpreziosita dall’opera artistica di Oscar Di Prata, de-cano degli artisti bresciani, tanto noto quanto genero-so a offrire il suo contributo per la valorizzazione del la-voro dei ragazzi. Infatti in copertina è riprodotta unasua opera, La battaglia nell’oasi di Gialo (particolare,acrilico 25x35).Scrive Quaresmini, amico e recensore dell’artista,nell’introduzione: «[…] L’opera richiama alla memo-

ria dell’artista momenti e situazioni di combattimentonell’oasi di Gialo nel corso del secondo conflitto mon-diale. In un’atmosfera tragica ed avvolgente, i bersa-glieri vigilano nell’imminenza di un attacco nemico. Trai protagonisti si coglie la fatale accelerazione del volge-re degli eventi bellici dai quali saranno inevitabilmentetravolti […]. L’imperscrutabile maestà dell’immenso fada sfondo alle drammatiche vicende umane che, pur-troppo, si sono susseguite e si susseguono tutt’oggi. Unrabbrividente alitare d’infinito si estende in un rosseg-giante orizzonte esaltandone tragicità e mistero […]».Si tratta delle “storie di soldati qualunque”, esseri umaninon sempre consapevoli fino in fondo del miracolo dellaloro sopravvivenza.Accanto all’approfondimento degli eventi storici delNovecento, il libro contribuisce a consolidare il rap-porto che lega tra di loro le diverse generazioni, checosì si parlano e si riconoscono. Aggiunge ancora ilprofessor Quaresmini nell’introduzione: «Con questolavoro si interrogano e si ascoltano con rispetto le per-sone in carne ed ossa, con il loro carico di esperien-ze, paure e speranze, vissute all’interno di situazionidifficili, a volte contraddittorie». Dalle pagine emergo-no la semplicità e lo stupore: la semplicità con cui ireduci raccontano, lontani dall’enfasi e dalla retoricapatriottica, le vicende che li hanno visti protagonisti e,il più delle volte, vittime; lo stupore di anziani, soldati

un tempo, nel prendere mano a mano coscienza,durante la narrazione, di essere stati capaci di affron-tare tante sofferenze ed anche la morte con un corag-gio insospettabile.Una serie di racconti di vite; storie di un’umanità sem-plice che non ha avuto il giusto riconoscimento, e nonlo chiede neanche più. Si legge tra le righe l’orroredella guerra. Tanto più attuale ai nostri giorni, in cui“essa” è ancora protagonista della cronaca quotidia-na, con il suo carico di distruzione e di morte.La guerra non è come nei film... oltre che un ponte tragenerazioni, che scoprono il senso di appartenenza aduna comunità, è un forte richiamo alla realtà, “unabussola sicura perché i nostri ragazzi possano orien-tarsi in un mondo sempre più complesso e “globaliz-zato”, indicando una possibile chiave di lettura, tantosemplice quanto autentica”.Far parlare la memoria è un contributo di non pococonto al consolidamento del legame tra il territorio ela sua gente, è un altro mattone alla costruzione di undomani pieno di valori.«Si può così scoprire che le radici sono costituitesoprattutto dai volti e dalle speranze di chi ci ha pre-ceduti pur nel turbinio di eventi drammatici, che purenon vanno dimenticati».

Antonio Bovino

Comezzano Cizzago

Perché la memoria abbia un futuro

Storia di un voto amministrativo

El laandèr de Gèrola

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8 | SPECIALE SCUOLA BASSAVoce«il nuovo passa sempre attraverso la distruzione diqualcosa che c’era prima», volendo sottolineare l’azio-ne moralmente inquietante di “rompere” in qualchemodo con quel che abbiamo costruito e a cui ci siamopacificamente “attaccati” (o adeguati) per mettere afuoco, per delineare la creazione di nuovi orizzonti.Cambiare un’idea delle abitudini o addirittura un para-digma non può che essere doloroso per noi che abbia-mo vissuto fino ad oggi un modello di scuola a cui cisiamo affezionati, non può che essere faticoso senza leprospettive ideali e i venti forti della tensione che sap-piano darci la spinta al cambiamento.Eppure io credo valga la pena di provarci visto che, aconti fatti, il modello di scuola che stiamo difendendoevidenzia scricchiolii e situazioni di disagio che devonoessere considerate.Perché non provare allora a prendere in considera-zioni le direzioni ideali e pedagogiche che dalla legge53 possono emergere senza il timore di porsi al difuori dell’onda che valuta la riforma uno scenarionegativo e basta?A me piace, ad esempio, l’idea, espressa oggi da Ber-tagna, ma formulata a suo tempo da Lucio LombardoRadice, secondo cui le aule dovrebbero essere sem-pre meno un auditorium per trasformarsi sempre dipiù in laboratorium, realizzando il passaggio dalla si-tuazione dominante della “lezione frontale” alla situa-zione molto più stimolante dell’azione e della riflessio-ne degli studenti.Mi piace ancor di più prefigurare, nell’esperienza sco-lastica degli alunni che non può che essere unitaria, unsuperamento della attuale compartimentazione disci-plinare per una cultura del tutto trasversale o, comeafferma Morin, per un sapere che sappia costruire“strutture di connessione” tra le conoscenze. Ricordoche, all’alba dell’applicazione della legge 820 (istituti-va del tempo pieno nella scuola elementare), l’idea chele discipline non sono contenitori separati di informa-zioni ma strumenti del pensiero che servono a risolve-re i problemi reali della vita era un’idea che ha sprona-to le tensioni degli insegnanti nella conquista e nell’af-fermazione di un modo nuovo di far scuola.E non mi dispiace neppure il concetto di “personalizza-zione” che integra e supera l’idea di individualizzazio-ne dell’insegnamento per affermare il valore della

diversità e dell’unicità della persona. Senza prefigura-re traguardi uguali per tutti, mete da raggiungere olivelli in cui essere classificati, ma assicurando adognuno le migliori condizioni per il proprio personalepercorso (ricordate Don Milani?).Mauro Ceruti, e non Letizia Moratti, parla dei sistemievolutivi e formativi come «facilitatori dei progetti divita dei singoli individui, consentendo a ciascuno lavalorizzazione delle proprie risorse cognitive ed emo-tive e una continua esposizione alle risorse altrui, inmodo da innescare processi di apprendimento reci-proci e coevolutivi».È possibile allora sperare che alcune idee di questariforma possano diventare progetti di cambiamento diciò che andrebbe comunque superato o distrutto?Soprattutto un progetto di cambiamento che interessila cultura organizzativa della scuola e non solo alcuniinsegnanti disponibili.Ritengo che la qualità della formazione non possaessere una questione di “fortuna” (se capiti nella clas-se del docente aggiornato e competente, tutto bene,altrimenti sei stato “sfortunato”).È possibile abbandonare un attaccamento spesso ste-reotipato ad abitudini e a pratiche professionali oggicomunque obsolete per cominciare a delineare unascuola migliore?Portandosi dietro tutto il proprio portfolio.Io credo che i movimenti culturali, sociali e anchepedagogici oggi in evoluzione ci conducano alla ne-cessità di superare i blocchi che hanno espresso re-sistenza a qualsiasi riforma (anche contro la riformaBerlinguer, vi sovviene?).Al di là dell’inquietudine del passaggio da ciò cheprima era conosciuto e sicuro a ciò che sarà nuovoe destabilizzante, credo che sia necessario comin-ciare a pensare a una scuola dalla “testa ben fatta”oltre che a una scuola dalla “testa ben piena”, dovela quotidianità personale e scolastica degli alunnicoincidano nelle esperienze e nelle aspirazioni, e dove,oltre che insegnarla, si continui a produrre cultura.Anche di più.

