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La storia diAzzurra

edizioni

Masso delle Fate

MichelaBertini

illustrazioni di

La storia diAzzurra

MarcelloBertini

MichelaBertini

La storia diAzzurra

Comune di SignaAssessorato alla Cultura

EnteFieradi Signa

Michela BertiniLa storia di Azzurra

PresentazioneGiorgio Concato

IllustrazioniMarcello Bertini

Consulenza editoriale e stampaEdizioni Masso delle Fate - Signa

Grafica e impaginazioneStefano Lenzi

Si ringrazia per la partecipazione al progetto:Paolo Bambagioni, Michele Bertini, Carla Guiducci Bonanni, BeppeBonardi, Giacomo De Lucia, Ugo Fortini, Silvana Guida, Gabriella Nardi

1ª Edizione maggio 2004Tutti i diritti riservatiISBN 88-87305-56-0© Copyright Masso delle Fate Edizioni

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Dopo la realizzazione di tanti volumi sulla storia e sualcune vicende di Signa, ecco una favola rivolta a Voi ragazzied anche ai più piccini.

È un augurio per il vostro futuro e per la vostra crescitaed anche un invito a non arrendersi mai davanti alle difficol-tà e agli ostacoli, ad assecondare, con gioia, il desiderio diconoscenza.

È un modo per incoraggiarvi a scoprire le bellezze e lemeraviglie che la vita ha sicuramente in serbo per Voi.

Un grande augurio

Paolo BambagioniSindaco di Signa

Presentazione Sindaco

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In questi anni la Biblioteca Comunale di Signa, inseritanel Sistema Documentario dell’Area Fiorentina (SDIAF), hacercato di potenziare l’appoggio e lo stimolo alla lettura conparticolare riferimento ai giovani. In questo senso va ricorda-ta la costituzione delle biblioteche scolastiche, le numerosemanifestazioni e laboratori anche per i più piccoli, il progetto“Leggere fa bene” concepito come un “ricettario” per avvici-nare alla lettura.

In un’epoca che consuma tutto velocemente e che ponele nuove generazioni di fronte ad una realtà sempre più virtua-le, può sembrare romantico e forse pedante, insistere sul vec-chio caro libro. Niente da eccepire sul progresso e sulla neces-sità di conoscere e padroneggiare mezzi e linguaggi informa-tici, ma un’emozione, un ricordo, un’atmosfera resteranno piùfacilmente legati a quei momenti di complicità che possiamoconcederci con una lettura.

Sempre in quest’ottica, inoltre, l’Amministrazionecomunale, in collaborazione con gli insegnanti, ogni annochiede agli alunni delle scuole signesi la partecipazione al Pre-mio “Mario Luzi”; chiede quindi dimostrazione di capacità nelrappresentare la realtà o suggestioni fantastiche con brevi rac-conti in prosa o in versi.

Carla Guiducci BonanniAssessore alla Cultura

Presentazione De Lucia

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Con questa pubblicazione vogliamo, al contrario, offri-re noi un racconto ai ragazzi di Signa e per questo abbiamoscelto “Azzurra”, la dolce favola di una bimba che va incontroal mondo con curiosità e gioia ma anche contrarietà e sorpre-se non sempre gradevoli. La vita di tutti i giorni, in sostanza,ma trasportata in un mondo fantastico dalla fantasia di un’au-trice poco più grande dei ragazzi ai quali si rivolge: MichelaBertini.

I sogni vanno colorati per durare più a lungo e quindiecco le illustrazioni di Marcello Bertini. Azzurra una bambinavera e un poco fragile, sempre seguita da un amico sincero, unconiglietto leggermente ironico ed assennato.

Ci auguriamo che Azzurra e il suo amico conquistinol’amicizia di molti lettori e che sollecitino in loro la curiositàper altri personaggi e l’interesse sempre più vivo alla Biblio-teca, casa di questi compagni di cammino.

Un vivo ringraziamento a Giorgio Concato che ha volu-to accompagnare con le sue parole questa prima impresa let-teraria dell’Autrice e ancora un grazie all’Editore Masso delleFate che, in ogni pubblicazione che gli è stata affidata trasfor-ma in realtà le nostre richieste.

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Alcune fiabe non hanno tempo ed età, perché germo-gliano dalla profondità di quelle domande sconcertanti sulsenso di ogni cosa, che i bambini rivolgono spessoagli adultii quali, per trovare le risposte, devono riscoprire lo stupore difronte alla vita che aveva un tempo animato anche le loro pri-me domande su di essa. La fiaba narrata in questo libro parladi un momento cruciale della vita di un bambino, quello in cuisi chiede se il mondo è qualcosa che vale la pena scoprire,anche se ciò implica la perdita dell’illusione che la vita sia pri-va di dolore. Azzurra non ha esitazioni nel seguire il suo richia-mo interiore e nell’oltrepassare la porta che separa il castelloprotetto della sua infanzia dall’esterno. Qui sulla soglia leappare lo spettacolo del mondo da cui si sente subito accoltae amata perché gli occhi di Azzurra, proprio come sanno farele fiabe, sono capaci di riconoscerne la bellezza e di svelarlaanche a chi ascolta la sua storia.

Giorgio ConcatoFacoltà di Psicologia dell’Università di Firenze

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Azzurra

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I

C’era una volta un re e una regina chevivevano in un bellissimo regno, quasiincantato.

Il giovane re era molto felice, perché la sua ama-ta avrebbe dato alla luce dopo poco tempo il pri-mo erede e, prima che il figlio nascesse, dedicòogni giorno ad abbellire il suo regno per render-lo un posto magnifico. Era un uomo buono egeneroso e spesso era intervenuto per migliorarela vita dei suoi sudditi. Ma ora che si sentiva lapersona più fortunata del mondo, poiché aspet-tava un figlio, aveva un cuore ancora più grande.Così furono lastricate tutte le strade del villaggioche sorgeva ai piedi del castello; le case danneg-giate furono riparate; furono edificati un altroteatro e una grande piazza per le riunioni e ifesteggiamenti. Il re pensò anche ai bambini eper loro e per suo figlio fece costruire una nuovascuola e una grande ludoteca, nuovi parchi pergiocare all’aperto e un bellissimo lago per fare ilbagno d’estate. I lavori per rendere ancora più

