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GIGLIOLA ZANETTI BARRIERE IDEOLOGICHE E DEMOCRAZIA

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GIGLIOLA ZANETTI

BARRIERE IDEOLOGICHE

E

DEMOCRAZIA

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Per diventare lispiratore e il supporto per la propria squadra, introducendo il

cambiamento in unorganizzazione (consulenza) e nelle tematiche personali (relazione di

aiuto), occorre affrontare tematiche che affondano le radici nella filosofia, nella psicologia e

nelle scienze sociali. Il counselling unattivit che sceglie le relazioni umane e la realt

sociale come campo di intervento: il contesto individuale, la famiglia, il settore socio-

sanitario, la scuola, lazienda, luniversit, i gruppi di volontariato, le associazioni. Il tema del

pregiudizio viene affrontato dallautrice in questo contesto di intervento, proponendo un

modo di accedere alla relazione e alla comunicazione interpersonale, che trova assieme al

lettore la strada pi diretta per uscire dai blocchi individuali o professionali. I disagi personali,

sia sul piano individuale che nel sistema in cui gli individui sono inseriti vengono filtrati

attraverso la tematica del pregiudizio come barriera nelle relazioni interpersonali e nel settore

sociale.

Spesso quello che a breve termine sembra impossibile, diventa possibilissimo a lunga

scadenza, se non ci si d per vinti. Per riuscire, bisogna imporsi di pensare a lungo termine.

Nellalternarsi delle stagioni, nessuna stagione dura per sempre, perch c un tempo per

seminare, uno per raccogliere, uno per riposare e un altro per rinnovare. Linverno non

infinito; anche se oggi si presentano molte sfide da superare, non rinunciamo allidea che

presto arriver la primavera. Perch non trasformiamo linverno in un periodo da ricordare?

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A mio figlio Massimiliano che

a dieci anni, ad Auschwitz,

ha cominciato a meditare sul

significato delle ideologie.

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Pu forse un cieco guidare un altro cieco?

Non cadranno tutti e due in una buca?

Il discepolo non da pi del maestro: ma

ognuno ben preparato sar come il suo

maestro. Perch guardi la pagliuzza

che nellocchio del tuo fratello e

non ti accorgi della trave che nel

tuo? Come puoi dire al tuo fratello:

Permetti che tolga la pagliuzza che

nel tuo occhio, mentre tu non vedi

la trave che nel tuo? Ipocrita, togli

prima la trave dal tuo occhio

e allora potrai vederci bene nel

togliere la pagliuzza dallocchio

del tuo fratello. (Luca 6, 39-42)

Chi sa, vede.

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SOMMARIO

PREMESSA ................................................................................................................ p. 8

RIFLESSIONI INTRODUTTIVE ............................................................................... p. 10

PRIMA PARTE

INTRODUZIONE ....................................................................................................... p. 45

Capitolo I ..................................................................................................................... p. 46

LA NOSTRA IDENTIT EUROPEA

- Il processo di costruzione delle identit collettive

- Valorizzare le risorse regionali per la ricerca storico-didattica

Capitolo II .................................................................................................................... p. 65

LIDENTIT EUROPEA ALLA LUCE DELLA STORIA

- Una visione sistemica dellEuropa e della storia europea

- Alcune pagine di storia

- Risvegliare la consapevolezza storica

Capitolo III .................................................................................................................. p. 91

DAI SIMBOLI ALLIDENTIT CULTURALE

- Perch non possiamo non dirci cristiani

- La crescita individuale e collettiva

- Dalla storia locale alle grandi tematiche europee e internazionali

Capitolo IV .................................................................................................................. p. 127

UNILOGICA E PLURILOGIA

- Le idee che cambiano il corso della storia

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- Passaggio di poteri ed evoluzione storica

- Dinamica della Rivoluzione

- Stato laico o non laico?

- Dalla colonizzazione inglese allidentit americana

- Le radici religiose della Rivoluzione Americana

SECONDA PARTE

INTRODUZIONE ....................................................................................................... p. 180

Capitolo I ..................................................................................................................... p. 183

LA CULTURA DEL COMUNISMO

- Teoria, esperienza storica, utopia e progetto politico

- La Rivoluzione Bolscevica

- LInternazionale Comunista

- Il regime del Terrore

Capitolo II .................................................................................................................... p. 231

LA CULTURA DEL NAZISMO

- La casualit circolare nella determinazione di nuovi equilibri

- Linquadramento della societ

- lEuropa nella morsa nazista

- La comunit popolare

- La politica di discriminazione e intolleranza

- La cultura del fascismo in Italia

- La politica culturale del fascismo

- Livellamento, irreggimentazione e discriminazione

Capitolo III .................................................................................................................. p. 323

IL FEMMINILE NELLA MORSA DEL PATRIARCATO

- Il testo nascosto della storia e le scelte per il nostro futuro

- La civilt dellEuropa antica

- Due culture in antitesi

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- Il rapporto tra maschile e femminile nella Chiesa

- La diffidenza verso le donne

- Tradizione e progresso sono inconciliabili?

- Alcune tappe evolutive nella sintesi della dualit

Capitolo IV .................................................................................................................. p. 357

LEUROPA NELLA TRAPPOLA DEI PREGIUDIZI

- Ideologia e pluralismo a confronto

- Un regalo allintolleranza

- Il processo di integrazione in una visione plurilogica

- Pregiudizio ed esperienze passate

- Integrazione possibile o impossibile?

- I criteri nella nostra vita quotidiana e nel destino delle nazioni

Capitolo V ................................................................................................................... p. 392

ALTERNATIVE POSSIBILI

- Utilizzazione della resistenza

- Conflitto di convinzioni, di valori e di identit

TERZA PARTE

INTRODUZIONE ....................................................................................................... p. 401

Capitolo I ..................................................................................................................... p. 402

LE REALT IDEOLOGICHE

- Il processo di intrappolamento

- Lideologia: contenuti e conseguenze

- La pura verit assiomatica

Capitolo II .................................................................................................................... p. 421

ALLINEARSI O NON ALLINEARSI?

- La cultura dellorfano

- Eresia e paranoia

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Capitolo III .................................................................................................................. p. 452

LA PERFEZIONE INTRANSIGENTE

- Spiegazione assoluta del mondo e paranoia

- Le divergenze rispetto alla politica di Mosca

- Rigidit e spietatezza delle ideologie

- Ordine e terrore

Capitolo IV .................................................................................................................. p. 474

LOGICA DEL POTERE E SVOLTE STORICHE

- I paradossi del cambiamento

- Gli eccessi intrinseci nella natura delle ideologie

Capitolo V ................................................................................................................... p. 508

CULTURA EUROPEA DI DESTRA O DI SINISTRA?

- Il comunismo compatibile con la plurilogica?

- Riformismo di destra o di sinistra?

- I nostalgici del fascismo nel dopoguerra

- La morte del padre e la crisi a destra e a sinistra

RIFLESSIONI CONCLUSIVE ................................................................................... p. 551

BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................... p. 565

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PREMESSA

Si dice che Chi sa, vede. In effetti, solo un architetto o uno storico dellarte pu

apprezzare fino in fondo e vedere i particolari di un edificio antico. Solo un medico pu

vedere, al di l di semplici macchie sulla pelle, una malattia.

Ma anche vero che troppo spesso una teoria o, peggio, un indottrinamento

ideologico generano un filtro deformante analogo a lenti colorate attraverso le quali si

filtra la realt, alterandone i colori naturali, veri, reali. Liberarsi dai filtri deformanti di

teorie rigide significa togliersi delle barriere, dei paraocchi, dei ceppi limitanti. Una teoria

costituisce spesso lestremizzazione di un solo aspetto della realt. Avere solo una teoria in

testa significa quindi muoversi in modo estremamente rigido e anchilosante. La teoria

pretende di essere realistica, cio di descrivere veramente la realt e, pertanto, pu farci

scivolare nella presunzione di realt.

Il modello, viceversa, ipotetico. Si limita a dire cautelativamente come se

fosse.

Unipotesi pu essere considerata plausibile e accettabile quando resiste a tutti i

tentativi di dimostrare che falsa, secondo il criterio della falsificabilit di Popper. Avere in

mente pi punti di vista teorici significa quindi attrezzarsi di un armamentario argomentativo

considerevole. Le teorie e, soprattutto le ideologie che saranno presentate in questo libro,

subiranno dunque un processo argomentativo, per verificare se resistono alla critica o se,

viceversa, cederanno sotto i colpi delle argomentazioni a sfavore.

Il libro nato come evoluzione naturale di quello precedente Le barriere del

pregiudizio: come riconoscerle e superarle e, anzi, inizialmente stato concepito incorporato

in esso, come un tutto unico. Solo per motivi pratici stato disgiunto in una sezione

distaccata, ma ne rappresenta la continuazione logica.

Lho scritto al servizio del mio Paese e degli Stati Uniti dEuropa ed rivolto ai

politici, ai politologi, ai sociologie a tutti coloro che desiderano liberarsi dai filtri

deformanti dei pregiudizi, per entrare in una prospettiva interculturale. Ci non significa

abbandonare i propri valori e la propria identit. Vuol dire considerare storie e persone,

diverse e a volte conflittuali, comprendendole, senza mai negare la legittimit delle singole

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identit culturali, evitando i conflitti involontari dovuti alle differenze culturali. La curiosit,

il rispetto, linteresse per punti di vista e soluzioni diverse da quella propria della cultura di

appartenenza non conducono tuttavia allomogeneizzazione o allomologazione che

impoverisce in termini di pluralit di approccio.

Il libro stato scritto tra il 2003 e il 2005.

Ringrazio le mie valide collaboratrici, che hanno contribuito alla realizzazione della

parte grafica del libro: Roberta Morena, Maria Cupidi ed Elena Pilato.

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RIFLESSIONI INTRODUTTIVE

Secondo lAnalisi Transazionale, noi abbiamo un copione di vita che si basa su una

decisione presa durante linfanzia, rinforzata dai genitori e giustificata dagli eventi successivi

che culmina in una scelta decisiva. Ciascuno di noi recita dunque sul palcoscenico della vita

un dramma il cui copione stato scritto entro i primi sei-sette anni di et.

Fin dal momento del concepimento e per tutta la vita fetale e probabilmente lungo

tutto il corso della prima infanzia lindividuo riceve da parte dei genitori e delle figure pi

vicine dei messaggi che vengono fatti propri e che continueranno ad agire inconsapevolmente

dentro di lui/lei per tutta la vita. Occorre tuttavia aggiungere che, secondo la concezione

karmica, il copione stato scritto prima di incarnarsi.

