Banca di Credito Cooperativo di Barlassina...Alberto Francesco Manenti Vice Direttore Generale...

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Banca di Credito Cooperativo di Barlassina Relazioni e Bilancio 2018 66° ESERCIZIO

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  • Banca di Credito Cooperativodi Barlassina

    Relazioni e Bilancio 2018

    66°ESERCIZIO

  • Relazioni e Bilancio 2018

    66°ESERCIZIO

  • In copertina: particolare della sede centrale di via C. Colombo a Barlassina.

  • 1) BARLASSINA (MB) - Sede e Direzione GeneraleVia C. Colombo, 1/3tel. 0362 5771.1 - fax 0362 564276

    2) ARESE (MI)Via Papa Giovanni XXIII, 5/7tel. 02 93586579 - fax 02 9384535

    3) BOVISIO MASCIAGO (MB)Via Nazionale dei Giovi, 13/15tel. 0362 558966 - fax 0362 559202

    4) CARONNO PERTUSELLA (VA)Corso Italia, 995tel. 02 96451824 - fax 02 96459065

    5) CESANO MADERNO (MB)Via Nazionale dei Giovi, 75/77tel. 0362 550102 - fax 0362 540027

    6) COGLIATE (MB)Piazza della Chiesa, 9tel. 02 96460470 - fax 02 96460514

    7) LAINATE (MI)Vicolo IV Novembre, 1/3tel. 02 93796044 - fax 02 93572088

    8) LENTATE SUL SEVESO (MB)Via Garibaldi, 5/atel. 0362 572014 - fax 0362 556506

    9) LENTATE SUL SEVESO - Copreno (MB)Piazza Fiume, 6tel. 0362 569472 - fax 0362 569480

    10) LIMBIATE (MB)Piazza della Repubblica, 12/atel. 02 99692144 - fax 02 99683265

    11) MEDA (MB)Via Indipendenza, 126tel. 0362 344502 - fax 0362 344734

    12) MILANOVia Losanna, 6 (angolo Via Piero della Francesca)tel. 02 34691083 - fax 02 34691089

    13) MISINTO (MB)Piazza XXV Aprile, 1tel. 02 96720521 - fax 02 96720534

    14) ROVELLO PORRO (CO)Piazza Porro, 2tel. 02 96751411 - fax 02 96751451

    15) SARONNO (VA)Via Ferrari, 1tel. 02 96708123 - fax 02 96707975

    16) SEVESO - Altopiano (MB)Via Monte Rosa, 1tel. 0362 641463 - fax 0362 641471

    17) SEVESO - Baruccana (MB)Via Montecassino, 18tel. 0362 552121 - fax 0362 552438

    Tutte le �liali sono dotate di sportello

    Sono inoltre attivi i seguenti ulteriori sportelli Bancomat:• Barlassina: piazza Cavour

    • Barlassina: via Colombo, 1 - salone al pubblico sede centrale (ATM evoluto: prelievi, ricariche, boni�ci e versamenti)

    • Baruccana di Seveso: piazza Italia, 7

    • Milano: via Durini, 28 (interno B&B Building)

    Cod. ABI 8374.1 - Iscritta all’Albo Nazionale delle Cooperative n. A157431Iscritta all’Albo delle banche al n. 4495.8.0 - Iscritta al Registro Imprese di Monza e Brianza al n. 434327

    Aderente al Gruppo Bancario Cooperativo Cassa Centrale Banca, iscritto all’Albo dei Gruppi Bancari, Soggetta all’attività di direzione e coordinamento della Capogruppo Cassa Centrale - Credito Cooperativo Italiano S.p.A.

    Aderente al Fondo Nazionale di Garanzia, ai Fondi di Garanzia dei Depositanti del Credito CooperativoCodice �scale 01434500151 - Società partecipante al Gruppo IVA Cassa Centrale Banca (P.IVA 02529020220)

    Sede e Direzione Generale: Via C. Colombo, 1/3 20825 Barlassina (MB)Tel. 036257711 - Fax 0362564276 - e-mail: [email protected] - P.E.C.: [email protected]

    Seregno

    MedaMisinto

    Cogliate

    TurateRovelloPorro

    Rovellasca

    Gerenzano

    CerianoLaghetto

    Solaro

    Limbiate

    Cesano Maderno

    Bovisio Masciago

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    Cermenate

    Lazzate

    MarianoComense

    Novedrate

    Lentate sul Seveso Cabiate

    Carimate

    Lomazzo

    GarbagnateMilanese

    Cesate

    Senago

    LainateNerviano

    PoglianoMil.se Rho

    Arese

    NovateMil.se

    Cormano

    BressoSesto S. Giovanni ColognoMonzese

    S. DonatoMil.se

    Segrate

    Peschiera Borromeo

    Opera

    Rozzano

    Assago

    Buccinasco

    SettimoMil.se

    Milano

    Corsico

    CesanoB.ne

    Trezzanosul Naviglio

    Cusago

    Pero

    Bollate

    PadernoDugnano

    Baranzate

    Vimodrone

    Banca di Credito Cooperativo di BarlassinaSocietà cooperativa

    (maggio 2019)

    Zona di competenza territoriale

    Bovisio Masciago

    Varedo

    Saronno

    Cogliate

    Misinto

    Lentate sul Seveso

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    Amministrazione e Direzione Generale 9

    Relazione del Consiglio di Amministrazione 11

    Relazione del Collegio Sindacale 79

    Relazione della Società di revisione 84

    Stato Patrimoniale e Conto Economico 93

    Nota Integrativa 103

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    Consiglio Presidente Stefano Meronidi Amministrazione Vice Presidente (Vicario) Giuseppe Casella

    Vice Presidente Giuseppe Porro

    Consiglieri Marcello Citterio

    Gianmario Di Meglio

    Davide Erba

    Giuseppe Ferrigno

    Marco Galanti

    Mario Sedini

    Collegio Sindacale Presidente Enrico Maria Campi

    Sindaci effettivi Giulio Maria Borghi

    Gian Natale Renoldi

    Sindaci supplenti Rossano Borghesan

    Gisella Galli

    Direzione Generale Direttore Generale Giorgio Porro Vice Direttore Generale (Vicario) Alberto Francesco Manenti

    Vice Direttore Generale Roberto Bernasconi

    Presidente onorario Mario Beretta

  • Relazione del Consiglio di Amministrazionesulla Gestionee Bilancio 2018

  • Nella pagina precedente:Sede centrale di Barlassina: scorcio della sala convegni “V. Citterio”

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    Care Socie, cari Soci,

    il biennio 2018-2019 è un periodo storico per il Credito Cooperativo. E’ dif�cile parlare del singolo esercizio 2018 senza citare i traguardi istituzionali raggiunti nei primi mesi del 2019.

    Infatti il 2019 si è aperto per il Credito Cooperativo nel segno dell’avvio operativo dei Gruppi Bancari Cooperativi, che innovano profondamente gli assetti della Categoria, e con la �rma da parte di Federcasse e delle Organizzazioni Sindacali dell’accordo di rinnovo del Contratto Collettivo nazionale di lavoro degli oltre 36 mila dipendenti del nostro sistema, scaduto il 31 dicembre 2013. Uno strumento essenziale per accompagnare la peculiare fase di transizione del Credito Cooperativo. Nel corso del 2018 intensa è stata l’attività normativa riguardante la riforma del Credito Cooperativo nell’ambito della quale Federcasse, con Confcooperative, è stata fortemente impegnata nel rappresentare le peculiarità e gli interessi della categoria. Lo stretto dialogo con Governo, Parlamento, Autorità di vigilanza ha consentito di ottenere importanti riscontri.

    Tre provvedimenti - il decreto “milleproroghe”, il decreto �scale e la legge di bilancio - sono intervenuti a: • precisare ulteriormente nel Testo Unico Bancario i

    contenuti “caratterizzanti” della riforma del Credito Cooperativo;

    • chiarire nell’ambito del Testo Unico della Finanza la connotazione delle azioni delle BCC (strumenti �nanziari, non prodotti �nanziari);

    • ottenere sul piano fiscale l’applicazione della favorevole disciplina del Gruppo IVA ai Gruppi Bancari Cooperativi;

    • “sterilizzare” nel consolidamento dei conti delle BCC e delle rispettive Capogruppo l’impatto sui fondi propri, consentendo che tale consolidamento avvenga a valori contabili individuali invece che a fair value.Il 21 settembre è stata pubblicata nella Gazzetta

    Uf�ciale n. 220, la Legge 21 settembre, n. 108, di conversione, con modi�cazioni, del D.L. 91/2018 (c.d. Milleproroghe) che, all’articolo 11, è intervenuto sulla Riforma 2016 del Credito Cooperativo, rafforzando il carattere territoriale e le �nalità mutualistiche delle singole BCC, sia nelle rispettive aree geogra�che di competenza sia all’interno dei Gruppi Bancari Cooperativi di riferimento.

    La Legge ha infatti previsto che:a) almeno il 60% del capitale della Capogruppo

    del Gruppo bancario cooperativo debba essere detenuta dalle BCC appartenenti al Gruppo;

    b) lo statuto della Capogruppo stabilisca che i componenti dell’organo di amministrazione espressione delle BCC aderenti al Gruppo siano pari alla metà più due del numero complessivo dei Consiglieri di amministrazione;

    c) i poteri della Capogruppo, oltre a considerare le �nalità mutualistiche, debbano altresì considerare il carattere localistico delle BCC;

    d) con “atto della Capogruppo”, debba essere disciplinato un processo di consultazione delle BCC aderenti in materia di strategie, politiche commerciali, raccolta del risparmio ed erogazione del credito, nonché riguardo al perseguimento delle �nalità mutualistiche. Al �ne di tener conto delle speci�cità delle aree interessate, la consultazione deve avvenire mediante “assemblee territoriali” delle BCC, i cui pareri non sono vincolanti per la Capogruppo (ma evidentemente costituiscono un riferimento);

    e) vengano riconosciuti, alle BCC che si collocano nelle classi di rischio migliori, maggiori ambiti di autonomia in materia di piani�cazione strategica e operativa (nel quadro degli indirizzi impartiti dalla Capogruppo e sulla base delle metodologie da quest’ultima de�nite) nonché un ruolo più ampio nelle procedure di nomina degli esponenti aziendali;

    f) sia un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Banca d’Italia, a stabilire una diversa soglia di partecipazione delle BCC al capitale della Capogruppo, tenuto conto delle esigenze di stabilità del Gruppo.La Legge 21 settembre n. 108 ha, in sostanza,

    rafforzato il controllo delle BCC sul proprio Gruppo Bancario Cooperativo, ribadito l’adozione del principio risk based nel concreto esercizio dell’attività dei Gruppi, de�nito la necessità di adeguati processi di consultazione delle BCC da parte delle Capogruppo.

