Avvenire Inserto E'-Vita del 28 gennaio 2010

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legge, il ministero della Salute fissa un termine, scaduto il quale viene nominato un commissario. Viene istituito un Osservatorio nazionale, incaricato di redigere un rapporto annuale. ondi ad hoc. È stata stanziata una quota fissa di 50 milioni di euro, più altri 100 inseriti dal 2009 tra gli obiettivi di piano del Fondo sanitario nazionale. Per destinare risorse allo scopo, la legge prevede che le Regioni inadempienti non potranno accedere per l’anno successivo ai finanziamenti sanitari nazionali. commenti. Soddisfatto il relatore Stefano de Lillo (Pdl) che parla di «giornata storica». Spera che «questa buona legge non rimanga un contenitore quasi vuoto, senza finanziamenti adeguati», Dorina Bianchi, vicepresidente dei senatori Udc. Raffaele Calabrò (Pdl) definisce l’approvazione un «secondo e altrettanto importante passo in avanti di un unico percorso legislativo», iniziato con l’approvazione in Senato del testo sul fine vita che porta il suo nome, di cui quello licenziato ieri è «per certi versi l’altra faccia della luna». Esulta Paola Binetti (Pd), che parla di «uno degli atti più importanti di questa legislatura». Perché «è decisamente a servizio dei malati, esprime fiducia nei medici ed esalta l’umanità della medicina, che considera la vita, anche negli ultimi momenti, pienamente degna di essere vissuta». Sottolinea il ruolo delle regioni, infine, la senatrice Emanuela Baio (Pd): «Sarà ricordata come una buona legge se i familiari di chi vive un dolore severo e continuativo non si sentiranno più rispondere "no"». ordine del giorno. Inizialmente, martedì, il ministro della Salute Ferruccio Fazio si era espresso in modo conforme al relatore per rigettare l’ordine del giorno presentato dai radicali. Dopo gli interventi dei pdl Saia, Longo e Baldassarri si era rimesso all’assemblea, dopodiché l’odg era stato accantonato. Il vice capogruppo Pdl Gaetano Quagliariello aveva sottolineato l’esigenza di non far passare «una posizione a favore di una legalizzazione coperta da finalità compassionevoli». In seguito il governo ha accolto il testo modificato. Di qui l’esultanza radicale e i puntini sulle «i» messi dal dipartimento guidato da Carlo Giovanardi. L I F iù facile accedere ai farmaci contro il dolore severo grazie alla legge che il Senato ha approvato ieri all’unanimità e che ora torna per il sì definitivo alla Camera, da cui l’iter era partito con un ddl firmato dalle democratiche Paola Binetti e Livia Turco e approvato all’unanimità. Durante l’esame a Palazzo Madama, infatti, sono state introdotte modifiche che rendono necessario il nuovo passaggio: tra queste l’obbligo per i medici di monitorare il dolore di ogni ricoverato e di annotare i risultati nella cartella clinica. Fa discutere, infine, un ordine del giorno – accolto dal governo e come tale non parte integrante della legge – che chiede la produzione in Italia di farmaci a base di cannabis. Esultano i senatori radicali che l’hanno proposto. Ma il Dipartimento per le politiche antidroga si affretta a precisare che è solo una verifica dell’opportunità tecnica di far produrre un farmaco che nessuna industria italiana ha mai chiesto di autorizzare, riservato ai pazienti che ne hanno bisogno e attualmente devono procurarselo all’estero. ure palliative e terapia del dolore. La legge innanzitutto definisce «cure palliative» gli interventi per i malati terminali. Le «terapie del dolore», invece, vengono applicate alle «forme morbose croniche». Con le nuove regole, le prime diventano un diritto per i pazienti affetti da dolore severo. E la prescrizione di farmaci antidolore (a base di oppiacei e cannabinoidi) meno macchinosa: il medico non avrà più bisogno di un ricettario speciale. L’unico vincolo è che il farmacista dovrà conservare l’originale o una fotocopia della ricetta. Alcuni princìpi della cannabis, importanti per malattie come la Sla, vengono inseriti tra i farmaci. ue reti territoriali e monitoraggio dei ricoverati. Vengono previste due reti territoriali specializzate: una in cure palliative e una per la terapia del dolore. Sono costituite dall’insieme delle strutture sanitarie – sia ospedaliere che territoriali (i cosiddetti hospice) – e delle figure professionali che erogano le cure. Ogni ricoverato dovrà essere monitorato dai medici anche sotto l’aspetto del dolore. Un obbligo che oggi esiste solo per i terminali e ora si estende a tutti i pazienti, indipendentemente dalla patologia. Le osservazioni dovranno essere annotate sulla cartella clinica. Previsti anche corsi universitari e master di formazione per i sanitari. ariffe & Regioni. Le tariffe delle cure palliative nelle strutture pubbliche e convenzionate – che oggi variano da Regione a Regione – dovranno essere omogenee. Nel caso in cui una Regione ritardi o ometta di adempiere quanto previsto dalla T D C P www.avvenireonline.it\vita 243 Giovedì 28 gennaio 2010 l’intervista 2 EllaOne & Ru486 gli abortivi «gemelli» il manifesto 3 Test prenatali l’eugenetica di massa idee 4 Engelhardt, il «papà» della filosofia eutanasica Cure palliative, finalmente via libera. Con giallo di Gianni Santamaria Il varo unanime da parte del Senato segna una giornata storica per la tutela della dignità della vita umana sino all’ultimo Peccato che i soliti radicali abbiano fatto di tutto per mettere la loro «firma» anche su un testo così ampiamente condiviso, con un ambiguo ordine del giorno «anti proibizionista» adottato dal ministro Fazio on le nuove regole le cure palliative diventano un diritto per tutti e la prescrizione di farmaci antidolore a base di oppiacei e cannabinoidi diventa meno complicata. Il testo licenziato da Palazzo Madama è solo più restrittivo in un punto rispetto a quello che aveva ottenuto il via libera della Camera. Il provvedimento approvato prevede infatti che tali farmaci antidolore vengano prescritti anche mediante ricettario rosso, quello in uso anche presso i medici di famiglia, ma riconosce questa possibilità ai soli medici dipendenti del servizio sanitario nazionale, lasciando fuori i camici bianchi che operano all’interno di strutture private. na limitazione precauzionale che trova l’opposizione di chi vorrebbe invece una liberalizzazione totale. «Tutti i medici dovrebbero, a mio avviso, poter prescrivere farmaci per il dolore come la morfina a un paziente che soffre» ha commentato Ignazio Marino del Pd, «con la legge in via d’approvazione in Senato, invece, questo non avviene. Per esempio un oncologo di fama come Umberto Veronesi non potrà prescrivere sul suo ricettario 10 milligrammi di morfina per il suo paziente perché non possiede il ricettario del Servizio sanitario nazionale. È inaccettabile. È scontato poi che servano controlli su chi prescrive e chi assume questi farmaci, ma questo non significa rendere difficoltosa la prescrizione e la vita dei malati». o stesso Veronesi, chiamato in causa, non ha perso occasione per esprimere la sua posizione – a margine di un convegno sul tumore al seno – con un’intonazione più esplicitamente antiproibizionista: «La legge sulle cure palliative, licenziata oggi al Senato, va nella direzione giusta, ma siamo ancora bloccati dal proibizionismo e dalla paura delle dipendenze di cui non riusciamo a liberarci». Secondo Veronesi, per la prescrizione della morfina dovrebbe essere sufficiente la ricetta bianca «e non una ricetta speciale», ribadendo che «il proibizionismo non funziona: c’è più uso di cocaina a Milano dove c’è proibizionismo che in Olanda dove la tolleranza è maggiore». er quanto riguarda specificamente i farmaci a base di cannabinoidi, un commento contro corrente è arrivato invece dal farmacologo Silvio Garattini, secondo cui «non ci sono grandi prove circa la loro reale efficacia nella terapia del dolore, mentre abbiamo farmaci disponibili e di comprovata efficacia come gli oppioidi, per i quali la prescrizione è stata oggi semplificata». Sulla prescrizione di farmaci a base di oppioidi e cannabinoidi aveva già firmato un’ordinanza a giugno l’attuale ministro della Salute Ferruccio Fazio. Un provvedimento tuttavia a tempo, in attesa di quella legge arrivata ora alle fase finali. P L U C il caso di Andrea Galli La bioetica fa sempre notizia ma esige coscienze informate Il monitoraggio delle notizie bioetiche questa setti- mana propone almeno due temi di grande impor- tanza, sui quali proponiamo materiali e giudizi – come sempre – controcorrente: l’approvazione ieri della legge sulle cure palliative con la sortita radi- cale per ritagliarsi un quarto d’ora di celebrità, com- plice un ministro forse distratto sui nodi più pro- blematici; e l’annunciato sbarco in Italia di EllaO- ne, venduto come «contraccettivo d’emergenza» e invece farmaco gemello della Ru486. L’intervista al- lo psichiatra francese (laico) Rolando Gori sull’eu- genetica di massa e l’inquietante tour italiano del filosofo Tristram Engelhardt, nume del "partito pro- eutanasia", completano pagine tutte da leggere. Sul fine vita scintille in Commissione i torna a discutere di idratazione e alimentazione ed è subito scontro. Dopo due settimane di apparente tranquillità in Commissione Affari sociali alla Camera è l’ora della discussione animata sugli emendamenti all’articolo 3, quello più spinoso, e sprizzano subito scintille. Affilano le armi lo schieramento a tutela della vita e quello pro- autodeterminazione, che martella con emendamenti per sostituire il termine «volontà» al più morbido «orientamenti». Gli emendamenti, comunque, ieri sono stati tutti respinti. Ma a dare un tono battagliero alla giornata è stato soprattutto il caso legato alla mancata possibilità di votare per il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova, ex radicale, oggi vicino alle posizioni del presidente della Camera Gianfranco Fini, e primo firmatario di una proposta di legge alternativa nel senso di una soft law, che ha raccolto una cinquantina di firme. ella Vedova non è stato registrato dal suo partito, come vuole la prassi parlamentare per chi non è membro della commissione e sostituisce un collega, e dunque si è dovuto accontentare di prendere parte ai lavori. Il Pd insorge, invocando la censura. Parla di «trucchetti» e di «piglio autoritario» Barbara Pollastrini. Tranchant Andrea Sarubbi, anch’egli pd: «Altro che partito dell’anarchia etica, nel Pdl vige il totalitarismo morale». Lo stesso Della Vedova manifesta disappunto. Ma a questo punto è il suo partito a farsi sentire. Replica al Pd il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella: «Non possiamo prendere lezioni da un partito che ancora non ha deciso, come abbiamo visto da tutti e tre i candidati alla segreteria, se lasciare libertà di coscienza o meno sui temi etici». l capogruppo in commissione, Lucio Barani, spie- ga che «Della Vedova ha sempre partecipato alle votazioni precedenti. Solo che stavolta i deputati assenti erano stati già sostituiti». Insomma, non c’è «nessun caso». La capogruppo del Pd in commissio- ne, Livia Turco, però insiste: «La destra nega l’auto- determinazione ai pazienti e anche ai suoi parla- mentari». Secondo l’ex ministro «ci vogliono far pas- sare per quelli che non sono a favore della vita, mentre siamo per evitare l’abbandono terapeutico. Solo che per farlo è necessario rispettare la volontà del paziente». Pronta la replica del relatore, Dome- nico Di Virgilio, secondo il quale La Turco fa comi- zi: «Noi – replica – rispettiamo il paziente ma vo- gliamo rispettare anche il lavoro del medico, e non vogliamo che questo si trasformi in un ruolo mera- mente burocratico». (G.San.) I D S La guerra della cannabis «medica» stamy di Graz Dietro le nuove modalità di prescrizione di farmaci cannabinoidi e oppiacei, che subentrano a un’ordinanza 2009 dell’attuale ministro della Salute, si è giocata una partita di sapore ideologico box Dall’enciclica «Caritas in veritate» a una medicina per l’accoglienza i terrà domani a Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana (via Urbano VIII, 16), dalle 16.30 alle 19, il convegno nazionale «Caritas in veritate: voce profetica per una medicina dell’accoglienza», organizzato dall’Associazione medici cattolici italiani (Amci). Relatori: il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e assistente ecclesiastico nazionale Amci, Luca Cordero di Montezemolo, presidente Fiat e Ferrari, Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, Vincenzo Saraceni, presidente nazionale dell’Associazione medici cattolici. Info: Amci, via della Conciliazione 10, Roma, telefono: 06.6873109; email: [email protected]. S