Luciana FerraboschiDirigente scuola elementare di Leno

dell’infanzia. Alla compilazione del portfolio sono coin-volti anche la famiglia e l’allievo/a.- L’affidamento al docente “tutor” delle funzioni di orien-tamento per la scelta delle attività opzionali, di coordina-mento delle attività educative e didattiche, di cura dellerelazioni con le famiglie e di cura della documentazionedel percorso formativo compiuto dell’allievo/a.- L’introduzione dell’insegnamento della lingua ingle-se e dell’alfabetizzazione informatica fin dal primoanno della scuola primaria.- L’abolizione dell’esame di Stato alla fine della 5a

classe della scuola primaria per favorire la continuitàdidattica.

La riforma… con criticitàGli “anticipi”L’anticipo è questione seria e impegnativa che nonpuò risolversi in una pura e semplice scelta discrezio-nale delle famiglie, come risulta invece dal decreto.

Scuola dell’infanziaSembra un po’ un azzardo inserire bambini di 2 annie mezzo nelle attuali sezioni (sia omogenee per etàche eterogenee) senza nulla cambiare né nell’orga-nizzazione della scuola dell’infanzia, né nel rapportoalunni /docenti, né nell’impostazione pedagogica.

Scuola primariaUna evidente conseguenza è il fatto che possono tro-varsi in una stessa classe bambini divisi da 15-16mesi di età. In una classe prima età tanto lontane fraloro richiederebbero piani di studio e impostazionipedagogiche specifiche e diverse poiché la differen-za è significativa.

Una visione caratterizzata dalla accelerazione e dallaproduttività sembra sostituire la pedagogia dell’ac-compagnamento, dei tempi distesi e dell’orientamen-to progressivo e differito. In discussione non è se ilbambino di cinque anni sia in grado di imparare aleggere, scrivere e far di conto e il preadolescente unmestiere: la risposta è evidentemente affermativa.In discussione, ancora una volta, è la qualità del per-corso di sviluppo personale, di costruzione dell’iden-tità, di conquista degli alfabeti di base non solo stru-mentali, ma relazionali e culturali. Sarebbe dannosose i criteri guida fossero quelli di una sopravvaluta-zione del bambino o il desiderio di accorciare il per-corso scolastico ed entrare prima possibile nel mer-cato del lavoro.

Scuola – Famiglia e scuola – Comunità localeNessuno nega che un buon rapporto scuola-famigliasia importantissimo per l’educazione dei figli, né siintende negare che la famiglia e gli stessi studentidebbano avere buoni margini di scelta nei confrontidel proprio percorso scolastico. È altrettanto eviden-te, però, che le singole scuole non possono di annoin anno rincorrere e adattarsi ai vari desiderata dei“clienti”, stravolgendo organici, impostazioni currico-lari e pedagogiche, rischiando di trasformare le scuo-le in una sorta di supermarket dell’offerta formativa.Non esistono oggi le condizioni, futuribili, di “piani distudio personalizzati” per ciascun allievo, come capi-ta di sentir raccontare in giro. Per essere efficace edequa l’istruzione deve contestualmente fondarsi suuna forte autonomia delle scuole e su un democrati-co decentramento dell’amministrazione della scuola.

Il portfolioIl portfolio non va visto come un album della memo-ria, dei ricordi, delle vanità. In sé appare un’idea pro-mettente, occorre però una maggiore puntualizzazio-ne circa i criteri organizzativi e le finalità stesse delportfolio perché non venga ridotto a farraginosa equindi inutile raccolta di materiali indifferenziati.

Il docente tutorÈ il punto che ha suscitato le maggiori proteste eopposizioni. Il decreto prevede per tutti e due i gradi

scolastici (e anche per la scuola secondaria di primogrado) la funzione di “coordinamento” e di “docu-mentazione”. Nella scuola dell’infanzia questa funzio-ne non è strutturata, ma solo definita in termini gene-rali. Nella scuola primaria e secondaria le funzionisono invece ampiamente specificate e assegnateprioritariamente ad un docente “in possesso di spe-cifica formazione”. Allo stato attuale delle cose esisteuno stallo dovuto ad una sostanziale difficoltà diapplicare giuridicamente e contrattualmente questoaspetto di riforma. Si può comunque osservare chesulla figura in sé del “docente tutor-insegnante pre-valente” non è possibile esprimere un giudizio univo-co. Non ci sono motivi decisivi per il sì o per il no.Il bambino di 6-7 anni, per non dire quello di cinque,è un’unità ancora relativamente poco differenziata.Avere molte figure di riferimento può richiedere un’arti-colazione della personalità abbastanza flessibile, agi-le, rapida, il che potrebbe risultare in diversi casi unapretesa eccessiva. Un buon numero di bambini puòessere favorito dall’avere a riferimento una sola figu-ra fondamentale di docente, anziché due o tre o più(se si considerano anche le/i docenti di inglese, reli-gione, sostegno, eccetera).Dall’altro lato va considerato il fatto che, per i docen-ti, operare in due o in tre rappresenta un importantevincolo di collaborazione, di trasferimento reciprocodi ricchezza professionale e personale, una garanziadi maggiore effettività della programmazione e distrutturazione del percorso didattico ed educativo.Si sono create in questi decenni delle prassi ricche dirisultati. E, come saggiamente si usa dire, quel chefunziona non si dovrebbe cambiare.La contitolarità, prima di ogni altro significatoamministrativo o giuridico, ha un significato peda-gogico, implicando la corresponsabilità. Inoltre, pergli alunni rappresenta un arricchimento dell’espe-rienza, offrendo diversi modelli con i quali interagi-re, e creando una varietà di rapporti che finisceanche per tutelarli, nei casi non rari nei quali l’inte-razione con un solo insegnante non sia delle miglio-ri. La riforma sembra muoversi verso la direzione diproporre un modello che preveda un insegnanteprevalente e alcuni “specialisti, che è certamente lapiù economica, ma che pare un arretramento, tantosul piano della qualità professionale, quanto sulpiano pedagogico.

