Autori Terza Pagina n.30Leggete con noi

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Rivista terza pagina n. 30 recensione vari autori

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RECENSIONE

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Il giallo trasuda affettuosa ironia sul piccolomondo antico di “ la Borra” dov’è contestua-lizzato. Si potrebbe parlare di vizi privati eapparenti virtù.

La Borra è naturalmente il pretesto per parlare dell’uo-mo e del mondo. È il microcosmo in cui, su scala di-versa e con modalità solo parzialmente differenti, acca-de ciò che accade ovunque. L’uomo si porta addossopulsioni ancestrali e paure ataviche, con queste deve fa-re i conti, in fin dei conti. E questo accade tanto a NewYork quanto alla Borra. Dunque l’affetto è quello chemostro nei confronti dell’uomo, mio simile e fratello,l’ironia è invece l’arma che sola può riuscire a ad allen-tare la presa del tragico sull’esistenza. L’ironia comestrumento per raggiungere una levità e una leggerezzache rendano meno faticoso il vivere. Poi naturalmentela vita si fa più complicata quando ci si mettono dimezzo la virtù e il vizio, una prospettiva sempre arbi-traria dalla quale assolvere o condannare i comporta-menti degli individui. Io ho cercato di mettere in lucetutta l’ipocrisia di queste visioni, in particolare quellache mortifica il corpo la carne e le passioni per esalta-re invece una frigida santità… ‘ne vien fuori nulla dibuono da tali complessioni’.

Il maresciallo dei carabinieri che investiga sul delit-to e l’appuntato Sesti danno l’idea di un noir al-l’italiana, meno crudo, impietoso e pessimista diquelli made in USA.Sulla questione del ‘genere’ continuo a rimanere per-plesso, perché come dico, quasi per scherzo, a chi michiede che libro io abbia scritto, rispondo che si trattadi un breve saggio filosofico. Questo perché per me la

trama, le vicende del racconto sono state un pretestoper parlare d’altro. Non era assolutamente mia inten-zione scrivere un giallo. E non sono nemmeno un cul-tore del genere! Fatta eccezione per alcuni lavori di R.Chandler e qualche sporadica lettura pulp, il mio oriz-zonte di lettura è di tutt’altro genere. Diciamo che misono divertito ad imbastire una storia dal sapore diquelle che mi raccontava mio nonno, storie fatte di su-

IL NOIR ITALIANO TRA LAPROVINCIA E IL WEST

Intervista a Massimo Mora

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perstizione, di ipocrisia e di saggezza popolare; storietenere, raccontate per dilettare e far passare il tempo,non per spaventare. L’evento tragico si fa pretesto perparlare della vita, di come tutto ricominci sempre, dacapo. In un gioco in cui non ci sono eroi e nemmenosanti. Non ci sono vincitori e nemmeno vinti. È la vi-ta! Il gioco sta nel non prenderla di petto.

Tra il bene e il male non c’è che un sottile spartiac-que, come si rileva nei protagonisti.Appunto, bene e male. Io amo il genere Western per-ché lì, almeno nella sua forma classica, il bene e il ma-le sono chiari ed evidenti. I buoni sono buoni e i cat-tivi cattivi. Non c’è possibilità d’errore. Mi piaccionoappunto perché riescono a fornire una visione che a mesfugge. A guardare i fatti da diverse prospettive bene emale si confondono. Le ragioni e le giustificazioni simoltiplicano e il bianco e il nero sfumano nel grigio.Infatti nel racconto il cattivo forse non era così cattivoda meritarsi tutto ciò che gli è accaduto e i buoni for-se non sono così buoni. La decisione, secondo me,spetta al lettore.