    Nella Legge 17 dicembre 2018 n. 136 che converte, con modi�cazioni, il D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 (cosiddetto Decreto “pace �scale”), pubblicata lo scorso 18 dicembre in Gazzetta Uf�ciale, sono contenute quattro misure di grande interesse per la categoria:1) l’art. 20, comma 1 estende anche ai Gruppi Bancari

    Cooperativi la possibilità di avvalersi – già dal 2019 - dell’istituto del Gruppo Iva, con un rilevante bene�cio in termini economici;

    2) l’art. 20, comma 2-ter riconosce la diversa natura degli strumenti di capitale delle BCC rispetto a quelli emessi dalle società per azioni, entro una certa soglia di valore nominale. Nei casi in cui la sottoscrizione o l’acquisto risulti di valore nominale non superiore a 1.000 euro o, se superiore, rappresenti la quota minima stabilita nello statuto della banca per diventare socio, purché la stessa non ecceda il valore nominale di 2.500 euro (tenendo conto, ai �ni dei limiti suddetti, delle operazioni effettuate nei 24 mesi precedenti), non si applicano gli articoli 21, 23, e 24-bis del TUF, con un’evidente sempli�cazione operativa, importante anche sul piano strategico, delle possibilità di accrescimento delle compagini sociali;

    3) il nuovo articolo 20-bis interviene sulla disciplina delle Casse costituite nelle province autonome di Trento e Bolzano, prevedendo per esse la possibilità di aderire ad un sistema di tutela istituzionale di cui all’art. 113 (7) del CRR (Capital Requirements Regulation) in alternativa al Gruppo Bancario Cooperativo;

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    4) il nuovo articolo 20-ter introduce una nuova forma di vigilanza cooperativa per le Capogruppo dei Gruppi Bancari Cooperativi, �nalizzata a veri�care la coerenza delle funzioni svolte dalle Capogruppo rispetto alle �nalità mutualistiche e territoriali delle BCC aderenti ai Gruppi.Nel corso dell’iter del provvedimento si è anche

    provveduto a contrastare alcune proposte normative che, se approvate, avrebbero potuto impattare in maniera rilevante sul processo di evoluzione del Credito Cooperativo.

    L’ultimo giorno dell’anno, il 31 dicembre scorso, è stata in�ne pubblicata nella Gazzetta Uf�ciale n. 302 la Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019), in vigore dal 1 gennaio 2019.

    In essa, al comma 1072, è contenuta una norma di diretto interesse per le BCC e i GBC.

    Tale comma, che apporta alcune modi�che all’articolo 38 del D.Lgs. n. 136 del 2015 sui bilanci di banche e intermediari �nanziari, interviene sulla disciplina delle scritture contabili dei Gruppi Bancari Cooperativi. Recependo nell’ordinamento italiano una disposizione contenuta all’interno della Direttiva 86/635/CEE, si chiarisce che, ai �ni della redazione del bilancio consolidato, la società Capogruppo e le banche facenti parte del Gruppo costituiscono un’unica entità consolidante.

    Ne consegue che, nella redazione del bilancio consolidato, le poste contabili relative a Capogruppo e banche af�liate possono essere iscritte con modalità omogenee, consentendo il consolidamento a valori contabili individuali invece che a fair value con una potenziale sterilizzazione, anche su base consolidata, degli impatti sui fondi propri dei Gruppi Bancari Cooperativi.

    Il 9 gennaio scorso è stato sottoscritto l’Accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale del Credito Cooperativo, scaduto nel 2013.

    L’Accordo si sviluppa su due direttrici:1. di immediata ef�cacia: parte retributiva: • Incremento voce stipendio di 85,00 euro mensili con

    riferimento al lavoratore inquadrato nella 3ª area professionale, 4° livello retributivo

    • Tabellizzazione EDR ex CCNL 21.12.2012• Disciplina Premio di risultato 2019. parte normativa:• Titolarità ai Gruppi Bancari Cooperativi delle

    procedure di cui all’art. 22 c.c.n.l., nonché altre procedure di informazione e consultazione sindacale prima di competenza delle Federazioni

    • Titolarità ai Gruppi Bancari della Contrattazione integrativa a partire dal 1.1.2020, salvo diverse speci�che esigenze territoriali che risulteranno condivise;

    • In caso di trasferimento, aumentata da 30 a 50 Km la distanza dalla precedente sede di lavoro oltre la quale va richiesto il consenso al lavoratore;

    • Introdotta la non reiterabilità del trasferimento del lavoratore entro 12 mesi dal trasferimento precedente;

    • Abrogato il livello retributivo di inserimento professionale;

    • Reintrodotto inquadramento inferiore della durata di 18 mesi per i contratti di apprendistato;

    • Possibilità di superare le 40 ore settimanali e apertura al sabato per le �liali che operano presso aree territoriali montane o rurali distanti dai centri di offerta di servizi;

    • Orario di apertura sportello modulabile fra le ore 8 e le ore 20;

    • Per l’anno 2019, in via sperimentale, fruizione di una giornata di permesso ex festività di cui ovvero di 7,5 ore attraverso la prestazione di attività di volontariato sociale, civile ed ambientale, da svolgersi entro l’anno di maturazione ed opportunamente documentata ovvero da devolvere alla “banca del tempo”.

    2. di tipo programmatico, da sviluppare con Segreterie nazionali delle Organizzazioni sindacali che riguarderà:

    • Istituzione del FOCC (Fondo per l’occupazione del Credito Cooperativo)

    • Assetti contrattuali di Categoria (contrattazione integrativa di Gruppo)

    • Continuità dialogo sindacale, attivazione dell’Osservatorio nazionale (art. 12 CCNL)

    • Revisione disciplina del Premio di risultato, anche rispetto ad indicatori economici della banca mutualistica

    • Valorizzazione nel CCNL del Credito Cooperativo delle esigenze speci�che del Sistema BCC

    • Adeguamenti alla normativa del lavoro• Sistema di classificazione del personale e impiego

    delle professionalità• Misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,

    pari opportunità, welfare aziendale• Sviluppo sostenibile delle comunità, promozione

    politiche aziendali di tutela dell’ambiente e di risparmio energetico

    • Adeguamento disciplina contrattuale sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.Per il Credito Cooperativo la s�da in campo, ora, è

    quella di tradurre nel linguaggio e nella prassi della contemporaneità la mutualità bancaria, con il supporto del Gruppo bancario cooperativo per rafforzare il servizio ai nostri soci, ai clienti, alle comunità locali.

    LO SCENARIO MACROECONOMICOINTERNAZIONALE

    Nei primi nove mesi del 2018, l’economia mondiale è tornata a rallentare (+3,4 per cento di variazione annua media della produzione industriale) dopo la decisa accelerazione registrata nel corso del 2017 (+3,5 per cento da +1,9 per cento del 2016).

    In particolare, la decelerazione dell’attività economica globale è stata trainata dal Giappone (+1,5 per cento nel 2018 da +4,3 per cento nel 2017) e dalla Zona Euro (+2,1 per cento nel 2018

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    da +3,1 per cento nel 2017). Nelle economie emergenti l’attività economica è salita del 3,8 per cento nei primi nove mesi del 2018 (da +3,9 per cento del 2017).

    L’in�azione mondiale è diminuita nel 2018 (+3,6 per cento annuo in media da +3,7). L’economia cinese, che aveva chiuso il 2017 con un tasso di crescita annua del PIL pari al 6,8 per cento nel quarto trimestre (+6,9 per cento annuo in media), nei primi tre trimestri del 2018 è cresciuta del 6,7 per cento annuo di media (ma in calo, +6,5 per cento nel terzo).

    La produzione industriale ha seguito una dinamica simile (+6,1 per cento annuo in media nei primi undici mesi del 2018 da +6,6 per cento medio nel 2017).

    Negli Stati Uniti, la crescita annualizzata del PIL in termini reali ha evidenziato un’accelerazione nel corso del 2018 (+3,4 per cento annuo nel terzo trimestre +3,2 per cento di media dei primi due trimestri) facendo registrare una crescita media complessiva (+3,3 per cento) signi�cativamente superiore a quella del 2017 (+2,5 per cento, +2,0 per cento nel 2016).

    L’attività economica è migliorata notevolmente su base annua nel 2018 (+3,9 per cento di media dei primi undici mesi dell’anno, con un picco nel terzo trimestre, +5,0 per cento annuo di media).

    Il grado di utilizzo degli impianti è signi�cativamente cresciuto, attestandosi al 78,5 per cento a novembre 2018 e al 77,9 per cento annuo di media nei primi undici mesi da 76,1 per cento nel 2017.

    Gli indicatori congiunturali e anticipatori come il leading indicator (+6,1 per cento annuo di media da +4,1 per cento), l’indice dell’Institute for Supply Management (ISM) manifatturiero (salito da 57,4 punti di media annua del 2017 a 58,8 del 2018), l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (62,4 punti di media nel 2018 da 60,8 nel 2017) e l’indice PMI manifatturiero (55,4 punti di media nel 2018 da 53,6 nel 2017) lasciano intravedere prospettive di espansione anche nella prima metà del 2019.

    Nel corso del 2018, l’in�azione al consumo tendenziale si è stabilizzata al di sopra dell’obiettivo �ssato dalla Federal Reserve (+2,5 per cento di media annua dal 2,1 per cento del 2017), mentre i prezzi alla produzione nei primi undici mesi del 2018 sono aumentati del 2,8 per cento annuo di media (da +2,3 per cento del 2017).

    Nel mercato del lavoro, la creazione di nuovi posti è rimasta robusta (220 mila unità in media d’anno nei settori non agricoli, a fronte di 182 mila nel 2017). In ogni caso, il tasso di disoccupazione si è consolidato su un livello di poco inferiore al 4,0 per cento (3,9 per cento a dicembre, 3,9 di media annua dal 4,4 per cento del 2017), mentre il tasso di sottoccupazione è sceso dal 4,0 al 3,7 per cento.

    Secondo le previsioni diffuse dall’OCSE lo scorso novembre, nel 2018 la crescita dell’economia mondiale sarebbe stata pari al 3,7 per cento, un decimo di punto in più rispetto all’anno precedente.

    Nel 2019 il PIL mondiale aumenterebbe del 3,5 per cento, due decimi di punto in meno rispetto a quanto previsto in settembre: la revisione ri�ette un lieve deterioramento delle prospettive nell’area dell’euro, in Giappone e nelle principali economie emergenti, a cui si accompagna il già atteso rallentamento negli Stati Uniti, anche per il progressivo venir meno degli effetti espansivi dello stimolo �scale. Sulla base delle stime formulate dalla Banca d’Italia, nel 2018 gli scambi commerciali internazionali sarebbero aumentati del 4,4 per cento, in marcata decelerazione rispetto all’anno precedente; nel 2019 il commercio rallenterebbe ulteriormente, al 3,5 per cento, oltre due punti percentuali in meno rispetto al 2017.