Inglese e informaticaSono state presentate come due grandi novità dellariforma. È doveroso ricordare che in moltissime scuolequeste “anticipazioni” sono divenute delle attività con-solidate. Addirittura per l’insegnamento della linguainglese la quota oraria assegnata dalla riforma è infe-riore a quella che era divenuta consuetudine. Per quan-to riguarda l’alfabetizzazione informatica potrebbeessere più utile pensare a questa attività non come adun insegnamento a se stante, ma come strumento dellacomunicazione che permetta agli/alle alunni/e il rag-giungimento di competenze che la società contempora-nea ritiene indispensabili.

Una conclusioneDiventa sempre più importante fare allora riferimentoall’autonomia scolastica che considera la scuola unarealtà aperta ed integrata nel territorio, al serviziodella società e responsabile del servizio pubblico del-l’istruzione.L’autonomia, sia essa didattica che organizzativa,diventa la carta vincente per poter affermare la qua-lità dell’offerta formativa di ogni istituzione scolasticacoinvolgendo nel cambiamento e nella trasformazio-ne le diverse competenze, professionali e dirigenzia-li, che permettano di costruire una scuola che si pro-pone come luogo di elaborazione di sapere garante disuccesso formativo inteso come piena formazionedella persona umana.

Carlo ValottiDirigente scuola elementare di Trenzano

Una scuola ben fatta. Anche di più.Scuola dell’infanzia e primaria: quale riforma?(continua da pag. 1) (continua da pag. 1)

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SPECIALE SCUOLA | 9BASSAVoceLa scuola media

La riforma Moratti e la scuola secondaria di primo grado

Legge 53/03 – Decreto legislativo 59/2004

Articolazione del ciclo e periodiIl primo ciclo d’istruzione, previsto dalla legge 53/2003, è costituito dalla scuola primaria (ex scuola elementare)della durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado (ex scuola media) della durata di tre anni,ciascuna con specifiche caratteristiche.

Scuola secondaria di primo gradoLa struttura della scuola secondaria di primo grado si articola in un periodo didattico biennale e in un terzo annoche completa l’itinerario disciplinare, assicura l’orientamento didattico e fa da raccordo con il ciclo delle scuolesecondarie di secondo grado (ex scuole superiori).

Tempo scuolaL’orario annuale obbligatorio delle lezioni è di 891 ore, alle quali si devono aggiungere 198 ore opzionali e facol-tative, per gli allievi, organizzate dalla scuola per realizzare il profilo educativo, per permettere agli alunni di acqui-sire competenze e per valorizzarne le inclinazioni e le attitudini.Le 891 ore obbligatorie annuali, corrispondenti a 27 ore settimanali, sono così suddivise in media fra le discipline:

Disciplina OreItaliano 203Storia 60Geografia 50Matematica 127Scienze 85Tecnologia 33Inglese 54Seconda lingua comunitaria 66Arte e immagine 60Musica 60Scienze motorie 60Religione 33Totale 891

Nel precedente ordinamento le ore obbligatorie settimanali erano 30 per le classi a tempo normale e 36 per quel-le a tempo prolungato e, per questo, in quasi tutte le materie si è verificata una diminuzione del monte ore annua-le/settimanale.Le 198 ore annuali d’attività opzionali e facoltative (corrispondenti a 6 ore settimanali) costituiscono un’offertaaggiuntiva che la scuola mette a disposizione delle famiglie e dei ragazzi. Alcune possono essere connesse diret-tamente con le materie curricolari obbligatorie, altre possono seguire percorsi diversi.Alunni e famiglie possono quindi, all’atto dell’iscrizione, integrare il percorso obbligatorio con l’aggiunta di attivitàopzionali seguendo l’offerta formativa dell’istituto. Le ore curricolari obbligatorie e le attività opzionali scelte e fre-quentate costituiscono il piano di studio personalizzato dell’alunno.A tale offerta va aggiunto il tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa.

Valutazione, scrutini ed esamiLa valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli allievi e la certificazione delle competenze da loroacquisite sono affidate ai docenti. Il passaggio da un anno all’altro del primo biennio è automatico; solo in casieccezionali e didatticamente motivati un alunno può essere non ammesso alla classe successiva. Alla fine delbiennio i docenti effettuano la valutazione ai fini del passaggio al terzo anno, accertando il raggiungimento degliobiettivi formativi di ciascuna disciplina e delle attività opzionali seguite da ogni alunno ed esprimendo un giudi-zio sul comportamento, inteso come grado d’interesse, modalità di partecipazione alle regole educative dellaclasse e della scuola, impegno e capacità di relazione con gli altri. Il terzo anno si conclude con un esame distato, che è titolo d’accesso al sistema delle scuole superiori.

TutorLa legge prevede l’introduzione delle figura del docente tutor, fornito di specifica formazione, con il compito di:- assistenza tutoriale a ciascun alunno;- relazioni con le famiglie;- rapporto con il territorio;- orientamento per la scelta delle attività opzionali per famiglie ed alunni;- coordinamento dell’attività educativa e didattica;- cura della documentazione del percorso educativo dello studente con l’apporto degli altri docenti.L’introduzione della figura del docente tutor non è ancora ben definita ed è tuttora oggetto di contrattazione sin-dacale e di riflessione da parte dei collegi dei docenti.

PortfolioAltra novità della riforma è il portfolio, che documenta il percorso formativo dell’alunno e certifica le competenzeacquisite da ciascuno studente.La compilazione del portfolio, oltre che il diretto coinvolgimento dell’allievo, esige la reciproca collaborazione frafamiglia e scuola.Il portfolio, con precise annotazioni di docenti e genitori, seleziona in modo accurato:- materiali prodotti dall’allievo singolarmente o in gruppo, capaci di descrivere le più spiccate competenze del soggetto;- prove scolastiche indicative della padronanza degli obiettivi specifici di apprendimento;- osservazioni dei docenti e della famiglia sui metodi d’apprendimento;- commenti sul lavoro personale ed elaborati significativi;- indicazioni che emergono dalle osservazioni sistematiche e dai colloqui insegnanti-genitori-studenti.La struttura del portfolio è affidata allo studio dei collegi docenti, per una realizzazione organica che fruisca anchedelle esperienze di valutazione già adottate e sperimentate nelle varie scuole.

Le indicazioni nazionali per i piani di studio individualizzatiLe indicazioni nazionali rappresentano, in via transitoria, il riferimento per l’assetto pedagogico, didattico e orga-nizzativo dei piani di studio personalizzati nonché della consistenza oraria delle discipline.

Il profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione(6-14 anni)Il documento sintetizza i livelli di maturazione personale, d’acquisizione di saperi e di capacità operative che glialunni devono conseguire per prepararsi ad essere persone e cittadini in grado di trasformare le conoscenze ele abilità operative apprese a scuola in competenze da esercitare ed utilizzare nei vari momenti della loro vita.

