Bacchiega Alberto Morin Niccolò La Rivoluzione Americana.

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Bacchiega Alberto

Morin Niccolò

La Rivoluzione Americana

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Introduzione

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La guerra di indipendenza americana, chiamata anche rivoluzione americana, fu un conflitto combattuto tra il 1775 e il 1783 tra le tredici colonie nordamericane, diventate successivamente gli Stati Uniti d'America, e la loro madrepatria, il Regno di Gran Bretagna.

Nel corso della guerra le potenze europee si schierarono (la Francia, la Spagna e le Province Unite con i ribelli mentre l'Assia e l'Hannover con gli inglesi) portando il conflitto anche nelle Antille, in India e in Europa.

Data: 1775 – 1783

Luogo: Stati Uniti d'America, Oceano Atlantico

Esito:Vittoria decisiva americana

Casus belli: Boston Tea Party del 1773

Modifiche territoriali: Creazione degli Stati Uniti d'America

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Le cause della rivoluzione

Londra esigeva che i sudditi americani contribuissero al pagamento delle spese del vasto "impero" nord-americano.

Dopo la guerra dei sette anni infatti, l'Inghilterra si trovava in serie difficoltà economiche (crisi finanziaria), alle quali tentò di porre rimedio con due fondamentali provvedimenti:

lo Sugar Act (che imponeva alti dazi sui prodotti di importazione dalla madrepatria alle colonie)

lo Stamp Act (che imponeva tasse sui documenti ufficiali e sui giornali)

Inoltre la madre patria ribadiva il proprio monopolio industriale vietando di fatto lo sviluppo autonomo delle colonie preoccupandosi, non tanto dei loro particolari interessi, quanto degli interessi globali dell'impero.

Né da una parte né dall'altra esisteva una aperta volontà di scontro di fatto e le colonie servivano come pura fonte di materie prime utili allo sviluppo inglese.

Fin dal 1743, Benjamin Franklin aveva proposto d'inventariare le risorse agricole, minerali, industriali che la scienza avrebbe permesso di mettere a buon frutto.

George Washington, per quanto appartenente a una famiglia di ricchi proprietari di piantagioni della Virginia, aveva esperienza sufficiente per ragionare non nei termini provinciali del profondo Sud, ma secondo prospettive globali di sviluppo.

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La fine della guerradei sette anni

La guerra dei sette anni aveva posto fine alla dominazione francese sui territori americani, cosicché i coloni non avevano più quella necessità di protezione che era stato uno dei principali motivi di attaccamento alla patria di origine.

D'altro canto, la Corona inglese pretendeva una partecipazione alle spese sostenute per la loro protezione.

La conclusione della guerra fu per i coloni un'amara delusione: essi si aspettavano che la Louisiana fosse aperta alla loro libera espansione, mentre una disposizione regia precluse immediatamente questa possibilità dichiarando che le terre di recente conquista appartenevano all'impero, molte furono assegnate a nobili o compagnie commerciali affinché le sviluppassero per conto del re.

A ciò si aggiunsero molteplici iniziative del Parlamento intese, a imporre anche ai coloni l'obbligo di contribuire alle spese dell'impero.

Si trattava di imposte indirette su generi che avevano per gli Americani un'importanza non trascurabile: le tasse doganali percepite dal governo inglese non erano sufficienti a pagare le spese dei corpi militari e dei funzionari stanziati in America.

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Le imposte

D'altra parte i coloni erano abituati a pagare soltanto le imposte locali.

Nel 1765 il governo inglese volle estendere alle colonie una tassa del bollo, già in vigore nella madrepatria, per la quale ogni uso della carta, nei giornali, nei documenti commerciali, negli atti legali, eccetera, era sottoposto a un tributo, che veniva pagato mediante l'apposizione di un bollo ("Stamp Act").

Di fronte alla protesta dei coloni, la legge sul bollo fu abrogata ma fu sostituita con una serie di imposte indirette su alcune merci (carta, vernici, piombo, tè), che le colonie importavano dall'Inghilterra.

La portata economica di questi provvedimenti era molto limitata, ma con essi il Parlamento intendeva porre una questione di principio, facendo valere concretamente il suo diritto di tassare tutti i sudditi dell'impero.

I coloni non accettarono l'impostazione del Parlamento, la questione di principio rimase irrisolta e nel 1770 le imposte indirette furono tutte abolite, salvo quella sul tè.

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La Compagnia delle Indie orientali

Nel 1773 la Compagnia delle Indie Orientali ottenne dal Parlamento il diritto di vendere in esclusiva e mediante i suoi stessi agenti il tè ch'essa importava dalla Cina, tagliando fuori gli intermediari americani che avevano fino ad allora goduto di un ampio e fruttuoso giro di affari.

I commercianti americani di tè, sostenuti dall'opinione pubblica e dalle organizzazioni popolari dei Figli della libertà, organizzarono di rimando il boicottaggio delle merci inglesi: un boicottaggio che culminò in un episodio particolarmente clamoroso quando alcuni Figli della libertà, travestiti da Indiani, assalirono le navi della Compagnia alla fonda nel porto di Boston e gettarono a mare il carico di tè (episodio noto come Boston Tea Party, del dicembre 1773).

Il governo di Londra bloccò il porto dì Boston e tentò di privare il Massachusetts di ogni autonomia amministrativa inviando sul posto un gruppo di funzionari inglesi, nominati dal re.

In tale situazione, già molto tesa, subentrò una nuova decisiva ragione di conflitto quando, nel 1774, il Parlamento approvò le famose «Quattro leggi intollerabili (Intolerable Acts)»

La prima legge, promulgata il 31 marzo 1774 (Boston Port Act), stabiliva che il porto di Boston dovesse rimanere chiuso al traffico fintanto che la città di Boston non avesse rifuso la East India Company del danno subito con il Boston Tea Party.

La seconda e la terza legge furono promulgate simultaneamente il 20 maggio e contenevano una serie di norme fra le quali quella che stabiliva per la provincia del Massachusetts la nomina del Consiglio provinciale anziché l'elezione conferiva al solo Governatore il potere di dimettere i giudici di livello inferiore, gli sceriffi ed altri ufficiali di livello più basso, gli conferiva il potere di limitare il diritto di riunione nella città e quello di interferire sulle giurie.

La quarta legge, firmata dal re il 2 giugno, cercò di sistemare una vecchia controversia attribuendo al Governatore il potere di posizionare le truppe governative dove riteneva più opportuno.

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L’espansione Territoriale

L'ulteriore limitazione della libera espansione territoriale dei coloni, che l'Inghilterra voleva in sostanza confinare a oriente dei monti Appalachi, in favore degli indigeni che abitavano il resto del territorio, furono percepite come un atto di dispotismo e di inaccettabile limitazione della libertà dei coloni, che pretendevano di essere .

L'Inghilterra sembrava privilegiare gli interessi dei selvaggi (e in seguito quelli degli schiavi) rispetto a quelli dei bianchi, limitando la libertà di quest'ultimi di fare dei primi e della loro terra quello che volevano.

Era dunque necessario eliminare il distante governo dispotico inglese, contrario agli interessi delle colonie.

Le «Leggi intollerabili» ed il Quebec Act, accelerarono il processo di ribellione ormai in corso. Nelle colonie meridionali i grandi proprietari terrieri, i mercanti, i ricchi professionisti, consideravano il governo inglese come garante della conservazione sociale ma, specie nel Nord, i lavoratori, il popolo minuto, i piccoli agricoltori e gli uomini di frontiera abbracciarono la tesi dell'indipendenza.

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La guerra sul continente

Quando la guerra scoppiò i coloni disponevano solamente di milizie volontarie, i minutemen, al contrario degli inglesi che si appoggiavano su un esercito ben addestrato ed equipaggiato, l'Esercito Britannico.