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    L’economia cinese, che aveva chiuso il 2017 con

    un tasso di crescita annua del PIL pari al 6,8 per

    cento nel quarto trimestre (+6,9 per cento annuo

    in media), nei primi tre trimestri del 2018 è

    cresciuta del 6,7 per cento annuo di media (ma in

    calo, +6,5 per cento nel terzo).

    La produzione industriale ha seguito una

    dinamica simile (+6,1 per cento annuo in media

    nei primi undici mesi del 2018 da +6,6 per cento

    medio nel 2017).

    Negli Stati Uniti, la crescita annualizzata del

    PIL in termini reali ha evidenziato

    un’accelerazione nel corso del 2018 (+3,4 per

    cento annuo nel terzo trimestre +3,2 per cento di

    media dei primi due trimestri) facendo registrare

    una crescita media complessiva (+3,3 per cento)

    significativamente superiore a quella del 2017

    (+2,5 per cento, +2,0 per cento nel 2016).

    L’attività economica è migliorata notevolmente

    su base annua nel 2018 (+3,9 per cento di media

    dei primi undici mesi dell’anno, con un picco nel

    terzo trimestre, +5,0 per cento annuo di media).

    Il grado di utilizzo degli impianti è

    significativamente cresciuto, attestandosi al 78,5

    per cento a novembre 2018 e al 77,9 per cento

    annuo di media nei primi undici mesi da 76,1 per

    cento nel 2017.

    Gli indicatori congiunturali e anticipatori come il

    leading indicator (+6,1 per cento annuo di media

    da +4,1 per cento), l’indice dell’Institute for Supply

    Management (ISM) manifatturiero (salito da 57,4

    punti di media annua del 2017 a 58,8 del 2018),

    l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (62,4

    punti di media nel 2018 da 60,8 nel 2017) e

    l’indice PMI manifatturiero (55,4 punti di media nel

    2018 da 53,6 nel 2017) lasciano intravedere

    prospettive di espansione anche nella prima metà

    del 2019.

    Nel corso del 2018, l’inflazione al consumo

    tendenziale si è stabilizzata al di sopra

    dell’obiettivo fissato dalla Federal Reserve (+2,5

    per cento di media annua dal 2,1 per cento del

    2017), mentre i prezzi alla produzione nei primi

    undici mesi del 2018 sono aumentati del 2,8 per

    cento annuo di media (da +2,3 per cento del

    2017).

    Nel mercato del lavoro, la creazione di nuovi

    posti è rimasta robusta (220 mila unità in media

    d’anno nei settori non agricoli, a fronte di 182 mila

    nel 2017). In ogni caso, il tasso di disoccupazione

    si è consolidato su un livello di poco inferiore al

    4,0 per cento (3,9 per cento a dicembre, 3,9 di

    media annua dal 4,4 per cento del 2017), mentre

    il tasso di sottoccupazione è sceso dal 4,0 al 3,7

    per cento.

    Secondo le previsioni diffuse dall’OCSE lo

    scorso novembre, nel 2018 la crescita

    dell’economia mondiale sarebbe stata pari al 3,7

    per cento, un decimo di punto in più rispetto

    all’anno precedente.

    Nel 2019 il PIL mondiale aumenterebbe del 3,5

    per cento, due decimi di punto in meno rispetto a

    quanto previsto in settembre: la revisione riflette

    un lieve deterioramento delle prospettive nell’area

    dell’euro, in Giappone e nelle principali economie

    emergenti, a cui si accompagna il già atteso

    11

    rallentamento negli Stati Uniti, anche per il

    progressivo venir meno degli effetti espansivi

    dello stimolo fiscale.

    Sulla base delle stime formulate dalla Banca

    d’Italia, nel 2018 gli scambi commerciali

    internazionali sarebbero aumentati del 4,4 per

    cento, in marcata decelerazione rispetto all’anno

    precedente; nel 2019 il commercio rallenterebbe ulteriormente, al 3,5 per cento, oltre due punti

    percentuali in meno rispetto al 2017.

    I rischi per le prospettive dell’economia

    mondiale sono elevati. L’avvio di negoziati tra gli

    Stati Uniti e la Cina non ha dissipato l’incertezza

    connessa con la possibilità che nuove misure

    protezionistiche pesino sul commercio

    internazionale nei prossimi mesi. Inoltre eventuali

    cambiamenti repentini dei premi per scadenza

    negli Stati Uniti o delle aspettative sul corso della

    politica monetaria della Riserva federale

    potrebbero comportare una riduzione degli afflussi

    di capitale verso le economie emergenti. Resta

    alta infine l’incertezza circa i futuri rapporti

    economici tra il Regno Unito e l’Unione europea

    (UE), in seguito al voto del Parlamento britannico

    che non ha ratificato l’accordo negoziale raggiunto

    in novembre dal governo.

    Dall’inizio di ottobre i prezzi del greggio sono

    scesi fortemente, per effetto soprattutto di fattori di

    offerta, quali l’incremento della produzione negli

    Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Russia, nonché

    la tenuta delle esportazioni dell’Iran, a seguito

    dell’allentamento temporaneo delle sanzioni

    applicate dagli Stati Uniti a questo paese.

    Successivamente le quotazioni avrebbero risentito

    delle attese meno ottimistiche sulla domanda di

    petrolio derivanti dalle prospettive di rallentamento

    dell’economia mondiale.

    L’accordo su nuovi tagli alla produzione

    raggiunto all’inizio di dicembre tra i paesi OPEC e

    altri paesi produttori (OPEC+) non è stato

    sufficiente per arrestare la discesa dei corsi. Le

    quotazioni dei futures prospettano, nel medio

    periodo, un aumento contenuto dei prezzi, al

    momento intorno a 61 dollari al barile per la

    varietà Brent, circa 25 in meno rispetto al

    massimo toccato all’inizio dello scorso ottobre.

    Come atteso, nella riunione del 19 dicembre la

    Riserva federale ha alzato di 25 punti base

    l’intervallo obiettivo dei tassi di interesse sui

  • Rela

    zione d

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    I rischi per le prospettive dell’economia mondiale sono elevati. L’avvio di negoziati tra gli Stati Uniti e la Cina non ha dissipato l’incertezza connessa con la possibilità che nuove misure protezionistiche pesino sul commercio internazionale nei prossimi mesi. Inoltre eventuali cambiamenti repentini dei premi per scadenza negli Stati Uniti o delle aspettative sul corso della politica monetaria della Riserva federale potrebbero comportare una riduzione degli af�ussi di capitale verso le economie emergenti.

    Resta alta in�ne l’incertezza circa i futuri rapporti economici tra il Regno Unito e l’Unione europea (UE), in seguito al voto del Parlamento britannico che non ha rati�cato l’accordo negoziale raggiunto in novembre dal governo.

    Dall’inizio di ottobre i prezzi del greggio sono scesi fortemente, per effetto soprattutto di fattori di offerta, quali l’incremento della produzione negli Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Russia, nonché la tenuta delle esportazioni dell’Iran, a seguito dell’allentamento temporaneo delle sanzioni applicate dagli Stati Uniti a questo paese.

    Successivamente le quotazioni avrebbero risentito delle attese meno ottimistiche sulla domanda di petrolio derivanti dalle prospettive di rallentamento dell’economia mondiale.

    L’accordo su nuovi tagli alla produzione raggiunto all’inizio di dicembre tra i paesi OPEC e altri paesi produttori (OPEC+) non è stato suf�ciente per arrestare la discesa dei corsi.

    Le quotazioni dei futures prospettano, nel medio periodo, un aumento contenuto dei prezzi, al momento intorno a 61 dollari al barile per la varietà Brent, circa 25 in meno rispetto al massimo toccato all’inizio dello scorso ottobre.

    Come atteso, nella riunione del 19 dicembre la Riserva federale ha alzato di 25 punti base l’intervallo obiettivo dei tassi di interesse sui federal funds, portandolo a 2,25-2,50 per cento; per il prossimo anno le quotazioni dei futures sui federal funds e le aspettative del Federal Open Market Committee (FOMC) pre�gurano un più graduale innalzamento dei tassi di riferimento.

    La Banca d’Inghilterra ha lasciato invariato il tasso di riferimento, in considerazione delle crescenti incertezze sull’evoluzione del quadro congiunturale e della Brexit.

    La Banca centrale cinese ha continuato ad allentare le condizioni monetarie annunciando la riduzione del coef�ciente di riserva obbligatoria di 100 punti base all’inizio dell’anno.

    L’attività nell’area dell’euro ha rallentato, in parte a causa di fattori temporanei, ma anche per un deterioramento delle attese delle imprese e per la debolezza della domanda estera. In novembre la produzione industriale è scesa signi�cativamente in tutte le principali economie. In autunno l’in�azione è diminuita per effetto dell’andamento dei prezzi dei beni energetici. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha ribadito l’intenzione di preservare a lungo un ampio grado di accomodamento monetario.

    Nel terzo trimestre il PIL dell’area è aumentato dello 0,2 per cento sul periodo precedente, in marcato rallentamento rispetto ai mesi primaverili. Ha pesato il sostanziale ristagno delle esportazioni. La domanda interna ha continuato a sostenere il prodotto per 0,5 punti percentuali, sospinta dalla variazione delle scorte e, in misura minore, dagli investimenti.

    La produzione industriale ha subito un rallentamento nella seconda metà del 2018 (+0,9 per cento di crescita annua media tra luglio e ottobre del 2018, a fronte di +2,8 per cento tra gennaio e giugno, di +2,0 per cento nei primi dieci mesi del 2018 e di +3,0 per cento nel 2017).

    L’indice sintetico Eurocoin, che fornisce una misura aggregata dell’attività economica dell’area Euro, è sceso in misura importante nel corso del 2018 (0,64 punti di media nei primi undici mesi dell’anno da 0,71 del 2017, 0,50 da luglio a novembre). Il PMI manifatturiero si è confermato in calo ma in zona

    11

    rallentamento negli Stati Uniti, anche per il

    progressivo venir meno degli effetti espansivi

    dello stimolo fiscale.

    Sulla base delle stime formulate dalla Banca

    d’Italia, nel 2018 gli scambi commerciali

    internazionali sarebbero aumentati del 4,4 per

    cento, in marcata decelerazione rispetto all’anno

    precedente; nel 2019 il commercio rallenterebbe ulteriormente, al 3,5 per cento, oltre due punti

    percentuali in meno rispetto al 2017.