Il racconto è piacevolissimo per il linguaggio vivo,ricco di neologismi attinti, presumo, anche dal ver-nacolo. Camilleri è un buon riferimento.Il registro linguistico è, forse, quello che ho curatomaggiormente con fatica e con una ricerca che, secon-do me, non può mai terminare per uno scrittore. Naturalmente vi sono criteri che guidano nella sceltadei termini, io ho cercato la musicalità delle parole,un’assonanza al resto che risultasse piacevole alla lettu-ra e comprensibile grazie ad una intrinseca onomato-peicità. Mi rendo perfettamente conto che molti termini sonodesueti, alcuni forse sono addirittura inventati e altriderivati da espressioni dialettali, ma a mio avviso la let-tura ne guadagna in ricchezza e armonia. I termini, inaltre parole, suggeriscono il loro significato, basta sa-perli ascoltare. Come autori di riferimento sceglierei piuttosto Gior-gio Manganelli oltre, naturalmente, all’imprescindibi-le Dante Alighieri.

S.M.

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CINEMA

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Alejandro Amenabar è un ectoplasma, moltosimile alle presenze che spesso hanno popo-lato i suoi film. Giovane se non giovanissi-mo, il cineasta dai natali cileni, ma d’ado-

zione iberica, ha presto proiettato la sua carriera dallostatus di enfant prodige del cinema spagnolo a quello

di autore consolidato: corteggiato, riconosciuto e pre-miato anche ad Hollywood: mecca del racconto perimmagini in movimento. Già, ma cosa resta, oggi, del-l’Amenabar pensiero, della sua poetica, delle sue ope-re? Prima di tutto la realtà dei fatti filtrata dalla freddainfallibilità dei numeri, la stessa che resoconta di una

ALEJANDRO AMENABAR L’ULTIMO SPETTACOLO

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CINEMA

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carriera una volta di genere e instancabilmente pro-duttiva (3 film tra il 1996 e il 2001, ovvero Tesis, Aprigli occhi e The Others), tramutatasi all’improvviso in ri-flessiva, ponderata e meno riconoscibile (appena 2 lepellicole dirette all’indomani di The Others, il pluri-premiato Mare Dentro e il controverso Agorà) all’oc-chio di chi, magari troppo frettolosamente, avevaprovveduto ad etichettarlo come cineasta borderlinequasi, se non esclusivamente, a suo agio nelle dinami-che a metà tra horror e thriller. Hitchcockiano per vo-cazione, Alejandro Amenabar rappresenta molto dipiù di un regista incline all’esercizio di stile, all’omag-gio registico o alla sola citazione paracinefila, in quan-to da sempre mosso da vettori poetici personali, indi-viduabili in un’ossessione per la morte che non puònon essere ricondotta alla sua infanzia, ovvero alla fu-ga dal Cile di Pinochet per approdare nella Spagnadell’immediato dopo Franco. Quello del cileno è uncinema popolato da presenze ectoplasmiche, figureche sfiorano, inseguono o subiscono la fine ultima:fantasmi insomma, dai contorni sfuggenti proprio co-me il loro creatore, che sulla scena cinematograficamondiale appare e scompare, non passando però maiinosservato. La morte si diceva, a partire da Tesis veraossessione artistica di Alejandro Amenabar, scrupolo-samente analizzata attraverso qualsivoglia possibilità lasettima arte conceda. L’esordio dello spagnolo consen-te al pubblico di familiarizzare con il leggendario feno-meno degli snuff movies, pellicole di fortuna realizza-te con fare rozzo e destinate ad una ristrettissima cer-

chia di danarosi spettatori, perversamente irradiatidalla possibilità di assistere ad una reale e violenta di-partita messa in scena nello schermo domestico. Aprigli occhi, tutt’ora il film più ostico e narrativamentecomplesso mai diretto da Amenabar, riempie invece loschermo cinematografico attraverso le disavventurementali di un giovane sfigurato, somaticamente scom-parso nel giorno del grave incidente. The Others, contutta probabilità l’apogeo creativo del regista, rileggesenza timore reverenziale alcuno Giro di vite di HenryJames, classico della letteratura gotica, che Amenabarutilizza come catarsi delle sue paure di sempre. Una viadi fuga insomma, tramite la quale liberarsi dell’infan-tile fobia del buio o del mai dimenticato terrore dellaguerra. Raggiunto il successo anche internazionale(Apri gli occhi e The Others spalancano ad Amenabar leporte di Hollywood) l’autore opta per una bruscaquanto efficace conversione ad U: addio al genere diriferimento, benvenuto ad un percorso melodramma-tico che non rinuncia alla pellicola storica e in costu-me. Mare Dentro ed Agorà, benché lontanissimi daltrittico elencato poche righe fa, conservano inalteratele ideologiche linee guida, ponendosi, con argomentitanto simili quanto superficialmente diversi, come ve-ro e proprio punto d’arrivo. Ramon Sampedro e Ipa-zia d’Alessandria infatti, altro non sono che vittime diun’ideologia, di un totalitarismo, di una dittatura mo-rale e ideologica. Se il primo lotta per un diritto allamorte da consumarsi non clandestinamente, la secon-da si trasforma in martire dell’ortodossia religiosa, col-