Anche con la creazione dell'Esercito Continentale e l'inquadramento dei miliziani in truppe regolari la situazione non cambiò.

Solo dopo l'inverno del 1778, quando von Steuben iniziò ad addestrare gli statunitensi a Valley Forge (Pennsylvania) le truppe dei "patrioti" ebbero un miglioramento significativo arrivando alla fine della guerra, grazie anche all'intervento francese, a poter effettuare un assedio campale, quello di Yorktown.

La differenza principale che emerse tra la tattica adottata da George Washington e i comandanti inglesi fu quella della mobilità delle truppe.

Mentre i generali d'oltreoceano utilizzavano le classiche tattiche della guerra settecentesca, che prevedevano lo spostamento di truppe pesantemente equipaggiate seguite dai carriaggi, l'avvicinamento al nemico e la carica a seguito di alcune raffiche, gli statunitensi preferivano utilizzare tecniche da guerriglia, con imboscate e ritirate strategiche.

Nonostante gli inglesi inflissero un numero maggiore di sconfitte agli statunitensi rispetto alle vittorie ottenute da quest'ultimi, non riuscirono mai a cogliere un successo decisivo, come inveci quelli americani a Yorktown o Saratoga.

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Le battaglie di Lexington e Concord

Il primo scontro tra le truppe inglesi e i minutemen avvenne nell'aprile del 1775 nelle cittadine di Lexington e Concord, nella contea di Middlesex. Concord era all'epoca una cittadina di mille abitanti situata sull'omonimo fiume a venticinque chilometri a nord-ovest di Boston; qui John Hancock e Samuel Adams avevano stabilito l'arsenale, i depositi e i centri d'addestramento delle milizia.

Quando l'esercito inglese giunse nella cittadina ordinò ai coloni di disperdersi ma, mentre veniva compiuta l'operazione, qualcuno esplose un colpo (ancora oggi non si sa se il colpo partì dalle truppe reali o dai coloni); gli americani reagirono e i britannici fecero altrettanto. La scaramuccia durò circa venti minuti e alla fine i minutemen fuggirono lasciando sul campo otto morti e dieci feriti a dispetto di un unico ferito tra le file nemiche.

Raggiunta Concord i britannici bruciarono i pochi depositi rimasti pieni e presero la via del ritorno per Boston.

Mentre attraversavano il North Bridge, il ponte sul fiume Concord situato all'esterno della città, furono però attaccati da circa 450 americani. La mischia fu furibonda e più volte gli inglesi furono sul punto di cedere; riuscirono infine a passare ma erano stanchi, demoralizzati e a Lexington decisero di rientrare senza finire di colpire i coloni.

Questi li inseguirono invece con reparti di cavalleria e li colpirono con varie imboscate. Quando rientrarono, il 19 aprile 1775, i soldati avevano perso tutti i carriaggi, un centinaio di fucili e 247 uomini (73 morti e 174 feriti). Le milizie avevano invece totalizzato 147 perdite, con 49 morti e 98 feriti.

Questa scaramuccia, di modeste dimensioni, segnò l'inizio della guerra. Il 10 maggio 1775 gli uomini comandati da Ethan Allen conquistarono il forte Ticonderoga mentre il 12 maggio quelli del colonnello Joseph Warren presero il forte Crown Point.

La creazione ufficiale dell'Esercito Continentale avvenne il 31 maggio mentre il 15 giugno, su consiglio di John Adams, il comando venne affidato a George Washington.

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La battaglia di Bunker Hill

I miliziani americani, dopo la creazione dell'esercito e la conquista dei forti, si erano attestati nei pressi di Boston con l'intento di cingerla d'assedio.

Tuttavia erano riusciti solo ad occupare le due colline che dominavano la citta, Bunker Hill e Breeds Hill, il 15 giugno 1775.

Il generale Thomas Gage, poco preoccupato dei "ribelli", decise di rompere l'accerchiamento e assegnò 2.500 uomini a Sir William Howe con l'ordine di attaccare il 17 giugno.

Howe sottovalutò gli americani e, soprattutto, credette di trovarsi di fronte a delle linee poco fortificate; invece nella notte i ribelli, prevedendo un attacco avversario, avevano sguarnito Bunker Hill, poco difendibile, trasferendo le truppe a Breeds Hill, più alta, lavorando durante la notte per migliorare le fortificazioni.

Verso le nove del mattino del 17 giugno, al termine di un breve cannoneggiamento, gli inglesi cominciarono l'attacco.

Giunti sulla collina gli attaccanti subirono un pesante fuoco di sbarramento e furono respinti nel corpo a corpo. Anche al secondo attacco furono respinti e, solo al terzo tentativo e grazie all'esaurimento delle munizioni dei difensori, presero le due colline.

Le perdite inglesi erano 1.050 (304 morti, 741 feriti e 5 dispersi) mentre quelle americane solo 445 (172 morti e 273 feriti).

Sul piano militare la vittoria fu degli inglesi ma questa era stata pagata a caro prezzo. Moralmente il successo era invece degli americani che avevano resistito ad un nemico in superiorità numerica dimostrando di poter resistere all'esercito reale.

Lo stesso Washington si disse contento dell'esito della battaglia tanto che Israel Putnam, principale comandante, assieme a John Stark, degli americani, fu nominato generale.

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La campagna canadese Un altro dei problemi dell'Esercito Continentale

era l'assenza di ufficiali con reale preparazione tattica che sceglievano spesso di lanciare, senza nemmeno attendere gli ordini di Washington, degli attacchi controproducenti distogliendo uomini e mezzi da altre operazioni militari.

Il generale tollerò tuttavia queste operazioni per non aprire fratture col Congresso e diede il suo assenso anche alla campagna canadese, uno dei maggiori disastri patiti dai coloni durante la guerra.

L'idea dominante in alcuni reparti dell'Esercito Continentale era che il pericolo maggiore per i coloni venisse dal Canada. I sostenitori di questa ipotesi sostenevano che dalle basi nel paese gli inglesi avrebbero potuto portare offensive via terra stando vicino a queste senza dover ricorrere a dispendiosi e rischiosi sbarchi.

L'idea di conquistare le città canadesi fu in particolar modo appoggiata dal colonnello Benedict Arnold e dal generale Richard Montgomery, convinti di poter riuscire nell'attacco per due motivi principali:

Le forze inglesi nella regione ammontavano solo a mille uomini e, secondariamente, era diffusa la convinzione che gli anglo-canadesi avrebbero aiutato i ribelli. Questi furono i motivi che indussero il Congresso ad approvare l'idea nel giugno del 1775.

Il corpo di spedizione venne allestito e fu pronto alla fine di settembre partendo il 2 ottobre verso la frontiera. Era composto da 8.000 uomini divisi in due colonne;

una, guidata da Arnold, puntava su Québec attraverso il Maine

una sotto il comando di Montgomery, era diretta verso Montréal risalendo dal lago Champlain.

La colonna di Montgomery fu bloccata presso il forte Saint John, sul fiume Richelieu, per cinque settimane. Riuscì infine ad aprirsi la strada ed il 13 novembre occupò Montréal. I due rami riuscirono a riunirsi presso Québec solamente in pieno inverno.

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Il comando della città era stato assunto dal governatore inglese del Canada, Sir Guy Carleton: gli erano rimasti pochi uomini ma disponeva di molti viveri e di cinquanta cannoni, contro i cinque degli assedianti. Inoltre erano stati completati i lavori di ampliamento delle fortificazioni, che rendevano difficile un attacco alla città.

