Bakunin Il Socialismo e Mazzini

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MihaiI Bakunin Il socialismo e Mazzini: lettera agli amici d'Italia www.liberliber.it

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MihaiI Bakunin

Il socialismo e Mazzini:lettera agli amici d'Italia

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TITOLO: Il socialismo e Mazzini: lettera agli amicid'ItaliaAUTORE: Bakunin, MihailTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

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TRATTO DA: Il socialismo e Mazzini : lettera agliamici d'Italia / Michele Bakounine. - Roma ; Firenze: F. Serantoni, 1905. - 64 p. ; 21 cm.

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 29 giugno 2014

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Indice generale

MICHELE BAKOUNINE(CENNO BIOGRAFICO)..............................................8MIEI CARI AMICI,.....................................................12

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Michele Bakounine

IL SOCIALISMO E MAZZINILETTERA

AGLI AMICI D'ITALIA

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Il presente opuscolo fu pubblicato la prima volta nel1877 a Milano. Dopo fu ripubblicato in successive edi-zioni ad Ancona nel 1886 e a Imola nel 1901, senza es-sere mai disturbato dal fisco.

È quindi a titolo di documento storico riflettente lepolemiche pro e contro il socialismo, vivacemente so-stenute dai due grandi agitatori Bakounine e Mazzini,che presentiamo al pubblico questa nuova edizione.

L'EDITORE

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AI MIEI AMICI D' ITALIA

IN OCCASIONE DEL CONGRESSO OPERAIO

CONVOCATO A ROMA

IL 1° NOVEMBRE 1871

DAL

PARTITO MAZZINIANO

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MICHELE BAKOUNINE(CENNO BIOGRAFICO)

Nacque l'11 Maggio 1814 a Torschok, governo di To-wer in Russia.

Era figlio d'un ricco proprietario russo, discendented'antica famiglia aristocratica, che aveva molta influen-za alla corte dello Czar.

Studiò con molto profitto nella Scuola superiore diMosca, poi nella scuola militare dei cadetti a Pietrobur-go, ed entrò a far parte col grado di alfiere nel corpod'artiglieria, della Guardia imperiale; quindi passò nelleprovincie polacche.

La triste sorte della Polonia, impressionò il suo nobilecuore e, deciso di non farsi in alcun modo strumento deldispotismo czaresco, lasciò l'esercito e ritornò alla casapaterna per consacrarsi allo studio della filosofia. Studiòper più di tre anni col suo amico Belinski, indi andò aBerlino (1841) dove aderì alle dottrine filosofiche diHegel, ed alleandosi alla Giovine Germania cominciò amanifestare il suo spirito rivoluzionario.

Passò l'anno seguente a Dresda a continuare i suoistudi filosofici, e stette in continua relazione con Ruge,collaborando negli Annali alemanni sotto il pseudonimodi Giulio Elysard. Trasferitosi nel 1843 a Parigi contras-

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se relazioni coi principali membri dell'insurrezione po-lacca, poi andò a Zurigo ove prese parte attiva ai lavoridelle associazioni socialiste. Allora il governo russo gliritirò il permesso di viaggiar all'estero, ed al suo rifiutodi ritornare in patria gli confiscò i beni.

Bakounine ritornò a Parigi, collaborò nei principaligiornali dell'epoca e nel 1847, in occasione di un suo di-scorso rivoluzionario fra gli emigrati polacchi, il gover-no francese lo espulse ed egli si rifugiò a Bruxelles.

Nel 1848 tornò ancora a Parigi e prese parte al rove-sciamento di Luigi Filippo. Indi andò a Praga per prepa-rarvi la rivoluzione fra i tedeschi. Debellati i ribelli, Ba-kounine fu nel 1850 condannato a morte reclamato dalgoverno austriaco e poi dal russo, fu portato in Siberia,di dove, dopo 5 anni, fuggì.

Attraversò fra infiniti pericoli e persecuzioni il norddell'Asia; giunto in China, s'imbarcò come marinaio eandò a S. Francesco di California, ove soggiornò al-quanto tempo, insegnando le lingue e matematica ed in-fine passò a Londra.

Quivi con Herzeu, Ogareff e altri rivoluzionari pub-blicò il celebre giornale nikilista La Campana. Andati avuoto i piani dell'insurrezione polacca, non si scoraggiò;venne a Napoli ove istituì il periodico Libertà e Giusti-zia nel quale svolse il suo programma.

Quando nel 1868 fa istituita la lega della Pace e Li-bertà, Bakounine vi prese parte, nella speranza di trarrenel sentiero rivoluzionario quegli eterogenei elementi edifese il principio della Uguaglianza economica. Non

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essendo questo stato accettato, la minoranza socialista siscisse compilando la famosa protesta. Bakounine for-mulò poscia il programma dell'Alleanza Socialista, for-matasi nel Congresso di Berna e che s'incorporò poi nel-l'Internazionale.

Nel 1869 si stabilì a Ginevra e dette grande impulsoalla propaganda socialista nella Svizzera, collaborandonella Eguaglianza da lui fondata e nel Progresso.

Assistette al Congresso Internazionale di Basilea incui contribuì al trionfo del Collettivismo anarchico.

Nel 1870 recossi in Francia per indurre le provinciead aiutar la Comune, e caduta questa si ritirò a Locarno.

Ebbe gran parte nel Congresso anarchico di Saint-I-mier ove si gettarono le vere basi dell'Internazionaleanarchica e organizzò la cospirazione che doveva scop-piare a Bologna ed estendersi per tutta Italia, cospirazio-ne che non cadde certo per causa sua.

Accasciato dalle fatiche di una vita piena di contrastie da una grave malattia di cuore, morì a Berna il 1° Lu-glio 1876, attorniato dai suoi più cari amici.

Ecco a sommi tratti delineata la vita di questo agitato-re instancabile e che col suo ingegno, la sua energia, ilsuo cuore ebbe tanta parte nel movimento rivoluzionariocontemporaneo.

Anche i più acerrimi avversari del socialismo dovet-tero confessare che Egli fu uomo straordinariamentegrande.

Ricorderemo fra i suoi scritti numerosi. Gli Orsi diBerna e l'Orso di Pietroburgo – L'Impero knouto-ger-

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manico e la rivoluzione sociale – La teologia politica diMazzini – Catechismo rivoluzionario – Ai miei amiciRussi e Polacchi (manifesto) – Discorsi pronunciati nelCongresso della Pace e Libertà – Lettera agli operai diLocle e Chaux-de-Fondes – Dio e lo Stato – Lettera adun Francese, ed altri numerosi che andarono smarriti.

Fra questi ultimi havvi la Lettera agli amici d'Italiache ora pubblichiamo in opuscolo.

Essa sebbene riguardi il Congresso mazziniano con-vocato in Roma il 2 Novembre 1871, pure contenendouna severa e giusta critica dei principi repubblicani nonha perduto d'attualità, poichè quello che si dice nel 1871lo si può integralmente ripetere oggi dopo 34 anni.

Lo scritto non aveva altro titolo che Circulaire è unadi quelle lettere-opuscoli che Bakounine scriveva tuttedi un fiato senza lasciar mai la penna, senza prima giun-gere all'ultima parola.

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MIEI CARI AMICI,

Chiunque ha letto la lettera veramente perfida, cheMazzini ha testè indirizzata ai rappresentanti degli ope-rai al Congresso di Roma1, deve aver compreso ormai,

1 Giornali Roma del Popolo del 12 Ottobre 1871 – Il Doveredel 15 Ottobre 1871.

– Nel dubbio se dovessimo modificare qualche espressione diquesto scritto, affinchè non s'ingenerassero dubbii ed equivocinell'animo dei lettori, massime avversarii, sulla dottrina sociali-sta; o di darne tale qual'è la lettura, dilucidandola con apposita an-notazione, abbiamo preferito quest'espediente, anche per non pre-starci alla facile accusa di aver falsato il pensiero dello scrittoreper trarlo dalla nostra.

Primieramente fare due individualità collettive differenti delproletario operaio e del proletario contadino, equivale a mantene-re quella specie di antagonismo che attualmente esiste tra le dueclassi, e che dovrà, per il bene di tutta l'umanità, sparire nella ri-voluzione sociale.

Contadini ed operai son tutti lavoratori, e siccome i diversirami del lavoro, sono intimamente tra loro legati, non possono as-solutamente staccarsi l'un dall'altro; così riteniamo che tutti i la-voratori, tolti i dissidi e le discrepanze tra loro fomentate oggidìdalla borghesia e dai repubblicani, formeranno una sola e vastafamiglia senza distinzione alcuna di cittadini e campagnoli. In se-condo luogo dire che questi proletariati saranno divenuti «pro-prietarii» l'uno dei capitali e degli istrumenti di lavoro, l'altro del-la terra, è assolutamente erroneo. L'inesattezza di tali espressioni

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se pur ne ha potuto per lo innanzi dubitare, che quelCongresso è stato convocato in Roma per istigazione diMazzini, per compiere un tratto di sorpresa, un colpo distato non rivoluzionario contro il sistema, che governaoggi l'Italia, ma reazionario contro le nuove idee edaspirazioni che, dopo la gloriosa e feconda insurrezione

può scusarsi solo collo stato di elaborazione delle idee socialisti-che in cui eravamo quando l'Autore scriveva.

Nel sistema comunista-anarchico tutto quanto esiste al mondonon è proprietà di questo o quel corpo di lavoratori, di questa oquella generazione, ma tutto appartiene a tutti i lavoratori con-giuntamente ed a tutte le generazioni presenti ed avvenire. Tutti ilavoratori presenti ed avvenire hanno diritto di usare di tuttoquanto esiste al mondo per esercitare il proprio lavoro, e lavoran-do procurarsi i mezzi di sussistenza. Ma niuno, nè individualmen-te, nè collettivamente ha diritto di disporne da proprietario, nel si-gnificato attuale di questa parola.

Egli è ben vero che essendo il lavoro o i rami nei quali il lavo-ro si fraziona svariatissimi, non tutti i lavoratori esercitano lostesso genere di lavoro e per conseguenza non adoperano lo stes-so istrumento di lavoro, sebbene ciascuna corporazione si servaimmediatamente degli istrumenti che formano specialmente il suomestiere, e giovasi indirettamente dei rami di lavoro affini; maquesto stesso non toglie, anzi conferma che mentre la tale corpo-razione ha l'uso diretto immediato degli istrumenti del suo specia-le mestiere ha altresì l'uso indiretto, mediato degli istrumenti ne-cessari al lavoro altrui. Onde tutto è di tutti, e niente è esclusiva-mente di alcuno. D'onde la possibilità del diritto di cambiar me-stiere a volontà e di non esser costretto a rimaner per forza quasiinstallizzato in un mestiere, come potrebbe avvenire se i duegrandi corpi di mestieri fossero proprietari esclusivi dei loro ri-spettivi mezzi di lavoro. Invece di quattro, cinque, tre, più o meno

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della Comune di Parigi, han cominciato ostensibilmentead agitare il proletariato e la gioventù d'Italia.

Ho bisogno di spiegarvi come e perchè queste ideesono detestate da Mazzini? L'ha detto abbastanza eglistesso in tutti gli articoli ch'egli ha pubblicato nellaRoma del popolo, nei quali ha scientemente calunniato

si formerebbero due grandi caste del lavoro, ma sempre caste,cioè corpi antagonistici tra loro.

Se gli operai, come Bakounine dice, divenissero proprietari deicapitali e degli strumenti di lavoro; e i contadini della terra – dellasola terra – che lavorerebbero colle proprie braccia, sarebbe que-sto un altro e più grave orrore. Gli operai coi capitali e gli stru-menti avrebbero quanto occorre per continuare a lavorare a loroesclusivo vantaggio; non così i contadini, che privi di capitali ed'istrumenti, non potrebbero colle proprio braccia trarre dalla«loro» terra tutta la quantità di prodotti necessaria .a metterli a li-vello dei loro compagni, gli operai. Nè giova dire che gl'interessied i bisogni scambievoli indurranno tra loro naturalmente, neces-sariamente l'equilibrio di forze e di prodotti, anzi tutto, come lostesso Bakounine afferma in altro luogo di questo scritto, la natu-ra umana è tale che basta mettere un individuo – isolato o colletti-vo non monta – in condizione più o meno favorevole di un altro,per farne il padrone o lo schiavo dell'altro. Il solo fatto dunqueche l'uno prenda in principio più dell'altro, distruggerebbe l'egua-glianza o le parità di condizioni e di mosse, pietra angolare, ebase fondamentale della rivoluzione sociale e farebbe sussisteretutto il treno di conseguenze fatali, che oggi emanano dal princi-pio di proprietà. Di fatti anche oggidì gl'interessi e i bisogniscambievoli spingono il capitalista ed il lavoratore ad equilibrarsitra loro; ma di quale equilibrio! E questo perchè? Perchè l'uno hapiù dell'altro: l'uno è in condizioni del tutto differenti dall'altro.Dippiù dovendo essere le varie forme nelle quali questo equili-

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la Comune di Parigi, e la nostra bella e grande Associa-zione Internazionale dei lavoratori, i principii e gli attidella quale, espressione spontanea delle aspirazioni po-polari delle moltitudini d'Europa e d'America, sono na-turalmente contrari allo stabilimento in Italia della suaRepubblica teocratica, autoritaria e centralista.

brio dovrebbe verificarsi, determinate dal grado di civiltà e di vo-lontà dei diversi centri di popolazione ed essendo la civiltà e ilprogresso in ragione diretta dei mezzi di educazione ed istruzio-ne, e questi in ragione diretta dei mezzi pecuniarii, gli operai chesarebbero in più vantaggiose condizioni dei contadini si sentireb-bero tentati di credersi e ritenersi più civili, e quindi in diritto diimporre la loro volontà ai contadini. Avremmo cioè lo stesso spet-tacolo della attuale civiltà leonina!

Da ultimo Bakounine dice: saran divenuti proprietari «proba-bilmente collettivi.» Si credeva, quando Bakounine scriveva, dapiù di uno scrittore socialista, che fatta la rivoluzione sociale, edespropriati colla forza gli antichi proprietarii, sia il popolo in di-ritto di organizzare la proprietà collettiva, ovvero di dividere lamassa dei beni espropriati in tanti lotti, quanti sono i lavoratori,darne uno a ciascuno, e serbar così il regime della proprietà indi-viduale; e che anche questo secondo modo di agire debba qualifi-carsi «rivoluzione sociale,» e sistema socialistico. Comprendiamoche tale esagerazione sia frutto della reazione troppo spinta al si-stema comunista-autoritario tedesco. Ma la critica di un principiodeve mantenersi tra i limiti razionali, e non spingersi frenetica-mente tant'oltre da cadere nell'eccesso contrario.

Se no, dum vitant stulti vitia in contraria currunt.Ora noi domandiamo: Si ha diritto di provocare e compiere

una rivoluzione nell'unico scopo di ampliare il vecchio sistemadimostrato ingiusto vizioso ed assurdo, pur lasciandone intattal'essenza? Non esitiamo a rispondere: no. La rivoluzione intanto è

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Mazzini si è evidentemente spaventato del nuovomoto che oggi avviene in Italia. Invano ei l'ha combattu-to nei suoi articoli con quella passione ingiusta e furio-sa, che voi sapete e che ha meravigliato ed afflitto perfi-no i suoi partigiani ed amici più intrinseci, sorpassando

giustificata, in quanto rappresenta sempre una verità che soppiantiun errore predominante o frutti per conseguenza a tutta la societàumana.

Ora, se per diritto di natura tutti gli uomini – maschi e femmi-ne – hanno diritto di avere a propria disposizione tutti i mezzi chemadre natura fornisce loro per svilupparsi moralmente e fisica-mente, se questa eguale disposizione di mezzi non può ottenersialtrimenti che col sistema della «proprietà collettiva,» o vogliamodire del comunismo anarchico, non si può senza offendere il dirit-to di natura, conservare anche temporaneamente, il diritto o siste-ma di proprietà individuale dopo fatta una rivoluzione che tenderdeve alla sua soppressione.

Oltre di che la rivoluzione stessa sarebbe contraddittoria ed as-surda, imperocchè mentre si farebbe nello intento di sostituire alsistema della proprietà individuale quello del comunismo anar-chico, deviando improvvisamente, da questo uopo unico e supre-mo; la si farebbe per conservare ciò che dovrebbe abbattere. Ver-rebbe quindi meno a se stessa e tradirebbe i diritti e le aspirazionidei lavoratori.

Concludendo dunque, diciamo che sebbene la rivoluzione nondebba imporre nulla di assoluto e con la forza pure devesi metterea profitto i frutti della propaganda preparatoria e dell'entusiasmorivoluzionario per spingere fin dal primo istante della rivoluzionetutti i lavoratori a sopprimere immediatamente il sistema di pro-prietà ora vigente e a costituire dappertutto la proprietà collettivao il Comunismo-anarchico nella produzione e nella consumazione

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nelle sue ingiurie e nelle sue calunnie gli stessi giornaliufficiali di Versaglia.

Egli aveva sperato per un momento che la grande au-torità del suo nome basterebbe per fermare quel motosalutare e fatale, che trascina oggidì quanto vi è di vivoin Italia, il proletariato cioè e la parte più intelligente egenerosa della gioventù, ad unire i loro sforzi con quellidell'unico organamento, che non proponendosi altroscopo dell'emancipazione reale e completa delle massein fuori, rappresenta solo il movimento rivoluzionariodell'Europa e dell'America. Voglio intendere dell'Asso-ciazione internazionale dei lavoratori, nella quale si con-fondono fraternamente i socialisti rivoluzionari di tutti ipaesi, e i cui membri si contano oggi a milioni.

Essa è oggi combattuta da tutti i governi, da tutti irappresentanti religiosi e profani degli interessi reazio-nari politici ed economici di Europa. E con non minoreaccanimento è combattuta altresì da Mazzini, perchè lasua esistenza ed il suo crescere formidabile distruggonoe dileguano tutti i sogni di lui perchè egli vede l'Italiamessianica e classica invasa dalla barbarie straniera;perchè vuole innalzarle d'intorno un muro, non cinese,ma teologico, per isolarla da tutto il mondo allo scopo dipoterle amministrare quella «educazione nazionale»

sociale.In questo modo soltanto potrà seriamente venire attuata la

massima «da ciascuno secondo le proprie forze; a ciascuno secon-do i proprii bisogni.» (Nota dell'Editore tolta dalle precedentiedizioni).

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fondata esclusivamente sui principî della sua nuova reli-gione, e che sola potrà renderla capace di compiere, perla terza volta nella sua storia, la missione religiosa emondiale, onde il buon Dio ha voluto affliggerla.

Ma lasciamo lo scherzo da banda, che la cosa è benseria.

Vedendo che i suoi articoli non bastavano ad arrestarela formidabile corrente, Mazzini s'è appigliato ad un al-tro mezzo: e dietro una parola d'ordine partita da Roma,diverse parti d'Italia han mandato al Profeta ed al Mae-stro indirizzi di adesione, condannando Parigi e l'Inter-nazionale come Mazzini.

Fu grave scandalo quel fatto e ben triste.Operai italiani, che rinnegano la fratellanza interna-

zionale dei loro compagni di miseria, di schiavitù e disofferenza in tutto il mondo, e che calunniano i nobililottatori, i martiri della Comune di Parigi, che avevanofatto la loro rivoluzione per l'emancipazione di tutti, eciò nel momento medesimo, nel quale i carnefici di Ver-saglia li mitragliavano e fucilavano a centinaia; li impri-gionavano, li insultavano e torturavano a migliaia senzarisparmiare donne e bambini. Se quegli indirizzi fosserostati la fedele espressione dei sentimenti del proletariatoitaliano, la sarebbe un'infamia, della quale il proletariatoitaliano, non si sarebbe potuto giammai lavare, e cheavrebbe fatto disperare dell'avvenire di questo Paese.Fortunatamente questo non fu, giacchè tutti sappiamo inqual modo quegli indirizzi furono foggiati.

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Non fu che la ripetizione di un fatto avvenuto in Rus-sia nel 1863 al tempo dell'ultima insurrezione polacca. Igiornali sedicenti patriottici di S. Pietroburgo e di Mo-sca maledissero la sollevazione polacca come i giornalimazziniani han maledetto la sollevazione della Comunedi Parigi. Essi denunziarono la alleanza di tutti i rivolu-zionari di Europa che sostenevano la Polonia, come igiornali denunziano oggi l'Internazionale, che ha soste-nuto la Comune di Parigi, e che, anche quando quella fuassassinata dai teologi di Versaglia, ha avuto il coraggiosublime di proclamare nei paesi meno liberi come inGermania, sotto il governo militare e trionfante di Bi-smark, le sue ardenti simpatie dei principii e per gli eroidella Comune.

Solo il proletariato italiano si tacque; o se ha parlato,fu contro la Comune e contro l'Internazionale. Ma nonesso parlò; sebbene l'«officialità mazziniana,» che haosato ingiuriare e calunniare in suo nome.