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bello il regno furono completati in breve tempo,grazie sia all’impegno e all’opera di tutti gli abi-tanti sia ai poteri magici della regina. Adesso tut-to era pronto per accogliere il bambino che sta-va per nascere.Una notte un abitante del villaggio giunse alcastello e chiese di parlare urgentemente col re.Le guardie condussero l’uomo all’appartamentoreale e questi, quando fu davanti a Sua Maestà,non riuscì più a trattenere le lacrime e piangen-do disse : “Sire, uno dei miei figli sta molto male da duegiorni. Io e mia moglie non sappiamo più cosafare. Siamo disperati!”“Buon uomo, non vi preoccupate! Vostro figlioha solo bisogno di un dottore e tutto si sisteme-rà”, rispose il re commosso.Così il medico di corte fu subito mandato a chia-mare. Il magnanimo re, poiché voleva dare per-sonalmente sostegno alla famiglia del bambino,decise di accompagnare il dottore nella sua visi-ta. La regina, che aveva assistito a tutta la scena,

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si alzò di scatto dal trono e disse al suo sposo :“Vi prego, non andate anche voi. Non lasciate ilpalazzo in questa notte, così fredda e buia”“Mia adorata, non temete! Starò attento e vigile;niente di male mi potrà accadere. Andate a ripo-sare e vegliate su di voi e sul nostro bambino”,rispose il re voltandosi a guardarla con occhi ras-sicuranti e pieni d’amore.Poi insieme al medico di corte lasciò il castello epreferì prendere il cavallo, al posto della carroz-za, per fare più in fretta. Non c’era tempo da per-dere: la vita di un suo suddito era in pericolo.Amava il suo regno più di ogni altra cosa e, diconseguenza, teneva al benessere e alla salute diogni suo abitante. Gli altri sovrani, venuti primadi lui, non avevano mai agito in questo modo.Ma lui era un re “speciale” e i suoi sudditi gli era-no molto riconoscenti per questo.Anche la regina stimava il suo sposo per la suabontà e generosità d’animo, ma quella nottequalcosa la turbava. Non riusciva a smettere dipreoccuparsi e così penso di rimanere sveglia ad

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attendere che egli facesse ritorno.Fuori faceva molto freddo e la pioggia cadevaforte. Il re e il dottore dovettero passare attraver-so il bosco, perché la strada era ostruita a causadi una frana. All’improvviso cadde un fulmine euna quercia s’incendiò (fig. 1). Il cavallo di SuaMaestà, impaurito, indietreggio e iniziò a corre-re all’impazzata. Il re non fu più in grado di con-trollarlo e ad un certo punto perse le forze e cad-de a terra. Il medico riuscì a trovarlo solo all’albadel giorno dopo; aveva perso molto sangue e gia-ceva a terra morto.La regina cadde nella disperazione più totale eriversò tutta la rabbia contro i suoi sudditi, incol-pandoli della morte del suo sposo. Durante ilgiorno del funerale, tutti gli abitanti del regnogiunsero al castello per dare l’ultimo saluto alloro amato re (fig. 2). La regina, vedendo quellafolla vicino al corpo del defunto marito, iniziò aurlare a perdifiato: “Vi ordino di allontanarvi tutti subito da lì.Lasciateci in pace! Se Sua Maestà è morto, è solo

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fig. 1

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per causa vostra”.Tutti i sudditi rimasero come impietriti di fron-te a quelle parole, così ingiuste e tristi al tempostesso. Addolorati, uscirono pian piano tuttiquanti dal palazzo reale, con un peso insoppor-tabile sul cuore. La loro vita sarebbe di lì a pococambiata, per non dire stravolta, ed essi se n’era-no già accorti.Da quel giorno la regina non si preoccupò piùdel suo regno e non uscì più dal castello. Nessu-no seppe più nulla né di lei né del bambino chedoveva nascere.

fig. 2

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II

Passato poco tempo dalla morte del re, laregina dette alla luce una meravigliosabambina che fu chiamata Azzurra, perché

i suoi occhi erano come l’azzurro del cielo neipomeriggi d’estate. La piccolina assomigliavamolto al padre. Anche il povero re aveva gli occhidi un azzurro intenso.Adesso la regina non era più sola; aveva una figliada amare e proteggere con tutta se stessa. Passa-va ogni momento della sua giornata con la pic-cola Azzurra, che presto divenne la sua sola e uni-ca ragione di vita.Col trascorrere degli anni aveva trasformato ilcastello secondo i desideri della figlia. Grazie aisuoi poteri magici era in grado di soddisfare tut-te le fantasie di un bambino. Da questo punto divista Azzurra era la bambina più fortunata delmondo, perché ogni suo sogno diventava reale.Poteva circondarsi di tutto quello che più desi-derava: dagli animali più strani e particolari, che

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le tenevano compagnia, ai fiori più belli e rari cheusava per adornare i suoi lunghi capelli biondi.E poi non esisteva parte del palazzo reale cheogni giorno non venisse modificata dagli incan-tesimi della regina. Se Azzurra voleva farsi unbagno al mare, la madre provvedeva istantanea-mente a fare apparire nella corte centrale delcastello una bellissima spiaggia, bagnata daacqua marina limpida e trasparente. Se desidera-va sciare – detto e fatto – una vetta montana,coperta di soffice neve bianchissima, spuntavadal nulla in mezzo al parco della reggia. E questoed altro ancora per la piccola che trascorreva lesue giornate felice e radiosa.Una mattina, si scordò di chiudere la gabbiadove stava un meraviglioso uccello colorato, chela regina aveva fatto apparire per lei il giorno delsuo quinto compleanno. Così l’animale uscì dal-la gabbia e volò via da una finestra.“Fermati, torna qui!”, gridò la principessina spa-ventata (fig. 3).Ma niente da fare! Allora scese di corsa tutte le

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fig. 3

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scale del palazzo e si ritrovò nel parco che lo cir-condava.Intanto l’uccello colorato volava sempre più inalto nel cielo e si allontanava sempre di più dalcastello. Azzurra lo inseguiva da terra, ma ad uncerto punto si accorse che il sentiero che avevapreso era chiuso da un grande portone di legno.Si fermò a guardarsi intorno e si dimenticò del-l’uccello.Vide anche delle alte e robuste mura, nascostedietro gli alberi. Decise di camminare lungo lamuraglia e dopo due ore circa di cammino siritrovò nello stesso punto, da cui era partita.“Accidenti, com’è possibile?! Sono di nuovoqui”, disse a se stessa molto confusa (fig. 4).Si rese conto che il parco intorno al palazzo rea-le era chiuso da grandi mura. Iniziò a domandar-si cosa potesse mai esserci al di là della reggia e delsuo parco e, allora pensò di chiedere spiegazionialla madre.Così tornò di corsa al castello, ansiosa di soddi-sfare tutta la sua febbricitante curiosità. E una