    I rischi per le prospettive dell’economia

    mondiale sono elevati. L’avvio di negoziati tra gli

    Stati Uniti e la Cina non ha dissipato l’incertezza

    connessa con la possibilità che nuove misure

    protezionistiche pesino sul commercio

    internazionale nei prossimi mesi. Inoltre eventuali

    cambiamenti repentini dei premi per scadenza

    negli Stati Uniti o delle aspettative sul corso della

    politica monetaria della Riserva federale

    potrebbero comportare una riduzione degli afflussi

    di capitale verso le economie emergenti. Resta

    alta infine l’incertezza circa i futuri rapporti

    economici tra il Regno Unito e l’Unione europea

    (UE), in seguito al voto del Parlamento britannico

    che non ha ratificato l’accordo negoziale raggiunto

    in novembre dal governo.

    Dall’inizio di ottobre i prezzi del greggio sono

    scesi fortemente, per effetto soprattutto di fattori di

    offerta, quali l’incremento della produzione negli

    Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Russia, nonché

    la tenuta delle esportazioni dell’Iran, a seguito

    dell’allentamento temporaneo delle sanzioni

    applicate dagli Stati Uniti a questo paese.

    Successivamente le quotazioni avrebbero risentito

    delle attese meno ottimistiche sulla domanda di

    petrolio derivanti dalle prospettive di rallentamento

    dell’economia mondiale.

    L’accordo su nuovi tagli alla produzione

    raggiunto all’inizio di dicembre tra i paesi OPEC e

    altri paesi produttori (OPEC+) non è stato

    sufficiente per arrestare la discesa dei corsi. Le

    quotazioni dei futures prospettano, nel medio

    periodo, un aumento contenuto dei prezzi, al

    momento intorno a 61 dollari al barile per la

    varietà Brent, circa 25 in meno rispetto al

    massimo toccato all’inizio dello scorso ottobre.

    Come atteso, nella riunione del 19 dicembre la

    Riserva federale ha alzato di 25 punti base

    l’intervallo obiettivo dei tassi di interesse sui

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    federal funds, portandolo a 2,25-2,50 per cento;

    per il prossimo anno le quotazioni dei futures sui

    federal funds e le aspettative del Federal Open

    Market Committee (FOMC) prefigurano un più

    graduale innalzamento dei tassi di riferimento. La

    Banca d’Inghilterra ha lasciato invariato il tasso di

    riferimento, in considerazione delle crescenti

    incertezze sull’evoluzione del quadro

    congiunturale e della Brexit. La Banca centrale

    cinese ha continuato ad allentare le condizioni

    monetarie annunciando la riduzione del

    coefficiente di riserva obbligatoria di 100 punti

    base all’inizio dell’anno.

    L’attività nell’area dell’euro ha rallentato, in

    parte a causa di fattori temporanei, ma anche per

    un deterioramento delle attese delle imprese e per

    la debolezza della domanda estera. In novembre

    la produzione industriale è scesa

    significativamente in tutte le principali economie.

    In autunno l’inflazione è diminuita per effetto

    dell’andamento dei prezzi dei beni energetici. Il

    Consiglio direttivo della Banca centrale europea

    (BCE) ha ribadito l’intenzione di preservare a

    lungo un ampio grado di accomodamento

    monetario.

    Nel terzo trimestre il PIL dell’area è aumentato

    dello 0,2 per cento sul periodo precedente, in

    marcato rallentamento rispetto ai mesi primaverili.

    Ha pesato il sostanziale ristagno delle

    esportazioni. La domanda interna ha continuato a

    sostenere il prodotto per 0,5 punti percentuali,

    sospinta dalla variazione delle scorte e, in misura

    minore, dagli investimenti.

    La produzione industriale ha subito un

    rallentamento nella seconda metà del 2018 (+0,9

    per cento di crescita annua media tra luglio e

    ottobre del 2018, a fronte di +2,8 per cento tra

    gennaio e giugno, di +2,0 per cento nei primi dieci

    mesi del 2018 e di +3,0 per cento nel 2017).

    L’indice sintetico Eurocoin, che fornisce una

    misura aggregata dell’attività economica dell’area

    Euro, è sceso in misura importante nel corso del

    2018 (0,64 punti di media nei primi undici mesi

    dell’anno da 0,71 del 2017, 0,50 da luglio a

    novembre). Il PMI manifatturiero si è confermato

    in calo ma in zona di espansione per tutto il 2018,

    attestandosi su un valore di chiusura di 51,2 punti

    (54,5 di media nel 2018 da 55,6 punti di media nel

    2017).

    L’inflazione è scesa nei mesi autunnali,

    portandosi a fine anno all’1,6 per cento a causa

    della decelerazione dei prezzi dei beni energetici.

    Nella media dell’anno l’inflazione è stata pari

    all’1,7 per cento (1,5 nel 2017). La componente di

    fondo rimane debole: in dicembre si è mantenuta

    all’1,0 per cento. In prospettiva l’inflazione di

    fondo potrebbe essere sostenuta dagli incrementi

    salariali registrati in alcuni paesi sin dalla metà del

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    di espansione per tutto il 2018, attestandosi su un valore di chiusura di 51,2 punti (54,5 di media nel 2018 da 55,6 punti di media nel 2017).

    L’in�azione è scesa nei mesi autunnali, portandosi a �ne anno all’1,6 per cento a causa della decelerazione dei prezzi dei beni energetici. Nella media dell’anno l’in�azione è stata pari all’1,7 per cento (1,5 nel 2017). La componente di fondo rimane debole: in dicembre si è mantenuta all’1,0 per cento. In prospettiva l’in�azione di fondo potrebbe essere sostenuta dagli incrementi salariali registrati in alcuni paesi sin dalla metà del 2017. Secondo le proiezioni dell’Eurosistema diffuse in dicembre, l’in�azione scenderebbe all’1,6 per cento nel 2019, in linea con le attese degli analisti censiti da Consensus Economics, per risalire gradualmente nel biennio successivo.

    Dalla metà di ottobre le aspettative di in�azione desunte dai rendimenti degli in�ation swaps si sono ridotte: sugli orizzonti a due e a cinque anni sono più basse di circa cinque e tre decimi di punto, collocandosi rispettivamente allo 0,9 e all’1,1 per cento a metà gennaio; quelle sull’orizzonte tra cinque e dieci anni in avanti sono scese di un decimo, all’1,6 per cento. Il calo è riconducibile alla �essione delle quotazioni del petrolio e al peggioramento delle prospettive di crescita dell’area. In base ai prezzi delle opzioni sull’in�azione, è lievemente aumentata la probabilità che i prezzi crescano meno dell’1,5 per cento nella media dei prossimi cinque anni; è rimasta invece pressoché nulla la probabilità di de�azione.

    Alla �ne del 2018 hanno avuto termine gli acquisti netti di attività nell’ambito del programma ampliato di acquisto di attività �nanziarie (Expanded Asset Purchase Programme, APP). Il Consiglio direttivo della BCE ha tuttavia ribadito l’importanza di un ampio stimolo monetario a sostegno della dinamica dei prezzi nel medio periodo. A tale scopo ha annunciato che intende reinvestire interamente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell’ambito dell’APP per un prolungato periodo di tempo dopo il primo rialzo dei tassi uf�ciali, e in ogni caso �no a quando necessario per preservare un elevato grado di accomodamento monetario. Secondo le attese del Consiglio i tassi di interesse di riferimento si manterranno sugli attuali livelli almeno �no all’estate del 2019 e comunque �nché necessario.

    All’11 gennaio il valore in bilancio dei titoli pubblici acquistati dall’Eurosistema nell’ambito dell’APP era pari a 2.101 miliardi, quello delle obbligazioni bancarie garantite a 263, quelli delle asset-backed securities e delle obbligazioni societarie a 28 e a 178, rispettivamente. Alla �ne di dicembre l’ammontare dei titoli pubblici italiani acquistati ammontava a 365 miliardi (di cui 329 da parte della Banca d’Italia). Il valore delle attività che giungeranno a scadenza nei prossimi dodici mesi e saranno reinvestite dall’Eurosistema è pari a 203 miliardi, di cui l’83 per cento è costituito da titoli pubblici.

    MERCATI FINANZIARI INTERNAZIONALI

    Con l’aumento dell’incertezza sulle prospettive della crescita economica mondiale, i tassi a lungo termine nelle principali economie avanzate, dopo l’incremento registrato all’inizio di ottobre, sono tornati a scendere; si è accentuata la riduzione dei corsi azionari, in un contesto di elevata volatilità. Nell’area dell’euro i premi per il rischio sono leggermente aumentati.

    Nel corso del quarto trimestre i rendimenti dei titoli pubblici decennali sono diminuiti in tutte le principali aree economiche. Alle cause globali del ribasso si sono af�ancate negli Stati Uniti le attese di una maggiore gradualità nel processo di normalizzazione della politica monetaria, nel Regno Unito l’incertezza connessa con la Brexit.

    I tassi di interesse dei titoli di Stato decennali tedeschi sono scesi di 23 punti base nel quarto trimestre, collocandosi allo 0,24 per cento. I differenziali di rendimento fra i titoli di Stato decennali e i corrispondenti titoli tedeschi sono cresciuti di circa 20 punti base in Irlanda e Spagna e di circa 10 punti in Belgio, Francia e Portogallo.

    14

    I tassi di interesse dei titoli di Stato decennali

    tedeschi sono scesi di 23 punti base nel quarto

    trimestre, collocandosi allo 0,24 per cento. I

    differenziali di rendimento fra i titoli di Stato

    decennali e i corrispondenti titoli tedeschi sono

    cresciuti di circa 20 punti base in Irlanda e

    Spagna e di circa 10 punti in Belgio, Francia e

    Portogallo. In Italia lo spread è diminuito di 65

    punti base rispetto al massimo di metà novembre,

    grazie all’accordo tra il Governo e la Commissione

    europea; a metà gennaio è tornato sui livelli di fine

    settembre (262 punti base).

    Dalla fine del terzo trimestre in tutte le

    principali economie avanzate i corsi azionari sono

    diminuiti in media di circa l’11 per cento; negli

    Stati Uniti la flessione è stata particolarmente

    accentuata, riflettendo anche il peggioramento

    delle prospettive di crescita globali; le quotazioni

    hanno parzialmente recuperato nelle ultime

    settimane, dopo la pubblicazione di dati positivi

    sull’andamento del mercato del lavoro

    statunitense. La volatilità è aumentata sia negli

    Stati Uniti sia nell’area dell’euro.

    Dalla fine di settembre le condizioni sui mercati

    finanziari dei paesi emergenti sono state

    caratterizzate da elevata volatilità. Le quotazioni

    azionarie, dopo le perdite registrate in autunno,

    hanno recuperato nelle ultime settimane, in

    parallelo con l’avvio del negoziato commerciale

    tra Cina e Stati Uniti.