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legge, il ministero della Salute fissaun termine, scaduto il quale vienenominato un commissario. Vieneistituito un Osservatorio nazionale,incaricato di redigere un rapportoannuale.

ondi ad hoc. È stata stanziatauna quota fissa di 50 milioni dieuro, più altri 100 inseriti dal

2009 tra gli obiettivi di piano delFondo sanitario nazionale. Perdestinare risorse allo scopo, la leggeprevede che le Regioniinadempienti non potrannoaccedere per l’anno successivo aifinanziamenti sanitari nazionali.

commenti. Soddisfatto il relatoreStefano de Lillo (Pdl) che parla di«giornata storica». Spera che

«questa buona legge non rimangaun contenitore quasi vuoto, senzafinanziamenti adeguati», DorinaBianchi, vicepresidente dei senatoriUdc. Raffaele Calabrò (Pdl)definisce l’approvazione un«secondo e altrettanto importantepasso in avanti di un unico percorsolegislativo», iniziato conl’approvazione in Senato del testosul fine vita che porta il suo nome,di cui quello licenziato ieri è «percerti versi l’altra faccia della luna».Esulta Paola Binetti (Pd), che parladi «uno degli atti più importanti diquesta legislatura». Perché «èdecisamente a servizio dei malati,esprime fiducia nei medici ed esaltal’umanità della medicina, checonsidera la vita, anche negli ultimimomenti, pienamente degna diessere vissuta». Sottolinea il ruolo

delle regioni, infine, la senatrice Emanuela Baio(Pd): «Sarà ricordata come una buona legge se ifamiliari di chi vive un dolore severo econtinuativo non si sentiranno più rispondere"no"».

ordine del giorno. Inizialmente, martedì,il ministro della Salute Ferruccio Fazio siera espresso in modo conforme al relatore

per rigettare l’ordine del giorno presentato dairadicali. Dopo gli interventi dei pdl Saia, Longoe Baldassarri si era rimesso all’assemblea,dopodiché l’odg era stato accantonato. Il vicecapogruppo Pdl Gaetano Quagliariello avevasottolineato l’esigenza di non far passare «unaposizione a favore di una legalizzazione copertada finalità compassionevoli». In seguito ilgoverno ha accolto il testo modificato. Di quil’esultanza radicale e i puntini sulle «i» messidal dipartimento guidato da Carlo Giovanardi.

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iù facile accedere ai farmaci contro ildolore severo grazie alla legge che ilSenato ha approvato ieri all’unanimitàe che ora torna per il sì definitivo allaCamera, da cui l’iter era partito con unddl firmato dalle democratiche Paola

Binetti e Livia Turco e approvato all’unanimità.Durante l’esame a Palazzo Madama, infatti,sono state introdotte modifiche che rendononecessario il nuovo passaggio: tra questel’obbligo per i medici di monitorare il dolore diogni ricoverato e di annotare i risultati nellacartella clinica. Fa discutere, infine, un ordinedel giorno – accolto dal governo e come talenon parte integrante della legge – che chiede laproduzione in Italia di farmaci a base dicannabis. Esultano i senatori radicali chel’hanno proposto. Ma il Dipartimento per lepolitiche antidroga si affretta a precisare che èsolo una verifica dell’opportunità tecnica di farprodurre un farmaco che nessuna industriaitaliana ha mai chiesto di autorizzare, riservatoai pazienti che ne hanno bisogno e attualmentedevono procurarselo all’estero.

ure palliative e terapia del dolore. La leggeinnanzitutto definisce «cure palliative» gliinterventi per i malati terminali. Le «terapie

del dolore», invece, vengono applicate alle«forme morbose croniche». Con le nuoveregole, le prime diventano un diritto per ipazienti affetti da dolore severo. E laprescrizione di farmaci antidolore (a base dioppiacei e cannabinoidi) meno macchinosa: ilmedico non avrà più bisogno di un ricettariospeciale. L’unico vincolo è che il farmacistadovrà conservare l’originale o una fotocopiadella ricetta. Alcuni princìpi della cannabis,importanti per malattie come la Sla, vengonoinseriti tra i farmaci.

ue reti territoriali e monitoraggio deiricoverati. Vengono previste due retiterritoriali specializzate: una in cure

palliative e una per la terapia del dolore. Sonocostituite dall’insieme delle strutture sanitarie –sia ospedaliere che territoriali (i cosiddettihospice) – e delle figure professionali cheerogano le cure. Ogni ricoverato dovrà esseremonitorato dai medici anche sotto l’aspetto deldolore. Un obbligo che oggi esiste solo per iterminali e ora si estende a tutti i pazienti,indipendentemente dalla patologia. Leosservazioni dovranno essere annotate sullacartella clinica. Previsti anche corsi universitari emaster di formazione per i sanitari.

ariffe & Regioni. Le tariffe delle curepalliative nelle strutture pubbliche econvenzionate – che oggi variano da

Regione a Regione – dovranno essereomogenee. Nel caso in cui una Regione ritardi oometta di adempiere quanto previsto dalla

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243Giovedì28 gennaio 2010

l’intervista2EllaOne & Ru486

gli abortivi «gemelli»

il manifesto3Test prenatali

l’eugenetica di massa

idee4Engelhardt, il «papà»

della filosofia eutanasica

Cure palliative, finalmente via libera. Con giallo di Gianni Santamaria

Il varounanime daparte delSenato segnauna giornatastorica per latutela delladignità dellavita umanasino all’ultimoPeccato che isoliti radicaliabbiano fattodi tutto permettere la loro«firma» anchesu un testo cosìampiamentecondiviso, conun ambiguoordine delgiorno «antiproibizionista»adottato dalministro Fazio

on le nuove regolele cure palliativediventano undiritto per tutti e laprescrizione difarmaci antidolore

a base di oppiacei ecannabinoidi diventa meno complicata.Il testo licenziato da Palazzo Madama èsolo più restrittivo in un punto rispetto aquello che aveva ottenuto il via liberadella Camera. Il provvedimentoapprovato prevede infatti che tali farmaciantidolore vengano prescritti anchemediante ricettario rosso, quello in usoanche presso i medici di famiglia, mariconosce questa possibilità ai soli medicidipendenti del servizio sanitarionazionale, lasciando fuori i camicibianchi che operano all’interno distrutture private.

na limitazione precauzionale chetrova l’opposizione di chi vorrebbeinvece una liberalizzazione totale.