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TESTATINA

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pevole d’essere donna di scienza e non di fede cieca.D’improvviso, proprio nel momento in cui il cambiodi forma sembra inevitabilmente condurlo ad unosmarrimento d’identità, si rivela quindi il vero Alejan-dro Amenabar: mente libera e intransigente, costrettoancora in fasce alla fuga da un totalitarismo e ora adul-to, mai come prima accanito antagonista di ogni for-ma questo possa assumere; sia morale, politica, giudi-ziaria o religiosa. Quello di Amenabar è un cinema la-

tentemente politico, un messaggio subliminale tra-sportato dalla celluloide, incapace di non andare a ber-saglio o di fare prigionieri. Sullo sfondo, naturalmen-te, continua a perseverare la paura ultima, quella dellamorte, compagna di viaggio che seguita a porre l’auto-re di fronte ad ogni film come se fosse l’ultimo, quel-lo definitivo.

Luca Lombardini

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POESIA

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Da quanti anni fai il poeta?Da parecchio tempo, anche se “fare il poeta” non è unmestiere.

Ti piace essere un poeta?Non so come rispondere. Ci si sente tale e poi ci si impegna per diventarlo.Vi è una spinta interiore che induce prima alla comu-nicazione con gli altri, poi ad una espressione, un mo-do, che chiamiamo poetico, di esprimersi.Può essere un privilegio ma anche un tormento, poichéè una ricerca continua di miglioramento verso maggio-ri gradi di perfezione.

Sei contento delle tue poesie?Forse non conoscete il percorso che induce a scriverepoesia. È la poesia stessa che prende possesso del poeta: nasce

l’idea, esige il suo spazio, non lo abbandona finché nonottiene la sua forma, ossia la scrittura poetica. Il poetaquindi deve assecondare qualcosa che sembra proveni-re dall’esterno. In realtà vivere comporta una serie di sensazioni edesperienze che fa parte di un bagaglio culturale perso-nale dal quale scaturiscono le idee.Per quanto riguarda il risultato, a volte la scrittura digetto già si presenta accettabile, altre volte bisogna ri-toccarla, modificarla, correggerla finché non risultasoddisfacente. Bisogna sempre fare l’”autocritica”, ossiaessere giudici imparziali e severi di se stessi, e solo do-po un lungo lavoro di revisione si può presentare lapropria opera.

Da cosa prendi l’ispirazione quando scrivi una poe-sia?Da qualsiasi cosa: un paesaggio, un luogo, un incon-

Intervista al poeta Renzo Piccoli, autore di varie sillogi

LE ULTIME RACCOLTENELLA COLLANA

“CANTAR DE MI AMOR”

A cura degli alunni della 4C scuola primaria A Rubri /Zolino Imola (BO)

Insegnante Emanuela Bianchi

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POESIA

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tro, un profumo, un colore, un oggetto. E poi ci sonole stagioni con le loro caratteristiche, le persone col lo-ro aspetto e i loro modi di vita. Tutto ciò è fonte di ispirazione.Poiché la poesia ricerca l’estrema sintesi, non bisognaperdere gli attimi propizi. Sempre ho con me un bloc-notes e un piccolo lapis ed appunto ogni particolare si-tuazione che, se c’è tempo, viene sviluppata immedia-tamente oppure rimandata ad un momento successivo. Quindi si può scrivere anche in uno spazio affollato,come nella tranquillità di una stanza. Spesso mi capitadi viaggiare e soprattutto in treno o in aereo l’occasio-ne è favorevole.In macchina, poi, posso creare e registrare versi che so-no scanditi da un ritmo musicale, ascoltando la radioo un cd. Attualmente sto pubblicando una serie di volumi checomprendono poesie e canzoni, pensate per la musica.