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fig. 4

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volta incontrata la regina le domandò:“Sono stata nel parco a camminare. Madre, losapevate che il parco del castello è circondato daaltissime mura?”.Il volto della regina divenne improvvisamentecupo.“Azzurra, ti ordino di non avvicinarti più allemura del parco!”, disse la donna con tono altera-to e voce minacciosa (fig. 5).Poi se ne andò in un’altra stanza, lasciando lafiglia da sola con le sue domande. La bambinanon credeva ai suoi occhi. Era la prima volta chevedeva la madre, così furiosa e in collera con lei.“Perché la mamma si è arrabbiata così tanto?”, sidomandò perplessa.“Forse, si è solo presa un grande spavento, per-ché sono stata fuori dal palazzo molte ore. Sì,dev’essere per questo”.Questa fu la risposta che si dette per giustificarelo strano e incomprensibile comportamentodella madre. Poi smise di preoccuparsi e tornò agiocare.

fig. 5

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III

La regina era riuscita per cinque anni a farcredere alla figlia che il castello fosse cir-condato solo dal grande parco e da boschi

e colline. Azzurra pensava che vicino alla reggianon abitasse nessuno. Ignorava che poco lonta-no da lì esisteva un ridente villaggio, fattocostruire da suo padre. Non poteva sapere che apochi chilometri da casa sua vivevano tanti bam-bini, che al contrario di lei erano liberi di anda-re dove volevano.La regina non aveva mai raccontato alla figlia delloro regno e di come suo padre l’avesse trasfor-mato e migliorato prima della sua nascita. Avevasolo quella figlia e si sentiva in dovere di proteg-gerla, da tutto e da tutti, fino al punto da negar-le la libertà. Il castello era un posto abbastanzasicuro per una bambina. Vivendo rinchiusa trale mura di una reggia, non le poteva succedereniente. Al contrario, là fuori in mezzo alla gente,sarebbe stata esposta a troppi rischi e pericoli.

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La vita del re si era spenta uscendo dal castello.La regina, dal giorno della morte del suo sposo,aveva giurato a se stessa di impedire in qualsiasimodo che una simile tragedia potesse ripetersi.Ma Azzurra, nonostante il divieto della madre,si allontanava ogni giorno dal palazzo per giun-gere alle alte e robuste mura, dove cercava di tro-vare qualche piccolo varco per scappare. Avevaperso l’entusiasmo per qualsiasi sorpresa, che laregina ogni giorno preparava per lei. I magnifi-ci incantesimi, e i trucchi magici della madreche fino ad allora l’avevano tanto divertita eaffascinata, ora non le interessavano più. L’unico scopo delle sue giornate era diventatoquello di tentare la fuga dalla reggia.Ma non esisteva neanche un pertugio tra le enor-mi e pesanti pietre che rivestivano i muri del par-co. Sembrava tutto ermeticamente sigillato (fig.6). La principessina aveva provato anche adarrampicarsi su per le mura, ma ogni volta cheriusciva a raggiungere una certa altezza scivolavadi nuovo giù, cadendo a terra. Non poteva servir-

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si neanche di una scala, perché la regina le avevafatte scomparire magicamente tutte dal castello.Allora sempre più affranta e delusa pensò dirivolgersi alla servitù - le uniche persone chevivevano con lei e la madre - per cercare di sco-prire che cosa mai si nascondesse oltre le insor-montabili mura. Un giorno si fece coraggio escese negli alloggi della servitù. Sapeva che se lamadre l’avesse scoperta sarebbe andata su tuttele furie. La regina aveva sempre vietato allafiglia di dare confidenza ai servi, anche a quellipiù fidati come la sua vecchia e cara balia. Main quel momento il desiderio più grande diAzzurra era quello di avere delle spiegazioni.Così non si perse d’animo e di passo svelto, qua-si di corsa, finì di scendere gli ultimi scalini chela condussero in un lungo corridoio buio. Iniziòa camminare, prendendo una direzione a caso edopo un po’, per fortuna, vide una luce filtrareda dietro una porta. Sentì, avvicinandosi, anchedelle voci di persone e così pensò di bussare.Toc, toc! Toc, toc!

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“Permesso, posso entrare?”, chiese gentilmente.“Avanti”, rispose una voce.Azzurra entrò dentro la stanza, che era un’enor-me cucina, dove delle donne stavano sisteman-do delle fette di un’appetitosissima torta al cioc-colato su un vassoio. “Principessina, cosa ci fate voi qui?”, disse unaserva sbalordita.“Scusate l’intrusione signore, ma ho bisogno difarvi una domanda”, rispose la bambina con untono supplichevole.Le donne avevano l’ordine della regina di nonparlare con sua figlia, ma rimasero così colpitedai modi delicati e gentili della bambina che lapregarono di sedersi a mangiare una fetta di tor-ta, mentre l’avrebbero ascoltata (fig. 7). Azzurraaccettò molto volentieri l’invito delle donne etutta emozionata disse:“Sono contenta di fare la vostra conoscenza”.“Anche noi siamo felici di potervi parlare libera-mente. Da quando siete nata non ci siamo maipotute avvicinare, neanche per farvi una carezza.

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fig. 7

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Vostra madre ce l’ha sempre impedito”, disseuna delle donne con tono rassegnato.“Lo so, lo so. Mia madre è una persona particola-re e ultimamente si sta comportando in un modoancora più strano del solito. Mi ha vietato di avvi-cinarmi alle mura del parco. Ma perché? Voi, percaso, sapete che cosa c’è là fuori?”.Tutto ad un tratto la porta della grande cucina sispalancò e un forte vento iniziò a soffiare dentrola stanza, mettendo tutto a soqquadro. Il tavolo,

fig. 8

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le sedie, i piatti; tutto saltò in aria. Persino lepovere donne furono spazzate via - chissà dove -da quel potente getto d’aria.Azzurra cadde a terra in un angolo della stanza,quasi svenuta dallo spavento. Appena si riprese eriaprì gli occhi vide davanti a sé la regina, che inpreda all’ira inveì contro di lei e gridò:“Ho avuto fin troppa pazienza con te! Haidisubbidito ai miei ordini come fanno i bambi-ni cattivi. Sarai punita per questo!” (fig. 8).

