Baby Adelaide (Cap. 1 & 2)

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Vent'anni di età, e il disperato bisogno di avere una storia da raccontare.Il viaggio della vita, o un viaggio che comunque, la vita, può cambiarla per sempre.Uno studente abbandona il vecchio stivale alla volta delle sconfinate terre d'Australia: un "Exchange Program", occasione unica di evasione e crescita, destinata a compiersi sull'altra parte del mondo.Baby Adelaide è la ricerca di una storia, e la città in cui prenderà il viaScrivetemi all'indirizzo mail [email protected] per maggiori informazioni, oppure curiosate in libertà sulla pagina Facebook ( https://www.facebook.com/babyadelaide )

Transcript of Baby Adelaide (Cap. 1 & 2)

Marco Cornetto

Baby Adelaide

Titolo | Baby AdelaideAutore | Marco Cornetto

ISBN | 978-88-91199-47-8

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Baby Adelaide

1.

Tanto per cominciare, si scrive Adelaide ma si legge Adeleide. E la e lunga, quindi suona pi tipo Adeleeeide. Non ho mai capito il senso di quella pronuncia, l'ho sempre considerata ridicola, una storpiatura del cazzo. Ma vabb.La Grande Madre B. mi ci aveva spedito in modo del tutto inaspettato, o almeno inaspettato per me: il mio nome doveva esserle spuntato fuori per caso, e con ogni probabilit, trovandoselo tra le mani, non aveva avuto idea di che farsene. Ai suoi occhi ce nerano tanti, di nomi, perfetti sostituti luno dellaltro, ma certe volte la vita ha gi programmato tutto, lo sa in anticipo, aspetta solo loccasione buona, e cos zaaac, its up to you, amigo, volevi la bicicletta, adesso pedala. Ero seduto in bagno a pisciare (le Ladies mi perdonino per la volgarit) quando scoprii che avevano accettato la mia richiesta: una domanda fatta senza sperarci troppo, giusto per togliermi il pensiero. E invece eccomi l, sulla bianca ceramica riscaldata dal mio fondoschiena, la bocca asciutta e lAustralia ad attendere. Era una strana sensazione, lo ammetto. Come quando arriva l'inverno, fai per rimetterti addosso il giaccone e, frugando nelle tasche, trovi dentro qualche spicciolo rimasto l dall'anno precedente. Non te lo aspetti. Che poi per lei, per Great Mama B., non ero che quello: uno spicciolo, un numero, un gettone da consumare in luna park di girovaghi e viandanti. Ed era piena di spiccioli, piena di gettoni, alcuni che pur valendo meno di un cazzo erano tirati a lucido, desiderosi di brillare, lucenti loro, il contenuto non importa quando splendi pi degli altri. Forse.Comunque, a pensarci bene, bella la parola viandante. Un viandante qualcuno che deve muoversi, andarsene via per necessit: se si ferma spacciato. la croce portata dai circensi, bastardi e sradicati; le loro attrazioni dopo un po rischiano di annoiare, i trucchi di essere scoperti e svelati al mondo, quindi eccoli partire nella notte, addosso lo stesso silenzio con cui erano arrivati, scie di polvere e stupore, in cerca di un nuovo paesino in cui montare i propri tendoni. Strani i viandanti, certo, vero, siamo daccordo, ma in fondo scappiamo tutti da qualcosa. Per quanto riguardava me, gi Io sapevo: da Piazza Duomo e i suoi turisti a far foto storte e controluce, dalla puzza sotto il naso, da codici estetici, eleganza e bon ton, dal metr con lodore di freni consumati e gente che impazza per corrergli dietro, smaniosa di recarsi al lavoro. Andarmene dal grigio, dallasfalto, e perch no, anche dalle serate shottino and disco. Allontanarmi dalla fretta, quella malata, che logora le viscere, prima ancora di potersi fermare a guardare indietro e ammettere che coglione sono stato. Molti la spacciano per fame, ambizione, per una illusione chiamata carriera, ma io mica me le bevo le loro stronzate. Gambe tese, sguardi bassi, cravatte intorno al collo allacciate a mo di cappio, valigette ventiquattrore, rumore di tacchi di marca, sia mai , fascicoli per il capo, barba rasata, capelli in ordine e profumo che penetra nelle narici: tutti inevitabilmente uguali. Roba da chiuderli in un recinto, pecore quali sono, surrogati, e urlar loro: Cosa diavolo state facendo? Amici, seriamente, vi siete bruciati il cervello o che altro?. Dovrei farlo davvero, qualche volta, e vedere cosa hanno il coraggio di rispondere.Insomma, Milano non era fatta per me, si capito, e io di certo non le andavo a genio, io, lurida spina nel fianco venuta da terre foreste, quindi meglio guardarsi intorno prima di impazzire. Paradossale che la soluzione mi fosse stata offerta da una delle pi celebri perle del luogo. Un po come scopare la figlia della prof del liceo, lo fai per ripicca, in cuor tuo nemmeno ti piace, ma la usi e basta, immaginando la teacher tanto odiata tornare a casa e beccarti nel letto della sua bambina, magari a fare sesso non protetto. Uno spasso.A dire il vero, per, non scappavo soltanto da Milano. No, scappavo anche dalla mia citt, dagli stupidi provincialotti e le loro ancor pi stupide convinzioni e certezze, dalla vita nei bar, da piedistalli di latta, parole che ribollono nel sangue, dalla monotonia. Oh, la monotonia, quella ammazza sul serio, e chi la accetta di buon grado proprio non lo capisco. Avere ventanni e sprecarli miseramente, flush it down the toilet, gi per il cesso.Per farla breve, noti i motivi finora elencati, punto di inizio da cui cominciare il racconto, laltra parte del mondo pareva essere una giusta distanza tra me e tutto ci che volevo lasciare alle spalle.