Come in Russia nel 1863 indirizzi scritti in alto loco epieni zeppi d'invettive contro gli sventurati, ma sempreeroici polacchi, e di benedizioni per lo Czar, partironoda S. Pietroburgo per tutte le comuni, città e villaggi conraccomandazione alle autorità ed ai preti di farli bene omale, sottoscrivere dal popolo: così nel 1871 Roma, di-venuta Centro d'un duplice gesuitismo – quel del Papa equel di Mazzini – ha raccomandato a tutta l'officialitàmazziniana sparsa nelle città d'Italia, di suggerire e det-tare alle Associazione operaie indirizzi pieni di invettivecontro la Comune e contro la Internazionale, e di bene-

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dizione a Mazzini. Alcune Associazioni sottoscrisserotali indirizzi senza sapere ciò che facessero.

Ma questi indirizzi isolati e in piccolissimo numero,non produssero alcun effetto. Rimasero senz'eco, sepoltinei giornali mazziniani, che gli stessi partigiani di Maz-zini leggono piuttosto per «dovere» che per piacere. Al-lora Mazzini meditò un gran colpo, che se gli riesce, as-sicurerà, senza dubbio, e per qualche tempo almeno, alui ed alle sue idee retrograde e liberticide una specie dipotere dittatoriale in Italia.

Il suo disegno è il seguente:Trattasi di riunire in Roma – futura capitale di tutto il

mondo – il primo novembre, un Congresso di rappre-sentanti degli operai di tutta Italia. Mercè gli intrighi deimazziniani – intrighi, che impotenti oramai a sollevarel'Italia, ma capacissimi ancora a promuovere da per tuttola reazione – sparsi, e più o meno influenti in tutte le cit-tà d'Italia, si faranno, si fanno già sforzi inauditi affin-chè i delegati mandati a Roma dalle Associazioni opera-ie sieno disposti a subire la dittatura di Mazzini. In talguisa si spera di costituire un Congresso mazziniano, ilquale in nome di dodici milioni di lavoratori italiani, do-vrà pronunziar l'anatema contro la Comune di Parigi econtro l'Internazionale, proclamare «Pensiero Naziona-le» il programma di Mazzini, e nominare una «Commis-sione Direttrice,» una specie. di Governo del Proletaria-to italiano, composto dei mazziniani più ciecamente de-voti e sottomessi all'assoluta dittatura di Mazzini. Allorail profeta e il suo partito, forte di questa solenne confer-

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mazione popolare, intimeranno – non al governo italia-no, di fronte al quale essi saranno più disarmati ed im-potenti che mai – ma alla gioventù italiana, ai ribelli dellibero pensiero, ai veri rivoluzionari, agli atei, ai sociali-sti italiani di abbassar la testa dinanzi a questo «Pensie-ro Nazionale» sotto pena di essere dichiarati ribelli allavolontà del Popolo, e traditori della Patria. Ecco il peri-colo onde siete minacciati. Io so bene ch'esso non è cosìgrande per voi, come Mazzini se lo immagina. Io soch'ei s'illude purtroppo, come sempre, sulle conseguen-ze di tal Congresso, supposto pure che la riuscita glienefosse del tutto favorevole.

E invero ammettendo che tutto avvenga, com'egli de-sidera, tutto ciò che sarà fatto a Roma non sarà che fin-zione, e la realtà italiana rimanendo qual'è, continueràad essere tutt'opposta ai sogni mazziniani.

È altresì probabile, che dopo questo Congresso, peruna specie di reazione naturale, il movimento socialistarivoluzionario divenga ancor più potente in Italia.

Ma non è questa una buona ragione per farci rasse-gnare filosoficamente al trionfo – anche momentaneo –di Mazzini. Dapprima quel trionfo potrebbe durar trop-po a lungo; e poi, regola generale; «non bisogna maipermettere ai proprii nemici di trionfare, quando si ha ilpotere di impedire o almeno di diminuire il lorotrionfo.» Combattere il proprio avversario a tutt'oltran-za, e senza lasciargli mai nè pace, nè tregua, è testimo-nianza di energia, di vitalità e di moralità, che ogni par-tito vivo deve non meno a se stesso, che a tutti i suoi

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amici. Un partito non è degno di esistere, non è capacedi vincere che a queste condizioni. Da ultimo vi haun'altra considerazione ben più importante, e che devespingere tutti gli italiani di buona volontà, tutti i nostriamici fervidi e sinceri ad andare a Roma per combattereMazzini, le sue calunnie e le perniciose sue dottrine; edè l'effetto deplorevole, funesto, che la riuscita di questocongresso del proletariato italiano, supponendola favo-revole alle intenzioni di Mazzini, non mancherebbe diprodurre fuori d'Italia, sul proletariato rivoluzionario ditutto il mondo.

L'Italia, rappresentata questa volta non dal suo Go-verno, nè dalle sue classi officiali e privilegiate, ma daoperai delegati del popolo, si disonorerebbe prendendopubblicamente partito per la reazione contro la rivolu-zione.

Immaginate quali sensazioni dovran provare i rivolu-zionari socialisti di tutti i paesi, quando sapranno chequesto Congresso popolare ha ingiuriato e maledetto laComune e l'Internazionale, e che, condannando l'Italiaall'attuazione delle idee di Mazzini, avrà deciso di farneuna nuova Cina teologica in Europa.

Ciò darà un colpo ben grave alla causa della rivolu-zione mondiale e renderà l'Italia oggetto di avversione edi disprezzo legittimo per tutti i viventi, attirandole neltempo stesso le lodi e le simpatie di tutta la canaglia rea-zionaria dell'Europa.

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Ecco ciò che bisogna, ciò che dovete impedire. A suotempo vi dirò come potrete e dovrete farlo; per ora ana-lizzerò l'indirizzo di Mazzini.

Non ho mai letto scritto più insinuante e più perfida-mente gesuitico di questo. Comincia dal far proteste dirispetto per la volontà e pel pensiero spontaneo del po-polo.

«Non mi arrogo dirigervi e costituirmi interprete vo-stro;» (menzogna: tutto questo scritto è vergato a questoscopo) «troppi uomini parlano oggi in vostro nome e ri-petono la frase imperiosa» russa: «bisogna insegnare al-l'operaio ciò che DEVE volere.»

(Calunnia! Nessun socialista russo l'ha mai detto, nes-sun socialista rivoluzionario ha potuto dirlo. È Mazzini,non noi, che insegna i «Doveri,» (ciò che dee volersi).«Ma mi pare» (udite questa!) «di potervi dire ciò che laparte buona e sinceramente italiana aspetta da voi.»

Che ve ne pare? Si può essere più gesuita, più furbo?Mazzini non vuol dirigere gli operai; ma nel tempo stes-so dichiara loro ciò che gl'italiani buoni e sinceri neaspettano.

Non è questa una dichiarazione anticipata che le riso-luzioni del Congresso saranno contrarie, o solamente di-scordi da ciò che se ne ripromettono questi «buoni,» lesaranno cattive ed anti italiane? Ma che cosa chiamaegli dunque dirigere?

E qual è dunque la parte «buona e sinceramente ita-liana,» in nome della quale si sente egli in diritto di par-lare?

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Non può certamente essere il proletariato italiano;perchè gli operai delegati al Congresso devono cono-scerne le aspirazioni e i desiderii molto meglio di Maz-zini. Dunque dev'essere la borghesia italiana, se pur nonè il partito esclusivamente mazziniano, cioè lo stessoMazzini.

Udiamo dunque i consigli di Mazzini: «Si tratta pervoi di ratificare nuovamente il vostro patto, e di costitui-re a rappresentarlo un'Autorità, che abbia condizione divera forte e perenne vita. Ed è la cosa più importanteche possiate fare.» (Il credo bene. Un'Autorità distruttri-ce di ogni libertà! ecco almeno del Mazzinismo puro!)«Dal giorno in cui l'avrete fatto comincerà la vita collet-tiva degli operai italiani.»

Dunque la vita collettiva non è nella moltitudine delpopolo; questa moltitudine, secondo Mazzini, non es-sendo che un aggregato affatto meccanico d'individui, lacollettività non esiste che nell'autorità, e non può esserese non da essa rappresentata.

Siamo sempre alla maledetta funzione dello Stato,che assorbe e concentra, distruggendola, la collettivitànaturale del popolo, e che probabilmente a causa di ciòstesso è reputato a rappresentarla, come Saturno rappre-sentava i proprii figli a misura che se li divorava. «Avre-te così costituito lo strumento per progredire concordi».(Vi sarete cioè dato un padrone, al quale apparterràesclusivamente ogni iniziativa, e senza il permesso delquale non vi permetterete d'ora innanzi alcun movimen-

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to. Voi avrete trasformata la totalità degli operai italianiin un istrumento passivo e cieco nelle mani del Profeta.)

«E finalmente potrete allora» (ma solo allora ed a ra-gione) «stringere coi vostri fratelli delle altre nazionivincoli d'alleanza, che tutti intendiamo e vogliamo (chi«tutti?» I mazziniani, secondo il sistema ridicolo, perchèimpotente stabilito dall'«Alleanza Repubblicana» diMazzini) «ma dall'alto del concetto Nazionale ricono-sciuto» (conchiuso cioè ed accettato esclusivamente dal-la autorità centrale contro tutta la massa operaia) «nonsommergendovi, individui, o piccoli nuclei, in vastemale ordinate società straniere» (bazza all'Internaziona-le!) «che cominciano a parlarvi di libertà per conchiude-re inevitabilmente nell'anarchia e nel dispotismo d'uncentro e della città, nella quale quel centro è posto.(L'«anarchia» siamo noi i sostenitori dell'abolizione del-lo stato nell'Internazionale; il «dispotismo» sono gl'In-ternazionalisti tedeschi ed il Consiglio Generale di Lon-dra, partigiani dell'accentramento dello stato popolare).

Mazzini ama il dispotismo, egli è troppo profeta,troppo prete, per non adorarlo, e solo per concessioneallo spirito moderno, ei lo chiama «libertà». Mazzinivuole il dispotismo di Roma, non quello di Londra: manon siamo nè preti, nè profeti, respingiamo egualmentee quel di Roma e quel di Londra.

Tutto questo paragrafo mira evidentemente a rendereimpossibile lo stabilimento dell'Internazionale in Italia.Egli proibisce positivamente tanto agli individui, quantoalle associazioni operaie locali di affiliarsi all'Interna-

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zionale e di affratellarsi direttamente con essa; e non ac-corda questo diritto, che all'Autorità direttiva e centrale– che il buon Dio la benedica e il Diavolo se la porti! –la quale sarà istituita a Roma; il che riduce necessaria-mente al nulla l'autonomia, l'iniziativa, la vita sponta-nea, il pensiero e l'azione, in una parola, la libertà di tut-te le associazioni locali e di tutti gli operai italiani indi-vidualmente presi. In quanto poi all'alleanza coll'Inter-nazionale, non vi è pericolo che una «CommissioneCentrale,» ispirata e diretta da Mazzini, si affratelli conquesta associazione straniera, che professa principii dia-metralmente opposti a quelli del Profeta italiano. Donderisulterà necessariamente l'isolamento assoluto del pro-letariato italiano nell'immenso movimento solidale delproletariato dell'Europa e dell'America.

Ed è questo ciò che precisamente vuole Mazzini. Saràla morte d'Italia, ma nel tempo stesso sarà il Trionfo delDio Mazziniano.

Temendo evidentemente che qualche elemento anti-mazziniano, che qualche pensiero socialista od ateo nonirrompa nel Congresso, Mazzini prende le sue precau-zioni. Ei consiglia di formulare un ordine del giornoprogressivo – questa parola «progressivo,» in questoluogo, è davvero ridicola, e non vi è adoperata evidente-mente, che per gittar polvere negli occhi degli operai, eper ripetere una volta di più una delle parole favoritesimpatiche della «Sacrosanta teologia Mazziniana» –dunque, un ordine del giorno progressivo, che avrà peroggetto di escludere dalla discussione del Congresso

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tutte le questioni religiose, politiche e sociali; dappoichèMazzini crede di non avere ancora magnetizzato suffi-cientemente gli operai italiani e conseguentemente temeche essi non obbediscano ai loro istinti naturali, e nonprendan partito per la libertà contro la menzogna dellateologia mazziniana.

«Alcuni fra voi formulino un ordine del giorno pro-gressivo, che escluda, finchè il fine» (cioè l'istituzionedella Dittatura Mazziniana) «non sia raggiunto, ogni di-scussione intorno a dottrine religiose, politiche e sociali,che un Congresso oggi non può decidere se non con di-chiarazioni avventate e ridicole per impotenza. Rag-giunto il fine, compìto l'ordinamento interno della vostraclasse» (la subordinazione assoluta degli operai italianialla Dittatura di Mazzini) «discutere, se avrete tempo,ciò che vorrete».

Quel «se avrete tempo» è delizioso. Ecco un tratto diprestigio davvero stupendo! E tutta la tattica mazziniananon è altro, come dimostrerò nella serie di scritti, che hointrapreso contro di lui, che un continuo giuoco di bus-solotti, tendente a far trionfare mercè il suffragio univer-sale e la potenza del braccio popolare, un sistema teo-cratico autoritario, assolutamente opposto agl'istinti, aibisogni, a tutte le aspirazioni del popolo, ed a creare unnome, ed a spese del popolo un istrumento di oppressio-ne contro lo stesso.

«Dove no, commetterete allo studio dell'Autorità cen-trale le questioni che vi parranno importanti».

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È chiaro abbastanza? Tutte le questioni di principiisaranno risolute dalla Commissione Centrale, primosaggio dello stato-chiesa mazziniano. Le associazionilocali, la massa popolare non deve ragionare nè discute-re; essa deve obbedire e credere. È la vita di tutti assor-bita e falsata nel centro, paralizzata e morta su tutta laperiferia, il Dio di Mazzini, che spegne e divora l'Italia.

«Il Paese (cioè la borghesia) guarda a voi trepido, at-tento, severo: (Credo bene che questa borghesia è seve-ra; poichè ha per rappresentanti ed angeli custodi i cara-binieri) se troverà nel vostro, come in altri congressi te-nuti fuori d'Italia, sobillìo, tempesta di pareri diversi (lavita cioè l'energia, la passione del pensiero viva e dellavolontà viva, ciò che l'Italia aveva in così alto grado al-l'epoca della sua più grande prosperità, al medio evo,quand'essa era viva) avventatezza sfrenata di lunghe pa-role (Menzogna! Nei Congressi dell'Internazionale nes-suno ha diritto di parlare più di un quarto d'ora, e più didue volte sullo stesso argomento) inutili e su questioniletali, e superficialmente trattate» (un'altra menzogna!Tutte le quistioni che si trattano nei nostri Congressi,sono annunciate sempre, tre mesi prima del Congresso,dal Consiglio Generale, dopo che questi ebbe raccolto ipareri di tutte le sezioni – le associazioni locali di tutti ipaesi – per tre mesi di seguito studiano e discutono que-ste questioni, in modo che i loro delegati portano quasisempre al Congresso mandati imperativi. Vietare alle as-sociazioni locali ed ai congressi popolari di discutere lequestioni più importanti e vitali, significa dichiarare –

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cosa per altro conforme al programma di Mazzini – cheil popolo è incapace a comprenderlo, e che deve affidar-si cieco credente alle risoluzioni della sacrosanta autori-tà) giudicherà il paese, (cioè la Borghesia, cioè la turbadei vigliacchi privilegiati che spogliano e opprimono ilpopolo) «per voi tutti inesperti e malavveduti, è prema-turo (cioè pericolosissimo pei loro privilegi) il sorgeredel vostro elemento».

Ma ciò che segue è proprio magnifico e vi dà la misu-ra del gesuitismo di Mazzini. Dopo avere interdetto alcongresso di discutere le questioni religiose, politiche esociali, e tutto questo nello scopo evidente d'impedireagli anti-mazziniani di esporre le loro idee, ecco cheraccomanda ai delegati del Congresso di fare due «pic-cole dichiarazioni», che debbono d'un sol colpo risolve-re tutte queste quistioni in senso esclusivamente mazzi-niano. È desso un vero trionfo di prestigio politico e teo-logico! Udite:

«Due sole dichiarazioni mi sembrano quasi preambo-lo d'ordinamento e istruzione generale data all'autoritàche dovete eleggere» (e che già la bella scelta nel pen-siero del Comitato segreto mazziniano.... Che gesuiti-smo! Un'istruzione generale che l'autorità mazziniana dàa se stessa per mezzo di un Congresso mazziniano! Sipuò minchionare in modo più furbo e svergognato labuona fede popolare? Dispotismo politico soppannato diipocrisia religiosa.... una vera tattica di Tartufo!) «volutedalle insolite circostanze, nelle quali versa gran parte diEuropa». (Trattasi dunque di opporre l'Italia come diga

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reazionaria al movimento rivoluzionario dell'Europa.Ma allora tutti i sovrani d'Europa commetteranno benpresto il ritratto di Mazzini, e dopo la sua morte la stessasanta chiesa cattolica l'adorerà come un santo).

«Non giova illudersi, il Paese, la Borghesia, (la Con-sorteria) che cominciava a guardare con favore ai vostriprogressi» (Dove e quando mai la borghesia ha lor mo-strato un tal favore? Forse quando la Consorteria e ilGoverno hanno introdotto loro affiliati, o lor creature –prefetti, poliziotti, canaglia titolata officiale od officiosa– come membri onorari, in tutte le Associazioni operaied'Italia? All'infuori di questa sistematica corruzione del-le Associazioni operaie, quale altro favore ha giammaimostrato? Nessuno; e Mazzini lo sa purtroppo. Perchèdunque mentisce?) «e a sottoporre ad attento esame ciòche da noi e da altri si scrive per voi a prò del vostrogiusto ed inevitabile sorgere.» .(Ecco ancora una men-zogna impudente, una odiosa sfrontatezza). Non sannotutti in Italia, che le persone officiali, e la borghesia ita-liana, e Mazzini stesso con loro non han cominciato apreoccuparsi della questione sociale se non dopo l'insur-rezione della Comune di Parigi, e solo in grazia del ter-ror salutare che l'espansione sempre crescente dell'inter-nazionale ispira a tutti i privilegiati? Se non si fosseroavuti altri frutti socialisti oltre i poveri scritti di Mazzini,antisocialisti in massimo grado, zeppi d'illusioni e d'in-ganni pel popolo e di reali consolazioni pei ricchi bor-ghesi, niuno s'incaricherebbe del movimento del prole-tariato, come nessuno se n'era per l'innanzi curato. E

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Mazzini osa arrogare a sè ed ai suoi l'onore d'un fattoch'è dovuto unicamente all'azione di quella Comune e diquell'Internazionale ch'egli combatte! (Che natura dateologo!) «è dagli ultimi eventi di Francia» (i soli cheabbiano destato non l'interesse morale, ma l'attenzionetemebonda di questo Paese sulla quistione proletaria)«in poi, sulla via di retrocedere impaurito e tendente adappoggiare la stolta immorale teoria di resistenza, più omeno adottata a danno vostro da tutti i governi». Si vedeora chiaramente che Mazzini chiama «Paese» la classeprivilegiata, poichè egli confessa che questo paese co-mincia vilmente a mettersi dal lato della reazione gover-nativa.

È di questo Paese officiale dunque che Mazzini osadire: il Paese guarda a voi trepido, attento? ed è perscongiurare la terribile severità gendarmesca di questavile canaglia la quale per Mazzini costituisce il Paese, edella quale si costituisce oggi egli stesso rappresentante,che il proletariato d'Italia dovrà rinnegare i suoi fratellidella Comune di Parigi e dell'Internazionale, il cui eroi-smo e la cui potenza sono finalmente riusciti a scuoterel'indifferenza sprezzante dei borghesi? E per far che?Per rendere ai borghesi coll'adozione del socialismomazziniano tutta la sicurtà, che hanno perduto, e che èloro necessaria per godere in pace dei loro privilegi. Madavvero l'odiosità gareggia col ridicolo in queste paroledi Mazzini!

«Una selvaggia irruzione non dirò di dottrine, mad'arbitrarie irrazionali negazioni di demagoghi russi, te-

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deschi, francesi è venuta per annunziare che per esserefelice l'Umanità deve vivere senza Dio, senza Patria,senza proprietà individuale, e pei più logici e arditi sen-za santità collettiva di famiglia all'ombra della Casa Mu-nicipale di ogni Comune; e quelle negazioni hanno tro-vato, tra per insana vaghezza di novità, tra pel fascinoesercitato dalla forza spiegata da quei settari di Parigi,un'eco in una minoranza dei nostri giovani.»

Ecco una denunzia formale contro la miglior gioventùitaliana dinanzi al proletariato. L'intenzione v'è eviden-te. Dappoichè questa gioventù non vuol più servire diorgano alla propaganda delle idee mazziniane, e temen-done la legittima influenza sul popolo, Mazzini s'inge-gna di discreditarla dipingendola atea, anti-patriottica,nemica della proprietà individuale, della famiglia, ecc.senza avvedersi, senza nemmen sospettare che questeidee, covano già da un tempo nelle masse proletarie, eche non mancheranno di svilupparsi sempre più. E tuttoquesto per impedire l'unica cosa che possa salvar l'Italia,l'unione cioè di questa gioventù col popolo.