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IV

All’improvviso la principessina si ritrovòchiusa dentro una specie di casetta dilegno (fig. 9). Scoppiò in lacrime e da

quanto era terrorizzata iniziò anche a tremare.“Non aver paura la mamma è qui. Affacciati allafinestra”, disse la regina.Una finestrella, da dove passava un filo d’aria e diluce, era l’unica apertura di quella casina in minia-tura. Non c’erano porte né altre vie d’uscita. Azzurra, udendo la voce della madre si sentìsubito confortata e si avvicinò alla piccola fine-stra. Si rese conto di essere all’interno del saloneprincipale del castello e scorse, guardando drittodal buco della finestra, la madre che le sorrideva.“Madre, perché sono finita qui dentro?”.“Tesoro, questa sarà la tua nuova casa per un po’di tempo. Rimarrai lì dentro finché non torneraiad essere la brava bambina di una volta”, risposela donna con aria soddisfatta.“Madre, vi prego, non potete farmi questo!”.

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fig. 9

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La regina non disse niente e senza esitare uscì dal-la sala.“Madre, madre tornate qui! Ho paura. Nonvoglio stare da sola”, iniziò a gridare Azzurra piùforte che poteva.Ma le urla, i lamenti e le lacrime della poverabambina non riuscirono ad impietosire la don-na. La piccina continuò a piangere per quasi tut-ta la notte, finché, stremata, si adagiò sul letto,che era dentro la casina, e si addormentò.La piccola casa di legno era molto graziosa e laregina l’aveva fatta costruire, facendo attenzionead ogni particolare. Aveva fatto dipingere le pare-ti di rosa, perché la figlia adorava questo colore.Aveva fatto portare dentro alla casetta i suoioggetti più cari: i libri preferiti, i giocattoli piùamati e l’album da disegno. Nell’unica stanza del-la casa, a parte un piccolo bagnetto, c’erano unmorbido e comodissimo lettino, un tavolo permangiare e disegnare e, in terra, un soffice tappe-to piumato per giocare (fig. 10). La casina dilegno sembrava, da come era carina, una vera e

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propria casa delle bambole. Ad Azzurra sarebbesenz’altro piaciuta se la madre, però, gliel’avesseregalata per giocarci e non per viverci!La regina, che in realtà non era una donna mal-vagia come poteva sembrare, non avrebbe maivoluto arrivare a questi punti: rinchiudere suafiglia in una specie di scatola di legno. AmavaAzzurra più d’ogni altra cosa al mondo e nonavrebbe mai desiderato punirla, ma non sapevapiù come comportarsi con lei e non riusciva piùa tollerare la sua curiosità. Se l’avesse lasciataancora libera avrebbe scoperto presto la verità esarebbe voluta uscire dalla reggia come suopadre. Non poteva permettere che anche la vitadi sua figlia potesse essere in qualche modo mes-sa in pericolo. Così pensò che, facendola prigio-niera, l’avrebbe potuta proteggere da qualsiasiinsidia.La mattina dopo la principessina si svegliò e videsul tavolo un vassoio con una bella fetta di tortaal cioccolato, la sua preferita, e una tazza gigan-te di latte caldo fumante. Si avvicinò al tavolo e

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fig. 10

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si accorse anche che qualcuno aveva messo deifiori freschi in un vaso e aveva appoggiato su unasedia dei vestiti puliti per lei. Pensò a voce alta : “Qualcuno è stato qui. Ma com’è possibile? Quiè tutto chiuso”.Allora in preda alla disperazione si affacciò allafinestra e cominciò a urlare a squarciagola :“Aiuto, aiutatemi! Sono qua dentro; qualcunomi venga a prendere!”.Poi, furiosa, iniziò a prendere a calci tutte le pare-ti della piccola casa per fare rumore, ma nessunovenne in suo soccorso. Era rimasta da sola, com-pletamente sola. Non vide nessuno per tutto iltempo in cui rimase dentro alla casina di legno.Fu assalita da una profonda tristezza: l’unica per-sona che l’aveva sempre amata, sua madre, sem-brava ora averla abbandonata. Ogni giornodiventava sempre più triste e rassegnata. Nonaveva più la forza di fare niente, neanche di man-giare. Gustosissime pietanze, manicaretti diogni tipo e dolciumi vari apparivano magica-mente sul tavolo della casina, quasi in continua-

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zione, per invogliarla a mangiare, ma la princi-pessina non aveva più appetito.Sentiva tutto il peso della vita, della sua giovanis-sima vita, addosso. Lo sentiva anche fisicamen-te. Un giorno la bambina avvertì dolori dapper-tutto: ogni parte del suo piccolo corpo le facevamale. Tutto ad un tratto le sue gambe non volle-ro più muoversi e così, non riuscendo neanche astare più in piedi, s’accasciò a terra e cadde in unsonno profondo.Azzurra dormì per quindici giorni di fila senzamai svegliarsi, neanche per un momento. Quan-do si dorme è come se si fosse sganciati dalla real-tà e sospesi da qualche altra parte, dove ognidolore e ogni tristezza per le cose quotidiane cilasciano, donandoci una pausa per riprenderefiato. E più si soffre, più si vorrebbe dormire alungo, ma il sonno non dura in eterno e prima opoi si deve avere il coraggio di svegliarsi.Quando si risvegliò, nulla era cambiato: si trova-va ancora prigioniera nella casina di legno. Maqualcosa di nuovo, durante quel sonno quasi

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interminabile, era avvenuto in lei.Dal giorno del suo risveglio ricominciò a man-giare anche con molto gusto e appetito. Trascor-reva le sue giornate disegnando e giocando e,ogni tanto, le scappava anche un sorriso. Da allo-ra non si era più lamentata, invocando aiuto, enon aveva più versato neanche una lacrima.La regina, non appena si rese conto che sua figliaera tornata ad essere la bambina quieta e ubbi-diente di un tempo, fece sparire l’intera casina dilegno con tutto quello che conteneva e Azzurrasi ritrovò a sedere per terra, in mezzo al saloneprincipale del castello, nuovamente libera.