2.

La seconda ragione per spingersi tanto lontano aveva a che fare con la ricerca di una storia da raccontare. Nientaltro: solo una misera cazzo di storia. Credo sia insito nella natura delluomo tentare di trovarne una, il desiderio di guardarsi allo specchio e pensare hey, eccomi qua, I got something to say. Eppure ci sono tizi, cos mi stato detto e giurato, a cui la cosa non sembra importare poi molto. Alcune persone avvertono questo bisogno come un rumore remoto, semplice ronzio, verr il momento, s, quindi perch preoccuparsene ora? Magari non arriva mai eh, ma vabb. E addirittura ne esistono altre stentavo a crederci, quando il ladro e il giullare me le hanno mostrate che si muovono con il paraocchi, tappi alle orecchie, percorsi disegnati a tavolino, e il richiamo non riescono neanche a sentirlo. Alla fine si spengono di colpo, cori parrocchiali e messa tra parenti, era un bravuomo, eh gi, ma il vero problema che a breve scade il parcheggio della macchina. Fortuna che esistono gli ultimi, i reietti, i miei preferiti, strani forti loro: si dannano lesistenza per cercare un senso, uno scopo, la fottutissima storia da urlare al mondo. Sono gli insoddisfatti, gli incazzati, quelli che fissano il soffitto con la gola ingorgata dal fango, senza mai sorridere realmente, non c nulla per cui gioire, ma le poche volte in cui lo fanno esplodono di luce, abbagliano, oh s, la rabbia per qualche istante si placa e gli d tregua. Se trovano il loro racconto, loro soltanto, sono capaci di non prendere fiato e cantarlo a tutti, fino a svuotare completamente i polmoni, lasciandosi cadere sullasfalto come frutti maturi, un tonfo sordo; non gli frega un cazzo di morire quando sanno di avercela fatta. Magici.Ed io? Beh, io ero un semplice ventenne con qualcosa da dire, ma senza la minima idea di come riuscire a farlo. Che poi, se vogliamo essere onesti e sinceri mettiamoci a nudo, una volta tanto! , e credo si debba in simili casi, anche solo per trasparenza verso il lettore, neppure sapevo cosa diamine avessi da dire di preciso. Insomma, niente storia e nessuna idea su come raccontarla, semmai me ne fosse capitata una per le mani. Situazione di merda, per usare un francesismo (mie amate Ladies, pi avanti trover il modo per farmi perdonare, ve lo prometto).Per dimprovviso ecco la mia occasione. Che quella citt con il nome da donna avesse qualcosa in serbo per me? Non riuscivo ad alzarmi dal gabinetto, a scrollarmi di dosso una sensazione cos nuova, cos maledettamente reale, passando dalleccitazione alla strizza nel giro di pochi secondi. Perch mi affascinava lidea di una terra che non mi conosceva, dove ricominciare senza essere nessuno, misera briciola di uno sterminato deserto, semplice sputo e niente di pi. S, fanculo, non sei assolutamente nulla, come giusto che sia del resto. Vero, ma lansia cera e si faceva sentire; aspettava in silenzio il momento in cui parevo essermi convinto e, proprio quando ero sul punto di alzarmi in piedi e urlare Im reeeeeady, mi tagliava le gambe, frantumandone le ossa. facile intuire quindi che dal cesso, metaforicamente parlando, non mi ci staccai per lunghissimo tempo.Poi succede daltronde sempre cos, non minvento nulla di nuovo che una mattina apri gli occhi, lalito pesante e il fido alzabandiera sotto le coperte, e ti domandi: voglio farne qualcosa di questa cazzo di vita?Volevo farne qualcosa. Volevo fare tutto e niente, e nel cercare la mia storia schiantarmi come grandine sui tetti. Fa paura il suono, roba da svegliarsi la notte, se sei a dormire in un buco di mansarda, e saltare in piedi terrorizzato. Eppure il rumore pi bello che il nostro buon Dio potesse inventare. In fondo non delicata come la neve, n monotona come la pioggia, la grandine, ma fa male, la grandine, distrugge e vuol farsi sentire mentre ci accade. E io volevo essere come lei, come quei mille cristalli di ghiaccio, precipitare con fragore sui roventi deserti dAustralia e sciogliermi al primo contatto, fondendomi con loro in ununica polpa rossa.Adesso polpa, pasta, argilla da modellare, avrei lasciato che il vento mi plasmasse, dandomi la forma che pi preferiva, il soffio lento di un artigiano silenzioso. Sciolta dal sole, nessuna pelle a proteggermi, nessuna resistenza al cambiamento. Sarei rimasto zitto e buono a farmi violentare, una violenza piacevole e consenziente questa volta, pacifica forma di masochismo; con addosso trasparenti mani creatrici, avrei poi guardato terre sconosciute e selvagge pensando:

Riempi gli occhi, riempili pi che puoi

Non pensavo ad altro, e non avrei dovuto smettere di farlo per nessuna ragione al mondo. Quasi che, con un bicchiere di vetro incollato allorecchio, fossi riuscito a trovare la giusta posizione per origliare di nascosto il respiro pulsante della Terra.

Riempi gli occhi, riempili pi che puoi

stato un travaglio, la madre che partorendo impreca contro gli infermieri, un male cane ad annebbiarle la mente. Ma alla fine lo butta fuori il suo bambino, il cordone aspetta unicamente di essere tagliato, e le urla isteriche si tuffano presto in un sospiro di sollievo, tutti vogliono quiete dopo il gran trambusto. Tradotto: ci ho messo un po di tempo a metabolizzare la cosa, ma mi decisi finalmente a partire.