«L'umanità guarda e passa» (Che bella frase! Chi èquesta umanità se vi piace? Mazzini, Petroni, Saffi, Bru-sco, ecc. Solamente essi non «passano» ma si sofferma-no per ingiuriarci e calunniarci» (ma la tiepida, tenten-nante, tremante, credula generazione borghese dei nostrigiorni (il Paese!) impaurisce d'ogni fantasma. La parteabbiente (ah! ah!) del Paese, del gran proprietario alproprietario d'una bottega, comincia a sospettare che inogni moto operaio havvi una minaccia ai capitali (ed

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han ragione a sospettarlo; poichè non vi ha emancipa-zione possibile nel proletariato senza un cambiamentoradicale nei rapporti del capitale col lavoro) raccolti ta-lora per eredità, più spesso dal lavoro (Menzogna! ameno che tal lavoro non consista nello sfruttare il lavorodel proletariato. Ma in tal caso i banchieri, i ladri ed ibriganti lavorano anche essi, e lavorano aspramente, e ideputati al Parlamento sono ancora strenui lavoratori!!)e ha diritto di essere rassicurato.»

Mazzini si è evidentemente assunto quest'incarico el'adempie per bene; tanto bene che fino a quando lemasse si lascieranno da lui dirigere, la borghesia potràdormire in due cuscini tranquillamente. Ma per l'oppo-sto, ed a cagione di ciò stesso il proletario resterà un mi-sero schiavo senz'altro sollievo, che le lettere di cambio,che Mazzini gli darà pel cielo.

«Ma so che quelle insensate teorie non sono vostre (eisa tutto, questo buon santo!) e però vi dico: importa alprogresso del vostro moto ascendente (verso l'assurditàmazziniana!?) ed al Paese (la tiepida, tentennante e tre-mante borghesia!) che lo dichiarate, importa che sappia-no tutti che voi vi separate dagli uomini che le predica-no (cioè della Comune di Parigi, dell'Internazionale, eda quella generosa ed intelligente parte della gioventùitaliana, che sola, senza sottintesi, si è votata alla causadel popolo, affinchè il popolo possa gittarsi ciecamente,stupidamente, reazionariamente mercè una specie di sui-cidio mostruoso, condannando sè e i suoi figli ad unaschiavitù e ad una miseria perenne, nelle braccia sacro-

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santamente reazionarie di Mazzini) che in cima alla vo-stra fede sta la sacrosanta parola «Dovere» (cioè tutta lateologia mazziniana col suo socialismo menzognero)che voi mirate a iniziare l'avvenire, non a sconvolgerecon violenza il presente. (La violenza non è permessache per distruggere il governo attuale a fine di sostituir-vi un governo mazziniano).

«E una seconda dichiarazione, implicita già nel vostropatto di fratellanza, dovrebbe, parmi, riaffermare chevoi non separate il problema economico dal problemamorale; (L'internazionale separa così poco questi dueproblemi, che proclama il secondo conseguenza insepa-rabile e immediata del primo) che vi sentite anzituttouomini italiani (si avrebbe dovuto dire che essendo ita-liani, ciò che nessuno saprebbe negare, voi vi sentite evolete essere anzitutto uomini) comunque chiamati dallevostre circostanze a occuparvi più specialmente di unmiglioramento di condizione per la classe vostra (eccotutto il socialismo di Mazzini!) non potete nè volete ri-manere estranei e indifferenti a tutte le grandi questioniche abbracciano l'universalità dei vostri fratelli (borghe-si) e il progresso collettivo d'Italia.»

E per questo probabilmente Mazzini interdice al Con-gresso operaio di discutere le grandi questioni religiosee politiche. A primo aspetto questa seconda condizioneproposta da Mazzini nulla potrebbe presentare d'irragio-nevole; ma considerandola più da vicino vi si scorge unnuovo agguato. Quali son le grandi questioni ch'eglipone al di fuori della questione economica, come se le

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fossero perfettamente estranee, e come se dovessero in-teressare le altre classi più delle masse operaie?

Desse sono la questione religiosa e la questione poli-tica; ma risolute all'infuori della questione economica,queste due questioni non possono effettivamente essererisolute se non contro il proletariato, come avvennesempre realmente sinora. L'Internazionale stessa trattaqueste questioni, ed egli non può perdonarle tanta auda-cia, ma le tratta come questioni inseparabili dalla que-stione economica, e perciò stesso le risolve a favore delproletariato.

L'Internazionale non respinge la politica in generale;essa sarà ben forzata ad immischiarsene finchè sarà co-stretta a lottare contro la classe borghese. Essa respingesoltanto la politica borghese e la religione borghese; pe-rocchè l'una stabilisce la dominazione spogliatrice dellaborghesia e l'altra la santifica e la consacra. La borghe-sia è sacra. Ciò che vuole Mazzini è aggiogare il prole-tariato al carro della politica borghese, ciò che noi affat-to non vogliamo.

«Ma riconfermato il patto di Fratellanza, compitequeste due dichiarazioni, l'una delle quali vi separa dalmale (della Comune, dell'Internazionale, della rivoluzio-ne mondiale), l'altra inanella i vostri ai fati d'Italia (allapolitica autoritaria, teologica e borghese); l'ordinamentointerno, spero avrà tutte le vostre cure.

«Costituite a Roma una Commissione Direttiva Cen-trale (il governo, lo stato-chiesa del proletariato) di cin-que operai fra i migliori di voi.

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«Eleggete un Consiglio composto di trenta o più indi-vidui scelti fra i delegati delle diverse località rappre-sentate nel Congresso e aderenti al Patto, ai quali siacommesso l'ufficio d'invigilare, ciascuno dalla città incui vive, sugli atti della Commissione Direttiva.»

Seriissima vigilanza! non vi pare? Una Commissionecentrale munita di pieni poteri per risolvere tutte le que-stioni anche di principii, una quasi-dittatura, residente inRoma; e per vigilarla, un Consiglio composto di alcunediecine di operai sparsi in tutte le città d'Italia, e priviconseguentemente di ogni mezzo per intendersi. Egli èvero che per le quistioni importantissime la Commissio-ne Centrale ha il dovere di convocarli; ma siccome leconvocazioni costano caro, e gli operai in generale e glioperai italiani in particolare, non sono affatto ricchi, egliè certo che il Consiglio non sarà mai convocato. Mazzi-ni abbandona generalmente al Consiglio il diritto di farproposte a patto però che l'iniziativa ne sia presa da undeterminato numero di consiglieri; ciò che suppone traloro una corrispondenza continua ed impossibile traoperai. Evidentemente tutto ciò che Mazzini proponeper limitare ed invigilare il potere dittatoriale dellaCommissione centrale, è derisorio, e la dittatura restasempre integra.

«L'impianto di una pubblicazione settimanale direttadalla Commissione, e organo ufficiale dei lavori, e deivoti della classe operaia. (Cioè la fondazione di un gior-nale, col quale in nome degli operai d'Italia, Mazzini

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imporrà d'ora in poi a tutta la democrazia italiana la suapolitica teologica come pensiero nazionale).

«Questo parmi in oggi il compito vostro. Il mio seeleggete la Commissione, sarà quello di deporre nellesue mani (e perchè non in quelle del Congresso?) il ren-diconto della sottoscrizione da me iniziata per voi, e diporgere ad essa via via i suggerimenti che il cuore e l'in-telletto m'inspireranno.»

Ecco l'ultima parola: Mazzini dittatore e nelle suemani tutta la classe operaia d'Italia debitamente imbava-gliata, paralizzata, annichilita a pro della Commissionedirettiva, diretta essa stessa da Mazzini, divenuta istru-mento di reazione teocratico-repubblicana.

Vengono infine le frasi consacrate sul sostantivo«Amore» e sul verbo «Amare», declinato e coniugato intutti i modi, e il giuoco di bussolotti è compiuto.

Però intendiamoci, cari amici. Io ho accusato, ed ac-cuso ancora Mazzini di furberia; ma non come indivi-duo, sì bene come politico e come teologo. Individual-mente Mazzini resta sempre l'uomo più puro, l'uomosenza macchia, incapace di far la minima cosa, non soloingiusta e vile, ma neppure generalmente permessa persoddisfazione, sia dei propri interessi, sia della propriavanità, sia della propria personale ambizione. Ma comeuomo politico e come teologo, egli è furbo in grado su-perlativo, forse perchè la politica e la teologia non pos-sono far senza della furberia. Egli dunque crede di doverfare un sacrificio in trionfo del suo Dio.

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Riassumiamo in poche parole le proposte che egli faagli operai d'Italia.

1.° Egli propone loro di disonorarsi, ed isolarsi da tut-to il mondo, di separarsi dalla rivoluzione pronunziandosolennemente l'anatema contro la comune di Parigi econtro l'Internazionale. Per compenso, osservate, eglinon permette loro nemmeno di pronunziarsi per la Re-pubblica, imponendo loro la frase sì ambigua: «che nonparteggino per tutte le grandi questioni politiche e mora-li, che agitano il paese.»

2.° Egli propone agli operai d'Italia di annientarsi ri-nunciando ai loro pensieri, alla loro vita in pro di unaCommissione centrale che sarà esclusivamente direttada Mazzini.

Conseguenze:a) Il Congresso di Roma disonorerà l'Italia e la gette-

rà nel partito della reazione contro la rivoluzione.b) Esso scaverà un abisso tra la gioventù spinta e ri-

voluzionaria, ed il proletariato d'Italia, con gran detri-mento di entrambi.

c) Paralizzerà ogni moto di pensiero e d'azione, ognimanifestazione di vita spontanea in mezzo alle masseoperaie, poichè il moto e la vita non sono possibili chelì, dove esiste la piena autonomia delle associazioni lo-cali, e l'ordinamento interno proposto da Mazzini non haevidentemente altro scopo, da quello infuori di distrug-gere questa autonomia, o di creare un potere dittatoriomostruoso, accentrato a Roma nelle sue mani. Una asso-ciazione locale non potrà quind'innanzi intraprendere,

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discutere, volere, nè pensare senza il permesso di questanefasta autorità centrale. Non avrà nemmeno il dritto difare una proposta al centro, dacchè un tal dritto spettaesclusivamente ai trenta membri del Consiglio di vigi-lanza. Molto meno avrà il dritto, non dico di mettersi inrelazione immediata e diretta con associazioni operaiein paesi stranieri, ma nè anche di esprimer loro la suasimpatia; dacchè questo dritto non spetta che alla com-missione esecutiva; e dacchè l'Internazionale sarà statacolpita dall'anatema del Congresso di Roma.

Che resterà dunque alle associazioni locali? L'insigni-ficanza, la nullità, la corruzione, la morte. Potranno bendivertirsi nell'esercizio, come pel passato, di un po' dimutuo soccorso, e di saggi di produzione e consumo,che finiranno con disgustarli d'ogni associazione.

d) Ma per rovescio essa darà una grande potenza, al-meno momentanea a Mazzini; poichè il Congresso haper iscopo principale quello di trasformare tutta la mas-sa operaia d'Italia, in istrumeuto passivo e cieco nellemani del partito mazziniano per iscacciare il libero pen-siero e l'azione rivoluzionaria della gioventù italiana.Ecco l'ultima parola di quel Congresso.

Ed ora io mi domando: La gioventù italiana lasceràfare?

No, ella non può lasciar fare senza essere traditrice,stupida, vile; senza condannarsi da sè stessa alla più ver-gognosa ridicola impotenza, senza rendersi compliceper lo meno di un delitto di lesa-patria e di lesa-umanità.

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Finora la gioventù italiana si è lasciata paralizzare dalrispetto, certamente legittimo, che le ispira la grandepersonalità di Mazzini. Da gran tempo essa ha respintogià le teorie religiose del profeta; ma ha creduto di poterseparare la religione dalla politica di Mazzini. Ella ave-va detto «io respingerò le sue mistiche fantasmagorie;ma non ubbidirò meno alla sua direzione politica» senzacomprendere che tutta la politica del Patriota non è statamai, nè sarà altra cosa, che la traduzione del pensiero re-ligioso del profeta nel campo dei fatti.

In fondo in fondo nulla vi ha di comune tra il pro-gramma della gioventù e del proletariato, ed il program-ma mazziniano. Il primo cerca naturalmente la libertà elo sviluppo della prosperità nella federazione; il secondocerca la grandezza e la potenza dello stato nell'accentra-mento; il primo è socialista; teologo e borghese il secon-do. Or essendo gli scopi così differenti, come mai po-tranno essere identici i metodi ed i mezzi d' azione?

Mazzini è anzitutto l'uomo dell'autorità.«Ei vuole sì che le moltitudini siano felici, ed esige

dall'autorità, che si occupi seriamente non solo dellaloro educazione in vista dell'eterno ideale,» ma ancoraper quanto è possibile della loro prosperità materiale,ma vuole che anche questa prosperità materiale discen-da dall'alto al basso, dall'iniziativa delle autorità, sullemasse. A queste non accorda altra capacità, altro dirittooltre quello di scegliere, sia direttamente, sia indiretta-mente l'autorità, che deve governarle, il diritto di darsi

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un padrone, perocchè non capisce, e non capirà maicome le masse possano vivere senza padrone.

Ciò ripugna a tutti i suoi istinti religiosi e politici, os-sia borghesi. Nel suo sistema, lo so molto bene, il padro-ne non sarà individuale; ma collettivo; ed i membri diquesta collettività governativa potranno essere cambiatie sostituiti con nuovi membri. Tutto questo può avergrandissimo interesse per le persone e le classi, che po-tranno ragionevolmente aspirare ad essere presto o tardichiamate a far parte del governo; ma pel popolo, per lemasse popolari, questi cangiamenti non avranno maireale importanza. Potranno bensì cambiare le persone,che costituiranno o rappresenteranno l'autorità collettivadella repubblica; ma l'autorità, il padrone resterannosempre. È desso, il padrone, che il popolo detesta istinti-vamente, e che ha ragione di detestare; poichè chi dice«Padrone» dice dominazione, e chi dice dominazionedice sfruttamento. La natura dell'uomo è così fatta, chedatagli la possibilità, messolo in condizione di fare ilmale, cioè di nutrire la sua vanità, la sua ambizione, e lasua cupidigia a spese altrui, egli lo farà. Noi siamo cer-tamente sinceri socialisti e rivoluzionari; ebbene, se ci sidesse il potere e lo conservassimo per pochi mesi sol-tanto, noi non saremmo più quelli che ora siamo. Comesocialisti, e voi ed io, siam convinti che l'ambiente so-ciale, la posizione, le condizioni d'esistenza sono più po-tenti della intelligenza e della volontà dell'individuo piùforte ed energico, e per questa ragione appunto noi do-mandiamo l'eguaglianza, non naturale ma sociale degli

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individui, come condizione della giustizia e come basedella moralità; e per questo ancora noi detestiamo il po-tere, ogni potere, come il popolo lo detesta.

Mazzini adora il potere, l'idea del potere, perchè egliè borghese e teologo. Come teologo non comprende or-dine che non sia mandato e stabilito dall'alto; come poli-tico o borghese, non ammette che l'ordine possa esseremantenuto nella società, senza l'intervento attivo, senzail governo di una classe dominante, della borghesia. Eglivuole lo stato; dunque vuole la borghesia. Egli deve vo-lerla, a segno, che se la borghesia attuale cessasse di esi-stere, dovrebbe crearne una nuova. La sua inconseguen-za sta nel volere egli mantenere la borghesia e nel volereche questa borghesia non opprima e non isfrutti il popo-lo, e si ostina a non comprendere che la borghesia non èla classe dominante ed esclusivamente intelligente senon perchè sfrutta ed affama il popolo; e che dal mo-mento in cui il popolo fosse al par di lei ricco ed istrui-to, essa non potrebbe più dominare, e non vi sarebbe piùpossibilità di governo politico, poichè questo governo sitrasformerebbe allora in una semplice amministrazionedegli affari comuni.

Mazzini nulla comprende di tutto questo, perchè èidealista, e l'idealismo consiste appunto nel non com-prendere mai la natura e le condizioni reali delle cose;ma nel falsarle sempre coll'intromettervi una idea favo-rita qualsiasi. L'idealismo è l'arbitrio del pensiero, comela politica è l'arbitrio della volontà. Solo il socialismo e

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la scienza positiva sanno rispettare la natura e la libertàdegli nomini e delle cose.

Mazzini è dunque anti-rivoluzionario in tutta la suanatura e in tutta la tendenza dei suoi sentimenti e dellesue idee; e con troppa ragione rimprovera alla gioventùdi accusarlo ingiustamente, pretendendo che ei siasi mu-tato, che si metta oggi in contraddizione con le sue dot-trine rivoluzionarie. No, egli non si è cambiato, perchènon è mai stato rivoluzionario. Peggio per la gioventù,se perduta nelle minuzie della cospirazione mazzinianaeternamente abortita, e se, paga della parola «repubbli-ca,» la quale può significare tanto schiavitù, quanto li-bertà del popolo, e che nel sistema mazziniano è del tut-to opposta, alla libertà, non si è data mai la pena finoradi studiare più seriamente gli scritti di Mazzini! Se ciòavesse fatto, si sarebbe convinta che fin dall'inizio dellasua propaganda, Mazzini, è stato ardente teologo, ossiaavversario risoluto della emancipazione reale delle mas-se popolari, assoluto anti-rivoluzionario.

Per questa ragione in tutti i movimenti, che egli hanon dico compiuti, perchè compiuto non ne ha, vera-mente, e ben a ragione, alcuno, ma soltanto intrapreso,Mazzini ha sempre diligentemente evitato di fare diret-tamente appello alle masse popolari. Avrebbe piuttostoconsentito a subire il giogo degli Austriaci e dei Borbo-ni, e fin del Papa, che non ad invocare contr'essi le pas-sioni del proletariato. Ed è questa, secondo la mia fermaconvinzione, la causa principale di tutte le sue dolorosesconfitte. Egli è ben tempo di constatarlo; eccettuata la

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magnifica sollevazione dell'Italia nel 1848, il cui princi-pio così glorioso, e la cui fine tanto deplorevole si do-vettero più al sentimento nazionale, in prima, e poi alladisfatta della rivoluzione in Francia, che non alla cospi-razione mazziniana, ed eccettuata la guerra vittoriosa diGaribaldi in Sicilia e a Napoli, guerra alla cui riuscita,non fu, come voi sapete, del tutto estraneo Cavour, nes-suna delle sollevazioni, spedizioni e levate d'armi inizia-te propriamente da Mazzini è mai riuscita.

Il suo merito immenso è quello di aver tenuto vivonella gioventù italiana il fuoco sacro per quarant'anni: diaverla formata non per la rivoluzione, ma per la lottaeroica, e sempre ineguale, contro gli oppressori politicid'Italia, indigeni e stranieri; contro i nemici della suaunità ancor più che della sua libertà. Sotto questo rap-porto, miei cari amici, voi siete tutti suoi figli, o meglionipoti, poichè la generazione dei suoi figli è quasi spari-ta – essendo gli uni morti, gli altri viventi corrotti, e po-chissimi rimasti intatti – e niuno meglio di me compren-de il sentimento profondo di riconoscenza e di pietà, chevoi tutti avete per Mazzini.

Solamente vi prego di osservare, ch'egli vi ha educatie formati a propria immagine, poichè è già molto se voiappena oggi cominciate a diventar rivoluzionari controdi lui, e la maggior parte tra voi esita ancora. Egli vi haeducati a combattere per l'Italia, ed al disprezzo del po-polo d'Italia; non del popolo teologico e fittizio, del qua-le egli parla sempre; ma delle moltitudini viventi o reali,

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così misere ed ignoranti, e «pure tanto intelligenti nellaloro miseria ed ignoranza.»

Per quanto voi siete giovani ed ardenti, pur tuttavia ilsistema politico e sedicente rivoluzionario, che vi ha in-culcato, resta ancora come un male ereditario nelle vo-stre ossa; e per cacciarnelo vi occorrono molti bagninella vita popolare. Questo sistema si compendia in dueparole: «tutto pel popolo; niente pel popolo.» In questosistema anche la rivolta contro l'ordine di cose stabilite,e la cospirazione per organare questa rivolta, devono es-ser fatte, ed il sono realmente, dalla gioventù borghese,con debolissima partecipazione di qualche centinaio dioperai della città. La massa del proletariato, il popolodelle campagne specialmente devono essere esclusi;poichè apporterebbero in questo sistema ideale la barba-rie di quelle rudi e reali passioni che potrebbero scon-certare le piccole idee di una gioventù generosa, ma bor-ghese dalla testa ai piedi. Dacchè si progetta una rivolu-zione anodina, avente per scopo ben determinato il so-stituire all'autorità esistente una nuova autorità, convienconservare ad ogni costo la passività delle masse, chenon devono perdere la preziosa abitudine di ubbidire; edil buon umore e la sicurtà dei borghesi, che non devonocessare di comandare e dominare. Per conseguenza bi-sogna evitare ad ogni costo la questione economica esociale.