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V

La principessina credeva di sognare : la suapiccola prigione era svanita nel nulla. Ini-ziò a guardarsi intorno e a toccare con le

mani il bellissimo pavimento del salone delpalazzo. Era tutto vero! Si trovava davvero sedu-ta sul freddo marmo della stanza centrale delcastello e non più sul pavimento di legno dellacasina.All’improvviso, ancora frastornata, sentì dei pas-si che sembravano dirigersi verso di lei, semprepiù vicini. In quell’istante sperò con tutto il cuo-re che la madre fosse venuta a prenderla. Eranoproprio i passi della regina, che sorridente entrònella sala e aprì le sue braccia in segno di ricon-ciliazione, volgendosi verso la figlia. Azzurra sialzò subito da terra e corse, felice come non lo eramai stata, incontro alla madre. Le due si uniro-no in un caldo abbraccio e la piccola con le lacri-me agli occhi disse :“Madre, perdonatemi per i miei sbagli. Vi pro-

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metto che da ora in poi sarò una brava bambina”.“Lo so, lo so. Sono sicura che non mi deluderaipiù, ma adesso non piangere”, rispose la donnacommossa.Da quel giorno a corte si tornò a respirare di nuo-vo un clima di “armonia”. La principessina,intenzionata a riconquistare l’amore e le atten-zioni della madre, imparò a comportarsi secon-do le aspettative di quest’ultima. Era una bam-bina intelligente e sensibile e riusciva sempre,grazie a queste doti, a intuire quello che la regi-na voleva da lei. E poi per la madre, che rappre-sentava per lei il mondo intero, avrebbe fattoqualsiasi cosa. Col passare degli anni divenne sempre più abilea reprimere quella parte di sé che la madredisprezzava e detestava. Più cresceva e più quel-le parti della sua personalità, indesiderate dallamadre, si affievolirono giorno dopo giorno finoa diventare insignificanti.Adesso non sentiva più il bisogno di fare doman-de alla servitù sui misteri del castello. Il suo gran-

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de desiderio di sapere e il suo senso di ribellionesembravano essersi spenti in lei. Non si era piùaddentrata nel parco della reggia e la storia dellamura e della grande porta di legno costituiva, oraper lei, solo un lontano ricordo. Dal canto suo la regina fu di nuovo felice e tor-nò ad essere una madre serena e affettuosa.Azzurra aveva rinunciato ad essere se stessa – allavera Azzurra – per vederla contenta come unavolta, ma questo alla donna non interessava. Durante un caldo pomeriggio d’estate la princi-pessina se ne stava seduta sul dondolo all’ombra,nei giardini ai piedi del castello, godendosi unpo’ di fresco. Ad un tratto vide la sua palla, concui non giocava più per non fare troppo chiasso,muoversi e incuriosita si alzò dal dondolo perseguirla.Dopo un’ora circa di cammino la palla si fermò,poiché era andata a sbattere contro il portonedelle mura del parco (fig. 11). La bambina nonsi era resa conto di aver camminato così tanto e,soprattutto, di essersi spinta di nuovo nel parco

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fino alle altissime mura. Aveva dimenticato cheil parco del palazzo reale era circondato da un’in-valicabile muraglia e che al centro di essa esiste-va una grande porta di legno, altrettanto invali-cabile. Stava per tornare indietro contenta diaver ripreso la sua palla, ma all’improvviso il por-tone si spalancò e il parco del castello fu irradia-to da una grande luce. Titubante oltrepassò di poco la soglia della gran-de porta e vide davanti a sé uno spettacolo mera-viglioso. “Oh! Che splendore! Non ho mai visto un postopiù bello di questo, in tutta la mia vita”.Dintorno la reggia si estendeva una verde pianu-ra dove era situato un piccolo villaggio, fatto dicasine bianche dai tetti blu. Si trattava del riden-te paesino per il quale suo padre, fino al giornodella sua morte, si era tanto prodigato (fig. 12).Laggiù vivevano i sudditi del defunto re, cheancora, dopo dieci anni dalla sua morte, lo rim-piangevano. La principessina fu rapita, per un momento,

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dalla vista di quell’incantevole luogo: un susse-guirsi di assolate e dolci colline, intervallate atratti da qualche fitto e rigoglioso bosco, circon-dava una verdeggiante e florida pianura al cuicentro sorgeva il piccolo villaggio bianco e blu.La bambina credette di sognare ad occhi aperti;non aveva mai visto niente del genere prima diallora. Ma presto si ricordò di sua madre alcastello e del fatto che si era allontanata senzaneanche avvertirla. “Oh! Si è fatto tardi. La mamma starà in pensie-ro. Devo sbrigarmi ad andare a casa!”.Cosi rientrò dentro le mura, attraverso la grandeporta di legno, e tornò al palazzo correndo piùforte che poteva.Per fortuna la regina non si era accorta della suaprolungata assenza dal castello. Aveva smessoormai da tempo di tenerla sotto controllo, inquanto era convinta che sua figlia avesse impara-to il giusto modo di comportarsi.Azzurra, al tempo stesso, decise di non racconta-re nulla alla regina di ciò che le era accaduto e del-

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le cose che aveva visto quel giorno. Non volevadeludere la madre ancora una volta e, soprattut-to, non desiderava arrecarle un altro dispiacereper colpa sua.

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VI

Il giorno dopo, mentre la principessina stavacogliendo delle rose da portare alla madre nelgiardino del castello, un coniglio bianco

spuntò all’improvviso da una siepe. Azzurra lovoleva prendere, ma questo non si fece avvicina-re e iniziò a correre via verso il parco. La bambi-na senza riflettere seguì l’animale fino a che giun-se, ancora una volta, davanti al grosso portone dilegno che come il giorno precedente si aprì dasolo. Stavolta non ebbe nessuna esitazione e, vol-tando le spalle all’uscita, s’incamminò veloce indirezione del palazzo. Ma una voce dolce e cal-da, dal tono quasi familiare, la chiamò per nome: “Azzurra, Azzurra non andartene!”.La principessina si fermò e si voltò indietro piùe più volte, ma sorpresa non vide nessuno tran-ne il bianco coniglio, che un po’ risentito disse: “Sono io che ti sto parlando. Non mi vedi forse?!Sei diventata pure cieca!”.“Scusate tanto, signor coniglio, ma non sapevo

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che i conigli parlassero!”.“Tu non sai tante cose bambina mia!”.“Ma di quali cose state parlando? Mi dispiace,signor coniglio. Vorrei tanto stare qui a conver-sare con voi, ma devo tornare al castello”.“Azzurra, ora che ti ho aperto la porta, non vor-rai rinunciare a scoprire quello che c’è la fuori?!”(fig. 13).La bambina si fermò di nuovo incerta e, voltan-dosi verso il piccolo animale, disse : “No, in realtà mi piacerebbe molto. Promettete-mi che non staremo via a lungo”.“Promesso! Allora andiamo!”, fece il conigliosoddisfatto.Così i due uscirono dalla grande porta di legnodel parco reale e scesero giù nella pianura diri-gendosi verso il villaggio. La principessina nonstava più nella pelle dalla contentezza e, da comeera su di giri, entrò nel paese saltellando con lastessa vivacità di un tempo. Tutti gli abitantiaccorsero al suo arrivo e il coniglio bianco la pre-sentò ad ognuno di loro. La gente era molto feli-