Imperativi e divieti.

I messaggi coartanti, gli imperativi, si esprimono nella forma devi essere, mentre

i divieti si esprimono nella forma non essere.

Viceversa, i messaggi liberatori, opposti rispetto a quelli coartanti, sono rappresentati

dai riconoscimenti e si esprimono come siamo lieti che tu sia e dai permessi puoi non

essere.

I principali imperativi o ordini sono: sii perfetto, sbrigati, sii forte, compiacimi,

sforzati, stai attento, sii spontaneo (paradosso). Essi sono accompagnati dal relativo permesso:

puoi sbagliare, o errare umano, puoi prenderti tutto il tempo necessario, puoi manifestare le

tue emozioni, puoi tenere conto anche delle tue esigenze, non necessario che tu dia fondo

alle tue energie, puoi lasciarti andare, puoi essere come senti di desiderare di essere.

I divieti sono del genere: non esistere, non essere te stesso, non provare emozioni, non

pensare, non crescere, non ti avvicinare, non ci lasciare. I riconoscimenti o permessi relativi

sono: siamo lieti che tu sia nato e che tu viva, siamo lieti che tu sia cos come sei, le tue

emozioni fanno di te un essere umano, le tue idee e le tue opinioni sono importanti per noi,

siamo lieti di vederti maturare e diventare adulto, siamo lieti di averti e di sentirti vicino,

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siamo lieti che diventi sempre pi autonomo.

I messaggi modali indicano le modalit da mettere in atto per realizzare divieti e

imperativi. Si esprimono attraverso formulazioni del tipo se vuoi essere ... allora devi fare.

Ad esempio se vuoi avere successo nella vita, non devi avere compassione di nessuno (cos

devi fare per essere forte), oppure se non vuoi spezzarti, devi piegarti (cos devi fare per

compiacere).

Un altro messaggio modale si esprime attraverso la formulazione solo quando si

saranno verificate queste circostanze ... allora potrai .... Ad esempio quando sarai pi

grande capirai (cos ora puoi non pensare), oppure verr il momento che dovrai andare a

lavorare; allora s che potrai lamentarti (cos per ora puoi non provare emozioni).

Il nostro copione o piano di vita va rivisitato per trasformare in permesso ci che era

un divieto o imperativo. Sul piano dei livelli logici, i permessi stanno tra le convinzioni e i

valori.

I messaggi coartanti, una volta assorbiti o introiettati, entrano a far parte delle

convinzioni limitanti responsabili dei sabotaggi nel processo di crescita dellindividuo.

Ripercorrendo la mia vita alla ricerca di un momento o evento lontano, che,

ripensandoci oggi, mi ha fatto sapere quello che poi avrei fatto nella mia vita professionale,

mi sono imbattuta in un messaggio inusuale che mi veniva ripetuto da mio padre: Sii

obiettiva!. Quando davo la mia versione di un evento, mi sentivo ripetere questa

correzione. Ma come potevo essere obiettiva? Eppure, questo ordine insistente che mi

martellava nelle orecchie e a cui non sapevo dare una risposta mi ha portata a cercare

inconsciamente un chiarimento logico attraverso la filosofia. Studiando Kant, Hegel,

Kierkegaard, su cui ho fatto un corso monografico alluniversit e di cui mio figlio

recentemente ha scoperto casualmente gli appunti, tra i miei vecchi libri, ho trovato alcune

risposte fondamentali. Il rapporto tra verit e realt, tra conoscenza e realt diventato uno

dei cardini delle mie esplorazioni. da Kierkegaard in poi che non si parla pi di verit come

la cosa pi importante da cercare, ma di esistenza, a cui ognuno pu dare un suo senso e una

sua direzione. Se la domanda principale non pi cos la verit, ma cosa ne faccio della mia

esistenza, la conoscenza diventa ad personam ed ognuno elabora una rappresentazione del

mondo differente e adatta alla gestione della sua esistenza o almeno cos come dovrebbe

essere. Lesistenzialismo legittima questa differenza delle mappe cognitive, dei filtri

individuali ed ognuno ha il diritto di elaborare una propria visione o teoria del mondo.

Pur essendoci una molteplicit di mappe cognitive che fra loro non sono necessaria-

mente sovrapponibili, possibile trovare unintesa sul territorio, che la realt?

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Come arriviamo a conoscere?

Quando incontrai lepistemologia, cio una teoria o modello della conoscenza, mi accorsi che

non era sovrapponibile alla fenomenologia, che descrive un fenomeno nel suo apparire e

dallinterno dellesperienza che uno ne ha. Epistemologia e Fenomenologia si avvicinano

allevento senza fermarlo in una posizione rigida, fissa, in modo che levento non sia n

incomprensibile n del tutto prevedibile. Ho parlato ampiamente di questi argomenti in vari

libri. In questa sede mi preme rilevare che lattenzione nei confronti dei filtri attraverso i

quali si interpreta la realt ha assorbito gran parte della mia vita. la categoria dellesistenza

vissuta, con i messaggi introiettati che formano il copione di vita a configurare la propria

visione/teoria del mondo. La cosiddetta obiettivit, pertanto, la risultante di un processo di

liberazione dai propri filtri deformanti, attraverso quella consapevolezza critica e

autocritica che si acquisisce in un lungo percorso di maturazione il quale, in definitiva, non

cessa mai di essere completato.

Per tutta la mia vita ho sempre incontrato chi si messo di traverso, sulla mia strada,

per dirmi cosa dovevo pensare e come dovevo agire. Ci ha sviluppato in me un forte spirito

critico e autocritico; cos mi sono trovata al comando della mia vita, dovendo contare sulle

mie forze e su quanto mi suggeriva il mio intelletto. stato notato che chi sa proteggere se

stesso sa proteggere anche gli altri. Io ho imparato a proteggere me stessa dalle angherie di

vario genere e spero di poter trasmettere agli altri questa libert di essere che va oltre la

libert da ci che opprime.

Come succede nella nostra storia personale, anche nella storia delle nazioni e dei

popoli si forma una sorta di copione di vita che si basa su decisioni prese dai popoli e dai

governi stessi e viene rinforzato dai governanti e giustificato dagli eventi successivi. I

messaggi introiettati che formano il copione di vita di una nazione configurano anche la

visione/teoria del mondo, e i filtri deformanti o pregiudizi collettivi.

I messaggi coartanti e liberatori vengono introiettati anche dalle nazioni o dai popoli,

configurando una dimensione collettiva in cui sono calati. In altra sede, e in particolare nel

volume Una paura per crescere, ho definito tale dimensione come archetipica, dando per a

questo termine il significato di modello o modo di essere e di comportarsi, di percepire e di

reagire, preesistente o latente, determinato dallinterno. stato Carl Gustav Jung ad introdurre

nella psicologia il concetto di archetipo. Questi modelli sono contenuti in un inconscio

collettivo, cio quella parte dellinconscio non individuale, ma universale o condivisa.

Possono essere descritti come dei o dee. I miti che li vedono protagonisti sono storie

archetipiche. Evocano sentimenti e immagini e toccano temi universali che appartengono al

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nostro retaggio umano. Vengono sentiti come veri per lesperienza umana che ci accomuna.

E quando ci accade di interpretare il mito di un dio o di coglierne il significato, razionalmente

o intuitivamente, come qualcosa che riguarda la nostra vita, questo pu avere la stessa forza

durto di un sogno.

Gli dei come archetipi.

Come archetipi, gli dei sono figure generiche: descrivono la struttura alla base di

quella parte delluomo o della donna, cui corrispondono. Questa struttura di base si veste,

viene impersonata o definita dal singolo individuo, la cui unicit determinata dalla famiglia,

dalla classe sociale, dalla nazionalit, dalla religione, dalle esperienze di vita e dallepoca

storica, dallaspetto fisico e dallintelligenza. Ma anche cos, sar comunque possibile

riconoscere qual il particolare modello archetipico che quellindividuo segue, a quale

particolare dio o dea gli assomiglia.

Infatti, le immagini archetipiche fanno parte del nostro retaggio umano collettivo: ci

sono familiari. I miti della Grecia, che pure risalgono a pi di tremila anni fa, sono sempre

vivi, e non si mai stanchi di raccontarli, perch gli dei e le dee ci parlano di verit che

riguardano la natura umana. Imparare a conoscerli, aiuter gli uomini a comprendere meglio

chi o che cosa agisce profondamente nella loro psiche e in quella delle donne, e le donne a

capire meglio se stesse e gli uomini importanti della loro vita, una volta riconosciuti gli dei o

archetipi attivi in loro e scoperto che un certo archetipo pu abitarle nello stesso modo. I miti

rendono possibile un lampo di intuizione: qualcosa suona vero e noi cogliamo come per

folgorazione e in maniera pi profonda la vera natura di una situazione umana.

Nel momento in cui vediamo larchetipo o gli archetipi che sono incorporati nel

copione individuale o collettivo, quello che inizialmente poteva essere un soggetto

limitante, riduttivo o addirittura distruttivo, si trasforma. Ad esempio, una donna il cui

copione quello di Cenerentola potrebbe inizialmente non essere capace di agire in prima

persona, in quanto sempre in attesa che arrivi il suo principe. Nel momento in cui riconosce

il suo copione, pu indagare per cercare di capire cosa si nasconde dietro questa trama. In

realt, la trama racchiude in forma simbolica una saggezza profonda e le indica esattamente

cosa ha bisogno di fare: incontrare il suo lato maschile e permettergli di salvarla. questo lato

maschile che pu aiutarla a funzionare nel mondo e a provvedere a se stessa.

Gli archetipi calati nella cultura.

A livello culturale, ci sono vari fattori ambientali e socio-culturali che possono portare

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ad adottare un particolare archetipo in una qualsiasi coppia di archetipi. Ad esempio, tutti gli

oppressi e senza potere, comprese le donne, le minoranze razziali, i poveri, i disabili, i gay

sono resi Orfano dalla propria cultura. Ci significa che pi probabile che seguano

larchetipo dellOrfano, anzich quello dellInnocente.

Daltronde, chi cerca la verit liberante, si trova di frequente intralciato nel suo

cammino. Non venne certo risparmiato Ges, che dovette confrontarsi per tutta la vita con i

farisei. Il celebre passo del Vangelo in cui Ges venne provocato sul tributo a Cesare

significativo al riguardo:

Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.

Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: Maestro, sappiamo che sei veri-

tiero e insegni la via di Dio secondo verit e non hai soggezione di nessuno perch non guardi in fac-

cia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: lecito o no pagare il tributo a Cesare?. Ma Ges, cono-

scendo la loro malizia, rispose: Ipocriti, perch mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi

gli presentarono un denaro. Egli domand loro: Di chi questa immagine e liscrizione?. Gli rispo-

sero: Di Cesare. Allora disse loro: Rendete dunque a Cesare quello che di Cesare e a Dio quello

che di Dio. A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono (Matteo 22, 15-22).

Il laico Ges viene provocato sullargomento della separazione tra stato e

religione e si rivela rivoluzionario anche in questo contesto, dal momento che sia per il

popolo ebreo che per quello romano stato e religione erano tuttuno. Il divino imperatore

doveva essere adorato come un dio presso i romani e il potere politico e religioso era

concentrato nelle stesse mani presso gli ebrei.

Ges che separa il tributo dato a Cesare da quello che spetta a Dio.

Le culture sono ancora pi dinamiche degli individui, per cui includono tutti e dodici

gli archetipi del Viaggio dellEroe in schemi in continuo movimento. Inoltre, tutte le pi

importanti culture contemporanee sono patriarcali, per quanto la maggior parte sia in

evoluzione. Ci vuol dire che in tutte sar potente larchetipo del Guerriero, per il semplice

fatto che larchetipo che contraddistingue il patriarcato.

Anche se la maggior parte delle culture fornisce un misto delle caratteristiche dei

dodici archetipi principali del Viaggio dellEroe, per molte culture - e famiglie - si riuscir ad

identificare un solo archetipo e lo stesso pu accadere per gli individui. Si pu anche scoprire

che la propria eredit culturale ha unimpronta maschile o femminile.

Inizieremo la nostra esplorazione presentando la cultura del comunismo, molto

egualitaria, solidale con gli individui che si uniscono contro loppressione per aiutarsi nella

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difficolt, nella malattia, nella povert e nella sofferenza. Gli individui si sentono molto

fragili, in questa cultura, e si uniscono. Nei casi migliori, la gente sente di aver subito dei torti,

ma crede nellaiuto scambievole. Nei casi peggiori, portata a infierire sugli altri.

Quando Lenin muore nel 1924, lURSS non sa nulla dei Gulag. Eppure, per Lenin la

nazionalit una ragione per larresto. Lenin considerava la schiavit una forza motrice e

dichiar che servivano stranieri ben istruiti e addestrati. Dei 75.000 prigionieri italiani in

Russia ne tornarono a casa 10.000. Una percentuale molto maggiore di tedeschi ritorn. Che

fine hanno fatto i nostri connazionali dimenticati dalla storia e dalle cronache? Altri 10.000

soldati italiani, prigionieri dei nazisti perch non collaboravano, sono stati portati nei Gulag

sovietici come schiavi. Il canale sul mar Bianco, nel circolo polare artico, stato scavato con

le mani di questi schiavi ed costato la vita a 250 mila di loro. Con poco cibo - 600 grammi

di pane al giorno - e lavorando fino allo stremo delle forze, venivano sfruttati al massimo nei

primi tre mesi, perch poi diventavano inutili. Il 20% dei detenuti erano donne. Morivano uno

su 100 al giorno e venivano sepolti in fosse comuni o canali di scolo. In uno sciopero

coraggioso e fallito, scoppiato nel 1953, furono giustiziai a migliaia. Molti stranieri furono

arrestati per presunto spionaggio e spediti nei Gulag anche se non avevano commesso alcun

reato.

I campi si moltiplicarono e costituirono una nazione allinterno di unaltra. Dal 1917 al

1991 morirono nei Gulag non meno di 60 milioni di persone. Mentre il regime sovietico

macinava la vita di molti militanti comunisti - tra cui anche gli italiani scappati in URSS per

sfuggire al fascismo di Mussolini, come ha evidenziato Giancarlo Lehner nel libro La

tragedia dei comunisti italiani - sul versante occidentale i comunisti celebravano lURSS

definendola pacifista, antimperialista, antiamericana.

LAmerica guerrafondaia veniva contrapposta allURSS, potenza schiavistica di pace.

Malgrado ci, nessun tiranno dei regimi comunisti stato processato, se non per piccoli reati.

E attualmente un miliardo e mezzo di persone vivono sotto questi regimi, anche se non ci

sono marce di protesta per salvarne le vittime: Cuba, Corea del Nord, Vietnam del Nord, Laos

e altri vivono in condizioni analoghe a quelle descritte.

Questa cultura pu essere inquadrata nella dimensione archetipica dellOrfano e

potremo scoprire la particolare visione del mondo che sortisce da questo archetipo.

Le culture molto egualitarie tendono a produrre livellamento, omogeneizzazione,

conformismo.

Daltronde, il conformismo un atteggiamento che si sta diffondendo in tutte le

societ moderne e il lancio delle mode trae enormi profitti facendo leva sul bisogno della

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gente di non essere diversa dal vicino, per non apparire anormale, sfortunata,

inferiore, disadattata.

Assorbito da un ingranaggio incalzante, lindividuo moderno preda di unansia

diffusa e snervante, talmente generalizzata che gli psicologi e i sociologi hanno potuto

considerarla come una delle caratteristiche della nostra societ tecnologica, come una

nevrosi culturale. Essa ha per corollario un altro tratto distintivo della nostra epoca: il

conformismo. Per sfuggire alla solitudine e alla propria angoscia, lindividuo cerca di rendersi

in tutto simile agli altri: essere come tutti, pensare e agire come tutti. Egli crede di riacquistare

in tal modo il sentimento di appartenenza alla comunit. In realt, egli si aliena ancora di pi.

Rinunciando alla sua autonomia e alla sua individualit, egli si ritrova pi dipendente, pi

impotente e pi insicuro che mai.

Il gruppo offre alladolescente un Ideale dellIo e un quadro rassicurante che permette

allinizio una normale spinta evolutiva, ma pu diventare nocivo se si prolunga al di l di una

certa et. Il gruppo, che aveva cominciato a facilitare laffermazione di s, finisce per

ostacolarla. Anzich rappresentare il trampolino dal quale il giovane si slancia verso la vita,

diviene un rifugio, un mezzo per sfuggire alle proprie responsabilit, una stampella. E ci

avviene perch il gruppo pu alienare, e la sottomissione allIdeale collettivo implicare la

rinuncia a tutta una parte di se stessi, talvolta ad ogni riflessione personale. Si conoscono

individui che non si sentono vivere che in e per il gruppo - politico, sportivo, mondano,

religioso, militare, ecc. -, incapaci di avere idee personali, e del tutto sprovveduti non appena

si trovano di fronte a se stessi, vittime designate di ideologie totalitarie, qualunque esse siano.

Il rischio tanto pi grave quanto pi forte il potere di attrazione del gruppo e pi

malleabile la personalit dei suoi componenti. Ci accade precisamente durante ladolescenza.

Impedendogli di accedere ad una piena autonomia, abituandolo a cercare sempre allesterno

risorse, punti dappoggio, la sicurezza che dovrebbe trovare in se stesso, il gruppo pu dunque

mantenere il giovane in uno stato di immaturit. necessario che ad un certo momento questi

sappia staccarsene con un atto individuale e responsabile. Ci non vuol dire che egli debba

abbandonare ogni attivit di gruppo, ma soltanto che il gruppo cessi di essere per lui, come

era allinizio, lunico punto di riferimento e la misura di tutte le cose.

Il gruppo pu dunque diventare alienante nellipercollettivizzazione. Ancora una volta

siamo in presenza di un paradosso: non potersi pi isolare e trovarsi al tempo stesso

terribilmente solo, con i propri problemi.

Nel corso dellesposizione, scandaglieremo anche i vari aspetti della cultura del

nazifascismo, che si diffusa in Europa nel XX secolo. Questa cultura del Guerriero

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esigente, disciplinata e la competitivit risulta al primo posto. In questa cultura prevale il lato

Ombra del Guerriero, con tutti gli aspetti inquietanti che questo lato ha rivelato, soprattutto

nellinfierire sui deboli e sulle minoranze etniche.

Le caratteristiche del nazifascismo in quanto cultura, tuttavia, si possono ritrovare

anche in altre culture apparentemente diverse, come il fondamentalismo islamico e altre

realt ideologiche simili. Nei capitoli successivi, pertanto, saranno esaminati proprio quegli

aspetti che sfoceranno nelle conseguenze pi terribili e tutti i filtri deformanti o pregiudizi

che minano la formazione di una solida Identit Europea, sotto linfluenza di un retaggio

culturale che non si ancora liberato dei fantasmi del comunismo, del nazifascismo e di due

orrende guerre mondiali.

Le fasi evolutive dallinfanzia allet matura.

Potremo constatare che levoluzione archetipica dellindividuo e delle nazioni ricalca

le varie fasi evolutive psicologiche, dallinfanzia allet matura. Cos, ad esempio, lInfanzia,

dominata dal problema fondamentale della sicurezza e dal compito di passare dalla

dipendenza allinterdipendenza, aiutata in questopera dallInnocente e dallOrfano

interiori.1 LAdolescenza e i primi anni fra i 20 e i 30 anni vedono in primo piano il Cercatore

e lAmante, che ci aiutano entrambi a trovare la nostra identit, ma in maniera diversa. Il

Cercatore si preoccupa di pi dellautonomia e dellindipendenza e tende a temere il rapporto

affettivo e i legami con gli altri come qualcosa che richiede il sacrificio della propria identit.

LAmante, viceversa, trova la propria identit scoprendo ci che ama. La conciliazione di

questi opposti porta con s la capacit di amare e di impegnarsi pur mantenendo il senso della

propria separatezza.

Daltro lato, lAdolescenza caratterizzata dalla ribellione e dalloffensiva generale

contro lambiente familiare e lautorit in genere; si tratta in questo caso di una fase anarchi-

ca, nel corso della quale lo sforzo dei giovani per distruggere i legami che li uniscono

allinfanzia fa s che essi cerchino di affermarsi attraverso la negazione dei valori e delle idee

ricevute, inalberando un anticonformismo aggressivo, una eccentricit spesso rumorosa e

provocatoria. C poi un secondo tempo durante il quale la crisi si organizza in profondit.