«Tutti i medici dovrebbero, a mio avviso,poter prescrivere farmaci per il dolorecome la morfina a un paziente chesoffre» ha commentato Ignazio Marino

del Pd, «con la legge in viad’approvazione in Senato, invece, questonon avviene. Per esempio un oncologo difama come Umberto Veronesi non potràprescrivere sul suo ricettario 10milligrammi di morfina per il suopaziente perché non possiede il ricettariodel Servizio sanitario nazionale. Èinaccettabile. È scontato poi che servanocontrolli su chi prescrive e chi assumequesti farmaci, ma questo non significarendere difficoltosa la prescrizione e lavita dei malati».

o stesso Veronesi, chiamato in causa,non ha perso occasione per esprimerela sua posizione – a margine di un

convegno sul tumore al seno – conun’intonazione più esplicitamenteantiproibizionista: «La legge sulle cure

palliative, licenziata oggi al Senato, vanella direzione giusta, ma siamo ancorabloccati dal proibizionismo e dalla pauradelle dipendenze di cui non riusciamo aliberarci». Secondo Veronesi, per laprescrizione della morfina dovrebbeessere sufficiente la ricetta bianca «e nonuna ricetta speciale», ribadendo che «ilproibizionismo non funziona: c’è piùuso di cocaina a Milano dove c’èproibizionismo che in Olanda dove latolleranza è maggiore».

er quanto riguarda specificamente ifarmaci a base di cannabinoidi, uncommento contro corrente è arrivato

invece dal farmacologo Silvio Garattini,secondo cui «non ci sono grandi provecirca la loro reale efficacia nella terapiadel dolore, mentre abbiamo farmacidisponibili e di comprovata efficaciacome gli oppioidi, per i quali laprescrizione è stata oggi semplificata». Sulla prescrizione di farmaci a base dioppioidi e cannabinoidi aveva giàfirmato un’ordinanza a giugno l’attualeministro della Salute Ferruccio Fazio. Unprovvedimento tuttavia a tempo, in attesadi quella legge arrivata ora alle fase finali.

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La bioetica fa sempre notiziama esige coscienze informateIl monitoraggio delle notizie bioetiche questa setti-mana propone almeno due temi di grande impor-tanza, sui quali proponiamo materiali e giudizi –come sempre – controcorrente: l’approvazione ieridella legge sulle cure palliative con la sortita radi-cale per ritagliarsi un quarto d’ora di celebrità, com-plice un ministro forse distratto sui nodi più pro-blematici; e l’annunciato sbarco in Italia di EllaO-ne, venduto come «contraccettivo d’emergenza» einvece farmaco gemello della Ru486. L’intervista al-lo psichiatra francese (laico) Rolando Gori sull’eu-genetica di massa e l’inquietante tour italiano delfilosofo Tristram Engelhardt, nume del "partito pro-eutanasia", completano pagine tutte da leggere.

Sul fine vita scintille in Commissione

i torna a discutere diidratazione ealimentazione ed èsubito scontro. Dopodue settimane diapparente tranquillità in

Commissione Affari sociali allaCamera è l’ora della discussione animata sugliemendamenti all’articolo 3, quello più spinoso, esprizzano subito scintille. Affilano le armi loschieramento a tutela della vita e quello pro-autodeterminazione, che martella conemendamenti per sostituire il termine «volontà» alpiù morbido «orientamenti». Gli emendamenti,comunque, ieri sono stati tutti respinti. Ma a dareun tono battagliero alla giornata è stato soprattuttoil caso legato alla mancata possibilità di votare per ildeputato del Pdl Benedetto Della Vedova, exradicale, oggi vicino alle posizioni del presidentedella Camera Gianfranco Fini, e primo firmatario diuna proposta di legge alternativa nel senso di unasoft law, che ha raccolto una cinquantina di firme.

ella Vedova non è stato registrato dal suopartito, come vuole la prassi parlamentare perchi non è membro della commissione e

sostituisce un collega, e dunque si è dovutoaccontentare di prendere parte ai lavori. Il Pdinsorge, invocando la censura. Parla di «trucchetti» edi «piglio autoritario» Barbara Pollastrini. TranchantAndrea Sarubbi, anch’egli pd: «Altro che partitodell’anarchia etica, nel Pdl vige il totalitarismomorale». Lo stesso Della Vedova manifestadisappunto. Ma a questo punto è il suo partito afarsi sentire. Replica al Pd il sottosegretario alWelfare, Eugenia Roccella: «Non possiamo prenderelezioni da un partito che ancora non ha deciso,come abbiamo visto da tutti e tre i candidati allasegreteria, se lasciare libertà di coscienza o meno suitemi etici».

l capogruppo in commissione, Lucio Barani, spie-ga che «Della Vedova ha sempre partecipato allevotazioni precedenti. Solo che stavolta i deputati

assenti erano stati già sostituiti». Insomma, non c’è«nessun caso». La capogruppo del Pd in commissio-ne, Livia Turco, però insiste: «La destra nega l’auto-determinazione ai pazienti e anche ai suoi parla-mentari». Secondo l’ex ministro «ci vogliono far pas-sare per quelli che non sono a favore della vita,mentre siamo per evitare l’abbandono terapeutico.Solo che per farlo è necessario rispettare la volontàdel paziente». Pronta la replica del relatore, Dome-nico Di Virgilio, secondo il quale La Turco fa comi-zi: «Noi – replica – rispettiamo il paziente ma vo-gliamo rispettare anche il lavoro del medico, e nonvogliamo che questo si trasformi in un ruolo mera-mente burocratico». (G.San.)

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La guerra della cannabis «medica» stamy di Graz

Dietro le nuove modalità di prescrizione di farmaci cannabinoidi e oppiacei, che subentrano a un’ordinanza 2009dell’attuale ministro della Salute, si ègiocata una partita di sapore ideologico

box Dall’enciclica «Caritas in veritate» a una medicina per l’accoglienza

i terrà domani a Roma, presso la Pontificia UniversitàUrbaniana (via Urbano VIII, 16), dalle 16.30 alle 19, ilconvegno nazionale «Caritas in veritate: voce profetica per

una medicina dell’accoglienza», organizzato dall’Associazionemedici cattolici italiani (Amci). Relatori: il cardinale DionigiTettamanzi, arcivescovo di Milano e assistente ecclesiasticonazionale Amci, Luca Cordero di Montezemolo, presidenteFiat e Ferrari, Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedaleBambino Gesù di Roma, Vincenzo Saraceni, presidentenazionale dell’Associazione medici cattolici.Info: Amci, via della Conciliazione 10, Roma, telefono:06.6873109; email: [email protected].

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2 Avvenire Giovedì, 28 gennaio 2010

La «pillola dei cinque giorni», abortivo col truccootrebbe presto arrivare anche nellefarmacie italiane la «pillola deicinque giorni dopo» EllaOne(ulipristal acetato), un farmaco chepuò avere un effetto abortivosebbene venga definito

«contraccettivo d’emergenza», la cui efficaciadura fino a 120 ore dal rapporto sessuale. Ilbrevetto è dell’azienda francese Hra Pharma– produttrice anche della pillola del giornodopo Norlevo – che ha già fatto richiestaall’Aifa per vendere il prodotto nel nostroPaese. Ne parliamo con Mario Eandi,professore ordinario di FarmacologiaClinica all’Università degli Studi di Torino. Come valuta le modalità di registrazionedel farmaco?«La descrizione del meccanismo d’azionedella pillola EllaOne assunta dall’Agenziaeuropea per i Medicinali (Emea) laricaviamo dal documento tecnico ufficiale,che recita: "Grazie alla sua azione suirecettori del progesterone, EllaOneimpedisce l’instaurazione della gravidanzaintervenendo nell’ovulazione e conpossibili modificazioni della pareteuterina". Si tratta di una descrizionetecnicamente corretta ma sostanzialmentereticente».Cosa intende? «La Commissione europea accetta diconsiderare la pillola come contraccettivofemminile d’emergenza, ed evitaaccuratamente di parlare di azione abortivapotenziale. Tutta la pubblicistica della"pillola del giorno dopo" nelle sue varieforme ha questa caratteristica di ambiguitàsemantica e tende ad accreditare l’idea chesi tratti sempre e comunque solo di uneffetto anticoncezionale analogo a quellodella classica "pillola" che agisce bloccandol’ovulazione e quindi la possibilità dellafecondazione».Come agisce EllaOne?«La molecola dell’ulipristal acetato è moltosimile, per struttura chimica e meccanismo,al mifepristone, meglio noto come Ru486.Entrambi appartengono a una classetalvolta definita come "modulatori delrecettore del progesterone". Alcuni principiattivi di questa classe presentano un effettocombinato agonista-antagonista, ovverostimolano il recettore del progesterone inalcune condizioni – imitandone l’azione – ebloccano in altre l’azione del progesterone –annullandone gli effetti. In realtà l’ulipristale il mifepristone sono prevalentementesostanze che antagonizzano l’azione delprogesterone. L’azione contraccettiva puòessere attribuita all’inibizionedell’ovulazione, e quindi essere considerataanaloga a quella della classica "pillolaanticoncezionale" solo quando vengasomministrata in tempo utile per agire in talsenso, ovvero diverse ore primadell’ovulazione stessa. Quando lasomministrazione avviene subito prima odopo l’ovulazione, l’eventuale azionecontraccettiva dipende esclusivamente daglieffetti di blocco dell’azione fisiologica delprogesterone a livello delle tube ovariche esoprattutto dell’endometrio. Si tratta inquesto caso di un effetto antiannidamentoo di impedimento dell’impianto dell’ovulofecondato, e quindi di un effetto abortivosul piano etico per chi assume che l’inizio

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della nuova vita avvenga con lafecondazione dell’ovulo». Perché l’ulipristal viene registrato comecontraccettivo di emergenza mentre il mi-fepristone come abortivo, pur apparte-nendo alla stessa classe farmacologica?