    L’euro si è deprezzato rispetto al dollaro e nei

    confronti dei principali partner commerciali (in

    termini effettivi nominali) di circa il 2 per cento. Le

    posizioni nette in euro contro dollari degli

    operatori non commerciali segnalano che i

    mercati si attendono un ulteriore indebolimento

    della valuta comune.

    L’ECONOMIA ITALIANA

    14

    I tassi di interesse dei titoli di Stato decennali

    tedeschi sono scesi di 23 punti base nel quarto

    trimestre, collocandosi allo 0,24 per cento. I

    differenziali di rendimento fra i titoli di Stato

    decennali e i corrispondenti titoli tedeschi sono

    cresciuti di circa 20 punti base in Irlanda e

    Spagna e di circa 10 punti in Belgio, Francia e

    Portogallo. In Italia lo spread è diminuito di 65

    punti base rispetto al massimo di metà novembre,

    grazie all’accordo tra il Governo e la Commissione

    europea; a metà gennaio è tornato sui livelli di fine

    settembre (262 punti base).

    Dalla fine del terzo trimestre in tutte le

    principali economie avanzate i corsi azionari sono

    diminuiti in media di circa l’11 per cento; negli

    Stati Uniti la flessione è stata particolarmente

    accentuata, riflettendo anche il peggioramento

    delle prospettive di crescita globali; le quotazioni

    hanno parzialmente recuperato nelle ultime

    settimane, dopo la pubblicazione di dati positivi

    sull’andamento del mercato del lavoro

    statunitense. La volatilità è aumentata sia negli

    Stati Uniti sia nell’area dell’euro.

    Dalla fine di settembre le condizioni sui mercati

    finanziari dei paesi emergenti sono state

    caratterizzate da elevata volatilità. Le quotazioni

    azionarie, dopo le perdite registrate in autunno,

    hanno recuperato nelle ultime settimane, in

    parallelo con l’avvio del negoziato commerciale

    tra Cina e Stati Uniti.

    L’euro si è deprezzato rispetto al dollaro e nei

    confronti dei principali partner commerciali (in

    termini effettivi nominali) di circa il 2 per cento. Le

    posizioni nette in euro contro dollari degli

    operatori non commerciali segnalano che i

    mercati si attendono un ulteriore indebolimento

    della valuta comune.

    L’ECONOMIA ITALIANA

  • Rela

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    In Italia lo spread è diminuito di 65 punti base rispetto al massimo di metà novembre, grazie all’accordo tra il Governo e la Commissione europea; a metà gennaio è tornato sui livelli di �ne settembre (262 punti base).

    Dalla �ne del terzo trimestre in tutte le principali economie avanzate i corsi azionari sono diminuiti in media di circa l’11 per cento; negli Stati Uniti la �essione è stata particolarmente accentuata, ri�ettendo anche il peggioramento delle prospettive di crescita globali; le quotazioni hanno parzialmente recuperato nelle ultime settimane, dopo la pubblicazione di dati positivi sull’andamento del mercato del lavoro statunitense. La volatilità è aumentata sia negli Stati Uniti sia nell’area dell’euro.

    Dalla �ne di settembre le condizioni sui mercati �nanziari dei paesi emergenti sono state caratterizzate da elevata volatilità. Le quotazioni azionarie, dopo le perdite registrate in autunno, hanno recuperato nelle ultime settimane, in parallelo con l’avvio del negoziato commerciale tra Cina e Stati Uniti.

    L’euro si è deprezzato rispetto al dollaro e nei confronti dei principali partner commerciali (in termini effettivi nominali) di circa il 2 per cento. Le posizioni nette in euro contro dollari degli operatori non commerciali segnalano che i mercati si attendono un ulteriore indebolimento della valuta comune.

    L’ECONOMIA ITALIANA

    LA FASE CICLICA

    In Italia, dopo che nel terzo trimestre si era interrotta l’espansione dell’attività economica in atto da oltre un triennio, a seguito della �essione della domanda interna; negli ultimi tre mesi del 2018 il PIL potrebbe essere ancora diminuito.

    Sarebbe invece proseguito il recupero delle esportazioni. Nel trimestre estivo il prodotto è diminuito dello 0,1 per cento sul periodo precedente, interrompendo l’espansione in atto dal secondo trimestre del 2014.

    L’attività è stata frenata soprattutto dalla �essione degli investimenti (-1,1 per cento), in particolare in beni strumentali, ma anche dal lieve calo della spesa delle famiglie. Sulla domanda hanno inciso inoltre fattori temporanei, in particolare lo stallo dell’attività produttiva e commerciale del settore automobilistico causato dall’introduzione di una nuova normativa sulle emissioni. L’interscambio con l’estero ha nel complesso fornito un apporto positivo alla crescita: le esportazioni italiane hanno accelerato, registrando un incremento maggiore di quello delle importazioni. Il valore aggiunto è diminuito sia nella manifattura sia nei servizi; è ancora aumentato nel settore delle costruzioni.

    Secondo le informazioni �nora disponibili in autunno l’attività potrebbe essersi ulteriormente contratta. La debolezza dell’attuale fase ciclica è confermata dall’indicatore Ita-coin elaborato dalla Banca d’Italia,

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    I tassi di interesse dei titoli di Stato decennali

    tedeschi sono scesi di 23 punti base nel quarto

    trimestre, collocandosi allo 0,24 per cento. I

    differenziali di rendimento fra i titoli di Stato

    decennali e i corrispondenti titoli tedeschi sono

    cresciuti di circa 20 punti base in Irlanda e

    Spagna e di circa 10 punti in Belgio, Francia e

    Portogallo. In Italia lo spread è diminuito di 65

    punti base rispetto al massimo di metà novembre,

    grazie all’accordo tra il Governo e la Commissione

    europea; a metà gennaio è tornato sui livelli di fine

    settembre (262 punti base).

    Dalla fine del terzo trimestre in tutte le

    principali economie avanzate i corsi azionari sono

    diminuiti in media di circa l’11 per cento; negli

    Stati Uniti la flessione è stata particolarmente

    accentuata, riflettendo anche il peggioramento

    delle prospettive di crescita globali; le quotazioni

    hanno parzialmente recuperato nelle ultime

    settimane, dopo la pubblicazione di dati positivi

    sull’andamento del mercato del lavoro

    statunitense. La volatilità è aumentata sia negli

    Stati Uniti sia nell’area dell’euro.

    Dalla fine di settembre le condizioni sui mercati

    finanziari dei paesi emergenti sono state

    caratterizzate da elevata volatilità. Le quotazioni

    azionarie, dopo le perdite registrate in autunno,

    hanno recuperato nelle ultime settimane, in

    parallelo con l’avvio del negoziato commerciale

    tra Cina e Stati Uniti.

    L’euro si è deprezzato rispetto al dollaro e nei

    confronti dei principali partner commerciali (in

    termini effettivi nominali) di circa il 2 per cento. Le

    posizioni nette in euro contro dollari degli

    operatori non commerciali segnalano che i

    mercati si attendono un ulteriore indebolimento

    della valuta comune.

    L’ECONOMIA ITALIANA

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    LA FASE CICLICA

    In Italia, dopo che nel terzo trimestre si era

    interrotta l’espansione dell’attività economica in

    atto da oltre un triennio, a seguito della flessione

    della domanda interna; negli ultimi tre mesi del

    2018 il PIL potrebbe essere ancora diminuito.

    Sarebbe invece proseguito il recupero delle

    esportazioni.

    Nel trimestre estivo il prodotto è diminuito dello

    0,1 per cento sul periodo precedente,

    interrompendo l’espansione in atto dal secondo

    trimestre del 2014.

    L’attività è stata frenata soprattutto dalla

    flessione degli investimenti (-1,1 per cento), in

    particolare in beni strumentali, ma anche dal lieve

    calo della spesa delle famiglie. Sulla domanda

    hanno inciso inoltre fattori temporanei, in

    particolare lo stallo dell’attività produttiva e

    commerciale del settore automobilistico causato

    dall’introduzione di una nuova normativa sulle

    emissioni.

    L’interscambio con l’estero ha nel complesso

    fornito un apporto positivo alla crescita: le

    esportazioni italiane hanno accelerato,

    registrando un incremento maggiore di quello

    delle importazioni. Il valore aggiunto è diminuito

    sia nella manifattura sia nei servizi; è ancora

    aumentato nel settore delle costruzioni.

    Secondo le informazioni finora disponibili in

    autunno l’attività potrebbe essersi ulteriormente

    contratta. La debolezza dell’attuale fase ciclica è

    confermata dall’indicatore Ita-coin elaborato dalla

    Banca d’Italia, che negli ultimi mesi dello scorso

    anno è sceso su valori negativi (-0,19 in

    dicembre).

    Segnali analoghi derivano anche dalla

    diminuzione degli indici dei responsabili degli

    acquisti delle imprese (PMI) e dal peggioramento

    degli indicatori della fiducia di imprese e

    consumatori, che rimangono tuttavia su valori

    relativamente elevati. Sulla base di queste

    valutazioni nel complesso del 2018 la crescita del

    PIL sarebbe stata dell’1,0 per cento sulla base dei

    dati annuali (0,9 sulla base dei dati trimestrali

    destagionalizzati e tenendo conto degli effetti di

    calendario).

    LE IMPRESE

    In autunno la produzione industriale si sarebbe

    contratta. Gli investimenti, dopo essere scesi nel

    terzo trimestre, avrebbero invece ripreso ad

    aumentare. Secondo le valutazioni delle imprese,

    15

    LA FASE CICLICA

    In Italia, dopo che nel terzo trimestre si era

    interrotta l’espansione dell’attività economica in

    atto da oltre un triennio, a seguito della flessione

    della domanda interna; negli ultimi tre mesi del

    2018 il PIL potrebbe essere ancora diminuito.

    Sarebbe invece proseguito il recupero delle

    esportazioni.

    Nel trimestre estivo il prodotto è diminuito dello

    0,1 per cento sul periodo precedente,

    interrompendo l’espansione in atto dal secondo

    trimestre del 2014.

    L’attività è stata frenata soprattutto dalla

    flessione degli investimenti (-1,1 per cento), in

    particolare in beni strumentali, ma anche dal lieve

    calo della spesa delle famiglie. Sulla domanda

    hanno inciso inoltre fattori temporanei, in

    particolare lo stallo dell’attività produttiva e

    commerciale del settore automobilistico causato

    dall’introduzione di una nuova normativa sulle

    emissioni.