Come in ogni rivoluzione, ad un capovolgimento dellordine stabilito succede un periodo di

assestamento che prelude ad un ordine nuovo, cos, a partire dai 16 anni, si ha un generale

periodo di riflessione e approfondimento. Ci non significa che ladolescente abbia atteso fino

1 Cfr. Pearson C. S., Risvegliare leroe dentro di noi, Astrolabio, Roma, 1992, pp. 263-265

18

a questo momento per interrogarsi e rientrare in se stesso; ora per questo processo di

introspezione si intensifica. Anzich affermarsi esternamente sul piano del comportamento,

lIo si rivela dallinterno e si esalta nel segreto della coscienza. ci che M. Debesse chiama

let del culto dellio, dalla quale uscir un essere cosciente della sua individualit, maturo

per affrontare lavvenire e le sue responsabilit di adulto.

forse il caso di ripetere che lintensit e la profondit di questa presa di coscienza

riflessa variano a seconda della personalit, del carattere, del passato, dellintelligenza di

ciascuno? Certi individui rimangono tutta la vita degli adolescenti, ribelli o meno, per non

aver operato questo ritorno in se stessi, ed anche, spesso, per non aver saputo ad un certo

momento staccarsi dal gruppo. Perch esiste effettivamente unet della banda, almeno per i

ragazzi, che per bisogna superare per non correre il rischio di abdicare alla propria

individualit e di non pervenire ad una piena conquista della propria autonomia.

Gli anni tra linizio dellet adulta e il passaggio della met della vita ci danno

lopportunit di imparare a farci le ossa per affrontare le difficolt e le responsabilit della vita

in maniera tale da lasciare un segno nel mondo. Il Guerriero e lAngelo Custode ci forniscono

due modalit per farlo. Tanto il Guerriero che lAngelo Custode sono responsabili, lavorano

sodo e si preoccupano di proteggere il regno. Ci significa proteggere in particolare il

Bambino interiore ed esteriore, cosa che il Guerriero fa attraverso laffermazione e la lotta e

lAngelo Custode attraverso la premura e il sacrificio di s. Insieme, essi ci insegnano la virt

della responsabilit. Nel corso della vita, comunque, inevitabile che uno dei due prevalga.

Se prevale il Guerriero, preferiremo agire nel mondo attraverso laffermazione di noi stessi, la

conquista, la competizione. Se larchetipo prevalente lAngelo Custode, sar privilegiata la

tendenza a dare, a prendersi cura e sostenere gli altri. Se il Guerriero domina eccessivamente,

ci pu accadere di vincere a spese degli altri. Se troppo forte lAngelo custode, ci pu

accadere di aiutare gli altri a nostre spese. La qualit della responsabilit, di conseguenza,

richiede un attento equilibrio.2

Al passaggio della met della vita, attorno ai quarantanni, presiedono gli archetipi del

Distruttore e del Creatore. Congiunti, questi archetipi ci aiutano ad abbandonate le identit

che impieghiamo met della vita a creare - la nostra identit dellio - e ad aprirci ad un pi

profondo e autentico senso del S.

Nel processo scopriamo che dobbiamo lasciar andare molto di ci che pensavamo di

essere, per ricreare la nostra vita. Questa trasformazione o rinascita che porta alla virt

2 Cfr. op. cit. pp. 268-269

19

dellautenticit, richiede che si trovi e si esprima il proprio vero S ad un livello pi profondo

rispetto a quello dellidentit provvisoria trovata dal Cercatore e dallAmante. Mentre

lidentit definita dal Cercatore e dallAmante ci dice su quali persone o cose dirigere il nostro

impegno, il Creatore e il Distruttore ci aiutano a trovare come manifestare tale impegno nella

vita di tutti i giorni e ci offrono quindi lopportunit di esprimere la nostra natura a livello di

impegno in una maniera propriamente nostra, non decisa dalla cultura.3

Gli archetipi degli anni successivi al passaggio dei quarantanni ci aiutano ad

affermare il nostro potere e ad esprimere quel potere nel mondo. il Sovrano che fa questo

assumendosi lincarico, stabilendo direttive, e mantenendo lordine in un modo che prende in

considerazione il miglior uso di tutte le risorse del regno: risorse interiori, di persone, di

denaro, di beni. Il potere del Mago vi aggiunge la visione, la creativit e la volont di

trasformare la realt esistente o di creare qualcosa mai esistito prima, tendendo al tempo

stesso in mente il bene generale.

La virt che il Mago e il Sovrano ci insegnano la trasformazione, la capacit di

collaborare al risanamento o allevoluzione del mondo. Se il Sovrano prende tutto il potere, si

pu aggiungere lordine, ma a spese dellinnovazione. Se il Mago a strafare, pu accadere

che cerchiamo il nuovo a spese dellarmonia e dellequilibrio. Troppo Sovrano produce

ristagno. Troppo Mago ci getta nel caso. Ma insieme, essi collaborano a rinnovare il regno.4

Infine, nella terza et, il Saggio e il Folle ci aiutano a liberarci dellesigenza di

controllare o cambiare il mondo, per diventare autenticamente liberi. Molte delle immagini

stereotipate della terza et che in apparenza sembrano tanto contraddittorie vengono da questi

archetipi. Da un lato, la persona nella terza et viene ritratta come il vecchio saggio o la

vecchia saggia. Dallaltro, gli anziani vengono spesso liquidati perch considerati rimbam-

biti o nella seconda infanzia. In effetti, nella terza et ci occorre tanto la presenza del

Saggio quanto quella del Folle nella nostra vita. E non soltanto in questa fase della vita ne

abbiamo bisogno, ma ogni volta che abbiamo volutamente cessato di vedere la nostra opera in

termini di realizzazione, si tratti di una realizzazione nellambito del lavoro o delleducazione

dei figli, o in tutte e due le cose. Abbiamo dato il nostro contributo al mondo, abbiamo

servito, abbiamo accettato le nostre responsabilit di guida nella famiglia, nella comunit, sul

posto di lavoro. Ad un tratto tempo di imparare ad essere liberi, e ad esserlo in un contesto

che comprende la crescente accettazione della morte, tanto in termini di fine ultimo della

3 Cfr. op. cit. p. 270 4 Cfr. op. cit. p. 273

20

propria vita che in quelli della pi immediata perdita dei sogni, delle illusioni e delle

opportunit.

Quando alla guida il Saggio, pu essere estremamente importante per noi avere una

visione dinsieme, un contesto ideale che d senso alla nostra vita, ma possiamo diventare

distaccati e privi di contatto con laspetto concreto e quotidiano dellesistenza. Se invece al

timone il nostro Folle, possiamo saper vivere il momento che passa e apprezzarlo per quello

che , ma rischiamo di diventare superficiali e di trascurare di confrontarci con gli interroga-

tivi fondamentali, in particolare con quello di qual stato, in retrospettiva, il senso della

nostra vita. Uniti, i due archetipi ci consentono di vedere la nostra vita nel suo contesto e di

rivendicarne il significato, cos che possiamo affrontare il passaggio verso la morte e oltre con

fede e ottimismo.5

Il processo dellevoluzione dellIo comprende i processi dialettici Innocente-Orfano-

Bambino Divino e Guerriero-Angelo custode-Genitore Archetipico (Dea Madre o Dio Padre).

Lo sfondo psicologico la famiglia interiorizzata. Quando riusciamo a diventare un buon

genitore per noi stessi, generalmente guarisce anche il bambino interiore. Il processo del

Viaggio comprende la risoluzione dialettica dei processi Cercatore-Amante-Terra Promessa e

Creatore, Distruttore-Rinascita. Possiamo entrare nella Terra Promessa e trovare la nostra vera

casa solo dopo che siamo rinati e ci siamo trasformati. Infine, i processi dialettici del ritorno

comprendono il Sovrano e il Mago, che uniti portano la redenzione, e il Saggio e il Folle, che

ci danno lilluminazione. Anche in questo caso, possiamo diventare redentori in concreto

solo quando ci siamo liberati di ogni esigenza di trasformare il regno e possiamo farlo

liberamente senza attaccamento ai risultati. In questo modo il divenire liberi ci serve

contemporaneamente a sanare il pianeta. Il trovare noi stessi e trasformare il nostro mondo

implica tutti questi processi e altri. Per essere totalmente interi, dobbiamo confrontarci anche

col nostro sesso, la nostra eredit culturale e la nostra unicit personale.6

Come gli individui, anche i popoli e le nazioni sono calati in una dimensione

archetipica prevalente, ma quasi sempre non esclusiva, nel senso che altri archetipi possono

essere presenti nel percorso di crescita.

Limpronta archetipica dei popoli.

Pur incarnando ciascuna tutti e dodici gli archetipi, molte delle grandi culture del

5 Cfr. op. cit. pp. 274-275 6 Ibidem p. 280

21

mondo li combinano in una maniera loro propria, e alcune hanno anche sviluppato in alto

grado archetipi trascurati in altre. Ad esempio secondo Pearson, le culture maggiormente

sintonizzate sullo Spirito - i nativi americani e altre popolazioni native (quali laborigena), e

la cultura del ghetto nero americano - corrono un rischio enorme di essere distrutte.

Loppressione delle culture dello Spirito riflette lattuale repressione dello Spirito nel mondo.

Nella misura in cui il fattore ambientale continua a deprivare queste culture, il mondo rischia

di perdere la loro ricchezza e saggezza.7

La cultura dominante americana un derivato della cultura occidentale, da cui tuttavia

differisce per la sua simultanea tendenza verso il Cercatore, che la rende assai pi interessata

alla libert degli individui che alla coesione del gruppo e alla cura delle persone. Cos anche,

malgrado le influenze occidentali, le culture orientali (molte delle quali hanno anche un alto

grado di Sovrano) conservano ancora limportanza tipicamente buddhista della mente e dello

spirito e laspirazione al non-attaccamento del Saggio. Si tratta naturalmente di culture che

hanno sviluppato il Buddhismo in tutte le sue forme e che hanno come meta lilluminazione.

Sono anche culture del Guerriero, dove per larchetipo del Guerriero non ha servito

lindividuo, ma il gruppo.8

Come le culture occidentali hanno sviluppato i valori dellindividualismo, cos quelle

orientali hanno sviluppato i valori della solidariet di gruppo.

Tanto la cultura africana che quella indoamericana apprezzano maggiormente gli

archetipi del Mago e del Folle rispetto alle altre culture europee e orientali, come emerge dalla

loro mitologia che spesso esalta i ruoli del Briccone e dello sciamano. Dal Folle impariamo la

gioia e la capacit di vivere momento per momento. Dal Mago ci viene un grande senso del

legame fra la vita dellessere umano e quella della natura e di conseguenza un rispetto per

lequilibrio ecologico che generalmente manca alle culture del Cercatore.