Ed in fatto che abbiamo noi veduto? I moti spontaneidelle moltitudini popolari – e moti seriissimi, comequelli di Palermo nel 1866, e l'altro ancor più formidabi-

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le dei contadini di molte provincie contro la legge ini-qua del macinato – hanno trovato nessuna o pochissimasimpatia in questa gioventù rivoluzionaria d'Italia. Sefosse stato ben organizzato e diretto da uomini intelli-genti, avrebbe potuto produrre una formidabile rivolu-zione. Per mancanza d'organamento e di capi è andata avuoto.

All'opposto, un anno più tardi, la gioventù italiana,ispirata e diretta da Mazzini ha preso la sua rivincita.Pel numero d'uomini impiegati e per le somme spese fuforse una delle più formidabili cospirazioni che Mazziniabbia preparato. Ebbene, essa è miseramente fallita. Suvari punti del paese, levaronsi bande di centinaia di gio-vani audaci, e queste bande si sciolsero, non dinanzi alletruppe regie, ma dinanzi all'indifferenza profonda delpopolo delle campagne e delle città. Quest'esito fatale,ma naturale, avrebbe dovuto aprir gli occhi, non di Maz-zini, che non li aprirà mai, ma della gioventù italianache essendo giovane può aprirli ancora.

Eppure non è già su questo terreno della pratica, do-v'essa ha cominciato a separarsi da Mazzini; ma su quel-lo della teoria, grazie allo sviluppo del libero pensiero.Non vi dirò quello che voi stessi sapete, come cioè sututti i punti d'Italia si siano spontaneamente formatigruppi di liberi pensatori borghesi. È strano davvero perquanto si fossero emancipati intellettualmente dal giogoreligioso del Maestro e del profeta, la maggior parte diloro continuarono e continuano tuttavia a subire il giogopolitico di Mazzini.

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«Ch'ei ci lasci il nostro libero pensiero – dicono essianche oggidì – e noi non domandiamo di meglio, che dilasciarci dirigere dal suo genio patriottico e rivoluziona-rio, dalla sua esperienza nella cospirazione e nelle lotteper la Repubblica.»

E non capiscono che è impossibile essere realmente,che è ridicolo chiamarsi «libero pensatore» senza esserelargamente socialista e volere nel tempo stesso la repub-blica unitaria, autoritaria e borghese di Mazzini.

Anche in questa occasione Mazzini si mostra logico,e molto più logico della gioventù che chiamasi materia-lista ed atea. Egli ha capito da prima che questa gioven-tù non poteva nè doveva volere la «sua» Repubblica.Nell'articolo testè pubblicato nella Roma del Popolo –Tolleranza e Indifferenza – N. 34, ci dicea chiaramenteche consentirebbe a passar sotto silenzio la questione re-ligiosa, se solo si volesse serbare lo stesso silenzio sullaquestione sociale. Questo prova ch'egli spinge tant'oltrela sua perspicacia da non comprendere come si possaessere materialista ed ateo, senza essere nel tempo stes-so largamente socialista.

Non la logica del proprio sviluppo ha cominciato afare aprire gli occhi alla gioventù italiana; ma l'insurre-zione e la rivoluzione della Comune di Parigi da prima;ed in seguito la maledizione e la persecuzione unanimee furiosa di tutti i governi e di tutte le reazioni d'Europa,non escluso Mazzini e il partito mazziniano, contro l'In-ternazionale.

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Sotto questo aspetto Mazzini ci ha reso un servizioimmenso. Egli ha dimostrato che essendosi da lui sepa-rata nel pensiero doveva separarsene egualmente nell'a-zione; l'ha scomunicata, ed ha avuto mille volte ragione.Egli, questa volta, è stato verso di lei molto più franco eleale di quello che ella non ha osato, nè osa di essereverso se stessa; e la sfida a mostrarsi ad essere seria evirile.

Sì, questa gioventù deve avere oggi il coraggio di ri-conoscere e di proclamare altamente la sua piena e defi-nitiva separazione dalla politica, dalla cospirazione edalle intraprese repubblicane di Mazzini sotto pena divedersi annientata e di condannarsi all'inerzia e ad unavergognosa impotenza. Ella deve inaugurare la sua poli-tica!

Quale può essere questa politica? Al di fuori del siste-ma mazziniano, quello cioè della Repubblica-Stato, nonve n'è che uno solo, quello cioè della Repubblica-Comu-ne, della Repubblica-Federazione, della Repubblica-so-cialista e francamente popolare, quella dell'ANAR-CHIA. È dessa la politica della rivoluzione sociale, chemette capo all'abolizione dello STATO, ed all'ordina-mento economico e pienamente libero del popolo, ordi-namento dal basso all'alto per via della federazione.

Ecco il suo scopo, il solo possibile per lei, s'ella neha, se vuole averne uno. Che se non ne ha, nè intende,nè vuole averne alcuno peggio per lei, poichè allora ellaè mille volte più inconcludente del partito mazziniano:una specie di protesta impotente contro la sragionevo-

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lezza, nel campo della sragionevolezza e dell'impotenza.La sragionevolezza mazziniana ha almeno per sè l'ener-gia malsana della febbre e della follia; batte la campa-gna e spiffera i suoi assurdi con quella potenza di con-vincimento, che finisce sempre col trascinare i deboli;mentre la protesta razionale della gioventù atea, troppointelligente per credere agli assurdi, ma troppo pocoenergica, convinta e passionata per avere il coraggio disapersene, sarebbe qualcosa di assolutamente negativo,cioè l'assoluta impotenza. Ma vi ha cosa al mondo piùvile, più disgustosa e più vergognosa di una gioventùimpotente, di una gioventù che non osa osare, che piùnon si risenta?

Dunque pel suo proprio onore, per la sua salvezza eper la salvezza del popolo italiano che ha bisogno deisuoi servigi, la gioventù materialista ed atea, uniforman-do la sua volontà ed i suoi atti al suo libero pensiero,«deve volere» ed inaugurare oggi la politica della Rivo-luzione Sociale.

Ho detto già che cosa sia questa politica, consideratadal punto del nuovo ordinamento della società dopo lavittoria. Ma prima di creare, o meglio, prima di aiutareil popolo a creare questo nuovo ordinamento, bisognaottener la vittoria. Bisogna rovesciar ciò che è, per poterstabilire ciò che deve essere. Checchè se ne dica, il si-stema attualmente dominante è abbastanza potente, nonper la sua idea e per la sua forza morale intrinseca, cheson nulle; ma per tutto l'organamento meccanico, buro-cratico, militare e poliziesco dello Stato, per la scienza e

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la ricchezza delle classi che hanno interesse a sostener-lo. Ed una delle perpetue e più ridicole illusioni di Maz-zini, era appunto quella d'immaginarsi che si potesse ab-battere questa potenza con alcuni manipoli di giovanimale armati. Egli conserva tuttavia, e conservar devequesta illusione; poichè vietandogli il suo sistema di ri-correre alla rivoluzione delle masse, non gli restanocome mezzo d'azione che questi manipoli di giovani.

Ora essendosi certamente accorto, che questa forza èpurtroppo insufficiente, cerca crearsene una nuova nellemoltitudini operaie. Egli osa finalmente affrontare laquestione sociale, e spera potersene servire, alla sua vol-ta, come mezzo di azione. D'altronde ci si è deciso aquesto passo, così per lui pericoloso, non per deliberatoproposito, ma perchè vi è stato spinto dagli avvenimenti.La rivoluzione della Comune di Parigi non ha solamentesvegliato la gioventù, ma ha svegliato ancora il proleta-riato d'Italia. È venuta dopo la propaganda dell'Interna-zionale, Mazzini si sentì sconcertato, ne fu afflitto, e co-minciò allora i suoi attacchi furiosi contro la Comune econtro l'Internazionale. Fu allora che concepì l'idea delCongresso di Roma, nel quale fra breve dovrà trattarsi,o meglio, bistrattarsi la questione sociale; e che rivolseagli operai italiani le seguenti parole:2

«Voi perchè mertaste col sacrificio,(!) perchè non cer-caste di sostituire alle altre la vostra classe; ma d'innal-

2 Agli operai Italiani. G. Mazzini Unità Italiana, del 23 Luglio1871. (Nota dell'Editore tolta dalle precedenti edizioni).

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zarsi con tutti (di arrivare cioè alla borghesia) perciò in-vocate una diversa condizione economica, non per egoi-smo di godimenti materiali (frase disgustosa e orribil-mente calunniatrice lanciata contro i nostri poveri marti-ri ed eroi della Comune e dell'Internazionale) ma perpoter migliorarvi moralmente e intellettualmente (la pri-ma cosa che l'Internazionale reclama è l'istruzione inte-grale eguale per tutti, la prima cosa, alla quale abbiapensato la Comune di Parigi, in mezzo alla lotta terribi-le, che voi sapete, fa l'istituzione di eccellenti scuole po-polari per i giovani e le giovani, ma razionali, umana-mente dirette, e senza preti) avete oggi il diritto ad unaPatria di liberi e d'eguali (Mazzini vuol dir con ciò comesi dice ai bimbi: «poichè, carini, vi siete comportatibene, noi vostri babbi, noi borghesi vi daremo una chic-ca»: e dimentica di dire agli operai italiani che in fattodi chicche, confetti e mandorlati, la borghesia non ne dàmai altri al popolo che di piombo e mitraglia – e che al-tro mai non avranno se non ciò che avranno rivendicatocome diritto, e non ricevuta come dono) nella quale ab-biate comune con tutti i vostri fratelli (i borghesi) l'Edu-cazione (Mazzini non dice l'Istruzione, ch'egli distinguebene dall'«educazione – Vedi il libro sui Doveri dell'Uo-mo – e della quale egli non vuole affatto il godimentoeguale pel popolo. Quanto a questa educazione comunedi cui parla tanto, essa è ancora una menzogna. S'egli in-tende per essa l'insegnamento officiale di una morale

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comune, la si è avuta già da gran tempo nella ChiesaCattolica.3

Una educazione comune, non fittizia, ma reale nonpotrà aversi, che in una società veramente eguagliatrice.Egli, certo, non pensa a distruggere l'educazione nellafamiglia, e poichè l'educazione vien data più dalla vita edall'influsso dell'ambiente sociale, che dall'insegnamen-to di tutti i professori patentati del «dovere» del sacrifi-cio, e di tutte le virtù, come mai l'educazione potrà esse-re comune in una società, nella quale la situazione so-ciale tanto degl'individui, quanto delle famiglie è cosìvaria ed ineguale?) comune il voto per contribuire al-l'avviamento progressivo del Paese (per darvi un padro-ne) comuni l'armi per difendere la grandezza e l'onore(che vi schiacciano col loro peso, e di cui sarete eterna-mente il piedistallo muto o passivo – e che soggiungia-mo noi, danno pretesto a portar la guerra, l'esterminio, lamiseria fra popoli fratelli, ed a rafforzare sulle moltitu-dini il giogo e la dominazione borghese) esente da ognitributo diretto o indiretto il necessario alla vita (Mazzinicon questa promessa ripetuta sempre e non mai mante-nuta, da tutti i competitori del Potere, vuole accaparrarvil'adesione degli operai. Ma egli promette più di quelloche potrebbe dare se giungesse al potere; perocchè lagrandezza e la potenza dello Stato costano caro) libertàdi lavoro (esiste già, e tutto il sistema borghese poggia

3 Doveri dell'Uomo. (Nota dell'Editore tolta dalle precedentiedizioni).

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su questa libertà) e aiuti, ove manchi, o dove lo vietinogli anni e le malattie (promessa egualmente inattuabilenel sistema economico attuale) poi favore (ecco dunque:grazie! favori! – pietà, misericordia! – accordati dallaborghesia, che non l'accorderà mai perchè li accordereb-be contro se stessa) e agevolezza di credito nei vostritentativi per sostituire a poco a poco (col sistema mazzi-niano, come proverò nei miei scritti, nemmeno fra mil-l'anni) al sistema attuale del salariato, il sistema dell'as-sociazione volontaria fondata nell'unione del lavoro edel capitale nelle stesse mani.»

È chiaro che non saranno certamente i borghesi quelliche accorderanno agli operai un tal favore, il quale, sefosse realmente concesso, riuscirebbe alla rovina com-pleta, all'abolizione della classe borghese, la cui esisten-za è tutta ed esclusivamente fondata sullo sfruttamentodel lavoro del proletariato a pro del capitale concentratonelle sue mani. Dal momento in cui il credito darebbelargamente il capitale a tutte le associazioni produttiveche il domanderebbero, gli operai non avrebbero più bi-sogno di andare a fecondare, come salariati sfruttati, ilcapitale borghese. Questo capitale allora non frutterebbepiù nè utili, nè interessi. I borghesi più ricchi finirebberoben presto col mangiarsi le loro fortune, o discendereb-bero rapidissimamente, e in men che non si pensi, al li-vello del proletariato.

Non è evidente che la «classe abbiente,» la borghesia,debba opporsi con tutte le sue forze ad ogni seria con-cessione di credito alle associazioni produttive, formate

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dal proletariato? Chi dunque accorderà loro un tal credi-to? Lo stato repubblicano di Mazzini? Allora delle duel'una: o il credito sarà talmente derisorio e meschino,che lasciando star le cose come stanno, non servirà chea deludere l'impazienza, degli operai, a pascerli d'illu-sioni finchè, stanchi degl'inganni si ribelleranno, e, o ab-batteranno questo Stato, o saranno ridotti alla ragionedalla «mitraglia patriottica» della borghesia mazziniana:ovvero questo credito sarà serio, capace realmente diemancipare tutta la massa operaia, e allora, minacciatada imminente rovina, insorgerà la borghesia e rovescieràquesto Stato sinceramente popolare di Mazzini, se purenon ne sarà schiacciata e distrutta.

Ma in tal caso che resterebbe? Lo Stato capitalista ecommanditario di tutto il lavoro nazionale, cioè precisa-mente lo Stato comunista, accentrato, onnipotente, di-struttore di ogni libertà e di ogni autonomia tanto degliindividui quanto delle Comuni, come lo sognano oggi isocialisti tedeschi della scuola di Marx, e che noi anar-chici combattiamo più di Mazzini, sebbene da tutt'altropunto di vista.

«Non vi sviate da quel programma, non vi allontanateda quei tra i vostri fratelli che riconosceranno questi vo-stri diritti («solamente questi!» è ben poca cosa e tuttoriducesi ad altrettante menzogne. Ma chi sono dunquequesti «fratelli» così generosi? Ne conoscete voi moltinella classe borghese? No, saranno alcune diecine di fi-lantropi inconseguenti, ridicoli ed impotenti – retori sen-timentali dei congressi borghesi. – Sarà la piccola chie-

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suola mazziniana, che impotente in se stessa, non avràaltra forza che quella che vorrà darle l'acciecamento delproletariato; ciò che vuol dire che Mazzini supplica ilproletariato di annientarsi, affinchè egli possa in nomedi lui consolare e rassicurare i borghesi) e si adoprano aspianare (con la forza di voi tutti, la cui potenza si pro-pongono di paralizzare, deviare e spegnere) le vie a Isti-tuzioni che possano riconoscerli o tutelarli. Chi vi chia-mò ad altro non può giovarvi.... E badate, la questioneridotta nei termini della pura forza pende dubbiosa.»

Ma se non farà la forza ottenere giustizia al proleta-riato, chi gliela farà ottenere? Un miracolo? Noi noncrediamo ai miracoli, e chi ne parla al proletariato è unmentitore, un avvelenatore. La propaganda morale? Laconversione morale della borghesia sotto l'influsso dellaparola di Mazzini? Ma il solo parlarne, il solo cullare ilproletariato in illusione ridicola, è per Mazzini, che purdeve ben conoscere la storia, se non altro, una cattivaazione. Si è mai dato, in qualsiasi epoca, in qualsiasipaese, un solo esempio di una classe privilegiata e do-minante, che abbia fatto concessioni liberamente, spon-taneamente, di «motu proprio» e senza esservi astrettadalla forza o dalla paura? La coscienza della giustiziadella propria causa è senza dubbio necessaria al proleta-riato affinchè si organizzi a potenza capace di vincere.Ebbene, questa coscienza oggi non gli manca; e doveancor manca, è nostro debito suscitargliela in seno. Que-sta è divenuta incontestabile agli occhi stessi dei nostriavversari. Ma la sola coscienza della giustizia non basta;

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è mestieri che il proletariato vi unisca l'ordinamento del-la sua forza; poichè – non dispiaccia a Mazzini – è pas-sato il tempo in cui al suon delle trombe crollavano lemura di Gerico; oggi per vincere e rintuzzar la forza,non vi è che la forza. Mazzini d'altronde lo sa benissi-mo; poichè quando trattasi di sostituire allo Stato mo-narchico il suo, egli stesso fa appello alla forza.

Ecco le sue parole:«Si tratta di rovesciare colla forza la forza brutale

(cioè lo stato monarchico) che si oppone in oggi a ognitentativo di miglioramento.» (Vedi Doveri dell'uomo).

Dunque egli ancora invoca la forza contro ciò chevuole abbattere seriamente. Ma siccome non intende ab-battere menomamente la dominazione, nè abolire i pri-vilegi economici della borghesia – privilegi, che son l'u-nica base della esistenza. di questa classe – allora eglivuole adoperare, e cerca persuadere gli operai, che nonbisogna, che non è permesso adoperare contro di essache le trombe di Gerico, ossiano i mezzi morali, anodi-ni, innocenti della propaganda mazziniana. Può supporsiegli mai che egli s'illuda a tal segno? Son già quaran-t'anni che predica la sua legge della vita, la nuova rive-lazione. Ha egli convinto e moralizzato la borghesia ita-liana? Per l'opposto noi abbiam visto e veggiamo unafolla dei suoi discepoli ed apostoli di un dì, i quali si sonfatti convertire e guadagnare delle credenze borghesi.La parte officiale e officiosa d'Italia ne è piena. Chi dal-la canaglia governativa e consortesca che malmena oggila sventurata Italia, non è stato in gioventù più o meno

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mazziniano? Quanti mazziniani puri, come Saffi, Petro-ni, Brusco, che seguono o credono comprendere la teo-logia mazziniana son rimasti oggidì? Due, tre, al massi-mo cinque dozzine. E non è questa una prova di sterilitàe di impotenza spaventevoli contro la dottrina e la pro-paganda di Mazzini? E dopo avere avuto, e dopo averdeplorato, al certo, amaramente questa prova di inconsi-stenza delle sue dottrine, Mazzini osa venire a dire adoperai, a milioni di schiavi oppressi: «Non contate sulvostro diritto umano, nè sulla vostra forza, la quale ègrande certamente, ma mi dispiace molto perchè implicala negazione del mio Dio e perchè spaventa troppo i«miei» buoni borghesi, vostri fratelli maggiori, comedice Gambetta. Fidate unicamente negli effetti miracolo-si della mia propaganda.» Ecco lo «elixir» di vita, rime-dio sicuro per tanti malanni in boccette a doppio senso!

Noi invece diciamo agli operai: – la giustizia dellavostra causa è certa; soltanto la canaglia può negarla;ciò che vi manca è l'ordinamento della vostra forza: or-dinatela, e dopo rovesciate tutto ciò che si oppone all'at-tuazione della vostra giustizia. Cominciate dall'abbatteree gittar per terra tutti coloro che vi opprimono. Poi,dopo esservi bene assicurati della vittoria, e dopo averdistrutto quello che formava la forza dei vostri nemici,cedendo ad un sentimento di umanità, rialzate quei po-veri diavoli abbattuti e ormai inoffensivi e disarmati, ri-conosceteli per vostri fratelli, ed invitateli a vivere e alavorare con voi, e come voi sul terreno già assicuratodell'eguaglianza.

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«I sostenitori dell'ordine attuale hanno ordinamentovecchio di secoli, potente di disciplina e di mezzi chenessuna Società Internazionale, combattuta d'ora in orae costretta ad operare nel segreto, potrà raggiungeremai.»

Povera Internazionale! Non vi ha artificio di lingua nèdi argomenti al quale Mazzini non siasi appigliato persubissarla nella opinione degli operai italiani.

Si crederebbe? Egli, il vecchio cospiratore, che perquarant'anni non ha fatto mai altro che fondare in Italiasocietà segrete sovra società segrete, accusa ora l'Inter-nazionale di essere appunto una società segreta. E cometale la denunzia al Governo italiano, e fregandosi lemani come chi ha la coscienza di aver fatto una buonaazione e che è contento di se stesso, dice poi a se mede-simo ed agli operai italiani che l'ascoltano: «Non parlia-mo più dell'Internazionale: perseguitata da tutti i gover-ni e da me, la è ridotta a nascondersi; non è più che unasocietà segreta, dunque non può più nulla, è perduta.»

Signor Mazzini, dite voi lo stesso ai vostri cospirato-ri? Ed anche a supporlo, direste il vero? Ma voi non po-tete ignorare che ciò che dite è un mendacio, o megliol'espressione di una vostra speranza, di un vostro deside-rio e non di una realtà. Vi fu un momento nel quale i go-verni credettero, come voi, l'Internazionale potesse spe-gnersi; ma ora nol credono più; e se siete rimasto voisolo fra i vostri nuovi amici di reazione a crederlo, tantopeggio per la vostra perspicacia.