fig. 13

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ce di conoscere finalmente la figlia del povero re.E Azzurra nello stesso tempo non smetteva disorridere.Il coniglio le fece conoscere anche i bambini, chea quell’ora si trovavano alla scuola del villaggio.Quello fu per lei il momento più bello di quel-l’insolita e fantastica giornata. I bambini la con-siderarono subito una di loro e le fecero fare ilgiro di tutto il paese, più e più volte. Poi lemostrarono i giochi che erano soliti fare nel par-co del villaggio. E dopo molte ore, trascorseall’insegna del divertimento e dell’allegria, ini-ziarono ad essere stanchi e proposero alla prin-cipessina di andare tutti insieme a riposarsi sot-to la grande quercia del pratone del parco. Simisero a sedere formando un grande cerchio eriservarono alla figlia del re il posto più comododi tutti, quello accanto al tronco del grandealbero (fig. 14).“Cara Azzurra, desideriamo darvi il nostro ben-venuto, cantandovi la canzone dei bambini delvillaggio”, disse una bambina alzandosi in piedi.

fig. 14

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La piccola principessa sorrise e tutti i bambini incoro intonarono un canto per lei, che con vocepiena di emozione disse : “Cari bambini, non so come ringraziarvi perquesto stupendo pomeriggio passato in vostracompagnia. Grazie di cuore a tutti!”.“Siamo ben lieti di avervi fatto compagnia e spe-riamo che non vi siate annoiata nemmeno per unmomento”, rispose una bambina del gruppo.“Sapete, principessa, i nostri giochi sono sempli-ci. Noi siamo abituati a divertirci con poco.Chissà quali cose meravigliose ci sono al castel-lo”, fece un altro bambino.“Hai proprio ragione, al palazzo reale sono con-tornata da cose bellissime, ma non ho nessunocon cui condividerle”.“Come?! Alla reggia non vivono altri bambiniall’infuori di voi?”.“Al castello abito da sola con mia madre e la ser-vitù. Siete i primi bambini che conosco da quan-do sono nata. Finora è come se avessi vissuto neldeserto, in un bel deserto...”. Poi assalita da un

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profondo imbarazzo si alzò in piedi e corse viapiangendo, lasciando i bambini del villaggiosenza parole.Nel frattempo la giornata era volta quasi a ter-mine e il sole stava tramontando. Solo alloraAzzurra si rese conto che era passato tanto tem-po, troppo tempo, da quando era uscita dallareggia insieme al coniglio bianco. Pensò anchedi aver trascorso il giorno più bello della sua vita,lì al villaggio, e di avere conosciuto delle perso-ne meravigliose. Ma sapeva che quello non erail suo posto e che al castello c’era sua madre adattenderla.Così con la tristezza nel cuore decise di ripren-dere il sentiero che dalla reggia l’aveva condottaal piccolo paese. All’improvviso il bianco coni-glio rispuntò, quasi per magia, da un cespuglioe disse: “Mia cara, hai scelto il momento più sbagliatoper andartene. Gli abitanti del villaggio si sonofatti in quattro per preparare il banchetto di sta-sera in tuo onore”.

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“Un banchetto in mio onore? Ma sono cosìimportante per queste persone?”, domandòAzzurra con aria sorpresa. “Certamente, è la tua felicità la cosa più impor-tante per noi”, rispose il piccolo animale.Poi iniziò a camminare sul sentiero in direzionedel villaggio, sicuro che la principessina l’avreb-be seguito.

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VII

Così Azzurra, insieme al coniglio bianco,fece ritorno al villaggio di casine bianchedai tetti blu. Nel frattempo era calata la

sera e la piazza grande del paese era stata illumi-nata e addobbata a festa.In mezzo alla piazza era stata imbandita una lun-ga tavola a ferro di cavallo. La principessinasedette al posto centrale e gli abitanti del villag-gio occuparono gli altri posti. Fu servito un ric-co banchetto, accompagnato dalla dolce melo-dia delle cornamuse, che gli uomini del paesesuonavano a turno. Si era creato un clima diste-so e allegro, quell’atmosfera caratteristica dellefeste, e di tanto in tanto qualche abitante del vil-laggio si alzava in piedi e col bicchiere in manobrindava in onore di Azzurra esclamando: “Ippip urrà per la figlia del re! Ippip urrà!”.La principessina, già sconvolta per il modo inso-lito in cui aveva trascorso quella giornata, uden-do queste parole si sentiva sempre più confusa e

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guardava il coniglio bianco, seduto accanto a lei,con aria smarrita e interrogativa. L’animaletto sirese conto che la bambina era felice di ciò che lestava accadendo, ma nello stesso tempo avevabisogno di avere delle spiegazioni a riguardo.“Mia cara, quando la festa giungerà a termine, tidirò tutto”.Alla fine della cena tutti gli invitati si recarononel grande pratone del paese, dove furono fattiscoppiare dei fuochi d’artificio coloratissimi escintillanti (fig. 15). Il forte bagliore dei fuochiilluminava l’intero paesino e i suoi abitanti, tut-ti raccolti nel grande prato intorno ad Azzurra,che assisteva quasi commossa al bellissimo spet-tacolo. Non aveva mai provato così tanta gioiatutta insieme, come in quel momento, o almenonon lo ricordava.Quando l’ultimo fuoco d’artificio si spense nel-l’aria, la gente del villaggio si apprestò a salutarela principessina che ringraziò tutti quanti,abbracciandoli teneramente uno ad uno. Il gran-de pratone si svuotò piano piano e alla fine rima-

fig. 15

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sero solo lei e il coniglio.“Cara piccina, adesso che tutti sono andati alleloro case, vorrei dirti alcune cose che ti riguarda-no da vicino”, disse il piccolo animale. La bambina era sempre più disorientata, ma sen-tiva che poteva fidarsi del coniglio bianco. Cosìsi mise a sedere sull’erba accanto a lui e disse: “Mio piccolo amico, sono pronta ad ascoltarti”.Allora il coniglio cominciò a raccontarle tutta lastoria, la vera storia della sua famiglia. Le parlòdi suo padre e della sua grande generosità e bon-tà d’animo, di come era avvenuta la sua morte edi come la regina aveva reagito di fronte al tragi-co evento.Mentre l’animale spiegava per filo e per segnocome erano andati i fatti, alla bambina iniziaro-no a tornare in mente quei terribili anni della suainfanzia, nei quali sua madre le impediva diallontanarsi dal castello.“Ah! Ora mi ricordo. C’è stato un periodo in cuila mamma era molto dura con me e mi proibivadi avvicinarmi alle mura del parco della reggia”.