    L’interscambio con l’estero ha nel complesso

    fornito un apporto positivo alla crescita: le

    esportazioni italiane hanno accelerato,

    registrando un incremento maggiore di quello

    delle importazioni. Il valore aggiunto è diminuito

    sia nella manifattura sia nei servizi; è ancora

    aumentato nel settore delle costruzioni.

    Secondo le informazioni finora disponibili in

    autunno l’attività potrebbe essersi ulteriormente

    contratta. La debolezza dell’attuale fase ciclica è

    confermata dall’indicatore Ita-coin elaborato dalla

    Banca d’Italia, che negli ultimi mesi dello scorso

    anno è sceso su valori negativi (-0,19 in

    dicembre).

    Segnali analoghi derivano anche dalla

    diminuzione degli indici dei responsabili degli

    acquisti delle imprese (PMI) e dal peggioramento

    degli indicatori della fiducia di imprese e

    consumatori, che rimangono tuttavia su valori

    relativamente elevati. Sulla base di queste

    valutazioni nel complesso del 2018 la crescita del

    PIL sarebbe stata dell’1,0 per cento sulla base dei

    dati annuali (0,9 sulla base dei dati trimestrali

    destagionalizzati e tenendo conto degli effetti di

    calendario).

    LE IMPRESE

    In autunno la produzione industriale si sarebbe

    contratta. Gli investimenti, dopo essere scesi nel

    terzo trimestre, avrebbero invece ripreso ad

    aumentare. Secondo le valutazioni delle imprese,

  • Rela

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    che negli ultimi mesi dello scorso anno è sceso su valori negativi (-0,19 in dicembre).

    Segnali analoghi derivano anche dalla diminuzione degli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese (PMI) e dal peggioramento degli indicatori della �ducia di imprese e consumatori, che rimangono tuttavia su valori relativamente elevati. Sulla base di queste valutazioni nel complesso del 2018 la crescita del PIL sarebbe stata dell’1,0 per cento sulla base dei dati annuali (0,9 sulla base dei dati trimestrali destagionalizzati e tenendo conto degli effetti di calendario).

    LE IMPRESE

    In autunno la produzione industriale si sarebbe contratta. Gli investimenti, dopo essere scesi nel terzo trimestre, avrebbero invece ripreso ad aumentare. Secondo le valutazioni delle imprese, la crescita degli investimenti proseguirebbe nel corso del 2019, pur rallentando rispetto al 2018. Le aziende sono meno ottimiste circa l’evoluzione della propria domanda e della situazione economica generale rispetto alle indagini condotte in settembre. In novembre la produzione industriale è scesa dell’1,6 per cento sul mese precedente; la caduta è stata comune agli altri principali paesi dell’area dell’euro. In base alle stime di Banca d’Italia, nel complesso del quarto trimestre sarebbe diminuita di circa mezzo punto percentuale, dovute anche alle dif�coltà del settore automobilistico emerse nel terzo trimestre. Nella media del 2018 la dinamica dell’attività manifatturiera ha subito un rallentamento, all’1,7 per cento, dal 3,1 del 2017.

    Nello scorso autunno la �ducia delle imprese è ancora peggiorata. Nella manifattura gli indici PMI sono scesi su livelli appena al di sotto del valore che indica un’espansione; nei servizi sono attorno a tale soglia, ma hanno toccato il minimo da cinque anni.

    L’indagine trimestrale condotta in dicembre dalla Banca d’Italia in collaborazione con Il Sole 24 Ore fornisce indicazioni analoghe: sono peggiorati sia i giudizi relativi alla situazione economica generale sia quelli sull’andamento della domanda, soprattutto con riferimento alla componente nazionale.

    Dopo essere cresciuti del 2,8 per cento nel secondo trimestre, nei mesi autunnali gli investimenti sono diminuiti dell’1,1 per cento. La riduzione degli acquisti di beni strumentali (-2,8 per cento) si è contrapposta al forte incremento registrato nel periodo precedente (6,9 per cento). Tali accentuate oscillazioni ri�etterebbero la tempistica degli incentivi �scali ancora in vigore nel 2018 e di quelli per il 2019 inseriti nella recente manovra di bilancio.

    Gli investimenti in costruzioni hanno invece continuato ad aumentare per il quinto trimestre consecutivo (0,5 per cento; 0,7 nel secondo trimestre), anche se rimangono molto al di sotto dei livelli precedenti la crisi �nanziaria. Sempre secondo le stime di Bankit, in autunno gli investimenti sarebbero tornati a salire in tutti i comparti, pur se moderatamente.

    L’indagine Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore segnala un rallentamento dei piani di investimento delle imprese per il complesso del 2019, in linea con le previsioni. Sull’attività delle aziende continuano a pesare l’incertezza imputabile a fattori economici e politici e, in misura meno rilevante, le tensioni commerciali.

    Nei mesi estivi è proseguito il recupero delle compravendite di abitazioni, a fronte di una nuova �essione dei prezzi.

    Secondo il Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia condotto in ottobre, le pressioni al ribasso sui prezzi di vendita si sono attenuate. Le attese degli agenti sull’evoluzione del mercato restano favorevoli su un orizzonte sia di breve sia di medio termine. Le indicazioni più recenti tuttavia suggeriscono un rallentamento del settore delle costruzioni: le imprese edili intervistate nell’ambito del sondaggio svolto in dicembre dalla Banca d’Italia in collaborazione con Il Sole 24 Ore

    16

    la crescita degli investimenti proseguirebbe nel

    corso del 2019, pur rallentando rispetto al 2018.

    Le aziende sono meno ottimiste circa l’evoluzione

    della propria domanda e della situazione

    economica generale rispetto alle indagini condotte

    in settembre.

    In novembre la produzione industriale è scesa

    dell’1,6 per cento sul mese precedente; la caduta

    è stata comune agli altri principali paesi dell’area

    dell’euro. In base alle stime di Banca d’Italia, nel

    complesso del quarto trimestre sarebbe diminuita

    di circa mezzo punto percentuale, dovute anche

    alle difficoltà del settore automobilistico emerse

    nel terzo trimestre. Nella media del 2018 la

    dinamica dell’attività manifatturiera ha subito un

    rallentamento, all’1,7 per cento, dal 3,1 del 2017.

    Nello scorso autunno la fiducia delle imprese è

    ancora peggiorata. Nella manifattura gli indici PMI

    sono scesi su livelli appena al di sotto del valore

    che indica un’espansione; nei servizi sono attorno

    a tale soglia, ma hanno toccato il minimo da

    cinque anni.

    L’indagine trimestrale condotta in dicembre

    dalla Banca d’Italia in collaborazione con Il Sole

    24 Ore fornisce indicazioni analoghe: sono

    peggiorati sia i giudizi relativi alla situazione

    economica generale sia quelli sull’andamento

    della domanda, soprattutto con riferimento alla

    componente nazionale.

    Dopo essere cresciuti del 2,8 per cento nel

    secondo trimestre, nei mesi autunnali gli

    investimenti sono diminuiti dell’1,1 per cento. La

    riduzione degli acquisti di beni strumentali (-2,8

    per cento) si è contrapposta al forte incremento

    registrato nel periodo precedente (6,9 per cento).

    Tali accentuate oscillazioni rifletterebbero la

    tempistica degli incentivi fiscali ancora in vigore

    nel 2018 e di quelli per il 2019 inseriti nella

    recente manovra di bilancio.

    Gli investimenti in costruzioni hanno invece

    continuato ad aumentare per il quinto trimestre

    consecutivo (0,5 per cento; 0,7 nel secondo

    trimestre), anche se rimangono molto al di sotto

    dei livelli precedenti la crisi finanziaria. Sempre

    secondo le stime di Bankit, in autunno gli

    investimenti sarebbero tornati a salire in tutti i

    comparti, pur se moderatamente.

    L’indagine Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore

    segnala un rallentamento dei piani di investimento

    delle imprese per il complesso del 2019, in linea

    con le previsioni. Sull’attività delle aziende

    continuano a pesare l’incertezza imputabile a

    fattori economici e politici e, in misura meno

    rilevante, le tensioni commerciali.

    Nei mesi estivi è proseguito il recupero delle

    compravendite di abitazioni, a fronte di una nuova

    flessione dei prezzi.

    17

    Secondo il Sondaggio congiunturale sul

    mercato delle abitazioni in Italia condotto in

    ottobre, le pressioni al ribasso sui prezzi di

    vendita si sono attenuate. Le attese degli agenti

    sull’evoluzione del mercato restano favorevoli su

    un orizzonte sia di breve sia di medio termine. Le

    indicazioni più recenti tuttavia suggeriscono un

    rallentamento del settore delle costruzioni: le

    imprese edili intervistate nell’ambito del sondaggio

    svolto in dicembre dalla Banca d’Italia in

    collaborazione con Il Sole 24 Ore sono diventate

    meno ottimiste circa l’evoluzione della domanda e

    dell’occupazione.

    Sulla base dei dati diffusi dall’Istat, nel terzo

    trimestre del 2018 il tasso di profitto delle imprese

    (definito dal rapporto tra risultato lordo di gestione

    e valore aggiunto) è diminuito nel confronto con il

    periodo precedente risentendo dell’incremento del

    costo del lavoro.

    Il tasso di risparmio (definito dal rapporto tra

    risparmio lordo e valore aggiunto) è leggermente

    salito in presenza di una riduzione della spesa per

    trasferimenti correnti; il saldo finanziario in

    rapporto al valore aggiunto (in surplus dalla fine

    del 2012) si è ulteriormente ridotto, anche per

    effetto di un aumento della spesa per investimenti.

    Nel trimestre estivo il debito complessivo delle

    imprese in percentuale del PIL ha registrato un

    ulteriore calo, collocandosi al 70,9 per cento (dal

    71,1 di fine giugno).

    La domanda di credito bancario ha continuato

    a crescere moderatamente, beneficiando del

    livello ancora molto contenuto dei tassi di

    interesse.

    LE FAMIGLIE

    Nel trimestre estivo i consumi delle famiglie

    sono lievemente diminuiti. Le informazioni più

    recenti indicano che la spesa sarebbe rimasta

    debole anche nella parte finale dell’anno, a fronte

    di segnali ancora poco incoraggianti provenienti

    dal mercato del lavoro.

    Nel terzo trimestre i consumi delle famiglie, in

    graduale rallentamento dall’inizio dell’anno, sono

    scesi dello 0,1 per cento rispetto al periodo

    precedente, con un calo per la spesa in beni non

    durevoli e, in misura minore, per quelli durevoli.

    Sulle scelte delle famiglie avrebbe inciso

    l’andamento incerto delle condizioni reddituali:

    dopo la marcata accelerazione nei mesi

    primaverili, il reddito disponibile al netto

    dell’inflazione si è ridotto dello 0,2 per cento sul

    trimestre precedente, risentendo di dinamiche

  • Rela

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    sono diventate meno ottimiste circa l’evoluzione della domanda e dell’occupazione.