«Si tratta della diversastrategia di mercato delledue aziendefarmaceutiche. Introdurreoggi un contraccettivo diemergenza è comunquepiù semplice cheintrodurre un farmacocome abortivo. Inoltreogni indicazione richiedeuno sviluppoindipendente, l’utilizzo didosi differenti e strategiedi mercato differenti.L’ulipristal finora non èstato sviluppato comeabortivo e non ha richiestola registrazione per questaindicazione. Dubito che lofarà in futuro. Ilmifepristone, invece, èstato sperimentato anchecome contraccettivod’emergenza, efficacecome l’ulipristal fino a 5

giorni dal rapporto sessuale non protetto, adosi inferiori rispetto a quelle usate perl’aborto farmacologico. È possibile che infuturo venga richiesta la registrazione delmifepristone anche come contraccettivod’emergenza, ma non credo che sarà laExelgyn a presentarla».

All’indomani dellaconferma da partedell’azienda produttricesul probabile sbarco delprodotto anche in Italia,il farmacologodell’Università di TorinoMario Eandi spiega chel’azione di EllaOne èanaloga alla Ru486: mase questa è classificatacome «farmacoabortivo», il nuovopreparato è mascheratocome «contraccettivod’emergenza»...

la ricerca

orolo-giobiolo-gicoper ledonne

ticchetta in modoinesorabile dopo i30 anni, quando siassiste a un crollo

della fertilità superiore a quanto si sup-poneva. Per la prima volta uno studioscientifico ha monitorato la produzionedi ovuli da parte della donna dal conce-pimento alla menopausa, scoprendo chea 30 anni una donna è già pericolosa-mente vicina all’infertilità, conservandoappena il 12 per cento degli ovuli che a-veva alla nascita. Il che significa, spiega-no i ricercatori inglesi della St. AndrewsUniversity nello studio pubblicato sullarivista PlosOne, che dopo i 30 anni l’88%degli ovuli è perso per sempre, e con lo-ro buona parte delle possibilità di resta-re incinte. Con il 40mo compleanno la si-tuazione è ancora più desolante, con ap-pena il 3 per cento degli oltre due milio-ni di ovuli di cui ogni donna è dotata al-la nascita. Considerando che solo 450 cir-ca dei due milioni di ovuli di partenzariesce a giungere a piena maturazione nel-l’arco della vita di una donna, è chiaro cheridurre drasticamente il numero di ovu-

li, come succede alle over 30, ha effettiamplificati sulla possibilità di avere an-cora cellule uovo pronte al concepimen-to. Un vero ammonimento per le donne,come sottolinea il ricercatore Tom Kelsey,della St. Andrews University: «Ci sonodonne in attesa della prossima promo-zione o di incontrare "l’uomo giusto". Maintanto non sanno quanto drasticamen-te declina la loro riserva ovarica dopo i 30anni. Ogni anno che passa si perde unagrande parte dei propri ovuli. Il rapidodeclino della produzione di ovuli era giànoto – chiarisce lo scienziato – ma que-sto è il primo studio a tracciare il suo in-tero percorso, da prima della nascita finoalla fine degli anni di fertilità».

avorando insieme agli esperti dell’U-niversità di Edimburgo, il dottor Kel-sey ha letteralmente "contato" il nu-

mero di uova nelle ovaie di 325 donne divarie età. Le informazioni sono state poiinserite in un programma informatico cheha studiato in che modo la produzione èdiminuita con il tempo. L’analisi ha an-che dimostrato che fino ai 25 anni gli sti-li di vita, fumo e alcol in primis, non han-no particolari effetti negativi sulla fertilitàdi una donna. Dopo però le cose cam-biano, e il modo in cui una donna che siprende cura del suo corpo ha un effettomarcato sulla fertilità.

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l’inchiesta di Andrea Bernardini

Agenziaitaliana per ilfarmaco(Aifa) haautorizzatola

commercializzazionedel mifepristone (meglio conosciuto comeRu486) negli ospedali di tutto il Paese. Mala richiesta di aborto chimico èdecisamente in calo. Così, almeno, inToscana. Secondo i dati forniti dagli ufficiregionali, gli aborti portati a termine conl’uso combinato di Ru486 eprostaglandine erano stati 394 nel 2006,224 nel 2007, 141 nel 2008 e appena 47nel primo semestre del 2009. Un trenddunque, in costante calo. E comunque unagoccia nel mare del totale degli aborticonsumati in Toscana: 8.879 nel 2006 e8.077 nel 2008.

l primo a introdurre l’uso della pillolaabortiva in Toscana, com’è noto, fu ilginecologo Massimo Srebot. Era il

novembre del 2005 quando per la primavolta una confezione di mifrepristonearrivò nell’ospedale toscano. La viatoscana si è poggiata per quattro anni suun semplice criterio: nientesperimentazione stile Torino, ma, semmail’equiparazione della Ru486 a una

qualunque medicina disponibile soloall’estero. Un decreto del ministero dellaSanità del 1997, infatti, permettel’importazione di medicinali non registratiin Italia se giudicati utili dal medico per undeterminato paziente, se salvavita (ma laRu486 quale vita salva?) e in assenza diuna alternativa terapeutica (ma non esistegià l’alternativa dell’aborto chirurgico?).Ecco dunque la procedura: far arrivare ilmifepristone direttamente dalla dittaproduttrice, la Exelgyn di Clermont-Ferrand.Da allora ad oggi a Pontedera sono statipraticati circa 400 aborti con la Ru486. APontedera si sono affiancati, nel tempo, gliospedali di Siena e di Empoli e, in rari casi,anche quello di Pescia. A Siena, però,dopo il pensionamento del ginecologoCosimo Facchini, che per mesi ha

praticato l’aborto chimico, nessuno più loha sostituito in questa prestazione. AdEmpoli il servizio è sospeso da circa unanno. «Non avevamo le risorse sufficientiper portarlo avanti», fanno saperedall’Azienda Usl 11. Sì, perché tre giorni diricovero ordinario, così come previsto dalprotocollo regionale, impegna piùpersonale di quello impiegato in unaborto chirurgico in regime di dayhospital.

ltri presidi ospedalieri l’aborto chimiconon l’hanno mai praticato. A Firenzel’unico dei sei ospedali dove si pratica

l’aborto è il Piero Palagi di vialeMichelangelo. Ma in questi anni domandedi aborti chimici – ci dicono – non ci sonostate. Stessa risposta all’ospedale diLivorno. A Pisa, ginecologia è ospedalieraed universitaria. Nella prima, fino a nonmolto tempo fa, i medici ginecologi eranotutti obiettori e il problema degli aborti, diqualunque tipo, non si poneva nemmeno.Adesso due ginecologi si sono residisponibili per l’aborto. «Ma non abbiamomai ricevuto richiesta di Ru486 – ci dice ilprimario Maria Giovanna Salerno – delresto l’aborto chimico è più affare diservizi territoriali che di un ospedale diterzo livello. E la vicina presenza diPontedera ha, probabilmente, calamitato

tutte le donne che intendevano ricorrereall’aborto farmacologico».

desso Srebot, a Pontedera, è statosostituito dal collega GiorgioGuazzanelli, per andare a dirigere

l’omologo reparto di Volterra. Doveimmediatamente ha fatto sapere di esseredisposto ad accogliere donne cheintendono abortire con la Ru486. Ma laprocedura, come ha rilevato lo stessoginecologo, è ferma, proprio ora che èarrivato l’ok dell’Aifa allacommercializzazione. Questione di giorni:la Exelgyn non avrebbe ancora finito distampare le scatole e i bugiardini in linguaitaliana e, d’altronde, non è più possibileaccedere al prodotto dalla vecchiaprocedura dell’importazione ad personam,adesso che la pillola abortiva è statainserita negli stessi prontuari italiani.Come intendono organizzarsi i reparti diginecologia, ora che l’aborto chimico èstato inserito tra i cosiddetti Lea, ovvero ilivelli essenziali di assistenza e, diconoall’assessorato regionale, ogni donna potràlegittimamente chiedere la Ru486 perabortire in ogni ospedale della Toscana? Ladomanda coglie di sorpresa un po’ tutti.«Se ne occuperanno i professionisti chepraticano aborti», è la risposta piùricorrente.

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’LLa Toscana è già scettica sulla Ru486

testamenti

iamo aquota73. Tantisono icomuniche han-

no deciso di in-traprendere l’iter

per istituire, o che hanno già istitutonei propri archivi, un Registro dei te-stamenti biologici. Ultimo il comunedi Bologna dove qualche giorno fa èstata avviata la delibera a riguardo.Ma questi registri che valore giuridi-co hanno? La risposta è secca: nessu-no. Ciò a voler dire che il contenutodei testamenti biologici depositati incomune non produce nessun effettogiuridico. Detto in altri termini, le vo-lontà espresse in questi moduli nonsono vincolanti giuridicamente pernessuno, né per il medico, né per fi-duciari o parenti. Perché? Se parlia-mo di testamento biologico parliamodi libertà individuale e di tutela dellasalute. Ora, l’art. 117 della Costitu-zione prevede che la libertà indivi-duale è un tema su cui può interve-nire solo lo Stato con le sue normati-ve perché esso è un diritto civile. In-vece, sempre per lo stesso articolo, latutela della salute è una materia chepuò essere disciplinata in modo con-correnziale dallo Stato e dalle regio-ni, ma non dai comuni. Quindi taleambito, che ricomprende due benifondamentali quali la libertà perso-nale e la salute, non può essere la-sciato all’arbitrio di piccole ammini-strazioni locali, ma deve essere rego-lamentato ad un livello assai supe-riore.