Ciascuno di noi appartiene ad un genere sessuale e ad un gruppo razziale, ad una

regione, ad una comunit, a una nazione e, se si immigrati, al proprio paese dorigine.

Abbiamo con ciascuno di questi gruppi un rapporto analogo a quello che abbiamo con la

nostra famiglia. La sfida che siamo chiamati ad affrontare consiste nel conservare ci che c

di meglio nel nostro sesso, nella nostra eredit razziale, etnica, culturale e nel cambiare,

perlomeno nella nostra vita, ci che va meno bene.

Come suggerisce Pearson, compiamo questo cambiamento mettendoci in Viaggio e

7 Ibidem p. 305 8 Ibidem p. 306

22

diventando diversi. Nel fare questo, non solo trasformiamo la nostra vita, ma portiamo un

contributo - per quanto minimo - alla trasformazione dei gruppi di cui facciamo parte.9

Diventare diversi

Ladolescente, per affermarsi in modo diverso da ci che era stato fino ad allora, ha

bisogno di ripudiare il passato, i genitori, i loro ideali, il loro modo di pensare. Ladolescente

combatte per la propria indipendenza e verbalizza con veemenza le sue proposte contro

lautorit protettiva degli adulti. Non vuole essere consigliato su ci che deve indossare, sul

modo di impiegare il proprio tempo, sui cibi, le preferenze verso un partito politico, i valori

etici o morali cui attenersi. Daltra parte non in grado di coordinare le proprie attivit

indipendenti come poteva, invece, solo poco tempo prima. Si comporta in maniera impulsiva

e non ha mete ben precise. Tutto ci, oltre a disorientare gli adulti che si preoccupano del suo

adattamento presente e futuro, turba e spaventa anche lui. Di conseguenza, egli indotto a

ricercare la dipendenza dagli altri - fatto questo, che non si verificava da quando era bambino

- e mentre protesta a parole egli, nel contempo, vuole essere consigliato sugli abiti da

indossare, sul modo di impiegare il proprio tempo libero, sui cibi, sul partito politico da

seguire e sui valori etici e morali ai quali conformarsi.

Labbandono momentaneo o definitivo delle antiche identificazioni crea un vuoto e

lascia ladolescente profondamente disorientato. Per scoprire se stesso, e su un piano pi

profondo, per creare una nuova coesione al posto di quella precedente distrutta dal rigetto

brutale delle immagini familiari, egli si mette alla ricerca di nuovi modelli e di nuove

identificazioni. Questa ricerca dellidentit, che prelude ad una sistemazione della personalit,

non avviene senza richiamare, sintende ad un altro livello, ci che accade nella prima infanzia.

Ricordiamo che il lattante prende coscienza di se stesso, con il suo corpo e in seguito

con il suo Io, solo attraverso il rapporto con laltro - con sua madre anzitutto - nella misura in

cui percepisce laltro come distinto da s, come un Oggetto avente esistenza autonoma. Poi,

grazie al doppio gioco dellopposizione e dellimitazione (o dellidentificazione) il bambino

scopre a poco a poco la sua individualit. Cos, in maniera molto schematica, il ragazzo,

identificandosi con suo padre e conformandosi sempre pi strettamente ai modelli ambientali,

cio agli atteggiamenti e ai comportamenti che lambiente si attende da lui - ad esempio

mostrarsi coraggioso e non piangere per un nonnulla - sviluppa la sua personalit e acquisisce

il sentimento preciso della sua identit.

9 Ibidem p. 307

23

Nello stesso modo, attraverso laltro, ladolescente prende progressivamente coscienza

di s. In questa dialettica dellidentit e dellidentificazione, a tutti i livelli, le difficolt

incontrate dalladolescente sono determinate dalle difficolt che egli incontra nelle sue

relazioni con gli altri e soprattutto dal suo bisogno di respingere i modelli offerti dai genitori.

Bisogna vedere ladolescenza proprio come un problema di rapporti e sotto langolo visuale

di questa costante ansiosa comunicazione fra laltro e se stesso, fra lidentificazione e

lidentit.

La rivolta contro i genitori, il rifiuto degli ideali etici e sociali degli adulti irretiscono

ladolescente in uno stato di smarrimento e talvolta di profonda angoscia. Fra un mondo che

scompare e un altro mondo che non c ancora, ladolescente non sa pi n cos e n a che

punto si trova. Si sente diverso da quello che stato e da quelli che lo circondano ed ecco

lincomprensione reale o immaginaria, il dolore e la spinta a ripiegarsi su se stesso. Ma la

solitudine troppo pesante per il giovane Io insicuro, contraddittorio, che non ha ancora

conquistato la sua autonomia, la quale implica stima di s e senso della propria identit.

Lamicizia un primo rimedio contro questo smarrimento e questa solitudine; la vita di

gruppo ne un altro, che viene utilmente a fare da contrappeso e a correggere le amicizie

troppo esclusive e appassionate. La maggior parte degli adolescenti ricerca la vita di gruppo,

la attua con una facilit sconcertante. Respingendo i vecchi modelli, ladolescente deve

trovarne di nuovi prima di potere, o piuttosto per potere, essere finalmente se stesso.

Assomiglia ad un attore che prova una serie di ruoli successivi prima di trovare quello che gli

si adatta. I suoi primi passi sulla via dellemancipazione sono incerti. Nonostante i suoi

atteggiamenti arroganti e provocatori, egli rimane ancora incapace di assumere un suo

personaggio, non sapendo chiaramente chi esso sia. E questo avviene anche perch egli non

possiede ancora sufficiente fiducia nelle sue possibilit. Per acquistare tale fiducia,

ladolescente ha bisogno anzitutto di sentirsi uguale agli altri, di riscontrare negli altri le sue

stesse reazioni e i suoi stessi sentimenti. Di qui la facilit con la quale egli cade, senza

accorgersene, nel conformismo. Tale conformismo ai nostri giorni non esiste solo a livello di

gruppo, ma diventato conformismo di massa. In effetti, la televisione, la stampa e il cinema

generano conformismo e livellano dappertutto le differenze. Ogni moda si diffonde a macchia

dolio.

La conquista dellidentit, dopo aver avuto vari modelli di identificazione, diventa

pertanto un effetto del Viaggio.

Si tratta di portare ladolescente alla riflessione, a sviluppare il suo giudizio critico, di

offrire alle sue ambizioni scopi diversi dalla musica e dal ballo, facendogli scoprire valori pi

24

elevati di quelli contenuti nei CD. Soltanto cos sar capace di continuare la sua evoluzione

verso lautonomia e la piena affermazione di s.

Viene normalmente un momento in cui ladolescente avverte il bisogno di affermarsi in

un modo pi personale e di assumere da solo la direzione della sua esistenza. Attraverso gli altri

egli ha preso coscienza di se stesso, delle proprie possibilit e del proprio valore, ed in s che

ricerca ormai le proprie ragioni di essere. Si potrebbe dire che, in una condizione normale, ci

che il gruppo d inizialmente alladolescente, cio sicurezza, fiducia in se stesso,

consolidamento dellIo, ecc., egli gli restituisce pi tardi, sotto forma di una partecipazione pi

personale, pi autonoma, meno narcisistica, e, perci, pi autenticamente sociale.

Il ragazzo normale, pur identificandosi con il gruppo, e trovandosi un sostegno per il

suo Io, conserva comunque un certo distacco, se non altro perch influenze opposte a quelle

del gruppo si esercitano su di lui. Si tratta di un momento nella sua evoluzione verso la

maturit e lautonomia. Per il delinquente, al contrario, la banda il punto di arrivo; non

andr pi lontano.

Il superamento della crisi giovanile pu essere indicato dallautonomia come

affermazione di un Io cosciente del proprio valore e affrancato dalle opinioni altrui;

dalladattamento al reale con labbandono delle fantastizzazioni compensatorie contenenti

idee di onnipotenza a favore di una giusta nozione delle proprie possibilit e dei propri limiti e

assai spesso rinuncia ad un certo numero di illusioni generose ma utopistiche, sostituite da

una visione pi realistica del mondo; integrazione sociale.

Ladolescenza dei popoli e delle nazioni

C anche unadolescenza dei popoli e delle nazioni che ricalca nei suoi aspetti

fondamentali ladolescenza degli individui. Ad esempio, nellattuale difficolt dellEuropa di

formare una Famiglia con una propria Identit, possibile cogliere la dinamica della

travagliata fase delladolescenza dei figli. Nellapprovazione della Costituzione europea,

infatti, due nazioni si sono messe di traverso, dimostrando che laffermazione della loro

identit nazionale veniva prima dello spirito di gruppo europeo. Mi riferisco alla Spagna e

alla Polonia che, non a caso, provengono fino a tempi recenti da regimi dittatoriali, autoritari,

con il caudillo Francisco Franco da una parte e con lURSS dallaltra. Per affermarsi in modo

diverso da ci che sono state fino ad ora, hanno bisogno di ripudiare il passato, i genitori, i

loro ideali, il loro modo di pensare. Lambiziosissima Spagna e la nazionalista Polonia si sono

messe alla ricerca di nuovi modelli e di nuove identificazioni. Hanno cercato alleanze forti

attraverso la coalizione guidata dagli USA nella guerra al regime di Saddam Hussein, anche

25

se dopo il disastroso attentato di Madrid dell11 marzo 2004 la Spagna di Zapatero ha deciso

di ritirare le sue truppe.

In questa ricerca di nuovi modelli emerge soprattutto il bisogno di respingere i modelli

offerti dai genitori. Ecco che allora la Polonia cerca proprio lalleanza con gli USA,

tradizionali nemici storici dellURSS, e in questo modo cerca di affrancarsi dal passato e di

acquistare una nuova identit. auspicabile che, dopo questo travagliato processo di ricerca

di nuovi modelli, la Polonia si inserisca da adulta nellUnione Europea e, in questa fase,

avvenga un rimaneggiamento della sua identit, sia nei suoi rapporti con se stessa, sia in

quelli con gli altri.

In effetti, sarebbe assai doloroso che la rivolta contro il genitore adottivo dellURSS

e contro lambiente conosciuto in anni di dura repressione delle libert democratiche si

rivelasse distruttiva per la formazione e il consolidamento dellUnit Europea. Lesperienza

della Polonia dovrebbe costituire un monito per i politici che non tengono conto delle

componenti storico-culturali nel determinare laccesso di nuovi Paesi nellUnione. Stiamo

attenti a valutare la paralisi istituzionale che si pu creare con laccesso di adolescenti

nellUnione Europea.