La notte del 30 dicembre decise di attaccare muovendo in formazioni serrate. La neve ed il vento confusero molti soldati che si trovarono sottoposti al fuoco dei cannoni dei difensori che sparavano a mitraglia. Il risultato fu un massacro: morirono circa 500 soldati sul campo, compreso Montgomery, mentre 200 perirono nei giorni successivi a causa delle ferite riportate.

Washington era disperato e le sorti della guerra sembravano in mano inglese. Un aiuto al generale venne però da un cartolaio e farmacista di Boston: Henry Knox.

I coloni avevano trovato al forte Ticonderoga cinquanta cannoni, più di quanti ne avesse l'intero Esercito Continentale, ma erano da fortezza e nessuno sapeva come trasportarli. Knox ci riuscì e, costruendo ponti di fortuna, massiciate e sfruttando tronchi d'albero come rotaia fece arrivare quarantatre cannoni a Washington, che li dispose subito all'esterno di Boston, pronto per attaccare la città.

Il Generale Montgomery colpito a morte.

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La riconquista di Boston Nei primi mesi del 1776 la situazione che si presentava

agli occhi di Washington era questa:

l'Esercito Continentale rimaneva un miscuglio di uomini provenienti da svariati ceti sociali, molti dei quali alla loro prima esperienza militare, che iniziava tuttavia ad avere sia disciplina sia organizzazione, seppur minime.

Dopo la sua nomina Washington aveva subito creato uno Stato Maggiore formato dai suoi più stretti collaboratori: Horatio Gates e Charles Lee, ex ufficiali inglesi, Artemas Ward, originario di Boston, Philip Schuyler, un ricco possidente, e Israel Putnam, distintosi nella battaglia di Bunker Hill.

Con questi aveva iniziato a lavorare mirando a tre principali obiettivi: dare un minimo di disciplina ai soldati, dotarli di un uniforme per riconoscersi in battaglia e organizzare le officine artigianali della Pennsylvania e del Massachusetts per la produzione bellica. Ottenuti questi risultati e grazie anche all'arrivo dei cannoni trasportati da Knox le truppe che assediavano Boston, pur rimanendo lontane dall'efficienza dell'esercito inglese, avevano una consistenza differente dai combattenti di Lexington.

Anche gli inglesi avevano operato dei cambiamenti. Nel maggio del 1775 il generale Gage aveva ricevuto alcuni rinforzi che avevano portato a 6.500 uomini il contingente di Boston. La situazione era tuttavia critica e le truppe stesse erano poco attrezzate per combattere contro guerriglieri, poiché addestrate per affrontare i tipici eserciti settecenteschi. Come conseguenza il governatore aveva deciso di tenere saldo il controllo di Boston, aspettando che a Londra sciegliessero la via diplomatica o quella militare.

Nonostante i fatti dell'estate del 1775 avessero dato ragione a Gage gli inglesi decisero in ottobre, dopo l'inizio della campagna canadese, di sostituirlo con William Howe.

Questi aveva provato ad organizzare i lealisti di Boston ed era riuscito a raccogliere 1.600 uomini. Furono mandati ad occupare la Carolina del Nord ma, il 27 febbraio 1776, vennero annientati nella battaglia di Moore's Creek Bridge, nei pressi dell'odierna Wilmington. Da quel momento Howe decise di abbandonare Boston e di trasferirsi in una città più "lealista" e difendibile.

Washington aveva nel frattempo disposto i quarantatre cannoni di Knox sulle colline dei Dorcester Heights, dopo averle occupate senza subire perdite; da qui teneva sotto tiro il porto

. Il generale ordinò di farli sparare ma Howe, che aveva già deciso di abbandonare la città, caricò su centosettanta velieri tutti gli uomini, compresi pochi lealisti locali, e le armi.

Avendo visto che il nemico si ritirava Washington ordinò di interrompere l'attacco e non riprese per le successive due settimane, necessarie agli inglesi per imbarcarsi.

Il 17 marzo 1776 gli ultimi soldati inglesi lasciarono Boston ed il generale entrò nella città accolto come un trionfatore.

Era una data molto importante: per la prima volta i coloni erano veramente padroni di un territorio senza inglesi in armi.

Il successo fu anche psicologico poiché il clima di risveglio patriottico era ormai radicato e avrebbe portato, di li a poco, alla Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti.

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La firma della Dichiarazione d'Indipendenza

Le truppe inglesi, per cercare di riportare sotto il proprio controllo le colonie, erano sbarcate nei primi giorni di aprile ad Halifax, in Canada.

Durante il mese di giugno le truppe dei coloni erano state costrette ad abbandonare Montréal ed il Canada riportando perdite per circa 4.000 uomini (2.000 erano i caduti ed altrettanti i disertori).

Le truppe guidate da Henry Clinton, partendo dalla stessa Halifax, tentarono una sortita su Charleston dove furono respinte dai cannoni dei forti.

Il 7 giugno iniziarono le consultazioni sulla proposta d'indipendenza avanzata dal deputato Richard Henry Lee; per scongiurare il pericolo della possibile indipendenza il trenta dello stesso mese un contingente inglese ed assiano di 22.000 uomini guidato dal generale William Howe e dall'ammiraglio Richard Howe, suo fratello, aveva gettato l'ancora a Staten Island, davanti a New York.

Washington, che aveva previsto questa mossa, schierò i suoi uomini a Long Island, sulle alture di Brooklyn.

Dietro di esse vi era una seconda linea impostata su due forti: Fort Lee e Fort Washington.

Nel frattempo il generale John Burgoyne era partito dal Canada al comando di 10.000 uomini con l'intenzione di discendere il lago Champlain e il fiume Hudson per prendere New York tra due fuochi.

Il 4 luglio, a Philadelphia, fu pronto un documento redatto da Thomas Jefferson, John Adams e Benjamin Franklin che venne firmato dai delegati delle Tredici colonie che andarono a costituire una nuova nazione, gli Stati Uniti d'America.

Tuttavia, se l'estate del 1776 era stata dura per gli americani, l'autunno lo sarebbe stato ancor di più e George Washington l'aveva capito.

Considerando la perdita di New York una cosa inevitabile preferì concentrarsi nel cercare di impedire la riunione delle forze di Howe e Burgoyne inviando alcune migliaia di uomini tra la città di Ticonderoga ed Albany. Intanto Benjamin Franklin, avendo capito che in Europa stavano cambiando gli atteggiamenti dei governi, era partito per Parigi per convincere il Regno di Francia ad allearsi con gli Stati Uniti.

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L'assedio di New York

Il 22 agosto del 1776 15.000 anglo-tedeschi vennero sbarcati a Long Island protetti dal fuoco di 500 cannoni navali, così iniziò la battaglia: il comando delle difese americane era affidato ad Israel Putnam ma né il morale né gli avversari erano quelli di Bunker Hill.

I difensori cominciarono a vacillare il 26 agosto quando persero numerosi avamposti lasciando al nemico un centinaio di prigionieri.

Gli americani erano allo stremo ma Howe, convinto di avere la vittoria ormai sicura, ritardò l'attacco di un giorno.

Il 28 agosto scoppiò un forte uragano; questo era troppo forte per permettere agli americani di riorganizzarsi ma, dato che l'onore era salvo, Washington poté organizzare la ritirata per la notte del 29 facendo evacuare tutti gli uomini a Manhattan.

Il 28 agosto scoppiò un forte uragano; questo era troppo forte per permettere agli americani di riorganizzarsi ma, dato che l'onore era salvo, Washington poté organizzare la ritirata per la notte del 29 facendo evacuare tutti gli uomini a Manhattan.

Gli assediati avevano perso 1.996 uomini (553 morti, 822 feriti e 621 prigionieri) mentre gli attaccanti contavano 660 perdite (214 morti e 446 feriti).

Quando gli inglesi entrarono a Manhattan il 15 settembre, a causa della loro lentenzza e dell'eccessiva prudenza di molti comandanti, gli americani avevano avuto tutto il tempo per fortificare le alture di Harlem.