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Non solo l'Internazionale non è stata spenta, ma dopola disfatta della Comune di Parigi si è sviluppata in Eu-ropa ed in America più solida, più vasta, più potente chemai. Essa esiste, si agita e si propaga pubblicamente inAmerica, in Inghilterra, nel Belgio, nella Svizzera, nellaSpagna, in Germania, in Austria, in Italia, in Danimarcae nei Paesi Bassi. Solo in Francia è oggi ridotta ad ope-rar segretamente, in grazia dei repubblicani vostri amicie nemici della Comune. Ma non v'immaginate per que-sto ch'essa sia divenuta meno potente. Ricordatevi ciòvoi, quando eravate voi stesso perseguitato e non ancoradivenuto un persecutore, avete ripetuto le mille volte aivostri amici e discepoli: «La persecuzione centuplica lapassione e per conseguenza la possanza dei perseguita-ti.» E, siatene certi, lo stesso avverrà in Italia quando ilgoverno, cedendo alla sua paura ed alle vostre sugge-stioni, si metterà, come già sta facendo, a seguire l'e-sempio del governo francese.

Ora volete voi sapere qual sia la causa principale del-la potenza ognor crescente dell'Internazionale? Vi spie-gherò e mostrerò tal segreto; poichè la vostra intelligen-za, magnifica senza dubbio, ma acciecata da un sistemadi assurdi, che voi chiamate «vostra fede» è divenuta in-capace ad indovinarlo. L'Internazionale è potente perchènon impone al popolo nessun domma assoluto, alcunadottrina infallibile; perchè il suo programma altro nonformula che gli istinti proprii, le aspirazioni reali del po-polo. È potente perchè non cerca affatto, come voi avetesempre fatto, di formare una potenza infallibile al di

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fuori del popolo; e non fa altro che organizzare la poten-za del popolo. E può farlo; poichè non avendo la pretesad'imporre al popolo un programma ricevuto dall'alto, eperciò stesso estraneo e contrario agli istinti popolari,nulla può temere dall'ordinamento di questa potenzaspontanea della forza numerica delle masse. Voi perl'opposta ragione non potete e non dovete farlo, sapendobene che la prima manifestazione di questa forza sarà ladistruzione di tutto il vostro sistema.

«Oggi il vostro moto è santo perchè si appoggia ap-punto sulla legge morale negata, sulla progressione sto-rica rivelate dalla Tradizione della Umanità, sopra unconcetto di educazione, di associazione, di unità dellafamiglia umana prefissa da Dio alla vita.»

Nel leggere tutto questo è forza chiedersi: è ciarlata-nismo, è poesia o follia addirittura? Di qual moto deglioperai italiani parla Mazzini, dichiarandolo così sacro?Forse dell'argomento delle società di mutuo soccorsoche finora non ha prodotto assolutamente nulla? E s'im-magina egli davvero che qualcuno degli italiani operaicomprenderà mai nulla delle frasi stiracchiate, ampollo-se, anfibologiche e della sequela di parole or ora tra-scritte? Ma per capir ciò ci vogliono spiriti profondicome i signori Saffi e Brusco; il povero operaio italianosarebbe ben trasecolato se gli si dicesse ch'egli si agitain nome di tanta roba. Il fatto è che il moto degli operaiitaliani, grazie ai soporiferi che Mazzini lor sommini-stra, è stato finora nullo. Essi han dormito e durante illoro sonno grave e doloroso, solo Mazzini e i mazzinia-

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ni sonosi agitati, e come spesso accade a persone chehan poca critica, essi han preso il moto loro proprio pelmoto di chi era loro d'attorno. Ma ecco che il popolocessa di dormire; si desta e accenna a volersi muovere; eMazzini spaventato di quel risveglio e di quel motoch'egli non ha comandato nè preveduto, cerca tutti imezzi e si dà tutte le cure possibili per riaddormentare ilpopolo, per poi potere di bel nuovo agitarsi egli solo innome di lui.

Egli grida agli operai italiani:«La vostra legge è crociata! (Certamente val meglio

dormire che sentirsi dire tali sciocchezze, che son capa-cissime non solo di addormentare ma di spacciare addi-rittura i più accorti e i più desti). Convertitela in ribellio-ne (oh! ma voi non ne volete!) in minaccia d'interessicontro interessi, (sì, d'interessi giusti che rappresentanoil dritto di tutti, contro interessi ingiusti che ne rappre-sentano la negazione iniqua, della libertà contro il di-spotismo, dell'uguaglianza contro il privilegio, del lavo-ro contro i ladri del lavoro, della verità contro la menzo-gna dell'Umanità contro Dio) voi non potrete più far cal-colo che su forze vostre.»

E se gli operai ascoltano Mazzini, apporterà egli loro,per ricompensa forze novelle? E quali? Sarebbero peravventura quelle del partito mazziniano, che ha datocosì meschina mostra di sè in tutte le intraprese di Maz-zini? Ovvero promette loro sul serio il concorso delleforze borghesi? Le forze che furono altra volta realmen-te formidabili, son oggi divenute vacillanti e nulle, tanto

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nulle che minacciate oggi dal proletariato, il quale faloro terribilmente paura, le veggiamo in tutti i paesid'Europa rifugiarsi all'ombra e sotto la protezione dellaDittatura militare.

La spaventevole progressione di questa decadenza in-tellettuale e morale della classe borghese può studiarsiperfino nella gioventù. Su cento giovani presi da questaclasse sarà ben fortuna se ne troverete cinque che nonsiano.... giovani vecchi. La massa, estranea a tutte legrandi cose che avvengono intorno a lei, perdura nellabanalità dei suoi piccoli piaceri, dei suoi piccoli calcoliinteressati, o delle sue vanità e delle sue meschine ambi-zioni, nulla sente, nulla comprende e nulla vuole. Quan-do la gioventù di una classe è giunta a tal segno, è provaevidente che quella classe è già morta e più non restache sotterrarla. I più vivi in questa classe si sentonosconcertati e perduti, il terreno manca loro sotto i piedi;eppure non sanno decidersi ad abbandonare questa so-cietà che crolla da tutti i lati, ma si sentono con essa tra-scinati nell' abisso. – Ora non vi ha – per la vostra intel-ligenza, per la vostra coscienza. per la vostra dignità,per la vostra virilità e per la utilità della vostra esistenza– altro scampo che quello di voltar risolutamente lespalle alla classe borghese alla quale appartenete per na-scita, ma che la vostra intelligenza e la vostra coscienzacondannano a morte, e di gettarvi a capo fitto nel popo-lo, nella rivoluzione popolare e sociale, nella quale tro-verete la vita, la forza, il terreno e lo scopo che oggi vimancano. Così sarete uomini; diversamente, coi vostri

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borghesi radicali, con Mazzini ed i mazziniani voi diver-rete ben presto mummie com'essi. Oramai la forza, lavita, l'intelligenza, l'umanità, tutto l'avvenire è nel prole-tariato. Dategli tutto il vostro pensiero ed esso vi darà lasua vita e la sua forza ed uniti, voi farete la rivoluzioneche salverà l'Italia ed il mondo.

Ma ecco che appoggiato alle sue gruccie teologiche eseguito da poveri infermi di spirito e di cuore – i Saffi, iPetroni, i Brusco, i Campanella, i Mosto, ecc. – il vec-chio Mazzini se ne viene a questo giovane gigante, alsolo forte e vivente di questo secolo, al proletariato, egli cuce: «Io ti apporto la forza e la vita. La vita mi vie-ne dal buon Dio, la forza?... vorrà ben prestarmela laborghesia. Io te ne reco il concorso, a patto però che siisaggio, e contentandoti dei miei piccoli palliativi per le-nire le tue sofferenze, tu consenta come pel passato aservire questa povera e decrepita borghesia che non do-manda altro che di amarti. proteggerti, e.... nel tempostesso.... di.... spogliarti un pochino!»

Il ridicolo gareggia coll'odioso.Dunque – «Convertite la legge morale in ribellione,

in minaccia d'interessi contro interessi, voi non potretepiù far calcolo che su forze vostre.»

– Ebbene, ciò non è vero. Mazzini dimentica l'Inter-nazionale, ch'egli ha creduto seppellire, ma che per que-sto non è mica morta l'Internazionale, cioè la potenzaorganizzata del proletariato di Europa e dell'America, èqualcosa di più consolante e di più rassicurante ed evi-dentemente di più morale ancora che non l'alleanza del

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proletariato italiano colla borghesia italiana, e pel suomezzo, con la borghesia d'Europa e d'America, con lareazione contro la rivoluzione e contro il proletariato ditutto il mondo.

«Siete certi che – queste forze – bastino?» domandaMazzini. È certo che bastano; sono anzi soverchie perfar rovinare il mondo borghese con tutte le sue Chiese econ tutti i suoi Stati! Ma il Profeta esclama: «E ov'anchebastassero; non contaminereste la vostra vittoria di lun-ghe e terribili battaglie civili e di sangue fraterno? – Ah!ecco dunque la questione! Mazzini dimenticando chetutti i grandi trionfi dell'Umanità, ma tutti, assolutamen-te tutti, si sono ottenuti con grandi battaglie, proponeagli operai di sperimentare ancora una volta gli effettiprodigiosi del suo flauto ammaliatore o della sua trombadi Gerico. Ma egli è per lo meno ridicolo; e se non è ri-dicolo proverò ch'è odievole: poichè tanta umanità ap-parente nasconde un sottinteso di reazione e di tradi-mento contro il proletariato. L'uomo di Stato si fa Sirenaper assopire la vigilanza del popolo e per trionfare dellalegittima diffidenza di lui. Mazzini è veramente cosìgran nemico delle battaglie? Nel suo appello alla gio-ventù egli chiama, ridicolissimamente è vero, Spartaco,lo schiavo ribelle, il primo santo della religione repub-blicana. E che fece lo Spartaco? Sollevò i fratelli dischiavitù, e per quanto il potette, sterminò senza moltecerimonie i patrizi di Roma. Ei li costrinse a strozzarsitra loro come gladiatori. Tali furono gli atti e le gesta diuno dei santi di Mazzini. Mazzini, come Dante, s'ingi-

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nocchia dinanzi all'antica grandezza di Roma-repubbli-ca. Ma se vi fu grandezza fondata in sanguinose, inter-minabili battaglie, fu certamente quella dell'antica Re-pubblica Romana.

Vediamo ora la sua seconda grandezza ch'ei vi impo-ne di adorare, non nel presente certamente – poichè eglive ne propone oggi un'altra – ma nel passato: la gran-dezza cioè di Roma dei Papi! Non si è dessa bagnata,non ha fondato la sua potenza nel sangue come la prece-dente?

Non vi parlerò delle battaglie della Riforma, nè diquelle della Rivoluzione, poichè Mazzini le detesta pari-menti entrambe. Ma i tre esempi bastano, io penso, perdimostrarvi che egli non detesta le battaglie, ma le adoraquando mirino alla fondazione di una grande potenza.Quel ch'egli detesta è la rivolta e fu certo per errore cheSpartaco prese posto fra i Santi del suo Paradiso.

Quel che Mazzini paventa è la guerra civile che di-strugge l'unità Nazionale:

«Negazione della Patria, della Nazione – esclama di-sperato – La Patria vi fu data da Dio, perchè in un grup-po di oltre cinque milioni di Fratelli affini più stretta-mente a voi per nome, lingua, fede (?), aspirazioni co-muni (?) (menzogne su menzogne) e lungo glorioso svi-luppo di tradizioni e culto di sepolture di cari spiriti(ecco del misticismo pagano, classico) e ricordi solennidi martiri caduti per affermare la Nazione, trovaste piùfacile e valido aiuto al compimento d'una Missione; allaparte di lavoro che la posizione geografica e le attitudini

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speciali vi assegnano. Chi la sopprimesse, sopprimereb-be tutta quanta l'immensa somma di forze creata dallacomunione di mezzi e dall'attività di quei milioni e vichiuderebbe ogni via all'incremento e al progresso. AllaNazione l'Internazionale sostituisce il Comune, il Co-mune indipendente chiamato a governarsi da sè.»

In questa lunga tiritera sono quasi tante menzognequante parole. Egli è perciò assolutamente necessarioche io ne facci, la critica.

Così Mazzini dice: «negazione della Patria, della Na-zione.» No, ma negazione dello Stato-Nazionale e pa-triottico, sì, e questo, perchè Stato-Patriottico significasfruttamento del popolo di un paese a vantaggio esclusi-vo d'una classe privilegiata di quel paese; la ricchezza,la libertà, la civiltà di quella classe fondata sulla mise-ria, la schiavitù e la barbarie forzata di quel popolo.

Mazzini pretende che tutti i 25 milioni che formano laNazione italiana sieno «fratelli» che hanno la stessa fedeed aspirazioni comuni.

È mestieri che io provi esser questo un mendaciosfrontato o stupido? In Italia vi sono almeno «cinqueNazioni».

1.° Tutti i clericali, dal Papa fino all'ultima beghi-na.

2.° La consorteria, o grande borghesia, compresavila nobiltà,

3.° La media e la piccola borghesia,4.° Gli operai delle fabbriche e delle città,5.° I contadini.

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Ora vi domando, come può dirsi che queste cinquenazioni – e al bisogno ne novererei anche di più, cioè:

a) La Corte,b) La Casta militare,c) La Casta burocratica,

possano avere la stessa fede e comuni le loro aspirazio-ni?

Consideriamole una dopo l'altra:1° I clericali non costituiscono, propriamente una

classe ereditaria, ma ciò non pertanto sono una classepermanente. Formata nella sua cima dai principi dellaChiesa che si reclutano per la massima parte nell'altaaristocrazia nobilesca, assisa nella sua base sul popolodelle campagne che le fornisce la massa dei preti subal-terni, rinnovata artificialmente dai Seminari ed obbe-dienti oggi come un'armata ben disciplinata alla Compa-gnia di Gesù, è una casta che ha la sua storia e le suetradizioni tutte italiane ed anche una specie di patriotti-smo italiano. Ed è questa una delle ragioni per cui Maz-zini, malgrado tutte le sue discrepanze teoriche e politi-che, nutre una tenerezza segreta e quasi involontaria perquella casta. Un'altra ragione si è che dessa è la casta deipreti, e quantunque il Profeta italiano sia del tutto dispo-sto a sostituire ai preti della vecchia Chiesa cattolica,quelli della sua nuova «Chiesa mazziniana,» non rispet-ta meno istintivamente ed anche scientemente il loro ca-rattere sacerdotale, e si scaglia furiosamente contro co-loro che li attaccano: contro la Comune di Parigi, control'Internazionale, i liberi pensatori e Garibaldi. Il patriot-

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tismo particolare dei clericali italiani consiste semprenella tendenza a subordinar il clero degli altri paesi alclero italiano e di far dominare il pensiero religioso ita-liano, l'ultramontanismo nei Concilii ecumenici, a co-minciare dal concilio di Trento fino all'ultimo di Roma.

Ho bisogno di dimostrare a voi italiani che questa ca-sta, quantunque perfettamente italiana pei suoi costumi,per la sua lingua, per la stessa coltura del suo spirito, èsempre stata ed è tuttavia estranea ed ostile a tutte leaspirazioni della grande Nazione italiana? Del resto;malgrado il suo speciale patriottismo, per la sua posizio-ne e i suoi domini, questa casta è internazionale.

2.° Vediamo la Consorteria. È una classe nuova,creata dalla unificazione d'Italia, e comprende nel suoseno tutta la ricca Borghesia, e tutta quella parte dellanobiltà più o meno ricca, che non si è infeudata alla ca-sta clericale. La potenza di questa classe si riassume nel-la grande proprietà e nelle grandi transazioni industriali,commerciali, finanziarie, e sopra tutto nella Banca. Aisuoi figli appartengono tutti i grandi e più lucrosi impie-ghi dello Stato; è per eccellenza la Classe dello Stato;non devo fare altro che aprire i vostri giornali per sapereciò che ella è, e ciò che fa. Non è dunque altro che unavasta associazione d'oneste persone, per derubare siste-maticamente la povera Italia. È dessa che rappresentaparticolarmente la unità ed il poderoso accentramentodello Stato, perchè accentramento significa grandi affa-ri, grandi speculazioni, furti colossali. È una classe chenon ha fede alcuna; ma che sarebbe pronta a riconciliar-

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si e collegarsi colla Casta clericale, poichè si persuadesempre più che il popolo ha maledettamente bisognodella religione.

Ricorderete bene – nel 1866 o 65 – l'affare Ricasoli,ed il famoso progetto finanziario-clericale di Cambray-Digny pel riscatto dei beni della Chiesa. Era l'alleanzadella Banca con la sacristia.

La Consorteria, d'altronde, non è punto fiera di sè, ecome l'aristocrazia inglese, e molto più facilmente anco-ra di questa, ammette volontieri nel suo seno tutte le in-telligenze, che rimanendo fuori di lei, le potrebbero di-venir pericolose, mentre che ricevute nel suo seno le ap-portano nuove forze contro il Paese, che trattasi di sfrut-tare, essendo questo abbastanza ricco per nudrire alcunecentinaia di più di birboni privilegiati.

Non ho bisogno di dirvi che questa classe non è pernulla patriotta; essa lo è meno della casta clericale, ed èdi questa più cosmopolita. Creata dalla civiltà moderna,non riconosce altra patria allo infuori della speculazionemondiale, e ciascuno dei suoi membri sfrutterebbe e de-prederebbe egualmente volentieri ogni altro paese comela sua cara Italia. Questa classe non ha altra aspirazioneche d'allargare le proprie tasche a danno della prosperitànazionale.

3.° Passiamo alla terza casta, a quella cioè della me-dia e piccola borghesia. È dessa che per civiltà, libertà eprogresso ha formato tutta la passata storia d'Italia: arti,scienza, letteratura, lingua, industria, commercio, istitu-zioni municipali.... tutto ha ella creato. Fa dessa infine

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che con uno sforzo supremo ed ultimo ha conquistato launità politica d'Italia. Fu dunque la classe patriottica pereccellenza, e nel suo seno Mazzini o Garibaldi, e moltoprima di loro i Pepe, i Balbo, i Santarosa hanno recluta-to i soldati, i martiri, gli eroi della rivoluzione italiana.Vedete dunque, cari amici, che io rendo piena giustizia aquesta classe, e mi inchino rispettosamente e sincerissi-mamente dinanzi al suo passato. Ma questo medesimospirito di giustizia mi fa riconoscere che essa oggi ècompletamente esaurita, sterile e secca, come un limo-ne, dal quale così lunga e memorabile storia ha spremu-to ogni succo; che oggi essa è morta, e che nessun mira-colo, neppure l'eroismo dittatoriale del generale Garibal-di, nè le prestidigitazioni teologiche di Mazzini sapran-no risuscitare. È morta, e diviene ogni dì più impotente,più vile, più immorale, più bestiale. È un corpo immen-so che si dissecca imputridendo. Potete giudicarne dallaimmensa maggioranza della sua gioventù e dal Parla-mento italiano uscito quasi esclusivamente dal suo seno.

La media Borghesia, nella quale io annovero ancorala classe dei proprietari rurali, nobili o non nobili e che,senz'essere, troppo ricchi, vivono agiatamente, subisceoggi economicamente e quindi ancora politicamente ilgiogo della Consorteria, che la domina egualmente perla vanità, passione, che fra tutte è forse la più potente inquesta porzione della borghesia italiana, tanto potentealmeno, quanto la sete di guadagno. Questa classe èdoppiamente infeudata all'ordine di cose esistente, chementre l'incatena, la ruina insensibilmente. Per tutte le

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sue intraprese industriali e commerciali essa ha bisognodel credito, e il credito è a disposizione della Banca,cioè della più alta Consorteria. Nessuno affare, per pococonsiderevole che sia, può oggi farsi senza il consensodella Consorteria – esempio, l'affare recentissimo delleacque in Napoli – e la Consorteria non accorda il suocredito e l'alta sua protezione, se non a chi vota per lei.L'altro ligame è quello, che la unisce direttamente alloStato. I figli di questa classe occupano tutte le caricheburocratiche, giudiziarie, poliziesche e militari delloStato. La loro promozione dipende dalla buona condot-ta, cioè dalla sottomissione politica dei loro parenti.Ora, qual padre sarà così snaturato da votar contro la«carriera» del proprio figlio?

Lo Stato italiano è rovinoso e rovinato. Esso non sisostiene stentatamente se non opprimendo il Paese d'im-poste; e quel tanto di ricchezza, che, a quest'ultimo ri-mane, serve di pastura alla consorteria; così che alla me-dia borghesia non resta che bricciole, e la vita costa digiorno in giorno più cara, e il lusso si raffina, e col lussola vanità borghese. Questa vanità, congiunta alla scar-sezza dei mezzi, la fa vivere in continui imbarazzi, chela prostrano, la demoralizzano, turbanle il cuore ed ab-battono quel poco di dignità e di spirito che le resta.