Questa riflessione nasce dallosservazione che talvolta un gruppo si comporta come un

adolescente: si hanno reazioni e atteggiamenti identici, ma su un piano collettivo.

Comprendere in quale dimensione calata una nazione o un gruppo etnico o una cultura o

subcultura significa cercare e trovare lapproccio pi adeguato per instaurare un contatto. Ci

implica anche la possibilit di trovare lantidoto, il controveleno che permetter di respingere

la malattia e i suoi sintomi pi allarmanti. Ad esempio nella nostra cultura del Guerriero,

dominata da un progresso incalzante della delinquenza anche giovanile e dal ricorso alle armi

e alla guerra come genere di soluzione dei problemi, occorre intervenire a livello profondo,

culturale, scientifico e sociale, partendo dal linguaggio corrente.

Cambiare il linguaggio.

Il 19 maggio 2004 il telegiornale serale ha dato una notizia che ci rivela un

cambiamento culturale attraverso luso del linguaggio. stato stabilito che nella formula del

matrimonio gli sposi si diranno reciprocamente Io accolgo te come marito (o moglie) e non

pi Io prendo te come marito (o moglie). Le reazioni degli intervistati, a proposito di questa

innovazione, sono state in larga parte del tipo: Non cambia nulla. Invece, il prendere un

atto di possesso, di conquista tipico della cultura Maschile del Guerriero, mentre laccogliere

un atto di ricevimento e dono, tipico della cultura Femminile.

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Levoluzione della nostra societ verso il dialogo tra Maschile e Femminile o Gilania

sottolineata da questi particolari di tipo linguistico-culturale.

Una differenza analoga si pu riscontrare tra il termine capire e comprendere. Il

capire connesso al latino capere che significa prendere, afferrare, mentre comprendere

deriva dal latino comprehendere, composto di cum insieme e prehendere prendere e

significa contenere, racchiudere, includere, abbracciare. Nel primo caso si afferra con la

mente, mentre nel secondo si abbraccia con la mente. Il primo si richiama ad una cultura

maschile e il secondo ad una cultura femminile.

Le parole che usiamo come cultura collettiva o come individui hanno un profondo

effetto sulla nostra esperienza della realt.

Quando si comincia ad usare costantemente una parola, essa influisce su quello che si

prende in considerazione e sul nostro modo di pensare. Ho sottolineato in altri contesti che

linsistenza con cui si usa il termine generico uomo, per indicare il genere umano, finisce

per far sparire e rendere ininfluente la donna, come se non contasse nella vita sociale, nella

scienza, nella storia, nella cultura ecc. Le parole che usiamo trasmettono un significato e

unemozione. Il linguaggio lo specchio dei bisogni di una societ. Un eschimese possiede

decine di parole per designare la neve, e ci succede dal momento che, per essere un

eschimese efficiente, si devono poter compiere sottili distinzioni tra i diversi tipi di neve. C

la neve in cui si sprofonda, neve commestibile, neve con cui si pu costruire un igloo, neve

sulla quale si possono far correre i cani, neve sul punto di sciogliersi, ecc. Noi in pratica di

neve ne vediamo ben poca, e cos lunico termine che possediamo per designarla appunto

neve e per noi sufficiente.

Molte parole usate dai membri della nostra societ hanno poco significato specifico.

Cos, usano termini generici, poco differenzianti. Nei discorsi di politici e di ecclesiastici si

sente spesso parlare di uomo in tutto ci che riguarda le cose importanti. La donna non

compare nei loro discorsi come entit specifica e ci ha profonde implicazioni a livello di

inconscio collettivo, perch continua a mantenere e a rafforzare la convinzione limitante che il

Maschile ci che costruisce la storia, la scienza, il progresso, mentre il Femminile serve

unicamente per procreare e allevare la prole.

Bisogna intervenire per interrompere questo schema o modulo innanzitutto a partire

dalla scuola materna, elementare e media. E come? Collocando la donna e il Femminile nella

dimensione creativa che le compete non solo in quanto procreatrice e madre, ma in quanto

costruttrice del mondo, a partire dalleducazione dei figli, dalla creazione e dalla trasmissione

delle conoscenze. Ci implica laccesso allinformazione, alla formazione, allinvenzione,

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allarte, alla scienza. Il genio femminile non mai stato preso in considerazione: stato

eclissato come se lintelligenza femminile fosse pericolosa per lumanit. Non questa la

sede per scavare nel passato alla ricerca delle responsabilit nel mantenimento

dellarretratezza che riguarda il modo di concepire il ruolo della donna. In altri contesti ho

scandagliato la responsabilit della dimensione archetipica del Guerriero al livello inferiore

dellevoluzione, che ha investito varie istituzioni, dagli stati alla Chiesa.

La repressione della voce femminile riconducibile a quella dimensione di livello

inferiore dellarchetipo del Guerriero, che percepisce la diversit come una minaccia ed

animata da un bisogno amorale e ossessivo di vincere. In pratica, questa dimensione che

porta chi vi immerso a perseguitare i nemici e a soffocare lespressione del Femminile.

Non a caso il soldato romano Paolo di Tarso, che stato scaraventato gi da cavallo sulla via

di Damasco, stava andando a perseguitare i cristiani. Ma, dopo la sua conversione al

cristianesimo, non ha abbandonato la dimensione di Guerriero, in cui era calato. E ci traspare

dal modo in cui considerava e trattava le donne, ben evidenziato dalla sua espressione: Le

donne tacciano!, che compare negli Atti degli Apostoli. Questo modo di imbavagliare le

donne assai eloquente: egli non riteneva che avessero cose importanti da dire.

Questa mentalit unilaterale che penalizza le donne si quindi rafforzata anche per

opera della Chiesa che sembra aver prevalentemente seguito la linea indicata da Paolo,

piuttosto che quella suggerita da Ges, il quale si prodigato per dare spazio e fiducia alle

donne, in contrasto con la mentalit del suo tempo.

Periodicamente, quando il Guerriero si imbarbarisce ed ossessionato dal desiderio di

conquista e di potere e teme la diversit come una minaccia, subentra la persecuzione del

Femminile, che viene escluso e interdetto come ingombrante. Allora c spazio solo per gli

uomini e le donne vengono ghettizzate in cucina e in casa.

Dare spazio e fiducia alle donne dunque sinonimo di progresso ed evoluzione della

societ.

Cultura maschile e cultura femminile

La cultura maschile gerarchica, competitiva, aggressiva, con lesaltazione della

conquista e del dominio. Al meglio, insegna il coraggio, la disciplina e il rispetto di alti

standard di comportamento nellinteresse del bene comune. Al peggio, caratterizzata dai

metodi intimidatori, impositivi, senza alcun rispetto per lidentit, i bisogni e la facolt di

scegliere e di esprimersi liberamente degli altri. Inoltre, contraddistinta dallinsensibilit,

dallo sfruttamento, dalla distruzione dellambiente e delle identit collettive.

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Il fondamentalismo terrorista ad esempio, nemico dellumanit, non dellOccidente.

Basti pensare che in Algeria sono state sgozzate decine di migliaia di persone, donne e

bambini, interi villaggi. Nella stessa Algeria anni fa sono stati sgozzati otto italiani.

Lintensificarsi degli attacchi terroristici in Arabia Saudita, che ha comportato anche la

barbara uccisione, nel maggio 2004, del cuoco italiano Antonio Amato, va letto come spinta

per far crollare la monarchia assoluta in grave crisi. In Arabia Saudita risiedono per lavoro tre

milioni di stranieri. Gli attacchi contro i quartieri residenziali degli stranieri sono finalizzati a

far scappare tutti questi lavoratori, in modo da ridurre il Paese in miseria, paralizzandone gli

scambi commerciali. Lindebolimento estremo lo renderebbe facile preda delle ambizioni

tiranniche di Bin Laden, che vorrebbe porsi come il signore assoluto del regno.

La cultura femminile egualitaria, cooperativa, ricettiva, con un forte accento sulla

vita come processo vissuto gli uni con gli altri e con il mondo naturale. Al meglio, si tratta di

una cultura armoniosa; che nutre e rafforza lindividuo e permette un vasto repertorio di

comportamenti nei limiti in cui si aprono alla discussione e al cambiamento. Al peggio, vi si

reprimono le tensioni e viene rafforzato il conformismo, lappiattimento, luniformismo.

Questa cultura viene auspicata anche per lItalia nel 2004 sotto forma di concordia tra i

cittadini, rispetto reciproco fra i partiti e tra le forze sociali, dialogo come essenza della

democrazia. Alla vigilia della Festa della Repubblica, proclamata il 2 giugno, il Capo dello

Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ribadisce il percorso politico, tracciato dalla nostra Costituzione,

lungo il quale devono incamminarsi primi fra tutti le istituzioni e gli uomini politici che le

rappresentano.

Volevamo costruire, e abbiamo costruito, unItalia in pace anche con se stessa,

capace di darsi una Costituzione che esalta la concordia tra i cittadini, il rispetto reciproco tra

le forze politiche e tra le parti sociali, per il bene e il progresso di tutti, ha detto il Presidente,

affermando con forza: Senza rispetto non c dialogo, nel Paese e in Parlamento; e il dialogo

lessenza della democrazia.

Ciampi ha sottolineato che il 2 giugno del 1946, scegliendo la Repubblica con un

libero voto, gli italiani scelsero, nella scia degli ideali del Risorgimento, la libert e lunit

della Patria. LItalia che avevamo in mente, dopo la dittatura e dopo la tragedia della guerra -

sottolinea Ciampi - era una Nazione in pace con tutti i suoi vicini, in unEuropa unita, in un

mondo di pace.

Gli USA liberarono Roma il 4 giugno 1944 e lItalia ha dimostrato la consapevolezza

della sua storia invitando il leader di una grande nazione amica e alleata a celebrare il 60

anniversario della sua liberazione. Tutto ci avviene mentre gli USA stanno per presentare la

29

terza bozza di risoluzione ONU in cui il nuovo governo iracheno pu decidere anche sul ruolo

delle forze USA presenti nel Paese.

Pace e guerra, passato e presente.