Il 16 settembre le truppe assediate compirono una sortita guidate da Thomas Knowlton in cui inflissero 270 perdite al nemico a fronte delle 80 subite.

Tuttavia Washington ordinò la ritirata verso nord ritardandola con sortite e imboscate contro gli anglo-tedeschi che impiegarono quaranta giorni a conquistare Harlem.

Il 25 ottobre le truppe ripiegarono su White Plains, che abbandonarono il 28.

Gli statunitensi riuscirono a dirigersi verso il New Jersey, esclusi i difensori di Fort Washington, caduto il 16 novembre, e di Fort Lee, caduto il 28 novembre.

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La fine del 1776

Mentre Howe stava conquistando New York il governatore canadese Guy Carleton ed il suo aiutante John Burgoyne attaccarono il forte Ticonderoga con l'intento di dividere gli Stati Uniti in due e di conquistare la zona settentrionale.

Le truppe inglesi erano state divise in due colonne: Carleton era al comando di quella navale, composta da duecento barconi e venti cannoniere, che avrebbe attaccato attraverso il lago Champlain mentre Burgoyne aveva il comando degli uomini a terra.

Benedict Arnold, responsabile della difesa del forte, era riuscito ad armare sedici navi con cui impegnò due volte la flotta nemica costringendo Carleton a rinunciare all'attacco e a ripiegare il 4 novembre, a causa dell'arrivo dell'inverno, verso il Canada; anche Howe, reduce dalla conquista di White Plains, non poté continuare la sua avanzata verso il forte a causa dell'inizio della stagione fredda.

In questo modo la vittoria ottenuta da Arnold e lo stop di Howe avevano fatto fallire il piano inglese di tagliare in due gli Stati Uniti.

Dall'Europa cominciò ad arrivare un centinaio di volontari, per lo più francesi e polacchi, in aiuto delle forze statunitensi.

Questi, pur essendo presenti in poche unità, combattevano meglio rispetto alle forze locali e Washington l'aveva capito.

Nei mesi successivi il flusso arrivò a toccare le migliaia di uomini e, in particolare, si distinsero tre comandanti: Tadeusz Kościuszko, nobile a capo dei polacchi, Friedrich Wilhelm von Steuben, barone prussiano che diede il necessario addestramento all'Esercito Continentale e Gilbert du Motier de La Fayette, un marchese francese.

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La battaglia di Trenton

Dopo la ritirata dal New Jersey verso la Pennsylvania si crearono due gravi problemi per Washington.

In primo luogo il Congresso lo accusava per le sconfitte subite nonostante il generale fosse riuscito ad organizzare le proprie forze in modo da salvare la maggior parte degli uomini e dei mezzi.

Secondariamente era arrivato sul suolo americano un nuovo esercito nemico, quello assiano che, come aveva dimostrato ad Harlem ed a Long Island, era meglio organizzato e più temibile anche dell'Esercito Britannico.

In aiuto del generale statunitense quasi novemila tedeschi, provenienti non solo dall'Assia ma anche dall'Hannover, disertarono o entrarono nelle file dell'Esercito Continentale, contribuendo a migliorarlo.

Nello schieramento inglese il generale Howe aveva trattenuto il grosso delle forze a New York lasciando ottomila uomini, al comando del generale Cornwallis, nella città di Princeton e duemilacinquecento tedeschi, comandati da Johann Rall, negli avamposti di Trenton e Bordentown, località vicine al fiume Delaware e agli accampamenti invernali americani.

Se Washington avesse colto di sorpresa queste forze avrebbe risolto entrambi i suoi problemi: avrebbe infatti aumentato notevolmente il proprio prestigio e il morale delle truppe diminuendo contemporaneamente quello del contingente assiano.

Il generale scelse di attaccare il giorno di Natale; egli sapeva infatti che i costumi tedeschi prevedevano, a differenza di quelli americani, di celebrare la festività con grandi pranzi e bevute e che avrebbe perciò trovato gran parte dei difensori ubriachi o addormentati.

Duemila uomini e diciotto cannoni si misero in marcia divisi in due colonne la sera del 24 dicembre 1776.

Nonostante la bassa temperatura e il vento forte che rendeva difficile trasportare le artiglierie le truppe giunsero al Delaware, dove erano state predisposte numerose barche e zattere, durante la mattinata.

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All'alba del 25 dicembre i soldati erano sull'altra sponda del fiume e, dopo un breve riposo, due distaccamenti si diressero verso la città.

Alle 8:00 del 26 dicembre gli uomini raggiunsero Trenton mentre la guarnigione di milleseicento uomini (millequattrocento tedeschi e duecento inglesi) si trovava ancora nel sonno, comprese le sentinelle.

L'attacco fu immediato e molti soldati furono catturati mentre dormivano; il colonnello Rall tentò di organizzare le difese ma venne ucciso e le sue forze si dispersero.

Le forze americane contavano solamente due morti e quattro feriti mentre le perdite anglo-assiane ammontavano a 1.086 uomini (venti morti, ottantaquattro feriti e 982 prigionieri).

Circa quattrocento uomini riuscirono invece a rompere l'accerchiamento e a riparare su Bordentown.

Washington decise di ripiegare oltre il Delaware con i prigionieri e il bottino senza attaccare Bordentown perché era ormai venuto meno l'effetto sorpresa.

Dopo l'8 dicembre 1777 il generale avviò anche una campagna di reclutamento che portò nuovamente il numero di soldati dell'Esercito Continentale a 10.000.

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La battaglia di Princeton

Quando Howe venne a conoscenza della sortita americana a Trenton ordinò l'immediato contrattacco al generale Cornwallis.

Le truppe statunitensi avevano nel frattempo, tra il I e il 2 gennaio 1777, riattraversato il fiume Delaware con cinquemila uomini attestandosi in una posizione poco difendibile.

Giunto davanti allo schieramento Cornwallis si accorse della posizione sconveniente del nemico e concesse ai propri soldati una giornata di riposo; questo era invece quello che Washington aveva previsto e su cui aveva di conseguenza basato la sua tattica.

Durante la notte il generale statunitense ordinò invece di accendere tutte le lanterne e i fuochi del campo e successivamente aggirò le postazioni inglesi mentre i soldati di Cornwallis dormivano.

Giunti nella città di Princeton all'alba gli americani si scontrarono con tre reggimenti di fanteria che stavano accorrendo in rinforzo delle truppe sul Delaware.

La battaglia fu breve e non riportò molte perdite (quindici americani e novanta inglesi) anche se le truppe inglesi sbandarono e si diedero alla fuga disordinata nelle campagne.

Washington li lasciò fuggire e puntò contro la città di Morristown, distante circa cinquanta chilometri.

Nel frattempo Cornwallis, ingannato dai fuochi accesi, aveva mandato i suoi uomini all'attacco delle postazioni americane completamente svuotate.

Quando lo informarono dei fatti di Princeton ritornò verso la città portandosi però con se i carriaggi e le vettovaglie, che lo rallentarono.

Giunto a destinazione perse ulteriore tempo a recuperare e ripristinare i reggimenti sbandati; quando terminò, Washington aveva ventiquattr'ore di vantaggio ed era impossibile raggiungerlo prima che entrasse a Morristown, ben fortificata e difendibile.

Il generale entrò in città il 5 gennaio del 1777 dando immediatamente l'ordine di completare le fortificazioni.

Successivamente stabilì qui il quartier generale dell'Esercito Continentale e informò il Congresso (spostatosi nel frattempo da Philadelphia a Baltimora) dei risultati ottenuti: gli americani non solo avevano riottenuto il controllo del New Jersey ma distavano solo quarantotto chilometri da New York.