Quante poesie hai scritto?Non le ho mai contate, ma penso che il loro numerosuperi il migliaio.

Scrivevi poesie anche da bambino?Il pensare in poesia mi ha accompagnato fin dall’infan-zia ma un serio impegno poetico ha richiesto prepara-zione, studio ed affinamento della tecnica di versifica-zione, per cui l’attività è iniziata più tardi.

Per chi le scrivi?Prima di tutto, come ho detto, è un’esigenza interiore.In secondo luogo è proporre agli altri ciò che si espri-me, poiché ciò che è umano appartiene a tutti e contutti è condivisibile. Il poeta ha il dono della parola, non l’esclusiva delleemozioni, dei sentimenti, della conoscenza.

Molte delle tue poesie non sono in rima e il linguag-gio a volte è un po’ difficile, perché le scrivi così?In poesia si usa il verso, la strofa, la rima.Ma non è importante che ci sia sempre la rima; esisteanche l’assonanza, la consonanza, l’allitterazione…Grande considerazione meritano anche l’accento, il rit-mo, la musicalità.Espressione a volte semplice, a volte complessa con usodi parole desuete, ricercate, che la lingua permette. Ilvocabolario può essere utile per la ricerca di sinonimi enon è da escludersi l’uso di neologismi se la materiatrattata lo consente. La ricerca espressiva non ha limiti se non nelle capaci-tà del poeta stesso.

Quanti anni avevi quando hai scritto la tua primapoesia?Frequentavo le elementari, avrò avuto circa nove anni.Ricordo ancora la data – 11 febbraio – e l’argomentoche riguardava un fatto storico: l’anniversario dei PattiLateranensi tra la Chiesa e lo Stato.In quegli anni la ricorrenza era festa civile e per i bam-bini era giorno di vacanza.

Come ti è venuta la passione per la poesia?I poeti della mia prima infanzia erano Arpalice CumanPertile, Angiolo Silvio Novaro, Ada Negri, Renzo Pez-zani… Mi piacevano ma il loro poetare ricalcava unacerta maniera tradizionale.Ho invece un ricordo ben preciso: la prima poesia chemi ha veramente colpito è stata Prime tristezze di Ma-rino Moretti.Ricordate i primi versi:

Ero un fanciullo, andavo a scuola:e un giornodissi a me stesso: - Non ci voglio andare.E non ci andai. Mi misi a passeggiare

tutto soletto, fino a mezzogiorno.E così spesso. A scuola non andai

che qualche volta, da quel triste giorno.Io passeggiavo fino a mezzogiorno,e l’ore... l’ore non passavan mai!

So che il poeta non è più andato per davvero a scuola. Non è certo un esempio da imitare. Fortuna per lui che aveva la mamma maestra e così hapotuto, con le sue lezioni e i suoi compiti, ottenere lalicenza elementare da privatista.Ebbene non solo mi è piaciuta subito (aveva in sé unospirito ribelle) tanto da impararla a memoria e trovar-mi a “recitarla”, sì come se si fosse in teatro, in ognimomento, ma ha fatto nascere in me lo spirito di emu-lazione, decidendo che anch’io avrei tentato di scriverepoesie.

Ti sono piaciuti i nostri disegni?Sicuramente. Avete cercato, e ci siete riusciti, di tradurre in immagi-ni dettate dalla vostra abilità lo spunto offerto dallascrittura. Ho apprezzato inoltre la vostra fattiva collaborazionenel disegnare “Al museo delle cere”.

Quali argomenti preferisci tradurre in poesia? (Na-tura, Storia antica, Scienze…)Come ho detto, qualsiasi input è per me importanteper affrontare un argomento. Il mio mondo poetico prevalente, tuttavia, ha una con-

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POESIA

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notazione lirica, ossia tratta dei moti dell’anima, dellesensazioni personali e del mondo sensibile.