Ed io il ripeto, questa classe, un tempo così potente,intelligente e prospera, e che oggi cammina lentamente,ma fatalmente verso la sua rovina, è già morta intellet-tualmente e moralmente. Non ha più nè fede, nè pensie-ro, nè aspirazione di sorta. Non vuole e non può tornar

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indietro, ma non osa nemmeno guardare in avanti; dimodo che vegeta giorno per giorno angosciata dalle ri-strettezze finanziarie e dalla vanità sociale, che ormai sicontendono il suo cuore.

Da questa classe escono ancora, ma in numero sem-pre più ristretto, gli ultimi partigiani di Mazzini e Gari-baldi, poveri giovani pieni di aspirazioni generose, idea-li, ma eccessivamente ignoranti, disorientati, e perduti inmezzo alla realtà disseccata, servile e corrotta, che costi-tuisce oggi la vita della società borghese d'Italia.

Rendiamole giustizia. Di tutte le gioventù borghesidell'occidente d'Europa, ella è forse quella che producepiù eroi. La sua ultima spedizione in Francia, condottadal magnanimo Garibaldi, lo prova ancora una volta, enel modo più manifesto. Ma pur rendendole questa giu-stizia, riconosciamo nel tempo stesso che la maggiorparte di questa eroica gioventù soffre una grande malat-tia, la quale, se non se ne cura, l'ucciderà, e comincieràdal rendere tutto il suo eroismo ridicolo e sterile. Questamalattia può essere definita: assenza di ogni pensiervivo e serio; assenza assoluta di ogni sentimento dellarealtà, in mezzo alla quale vuole agire, e si muove.

Ho detto che è eccessivamente ignorante; ma non neha colpa. Le università, le scuole d'Italia, prime un gior-no in Europa, sono rimaste indietro di un secolo, anchese le si paragonano a quelle di Francia. Negli ultimi die-ci anni appena, e grazie ad alcuni professori venuti diSvizzera e di Germania, come i Molescott, gli Schiff ealtri, tanto da Mazzini vituperati, alcuni luccicori della

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scienza positiva moderna, hanno alcun poco irraggiatouditorii destinati fin allora alla rispettabile penombra de-gli studi retrospettivi mistici, classici, metafisici, giuri-dici, danteschi e romani; e portarono un soffio d'aria fre-sca a questi giovani petti, che agonizzavano in quell'at-mosfera strettamente e stupidamente storica. Un'altracausa d'ignoranza erano la cospirazione permanente e lecontinue sollevazioni di questa gioventù più ancora perla unità politica, che per la libertà della patria, sempreper lo Stato e mai pel popolo.

Essendosi abituata a non cercar altrove il suo pensieroche nel pensiero di Mazzini, ed a non cercare la sua vo-lontà che nella iniziativa eroica di Garibaldi, ella è di-ventata una gioventù piena di cuore e di eroismo, mapriva affatto di volontà propria e quasi senza cervello.

Il peggio si è che ella si è assuefatta a non considerarele moltitudini popolari che con disprezzo, e senza accor-gersene nemmeno. Il patriottismo astratto, onde ella si ènutrita per tanti anni alla scuola dei suoi due grandicapi, Mazzini e Garibaldi, e che tende unicamente equasi esclusivamente allo stabilimento della indipenden-za, della grandezza, della potenza, della gloria, dell'ono-re, e se vi piace, ancora della libertà politica dello Statounitario, nel tempo stesso che le ispirava il più generosoed eroico sacrificio di se stessa e dei suoi propri interes-si, le ha fatto considerare il popolo come una specie dimateria da Stato, come una massa passiva, e più o menointelligente e brutale, che doveva stimarsi onoratissimae felicissima di servire da istrumento più o meno cieco,

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e sacrificarsi.... a che?... alla grandezza, ed a ciò che nelgergo garibaldino-mazziniano chiamasi «Libertà d'Ita-lia.»

La gioventù mazziniano-garibaldina non si era maiproposta questa questione: Che rappresenta effettiva-mente questo Stato per il popolo? Perchè deve essoamarlo e sacrificargli tutto? Quando si proponeva questaquestione a Mazzini, e non gliela si proponeva che raris-simamente, tanto essa pareva semplice e piana a tutti, ri-spondeva con i paroloni:

«Patria data da Dio! Santa missione storica! Culto disepolture! Ricordi solenni di martiri! Lungo e gloriososviluppo di tradizione! Roma antica! Roma papale! Gre-gorio VII! Dante! Savonarola! Roma del popolo!» Edera così nebuloso, così bello, e nel tempo stesso, così as-surdo, che bastava ciò solo per abbagliare e stordire gio-vani spiriti fatti altronde più per l'entusiasmo e la fede,che per la ragione e la critica. E la gioventù italiana, fa-cendosi ella stessa uccidere per questa patria astratta,malediceva alla brutalità, ed al materialismo delle mas-se, dei contadini specialmente, che non si sono mai mo-strati disposti a sacrificarsi per la grandezza ed ancheper la indipendenza di questa Patria politica, dello Stato.

Se la gioventù si fosse presa la pena di riflettere,avrebbe compresa forse da lungo tempo che questa in-differenza ben rassodata delle masse popolari pei destinidello Stato italiano, non solo non è loro di disonore, maprova invece la loro intelligenza istintiva che fa loro in-dovinare come questo Stato unitario e centralista, non

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solo per la sua stessa natura è loro estraneo, ma ostile, eproficuo solamente alle classi privilegiate, la domina-zione e la ricchezza delle quali garantisce a loro detri-mento. La prosperità dello Stato è la miseria della nazio-ne reale, del popolo; la grandezza e la potenza dello Sta-to sono la schiavitù del popolo. Il popolo è il nemico na-turale e legittimo dello Stato, e quantunque egli si sotto-metta – purtroppo assai spesso! – alle autorità, ogni au-torità gli è odiosa. Lo Stato non è la Patria; ma l'astra-zione, la finzione metafisica, mistica, politica, giuridicadella Patria. Le masse popolari di tutti i paesi amanoprofondamente la loro patria; ma è un amor naturale,reale; il patriottismo del popolo non è un'idea, ma unfatto; ed il patriottismo politico, l'amore dello Stato, nonè la giusta espressione riflessa, ma lo snaturamento diquesto fatto, per mezzo di un'astrazione menzognera, esempre profittevole ad una minoranza sfruttatrice. LaPatria, la nazionalità, come l'individualità è un fatto na-turale e sociale, fisiologico e storico ad un tempo; nonun principio. Non può chiamarsi principio umano se nonciò che è universale, comune a tutti gli uomini; ma lanazionalità li separa; essa dunque non è un principio.Ma è un principio il rispetto che ognun deve avere peifatti naturali, reali e sociali. Ora la nazionalità come l'in-dividualità è uno di questi fatti. Noi dunque dobbiamorispettarla. Il violarla è un misfatto, e per parlare il lin-guaggio di Mazzini, essa diviene un principio sacro ognivolta che è minacciata e violata. Ed è per questo che mi

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sento francamente e sempre partigiano e patriota di tuttele patrie oppresse.

La Patria rappresenta il dritto incontestabile e sacro diogni uomo, di ogni gruppo di uomini, associazioni, co-muni, regioni, nazioni, di vivere, sentire, pensare, volereed operare a modo loro, e questo modo è sempre l'in-contestabile risultato di un lungo sviluppo storico.

Noi dunque c'inchiniamo innanzi alla tradizione, in-nanzi alla storia; o piuttosto noi le riconosciamo, nonperchè ci si parano dinanzi come barriere astratte, innal-zate metafisicamente, giuridicamente e politicamentedai sapienti espositori e professori del passato; ma soloperchè sono realmente passate nel sangue e nella carne,nei pensieri reali e nella volontà delle presenti popola-zioni. Ci si dice: il tal paese – il canton Ticino ad esem-pio – appartiene evidentemente alla famiglia italiana:lingua, costumi, tutto è connaturale alle popolazionilombarde: dunque esso deve far parte della grande Unitàitaliana. E noi rispondiamo che la è una conclusione deltutto falsa. Se realmente tra il Ticino e la Lombardia esi-ste identità seria, non vi ha dubbio che il Ticino si uniràspontaneamente alla Lombardia. Se nol fa, se non nesente nemmeno il desiderio, ciò prova solamente che lastoria reale, la quale si è continuata di generazione ingenerazione nella vita reale del popolo ticinese, e che loha fatto tale qual'è, è diversa dalla storia scritta nei libri.

D'altra parte è mestieri rilevare che la storia reale de-gli individui, come dei popoli, non procede solamenteper lo sviluppo affermativo, ma spessissimo per la nega-

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zione del passato, e per la rivolta contro di esso; ed èquesto il diritto della vita, il diritto inalienabile dellepresenti generazioni, la garanzia della loro libertà. Pro-vincie che sono state unite per lungo tempo, han sempreil diritto di separarsi; e possono esservi spinte da parec-chie ragioni: religiose, politiche, economiche. Lo Statopretende invece tenerle unite per forza, ed ha in ciò grantorto. Lo Stato è il connubio forzato, e noi solleviamocontr'esso la bandiera della libera unione.

Come noi siamo convinti che, abolendo il matrimonioreligioso, il matrimonio civile, giuridico, restituiamo lavita, la realtà, la moralità al matrimonio naturale fondatounicamente nel rispetto umano e sulla libertà dei due in-dividui, uomo e donna che si amano; che riconoscendo aciascuno la libertà di separarsi dall'altro quando il vorrà,e senza bisogno di chiederne il permesso a chicchessia;che negando egualmente la necessità di questo permessoper unirsi, e respingendo in generale ogni intervento diqualsiasi autorità nella loro unione, noi li renderemo piùstrettamente uniti, ben più fedeli e leali l'uno verso l'al-tro; così noi siamo ugualmente convinti, che quandonon vi sarà più la maledetta potenza dello Stato per co-stringere gli individui, le associazioni, i comuni, le Pro-vincie, le Regioni, a vivere insieme, esse saranno moltopiù frequentemente legate e costituiranno tra loro un'u-nità molto più viva, più reale, più potente di quella, cheson forzate a formar oggi, sotto la pressione, per tuttiegualmente schiacciante dello Stato.

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Mazzini e tutti gli unitari si mettono in contraddizionecon se stessi quando da un lato vi parlano della fratel-lanza profonda, intima, che esiste in questo gruppo di 25milioni d'Italiani, uniti per lingua, tradizioni, costumi,fede, ed aspirazioni comuni, e dall'altro vogliono mante-nere, che dico? esagerare la potenza dello Stato, neces-saria – dicono essi pel mantenimento di questa unità.Ma se essi sono in fatto così indissolubilmente legati, ilforzarli all'unione è un lusso, un non senso; se poi cre-dete che sia necessario costringerveli, vuol dire che voisiete convinti, non essere essi ben legati, e che mentite,e volete indurli in errore su di se stessi, quando loro par-late della loro unione. L'unione sociale, risultato realedella combinazione delle tradizioni, delle abitudini, deicostumi, delle idee, degl'interessi presenti e delle comu-ni aspirazioni, è l'unità vivente, feconda, reale. L'unitàpolitica, lo Stato, è la finzione, l'astrazione dell'unità; enon solamente essa cova la discordia, ma la produce an-cora artificialmente, là, dove senza questo interventodello Stato, l'unità vivente dovrebbe, e non manchereb-be di esistere.

Ecco perchè il socialismo è federalista, e perchè tuttal'internazionale ha salutato con entusiasmo il program-ma della Comune di Parigi. D'altra parte la Comune loha proclamato esplicitamente nei suoi manifesti: quelche voleva non era affatto la dissoluzione dell'unità na-zionale della Francia, ma la risurrezione, la conferma-zione, la vivificazione e la piena e reale libertà popolare.

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Essa voleva l'unità della nazione, del popolo, della so-cietà francese, non quella dello Stato.

Mazzini spinse il suo odio contro la Comune fino al-l'imbecillaggine. Egli pretende che il sistema proclama-to dall'ultima rivoluzione di Parigi, ci ricondurrebbe almedio-evo, alla divisione cioè di tutto il mondo civile inuna quantità di piccoli centri estranei gli uni agli altri,ed ignari gli uni degli altri. E non capisce il pover'uomoche tra il Comune del medio-evo e la Comune moderna,vi ha tutta la differenza prodotta non solo nei libri, mapiù nei costumi, nelle aspirazioni, nelle idee, negli inte-ressi e nei bisogni delle popolazioni, una storia di cin-que secoli. I Comuni d'Italia, nella loro origine, furonorealmente isolati, centri d'altrettante esistenze politiche esociali affatto indipendenti, non solidali, e che dovevanoforzatamente bastare a se stessi.

Qual differenza oggidì. Gli interessi materiali, intel-lettuali, morali han creato fra tutti i membri d'una stessanazione, che dico? tra le stesse differenti nazioni unaunità sociale talmente potente e reale che tutto ciò chegli Stati oggi fanno per paralizzarla e distruggerla, rie-sce impotente.... l'unità resiste a tutto, e sopravviveràagli Stati.

Quando gli Stati saranno spariti, l'unità vivente, fe-conda, benefattrice tanto delle regioni, quanto delle na-zioni, e dell'internazionalità di tutto il mondo civile inprima, e poi di tutti i popoli della terra, per via di liberafederazione, e d'ordinamento dal basso all'alto, si svilup-perà in tutta la sua maestà, non divina, ma umana.

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Il moto patriottico della gioventù italiana sotto la di-rezione di Garibaldi e Mazzini fu legittimo, utile e glo-rioso; non perchè ha creato l'unità politica, lo stato uni-tario italiano – questo invece fu la sua colpa, perchè nonpotè creare questa unità senza sacrificare la libertà eprosperità del popolo – ma perchè distrusse le differentidominazioni politiche, i differenti stati che avevano arti-ficialmente, violentemente impedito l'unificazione so-ciale, popolare d'Italia.

Dopo aver compiuto quest'opera gloriosa, la gioventùitaliana è chiamata a compierne un'altra ancora più glo-riosa. Essa deve aiutare il popolo italiano a distruggerelo stato unitario italiano che essa ha fondato colle suemani. Deve opporre alla bandiera unitaria di Mazzini labandiera federale della nazione, del popolo italiano.

Ma conviene distinguere federalismo da federalismo.In Italia vi ha la tradizione di un federalismo regionale,che è diventato oggidì una menzogna politica e storica.Diciamola una volta per tutte: il passato non rivivegiammai: e sarebbe grave sventura se potesse rivivere. Ilfederalismo regionale non potrebbe essere che una isti-tuzione aristocratico-consortesca, perchè in rapporto alleComuni, ed alle associazioni operaie, industriali ed agri-cole, sarebbe ancora un ordinamento politico dall'alto albasso. L'ordinamento veramente popolare comincia in-vece con un fatto dal basso, coll'associazione e con laComune. Organizzando così dal basso all'alto, il federa-lismo diviene allora l'istituzione politica del socialismo,l'ordinamento libero e spontaneo della vita popolare.

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Ho detto più innanzi che fu primieramente in graziadel libero pensiero, se la parte più intelligente della gio-ventù repubblicana cominciò a separarsi da Mazzini. Mail libero pensiero strappandola alle sue preoccupazionied ai suoi pregiudizi ravviva nel suo seno due nuoviistinti: quello della libertà reale, pratica; e quello dellavivente realtà. Questi due istinti le avevano fatto fare unpasso innanzi. Molto prima del 1870 e 1871, dal 1866 e1867 essa aveva cominciato a divenire e riconoscersi fe-deralista, senza per altro dirlo altamente, per tema di di-spiacere a Garibaldi e sopra tutti a Mazzini. E d'altraparte il suo federalismo non aveva ancora trovato la suabase, il socialismo, e senza questa base non poteva for-molarsi in modo abbastanza chiaro, senza cadere in in-solubile contraddizione.

Il sollevamento, il programma socialista e federalistaad un tempo della Comune di Parigi, la sua lotta e la suafine eroica, han prodotto una salutare rivoluzione nellacoscienza e nei sentimenti di questa parte migliore dellagioventù italiana. Divenuta socialista, ella ha trovato labase del suo federalismo.

Sì, essa è divenuta socialista, e il diviene ogni dì più,e gliene siano date gloria e grazie. Essa è diventata so-cialista; ciò che significa ch'essa ha aperto il suo cuoregeneroso – ma fin allora fuorviato dalle aberrazioni teo-logiche, metafisiche e politiche di Mazzini, ed induritodal culto mostruosamente ambizioso dello Stato – allavita, alle sofferenze, ed alle aspirazioni reali del popolo.Ora, essa non più lo disprezza, ma lo rispetta, l'ama, ed

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è diventata capace di servire la sua grande e santa causa.Ed ora, ch'essa ha cessato di stare in bilico, con la testabassa, tra il cielo e la terra, come stanno ancora i fedelimazziniani, ora che ha trovato e sentesi sotto i piedi unterreno solido, intelligente, ardente, eroica e devota finoalla morte, com'è, si può esser certi che farà grandi cose.In quanto poi alla gioventù che resta mazziniana, dopovani sforzi e sterili agitazioni, perirà con la borghesia,alla quale Mazzini oggi la forza a prestar servizio dagendarme.

Ritorno all'esame, delle classi e delle nazioni diffe-renti che costituiscono l'Italia moderna. Ho poco da diresulla piccola borghesia. Essa poco differisce dal proleta-riato essendo quasi altrettanto sventurata. Non inizieràla rivoluzione sociale, ma vi si getterà dentro a capofit-to.

Il proletariato delle città e i contadini sono il vero po-polo. Il primo naturalmente più innanzi dei secondi.

4.° Il proletariato delle città ha un passato patriotti-co che in parecchie città italiane risale anche fino al me-dio-evo. Quel di Firenze, p. e. che si distingue oggi fratutti per una certa apatia ed un'assenza molto pronuncia-ta di energiche e forti passioni. Si direbbe che il suogrande compito istorico l'abbia almeno in parte esaurito,come ha esaurito completamente la borghesia fiorentina,la cui scettica indifferenza si esprime in modo sì pittore-sco col suo «Che! Che.» Il proletariato delle città italia-ne, essenzialmente, esclusivamente municipale, separatoprofondamente in tutta la storia d'Italia, dalla grande

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massa dei contadini, forma una classe certamente moltosventurata, molto oppressa, ma ciò nonostante sempreuna classe ereditaria e ben determinata. Come classeesso è sottoposto alla legge storica e fatale che determi-na la carriera e la durata di ciascuna, da ciò che essa hapiù o meno fatto e vissuto nel passato. Individualità col-lettive, tutte le classi finiscono coll'esaurirsi, come gliindividui. Lo stesso può dirsi dei popoli considerati nelloro insieme, con questa differenza che ogni popolo ab-bracciando tutte le classi e le masse stesse che non sonoper anco giunte a costituirsi in classi, è infinitamente piùampio, ha considerevolmente più materia, e per conse-guenza un corso più lungo a percorrere di tutte le classiche si sono formate nel suo seno. È l'individualità collet-tiva più potente e più ricca; ma che a lungo andare fini-sce anch'essa coll'esaurirsi.

Ed è precisamente questo esaurimento fisiologico,storico e fatale, che spiega la necessità storica del dop-pio movimento, che oggi da un lato spinge le classi aconfondersi nelle grandi masse popolari, e dall'altro tra-scina i popoli e le nazioni a crearsi una nuova vita piùfeconda, più potente e più larga nella Internazionalità.L'avvenire, un lungo avvenire appartiene dapprima allacostituzione della Internazionalità europeo-americana.Più tardi, ma molto più tardi, questa grande Nazione eu-ropeo-americana si confonderà organicamente coll'ag-glomerazione asiatica ed africana. Ma è questo di un av-venire molto lontano perchè ne potessimo ora parlare in

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modo alquanto positivo e preciso. Ritorno perciò al pro-letariato italiano.

Quanto più il vostro proletariato ha preso parte politi-ca al vostro passato istorico, tanto meno avvenire essoha come classe separata dalla massa dei vostri contadini.Ho dimostrato come la partecipazione del proletariatofiorentino allo sviluppo ed alle lotte municipali del me-dio-evo, lo ha per lungo tempo assopito. Dal principiodi questo secolo, dopo un sonno forzato di tre secoli al-meno, il proletariato lombardo, veneto, genovese, e ditutta la media Italia specialmente, ha preso parte più omeno attiva ai sollevamenti, alle cospirazioni ed allespedizioni patriottiche, onde son pieni gli annali dellagioventù borghese degli ultimi settant'anni, in seguito diche si è formato nel suo seno un partito, una minoranzamazziniano-garibaldina molto pronunziata e che si ècompletamente infeudata alla politica della Repubblicaunitaria borghese. Se tutto il proletario italiano avesseseguìto questo esempio, la sarebbe finita di lui e biso-gnerebbe cercare altrove l'avvenire d'Italia, cioè nellasola massa dei contadini, massa informe, bruta, ma in-tatta e ricca di elementi che non sono stati sfruttati dallastoria.