ltre ad un giurisprudenza conso-lidata sul punto questo principioè confermato dal Decreto Legi-

slativo n. 267/2000 che determina lefunzioni dei comuni. Tra queste ci so-no sì i "servizi sanitari, di igiene e pro-filassi pubblica" però solo quelli "at-tribuiti dalla legislazione statale e re-gionale". A parte il fatto che far ri-comprendere l’istituzione dei registrisul fine vita tra i servizi sanitari appa-re una evidente forzatura, anche secosì fosse il via libera per la costitu-zione degli stessi dovrebbe arrivaredall’alto: Stato o Regione. Ciò è con-fermato in modo più ampio dagli artt.117 e 118 della Costituzione: le com-petenze dei comuni sono attribuiteda leggi statali o regionali. Ad oggiperò non ci è giunta notizia che il Par-lamento o una qualsiasi regione at-tribuisca ai comuni il potere di istituiredei registri per i testamenti biologici.

questo punto però qualcuno tro-verebbe la scappatoia: allora fac-ciamo istituire i suddetti registri

dalle regioni. Ma questo non potreb-be accadere. Infatti sempre l’art. 117afferma che le regioni possono sì le-giferare in materia di tutela della sa-lute "salvo che per la determinazionedei principi fondamentali, riservataalla legislazione dello Stato". Quan-do si parla di principi fondamentalinon si fa solo riferimento a valori e-tici-civili, ma anche a quei criteri giu-ridici già stabiliti dalla disciplina vi-gente. Trattare di fine vita significa ri-ferirsi alla normativa sul consensoinformato. Tale disciplina non preve-de – ed è un principio fondamentale– il conferimento alle regioni del po-tere di istituire i registri per i testa-menti biologici. Quindi nemmeno leregioni hanno competenza in questoambito. Tornando ai registri comu-nali: perché dunque tale iniziativa,seppur a detrimento delle casse del-l’ente pubblico? L’intento è ideologi-co: spingere per rendere legittimo ciòche accade nella prassi. Il ragiona-mento che si cela dietro questa pro-posta predica che se un comporta-mento è diffuso significa che è nor-male, dunque buono. Ma se è buononon si vede il motivo per non ren-derlo legittimo. Ed ecco, infine, lo sco-po: far pressione sul legislatore affin-chè si adegui al sentito popolare. Ma,tra l’altro, il numero di 73 comuni su8.100 – tutti i comuni d’Italia – haben poco del "popolare"...

Tommaso Scandroglio

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Quei 73 registriche la leggenon consente

Scienza & Vita

a "pillola del dopodomani" eil problema dell’obiezione dicoscienza. Queste le tematichedella Newsletter di Scienza &Vita n° 32 disponibile onlinesul sito internet dell’associa-

zione. Il "Focus" del numero di gen-naio è interamente dedicato al casoEllaOne e alla sua prossima commer-cializzazione in Italia. Lucio Romano,ginecologo e presidente di Scienza &Vita, ne affronta gli aspetti biomedicie farmacologici e le conseguenze eti-che. Lorenza Violini e Felice Testa, ri-spettivamente costituzionalista e giu-slavorista, indagano la complessa pro-blematicità dell’obiezione di coscien-za dei professionisti sanitari anche perRu486 e pillola del giorno dopo.La newsletter, come ricordato nell’e-ditoriale di apertura dal direttore, Do-menico Delle Foglie, ospita anche trenuove rubriche: "Macchia nera", chio-se ironiche sull’articolo più bislaccosui temi della vita; "Biofiction", os-servatorio di bioetica in tv e "Biblio-note", le segnalazioni bibliograficheda non perdere. Per leggere e per i-scriversi è sufficiente registrarsi alla pa-gina www.scienzaevita.org/newslet-ter_ultimo_numero (Em.Vi.)

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Una delle Regioni capofilanell’uso disinvolto del «farmaco»scopre che gli aborti chimici sono in costante calo dal 2006All’ospedale di Empoli serviziosospeso perché troppo costoso,a Siena non c’è più il medico,a Livorno e Firenze zero richieste

Il caso EllaOne:tutto via email

un anno dall’inizio della campagna di vaccina-zione contro il Papilloma virus umano (Hpv),principale responsabile del cancro alla cervice u-

terina, tra le aventi diritto al vaccino – ovvero le na-te nel 1996 e nel 1997 – hanno portato a termineil ciclo vaccinale, sottoponendosi alla sommini-strazione di tutte e tre le dosi, solo tre ragazze sudieci. È quanto emerge dai dati della CommissioneSalute presso la Conferenza delle Regioni e delleProvince autonome, aggiornati al 30 giugno 2009,presentati ieri. L’adesione è stata mediamente altaper la prima dose di vaccino (raggiungendo il 61,8%per le nate nel 1997 e il 43,9% per le ragazze del1996), per la seconda dose si è registrato un nettocalo: «Ma senza il completamento di tutto il ciclovaccinale – spiega Francesca Martini, sottosegreta-rio alla Salute – il vaccino perde efficacia, e diven-ta inutile per le ragazze e costoso per il sistema sa-nitario nazionale».

AVirus Hpv, la campagna non sfonda:vaccinate solo 3 ragazzine su 10

Page 3: Avvenire Inserto E'-Vita del 28 gennaio 2010

testpre-natalisem-bra-no

aver preso una dimensioneiperbolica, se si considerano lebasi scientifiche incerte su cui sifondano. Emerge un commerciodei rischi che produce angoscia eansia». A lanciare l’allarme è ilprofessor Roland Gori, il notopsicopatologo e saggista franceseall’origine di un recente appello,sottoscritto da numerosi edeminenti specialisti di ginecologiaed ostetricia, sulle derivetecnocratiche legateall’accompagnamento dellaprocreazione. L’appello, inFrancia, ha rotto il ghiaccio su unautentico tabù. E allargando lapropria riflessione, lo studiosonon esita a parlare di minaccefuture di «distruzionedell’umanità nell’uomo a favoredi una riproduzione tecnica dellaspecie».Professore, cosa l’ha spinta alanciare l’allarme?Da anni lavoro sulle deriveideologiche e psicopatologichelegate alla medicalizzazionedell’esistenza. Viviamo in una

www.avvenireonline.it\vita

Avvenire 3 Giovedì, 28 gennaio 2010

Diagnosi prenatali, l’eugenetica di massa di Daniele Zappalà

società che attraversa una crisietica e in cui i politici tendono arivolgersi alle scienze della vita,come la medicina, per costruireun sistema di disposizioni sullecondotte individuali. Diventaevidente più che mai il pericolo diuna gestione pseudoscientifica etecnica del vivente, capace diripetere persino certi orrori delrecente passato. Sul pianopsicopatologico, ciò conduce a

una dispersione negli individui diun’etica della critica e dellaresponsabilità. Nello specifico,l’incontro di diversi specialisti nelcampo dell’ostetricia mi ha fattoprendere coscienza dellageneralizzazione delle diagnosiprenatali. In certi reparti, mi èstato spiegato con inquietudine, ledonne incinte vengono ormaiquasi braccate. A giustificarequest’atteggiamento è la pretesa dianticipare i rischi per i nascituri.Ma diversi test paiono abusivi econfigurano anzi una specie di"commercio del rischio". Ledonne incinte vengono invitate asottoporsi a numerosi test anchesu patologie eventuali su cui nonesistono cure. Si spalanca dunqueuna questione etica enorme. Tantopiù se si considerano leconseguenze psicologichedisastrose sulle donne. Qualcosadi naturale come la gravidanza neicasi peggiori può ridursi a unaprova costante inflitta alla loropsicologia. Eppure,scientificamente, la definizione dimolti di tali rischi restacontroversa. Si può parlare di una colonizza-zione dei progetti d’avvenire del-le famiglie?È così. È qualcosa di simile alle

recenti pretese di predire ladelinquenza a partire da certidisturbi del comportamento neibambini di neppure 3 anni. Inquel caso, si partiva da studi suitopi mutanti e da articoli moltocontroversi. Si arriva in entrambi icasi ad aberrazioni checonfondono predizione eprevenzione.Queste forme di determinismoapplicate all’uomo paiono rima-re con scientismo...In proposito, emerge un pericoloche in certi casi si potrebbedefinire totalitario. Oggi, in nomedi una certa concezione dellascienza, del principio diprecauzione, della prevenzionedei rischi, l’individuo può finiresotto osservazione fino alle pieghepiù intime della sua esistenza. C’èil rischio, insomma, di calibraregli individui così come si fa giàoggi in Europa con i pomodori,cioè a partire da considerazionitecnocratiche. È un approcciopolitico fideistico verso la scienzache tende a escludere il sensoindividuale della responsabilità edella solidarietà.A livello clinico, che conseguen-ze può avere questa pressionesulle persone che comincia an-cor prima della culla?