La pace e la guerra, il passato e il presente, la ragione e il sentimento. La missione

italiana di George W. Bush un importante tassello delloffensiva diplomatica varata dal

presidente degli Stati Uniti per rilanciare il dialogo con lEuropa, il ruolo dellAmerica nel

mondo, la stabilit in Medio Oriente. Sessantanni fa lo sbarco ad Anzio segn linizio di una

nuova epoca, oggi il nuovo sbarco di Bush a Roma ne apre unaltra, conferma unalleanza

sempre pi salda, ma proiettata nel Terzo Millennio che ha un nuovo nemico da sconfiggere.

Il nazismo ieri, il terrorismo oggi.

A Villa Taverna, residenza dellambasciatore Mel Sembler, parlando davanti ai

veterani americani che hanno combattuto in Italia, Bush intreccia il passato e il presente,

ricorda gli ideali che uniscono i due Paesi: Il rapporto con lItalia molto forte perch

condividiamo gli stessi valori di libert e democrazia. Il presidente di fronte a 400 persone,

uomini che hanno combattuto per liberare il nostro Paese, le loro famiglie, i dipendenti

dellambasciata americana, si commuove. Guardando negli occhi quella gente arrivata

dallAmerica per testimoniare il sacrificio di una guerra combattuta per conquistare la pace,

Bush dice: E con gli stessi valori che dobbiamo combattere oggi il terrorismo. Nel giardino

di Villa Taverna, palpabile la commozione: i sopravvissuti di una guerra sanguinosa

testimoniano il loro attaccamento alla bandiera americana, al nostro Paese, a quellItalia che

ha visto morire tanti loro compagni. Bush li ricorda in un passaggio segnato dalla

commozione: Per liberare lItalia sono morti quasi trentamila americani, un prezzo molto

alto, ma ne valeva la pena.

Parole significative che confermano la collaborazione stretta tra gli Stati Uniti e, come

ha ricordato Silvio Berlusconi, il pi importante alleato continentale. Nello staff presidenziale

la soddisfazione palpabile, il primo appuntamento nellagenda della Casa Bianca comincia a

dare i suoi frutti. Lincontro con il Papa considerato un gol diplomatico importante, i colloqui

tra Powell e Frattini sul Medio Oriente, il prossimo G8, la nuova risoluzione ONU per lIraq e il

processo democratico in Afghanistan sono un altro passo decisivo, lintesa con Berlusconi

piena, improntata al sincero ascolto delle ragioni dellItalia. Karl Rove, il consigliere politico di

Bush, segue gli esiti della missione in Europa con un occhio alle presidenziali, il suo Strategy

Group studia gli scenari da qui a novembre, data delle elezioni per la Casa Bianca. Appena si

chiude il passaggio a Roma, si apre la partita con la Francia di Jacques Chirac; anche in

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Normandia si intrecceranno passato, presente e futuro. In gioco non c solo la politica

americana, ma anche il ruolo dellEuropa nel mondo. LItalia ha gi scelto da che parte stare e

alla fine dei colloqui il presidente degli Stati Uniti e il presidente del Consiglio tracceranno il

bilancio della visita e gli obiettivi comuni nellincontro di Villa Madama.

Anche alcuni politici di sinistra si sono dichiarati in televisione inorriditi dagli slogan

dei teppisti che non hanno niente a che vedere con la pace. Uno slogan 1 - 100 - 1000

Nassirya ha favorito parole di odio contro lItalia. Inneggiando al terrorismo e alle stragi, i

dimostranti si sono messi allo stesso livello dei terroristi quali fiancheggiatori. La

dichiarazione televisiva di Achille Occhetto, dirigente comunista passato alla Lista Di Pietro,

ci suggerisce una riflessione: Siamo contro ogni sporca guerra di Bush e contro ogni sporca

violenza di piazza, espressione di guerra permanente, che sono due facce della stessa

medaglia. Il fatto che la violenza di piazza sia riconosciuta allo stesso livello di una sporca

guerra permanente depone a favore di unevoluzione allinterno della sinistra.

Lidea cara ai pacifisti che lEuropa possa sottrarsi ai pericoli di un nuovo conflitto

mondiale grazie ad una neutralit antiamericana, utopica e pericolosa. Utopica perch una

comunit di 420 milioni di persone, in rapido processo di invecchiamento, ricca,

industrializzata e militarmente debole, resta preda facile dei suoi nemici. Pericolosa perch gli

Stati Uniti sono la sola garanzia di sopravvivenza per gli Stati Uniti dEuropa ancora in

formazione, in una guerra di tipo ideologico nuovo, combattuta con la strategia del terrorismo

a cui le democrazie non hanno trovato ancora risposta e condotta da una passione teocratica

islamica vendicativa e mondializzante.

In questo contesto ci si pu chiedere quali possano essere le ricadute di questa

situazione su un Paese, lItalia, non certo determinante ma tuttaltro che secondario. Sul piano

interno il poco interesse dei cittadini per unEuropa capace di chiedere a loro sacrifici rischia

di trasformare il pacifismo antiamericano nel collante di masse formate da individui isolati,

interessati a sottrarsi alle responsabilit collettive e illusi di poter garantire la propria

sicurezza e qualit di vita patteggiando con lavversario a scapito dellalleato. Sul piano

esterno, la crisi irachena, lincompetenza americana nella sua conduzione politica e

umanitaria, la falla nellunit europea provocata dallo scontro fra Parigi e Washington e

dallinversione di corso di Madrid, hanno dato allItalia una posizione di preminenza mai

prima esistita per gli Stati Uniti. una posizione e una immagine di una Italia nuova che ha

permesso alla attuale rappresentanza diplomatica italiana a Washington di utilizzare appieno

la posizione di secondo alleato dellAmerica con unazione di presenza attiva sostenuta e

dignitosa che ha prodotto riconoscimenti e simpatie senza precedenti.

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La diplomazia tesse la tela, gli uomini stavolta devono sforzarsi di non disfarla come

faceva Penelope perch, come ha detto George W. Bush al presidente Carlo Azeglio Ciampi:

Certe volte, poco prima che arrivi il sereno, il cielo diventa nero, ma a Baghdad stanno gi

spuntando i primi raggi del sole della libert e della democrazia.

LEuropa liberata

Il 6 giugno 1944 le truppe alleate degli anglo-americani, polacchi e canadesi

sbarcarono in Normandia. Lo sbarco cost la vita a 37.000 alleati delle truppe di terra, e a

17.000 dellaviazione. Tra alleati e tedeschi morirono 425.000 militari.

Il giorno pi lungo edizione 2004 cominciato con 21 colpi di cannone di una nave

militare francese, mentre un sole splendente, che da queste parti non proprio unabitudine,

invitava allappuntamento internazionale con i suoi riflessi sulle acque della Manica.

Sessantanni fa il tempo era peggiore e quelle spiagge erano coperte di cadaveri di soldati

britannici, canadesi e, soprattutto, statunitensi. Tremila morti americani il 6 giugno 1944 alla

sola spiaggia di Omaha Beach, dove lesito dello scontro stato incerto dallalba al tramonto.

Dalla carneficina di ieri alle celebrazioni di oggi il passo stato breve e lungo al tempo stesso.

Breve perch lEuropa occidentale ha trovato ben presto la democrazia. Lungo sia perch

quella orientale ha impiegato mezzo secolo a superare Yalta, sia perch un leader tedesco,

Gerhard Schreder, non era mai stato presente fino al 6 giugno 2004 alle celebrazioni del D-

Day.

Questa novit significativa perch ha attenuato il significato di festa dei vincitori

che ogni ricorrenza della seconda guerra mondiale ha assunto. Lomaggio reso agli intrepidi

giovani che sulle spiagge di Normandia attaccarono la Fortezza Europa un diventato anche

un omaggio ai giovani che per amor di patria, e sia pure agli ordini di un regime feroce ed

esecrabile, si batterono con coraggio in una lotta ormai impari.

Il tempo fa anche miracoli. Fa confluire i ricordi degli uni con quelli degli altri.

Vincitori e vinti di ieri si accorgono dessere i protagonisti dellEuropa di oggi e proprio

questo il messaggio di fondo che il presidente francese Jacques Chirac intende lanciare

attraverso le celebrazioni di Arromanches. Per la prima volta un cancelliere tedesco in carica

stato invitato in Normandia proprio come i leaders dei paesi i cui militari parteciparono allo

sbarco. Gerhard Schreder ha accettato ben volentieri linvito dellEliseo.

La storia scritta dai vincitori, lo si ripete spesso, ed inevitabile.

un bene per lumanit e per la civilt che gli anglo-americani da una parte, i sovietici

dallaltra, abbiano annientato i sogni funesti di Hitler. La roulette della storia ha voluto che a

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quellesito fosse associata una tirannia, la staliniana, che allhitleriana aveva poco o nulla da

invidiare, anzi molto da insegnare per crudelt e repressione.

LEuropa stata liberata. Onore ai liberatori. Ma senza del tutto dimenticare i

combattenti e i caduti tedeschi: lo si fatto quasi che le loro vite valessero zero e che i loro

eroismi fossero da passare agli archivi senza lode alcuna). Le croci dei cimiteri di guerra sono

uguali. Non che si voglia confondere gli aggressori e gli aggrediti, sappiamo da che parte

stessero il diritto e la ragione. Non sappiamo, invece, quanti tra i ragazzi immolati si ponessero

problemi di questo genere, e quanti abbiano semplicemente inteso compiere il loro dovere.

LItalia ha recitato nella Seconda guerra mondiale una parte ambigua: prima alleata

poi nemica dei tedeschi, prima nemica poi alleata agli anglo-americani, vinta ma anche un po

vincitrice, vittima ma anche un po persecutrice, occupante e occupata. Un itinerario cos

tortuoso deve forse essere addebitato al fascismo e alle conseguenze della disfatta che le era

stata inflitta. Ma se non si distingue tra nazismo e tedeschi diventa difficile distinguere tra

fascismo e italiani.

Son pochi forse a non essersi commossi davanti allultima scena di Salvate il soldato

Ryan, quando lunico sopravvissuto dei tre fratelli si china sulla tomba di Tom Hanks che

aveva sacrificato la sua vita per portarlo fuori dallinferno della battaglia di Normandia. Il

cimitero militare USA, proprio a due passi da Omaha Beach, ancor oggi meta di reduci,

scolaresche, turisti. Di gente di ogni razza e nazionalit che vi si reca a recitare una preghiera,

ringraziando quei ragazzi di aver ridato la libert allEuropa, impresa avviata proprio con

loperazione Overlord del 6 giugno del 44. Cosa che hanno fatto il 6 giugno 2004 tanti capi

di Stato e di governo - a cominciare da Bush e Chirac - in occasione del 60 anniversario dello

sbarco alleato sulle coste francesi.