    Sulla base dei dati diffusi dall’Istat, nel terzo trimestre del 2018 il tasso di pro�tto delle imprese (de�nito dal rapporto tra risultato lordo di gestione e valore aggiunto) è diminuito nel confronto con il periodo precedente risentendo dell’incremento del costo del lavoro.

    Il tasso di risparmio (de�nito dal rapporto tra risparmio lordo e valore aggiunto) è leggermente salito in presenza di una riduzione della spesa per trasferimenti correnti; il saldo �nanziario in rapporto al valore aggiunto (in surplus dalla �ne del 2012) si è ulteriormente ridotto, anche per effetto di un aumento della spesa per investimenti.

    Nel trimestre estivo il debito complessivo delle imprese in percentuale del PIL ha registrato un ulteriore calo, collocandosi al 70,9 per cento (dal 71,1 di �ne giugno).

    La domanda di credito bancario ha continuato a crescere moderatamente, bene�ciando del livello ancora molto contenuto dei tassi di interesse.

    LE FAMIGLIE

    Nel trimestre estivo i consumi delle famiglie sono lievemente diminuiti. Le informazioni più recenti indicano che la spesa sarebbe rimasta debole anche nella parte �nale dell’anno, a fronte di segnali ancora poco incoraggianti provenienti dal mercato del lavoro. Nel terzo trimestre i consumi delle famiglie, in graduale rallentamento dall’inizio dell’anno, sono scesi dello 0,1 per cento rispetto al periodo precedente, con un calo per la spesa in beni non durevoli e, in misura minore, per quelli durevoli.

    Sulle scelte delle famiglie avrebbe inciso l’andamento incerto delle condizioni reddituali: dopo la marcata accelerazione nei mesi primaverili, il reddito disponibile al netto dell’in�azione si è ridotto dello 0,2 per cento sul trimestre precedente, risentendo di dinamiche occupazionali meno favorevoli; è invece proseguita la crescita in termini tendenziali (0,8 per cento).

    In tale contesto è proseguito il rialzo della propensione al risparmio, che si è portata all’8,1 per cento nella media degli ultimi quattro trimestri, segnalando l’intensi�carsi dei motivi precauzionali.

    Gli indicatori congiunturali più recenti suggeriscono che negli ultimi tre mesi dell’anno l’andamento dei consumi si sarebbe confermato debole, in linea con le più recenti dinamiche del mercato del lavoro. Le immatricolazioni di automobili hanno parzialmente

    17

    Secondo il Sondaggio congiunturale sul

    mercato delle abitazioni in Italia condotto in

    ottobre, le pressioni al ribasso sui prezzi di

    vendita si sono attenuate. Le attese degli agenti

    sull’evoluzione del mercato restano favorevoli su

    un orizzonte sia di breve sia di medio termine. Le

    indicazioni più recenti tuttavia suggeriscono un

    rallentamento del settore delle costruzioni: le

    imprese edili intervistate nell’ambito del sondaggio

    svolto in dicembre dalla Banca d’Italia in

    collaborazione con Il Sole 24 Ore sono diventate

    meno ottimiste circa l’evoluzione della domanda e

    dell’occupazione.

    Sulla base dei dati diffusi dall’Istat, nel terzo

    trimestre del 2018 il tasso di profitto delle imprese

    (definito dal rapporto tra risultato lordo di gestione

    e valore aggiunto) è diminuito nel confronto con il

    periodo precedente risentendo dell’incremento del

    costo del lavoro.

    Il tasso di risparmio (definito dal rapporto tra

    risparmio lordo e valore aggiunto) è leggermente

    salito in presenza di una riduzione della spesa per

    trasferimenti correnti; il saldo finanziario in

    rapporto al valore aggiunto (in surplus dalla fine

    del 2012) si è ulteriormente ridotto, anche per

    effetto di un aumento della spesa per investimenti.

    Nel trimestre estivo il debito complessivo delle

    imprese in percentuale del PIL ha registrato un

    ulteriore calo, collocandosi al 70,9 per cento (dal

    71,1 di fine giugno).

    La domanda di credito bancario ha continuato

    a crescere moderatamente, beneficiando del

    livello ancora molto contenuto dei tassi di

    interesse.

    LE FAMIGLIE

    Nel trimestre estivo i consumi delle famiglie

    sono lievemente diminuiti. Le informazioni più

    recenti indicano che la spesa sarebbe rimasta

    debole anche nella parte finale dell’anno, a fronte

    di segnali ancora poco incoraggianti provenienti

    dal mercato del lavoro.

    Nel terzo trimestre i consumi delle famiglie, in

    graduale rallentamento dall’inizio dell’anno, sono

    scesi dello 0,1 per cento rispetto al periodo

    precedente, con un calo per la spesa in beni non

    durevoli e, in misura minore, per quelli durevoli.

    Sulle scelte delle famiglie avrebbe inciso

    l’andamento incerto delle condizioni reddituali:

    dopo la marcata accelerazione nei mesi

    primaverili, il reddito disponibile al netto

    dell’inflazione si è ridotto dello 0,2 per cento sul

    trimestre precedente, risentendo di dinamiche

    18

    occupazionali meno favorevoli; è invece

    proseguita la crescita in termini tendenziali (0,8

    per cento).

    In tale contesto è proseguito il rialzo della

    propensione al risparmio, che si è portata all’8,1

    per cento nella media degli ultimi quattro trimestri,

    segnalando l’intensificarsi dei motivi

    precauzionali.

    Gli indicatori congiunturali più recenti

    suggeriscono che negli ultimi tre mesi dell’anno

    l’andamento dei consumi si sarebbe confermato

    debole, in linea con le più recenti dinamiche del

    mercato del lavoro. Le immatricolazioni di

    automobili hanno parzialmente recuperato il forte

    calo registrato in settembre, quando avevano

    risentito dell’entrata in vigore della normativa sulle

    emissioni.

    Al contempo la fiducia delle famiglie, pur

    mantenendosi su livelli elevati, ha riflesso attese

    meno favorevoli sulla situazione economica

    generale e sull’occupazione.

    Nel terzo trimestre del 2018 il debito delle

    famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile è

    rimasto sostanzialmente invariato (61,3 per

    cento), un livello ben al di sotto di quello medio

    dell’area dell’euro (94,8 per cento).

    18

    occupazionali meno favorevoli; è invece

    proseguita la crescita in termini tendenziali (0,8

    per cento).

    In tale contesto è proseguito il rialzo della

    propensione al risparmio, che si è portata all’8,1

    per cento nella media degli ultimi quattro trimestri,

    segnalando l’intensificarsi dei motivi

    precauzionali.

    Gli indicatori congiunturali più recenti

    suggeriscono che negli ultimi tre mesi dell’anno

    l’andamento dei consumi si sarebbe confermato

    debole, in linea con le più recenti dinamiche del

    mercato del lavoro. Le immatricolazioni di

    automobili hanno parzialmente recuperato il forte

    calo registrato in settembre, quando avevano

    risentito dell’entrata in vigore della normativa sulle

    emissioni.

    Al contempo la fiducia delle famiglie, pur

    mantenendosi su livelli elevati, ha riflesso attese

    meno favorevoli sulla situazione economica

    generale e sull’occupazione.

    Nel terzo trimestre del 2018 il debito delle

    famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile è

    rimasto sostanzialmente invariato (61,3 per

    cento), un livello ben al di sotto di quello medio

    dell’area dell’euro (94,8 per cento).

  • Rela

    zione d

    el Consi

    glio d

    i A

    mm

    inis

    trazi

    one

    Banc

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    di B

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    recuperato il forte calo registrato in settembre, quando avevano risentito dell’entrata in vigore della normativa sulle emissioni.

    Al contempo la �ducia delle famiglie, pur mantenendosi su livelli elevati, ha ri�esso attese meno favorevoli sulla situazione economica generale e sull’occupazione.

    Nel terzo trimestre del 2018 il debito delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile è rimasto sostanzialmente invariato (61,3 per cento), un livello ben al di sotto di quello medio dell’area dell’euro (94,8 per cento).

    In rapporto al PIL il debito si è mantenuto pari al 41,0 per cento (57,7 nell’area dell’euro). L’incidenza sul reddito disponibile degli oneri sostenuti per il servizio del debito (spesa per interessi e restituzione del capitale) è stata pari al 9,8 per cento, come nel trimestre precedente.

    Il costo medio dei nuovi mutui alle famiglie per l’acquisto di abitazioni è rimasto su valori contenuti (1,9 per cento in ottobre), pur essendo salito di circa dieci punti base rispetto al livello minimo osservato a luglio.

    LA DOMANDA ESTERA E LA BILANCIA DEI PAGAMENTI

    Nel terzo trimestre del 2018 le esportazioni italiane sono tornate a crescere, anche se le prospettive risentono dei timori sull’economia globale. L’attivo di parte corrente rimane assai elevato e contribuisce alla riduzione della posizione debitoria netta sull’estero, che è ormai quasi in pareggio.

    Dopo il brusco calo di inizio anno e la debolezza

    dei mesi primaverili, nel terzo trimestre le esportazioni hanno accelerato (1,1 per cento in volume, da 0,6 nel secondo trimestre). L’aumento della componente dei beni è stato pari all’1,2 per cento, inferiore a quello della domanda potenziale proveniente in particolare dai mercati esterni all’Unione monetaria, anche per via dell’apprezzamento in termini effettivi e reali dell’euro registrato �no alla scorsa estate.

    L’andamento delle esportazioni è stato più favorevole verso i mercati interni all’Unione europea (UE), nonostante il forte rallentamento delle vendite destinate alla Germania, dovuto alla contrazione dell’attività nel paese. L’incremento dei volumi complessivi ha riguardato soprattutto il settore della meccanica e, in misura inferiore, quelli degli apparecchi elettrici e dell’elettronica. Si sono invece ridotte le esportazioni nel comparto della farmaceutica e in quello dei mezzi di trasporto.

    Le importazioni hanno rallentato (0,8 per cento in volume, dal 2,4 nel trimestre precedente). Alla crescita degli acquisti di materie prime e di prodotti elettronici e farmaceutici si è contrapposta la forte diminuzione di quelli di mezzi di trasporto, soprattutto di autoveicoli.

    Secondo i dati più recenti, in ottobre e novembre le esportazioni di beni, valutate a prezzi correnti e corrette per la stagionalità, sono aumentate verso i mercati extra UE, in concomitanza con il recente deprezzamento del cambio. I giudizi sugli ordini esteri complessivi delle imprese manifatturiere forniscono tuttavia segnali di indebolimento, confermando l’elevata incertezza sull’evoluzione di questa componente della domanda.