Da tempo m’interesso allapossibilità di veder emergere ciòche chiamo "patologie delnichilismo". I sintomi chevediamo oggi moltiplicarsi, dallepiù diverse dipendenze allastrumentalizzazione dell’altro, misembrano sempre più il rovesciodella medaglia di questa nuovaciviltà contabile, normativa,pseudoscientifica.La gravidanza è il momento pereccellenza di contatto col miste-ro della vita. L’offensiva tecno-cratica che lei denuncia produceuna perdita di senso?Credo di sì. Diversi filosofiavevano visto in passato la scienzanon certo come un mezzo perchiudere i conti col mistero. Ma alcontrario, come una via che apre,attraverso la conoscenza, spazi pernuovi misteri ed enigmi. Oggi,spesso, la concezione dellascienza applicata al vivente tendeinvece pericolosamente adavvicinarsi al produttivismo e auna visione fino a ieri riservataall’industria.Ciò è legato direttamente agli in-teressi economici in gioco dietroil "commercio dei rischi"?Nel caso dei test prenatali, cosìcome in altri ambiti dello stessogenere, esiste una porosità ormaiestrema fra gli interessicommerciali e industriali, da unaparte, e le politiche sanitarie. Unaminima variazione nei valorigiudicati dai poteri pubblici comeuna norma sanitaria possonotradursi per l’industria in notevolioscillazioni del proprio girod’affari.In Europa si allarga il dibattitosui rischi di derive eugeniste. InFrancia, a gettare il sasso è statoil professor Didier Sicard, ex pre-sidente del Consiglio consultivod’etica. Che ne pensa?Sono d’accordo col professorSicard, anche se abbiamo approccial problema diversi.Personalmente, parlerei di unrischio di eugenismo neoliberale.Sulle questioni legate al vivente,gli esperti tendono oggi aprendere il posto di figure guidacapaci di richiamare la coscienzamorale. Il regno degli espertitende a dirci in modo sempre piùchiaro che la verità è la norma. Sitratta di una follia.E ciò giunge proprio quando, incampi come la ricerca in biolo-gia, emergono più che mai certilimiti conoscitivi della scienza.Un paradosso?Proprio così. L’onore della scienzasta nel riconoscere che non harisposte a tutto, in particolare nelcaso dell’umano. Oggi in Europastiamo vivendo una vera ondatadi morale utilitarista senza ancorapossedere gli antidoti. Ma restoconvinto che potremo trovarli intre modi: tornando all’etica deinostri mestieri scientifici, grazie auna riflessione epistemologicasulla scienza e infine attraverso unimpegno pubblico disensibilizzazione.

Parla Roland Gori,lo psicopatologo e scrittorelaico francese che halanciato l’appello di intellettuali e medicipubblicato da «Le Monde»contro la derivatecnocratica dellaprocreazione. «Donneincinte braccate negliospedali per esami abusivi einutili. L’individuo finiscesotto osservazione fino allepieghe più intime della suaesistenza. È un approcciofideistico verso la scienza»

Battaglie «cattoliche»? C’è di mezzo l’uomorendersi cura della personafino alla fine. È un servizio,questo, che compete almedico, ma è anche uncompito della società. Lohanno ribadito, ieri alla

Cattolica, Paola Binetti, deputata delPd, Rodolfo Proietti, professore ordinario di anestesia erianimazione del Policlinico Gemelli di Roma, AdrianaTurriziani, responsabile medico dell’hospice Villa Speranzadell’Università Cattolica di Roma e Carlo Casini, presidentedel Movimento per la vita italiano. L’occasione: l’incontropromosso dal Movimento per la Vita Italiano, a quasi unanno dalla morte di Eluana Englaro, sulle problematiche del"fine vita".

l senso del dolore. «Non vinceremo mai queste nostrebattaglie sulla vita se non ribaltiamo il senso del dolore edella sofferenza». Per Paola Binetti, infatti, «il dolore

irrompe nella storia insieme alla morte come un frutto delpeccato originale». La sofferenza, dunque, fa parte della vita,ma «l’intelligenza non riesce a coglierne il senso. «Molti – haproseguito – sentono questa del "fine vita" come unabattaglia dei cattolici», non riuscendo appunto a dare unsenso alla sofferenza. In realtà, ha spiegato, «non possiamopretendere di eliminare il dolore, eliminando colui che soffree pensando di essere soggetti di pietà». «È l’incomprensionedegli amici, è la solitudine, che rendono per ognuno di noiinsostenibile la sofferenza. Laddove c’è una rete di sostegnoumano ai pazienti e alle famiglie, non c’è questa richiesta dimorte. L’etica del fine vita – ha aggiunto la Binetti – è l’etica

della condivisione, dell’accompagnamento. La nostracapacità di relazionarci e di amare il malato, è un buonmodo di dare senso al dolore».

giusti significati. Quando si parla di temi così delicati «èdi fondamentale importanza dare ai termini i giustisignificati», ha sottolineato Rodolfo Proietti. Spesso, infatti,

utilizziamo espressioni come «vita artificiale» o «staccare laspina». Ma sono modi di dire errati, «che possono portare agravi decisioni». Invece, ha sottolineato, «sarebbe opportunopiuttosto parlare della cosiddetta terapia «sproporzionata pereccesso» e di «terapie ritenute insopportabili» dalla personamalata».

e cure. Nel percorso di intervento, ha spiegato AdrianaTurriziani, è fondamentale il concettodell’accompagnamento. «Noi diamo supporto grazie ad

un’equipe di medici, infermieri, psicologi, assistenti spirituali,per ridare giusta dignità al "fine vita"». Di qui, l’importanza ela responsabilità «nel costruire il percorso giusto. Bisogna

guidare il paziente – ha aggiunto Turriziani –. Prendersi curadi lui significa anche avere la capacità di ascoltare. Capirequali sono i valori della sua vita. Il percorso del malato puòessere condiviso».

a legge. La Camera sta discutendo il disegno di legge sultestamento biologico. Ma «c’è la pauradell’insabbiamento, di un rinvio senza tempo – ha

sottolineato Carlo Casini –. Il nostro compito è di modificaree di farla approvare prima possibile. Dopo la morte di Eluanasi promise che in tre giorni sarebbe stata fatta la legge. Poidue settimane. Poi tre mesi». E intanto è passato un anno. «Cisono molti cattolici – ha rimarcato Casini – che sostengonoche non si dovrebbe fare nessuna legge, perché la decisione difronte alla malattia è così diversa da caso a caso, che non sipossono stabilire regole generali. Rispondo che purtroppo lanorma giuridica vigente è quella stabilita dalla Corte diCassazione, la quale consente che vi siano di nuovo tanteEluane, fatte morire di fame e di sete. Solo una legge puòimpedire che questo accada».

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lle cliniche del RegnoUnito non servirà piùun permesso specialeper distruggere gliembrioni cheriportano difetti

genetici anche minori. LaHuman Fertilisation and Embryology Authority,l’ente che regola il settore della fecondazioneartificiale ed embriologia, ha pubblicato qualchegiorno fa una lista di 116 malattie geneticheereditarie che se diagnosticate durante lafecondazione artificiale possono dare il via alladistruzione dell’embrione. La notizia hasollevato critiche e preoccupazione perché traqueste condizioni ereditarie ce nesono molte che garantiscono a unessere umano una qualità di vitadecorosa e in alcuni casi, comedimostrato in passato, ancheeccezionale. Domenica scorsa ilSunday Times sottolineava comealcuni grandi personaggi dellanostra storia, per esempio Abramo Lincoln oCharles De Gaulle, siano riusciti a condurre unavita esemplare nonostante avessero una malattiaoggi inclusa nella lista della HFEA, la sindromeMarfan, o come altri, per esempio Pete Sampras,sia riuscito ad eccellere nel tennis anche semalato di talassemia, sempre nell’elenco. «Lanotizia è terrificante – ci spiega JosephineQuintavalle di Core, Comment on ReproductiveEthics – e ancora di più se si considera che moltiembrioni vengono scartati anche prima di esserediagnosticati difettosi. Se per esempio nellafamiglia di una coppia che cerca di concepireattraverso la fecondazione artificiale c’è unnonno che ha avuto una malattia grave, gli

embrioni che riportano i geni del nonnovengono eliminati automaticamente ancoraprima di essere sicuri che questi contengano lastessa malattia. In poche parole è moltoprobabile che saranno distrutti embrioniassolutamente sani».

er David King, direttore del gruppo HumanGenetic Alert, l’iniziativa della HFEA «èun’ulteriore conferma dell’ossessione

esistente in questo Paese di cercare la perfezionea tutti i costi quando sappiamo bene che laperfezione non esiste e che è sbagliatosbarazzarci di una vita perché questa non èperfetta. E contribuisce alla creazione di un clima

sociale in cui anche le più piccoledeviazioni da quella che èconsiderata la normalità vengonoconsiderate inaccettabili». La procedura per identificareanormalità genetiche ereditarieconosciuta con il nome di Pdg (Pre-implantation genetic diagnosis)

consiste nel rimuovere alcune cellule da unembrione tre giorni dopo la fecondazione. Gliembrioni che presentano cellule con geni arischio vengono scartati mentre quelli consideratisani vengono impiantati nell’utero della madre.«Purtroppo siamo solo all’inizio di questa follecorsa verso ciò che non si può altro che chiamareeugenetica», conclude la Quintavalle. L’autoritàsta infatti valutando in questi giorni la possibilitàdi aggiungere alla lista altre 24 malattieereditarie. Tra queste c’è anche la porfiria, unamalattia genetica del sangue che provocasquilibri mentali e che negli ultimi anni del suoregno fu responsabile della "pazzia" di GiorgioIII. Il sovrano morì nel 1820, a 82 anni d’età.

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Embrioni, la lista degli scarti

INSINTESI

1Il saggista RolandGori, autore di unappello-choc contro lederive tecnocratichedella procreazione, inquesta intervista parladella «dimensioneiperbolica» assunta daitest prenatali.

2C’è il rischio, affermail professore, di un«eugenismo liberale»,per contrastare il qualebisogna ritornare«all’etica dei nostrimestieri scientifici».