Giovanni Minervini Dirigente scolastico Scuola media statale “M. Buonarroti” – San Paolo

La scuola superiore

Riforma o controriforma?Salvo imprevisti o scivoloni del governo Berlusconi bisentro l’estate usciranno i decreti per le scuole superiori inattuazione della legge n. 53 del 2003. La riforma partiràdal 1° settembre 2006.Ai ragazzi che escono dalla terza media si aprono leseguenti strade:- iscrizione a uno degli otto licei (classico – scientifico –economico – tecnologico – linguistico – artistico – musi-cale – delle scienze umane), durata quinquennale fino alconseguimento del diploma a 19 anni;- frequenza di una scuola di istruzione e formazione pro-fessionale regionale fino a 17-18 anni col raggiungimen-to di una qualifica;- compiuti i 15 anni possono stipulare un contratto di lavo-ro configurato come apprendistato per l’espletamento deldiritto-dovere di istruzione e formazione (D.L. 276/03),chiedendo di svolgere la formazione dai 15 ai 18 anniattraverso l’alternanza scuola-lavoro sotto la sorveglianzadi una scuola superiore.Sarà poco praticabile il passaggio dalla formazione regio-nale ai licei, visti i programmi scolastici radicalmentedistinti, sarà invece più facile il passaggio contrario.La riforma segna quindi la scomparsa delle scuole tecni-che; niente più ragionieri, geometri, periti elettronici, mec-canici, chimici. Il nuovo liceo economico o tecnologico nonsarà professionalizzante; di conseguenza gli studentidovranno frequentare quantomeno un corso triennale di

università per avere un titolo professionale (spendibile sulmercato del lavoro).Pertanto potranno iniziare a lavorare a 22-23 anni, rispet-to ai 19 attuali e ai 18 anni dei loro coetanei europei.Per entrare nel dettaglio, nel liceo economico (ex Igea) etecnologico-informatico oppure ambientale e del territorio(ex geometri) si passerà dalle attuali trentasei ore a venti-sette obbligatorie più tre ore (biennio) o sei (triennio) facol-tative a scelta dello studente.I nuovi programmi prevedono una riduzione drastica delleore e delle materie di indirizzo a favore di nuove materiecome filosofia, musica e arte.Calo del 50% delle ore di educazione fisica, questo inbarba alla necessità di fare sport e non di parlarne al bar.Poco cambierà nel liceo classico, invece diminuzione dra-stica delle ore di latino allo scientifico.Aumentano per tutti il numero delle materie, fino a 13, aseconda degli indirizzi, mettendo in dubbio l’idea stessa diliceo, scuola che dovrebbe avere un asse culturale conpoche discipline studiate in maniera organica e approfon-dita.Diversificare l’offerta non significa fare tanti licei, annac-quandone l’identità, ma proporre differenti e solidi approc-ci al sapere.

Giancarlo BertolettiDirigente scolastico IIS “Cossali” – Orzinuovi

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10 | SPAZIO CULTURA BASSAVoce

Rileggo il capolavoro di Flaubert a distanza didieci anni ed è una sorprendente ri-scoperta!Mi sembra di vederla… Emma, con “la suavestaglia tutta aperta che lasciava intravedere,

tra i risvolti a scialle del corpetto, una camicet-ta pieghettata, con tre bottoni dorati”. Lei, che“desiderava di morire e insieme di abitare aParigi”.Emma Bovary è qualcosa di più della moglie diun medico di campagna che cerca di supera-re le frustrazioni e il grigiore dell’esistenza nellusso e in desolate avventure extraconiugali.Sognante e impulsiva, Emma si è tramutatain simbolo e – come Don Chisciotte, Amleto,Faust – ha dato il suo nome a una certa ma-niera di sentire e di vivere che, pur essendo lacaratteristica di un’epoca, ha le sue radiciprofonde nell’essere umano di ogni tempo.Con Emma Bovary, Flaubert fa di una piccolaprovinciale il simbolo di una malattia dell’ani-ma che, ormai, non si può chiamare altrimen-ti che “bovarismo”.E il bovarismo è “fastidio del quotidiano, no-stalgia dell’impossibile, gusto del disordine”(D. Valeri), insofferenza del reale. Flaubert, ilsuo creatore, diceva: “Madame Bovary, c’estmoi!”. Egli, infatti, non è stato che un’Emmache ha acquistato coscienza del suo male eche ha cercato di liberarsene rifugiandosi nel-la scrittura.Chissà quanti di noi si riconoscono in Emma,

forse in ognuno c’è una seppur piccola partedi lei. Nella nostra fatica di vivere il quotidiano,nella “dimensione del vuoto” (P. Crepet), che inalcuni momenti ci pervade, in quell’angosciasottile e costante di cui tace la storia, ma chefa parte dell’esistenza allo stesso modo deigrandi dolori e delle grandi passioni.L’essere uomini è anche sentire che non bastanutrirsi, sopravvivere non è sufficiente!Il divino è comprendere che il senso di insod-disfazione che a volte ci investe è un richiamodell’anima, di quella parte che da sempre ten-de all’infinito. L’importante è non lasciarsenedistruggere, come è successo a Emma.Credo che la vera sfida, cui ogni essere uma-no è chiamato, sia davvero prendere coscien-za di quella parte di noi e imparare a dialoga-re con essa.Chissà cosa sarebbe accaduto se Emma, inve-ce di cercare disperatamente fuori da sé, aves-se guardato dentro se stessa, verso la propriaanima.Alzo un attimo lo sguardo… eccola di nuovo,con quel suo viso da bambina… mi sorride, sivolta… è già lontana, verso nuovi sogni…

Maria Grazia Acerbis

Bernardo Soares è, come lo stesso FernandoPessoa, un impiegato di concetto in una fabbri-ca di tessuti di Lisbona. Divide i suoi giorni tral’ufficio e la camera in affitto dell’albergo in cuivive.È un uomo solitario, dalla vita completamenteimmersa nel tedio di infiniti giorni sempre ugua-li; un uomo, oltre che solitario, del tutto solo almondo: senza parenti (tra i quali fu comunque,come scrive lo stesso Pessoa/Soares, semprecome un alieno), senza amici, senza una perso-na che lo ami e da amare, al punto da esserefelice e sereno all’idea di passare ore e ore nel-l’ufficio di Rua dos Douradores (è quasi commo-vente l’ansia che lo pervade all’idea di un gior-no di riposo in più in una settimana).Una volta rientrato nella sua camera passa il