Nel frattempo a Parigi accadeva un evento fondamentale per gli americani:

il ministro francese della guerra, Claude Louis conte di Saint-Germain, aveva incontrato il barone prussiano Friedrich Wilhelm von Steuben e gli aveva proposto, raccogliendo il consenso del nobile tedesco, di riorganizzare l'Esercito Continentale.

L'addestramento che egli fornì agli statunitensi contribuì di molto alla vittoria finale.

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La caduta di Philadelphia La fine dell'inverno e l'inizio della primavera non

registrarono battaglie tra i belligeranti anche se fervevano i preparativi, soprattutto da parte inglese.

Dopo il fallimento dell'attacco al forte Ticonderoga, avvenuto alla fine del 1776, il generale Burgoyne era rientrato a Londra accusando dell'insuccesso il governatore del Canada, Guy Carleton, e la sua "colpevole inerzia"; Lord Germain diede ragione a Burgoyne e preparò con lui un piano per dividere in due il fronte ribelle.

Per facilitargli il compito, raccolto il consenso necessario del War Office, lo nominò comandante unico e lo inviò in Canada al comando di 6.000 anglo-assiani.

Il generale decise di mobilitare anche i nativi e i lealisti canadesi, arrivando a contare circa 10.000 uomini.

Il suo piano prevedeva di discendere il lago Champlain, prendere il forte Ticonderoga e quindi marciare verso la valle dell'Hudson.

Nel frattempo il generale Howe avrebbe dovuto risalire il fiume con gli uomini imbarcati per ricongiungersi con Burgoyne.

Una terza colonna, composta da 3.000 uomini al comando del colonnello St. Leger, sarebbe partita da Montréal diretta verso Oswego da cui avrebbe sferrato un attacco lungo la valle del Mohawk.

Il risultato previsto era quello di chiudere le forze dell'Esercito Continentale fra tre fuochi e conquistare così l'intero New England.

Le forze, 7.000 anglo-assiani e 3.500 volontari, furono pronte alla fine di maggio del 1777 ma Burgoyne, ricalcando la mentalità tipica dei comandanti dell'epoca, decise di partire portandosi tutti i carriaggi e le provviste rallentando così i propri uomini.

Il 30 giugno il generale raggiunse il forte Ticonderoga, conquistato il 3 luglio.

Il 30 luglio 1777 venne espugnato anche il forte Edward, situato a sud-est. Le premesse per la riuscita del piano sembravano esserci ma, a causa di un'iniziativa personale di William Howe, questo si risolse invece in un fallimento.

Egli lasciò a New York 2.000 uomini al comando del generale Henry Clinton e inviò una lettera a Burgoyne, mai giunta a destinazione, in cui lo informava di non potere risalire l'Hudson.

Quindi imbarcò circa 18.000 uomini facendo credere di voler veleggiare verso la Carolina del Sud; in realtà tenne le navi in rada fino alla fine di agosto muovendosi poi verso la baia del Delaware, dove si trova Philadelphia.

La sua intenzione era quindi quella di risolvere la guerra con un importante successo morale.

Dall'altra parte Washington si trovava a capo di 11.000 uomini male armati ed addestrati; la situazione era simile a quella di New York e il generale scelse di seguire lo stesso metodo per la difesa: combattere solo lo stretto necessario a salvare l'onore senza impegnare le truppe in uno scontro a campo aperto.

Inoltre Washington aveva deciso di affiancare al comando un volontario straniero, il marchese de La Fayette.

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Le forze inglesi sbarcarono la prima settimana di settembre.

L'11 dello stesso mese l'Esercito Continentale cercò di bloccarne l'avanzata presso il fiume Brandywine, nei pressi dell'odierna cittadina di Chadds Ford.

L'attacco inglese per rompere il blocco fu portato su due colonne comandante dai generali von Knyphausen e Cornwallis; le forze al comando del tedesco si lanciarono contro il centro dello schieramento statunitense cercando di spezzarlo mentre quelle del britannico le circondavano utilizzando per la prima volta i fucili "Ferguson" a retrocarica, migliori di quelli americani.

Washington e il generale Greene riuscirono a rompere l'accerchiamento mentre una piccola retroguardia comandata da La Fayette, promosso quel giorno generale a soli vent'anni, si occupò di coprire la ritirata. Le perdite americane erano, tra morti e feriti, di circa 700 uomini contro i 500 inglesi, quasi tutti feriti.

Il 22 settembre 1777 Philadelphia cadde in mano inglese.

Il contraccolpo psicologico fu notevole e George Washington dovette organizzare il contrattacco per il 4 ottobre.

Egli elaborò però un piano che si rivelò troppo difficile da attuare per l'Esercito Continentale: quattro colonne avrebbero infatti dovuto marciare verso la città per poi fuggire, riunirsi nel villaggio di Germantown (oggi parte dell'area urbana) e attaccare poi Philadelphia lasciata sguarnita.

Sarebbe stato fondamentale il tempismo tra le colonne ma la prima si attardò, la seconda sbagliò strada incrociando la terza che, scambiatola per il nemico, la bersagliò.

Solo la quarta, guidata personalmente da Washington e dal generale Sullivan, rispettò la tabella di marcia ma, giunta vicino a Germantown, si scontrò per ore con le truppe inglesi appostate nella fattoria Chew House, difesa grazie ai muri degli edifici.

Nel frattempo Cornwallis, accortosi dell'accaduto, radunò i suoi uomini e iniziò ad inseguire la quarta colonna.

Washington non riuscì, anche a causa della nebbia, ad abbandonare il campo prima dell'attacco e subì una pesante sconfitta (gli americani persero 670 uomini contro 535 inglesi).

Il vantaggio avuto a Trenton ed a Princeton era stato vanificato e solo il successo di Gates a Saratoga salvò gli statunitensi dalla sconfitta.

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La battaglia di Saratoga

Mentre a sud gli statunitensi erano stati sconfitti, sul fronte settentrionale, dov'erano comandati da Benedict Arnold, le cose per loro andavano un po' meglio.

Burgoyne aveva infatti commesso l'errore, dopo la conquista di forte Edward, di dirigersi nella valle dell'Hudson attraverso la wilderness, una landa desolata conosciuta bene solo dai volontari indiani che avevano ormai abbandonato il generale inglese; gli uomini, appesantiti da quarantadue cannoni e dai carriaggi, avanzavano nella wilderness con molta fatica coprendo solo cinque o sei chilometri al giorno, perdendo molti carri e allontanandosi dalle basi canadesi.

Gli americani conoscevano meglio la zona e decisero di impegnare gli inglesi con la tattica della guerriglia.

Il generale Arnold decise di affidarsi alle truppe di cacciatori facendo attaccare le retrovie e i fianchi inglesi da sentieri poco noti; nel frattempo l'Esercito Continentale erigeva piccoli fortini sulla strada per impegnare le avanguardie di Burgoyne.

Intanto era giunto da West Point il polacco Tadeusz Kościuszko, incaricato di allestire un solido sistema difensivo sulla cresta di Bennis Heights, vicino al villaggio di Saratoga.

Nel frattempo 7.000 uomini al comando di Horatio Gates erano stati mandati, per ordine di Washington, dal New Jersey verso le Bennis Heights.

A causa di questa tattica Burgoyne aveva perso, 1.000 uomini che, aggiungendosi alle diserzioni, riducevano le truppe inglesi a un totale di 7.000 uomini.

Al generale inglese non rimanevano che due possibilità:

ritirarsi riattraversando la wilderness con l'inverno alle porte e con la guerriglia americana oppure proseguire sperando di ricongiungersi con i rinforzi di Howe e St. Leger.

Scelse di avanzare e mandò avanti il colonnello Baum e ottocento uomini nel Vermont con l'ordine di rastrellare i viveri dalle fattorie mentre preparava la partenza.