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Riflessione ieri all’Università Cattolica di Romapromossa dal Movimento per la Vita a quasi un anno dalla morte di Eluana Englaroper fare il punto sul bio-testamento e sui tanticondizionamenti a un dibattito che stentaa essere lucido e obiettivo. Gli interventi di Binetti, Casini, Proietti e Turriziani

Francia«Ritocchi»pesantialla legge

pochesettimane daidibattitiparlamentarichechiuderanno il

lungo processo direvisione dell’attualelegge quadro francesesulla bioetica, esistonoancora margini perblitz dell’ultima ora,capaci di sconvolgeregli attuali riferimentinormativi? Tra leassociazioni di difesadella vita il timore nonsi spegne, in particolarenell’ambito dellaricerca sugli embrioni.L’introduzionesurrettizia diemendamenti quasiinvisibili ma dai grandieffetti concreti non èuna novità in Francia,dove il mondoparlamentare è espostoai gruppi di pressione.Per il momento,comunque, un pienostravolgimento dellalegge pare escluso. Laconferma è giunta lasettimana scorsa, conle conclusioni dellaCommissioneparlamentarepresieduta daldeputato neogollistaJean Leonetti. Per ilgruppo di lavorobipartisan, laprocreazione assistitadovrà restareprerogativa dellecoppie sterili. Dunque,inaccessibile per singleo persone omosessuali.Inoltre, la porta paresbarrata a ogniintroduzione ancheparziale dell’"utero inaffitto". Un’altracontroversarivendicazione chepare destinata a nonessere accolta èl’utilizzo di gametimaschili dopo ildecesso dell’aspirantepadre.

a ricerca sugli em-brioni è invece ilprincipale ambito

in cui il progetto di li-beralizzare continua asedurre i parlamentari.Nonostante la Com-missione Leonetti si siaespressa per il mante-nimento dell’attualedivieto formale accom-pagnato da deroghe,l’incertezza rimane, an-che perché pesa il pare-re opposto del Consi-glio di Stato, che racco-manda «un regime per-manente di autorizza-zioni sottomesse a con-dizioni». L’alto foro,spesso seguito dal Par-lamento, ritiene chel’assetto attuale rappre-senta «un ostacolo sulpiano scientifico, poi-ché non offre alle équi-pe di ricerca la visibi-lità necessaria». La stes-sa Commissione Leo-netti, peraltro, auspicaun’estensione delle de-roghe: dall’attuale fina-lità "terapeutica", sipasserebbe a una quasionnicomprensiva "fi-nalità medica".(D.Zap.)

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Roland Gori

Anche malattie "lievi" nell’elenco delle disfunzioni che autorizzanola selezione preimpianto

I relatori al convegno organizzato ieri dal Movimento per la vita

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ugo Tristram Engelhardt,docente all’Università diHouston, è un bioeticista difama mondiale, forse ancheper la radicalità di alcune suetesi, che comprendono non

solo la liceità dell’aborto edell’eutanasia, ma anche della venditadi se stessi e dell’infanticidio. Lunedìha tenuto a Milano una conferenza alconvegno «Riflessioni sulla laicità»organizzato dal Centro Studi Politeiainsieme a Consulta di Bioetica eUniversità degli Studi di Milano, e oggiinterviene a Firenze a un convegnosulla fine della vita organizzato dallaRegione Toscana. Ovviamente non èqui possibile riferire per intero il suointervento milanese e ci limitiamosolo a qualche idea. Un merito di Engelhardt è, peresempio, quello di rifiutare la moltodiffusa sinonimia tra laico e noncredente. Infatti, la sua propostapolitica è quella di uno «Statosecolare» (è questa la traduzione menoinsoddisfacente del termine «secular»)ma non laicista, dunque che sianeutrale non solo nei confronti dellevisioni religiose, ma anche di quellelaiciste, cioè ostili, in vari modi, allereligioni. Questa neutralità – ha dettoEngelhardt – implica, per esempio, chepratiche controverse come l’aborto el’eutanasia non vanno finanziate con isoldi pubblici.

l punto di partenza di Engelhardt è laconstatazione di un pluralismomorale che, a suo avviso, è insolubile,

perché egli ritiene impossibile risolvererazionalmente le questioni etiche esoprattutto bioetiche, cosicché lo Statonon deve propendere per nessunaconcezione morale. Il suo unicoassunto di base dev’essere il «principiodel permesso», ovvero il divieto diintervenire sulle persone – talvoltaEngelhardt parla di divieto di «usare gliinnocenti» – e sulle loro proprietà senzail loro permesso. Da ciò discende anchel’apprezzabile difesa engelhardtianadell’obiezione di coscienza, perché ilpersonale del mondo sanitario nondeve essere costretto ad agire contro leproprie convinzioni morali. Neconsegue anche che nessuno deveimporre le sue idee agli altri, mentre lepuò legittimamente proporre. Ciò chelo Stato deve tassativamente evitare è ladegenerazione delle divergenze teorichein conflitti, pertanto il suo compito èstabilire una cornice di regole per laconvivenza pacifica di persone chevivono in comunità che hanno principimorali diversi ed incommensurabili;poi, all’interno delle comunità e delleistituzione relative da esse promosse(per esempio gli ospedali), le personepossono agire come vogliono, fattosalvo il principio del permesso.I problemi dell’approccio di Engelhardtsono però molteplici e anche in questocaso ci possiamo limitare a pochiaspetti, riferendoci ai suoi scritti, piùche alla conferenza milanese.Ad esempio, se lo Stato è totalmenteneutrale dal punto di vista etico, seanche il divieto di usare la violenza nonè un principio morale, allora non èmoralmente biasimabile un soggetto

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che lo trasgredisce quando può farloevitando le conseguenze per luidannose, per esempio perché è in gradodi non farsi scoprire.Se invece questo divieto è un principioetico, allora esso va giustificato, perchénon è un imperativo pacifico, tanto èvero che alcune varianti di quellaimportante e diffusa corrente filosoficache è l’utilitarismo non lo accettano.Ancora, non è neutrale una concezioneche consente l’aborto, l’eutanasia el’infanticidio: infatti, essa li consideranon moralmente inammissibili econtrasta con la prospettiva che ritieneinvece moralmente inammissibile chelo Stato li consenta.

a, poi, su quale base Engelhardtammette aborto, eutanasia einfanticidio? Egli afferma che «feti,

infanti, ritardati mentali gravi e malati oferiti in coma irreversibile sono umanima non sono persone», perchéstabilisce un’equazione tra la personaed un essere che esercita in atto delleattività cognitive, specialmente

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l’autocoscienza. Tuttavia, se fossepersona solo chi esercita attualmenteattività razionali, allora un dormiente oun uomo sotto anestesia non sarebberopersone, dato che non sonoautocoscienti in atto e, dunque, sarebbelecito uccidere anche loro (Engelhardtha trattato il caso del dormiente, peresempio, in Some Persons Are Humans,Some Humans are Persons, ma in modonon convincente). Per alcuni autori è ilprimo atto cognitivo, cioèun’espressione dell’agire, ciò che rendepersona un essere umano. Ma, alcontrario, è l’essere di un’entità ciò chedetermina il suo agire: per esempio, unafarfalla non può compiere le attività diuna pianta e viceversa. Perciò, solo chi ègià persona può compiere attivitàpersonali, dunque il primo attocognitivo-personale lo può compieresolo chi è già persona.Non è poi vero che la convergenza sualcuni valori etici non è mai possibile.Per esempio, c’è un consenso quasiuniversale sulla grandezza morale dialcune figure. Per esempio, Confucio,Budda, Gesù, Socrate, Gandhi, ecc.,sono ammirati non già per tutti gliaspetti del loro carattere, ma almenoper alcuni, ed alcune loro azioni sonoconsiderate universalmente buonequasi da tutti.

che gli uomini siano capaci (anchese non sempre ci riescono) diindividuare dei precetti morali

condivisi lo testimonia la convergenza,per esempio del Decalogo di Mosè e delCodice babilonese di Hammurabi, o laricorrenza, documentata per esempioda C.S. Lewis (ne L’abolizione dell’uomo),di diversi precetti morali in culturemolto differenti (cinese, indiana,cristiana, greca, sassone, norvegese,ecc.).Insomma, vale la pena «continuare aperseguire il progetto di un’eticasostanziale, per lo meno nei limiti incui sia possibile realizzare quell’accordo[…] su un insieme limitato e sempresoggetto a correzioni, di regole, principio giudizi ponderati» (M. Reichlin, Eticadella vita).

E

www.avvenireonline.it\vita

4 Avvenire Giovedì, 28 gennaio 2010

Per inviare notizie, se-gnalazioni, proposte,lettere e interventi allaredazione di “è vita”:

email: [email protected] fax: 02.6780483

L’appuntamentocon le pagine

di Avveniresui temidella bioetica

è per giovedì4 febbraio

Il tour italiano di Engelhardt, filosofo anti-vita di Giacomo Samek Lodovici

in laboratorio

Prima un interventoall’Università di Milano, oggi undiscorso a Firenze: la Consulta radicale di bioetica porta in giroil suo «ideologo» e lesue raggelanti teorie

Copercom: la vitasi comunica online

Il volto Tinto della politicaentiva-mo tuttiil biso-gno diun voltonuovo,

fresco,anticonformis-ta nella

politica italiana. Menti lucide ecreative, disincantate e coerenti.Soprattutto coerenti. Eccone dunqueuno. Grazie all’intraprendenza dellapremiata ditta Pannella-Bonino, inLazio e Veneto (o in Lombardia, a chitocca tocca) scende in campo il registaTinto Brass, 76 anni, al grido di "Eros eLibertà" (Corriere della sera, 23gennaio). La sua indubbia competenzaverrà messa a servizio delle Regioni:finalmente.

a parte sua Emma Bonino, di cui lastampa avversa ricorda gli abortipraticati negli anni Settanta,

rivendica con orgoglio la «lunghissimacampagna per la disobbedienza civile:sono contenta di aver saputo aiutaremoltissime donne». Su quellacampagna ha qualcosa da ridire ilFoglio (23 gennaio). Una volta sichiamava disinformazia, oggi chissà...