tempo spiando la vita degli altri da una finestra(dal mio quarto piano sull’infinito, nella plausibi-le intimità della sera che sopraggiunge, a unafinestra che dà sull’infinito delle stelle […]) escrivendo, scrivendo molto, scrivendo perchéunico modo per sopravvivere ad una così gran-de solitudine, accentuata anche dal sonno chela notte non sempre portava con sé.È un libro senza una precisa struttura, difatti èperlopiù composto da appunti che non semprepossono essere collocati in una corretta succes-sione temporale. Tratta e ritratta infinite volte glistessi argomenti come un vero e proprio diariopersonale, questo forse perché lo stesso Pessoain una lettera scrisse che considerava BernardoSoares non come un eteronimo ma come unsemi-eteronimo «perché pur non essendo la suapersonalità la mia, dalla mia non è diversa, mane è una semplice mutilazione: sono io senza ilraziocinio e l’affettività».Ciò che incuriosisce parecchio dell’autore, comefa notare Marzio Breda in una prefazione ad unlibro del poeta portoghese, è che è un po’ comese avesse un legame con la sua scelta dell’uti-lizzo degli eteronimi (ne utilizzò si crede almeno24) al fine di essere «non tanto uno scrittorequanto un’intera letteratura», ossia «una solamoltitudine», nel suo stesso cognome. Pessoain portoghese significa, infatti, “persona” e taleparola in latino sta per “maschera” dell’attore;la stessa parola in francese (personne) signifi-ca, oltre che “persona”, anche “nessuno” seusata come pronome indefinito.Oltre al tema dell’identità, in questo diario/ro-manzo l’autore affronta anche temi quali la ge-nerale insoddisfazione nei confronti di tutto ciòche è la vita, quella perenne ricerca di quantonon c’è (C’è sempre la pena quando la pena ciduole e il sogno quando il sogno ci culla.

C’è sempre quello che c’è e mai quello che do-vrebbe esserci, non perché è meglio o perché èpeggio, ma perché è altro. C’è sempre…), il te-dio, e molte pagine sono spese per tentare di di-stinguerlo dalla noia, la morte, la sofferenza,l’incomprensione… Riflette in fondo su tutto ciòa cui penserebbe qualsiasi persona che si tro-vasse in uno stato di isolamento forzato, ma lofa da poeta, da grande poeta. È un testo in pro-sa ma Pessoa non scorda di affascinare il suolettore con quella musicalità che è tipica solodella poesia, con quel qualcosa in più che fa tra-spirare dai suoi scritti non solo la sua interiorità,ma l’intera sua città, la sua stanza d’albergo, lesue lenzuola che lo avvolgevano mentre sveglioa letto si tormentava nei suoi pensieri, la sua fi-nestra dalla quale si può vedere Lisbona adogni ora del giorno e ad ogni momento dell’an-no, dalla quale si può persino seguire la vita diquelli che erano i vicini di casa del semi-etero-nimo Bernardo Soares.È insomma un libro che parla della quotidianità.Una quotidianità che deborda dalle pagine e arri-va ad investire con tutta la sua inquietudine, cal-ma e anche con della vera e propria noia, il letto-re che è quasi come se si trovasse a viverel’intimità dei pensieri di questo personaggio fan-tastico che, attraverso la penna di Pessoa, vive inogni persona che legga con la più fervida realtà.

Fernando PessoaIIll lliibbrroo ddeellll’’iinnqquuiieettuuddiinneedi Bernardo Soares279 paginetitolo originale: Livro do desassossego por Bernardo Soares

Dorina Tagliani

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“WAITING FOR…” Prossimamente al cinema

Batman begins

Fantasticodi Christopher Nolancon Christian Bale, Liam Neeson,Gary Oldman, Katie Holmes,Rutger Hauer, Morgan Freeman

“Batman begins”, ovvero la gene-si, gli inizi “professionali” di quelpersonaggio che da sessant’annia questa parte popola l’immagi-nario collettivo di fumettari e cine-fili, curiosi ogni volta di saperequali vicissitudini l’uomo dallesembianze di pipistrello possaavere ancora in serbo per scon-

figgere la criminalità assiepata nella città di Gotham City.Questa volta però le avventure dell’eroe della DC Comics, nato dall’e-stro creativo di Bob Kane, non sono semplici lotte nelle fogne diGotham City e nemmeno la risoluzione di enigmi. Questa volta l’atten-zione è tutta sulla lotta interiore, psicologica, che Bruce Wayne dal-l’età di otto anni avverte nel suo profondo, dopo che l’assassinio deisuoi genitori lo spinge a vendicarne la memoria.Ci si prepara allora il 17 giugno 2005 in tutte le sale italiane ad assi-stere all’ennesima creazione cinematografica di Batman, divo in pel-licola a partire dal 1989, anno in cui Tim Burton firmò la prima regiadi una saga fatta di tre sequel, i quali, nonostante tutto, non raggiun-sero mai la qualità tecnica e narrativa del primo (toccando il fondocon “Batman e Robin”, protagonista il pur bravo George Clooney).Chissà se questa volta il regista Christopher Nolan, insieme al polie-drico e talentuoso attore Christian Bale (protagonista del bellissimothriller psicologico “L’uomo senza sonno”), non riescano davvero arenderci l’eroe notturno un po’ meno oscuro e magari, vista l’eccel-lenza del cast, nemmeno a farci rimpiangere il prezzo del biglietto.

Mabruk

“Il cinema in casa”Le uscite in DVD

La terradell’abbondanza(The land of plenty)

GermaniaDrammatico – 118 minutidi Wim Wenderscon Richard Edson, John Diehl,Michelle Williams

Paul, veterano paranoico del Viet-nam convinto di continuare la sua guerra contro ipotetici terroristi, eLana, la nipote idealista e umanitaria cresciuta in Africa e MedioOriente, figlia della sorella “Liberal”: questi sono i due protagonisti de“La terra dell’abbondanza”, ultimo film di Wim Wenders che ci ac-compagna in un viaggio sospeso tra la periferia di Los Angeles, unpaesino perso nel deserto, sino a Ground Zero, per scoprire cosa sinasconde dietro la morte di un pakistano.Assistiamo al confronto tra gli Stati Uniti di Bush e gli altri Stati Uniti,quelli che vorrebbero essere ancora definiti la patria della libertà eche invece devono fare i conti con le ansie del dopo 11 settembre,schiacciati dall’angosciante attesa di una nuova catastrofe. Unaterra chiamata ironicamente “dell’abbondanza”, sopraffatta invecedalla miseria, dove i senzatetto affollano mense e marciapiedi, doveimpera il senso di non appartenenza, frutto di un’incontrollata glo-balizzazione.Il regista dà vita ad un film ricco di immagini colte al volo che si accom-pagnano ad una splendida colonna sonora, e riesce nel difficile compi-to di renderci “vicino”, familiare, ogni personaggio, persino il più con-dannabile, dimostrando in tal modo che forse non esiste un “cattivo”assoluto, e che troppo spesso siamo vittime di falsi pregiudizi.

Maria Lazzari

Rubrica Cinema

Fernando Pessoa

Fernando Pessoa:Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares

Gustave Flaubert

Emma Bovary? … c’est moi!