Baum e i suoi soldati vennero però attaccati a Bennington sia dai regolari di John Stark sia dai Green Mountain Boys, il reggimento di fanteria che raggruppava i soldati del Vermont, di Seth Warner.

I britannici dovettero così ritornare dal generale con solo duecento effettivi e senza viveri.

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Burgoyne si mosse nell'errata convinzione di ricongiungersi con le truppe provenienti da New York e Oswego; in realtà il generale non sapeva che le truppe di Howe non avevano lasciato New York per Saratoga bensì per Philadelphia mentre quelle di St. Leger erano state sconfitte.

Il colonnello aveva infatti lasciato Oswego rapidamente ed era avanzato per circa cento chilometri arrivando al forte Schuyler, difeso da meno di duecento americani, lasciando una parte delle truppe ad assediarlo; con le altre raggiunse il 6 luglio 1777 Oriskany, un villaggio sull'omonimo fiume.

Qui le truppe di Herkimer prima e di Arnold poi lo attaccarono di sorpresa costringendolo alla ritirata. Durante il ripiegamento raggiunse ancora forte Schuyler e decise di mantenere l'assedio; le truppe indiane e lealiste scelsero tuttavia di abbandonarlo e, alla ripresa degli attacchi statunitensi, ritornò alla base.

Quando a Londra il governo seppe della decisione di Howe di attaccare Philadelphia ordinò subito al generale Clinton, rimasto a New York con 2.000 uomini, di risalire l'Hudson.

Il generale eseguì solo in parte l'ordine e, dopo averlo risalito per qualche chilometro, ritornò in città avvertendo Burgoyne di non poter andare in suo aiuto.

Il 13 settembre Burgoyne superò Saratoga e marciò verso le Bennis Heights, dove Arnold aveva concentrato 8.000 uomini.

Il 19 settembre gli inglesi attaccarono costringendo gli americani a ripiegare senza poter però infliggere un colpo decisivo.

Il generale inglese, avvedutosi dell'arrivo dei rinforzi statunitensi comandati da Horatio Gates, si spostò dalle Bennis Heights e concentrò le sue difese sulla fattoria Freeman, una grande tenuta con molti edifici facili da difendere.

Il 7 ottobre, poiché i viveri cominciavano a scarseggiare, Burgoyne decise di attaccare nuovamente le Bennis Heights.

La risposta americana fu però molto efficace: i generali Morgan e Poor lo attaccarono sui fianchi metre Arnold riuscì a sfondare il centro dello schieramento nemico.

Burgoyne riuscì a sottrarsi alla mossa a tenaglia ed a dirigersi verso Saratoga dove però vi erano le truppe di Gates che lo attaccarono.

Le posizioni inglesi caddero una dopo l'altra fino al 17 ottobre quando Burgoyne si arrese con soli 5.000 uomini a sua disposizione. Gli statunitensi erano a capo invece di 16.000 o, secondo altre fonti, 18.000 uomini.

Tutti gli uomini che si erano arresi, compreso il generale inglese, furono rilasciati e imbarcati su navi dirette in patria.

La battaglia di Saratoga o le battaglie, secondo la storiografia americana che separa gli scontri del 19 settembre da quelli del 7-17 ottobre, ebbe un effetto notevole.

Gli statunitensi avevano infatti riunito per la prima volta un numero consistente di uomini e avevano sconfitto gli inglesi in campo aperto.

Inoltre caddero a Parigi le ultime resistenze contro l'alleanza franco-americana che venne ratificata il 6 febbraio 1778.

Nel gennaio del 1778 William Howe lasciò, da vincitore, il comando dell'Esercito Britannico negli Stati Uniti e ritornò in patria, come già aveva fatto John Burgoyne, seppur da sconfitto.

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La Francia entra in guerra

La notizia della vittoria di Saratoga giunse in Francia ai primi di dicembre del 1777.

Il 12 dicembre il ministro degli esteri francese, Charles Gravier conte di Vergennes, convocò segretamente Franklin e gli altri diplomatici statunitensi per iniziare a discutere dell'alleanza, perfezionata nei mesi seguenti.

I negoziati terminarono il 6 febbraio 1778 quando fu firmato il "Trattato di amicizia e di alleanza" tra la Repubblica degli Stati Uniti d'America ed il Regno di Francia; nel testo i francesi garantivano «pieno appoggio per mare e per terra» mentre gli americani si impegnavano a «non concludere una pace separata con la Gran Bretagna».

Come risposta il governo inglese varò lo stesso giorno il cosidetto "Piano di riconciliazione" per cui le colonie avrebbero ottenuto la massima autorità governativa a patto di riconoscere il re d'Inghilterra come proprio sovrano.

La proposta venne tuttavia declinata in quanto gli Stati Uniti godevano ormai dell'appoggio di un potente alleato e potevano quindi opporsi alla madrepatria senza correre il rischio della capitolazione.

Ratificata l'alleanza si mobilitò subito un corpo di spedizione, furono aumentati i rifornimenti all'Esercito Continentale, iniziarono i colloqui per estendere l'alleanza al Regno di Spagna e alla Repubblica delle Sette Province Unite (gli odierni Paesi Bassi) e fu ordinato a Charles Hector conte d'Estaing di scortare negli Stati Uniti il primo ambasciatore francese.

Nel frattempo gli inglesi dovettero invece far fronte alle dimissioni di William Howe, sostituito da Henry Clinton.

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La fine del 1778

Il 18 giugno, le truppe di Clinton lasciarono Philadelphia dirigendosi verso New York;

Washington cercò di sfruttare la lentezza inglese e, nonostante le sue truppe fossero in Pennsylvania, sapeva che avrebbero potuto raggiungere Clinton se avessero attraversato a tappe forzate il New Jersey

La manovra fu effettuata senza problemi utilizzando anche vari contrattacchi per coprire le forze che si stavano ritirando e alla fine gli statunitensi lasciarono sul campo 360 uomini contro i 415 inglesi senza però ostacolare Clinton.

Il 7 luglio giunse a Philadelphia il conte d'Estaing, salpato il 18 aprile da Tolone, e con lui l'ambasciatore e i rifornimenti francesi.

Con l'arrivo del conte gli Stati Uniti si trovavano ad avere per la prima volta una flotta competitiva da opporre a quella inglese.

L'arrivo francese non migliorò al momento la situazione e nel novembre del 1778 Clinton sbarcò in Georgia 6.000 uomini che conquistarono subito la città di Savannah.

Dopo aver occupato la città le truppe si mossero verso ovest e verso nord e, aiutate da Clinton giunto in città con 3.000 soldati di rinforzo, iniziarono a minacciare la Carolina del Sud.

Washington, pur essendo a conoscenza della delicata situazione del meridione, non poteva inviare rinforzi sia per le eccessive distanze sia perché gli uomini che aveva a disposizione erano sufficienti solo a fronteggiare gli inglesi di New York e Newport, posta nel frattempo sotto assedio, e a sorvegliare la frontiera canadese.

Il generale decise allora di ritornare agli accampamenti invernali dove continuava il lavoro di von Steuben aspettando che anche il Regno di Spagna firmasse l'alleanza anti-inglese.

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L'assedio di New York e il teatro meridionale

Dopo la battaglia di Monmouth, Washington schierò le sue truppe attorno a New York.

L'autunno del 1779 non portò a scontri importanti ma in dicembre, mentre Washington stava ritirandosi nei quartieri invernali, Clinton attaccò.

Il 26 dicembre 16.000 anglo-assiani mossero da Savannah con 2.000 carri e 500 cannoni.

Il 10 marzo 1780 le avanguardie avvistarono Charleston, posta sotto assedio il 20 marzo.