Fortunatamente il proletariato delle città, non esclusoquello che giura sui nomi di Mazzini e di Garibaldi, nonsi è potuto mai mazzinizzare e garibaldinizzare comple-tamente e seriamente; e non si è potuto per la sempliceragione che è proletariato, ossia la massa oppressa, de-rubata, maltrattata, miserabile, affamata, che costretta al

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lavoro dalla fame, ha necessariamente la moralità e lalogica del lavoro.

Gli operai mazziniani e Garibaldini avranno un bel-l'accettare i programma di Mazzini e Garibaldi, nel loroventre, nello squallore delle loro famiglie e dei lorocompagni di miseria e di sofferenze inenarrabili, nellaloro schiavitù reale di ogni giorno vi sarà sempre qual-cosa che grida alla rivoluzione sociale! Essi sono tuttisocialisti loro malgrado, eccettuati solo alcuni individui– forse uno su mille – che a forza d'ingegno, di fortuna edi furberia son giunti od hanno la speranza di giungereessi stessi alla borghesia. Tutti gli altri, la massa cioè de-gli operai mazziniani e Garibaldini, immaginandosi diesser tali, e lo sono, alcuni per immaginazione, molti perabitudine, ma in realtà non sono nè possono essere cherivoluzionari socialisti.

Ed è oggi, cari amici, vostro dovere l'organizzare unapropaganda intelligente, onesta, simpatica e sopratuttoperseverante per farlo loro comprendere. Per ottener ciònon avrete bisogno d'altro che di esplicar loro il pro-gramma dell'Internazionale, facendo loro toccar conmano quello che esso dice. E se voi, per ciò fare, vi or-ganizzerete in tutta Italia e il farete armonicamente, fra-ternamente, senza riconoscere altro capo che la vostrastessa giovane collettività, io vi giuro che a capo di unanno non vi saranno più operai mazziniani o garibaldini;che tutti saranno diventati socialisti rivoluzionari, pa-triotti senza dubbio, ma nel senso più umano di questaparola, patriotti cioè ed internazionali ad un tempo. Voi

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avrete così creato la base incrollabile di una prossima ri-voluzione sociale la quale salverà l'Italia, e le restituiràla vita, l'intelligenza e tutta l'iniziativa che le appartienefra le nazioni più umanamente progredite d'Europa.

E quando voi avrete compito questo grande atto, glioperai che prima erano mazziniani e garibaldini diver-ranno essi stessi apostoli preziosissimi della «nostra re-ligione» senza Dio, poichè, e per la loro natura, e per laloro intelligenza sviluppata, quantunque oggi fuorviata,e per l'esperienza che hanno acquistata nelle lotte passa-te sotto le bandiere di Mazzini e Garibaldi, essi sonocertamente i più energici, i più devoti e i più capaci ditutto il proletariato d'Italia. Essi hanno l'abitudine dellacospirazione e dell'organizzazione, e questa abitudine virenderà preziosi servigi.

Organizzati, non individualmente, ma collettivamentein gruppi intimi, diverranno essi allora i capi della granmassa del proletariato tanto delle città, quanto dellecampagne. Questa gran massa che i programmi politicidi Mazzini e di Garibaldi non han mai potuto entusia-smare, non saprà e non potrà resistere alla propagandadel nostro programma che è l'espressione più semplicedei suoi istinti più profondi ed intimi, e che possonoriassumersi in pochissime parole:

Pace, emancipazione e prosperità a tutti gli oppressi!Guerra a tutti gli oppressori e spogliatori!Restituzione completa ai lavoratori: i capitali, gli edi-

fici di fabbriche, tutti gli strumenti di lavoro e le materie

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prime alle associazioni: la terra a coloro che la lavoranocolle proprie braccia.

Libertà, giustizia, fratellanza a tutti gli esseri umaniche nascono sulla terra.

Eguaglianza per tutti.Per tutti indistintamente tutti i mezzi di sviluppo e di

educazione e d'istruzione, e la possibilità eguale di vive-re lavorando.

Ordinamento della Società per via di federazione li-bera, dal basso all'alto, delle associazioni operaie tantoindustriali quanto agricole, tanto scientifiche quanto ar-tistiche e letterarie, dapprima nella Comune, delle Co-muni nelle regioni, delle regioni nelle Nazioni, e delleNazioni nella fraterna Internazionalità.

Quanto al modo di ordinamento della vita sociale, dellavoro e della proprietà collettiva, il programma dell'In-ternazionale nulla impone di assoluto. L'internazionalenon ha dommi, nè teorie uniformi. Sotto questo rappor-to, come in ogni società vivente e libera, molte dissiden-ze, molte differenti teorie si agitano nel suo seno.4 Ma

4 Le divergenze accennate da Bakounine esistevano al tempoin cui egli scriveva, quando «Proprietà collettiva» si adoperavaper antitesi di Comunismo (autoritario) professato dai socialistitedeschi. Oggi però determinate meglio le idee, l'Internazionale,in opposizione al Comunismo autoritario, professa il «Comuni-smo anarchico»; e «Proprietà collettiva» è rimasta a significare ilsistema di una microscopica minoranza, che pure ammettendo ilComunismo anarchico degli istrumenti di lavoro, vuole che i pro-dotti divisi fra i lavoratori che concorsero a prenderli, siano pro-prietà individuale. (Nota dell'Editore tolta dalle precedenti edi-

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essa accetta come base fondamentale del suo ordina-mento lo sviluppo e l'organamento spontaneo di ogni as-sociazione e di tutte le Comuni completamente autono-me, a condizione tuttavia che associazioni e Comuniprendano per base del loro organamento i principii ge-nerali or ora esposti. Principii che sono obbligatori pertutti coloro che vogliono far parte dell'Internazionale. Inquanto al resto, l'Internazionale fa oggi assegnamentosull'azione salutare della propaganda libera delle idee esull'identità e l'equilibrio naturale dei differenti interessi.

5.° I contadini, è l'immensa maggioranza della po-polazione italiana rimasta quasi completamente vergine,perchè non ha avuto ancora storia di sorta, essendosi tut-ta la storia del vostro paese, com'io ho già osservato eche voi sapete meglio di me, concentrata finora unica-mente ed esclusivamente nelle città ben più assai chenon sia ciò avvenuto in alcun altro paese di Europa. Ivostri contadini non han partecipato a questa istoria enon la conoscono altrimenti che pei colpi che ne hannoricevuto ad ogni nuova fase del suo svolgimento per lamiseria, la schiavitù e le sofferenze senza numero cheessa ha loro imposto. Tutte queste sventure essendo loropiovute addosso dalla città, i contadini naturalmente,non amano la città, nè i loro abitanti, compresivi glistessi operai, che li han trattati sempre con un certo di-sdegno, ch'eglino ora pagano con la diffidenza. Ed èquesto rapporto storicamente negativo verso la politica

zioni).

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delle città e non la religione dei contadini italiani quelloche forma la potenza dei nostri preti nelle campagne. Ivostri contadini sono superstiziosi, ma niente affatto re-ligiosi; amano la Chiesa perchè dessa è eccessivamentedrammatica ed interrompe, mercè le sue cerimonie tea-trali e musicali, la monotonia della vita campagnola. Lachiesa è per essi come un raggio di sole in una vita distenti e di lavoro omicida, di dolori e di miseria.

I contadini non detestano i preti, la cui maggioranzaper altro, e precisamente quelli che vivono nelle campa-gne, è uscita dal loro seno. Non vi è quasi contadino chenon abbia nella chiesa un parente più o meno vicino, oper lo meno un lontano cugino. I preti, pur sfruttandolidolcemente e facendo far figli alle loro mogli e alle lorofiglie, dividono con essi la loro vita, ed in parte ancorala loro miseria. Non hanno per essi quel superbo di-sprezzo che lor dimostrano i borghesi, ma vivono seco-loro famigliarmente da buoni diavoli, e spesso facendola parte da buffoni. Il contadino spesso ne ride, ma nonli detesta, essendo loro famigliare come gli insetti chepullulano innumerevoli sulla sua testa, fra i suoi capelli.

D'altra parte è ben certo che appena la rivoluzione so-ciale scoppierà, molti di questi preti vi si getteranno acapofitto. Essi l'hanno già fatto in Sicilia e nel Napoleta-no nella rivoluzione politica. Ora che avverrà nella rivo-luzione sociale? La rivoluzione politica essendo rivolu-zione astratta, metafisica, illusoria ed ingannatrice per lemasse popolari, il prete, di campagna, che è popolo pertutta la sua natura, e per la maggior parte delle condizio-

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ni della sua vita, non può trovarvi attrattiva e soddisfa-zione di sorta. Ma la rivoluzione sociale, che è la rivolu-zione della vita, lo trascinerà invincibilmente come tra-scinerà tutto il popolo delle campagne.

Non la propaganda del libero pensiero, ma la rivolu-zione sociale potrà solamente uccidere la religione nelpopolo. La propaganda del libero pensiero è certamentemolto utile; essa è indispensabile, come mezzo eccellen-te, per convertire gli individui già progrediti; ma nonfarà breccia nel popolo, non essendo la religione non so-lamente una aberrazione, un fuorviamento del pensiero,ma ancora e specialmente una protesta della natura, vi-vente, potente delle masse contro le strettezze e le mise-rie della vita reale. Il popolo va in chiesa come va incantina, per istordirsi, per obliare la sua miseria, per im-maginarsi, almeno per pochi istanti, eguale, libero e feli-ce al par di tutti gli altri. Dategli una esistenza umana, enon andrà più nè alla cantina, nè alla chiesa. Ebbene,questa esistenza umana potrà e dovrà dargli solo la rivo-luzione sociale.

Il contadino, nella più gran parte d'Italia, è miserabile,più miserabile ancora dell'operaio di città.. Non è pro-prietario come in Francia, e ciò è gran ventura certa-mente dal punto di vista rivoluzionario; nè gode di unaesistenza sopportabile, in mezzadria, che in poche regio-ni. Dunque la massa dei contadini italiani costituisce giàun esercito immenso e onnipotente per la vostra rivolu-zione sociale. Diretto dal proletariato delle città, ed or-

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ganizzato dalla gioventù socialista rivoluzionaria, que-sto esercito sarà invincibile.

Per conseguenza, cari amici, quello che voi dovetestudiare, contemporaneamente all'organizzazione deglioperai di città, sono i mezzi da impiegare per rompere ilghiaccio che separa il proletariato delle città dal popolodelle campagne, per unire ed ordinare questi due popoliin uno solo. Sta in questo la salvezza d'Italia. Tutte le al-tre classi devono sparire dal suo suolo, non come indivi-dui, ma come classi. Il socialismo non è feroce, è millevolte più umano del giacobinismo, cioè della rivoluzio-ne politica. Esso non l'ha mica colle persone, siano purele più scellerate, sapendo benissimo che tutti gli indivi-dui, buoni o cattivi, non sono che il prodotto fatale dellaposizione sociale che la storia e la società han loro crea-ta. I socialisti non potranno certamente impedire che nelsuo primo slancio di furore il popolo non faccia sparirequalche centinaio d'individui dei più odiosi, più fervidi epiù pericolosi; ma passato quest'uragano, si opporrannocon tutta l'energia alla carneficina ipocrita, politica egiuridica organizzata a sangue freddo.

Il socialismo farà guerra spietata alle «posizioni so-ciali» non agli uomini; ed una volta distrutte e spazzatequeste posizioni, disarmati e privati di tutti i mezzi d'a-zione, gli uomini che le avranno occupate diverrannoinoffensivi e molto meno potenti, ve ne assicuro, del piùignorante operaio; poichè la loro potenza attuale non ri-siede nel loro valore intrinseco, in loro stessi, ma nellaloro ricchezza e nell'appoggio dello Stato.

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La rivoluzione sociale adunque non solo li risparmie-rà, ma dopo averli abbattuti e privati delle loro armi, lirialzerà e dirà loro: «Ed ora, cari compagni, che siete di-venuti nostri eguali, mettetevi bravamente a lavorarecon noi. Nel lavoro come in tutto, il primo passo è diffi-cile, e noi vi aiuteremo fraternamente a superarlo.» Co-loro poi che validi e forti non vorranno guadagnarsi lavita col lavoro, avranno il diritto di morir di fame, quan-do non vorranno vivere umilmente e miseramente dellacarità pubblica, che certo non rifiuterà loro lo stretta-mente necessario.

In quanto ai loro figli, non è menomamente a dubitareche non divengano valenti lavoratori e uomini eguali eliberi. Nella società vi sarà certamente meno lusso, maincontestabilmente molta maggiore ricchezza; e per so-prassello, vi sarà il lusso ora ignoto a tutti, il lusso del-l'umanità, la felicità del pieno sviluppo e della piena li-bertà di ciascuno nell'eguaglianza di tutti.

Questo è il nostro ideale.Dunque tutte le classi che ho enumerato dovranno

sparire nella rivoluzione sociale, meno le due masse, ilproletariato delle città e quello delle campagne, divenutiproprietari, probabilmente collettivi – sotto forme ed acondizioni per altro differenti, che saranno determinatein ciascun paese, in ciascuna regione, ed in ciascun co-mune dal grado di civiltà e dalla volontà delle popola-zioni – l'uno dei capitali e degli istrumenti di lavoro;l'altro della terra che coltiverà colle proprie braccia; eche si organizzeranno equilibrandosi mutuamente, natu-

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ralmente, necessariamente, spinti dai loro bisogni ed in-teressi simultanei, in un modo omogeneo e perfettamen-te libero allo stesso tempo.

La scienza, che non avrà altra autorità se non quelladella ragione e della dimostrazione razionale, nè altromezzo di azione che la propaganda libera, la scienza cheda pedante, quale ora è, sarà divenuta libera, li aiuterà inquesto lavoro.

Ecco dunque, così in Italia come dappertutto, la na-zione vivente, il popolo dell'avvenire, il proletario dellecittà e delle campagne. Tutto il resto è morente, o giàmorto, inaridito o corrotto.

Volete voi esser vivi? Siete voi stanchi di aggirarviinutilmente in un circolo vizioso? Di pensare senza nul-la inventare? Di gridare ai quattro venti ripetendo sem-pre la stessa cosa ad un pubblico, che più non viascolta? Di agitarvi incessantemente senza far nulla?Volete voi fuggire alla condanna che è sospesa sul mon-do, dal quale nasceste? Volete finalmente vivere, pensa-re, inventare, agire, creare, essere uomini? Rinunziatedefinitivamente al mondo borghese, ai suoi pregiudizi,ai suoi sentimenti, alle sue vanità e mettetevi alla testadel proletariato. Abbracciate la sua causa, votatevi aquesta causa, dategli il vostro pensiero, ed esso vi daràla forza e la vita.

In nome del socialismo rivoluzionario, organizzate ilproletariato della città, e ciò facendo, unitelo nella stessaorganizzazione preparatoria col popolo delle campagne.La sollevazione del proletariato delle città non basta più;

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con esso non si avrebbe che una rivoluzione politica, laquale avrebbe necessariamente contro di sè la reazionenaturale, legittima del popolo delle campagne, e questareazione, o l'indifferenza soltanto dei contadini soffo-cherebbe la rivoluzione delle città, come è avvenuto ul-timamente in Francia. Solo la rivoluzione universale èabbastanza forte per rovesciare, per spazzare la potenzaorganizzata dello Stato, sostenuta con tutti i mezzi dalleclassi ricche. Ma la rivoluzione universale è la rivolu-zione sociale, è la rivoluzione simultanea del popolodelle campagne e delle città. Ecco ciò che bisogna orga-nizzare, poichè senza organizzazione preparatoria glielementi più potenti sono impotenti e nulli.

Di questa organizzazione parleremo altra volta.L'Internazionale ve ne dà le basi, allargatela in tutta

Italia, ed il resto verrà da sè.L'internazionale non distrugge le nazionalità, le na-

zioni; ma le abbraccia tutte, senza spegnerne alcuna. Nèpuò fare altrimenti, perchè il suo principio fondamentaleè la più vasta libertà. L'internazionale non fa la guerraalle patrie naturali; ma la fa solamente alle patrie politi-che, gli Stati; e deve fare questa guerra; perocchè volen-do seriamente l'emancipazione piena e definitiva delproletariato, deve tendere necessariamente all'abolizionedi tutte le classi, cioè di tutti i privilegi economici, e glialtri Stati non sono che l'ordinamento e la guarentigiadei privilegi economici e della dominazione politica del-le classi. Facendo la guerra alle classi deve farla agliStati. Mazzini vuole non solo la conservazione, ma an-

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cora l'ingrandimento dello Stato italiano: dunque eglideve volere e vuole la conservazione della classe bor-ghese; dunque egli deve temere e detestare, e teme e de-testa l'Internazionale. Egli la calunnia e cerca di perder-la; vorrebbe ucciderla nelle opinioni del proletariato ita-liano. Le sue lamentazioni, le sue maledizioni da Gere-mia spaventato e indignato lo provano abbastanza. Infine dei conti egli si mostra quale è, un repubblicanoborghese, fanaticamente politico e religiosamente esal-tato. Ecco come egli termina il suo appello agli operaicontro l'Internazionale (Unità Italiana, 23 luglio).

«Educatevi, istruitevi come meglio potete (ma spe-cialmente alle buone sorgenti, e guardatevi dal prestareorecchio alle sirene straniere): non dividete mai i vostridai fati della vostra patria. (A ciò gli operai dovrebberorispondergli: Noi non possiamo separarci dalla nostrapatria, perchè ormai la patria siamo noi, la collettivitàdei lavoratori italiani, al di fuori dei quali nel nostropaese non riconosciamo che nemici della patria. Noi sia-mo italiani, è un fatto; ma questo non ci separa affattodai lavoratori dei paesi stranieri: essi sono nostri fratelli,mentre i borghesi del nostro paese sono nostri nemici.Ecco in qual senso noi vogliamo far parte dell'Interna-zionale, la quale costituisce la patria universale dei lavo-ratori contro la patria universale degli sfruttatori e deglioppressori del lavoro) ma affratellatevi con ogni impre-sa che miri a farla libera e grande. (V'ha differenza tralibertà e libertà. Vi è la libertà popolare che non può es-sere conquistata che colla rivoluzione sociale e la sop-

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pressione dello Stato; ma vi è ancora la libertà borghesefondata sulle schiavitù del proletariato, e che tende ne-cessariamente a quella grandezza di stato di cui parlaMazzini. Egli dunque invita il proletariato a fraternizza-re colla politica borghese che ha per iscopo principale ecostante quello di renderlo schiavo) moltiplicate le vo-stre associazioni, e inanellate in esse, dovunque è possi-bile, l'operaio dell'industria con quello del suolo, città econtado. (È la prima volta, io credo, che Mazzini dà taliconsigli agli operai delle città ed in generale che egli sidegni di occuparsi dei contadini. Mi ricordo almeno chein Londra quante volte io gli osservava che io credevonecessario di rivoluzionare i contadini italiani, egli mirispondeva sempre: Per ora nulla vi è da fare nelle cam-pagne; la rivoluzione dovrà farsi prima esclusivamentenelle città: poi quando l'avrem fatta ci occuperemo dellecampagne!)» Allora io non comprendevo questo accie-camento di Mazzini; ora sì che lo comprendo. Egli anzinon è cieco, ma vede ben chiaro. Non volendo che unarivoluzione politica, non la distruzione dello stato, ma lasua sostituzione con altra dominazione o con un altrostato, egli ha mille ragioni di non volere la rivoluzionedei contadini; poichè questa rivoluzione non può essereche sociale, come lo provano le loro sollevazioni recenticontro la legge del macinato. Mazzini lo sa, ed è perquesto che egli ricorre esclusivamente al proletariatodelle città che egli spera «imborghesire» mentrechè«imborghesire» i contadini gli sembra impossibile. Orasembra sperare di potere agire anche sui contadini, non

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direttamente, ma per mezzo delle associazioni delle cittàche gli saranno devote. Stranissima illusione!) adopera-tevi a creare più frequenti le società Cooperative e diConsumo. (È stato provato dalla scienza economica e damoltissime esperienze fatte dal 1848 in Francia, Inghil-terra, Belgio, Germania, Svizzera ed ultimamente in Ita-lia e Spagna, che le società di consumo organate in pic-cola scala possono bensì apportare un leggiero migliora-mento alla situazione così penosa agli operai, ma tostoche si dilargano a segno da rendere generalmente le der-rate di prima necessità meno care in modo sensibile ecostante, ne consegue necessariamente e sempre un ri-basso di salario. Questo, fatto per altro generalmente as-sodato si spiega facilmente. La massa degli operai co-stretta a vendere il suo lavoro per preservarsi dalla fame,cresce in proporzione sempre maggiore dei capitali chela salariano.