«Ancora pochi giorni fa in televisionenella trasmissione "Correva l’anno" miè capitato di sentir dire, a proposito del"mitico" 1968, che in quell’anno siebbero più di un milione di aborti.Balle. In quell’anno le nasciteraggiungevano quota 930 mila. Ibambini si facevano, non siabortivano. Se la cifra degli aborti fossequella, si sarebbero avuti due milionidi concepimenti: pari, considerando lapopolazione femminile di allora in etàfeconda, a quasi sei concepimenti inmedia per donna. Un livello pari aquello attuale dell’Africa sub-sahariana, ma quasi il doppio diquello reale dell’Italia di allora.Radicali e Aied hanno sempre mirato aingigantire il problema».Intanto, scrive sempre il Foglio, il Lazioè la regione italiana dove si abortiscedi più, ci sono meno consultori e la194 è meno applicata. Ma arriva EmmaBonino...

proposito di aborti, chi è ilcattivone che ostacola l’arrivo inItalia della pillola delle meraviglie?

Repubblica (27 gennaio), titolo:«Aborto, nuovi ritardi per la Ru486».Scrive Michele Bocci: «L’aziendaproduttrice, la francese Exelgyn,

annuncia che potrà distribuire lapillola abortiva ai nostri ospedali solotra più di un mese (...). "Si tratta solodi problemi tecnici – spiega CatherineDenicourt, direttore farmaceuticodell’azienda francese –. Primaabbiamo dovuto stampare i fogliettiillustrativi in italiano secondo leindicazioni dell’Aifa. Adessoaspettiamo i bollini dell’Azienda delfarmaco da mettere sulle scatole"».

a a Pontedera il primarioMassimo Srebot denuncia: «Siamofermi, di fronte alle donne

allarghiamo le braccia. A dicembre (...)è arrivata una lettera del ministero checi impediva lo sdoganamento delleRu486 acquistate in Francia. Adesso cisono persone che acquistano ilfarmaco abortivo su Internet. Cosachiaramente pericolosissima». Boh. Lostesso giorno, nelle pagine diPontedera della Nazione, Patrizia Rediriferisce: «L’azienda francese – haspiegato il dottor Massimo Srebot – èstata chiusa per ferie proprio quandol’Agenzia italiana del farmaco ha datoil via libera alla commercializzazionedella Ru486». I colleghi Bocci e Redi simettano d’accordo tra loro. O Srebot simetta d’accordo con se stesso.

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AD

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boxScoperte etiche:neuroni nuovinon «ringiovaniti»

«Vogliamo svilup-pare relazioni conle autorità di fa-mily planning del-la Cina per istrui-re il nostro perso-nale, usare con-traccettivi moder-ni e altre questio-ni correlate».Abdul Qayyum, direttore pianifi-cazione familiaredel Bangladesh,L’Eco di Bergamo,25 gennaio.

ltre questioni collegate»:e quali saranno mai? Ilpiccolo Bangladesh ha

effettivamente molti abitanti:144 milioni, con una densità di1000 per chilometro quadrato,altissima. Che fare? Tra le tantesoluzioni, il Ministero della Fa-miglia pare abbia scelto la peg-giore: il "figlio unico" alla cine-se che gli stessi cinesi stanno ri-pensando, avendo constatatogli squilibri che determina (suimetodi brutali, invece, parenon ci ancora ripensamento al-cuno). Mandare a scuola le ra-gazze e far lavorare le donne?

Puntare cioè su sviluppo e con-sapevolezza? Troppo difficile epoco redditizio, nell’ottusa pro-spettiva dei burocrati. Ma la ve-ra frase sfatta è l’ultima. Secon-do missionline.org, tra le «altrequestioni collegate» (formulavolutamente vaga) in tema dicontrollo demografico «il go-verno e le autorità di Pechinoincludono l’aborto forzato el’infanticidio. Lo testimonia, adesempio, il documentato librodel dissidente cinese HarryWu». Se l’umanità ci sembratroppa, conviene disumanizzar-ci. (T.G.)

A«Troppa umanità, s’impone un repulistifrasi sfatte

l laboratorio «A-nimatori cultura ecomunicazione»

del Copercom(Coordinamento

associazioni per la comunicazione) pro-muove stasera alle 21 un appuntamen-to online su «Come comunicare la vi-ta». Ospite Domenico Delle Foglie, por-tavoce di Scienza & Vita. Punto di par-tenza è la 32a Giornata per la vita. Perpartecipare è sufficiente collegarsi al-l’homepage del sito www.copercom.it eavviare lo streaming cliccando sull’ap-posito banner nell’area "formazione".L’incontro è rivolto agli animatori del-la comunicazione e a quanti desideri-no promuovere incontri per approfon-dire aspetti significativi e problematicidella comunicazione mediatica.

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sul campo

romuovi lavita» è iltema dellasecondaedizione delconcorso

della diocesi campana diCerreto-Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti(Benevento) promossodall’ufficio famigliadiocesano ma anche ilcredo dei coniugi AmaliaMartone e AntonioRiccardi, responsabilidell’ufficio diocesano.L’iniziativa nasce insinergia con l’ufficio dipastorale giovanile evocazionale, l’ufficioscuola, Caritas e Ac inoccasione della 32ªGiornata per la vita. «Lanostra storia di coppia –racconta Amalia – risale amolti anni fa, abbiamoquattro figli dislocati invarie località, la nostraattenzione è stata sempresegnata da questa cura perla vita tant’è che abbiamoaccolto in casa unaragazza madre con suofiglio e ancora oggiaccompagnamo questafamiglia che ha acquisitouna certa autonomia».«Abbiamo in casa unanovantenne parente dimio marito – prosegueAmalia –; le diamoospitalità, cura eattenzione, cerchiamo diessere coerenti con i nostriideali».

a molti anni entrambisono attivi nellapastorale familiare sia

diocesana che comedelegati regionali nellaconsulta nazionale.«Siamo pensionati, miomarito era professore dimatematica alle superiorie io di lettere alle medie –aggiunge Amalia – eappassionati del valoredella formazione». Daquesta consapevolezzanasce il concorso«Promuovi la vita», direttoalle scuole secondarie diprimo e secondo grado,inserito in un percorsodiocesano più ampio «Incammino verso la vita»,un modo di evangelizzarein maniera itineranteattraverso l’incontro conle associazioni, i gruppi, lefamiglie dei seminaristi,gli operatori pastorali. Glialunni sono chiamati ariflettere sul tema dellascelta di vita sobria e sullacondivisione. Il gruppodell’ufficio famiglia curamolto la formazionespirituale e ha accantocome sostegno il vescovodiocesano, Michele DeRosa.

Lucia Giallorenzo

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Cerretosi mettea concorso

e ci fosse ancora qualchedubbio sulla portatadella scoperta effettuatanel 2007 dallo scienziatoShinya Yamanka sullecellule riprogrammate, le

notizie arrivate dall’Americanelle ultime ore lo fugheranno definitivamente.Gli studi effettuati alla Stanford University Schooldi Palo Alto hanno infatti inaugurato un nuovo,incoraggiante ramo della ricerca «etica» sullestaminali (vale a dire non disposta a sacrificareembrioni per la riuscita dei suoi intenti) proprio apartire dal protocollo del ricercatore giapponese. E– come spiegato sull’ultimo numero di Nature –sono riusciti per la prima volta a ottenere celluleadulte capaci di trasformarsi in neuronifunzionanti senza essere prima ringiovanite, cioèriconvertite allo stato embrionale come secondol’originale protocollo di Yamanaka.

er comprendere l’importanza della scopertaoccorre fare un passo indietro, e tornareproprio a quel novembre del 2007, quando lo

scienziato giapponese diede l’annuncio dellascoperta rivoluzionaria: nel suo laboratorio diKyoto egli era stato in grado di riprogrammarefibroblasti umani e di topo e riportarli alla fase dipluripotenza (in pratica "ringiovanirli") grazie aun cocktail di quattro fattori di trascrizione.Risultato: delle cellule nuove, adulte e ridotte auno stato simil-embrionale, chiamate iPs(staminali pluripotenti indotte) e capaci ditrasformarsi in ogni tessuto umano proprio comein linea teorica si era sempre supposto potesserofare quelle ricavate dagli embrioni. Un passoconcreto, finalmente, visto che con le stesseembrionali non si era mai riusciti a ottenere alcuntessuto umano per l’ingestibilità delle stesse cellulee il loro altissimo tasso di reazioni cancerogene.Unico limite della scoperta, proprio il rischio ditumori che anche queste cellule dimostravano neiprimi esperimenti. Di qui la corsa alperfezionamento della tecnica che negli ultimi dueanni ha visto protagonisti quasi tutti i laboratoridel pianeta.

ra il team guidato da Marius Wering avrebbetrovato una soluzione al problema, testandol’efficacia di una serie di geni, fra i quali ne

sono stati individuati tre in grado di convertirerapidamente i fibroblasti embrionali e post-natalidi topo. Con una differenza fondamentale: questecellule mature non vengono prima trasformate inembrionali (dunque riportate allo stato dipluripotenza), saltando proprio il passaggio cheapriva la strada al rischio di tumori nelleriprogrammate. Di più: le cellule della StanfordUniversity mostrano già dai primi test di poteresprimere numerose proteine neuroni-specifiche eformare sinapsi funzionali. In parole povere, daesse è possibile ottenere neuroni. Un risultatostraordinario che se confermato nei prossimi mesipotrà aprire concretamente una nuova era per lamedicina rigenerativa. Senza distruggere omanipolare vite umane.

Viviana Daloiso

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