L'assedio durò circa due mesi senza che Washington potesse inviare aiuti dal nord e, in maggio, il forte dovette capitolare; il 23 maggio, giorno successivo alla resa del forte, la bandiera inglese fu issata in città.

La conquista della città aprì ai britannici le porte dell'intera Carolina del Sud e, in prospettiva, anche della Carolina del Nord.

In caso di manovra tempestiva da parte di Clinton l'Esercito Continentale sarebbe stato schiacciato tra le forze della Carolina e quelle di New York ma il generale preferì lasciare il comando a Lord Cornwallis ritornando sul teatro settentrionale.

Il 12 giugno Rochambeau sbarcò alle foci del Delaware con 5.000 soldati regolari pronti per essere impiegati a fianco dell'Esercito Continentale; le forze del francese, accorpate a quelle di La Fayette, erano numericamente inferiori ma qualitativamente superiori a quelle locali.

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Il tradimento di Arnold

Al termine del 1780 un altro problema colpì gli statunitensi: Benedict Arnold, uno dei generali dell'Esercito Continentale, passò al nemico.

Egli si era arruolato nel 1775, agli inizi della guerra, nominandosi colonnello; secondo i suoi contemporanei non aveva affatto preparazione militare ma era coraggioso e dotato di "un naturale talento tattico".

Washington intuì che sarebbe stato utile per la guerriglia e lo schierò a nord dove si mise in luce contrò Burgoyne.

Tuttavia egli non era veramente interessato all'indipendenza degli Stati Uniti ma puntava soprattutto all'arricchimento.

Washington, capite le vere intenzioni dell'uomo, lo intralciò nella promozione a generale: dopo la battaglia di Saratoga, dove Arnold aveva avuto un ruolo di primaria importanza, il comandante in capo americano attribuì tutto il merito della vittoria a Gates e, solo dopo le violente proteste di Arnold nel 1778 gli concesse di divenire il governatore di Philadelphia.

A causa dei furti probabilmente perpetrati da Arnold in città Washington fu obbligato a trasferirlo, nel 1779, a West Point, uno dei capisaldi dell'accerchiamento di New York, provocando però il rancore dell'uomo che considerava la carica poco importante.

Verso la fine del 1780 alcuni soldati statunitensi fermarono un uomo in borghese che stava cercando di ritornare nella città di New York, occupata dagli inglesi.

Questi, interrogato, ammise di essere il maggiore John André e di essersi accordato con Arnold affinché West Point fosse venduta per 20.000 sterline.

Washington decise di punire entrambi gli implicati nella vicenda ma, mentre André fu catturato e condannato all'impiccagione, Arnold riuscì a riparare in città e ottenne da Clinton la nomina a maggior generale, cosa che gli permise di comandare un reparto composto da lealisti.

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Il morale dell'Esercito Continentale crollò.

Nel gennaio del 1781, in Pennsylvania, si verificò la ribellione di alcuni reparti che non ricevevano i viveri e le paghe.

Washington riuscì, in parte grazie al suo carisma e alla promessa dei pagamenti, in parte grazie alla durezza con cui reprimette il sollevamento, a calmare le acque.

In febbraio cadde però la Carolina del Nord, completamente occupata da Cornwallis, e iniziò a subire l'invasione anche la Virginia.

La nomina di Greene portò comunque i primi risultati positivi per gli statunitensi sul fronte meridionale: i suoi attacchi, supportati dalle sortite dei generali Sumter e Marion, provocarono molte vittime nelle file inglesi.

La vittoria più importante degli americani in questo periodo fu quella di Kings Mountain in cui vennero uccisi o catturati circa 1.000 britannici, tra i quali Patrick Ferguson, l'inventore del primo fucile a retrocarica.

Nonostante le perdite Cornwallis rimaneva a capo di 8.000 uomini contro i circa 4.000 di Greene.

Charles Cornwallis scrisse a Clinton delle lettere in cui chiedeva ingenti rinforzi in modo da rendere facile la riconquista inglese tramite un'avanzata da sud.

Il comandante in capo, nonostante avesse a New York una superiorità numerica schiacciante gli inviò solo due reparti di lealisti: 2.400 comandati dal generale Phillips e 1.600 da Arnold nel marzo del 1781.

Il primo a sbarcare, nel nord della Virginia, fu l'ex generale americano che cercò subito di ricongiungersi con Cornwallis conquistando ciò che trovava sul suo cammino.

Cornwallis, deluso dai rinforzi che non gli garantivano il controllo di tutta la Carolina del Nord, iniziò a pensare alla ritirata in una piazzaforte, possibilmente situata sulla costa.

Nello schieramento franco-americano vi era una discussione tra Washington e Rochambeau: lo statunitense sosteneva che prima bisognava liberare New York e poi attaccare Cornwallis mentre il francese era favorevole ad un attacco diretto contro quest'ultimo.

Nel frattempo, il 22 marzo, l'ammiraglio de Grasse partì per le Antille dove avrebbe recuperato 3.000 regolari francesi.

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La battaglia di Yorktown

Clinton, preoccupato per lo stato d'assedio di New York, ordinò a Cornwallis, l'11 giugno del 1781, di mandare in città 3.000 uomini.

Sconfitto per la seconda volta La Fayette il generale obbedì inviandone 2.800, arrivati in città il 19 agosto, ma rimanendo con appena 9.000 uomini in Virginia.

Sapendo di non essere in condizione né di attaccare né di potersi difendere Cornwallis ordinò di ritirarsi a Yorktown, nella Chesapeake Bay, alla metà di luglio.

In agosto giunsero i rinforzi francesi, in tutto 3.200 uomini, rcuperati da de Grasse nelle Antille; grazie al loro arrivo le forze franco-americane constavano di 26.000 uomini, 9.000 francesi e 17.000 statunitensi (di questi 2.000 erano miliziani e 15.000 regolari addestrati da von Steuben).

Washington decise di mantenere 3.000 uomini a New York e di spostare in segreto gli altri, a cominciare dalla metà di agosto, verso il teatro meridionale.

Nel frattempo l'ammiraglio de Grasse sconfisse il collega inglese Graves nella Chesapeake Bay assicurandosi la supremazia marittima per l'assedio di Yorktown.

Nel frattempo Washington e Rochambeau si riunirono il 28 settembre a Williamsburg muovendosi poi per accerchiare Yorktown con 16.645 uomini (8.845 statunitensi e 7.800 francesi).

Il 9 ottobre cominciò il primo cannoneggiamento, portato avanti dagli americani. Il giorno successivo l'artiglieria francese si sostituì a quella statunitense continuando l'attacco.

Grazie alla copertura gli assedianti riuscirono ad erigere una nuova linea a soli trecento metri dalle difese portando Cornwallis a ritirarsi nel ridotto centrale, troppo piccolo per difendere tutti i soldati inglesi.

Il 13 ottobre caddero i due fortini che Cornwallis aveva scelto come avamposti e, il 14, 400 uomini inviati dal generale inglese per contrattaccare vennero respinti subendo circa centoventi perdite.

Nella notte Cornwallis cercò di riparare a Gloucester ma sia la presenza della flotta di de Grasse sia una tempesta bloccarono la traversata del fiume York.

Il 17 ottobre Cornwallis si arrese anche se formalmente la dichiarazione di resa venne firmata solo il 19.

Le truppe franco-americane ebbero 75 morti e 199 feriti contro i 156 morti, 326 feriti e 8.077 prigionieri inglesi. Anche se ci furono ancora battaglie successive a Yorktown il successo segnò di fatto la vittoria americana della guerra.

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La fine delle ostilità Dopo la battaglia di Yorktown la

situazione vedeva avvantaggiati gli inglesi a nord e ad ovest mentre gli statunitensi erano in vantaggio a sud.