Essi si fanno dunque mutuamente la concorrenza nel-la offerta del lavoro, che quasi sempre supera la doman-da, ciò che li costringe a vendere il loro lavoro al piùbasso prezzo possibile. Ma essi non possono esigeremeno di quanto è assolutamente necessario per la loroesistenza. D'onde risulta che quando il prezzo delle der-rate sale, essi devono dimandar più: se invece ribassa,possono consentire a dimandar meno, e sono sempre co-stretti a consentirvi per la concorrenza che si fanno traloro. S'intende ora che quando le società di consumosono abbastanza ampiamente sviluppate per far diminui-re in modo costante, generale e sensibile il prezzo delle

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derrate di prima necessità, i salari devono ribassare. Èun fatto questo messo in sodo dalla esperienza, e prova-to in principio dai più insigni economisti d'Inghilterra,di Germania, del Belgio e della Francia. Lassalle, l'illu-stre socialista rivoluzionario tedesco, il fondatoredell'«Allgemeiner deutscher Verein» (Società generaletedesca) associazione comunista, ha fondato principal-mente su questo fatto la sua polemica vittoriosa, schiac-ciante contro Schultz-Delitsch, il socialista borghese, eprincipale e primo fondatore delle Società Cooperativein Germania. Ecco dunque a che si riduce tutto il socia-lismo del Mazzini: ad una grande illusione per gli ope-rai; ad una grande tranquillità pei borghesi; dopo di cheegli dice al proletariato italiano: «e fidate nell'avvenire(cioè in me). Ma unitevi compatti, serrati, a modo diesercito (sottomettetevi cioè alla mia disciplina, diventa-te miei soldati)». «Oggi non siete. (Bravo! ai soli chesiano ei dichiara che non sono: il fantasma viene a direla realtà: tu non esisti! Bisogna ben essere incorreggibileborghese per osar dire ciò al proletariato, e per essereconvinto, com'è, senza dubbio Mazzini). «Le vostre so-cietà sono moralmente collegate dalle comuni tendenze:(e queste tendenze reali istintive e aventi per base non lateoria di Mazzini, ma la posizione sociale degli operaid'Italia, sono l'opposto di ciò che Mazzini desidera espera) ma nessuno ha mandato per parlare se non nelproprio nome, nessuno può far suonare davanti al paesela voce di tutta la classe artigiana ad esprimere bisogni evoti, nessuno può dire autorevolmente: questo vogliono,

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questo respingono gli operai d'Italia.» (Ecco il dirittoche Mazzini spera di conquistare col congresso diRoma! Ed una volta accordateglielo, guai alla gioventùatea, socialista e rivoluzionaria d'Italia. Armato di que-sto diritto fittizio, ma che non mancherà di esercitareuna grande potenza sull'immaginazione superstiziosadegli stessi operai, ei la schiaccierà in nome della finzio-ne del proletariato. Ei le dirà: «Figli di borghesi sotto-mettetevi al popolo d'Italia). Senza un patto di fratellan-za (schiavitù), senza un centro direttivo voi non poteteacquistare nè infondere in altri coscienza della forza,che è in voi.» È sempre la stessa negazione della forzacollettiva reale a pro dell'autorità. Mazzini dice con ciòagli operai: «Figliuoli, prestatemi, ve ne prego, la vostraforza. Ne ho bisogno per incatenarvi, senza di che, voipotreste divenir pericolosi per l'esistenza dei miei buoniborghesi.» Questo chiamasi: Patto Nazionale.

«Roma, la città madre, è oggi nostra; ma nostra amezzo, nostra materialmente soltanto, e incombe a noitutti di versare in essa l'anima della Patria (borghese) eda essa ricevere (per mezzo del Profeta, del Papa dellanuova religione) la consacrazione alla via che dobbiamocorrere (sempre secondo la nuova religione mazziniana)perchè si compiano i nostri fati, e una manifestazionepotente della vita italiana, faccia santa e feconda l'Unio-ne (Alleluja).

«Perchè non vi affrettate a raccogliervi in Roma aCongresso, e attingervi nuovo battesimo alla vostra Fra-tellanza? Forse oltre all'immenso vantaggio per voi, ri-

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corderete coll'esempio e quasi iniziatori (ah! ah!) all'Ita-lia che da Roma deve uscire un altro e più largo Patto, ilPatto Nazionale, definizione della nostra vita avvenire(letto di Procuste preparato dal dommatismo di Mazzini,per distendervi sopra tutto l'avvenire della sventurataItalia) senza il quale Roma e l'Italia sono vôti nomi.»

E così siamo intesi: se non si accetta il programmamazziniano, l'Italia e Roma non sono più degne di esi-stere, son niente.

Io ho finito colle citazioni di Mazzini. Quel che ho ci-tato basta per rivelarvi il suo scopo. Egli vuole diveniredavvero il nuovo Papa, e convoca in Roma gli operaid'Italia, affinchè gli innalzino il trono pontificio, dall'al-to del quale, per manifestare la sua nuova potenza innome di tutto il proletariato italiano, ci fulminerà ex ca-thedra, la scomunica maggiore contro la Comune di Pa-rigi, contro l'Internazionale, contro la gioventù atea econtro di me «povero barbaro,» che ha avuto l'audaciadi prendere la difesa dell'Umanità, della verità e dellagiustizia contro di lui, rappresentante di Dio sulla terra.

Il vostro compito, il vostro dovere, miei cari amici,mi sembrano ben tracciati. Mazzini stesso si è preso lacura di indicarveli, e vi forza, per così dire, a dichiararviapertamente per l'Internazionale. Osservate d'altra partel'accordo singolare che oggi si manifesta tra i gesuiti, laconsorteria e Mazzini. I gesuiti dicono e pubblicano intutti i loro scritti: «O in gesuitismo o l'Internazionale;non vi ha mezzo termine.» La consorteria ripete la stes-sa frase e lo stesso argomento in altro modo. «Se non

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mantenete e non rinforzate il governo nelle nostre mani,voi siete perduti. Tra il potere e il trionfo dell'Internazio-nale non vi ha via di mezzo». Mazzini finalmente diceagli operai d'Italia: «L'Internazionale è il Male; io sonoil Bene; scegliete».

Tutti dunque, gesuiti, consorteria e Mazzini, s'unisco-no per dire ciascuno per parte sua che l'Internazionale èil loro opposto assoluto. Ora siccome voi non volete es-sere ne gesuiti nè consorti e siccome, viste le vostre cre-denze anti-religiose, non potete più essere apostoli dellateologia politica di Mazzini, così se volete essere qual-che cosa, dovete divenire lavoratori dell'Internazionale.

Mazzini vi ci spinge con tutte le sue forze, con tutta lasua ardente eloquenza. Molti fra voi, per amore di ripo-so e per tema di scandalo, ma sopratutto per l'affetto le-gittimo e così ben meritato che avete per Mazzini, prefe-rirebbero di rimanere, verso di lui nell'equivoca posizio-ne, in cui avete vissuto in questi ultimi anni, cioè mazzi-niani non in teoria, ma mazziniani in pratica. Più logicoe più energico di voi egli vi ha pur ora provato fino all'e-videnza che ormai questo è divenuto impossibile, e vicostringe a scegliere fra questi due partiti: o il pieno sui-cidio, ed annientamento intellettuale, morale, politico esociale; o la rivolta aperta contro di lui.

Se vi appigliate al primo di questi due partiti, voi di-verrete i collaboratori responsabili della rovina, dell'av-vilimento, del disonore e della schiavitù della patria vo-stra; se al secondo, diverrete i promotori della sua libe-razione.

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Potete dunque esitare?Una delle cause, e credo la principale, della vostra

esitazione, è il timore della immensa responsabilità checertamente vi assumete, rompendola pubblicamente edefinitivamente non solo con le teorie, ma ancora conl'azione politica di Mazzini, di fronte a tutta la democra-zia, o piuttosto di tutto il partito repubblicano del vostropaese, avvezzo a non più pensare, a non più sentire, anon più volere da se stesso ed a seguire ciecamente ladirezione che gli imprimono i suoi grandi capi, Mazzinie Garibaldi. Questo partito considerato nel suo insiemesarà naturalmente stupefatto, e sentirà un errore super-stizioso, vedendo giovani «ignoti» – è il grande argo-mento di tutti gli sciocchi, voi lo sapete – osar di rivol-tarsi contro i loro capi venerabili, e prendere l'audaceiniziativa di una nuova politica indipendente dall'uno edell'altro. In sulle prime si allontaneranno forse da voi,come da un pugno di malfattori, di traditori, di appestati.Vi si combatterà con tutto il perfido e stupido accani-mento del quale i mazziniani han dato tante prove nelleloro lotte, e che rivela la loro indole di teologi e di preti.Si cercherà di fare attorno a voi un deserto, e certo sifarà tutto quello che si potrà, per allontanare da voi lemasse operaie. In una parola avrete a passare un bruttoquarto d'ora, e per uscirne con onore avrete bisogno dimettere in giuoco tutta la vostra intelligenza, tutto il vo-stro cuore, tutta la vostra fede e tutta l'azione vostra piùperseverante e più energica.

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Ecco un'impresa ed una prova che esigono un eroi-smo di ben altra tempra di quello che è necessario perbattagliare sotto il vessillo di Garibaldi. Lì basta un po'di buona tempra, un poco di coraggio fisico, e la capaci-tà di sostener privazioni e fatiche per alcune settimane oper alcuni mesi tutt'al più; qui invece si prende impegnoper tutta la vita, e come ha fatto or ora il nostro amicoFortunio (Vincenzo Pezza)5 nel suo Gazzettino Rosa, sigiura di votarla intieramente al gran combattimento, allalotta suprema per l'emancipazione del proletariato. Unsimile impegno è seriissimo, perchè porta seco, comeconseguenza inevitabile, la rottura definitiva e completacon tutto il passato, con tutto il mondo borghese, contutti gli amici del passato, e l'alleanza per la vita e per lamorte col proletariato.

Avrete voi il coraggio di compiere con tutta la logicache domanda una sì grande opera, e con tutta la energianecessaria per menarla a termine questa rottura e questaalleanza?

Se interrogo la posizione che da voi stessi vi siete for-mata, dichiarandovi materialisti, atei, partigiani dellaComune e, della Internazionale, socialisti, rivoluzionariin una parola, mi sembra che non possiate più esitaresotto pena di annullarvi, voi dovete marciare avanti, e

5 In realtà qui Bakunin (o il curatore) commette uno sbaglio.Fortunio fu il nome di battaglia di Achille Bizzoni, mentre Anto-nio Pezza firmava con lo pseudonimo di Burbero. Entrambi scri-vevano per il Gazzettino Rosa, da qui il possibile equivoco. [Notaper l'edizione elettronica Manuzio].

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accettando, non solo in teoria, ma ancora in pratica tuttele conseguenze di questa nuova professione di fede,unirvi a noi contro Mazzini.

Quando io interrogo la profonda sincerità delle vostreconvinzioni, del vostro pensiero e dei vostri sentimenti,mi apparisce ancor più evidente, che voi dobbiate pren-dere questo partito, che solo vi resta, sotto pena di con-dannarvi da voi stessi al disprezzo.

Che cosa dunque potrebbe ancora farvi esitare? Lamodestia? Ma la modestia diviene una grande scioc-chezza, una insensatezza, un delitto quando trattasi dicompiere un gran dovere. Non vi resta che solo unacosa, la quale possa farvi ancora retrocedere: ed è la dif-fidenza che avete in voi stessi.

Ecco il ragionamento che potete farvi: – «Romperlaad un tratto col passato e con tutti i vecchi amici è cosafacile, né meno facile è l'annunziare che noi vogliamoinaugurare una nuova politica. Ma dove troveremo imezzi e le forze per compiere tale promessa? Noi siamopoveri, poco numerosi e quasi ignoti. Il pubblico, i no-stri vecchi amici, gli stessi operai pei quali noi avremmofatto questo sacrifizio, superato questo passo difficile,tentato questo salto pericoloso, ci befferanno. Noi siamosoli, impotenti ed incapaci di mantenere le nostre pro-messe, noi cadremo nel ridicolo e il ridicolo ci uccide-rà.»

Così ragionerete voi se la vostra passione della Giu-stizia e della Umanità non è abbastanza forte, se non èche una passione fantastica, ideale, e non è una di quelle

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passioni supreme che abbracciano tutta la vita. La pas-sione reale e seria non ragiona mai così, marcia semprein avanti, agisce sempre senza contare nè i mezzi nè gliostacoli, creando gli uni e distruggendo gli altri, spintada una forza invincibile, che la costituisce precisamentecome passione.

Io trovo che il ragionamento di queste due differentipassioni è parimenti esatto. La prima ha ragione di diffi-dare di sè stessa; perocchè da prima essa non è mai co-stante, nè di lunga durata; è sterile e nulla può creare, nèmezzi, nè amici, e cade il più delle volte innanzi al pri-mo ostacolo. Essa è impotente, e non potrebbe senza es-ser folle, avere fede in sè stessa. Ma la seconda per l'op-posto ha molte volte ragione di avere fede nella propriapotenza, poichè crea tutti i mezzi che le abbisognano perraggiungere il suo scopo, e trascina e attira invincibil-mente a sè gli amici supponendo che la sia una passionesociale non egoista.

Io suppongo, io devo credere che tale sia la vostrapassione e partendo da questa base io ragionerò con voi.Voi dite di essere poveri, ignoti, poco numerosi, e do-mandate con quali mezzi potrete imprimere alla opinio-ne pubblica del vostro paese la sola direzione che Voistimate buona e giusta. Per risolvere tale questione biso-gna anzitutto determinare di quale opinione pubblica sitratti. Se voi intendete parlare della opinione pubblicaborghese oh allora sarò io il primo a dirvi: Rinunciate atale ridicola illusione: lasciatela a Mazzini, e che egli sidiverta a convertire la borghesia. Egli è ben vero, come

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voi dite, che essa, non potrà essere progressivamenteconvertita se non dal fatto dell'organamento progressi-vo, e di più in più minaccioso della potenza del proleta-riato, e che nol potrà essere definitivamente se non collarivoluzione sociale, la quale per guarirnela del tutto lefarà prendere bagni di eguaglianza economica e sociale.

Ma voi avete un altro pubblico immenso, che è il pro-letariato, il vostro popolo. Questo ha tutti gli istinti dellevostre idee e per conseguenza vi comprenderà e vi se-guirà necessariamente. Ma il popolo, voi direte, non leg-ge? Per chi dunque scriveremo noi? Vi dirò a suo tempoper chi; ora vi dirò che se il popolo non legge, bisognaandare fino a lui per leggergli i vostri articoli. Eppoi, inogni città si trovano nel popolo uomini che sanno legge-re, i quali potranno capirli e spiegarli ai loro compagnianalfabeti. Ma voi non scriverete i vostri articoli soltan-to pel popolo.

Nella stessa borghesia voi troverete simpatici lettori,uomini e donne, poichè tutti non sono egualmente cor-rotti e isteriliti, tutti invece sono impacciati e paralizzatidalle condizioni della società, nella quale essi vivono.Per mezzo dei vostri giornali adunque attirerete a voitutto ciò che di vivo è in questa classe, e potrete orga-nizzarlo parallelamente coll'organamento delle massepopolari, come utili alleati, sia dal lato dei mezzi pecu-niari, sia dal lato della propaganda. Naturalmente voinon ne troverete a migliaia, non tanti da organarne unapotenza, ma a sufficienza per darvi un soccorso prezioso

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nella grand'opera d'organizzazione della potenza popo-lare.

Vostro solo esercito è il popolo, tutto il popolo, cosìdelle città, come del contado. Ma come arrivare a questopopolo? Nelle città voi sarete impacciati dal governo,dalla consorteria e dai mazziniani. Nel contado incontre-rete i preti. Eppure, cari amici, vi ha una potenza capacea vincer tutto ciò. Essa è la collettività. Isolati, operandociascuno a propria testa, voi sarete certamente impoten-ti; uniti, organizzando le vostre forze, per quanto essesiano scarse in sul principio, in una sola azione colletti-va, ispirata dal medesimo pensiero, dal medesimo sco-po, dalla medesima posizione, voi sarete invincibili.

Tre uomini soltanto così riuniti, formano già, secondome, un serio principio di potenza. Or che sarà quandogiungerete ad organizzarvi nel vostro paese al numero dialcune centinaia? Ed alcune centinaia di giovani intelli-genti, energici, devoti, capaci di convertirsi alle vostreidee, e di amare e volere con seria passione ciò che voiamate e volete, si troveranno certamente in Italia. E nonvedete voi dunque che essi cominciano già a sorgerequasi in tutti i punti del vostro paese? E per destarne inmaggior numero, per crearli in certa guisa illuminandoil loro pensiero, per cercarli, e per trovarli voi, cari ami-ci, scriverete i vostri giornali, n'è vero? Ebbene io vigiuro, e voi stessi il sapete, che finirete col trovarne cen-tinaia in Italia, quantunque di diversa gradazione per in-telligenza, devozione, convinzione, energia, e capacitàd'azione. Alcune centinaia di giovani di buona volontà

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non bastano certamente per crearne una potenza rivolu-zionaria fuori del popolo. È questa ancora una illusioneche bisogna lasciare a Mazzini; e Mazzini stesso sembraoggidì di avvedersene, perchè si rivolge direttamentealle masse operaie. Basteranno però per organizzare lapotenza rivoluzionaria del popolo.

Il tempo delle grandi individualità politiche è passato.Finchè trattavasi di fare rivoluzioni politiche, esse eranoal loro posto. La politica ha per oggetto la fondazione econservazione degli Stati; ma chi dice «Stato» dice do-minazione da un lato, soggezione dall'altro. Le grandiindividualità dominanti sono dunque assolutamente ne-cessarie nella rivoluzione politica, nella rivoluzione so-ciale non solo sono inutili, ma sono positivamente noci-ve, e incompatibili collo scopo stesso, che la rivoluzionesi propone, l'emancipazione cioè delle masse.

Oggi nell'azione rivoluzionaria, come nel lavoro, lecollettività devono sostituire le individualità. Compren-dete che organizzandovi sarete più forte di tutti i Mazzi-ni e di tutti i Garibaldi del mondo; e che ispirandovi mu-tuamente ed attingendo tutti i vostri pensieri per unaparte dalla scienza positiva, dall'osservazione reale esenza Dio, e per l'altra, dalle profondità della vita popo-lare, della quale altro non farete che formulare gl'istinti,voi avrete più spirito e più genio di questi due grandiuomini passati d'Italia. Voi penserete, vivrete, agiretecollettivamente, ciò che per altro non impedirà affatto ilpieno sviluppo delle facoltà intellettuali e morali di cia-scuno. Ognuno di voi, vi apporterà il suo tesoro, ed

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unendovi, centuplicherete il vostro valore. Questa è lalegge dell'azione collettiva. Di due sole cose sarà fra voiinterdetto assolutamente lo sviluppo: della «vanità» edell'«ambizione personale» e per conseguenza dell'intri-go, che ne è sempre l'inevitabile risultato. Primieramen-te dandovi la mano per questa azione comune, in nomedel vostro programma e dello scopo che vi proponete, viprometterete una mutua fratellanza; il che sarà da princi-pio un impegno, una specie di libero contratto tra uomi-ni seri, egualmente devoti, egualmente convinti. Proce-dendo in seguito collettivamente all'azione comincieretenecessariamente ad esercitare questa fratellanza tra voi,e dopo alcuni mesi di esercizio incessante, questa fratel-lanza, che da prima non era che una promessa, un con-tratto, diverrà una realtà. La vostra natura collettiva, edallora la vostra unione sarà realmente indissolubile.

Divisi per gruppi regionali, voi comincierete per mez-zo delle organizzazioni regionali e locali a stenderesempre più vastamente le vostre file nel popolo. V'im-batterete nei vostri nemici, negli agenti dei prefetti, neipreti, nei mazziniani; ma sapendovi uniti, sapendo che ivostri compagni sparsi, non solo in Italia, ma in tuttaEuropa fanno la stessa cosa che voi fate, che vi guarda-no, vi applaudono, vi appoggiano, vi amano, voi trove-rete in voi stessi forze che non avreste nemmeno imma-ginate, se ciascuno di voi avesse agito individualmentedi sua testa, e non in seguito di una risoluzione unanime,anticipatamente discussa ed accettata. E credete a me,voi trionferete tanto più facilmente di tutti i vostri av-

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versari, quanto più porterete al popolo, non parole detta-te dall'alto sia da una rivelazione, sia da una politicadottrinaria, ma idee, le quali non esprimeranno altro chei propri istinti, le proprie aspirazioni, i propri bisogni.

Ed oggi stesso, al congresso di Roma, s'egli è possibi-le e n'è ancor tempo, voi dovreste dare la prima batta-glia. Alle proposte di Mazzini voi dovete opporre ardita-mente le vostre controproposte. Sarete probabilmente inminoranza; ma ciò non vi spaventi, purchè questa mino-ranza sia ben convinta, compatta, e per ciò stesso rispet-tabile. Non troverete certo migliore occasione per an-nunziare il vostro programma all'Italia ed all'Europa.

Ed ora, cari amici, ho terminato. Vi chieggo scusa sevi ho annoiato; volevo essere breve, ma non ho saputoesserlo. Il subbietto stesso mi ha trascinato. In compen-so però avete intiero il mio pensiero. Analizzatelo, pren-detene ciò che vi conviene, ciò che non vi conviene la-sciate via, e ditemi francamente come io vi ho parlato,quello che ne pensate; le vostre adesioni o le vostre ob-biezioni o repulse.

In tal modo solamente arriveremo ad intenderci ed afondare tra noi una libera Unione.

MICHELE BAKOUNINE.

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