Per le lettere al direttore e per le inserzioni pubblicitarie

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SPAZIO CULTURA | 11BASSAVoceChi si occupa di ricerca scientifica raramente incontrauna così profonda relazione tra uno specifico settoredella moderna scienza medica e il grosso eco nell’opi-nione pubblica come si è verificato per le cellule sta-minali (CS). Certamente il motivo principale di questoforte interesse è rappresentato dalla promessa dinuove ed interessanti prospettive terapeutiche per lacura di malattie sino ad ora incurabili quali quelle neu-rodegenerative (Parkinson, Alzheimer, eccetera), il dia-bete ed alcune patologie congenite, oltre che per ilcambiamento radicale e profondo che lo studio di que-ste cellule sta producendo nello stesso pensiero meto-dologico scientifico e nel dibattito bioetico. Per questaragione è importante definire chiaramente il significa-to biologico di cellula staminale.Con l’aggettivo “staminale” si fa riferimento a quellapopolazione di cellule “prime” immature dalle quali pren-deranno origine tutte le cellule mature dell’organismoadulto. In biologia questi concetti sono noti da molti annie già nel 1819 Rudolf Virchow sentenziava nel suo trat-tato di patologia cellulare: “Omnis cellula a cellula”, tra-mandandoci, quindi, il concetto di cellula staminale.Il destino della CS è duplice: può autoriprodursi indefini-tamente dando origine ad una popolazione di cellule tutteidentiche o, in seguito ad appropriati stimoli, dividersi incellule specializzate con una ridotta capacità proliferativae che si distribuiranno nei vari tessuti dell’organismo.Nell’organismo adulto le CS intervengono nei processi dimantenimento e di riparazione. Esistono diversi tipi di CS.

Subito dopo la fecondazione lo zigote si divide dandoluogo ad un piccolo aggregato di cellule che prende ilnome di morula. Ogni cellula della morula è definitacome cellula staminale totipotente, cioè capace da soladi dare origine a tutti i tipi cellulari che compongonol’embrione ed ai tessuti extra-embrionali necessari perl’impianto nella parete uterina e per lo sviluppo dell’orga-nismo. Prima dell’impianto, la morula continua a prolife-rare originando una struttura detta blastocisti, dalla qualesi isolano le cellule staminali embrionali (ESC) definitecome pluripotenti, cioè capaci di dare origine a tutte lecellule dell’organismo, ma non ai tessuti extra-embriona-li: questo significa che le ESC da sole non possono darluogo ad un organismo completo. È importante sottoli-neare che la blastocisti si forma prima dell’impianto nel-l’utero e che, quindi, può essere prodotta in vitro, rappre-sentando la più importante fonte di ESC. L’utilizzo di que-ste cellule è eticamente accettabile se si consideranocome inizio della vita biologica l’impianto in utero e le fasidi sviluppo successive.Subito dopo l’impianto il processo differenziativo conti-nua con la formazione dei tre foglietti embrionali (endo-derma, ectoderma, mesoderma) da ognuno dei quali ori-gineranno tutti i tessuti. L’intera mappa del futuro organi-smo viene tracciata durante questo evento fondamenta-le. Le cellule staminali presenti nei tre foglietti sono mul-tipotenti, cioè capaci solo di dare origine a cellule diffe-renziate che derivano dal foglietto cui appartengono. Lecellule staminali multipotenti sono state isolate in nume-

rosi organi dell’organismo adulto e vengono comune-mente definite cellule staminali adulte (ASC). In altri ter-mini, le ESC possono, se stimolate in modo appropriato,dare origine a tutte le cellule dell’organismo (muscolari,nervose, cardiache, eccetera), mentre le ASC possonosolo dare origine alle linee cellulari del foglietto embrio-nale da cui derivano (solo muscolari o nervose o cardia-che, eccetera). Infine, le cellule staminali multipotenti sidifferenziano dando origine a cellule “progenitrici” desti-nate a differenziarsi in un solo tipo di cellula specializza-ta (unipotente) e non più staminale.Riassumendo, le cellule staminali cui si fa correntemen-te riferimento nelle discussioni su questo tema vengonodistinte in due categorie: le ESC, di origine embrionale, ele ASC, presenti in quasi tutti i tessuti adulti. Inoltre, si faspesso riferimento all’utilizzo della tecnica di trasferi-mento nucleare che permette di trasferire in un ovocitaprivato del proprio nucleo il nucleo di una cellula matura.Il grande vantaggio di questa tecnica è quello di poterottenere ESC in vitro con un patrimonio genetico identicoa quello dell’organismo che ha donato il nucleo, risolven-do il problema della compatibilità e del rigetto qualora siutilizzino le ESC ai fini terapeutici. L’utilizzo di questa tec-nica per produrre ESC in vitro viene indicato con il termi-ne di “clonazione terapeutica” e va distinta dalla “clona-zione ai fini riproduttivi”, così come è stato per la pecoraDolly.In conclusione, le cellule staminali offrono oggi interes-santi prospettive per lo sviluppo di nuove terapie per

malattie ancora incurabili. Ostacolare gli studi e laricerca su tale argomento a questo punto sarebbecome compiere un passo indietro rispetto al progressoscientifico.

dr. Pietro Luigi Poliani

ASSEMBLEA ORDINARIABorgo San Giacomo30 maggio – ore 21Salone Polifunzionale Oratorio Borgo San GiacomoElezione Componenti Consiglio Direttivo

TAVOLA ROTONDA SU: REFERENDUM PROCREAZIONE ASSISTITALograto12 maggio – ore 21 - Teatro Comunale

Quinzano26 maggio – ore 21 - Sala consiliare (Teatro Comunale)È previsto un incontro sullo stesso tema anche ad Orzinuovi