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“E’ vero! Purtroppo è tutto vero”.“Io non capivo perché si comportasse così conme. Sai un giorno si arrabbiò a tal punto, da rin-chiudermi in una specie di casina delle bamboleper non farmi scappare”.Parlando col coniglio, tutto riaffiorò alla suaconsapevolezza: il dolore per la libertà negata, ladelusione nei confronti dell’atteggiamento dellamadre, il senso di abbandono e di solitudine cheaveva provato quando quest’ultima le rifiutava ilsuo amore. Era come se qualcuno avesse accesoimprovvisamente la luce, dopo un black-outdurato circa cinque lunghi anni.Azzurra, distrutta dalla crudele realtà sul contodella madre, iniziò a disperarsi e a piangere finoa finire le lacrime. Ma ora che conosceva la veri-tà, non volle più tornare al castello.Gli abitanti del villaggio costruirono un’altracasetta bianca e blu per lei e il suo coniglio (fig. 16).Fu da quel giorno che cominciò finalmente acondurre una vita come tutti gli altri bambini. Ilconiglio fu come un vero padre per lei: un gran-

fig. 16

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de genitore in grado di darle amore e attenzioni,di comprendere i suoi veri bisogni e di rispettar-li. Azzurra era finalmente libera di muoversi, difare esperienze e di conoscere il mondo. Ma nonsi sentiva sola, poiché sapeva di avere il generosoconiglio a sua disposizione, sempre pronto adascoltarla quando ne aveva bisogno e a rassicu-rarla quando aveva paura.La regina, dopo la fuga della figlia dal castello, eraquasi impazzita dal dolore e tentava ogni giornodi riprendersela, servendosi dei suoi poteri magi-ci. Ma le sue magie e i suoi inganni non avevanopiù alcun effetto su di lei, che ormai sapeva che sefosse tornata al palazzo reale, avrebbe dovutopagare l’amore di sua madre con la sua vitalità. La vita aveva posto Azzurra dinanzi a una durae spietata verità: una madre che in fondo nonl’aveva mai amata, ma che era stata solo in gra-do di privarla di un’infanzia felice, diritto diogni bambino.

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VIII

Erano trascorsi ormai dieci anni, felici esereni, da quando la principessa era arri-vata al piccolo villaggio di casine bianche

dai tetti blu. Durante tutto questo tempo il coni-glio bianco le era stato sempre vicino come unpadre, cercando di crescerla e educarla nelmigliore dei modi.Azzurra, col passare del tempo e grazie al conti-nuo sostegno del coniglio, era riuscita ad accetta-re i torti subiti dalla madre. Non aveva certodimenticato tutte le sofferenze del suo burrasco-so passato e del vuoto, di quell’incolmabile sensodi vuoto che i suoi ultimi cinque anni di vita tra-scorsi al castello le avevano lasciato dentro. Ave-va imparato a convivere con questi dolorosi ricor-di, portandoseli dentro come una ferita destina-ta a non rimarginarsi mai completamente.La principessa era una fanciulla forte e corag-giosa e inoltre aveva avuto la fortuna di incon-trare il coniglio bianco che, portandola via dal

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castello in quel memorabile giorno, le avevapermesso di dare inizio ad un’esistenza autenti-ca e felice. Così era stata capace, nonostante ilsuo tragico passato, di guardare avanti, al futu-ro, al suo avvenire.Nel corso degli anni, vissuti a fianco dell’impa-reggiabile coniglio, Azzurra era cresciuta all’in-segna della vitalità e della creatività interiore.Aveva appreso dal suo saggio tutore che la cosapiù importante da fare, per condurre una vitagioiosa e soddisfacente, era quella di riuscire adessere se stessi, giorno dopo giorno. E ogni voltache si sentiva confusa, magari davanti ad unascelta difficile da compiere o a una decisionedura da prendere, il coniglio non si stancava maidi ripeterle la stessa cosa : “Non ti dimenticare mai di te stessa. Non rinun-ciare mai ai tuoi desideri e ai tuoi sogni e, soprat-tutto, non avere mai paura” (fig. 17). Così la principessa per merito del coniglio, chel’amava come un padre può amare una figlia eadorava qualsiasi cosa di lei, perfino i suoi difet-

fig. 17

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ti, crebbe forte e raggiante, riuscendo ad espri-mere la sua personalità in modo completo.Adesso Azzurra aveva quasi vent’anni ed eradiventata una bella fanciulla dal cuore sensibilee generoso come quello del povero defunto re edalla mente fresca e intelligente. Amava viverepiù d’ogni altra cosa e, nello stesso tempo, la vitale sorrideva. Lo spirito che l’accompagnava inogni sua giornata era fresco e vitale e, quandoarrivava la sera, pensava all’indomani piena disperanze e attese per il futuro. Era così affascina-ta dalla vita da apprezzare anche i lati più bruttie dolorosi. Ogni volta che le capitava di essere tri-ste per qualcosa, il coniglio le diceva : “Vedi mia cara, le cose che ci accadono, anchequelle che ci fanno soffrire e ci sembrano ingiu-ste, servono sempre a insegnarci qualcosa e a gui-darci nel nostro cammino di crescita che sta allabase della vita di ognuno di noi”.Ma ciò che la bella principessa trovava più stu-pefacente nella magia dell’esistere, erano i cam-biamenti e le sorprese, che la vita, a chi più e a chi

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meno, è generosa di riservare. E lei, sempre cosìcuriosa e ansiosa di novità, adorava i mutamen-ti della vita, soprattutto quelli che le facevanoprovare forti emozioni.Nel giorno del suo ventesimo compleanno tor-nò al villaggio un giovane cavaliere dopo anni diassenza (fig. 18). Era ancora un ragazzino quan-do decise di andarsene da casa per conoscere altripopoli e altre terre. Il giorno della sua partenza,suo padre era molto dispiaciuto e sua madrepianse anche un po’, ma entrambi in quelmomento compresero il desiderio del figlio enon lo ostacolarono nella sua scelta.L’avventuroso cavaliere aveva imparato tantecose dai suoi viaggi e, oltre ad essere così sapien-te, possedeva tante altre qualità, come la capaci-tà di ascoltare le persone e di accettare la lorodiversità come un dono. Il suo girovagare di pae-se in paese, vivendo con gente sempre diversa, loaveva portato ad avere una mentalità molto aper-ta ed emancipata. Credeva nell’importanza deldialogo fra culture diverse e che le guerre e i con-

fig. 18

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flitti avvenissero quando i popoli smettevano dicomunicare tra loro oppure - quel che è peggio -quando non l’avevano mai fatto. E poi l’errante cavaliere amava, come Azzurra, lavita in tutta la sua pienezza e il suo splendore. Erala sua passione per l’esistere che, fin da ragazzo,l’aveva spinto a viaggiare senza mai fermarsi alungo nello stesso luogo. L’intrepido giovane eraconvinto che la vita l’avrebbe condotto ad esserefino alla fine dei suoi giorni un instancabile viag-giatore. Ma la vita ha in serbo sempre qualchenovità, soprattutto per chi non se l’aspetta!