New York era protetta da 20.000 uomini ai comandi di Clinton, appoggiati da venti navi di linea, mentre la frontiera canadese contava 5.000 difensori protetti da un sistema di fortificazioni.

Il fianco occidentale vedeva gli inglesi e i lealisti occupare l'Illinois controllando Detroit e Vincennes con 4.000 uomini, appoggiati dai nativi.

A sud invece il generale Greene, dopo aver riunito 7.000 uomini, aveva sconfitto l'8 settembre a Eutaw Springs (Carolina del Sud) i britannici proseguendo la riconquista della Carolina del Nord, della Carolina del Sud e della Georgia.

Nelle mani inglesi rimasero solo le città fortificate di Charleston e Savannah.

Tatticamente la guerra poteva essere rimessa in discussione da parte inglese ma il fronte interno del paese cedette.

Gli effetti della guerra sull'economia erano stati disastrosi e l'opinione pubblica, cui erano state promesse facili vittorie, dovette scontrarsi con la realtà che faceva registrare pesanti sconfitte.

Molti politici iniziarono a credere che, poiché l'Esercito Continentale era ormai appoggiato dalla maggior parte della popolazione, sarebbe stato impossibile mantenere il controllo degli Stati Uniti con la forza.

Inoltre l'intervento della Spagna e del Regno di Francia avrebbe potuto togliere il controllo dei mari al Regno Unito.

Gli scontri sul continente così terminarono mentre continuarono quelli sul mare, dove vinsero gli inglesi.

Nell'estate del 1782 cessarono de facto le ostilità anche se si dovette attendere il 3 settembre 1783 per la firma del trattato di Parigi.

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La guerra per mare

Quando scoppiò la guerra la marina francese aveva ottanta navi di linea e la Spagna circa sessanta a cui la Royal Navy ne poteva opporre circa centocinquanta di linea e 228 totali.

La marina britannica era quindi la più potente del globo, non tanto per numero di navi ma per la preparazione tecnica degli equipaggi e dei comandanti, a tutti i livelli.

Fino all'intervento della Francia nel 1778 i coloni furono costretti ad operare solo con la guerra di corsa cercando di molestare il traffico mercantile britannico senza essere in grado di arrecare danno alla marina militare.

Con l'intervento francese le cose cambiarono radicalmente poiché la flotta francese, potente quanto quella inglese, poteva impegnare anche la Royal Navy su tutti i fronti.

L'impegno francese, al quale successivamente si aggiunse quello spagnolo, costrinse la flotta britannica sulla difensiva in Europa ed in India mentre la flotta francese, in alcune occasioni, ebbe la possibilità di ottenere la superiorità marittima su quella avversaria nelle Indie Occidentali.

Fondamentale fu l'appoggio della flotta per la caduta di Yorktown, che segnò il giro di boa della guerra.

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Il trattato di Parigi Clinton fu richiamato in patria nella

primavera del 1782, ufficialmente per le sue responsabilità nella sconfitta di Yorktown.

In realtà gli inglesi volevano lanciare un chiaro segnale agli statunitensi che cominciarono le trattative di pace in estate.

Il 30 novembre del 1782 Regno Unito e Stati Uniti d'America giunsero alla pace separata, firmata dal primo ministro britannico William Petty, marchese di Lansdowne e da Benjamin Franklin; il trattato stabiliva il cessate il fuoco tra i due stati e il riconoscimento inglese degli Stati Uniti ma rimandava alla pace definitiva tutte le questioni militari e territoriali.

Anche il Regno di Francia si avviava ormai ad iniziare dei colloqui di pace e i primi contatti ufficiali avvennero nel gennaio del 1783 a Versailles.

Il 3 settembre 1783 venne infine firmato il trattato di Parigi che concludeva la guerra anche de iure.

Le truppe inglesi lasciarono New York il 25 ottobre mentre il 10 dicembre Washington si congedò dall'Esercito Continentale.

Il trattato stabilì l'acquisizione della sovranità da parte degli Stati Uniti per i territori ad est del Mississippi (non erano compresi però la Florida, territorio spagnolo, e parte dell'attuale Louisiana) e la possibilità di continuare l'espansione verso ovest.

Il Regno Unito, nonostante la sconfitta, rimase la più grande potenza marittima dell'epoca.

La Spagna riuscì solo a riconquistare Minorca e a mantenere la Florida generando però una grave crisi politica che portò alla disgregazione del suo impero coloniale.

Infine il Regno di Francia, pur conquistando il Senegal e Trinidad e Tobago ponendo inoltre le basi per la conquista dell'Indocina francese, perdette moltissime risorse per finanziare la guerra; la crisi derivante spianò la strada al successo della Rivoluzione francese.

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Cronologia 1775

– 18 aprile - A Lexington e Concord vi sono i primi scontri tra americani e inglesi.

– 31 maggio - Il Congresso costituisce l'Esercito Continentale.

– 17 giugno - Battaglia di Bunker Hill; vittoria tattica inglese ma subita a prezzo di ingenti perdite.

– 13 novembre - Conquista americana di Montréal. – 31 dicembre - Sconfitta americana a Québec.

1776 – 17 marzo - Gli inglesi si ritirano da Boston. – 30 giugno - Sbarco inglese a New York. – giugno/agosto - Burgoyne e Carleton sono respinti a

nord. – 4 luglio - Viene approvata la Dichiarazione

d'Indipendenza degli Stati Uniti. – 22-29 agosto - Battaglia di Long Island; vittoria inglese. – 25 ottobre - Battaglia delle Harlem Heights; vittoria

inglese. – 16-28 novembre - Cadono Fort Lee e Fort Washington;

gli statunitensi lasciano New York. – 26 dicembre - Battaglia di Trenton; vittoria

statunitense. 1777

– 3 gennaio - Battaglia di Princeton; gli americani riconquistano il New Jersey.

– 28 agosto - Sbarco inglese a Philadelphia. – 11 settembre - Battaglia di Brandywine; gli statunitensi

abbandonano Philadelphia. – 4 ottobre - Battaglia di Germantown; vittoria inglese. – 7-17 ottobre - Battaglia di Saratoga; vittoria

statunitense. 1778

– 6 febbraio - Il Regno di Francia entra in guerra. – 11 giugno - Gli inglesi lasciano Philadelphia. – 28 giugno - Battaglia di Monmouth; vittoria inglese. – dicembre - Gli inglesi occupano Savannah.

1779 – 9 maggio - Il Regno di Spagna entra in guerra. – 3 luglio - I francesi occupano Grenada.

1779

– 9 maggio - Il Regno di Spagna entra in guerra.

– 3 luglio - I francesi occupano Grenada.

1780

– 23 maggio - Gli inglesi occupano Charleston.

– luglio - Gli inglesi occupano la Carolina del Nord e sconfinano in Virginia.

– 16 agosto - Battaglia di Camden; vittoria inglese.

– 7 ottobre - Battaglia di Kings Mountain; vittoria americana.

1781

– 15 marzo - La Fayette è sconfitto in Virginia e ripiega su Richmond.

– 5 settembre - Battaglia navale della Chesappeake Bay; i francesi tagliano le vie di rifornimento inglesi in Virginia.

– 28 settembre/18 ottobre - Battaglia di Yorktown; le forze inglesi impegnate nel teatro meridionale si arrendono.

1782

– 10 aprile - Le forze navali di de Grasse sono annientate da quelle di Rodney.

– 30 novembre - Stati Uniti d'America e Regno Unito firmano l'armistizio.

1783

– 3 settembre - Trattato di pace definitivo. Gli inglesi lasciano gli Stati Uniti.

– 10 dicembre - Washington si congeda dall'Esercito Continentale.

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Di Alberto Bacchiega e Morin Niccolò