“Omnis cellula a cellula”, ovvero le cellule staminali nella scienza moderna

Calendario degli incontri dell’Associazione Communitas

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12 | GLOBALE/LOCALE BASSAVoceDalle due tazze di caffé saliva una linea di fumo che siperdeva nell’aria lasciando solo una scia di aroma, sopradi noi il cielo era di un blu intenso, la polvere era statasciacquata via dal temporale, ora, oltre i profili della cittàdi Quito, si stagliavano all’orizzonte le imponenti sagomedei vulcani. I caffé ce li aveva serviti una signora corpu-lenta, dalla pelle color ocra e i lineamenti indios, poi conun’andatura lenta e pacata era tornata a stravaccarsisulla poltrona logora all’ingresso del bar.Julio fissava quella lieve linea di vapore, le sue parolesembravano salire verso il vento come il fumo caldo, mavenivano da un ricordo nero, cupo, come il fondo di quel-la tazza di caffé.Eravamo di ritorno da un viaggio di tre giorni, i nostri ve-stiti erano impolverati dalle strade sterrate che cavalca-no vertiginosi passi andini; erano stati giorni stupendi, ioero in Ecuador con la missione “Microfinanza Campesi-na” e dovevo fare un servizio fotografico per un quotidia-no italiano a Salinas, un villaggio perso sulla cordiglierad’Ecuador, simbolo del riscatto campesinos, dove le coo-perative guidate da padre Polo avevano cancellato lospettro della miseria e ridato speranza ai poveri. Julio, inuna valle lungo la strada, doveva fotografare i coltivi, su-dore delle schiene dei campesinos, bruciati dalla ceneredi un vulcano che in quei giorni era in eruzione e avevacompromesso il raccolto di quella vallata già segnatadalla povertà; avrebbe poi scritto e fatto appello per con-vogliare soccorsi e aiuti per quella gente.Ora, senza togliere lo sguardo dalla linea di vapore delcaffé, mi stava raccontando della sua vita, io ascoltavo insilenzio, prendendo appunti sulle ultime pagine pulite diun taccuino. Era nato nel 1947 in Cile, quel lungo paesestretto tra la Cordigliera delle Ande e l’Oceano Pacificoper mille e mille chilometri, con paesaggi di estrema bel-lezza dal deserto dell’Atacama alle fredde terre dellaPatagonia. Il padre e i fratelli erano rimasti aggrappatialle pendici delle Ande a coltivare viti da vino; Julio, dopogli studi di ingegneria, aveva trovato posto alla Citroëncilena. Sin dai tempi dell’università aveva lottato per l’u-guaglianza sociale, i diritti umani, molte e troppe voltecalpestati nei paesi dell’America Latina, terra fertile per

dittature sanguinarie al guinzaglio delle multinazionali deipaesi paladini della “democrazia”.Strinse con disinvoltura la tazza con le sole due dita chegli rimanevano e bevve un sorso di caffé bollente.Il sogno socialista di Allende durò poco, in un mattino inostri valori di democrazia scomparvero e sprofondarononel fango dell’ingiustizia e della violenza, come la polve-re dopo il temporale; non trovammo il tempo per render-ci conto di quello che ci stava accadendo, del valore dellalibertà che avevamo costruito con fatica e che di colpo cicrollava addosso con tutto il suo dolore.Entrarono una mattina di settembre del 1973, Santiagoera in fiamme, il Cile viveva nella paura del terrore, lo sta-dio si riempiva di innocenti; le foto dei loro occhi sbarra-ti a migliaia dietro la recinzione metallica o sulle gradina-te fecero il giro del mondo, ma il mondo fece finta di nonvedere o decise volutamente di tacere mentre nello sta-dio maledetto si consumavano torture e morte. Quei volti,anni dopo, entreranno nella storia cupa dell’uomo come“desaparecidos”.Entrarono senza bussare nella nostra vita, le bambinepiangevano disperate, non capivano, cercai come potevodi difenderle, mi schiacciarono a terra, sentii il doloreacuto dei colpi del calcio dei mitra, poi con violenza mimassacrarono la mano… guardavo le bambine e… miamoglie…Ci fu un lungo, interminabile silenzio, io rimasi impietrito,il male sembrava avvolgerci denso, quasi reale, Juliocontinuava a fissare quella lieve linea di vapore che sali-va dal nero della tazza del caffé, nessuno ruppe quelsilenzio, quel senso di vuoto, di disperazione, di impoten-za, di dolore…Me l’han matada… Dios mio! – (Me l’hanno uccisa…Dio mio!)Non rivide mai più sua moglie, le due figlie le abbracciòsolo quando il sanguinario dittatore Augusto PinochetUgarte, nelle prime elezioni pubbliche dopo anni di ditta-tura e morte, nell’ottobre del 1988, perse il referendum.Il dittatore fiero del suo “buon” operato disse ai suoi fidi,dopo la sconfitta elettorale:Nella storia vi fu altro plebiscito, il popolo doveva sce-

gliere tra Cristo e Barabba, e scelse Barabba!Gli anni che seguirono la rocambolesca fuga di Julio dalCile, aiutato dalla Croce Rossa tedesca, furono di conti-nua crescita interiore, maturata verso un’idea profondadi giustizia e di pace; in Nicaragua sostenne con la suamilitanza il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, neuscì con la convinzione che la giustizia sociale si conqui-sta lottando senza armi. Per quasi dieci anni di latitanzadivise un piccolo appartamento con l’amico scrittore LuisSepulveda.Luis usava la penna, io la macchina fotografica e la cine-presa, per raccontare la realtà umana, l’indigenza dellagente latino-americana, per dare voce ai poveri, schiaviinnocenti dell’ingiustizia sociale del mondo.Ma la giustizia non è di questo mondo, il dittatore cilenovive beato e scusato; la storia né condanna né perdona,dimentica, e puntualmente cade nella banalità del male.Dentro di me porto sentimenti di rabbia e perdono, unpoco e un poco, momenti duri della vita che non voglio-no passare e speranze che si accendono. In Ecuador horitrovato un equilibrio, una famiglia; lavoro per i poveri,per dar risalto ai loro mille problemi, per riscattare la lorocultura e dignità. Ora mi sto impegnando per il popolodella selva amazzonica, per i campesinos delle Ande, pergli ultimi; combatto una battaglia senza armi e sognogiustizia e pace per il mio popolo. Non ho un’automobi-le, non ho una casa, ho però la soddisfazione di servirela causa dei poveri e costruire una coscienza sociale.Nelle parole di Julio che ascoltai in un religioso silenzio,lessi il coraggio del vivere il presente; nel ricordo del pas-sato non c’era rabbia, ma indignazione come stimolo perlottare e credere in un mondo migliore.Restammo insieme altri giorni a Quito, parlammo a lun-go, avevamo entrambi una passione per le montagne el’avventura, ci scambiammo una promessa: sarei ritorna-to per legarci in cordata e salire le altissime cime ghiac-ciate che bucano le nuvole dei vulcani d’Ecuador.Non ho fatto in tempo a mantenere la mia promessa, lasorte lo ha strappato dalla vita mentre era là in mezzo allasua gente, mentre filmava in piazza a Quito volti e vociche chiedevano giustizia. Ricevo la notizia da un articolo

di “Peacereporter”, subito confermata da una e-mail:«Un clima da guerra civile sta caratterizzando Quito inqueste ore. Negli scontri è morto un giornalista cileno,Julio Agusto García, fotoreporter di 58 anni, che davent’anni viveva in Ecuador, costretto a fuggire dalla dit-tatura cilena di Pinochet».Perdere un amico è provare il dolore di una ferita profon-da difficilmente curabile dall’illusione che sia solo sorte odestino.Rimane il ricordo del nostro abbraccio all’aeroporto e poida lontano delle sue braccia alzate, del sorriso solare trala folta barba bianca – Feliz viaje, amigo mio – e di meche alzavo le braccia per gridare – Suerte Julio – (Buonafortuna Julio).Vorrei gridarlo, ora, ancora al suo spirito.

Valerio Gardoni

Me l’han matada… dios mio!