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IX

Il giorno del suo ventesimo compleanno laraggiante principessa indossava un vestitonuovo, fatto di seta lucida e pregiata. Era un

regalo del coniglio bianco, che aveva organizzatocome tutti gli anni una grande festa nella piazzaprincipale del villaggio. Naturalmente i festeg-giamenti furono aperti a tutti gli abitanti e ai loroamici e parenti dei villaggi vicini.Quel giorno anche il giovane cavaliere partecipòinsieme ai suoi genitori al banchetto in onore diAzzurra e in quell’occasione la vide per la primavolta.“Dite madre, chi è quell’incantevole fanciullache balla così leggiadra col coniglio bianco?”,domandò sbalordito.“Ma è Azzurra, la figlia del re, la festeggiata!”,rispose la donna.Colpito dalla rara bellezza della ragazza e dai suoimodi così fini e gentili, non esitò un attimo arecarsi al centro della piazza dove si stavano svol-

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gendo le danze.“Azzurra permettete questo ballo?”, disse.“Certamente”, rispose la principessa.E i due ragazzi iniziarono a ballare e a raccontar-si le loro storie (fig. 19).“Siete forestiero? Non vi ho mai visto qui al vil-laggio prima d’ora”“Sono nato qui, ma quando ero ancora un ragaz-zino me ne sono andato via, perché desideravovedere nuovi posti e conoscere altre persone”“Ah, interessante! Io invece sono arrivata al vil-laggio quando avevo dieci anni e da allora nonme ne sono mai andata, poiché per me è il postopiù bello del mondo”“E fino a dieci anni dove avete vissuto?”“E’ una lunga e triste storia…”.Così Azzurra raccontò al cavaliere tutto quelloche le era successo da bambina e di quanto ave-va sofferto. Di solito non amava parlare con nes-suno, a parte il coniglio, del suo triste passato,ma quel giovane le ispirava fiducia e, soprattut-to, sentiva in cuor suo che egli sarebbe stato in

fig. 19

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grado di capirla sinceramente. Anche il cavalie-re nello stesso tempo si trovò subito a suo agiocon la principessa – provando l’illusoria sensa-zione di aver ballato e conversato, così insieme alei, da sempre – e allora le descrisse per filo e persegno i suoi viaggi e le sue avventure.Il bel giovane, dopo aver conosciuto Azzurra,non sentì più il desiderio di partire e di lasciare ilvillaggio. Si era innamorato di lei, della sua rarabellezza e del suo animo gentile. E un giorno ledichiarò il suo amore:“Principessa, io vi amo e sono pronto a donarviil mio cuore. Il mio amore, se vorrete, vi accom-pagnerà per sempre e forse col passare degli annila ferita, che vi portate dentro dall’infanzia, faràmeno male”.Azzurra, colpita da quelle parole profonde e sin-cere, disse: “Anch’io vi voglio bene, anzi vi amo, ma la miavita è qui al villaggio. Conosco la vostra passio-ne per il viaggiare in terre lontane e non vi chie-derò mai di rinunciarvi, neanche in nome del

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nostro amore”.“Stavolta sono tornato per rimanere. Preferiscostare con voi qui al villaggio, piuttosto che daqualsiasi altra parte del mondo”.Fu così che i due giovani innamorati si sposaro-no e rimasero a vivere nel paesino in un’altracasetta bianca e blu, che la gente del posto costruìper loro (fig. 20).La regina ormai vecchia e sola non era stata infor-mata nemmeno delle nozze. Il cavaliere con ilsuo animo così nobile trovò ingiusto che la suaadorata sposa, pur avendo tutte le ragioni, nonfosse più tornata al castello a trovare la madre.Certo la regina aveva commesso molti errori neiconfronti di Azzurra, ma forse se la vita fosse sta-ta più generosa con lei, non togliendole i suoigenitori quando era ancora una bambina e, pocodopo essersi sposata il suo re, si sarebbe compor-tata diversamente con la figlia.Un giorno la principessa incoraggiata e sostenu-ta dal suo sposo si recò a corte, dove le disseroche sua madre si era rinchiusa nelle proprie stan-

fig. 20

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ze dal giorno in cui lei se ne era andata. La regi-na aveva un aspetto molto sciupato: gli occhi cer-chiati da rughe profonde, i capelli completa-mente bianchi, che arruffati le coprivano quasitutto il volto, e lo sguardo assente e perso nelvuoto. Si trovava in piedi davanti alla finestradella sua camera, immobile. Azzurra ebbe comela sensazione che la madre avesse trascorso gliultimi dieci anni ad attenderla in quel modo,davanti alla finestra.“Madre, sono io. Guardatemi”.La vecchia donna si voltò verso di lei e entrambesi lasciarono andare ad un caloroso abbraccio. Laregina, dopo essersi ripresa e aver asciugato lelacrime, disse: “Figlia, sono felice che tu sia tornata a casa tua.Sono anche disposta a perdonarti nonostante lesofferenze che mi hai arrecato in questi ultimianni”.Azzurra si rese subito conto che, malgrado fossetrascorso tanto tempo, la madre, a parte il suoaspetto esteriore, non era cambiata per niente.

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Ma provò ugualmente a raccontarle della suavita al villaggio, di come aveva trascorso gli ulti-mi dieci anni e del suo matrimonio. La reginanon la lasciò neanche finire di parlare e la sua irae il suo risentimento provocarono l’alzarsiimprovviso di un vento fortissimo che la scara-ventò in un attimo fuori dal castello (fig. 21).Azzurra si sentì rifiutata ancora una volta dallamadre, però non le portò rancore, e tornò di tan-to in tanto al palazzo reale cercando di dissuader-la dalla sua collera, ma le porte della reggia nonle furono più aperte.

fig. 21

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Finito di stampare nel mese di maggio 2004per conto delle Edizioni Masso delle Fate

presso la NOVA ARTI GRAFICHEVia Cavalcanti, 9/D - 50058 Signa (Fi)

Tel. 055 8734952 r.a. - Fax 055 875713E-mail: [email protected]