Ma sono tanti, tantissimi, i ragazzi dellaltra parte sepolti nella penisola, senza fiori

e senza omaggi. Gerhard Schreder, invitato alla celebrazione, avrebbe potuto rompere il

muro del silenzio che li circonda da pi di mezzo secolo, tranne rare eccezioni. Ma il

Cancelliere non ha voluto. Ha tacciato come dettati da calcoli partitici gli inviti a recarsi ad

omaggiare i tanti connazionali sepolti in Normandia. Che restano un esercito ripudiato.

Dimenticato. Come non fosse mai esistito.

Un fiore anche sulle tombe degli avversari.

Sono 78mila e oltre i corpi dei tedeschi inumati in sei cimiteri della regione. Una strage

quasi senza precedenti, e tante storie toccanti poco conosciute. Perch chi perde ha sempre

torto. E comunque quello che rappresentavano allora non pu certo essere portato oggi ad

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esempio. Eppure, nei sei luoghi in cui riposano quei soldati - Champigny-St. Andr (19.809),

St. Desir de Lisieux (3.735), Marigny (11.169), La Cambe (21.300) e Mont de Huisnes

(11.956) - soffia tra le croci e le lapidi unatmosfera di grande dignit, arricchita da tante frasi

vergate a mano sui registri dingresso. Tutte le volte che ci si trova davanti ad una scena

come questa, un uomo non pu fare a meno di chiedersi: ma perch non riusciamo a capirci?.

La firma di un francese di Fontainebleu: Stphan Peyerl. Un parigino anonimo, aggiunge:

A che servita questa strage, di noi, di voi, di tutti?. E Rita, di Hameln, piange il padre mai

visto: E la quarta volta che vengo sulla tua tomba e soffro come ho sofferto sempre perch

non ti ho mai conosciuto. Quanti bambini ancora devono perdere il loro padre a causa di una

guerra?.

Nomi e date. Ventenni e poco pi, soprattutto. Dei tre fratelli Ryan, il minore riusc

per fortuna a tornare a casa. I Baumann, Hans e Werner, persero invece entrambi la vita nei

giorni immediatamente dopo lo sbarco. Il primo, geniere di 19 anni, fu fatto a pezzi da una

granata assieme a tre commilitoni il 9 agosto a Falaise, in una piazzola dove era addetto ad

una mitragliatrice pesante. Werner, 18enne, cadde giusto una settimana dopo a pochi

chilometri dal luogo in cui era deceduto il fratello: a Le Bu sour Rouvres. Un figlio unico, il

caporale Walter Munstermann, 20 anni: ucciso a Sainte Mre Eglise - resta celebre come

prima cittadina francese liberata dai paracadutisti, di cui uno rimase impigliato per ore sul

campanile della chiesa - il giorno stesso dellinvasione. Ma a casa non lo avrebbero aspettato:

entrambi i genitori non sopravvissero al bombardamento di Cochem, dove risiedevano. A

Champigny, a sud di Rouen, sepolto il capitano Hans Gunther: aveva 26 anni - la foto lo

ritrae a casa, in Germania, per il Natale del 43 - quando col suo Focke-Wulf 190 fu incaricato

(era il 15 giugno del 44, poco pi di una settimana dallo sbarco) di contrastare i velivoli

nemici che dominavano la scena. Fu visto duellare con aerei americani e cadere in una scia di

fumo. Ma nessuno seppe mai dove. Finch nel 73, durante scavi nella Loira, non emersero

dallacqua resti di un caccia. La sua placca didentit rest nel fiume per fino al 90 e la

moglie riusc a portare dei fiori sulla sua tomba, per la prima volta, nel 92.

Siamo implacabili nel demonizzare, come se fossimo i primi della classe per fede

democratica, le truppe tedesche. Nessuno si sogna di negare i crimini e scempi delle SS e di

altre formazioni tedesche, ci mancherebbe. opportuno che vengano ricordate - per fortuna lo

sono con grande frequenza - le stragi di cui i soldati di Hitler si resero colpevoli. Solo

cerchiamo di rammentare ugualmente che ragazzi tedeschi, a migliaia, sono morti in Africa

settentrionale per portare aiuto al nostro esercito, che ragazzi tedeschi sono morti nei Balcani

per un intervento determinato dalla vergognosa campagna di Grecia voluta da Mussolini, che

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ragazzi tedeschi sono morti in Sicilia nel tentativo di impedire lo sbarco alleato dopo che

Pantelleria si era arresa senza colpo ferire.

Da bambina ascoltavo i racconti di guerra di mio padre: durante la prigionia in Egitto

stava per morire di fame ed stato salvato da un siciliano che faceva il cuoco per gli inglesi e

di nascosto gli passava del cibo in pi per sopravvivere. rimasto in contatto per vari anni

con il suo salvatore dopo la liberazione dalla prigionia avvenuta nellagosto 1946. Malgrado

gli assalti agli anglo-americani fossero duri, gli italiani avevano ricevuto lordine di salvare

gli avversari feriti, senza infierire su di loro.

La lotta quotidiana per la sopravvivenza, che non ho conosciuto in prima persona, mi

stata tuttavia trasmessa come eredit culturale da mio padre, che ha vissuto anni di guerra e di

prigionia, combattendo per il Paese che aveva appreso a onorare e difendere.

Il D-Day visto - giustamente - come linizio della fine per un despota invasato e per

forze armate che si erano macchiate di crimini tremendi. Non cera, in questa visione, posto

alcuno per riconoscimenti a un esercito che credo possa essere tecnicamente considerato - nei

suoi comandanti e nei suoi soldati - il migliore del mondo.

Il presidente Jacques Chirac ha partecipato a una cerimonia con George W. Bush al

cimitero militare di Colleville, situato a ridosso di Omaha Beach.

Nel 1994, al momento dei cinquantanni con Bill Clinton e Franois Mitterrand, i

veterani erano numerosi. Nel 2014 la celebrazione del settantesimo anniversario sar in

pratica il passaggio verso lera della pura memoria storica, quando le persone scampate alle

battaglie del 1944 e ai rischi della successiva vita civile saranno per forza di cose ben poche.

Insomma, questa lultima grande celebrazione del D-Day a svolgersi in un clima di ricordi

vissuti e raccontati. Ricordi che sono poi pi o meno celebri (dal Giorno pi lungo al

Soldato Ryan), ma che assumono un sapore straordinario sulle labbra di chi prese parte

alloperazione Overlord agli ordini del generale Eisenhower.

Per Bush e Chirac stato il grande momento per esprimere una reciproca riconoscenza

che va indietro di secoli: parlando della Francia come primo alleato degli Stati Uniti, il

presidente Bush andava col pensiero alla guerra dIndipendenza e non certo al conflitto

dellanno scorso in Iraq.

Poi stata la volta delle cerimonie comuni nella citt di Can e, nel pomeriggio, ad

Arromanches. Qui, dove si trova il Museo dello Sbarco, gli Alleati riuscirono nel giugno

1944 a costruire una fondamentale testa di ponte: un porto artificiale realizzato con enormi

cassoni di cemento, cavi allinterno, trainati dalle navi provenienti dalla costa britannica.

Grazie al porto di Arromanches le truppe anglo-americane ebbero a disposizione

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uninfrastruttura attraverso cui rifornire di armi pesanti le forze sbracate in Normandia il 6

giugno 1944.

Nel pomeriggio del 6 giugno 2004 Arromanches era una localit blindata per lo sbarco

di ventidue capi di Stato o di governo, provenienti da diciassette Paesi. La scelta del

presidente Chirac nel diramare gli inviti ha provocato qualche discussione soprattutto a causa

del malumore degli spagnoli, che sono stati esclusi malgrado il ruolo che i loro connazionali

ebbero sessantanni fa nella Resistenza francese. Cera uno Schreder impassibile, cera una

regina Elisabetta compresa nel proprio ruolo, cera un Putin felice del suo status

internazionale e cera una Laura Bush commossa fino alle lacrime nella celebrazione delle

vittime americane. Celebrazione effettivamente commovente, realizzata da una troupe di

cantanti, da danze ispirate allidea della riconciliazione europea e della gratitudine verso gli

Stati Uniti e dalla proiezione di immagini su enormi schermi disposti sulla spiaggia. Lultima

di queste immagini stato un gigantesco Grazie rivolto agli americani e ai loro alleati.

Durante le celebrazioni il presidente Chirac ha appuntato le insegne di cavaliere della

Legion donore a quattordici veterani, uno per ciascuno dei paesi che contribuirono allo

sbraco. Alla fine la spiaggia di Arromanches stata sorvolata dalla pattuglia acrobatica

francese, che ha tinto il cielo di bianco, rosso e blu, mentre mille veterani del D-Day sfilavano

in una standing ovation che ha riunito nellapplauso in piedi tutti i grandi della Terra.

Il giorno della commemorazione dello Sbarco in Normandia stato anche quello del

rilancio dellamicizia franco-americana e in generale euro-americana dopo le polemiche sulla

questione irachena. Gli Stati Uniti dAmerica sono il nostro eterno alleato, ha detto Jacques

Chirac spazzando via i dissapori di ieri nel nome delle glorie dellaltroieri. George Bush gli ha

risposto con una frase altrettanto carica di enfasi e altrettanto significativa: Il sacrificio della

guerra ci ha resi alleati inseparabili, ha detto il Presidente degli Stati Uniti, che ha anche

colto loccasione per commemorare lo scomparso Ronald Reagan.

Questo scambio di affermazioni tanto impegnative si svolto la mattina del 6 giugno

2004, alla cerimonia che ha avuto luogo nellimpressionante cimitero militare americano di

Colleville, dove novemila croci e stelle di Davide di marmo bianco ricordano i caduti

statunitensi del 6 giugno 1944 e dei giorni immediatamente successivi. Bush ha proseguito

dicendo: La nostra grande alleanza forte ed ancora necessaria. Poi il Presidente ha lanciato

un messaggio chiarissimo a tutti i suoi alleati: LAmerica pronta a sacrificarsi oggi cos come

lo stata ieri, ha detto, spostando evidentemente lattenzione dal passato al presente. Un

presente che si chiama Iraq e che anche in margine ai contatti svoltisi il giorno prima tra i vari

esponenti politici in Normandia vede ormai la speranza prevalere sul