    L’avanzo di conto corrente si è lievemente ridotto nei primi undici mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma rimane elevato.

    Il calo del surplus mercantile, dovuto alla maggiore spesa per le materie prime energetiche, è stato in parte compensato dal maggiore avanzo

    19

    In rapporto al PIL il debito si è mantenuto pari

    al 41,0 per cento (57,7 nell’area dell’euro).

    L’incidenza sul reddito disponibile degli oneri

    sostenuti per il servizio del debito (spesa per

    interessi e restituzione del capitale) è stata pari al

    9,8 per cento, come nel trimestre precedente.

    Il costo medio dei nuovi mutui alle famiglie per

    l’acquisto di abitazioni è rimasto su valori

    contenuti (1,9 per cento in ottobre), pur essendo

    salito di circa dieci punti base rispetto al livello

    minimo osservato a luglio.

    LA DOMANDA ESTERA E LA BILANCIA DEI

    PAGAMENTI

    Nel terzo trimestre del 2018 le esportazioni

    italiane sono tornate a crescere, anche se le

    prospettive risentono dei timori sull’economia

    globale. L’attivo di parte corrente rimane assai

    elevato e contribuisce alla riduzione della

    posizione debitoria netta sull’estero, che è ormai

    quasi in pareggio.

    Dopo il brusco calo di inizio anno e la

    debolezza dei mesi primaverili, nel terzo trimestre

    le esportazioni hanno accelerato (1,1 per cento in

    volume, da 0,6 nel secondo trimestre). L’aumento

    della componente dei beni è stato pari all’1,2 per

    cento, inferiore a quello della domanda potenziale

    proveniente in particolare dai mercati esterni

    all’Unione monetaria, anche per via

    dell’apprezzamento in termini effettivi e reali

    dell’euro registrato fino alla scorsa estate.

    L’andamento delle esportazioni è stato più

    favorevole verso i mercati interni all’Unione

    europea (UE), nonostante il forte rallentamento

    delle vendite destinate alla Germania, dovuto alla

    contrazione dell’attività nel paese. L’incremento

    dei volumi complessivi ha riguardato soprattutto il

    settore della meccanica e, in misura inferiore,

    quelli degli apparecchi elettrici e dell’elettronica. Si

    sono invece ridotte le esportazioni nel comparto

    della farmaceutica e in quello dei mezzi di

    trasporto.

    Le importazioni hanno rallentato (0,8 per cento

    in volume, dal 2,4 nel trimestre precedente). Alla

    crescita degli acquisti di materie prime e di

    prodotti elettronici e farmaceutici si è contrapposta

    la forte diminuzione di quelli di mezzi di trasporto,

    soprattutto di autoveicoli.

    Secondo i dati più recenti, in ottobre e

    novembre le esportazioni di beni, valutate a prezzi

    correnti e corrette per la stagionalità, sono

    aumentate verso i mercati extra UE, in

    concomitanza con il recente deprezzamento del

    cambio. I giudizi sugli ordini esteri complessivi

    delle imprese manifatturiere forniscono tuttavia

    segnali di indebolimento, confermando l’elevata

    incertezza sull’evoluzione di questa componente

    della domanda.

    20

    L’avanzo di conto corrente si è lievemente

    ridotto nei primi undici mesi del 2018 rispetto allo

    stesso periodo dell’anno precedente, ma rimane

    elevato.

    Il calo del surplus mercantile, dovuto alla

    maggiore spesa per le materie prime energetiche,

    è stato in parte compensato dal maggiore avanzo

    nei redditi primari e dal saldo dei servizi,

    migliorato soprattutto grazie all’andamento

    favorevole delle spese dei turisti stranieri in Italia.

    In rapporto al PIL il saldo di conto corrente si è

    collocato al 2,7 per cento (valutato nella media dei

    quattro trimestri terminanti in settembre).

    Nei primi undici mesi dello scorso anno gli

    investimenti netti in titoli esteri di portafoglio da

    parte dei residenti sono stati pari a 51 miliardi di

    euro, la metà in fondi comuni, in marcato

    rallentamento rispetto allo stesso periodo del

    2017; in ottobre e novembre sono stati negativi

    per 9,3 miliardi.

    Seppure con un’intensità significativamente

    minore rispetto a quella registrata nei mesi di

    maggio e giugno, gli investitori non residenti

    hanno ridotto le loro consistenze di titoli di debito

    pubblico e di titoli bancari italiani (rispettivamente

    di 35,6 e 18,1 miliardi nei primi undici mesi; di

    19,4 e 4,9 miliardi tra luglio e novembre). Le

    banche italiane hanno incrementato invece la

    raccolta netta sull’estero in prestiti e depositi di

    circa 41 miliardi nei primi undici mesi del 2018

    (soprattutto tra aprile e settembre), a fronte di una

    contrazione di 44 miliardi nello stesso periodo del

    2017.

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    nei redditi primari e dal saldo dei servizi, migliorato soprattutto grazie all’andamento favorevole delle spese dei turisti stranieri in Italia. In rapporto al PIL il saldo di conto corrente si è collocato al 2,7 per cento (valutato nella media dei quattro trimestri terminanti in settembre).

    Nei primi undici mesi dello scorso anno gli investimenti netti in titoli esteri di portafoglio da parte dei residenti sono stati pari a 51 miliardi di euro, la metà in fondi comuni, in marcato rallentamento rispetto allo stesso periodo del 2017; in ottobre e novembre sono stati negativi per 9,3 miliardi.

    Seppure con un’intensità signi�cativamente minore rispetto a quella registrata nei mesi di maggio e giugno, gli investitori non residenti hanno ridotto le loro consistenze di titoli di debito pubblico e di

    titoli bancari italiani (rispettivamente di 35,6 e 18,1 miliardi nei primi undici mesi; di 19,4 e 4,9 miliardi tra luglio e novembre). Le banche italiane hanno incrementato invece la raccolta netta sull’estero in prestiti e depositi di circa 41 miliardi nei primi undici mesi del 2018 (soprattutto tra aprile e settembre), a fronte di una contrazione di 44 miliardi nello stesso periodo del 2017.

    Secondo i dati più recenti, negli ultimi mesi si sono attenuati i movimenti complessivi di capitali in uscita: nella parte �nale del 2018 la posizione debitoria della Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti europeo TARGET2 è migliorata, con af�ussi concentrati nel mese di dicembre; si è portata a �ne anno a 482 miliardi.

    Alla �ne di settembre del 2018 la posizione debitoria netta sull’estero dell’Italia è risultata pari a 54,7 miliardi (3,1 per cento del PIL), riducendosi di quasi 32 miliardi rispetto al trimestre precedente. Il miglioramento è stato determinato dall’avanzo di conto corrente (per 15,1 miliardi) e dalla �essione del valore di mercato delle passività di portafoglio (per 18,4 miliardi), dovuta alla discesa dei corsi azionari e, in particolare, delle quotazioni dei titoli pubblici.

    IL MERCATO DEL LAVORO

    Nel terzo trimestre del 2018 le ore lavorate hanno continuato a salire. Il numero degli occupati è diminuito nel complesso dell’economia; secondo le indicazioni più recenti, è rimasto stabile nel bimestre ottobre-novembre. Continua in tutti i comparti l’incremento delle retribuzioni contrattuali.

    Nei mesi estivi è proseguita la crescita delle ore lavorate, in aumento dello 0,6 per cento sul periodo precedente; si è inoltre ridotto il ricorso alla Cassa integrazione guadagni nell’industria e nelle costruzioni. Dopo la marcata espansione registrata in primavera, il numero di occupati è invece diminuito dello 0,3 per cento nel trimestre estivo.

    La flessione si è concentrata nel settore dei servizi alle famiglie e agli individui (attività di intrattenimento, lavoro domestico e altri servizi per la persona e la casa): negli altri principali comparti l’occupazione è invece salita. Sulla base dei dati preliminari della Rilevazione sulle forze di lavoro, nel bimestre ottobre-novembre il numero di occupati è rimasto sostanzialmente invariato rispetto ai due mesi precedenti.

    Secondo i dati amministrativi di fonte INPS sui rapporti di lavoro alle dipendenze nel settore privato, il saldo tra assunzioni e cessazioni è significativamente sceso nei primi dieci mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per effetto della frenata della componente a termine, particolarmente intensa a partire da giugno.

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    L’avanzo di conto corrente si è lievemente

    ridotto nei primi undici mesi del 2018 rispetto allo

    stesso periodo dell’anno precedente, ma rimane

    elevato.

    Il calo del surplus mercantile, dovuto alla

    maggiore spesa per le materie prime energetiche,

    è stato in parte compensato dal maggiore avanzo

    nei redditi primari e dal saldo dei servizi,

    migliorato soprattutto grazie all’andamento

    favorevole delle spese dei turisti stranieri in Italia.

    In rapporto al PIL il saldo di conto corrente si è

    collocato al 2,7 per cento (valutato nella media dei

    quattro trimestri terminanti in settembre).

    Nei primi undici mesi dello scorso anno gli

    investimenti netti in titoli esteri di portafoglio da

    parte dei residenti sono stati pari a 51 miliardi di

    euro, la metà in fondi comuni, in marcato

    rallentamento rispetto allo stesso periodo del

    2017; in ottobre e novembre sono stati negativi

    per 9,3 miliardi.

    Seppure con un’intensità significativamente

    minore rispetto a quella registrata nei mesi di

    maggio e giugno, gli investitori non residenti

    hanno ridotto le loro consistenze di titoli di debito

    pubblico e di titoli bancari italiani (rispettivamente

    di 35,6 e 18,1 miliardi nei primi undici mesi; di

    19,4 e 4,9 miliardi tra luglio e novembre). Le

    banche italiane hanno incrementato invece la

    raccolta netta sull’estero in prestiti e depositi di

    circa 41 miliardi nei primi undici mesi del 2018

    (soprattutto tra aprile e settembre), a fronte di una

    contrazione di 44 miliardi nello stesso periodo del

    2017.

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    L’avanzo di conto corrente si è lievemente

    ridotto nei primi undici mesi del 2018 rispetto allo

    stesso periodo dell’anno precedente, ma rimane

    elevato.

    Il calo del surplus mercantile, dovuto alla

    maggiore spesa per le materie prime energetiche,

    è stato in parte compensato dal maggiore avanzo

    nei redditi primari e dal saldo dei servizi,

    migliorato soprattutto grazie all’andamento

    favorevole delle spese dei turisti stranieri in Italia.

    In rapporto al PIL il saldo di conto corrente si è

    collocato al 2,7 per cento (valutato nella media dei

    quattro trimestri terminanti in settembre).

    Nei primi undici mesi dello scorso anno gli

    investimenti