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14 | QUINZANO-SAN PAOLO BASSAVoceSensibile al problema dell’inquinamento atmosferico, che tante difficoltàha provocato nell’ultimo inverno (si pensi ai numerosi blocchi del traffi-co…), l’Amministrazione comunale di Quinzano d’Oglio ha provveduto adacquistare e a posizionare presso le scuole elementari (angolo via Giovan-ni XXIII e via Manzoni) una centralina per il controllo dell’inquinamento at-mosferico ed elettromagnetico.La Bassa bresciana è particolarmente esposta ai problemi dell’inquinamen-to soprattutto per la mancanza quasi totale di venti che permettano ilricambio dell’aria. Tali problematiche vanno affrontate anche perché sonodiventate un’emergenza sanitaria, con costi sociali e sanitari molto elevati.Tutti i comuni italiani sono tenuti a rispettare la normativa europea sulleemissioni inquinanti nell’aria, con i limiti da rispettare che Bruxelles hadeciso di imporre entro il 2010.La centralina installata a Quinzano, certificata e brevettata dal CNR –IIA (Centro Nazionale delle Ricerche – Istituto Inquinamento Atmosfe-rico) e distribuita in esclusiva dalla ditta Piramis SAS di Montichiari, èdotata di un sistema di monitoraggio dell’aria al fine di stabilire obiet-tivi per la protezione della salute e dell’ambiente, valutare la qualitàdell’aria sulla base di metodi e criteri comuni e raccogliere informazio-

ni da rendere disponibili al pubblico. Le sostanze monitorate sono: ilbenzene, l’ozono, il biossido di azoto, il biossido di zolfo e l’ossido diazoto. Il contenitore è dotato di un attacco per un rilevatore di campielettromagnetici.Il controllo dei dati sarà bimestrale, benzene, biossido di azoto e ozo-no o altro in primavera-estate; benzene e biossido di azoto in autun-no-inverno. I campionatori sono passivi, il funzionamento degli appa-rati si basa sull’assorbimento delle molecole di inquinante da partedelle apposite membrane sulle quali si depositano selettivamente gliinquinanti che si desidera rilevare. Dopo il periodo di campionamentola membrana viene estratta ed il suo contenuto viene analizzato conmetodi chimici strumentali al fine di stabilire la concentrazione in es-sa dell’inquinante monitorato. Successivamente il CNR trasmetterà idati all’ufficio ambiente, il quale provvederà a renderli pubblici all’in-dirizzo web www.quinzano.it e pubblicandoli sul mensile locale l’Aral-do di Quinzano.

Graziano BolzaniAssessore all’Ambiente del Comune di Quinzano d’Oglio

Installata la centralina per il controllo dell’inquinamentoNovità dall’Assessorato all’Ambiente di Quinzano

Da San Paolo un ponte di solidarietàtra Italia e Romania

Solidarietà Italia-Romania

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Artisti in Piazzadomenica 22 maggio 2005

dalle 8 alle 20Piazza Garibaldi

Esposizione di opere d’arte,artigianato e hobbistica

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Libri in Concerto(seconda edizione)

sabato 28 maggio 2005 Un percorso culturale

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Continua a San Paolo l’attività del-l’associazione “Famiglie e Solida-rietà”, nata dalla generosità di ungruppo di genitori che si sono ripro-messi di aiutare l’infanzia abbando-nata in Romania, dove il problema,dopo la rivoluzione del 1989, rap-presenta una grave emergenza. Nel1998 questi genitori, avendo cono-sciuto una comunità di suore gre-co-cattoliche della congregazione“Madre di Dio” che accudivano nel-la loro Casa di Accoglienza di Cluj-Napoca, sui monti della Transilvania,una ventina di piccoli abbandonati(molti dei quali non avevano ancoratre anni di età), hanno deciso di fa-re il possibile per aiutarle a garan-tire agli orfani tutto il necessario.Hanno così dato vita all’associazio-ne, che per prima cosa si è assun-ta l’onere di assicurare alla casa diCluj-Napoca il versamento annualedi 8.000 euro e si è subito dopo at-tivata per trovare la collaborazionedi altri volontari. «Da quando ha ini-ziato l’attività, la casa di accoglien-za è riuscita a mandare 180 bam-bini in adozione definitiva pressofamiglie rumene o straniere, dice ilpresidente dell’associazione Alber-to Pasini.Un risultato eccezionale che pre-mia il lavoro instancabile e amore-vole di queste suore coraggiose, lacui opera dipende anche dal nostro

sostegno economico». Nel set-tembre 2001 “Famiglie e Solida-rietà” si è costituita in Onlus el’anno successivo ha dato il via alprogetto casa-famiglia “Margheri-ta”, destinato a togliere altri bam-bini dalle stanze disadorne, ma-leodoranti e prive di affetto degliorfanotrofi statali e pertanto ac-colto con entusiasmo dalle auto-rità civili e religiose del luogo. Nelpaesino di Telechiù, in provincia diOradea, a poca distanza dal confi-ne con l’Ungheria, una vecchia ca-sa di campagna, ristrutturata periniziativa dei volontari, accoglie oraaltri orfani accuditi da Giorgio e An-na, due sposi rumeni che hannodeciso di crescere questi bambiniinsieme al loro figlio naturale. Laloro nuova abitazione, ricavata dal-la ristrutturazione di un vecchiofabbricato abbandonato ed acqui-stato con il denaro messo a di-sposizione da don Antonio Rossi,ispiratore del progetto, è statainaugurata il 31 agosto 2003 dalvescovo della città, monsignor Vir-gil Bercea, alla presenza del sinda-co di Oradea e di 140 italiani chehanno voluto partecipare alla ceri-monia. È stata chiamata “CasaMargherita” dal nome della mam-ma di don Rossi. Il “vecchio prete”di Cremezzano, responsabile dio-cesano dei rapporti con le chiese

dell’Est, alle soglie dei suoi ot-tant’anni si è fatto carico per pri-mo di provvedere ai bambini che,abbandonati a se stessi in preca-rie condizioni igienico-sanitarie,vivevano in un orfanotrofio privo dipersonale che si preoccupassedel motivo di un lamento o di unpianto.Dalla frazione della Bassa, don An-tonio ha costruito un ponte di ge-nerosità con la Romania, riuscen-do, grazie alle risorse umane efinanziarie riunite dalla associazio-ne “Famiglie e Solidarietà”, a dareuna casa e una famiglia a moltibambini orfani e abbandonati.La proprietà acquistata da donRossi comprende 18 ettari di terre-no che da anni non veniva più col-tivato e che i volontari tentano direndere fruttifero, nell’intento didare alla casa una fonte di sosten-tamento. «Ogni anno l’associazionefinanzia le due strutture – aggiun-ge Pasini – e invia in Romania untir di 90 m3, carico di alimenti, ve-stiario, prodotti igienico-sanitari,giochi, materiale di cancelleria edattrezzature varie».Chi volesse aderire all’associazioneo alle sue iniziative può telefonareal numero 030.9970741, oppureallo 030.9970059.

R. C.

La centralina installata a Quinzano

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