Quanto guadagni scrivendo poesie?Molto poco! Vale solo l’onore, la fatica, la riuscita.I compensi si chiamano diritti d’autore e sono legati alnumero di copie vendute. I libri di poesia si stampanoin poche copie e non hanno un vasto mercato, e in piùora c’è la crisi anche nell’editoria.Non conosco nessun poeta che possa vivere scrivendopoesie, nemmeno il vincitore del premio Nobel! Si de-ve svolgere quindi un’attività remunerativa come ognipersona.Guadagni importanti li possono ottenere solo gli scrit-tori di romanzi, molto conosciuti, con alte tirature econ vendite di molte migliaia di copie oppure chi sce-glie professionalmente altri generi letterari: gialli, fu-metti, ad esempio.

Ti senti un po’ famoso?Non credo e non m’importa molto.Mi interessa, invece, diventare “importante” per quel-lo che ho da dire e per il modo di dirlo, ovvero per uncerto stile.

Come ti senti dopo che hai scritto una poesia?Normalmente contento ma raramente soddisfatto. Lapoesia è come una creatura che ha bisogno di sostegno,di incoraggiamento e, rileggendola, la si migliora, cor-regge, ecc.

Fra quelle che hai scritto, qual è la poesia che ti èpiaciuta di più?Tutte, veramente. Se hanno preso forma, se hanno reclamato di esistere,hanno per me la massima considerazione. Infatti, notoche ognuna ha una sua particolarità sia di argomento,sia di immaginazione, sia di versificazione.È demandato a chi legge avere delle preferenze.

Ti aspettavi di più dalle nostre illustrazioni o ti so-no piaciute molto?Mi sono molto piaciute.Avete profuso un impegno non indifferente, con mol-ta passione e, spero, vi siate anche divertiti. L’immedia-tezza dei vostri disegni contribuirà in modo determi-nante all’apprezzamento del libro.

Sei soddisfatto del tuo modo di scrivere poesie?Alla fine penso di sì. Altrimenti non proporrei i mieilavori.

Perché hai scelto di farle illustrare alle nostre classidi Imola?La dea che inventò la sera, che voi avete illustrato, è ilterzo volume della trilogia “Sgranaparole”. I primi due volumi – Il merlo bianco e Il canto del ma-re – sono stati illustrati da alunni di scuola primaria diBologna.Mi sono rivolto alla biblioteca di “Casa Piani”, che co-noscevo poiché anni fa ho insegnato a Imola e ho tro-vato un ambiente scolastico intelligente e vivace, affin-ché mi indicasse chi poteva aiutarmi per le illustrazio-ni del terzo. Mi è stata segnalata la vostra insegnante e la vostra clas-se assieme all’insegnante e alle classi IV A e IV B dellescuola Cappuccini.I risultati mi sembrano ottimi.

Qual è la poesia o le poesie, scritte da altri poeti,che ti piacciono di più? Vorrei sapere i titoli e per-ché ti piacciono.La risposta non è semplice.Leggo continuamente poesia, sia antica che moderna.Dovete sapere che la scrittura che conoscete relativa aquesto libro illustrato comprende solo una minimaparte dei miei versi: normalmente scrivo per “grandi”. Anche la mia frequentazione riguarda i campi piùsvariati e, più che una singola poesia, posso esprimerepredilezioni per l’intera opera di poeti che conoscere-te più avanti: Dante, Petrarca, Ungaretti, Pascoli,Quasimodo, Montale , fra gli italiani; Baudelaire,Rimbaud, Apollinaire, Neruda, Lorca, Pound, fra glistranieri.Essendo propenso verso la poesia lirica posso indicarenell’Infinito di Leopardi la sua massima espressione.Tra gli scrittori italiani per l’infanzia, naturalmenteGianni Rodari.

Quando leggi le poesie di altri poeti ti piacciono dipiù le poesie in rima baciata, versi sciolti o versi al-ternati?È per me indifferente il modo di rimare o il tipo diverso.Quello che conta sta nel contenuto della scrittura, nel-la portata del suo messaggio, nel mio coinvolgimentosia emotivo che razionale.Non importa se il poeta è famoso oppure sconosciuto.Ho bisogno di una poesia che mi elevi, vale a dire chemi offra qualcosa che conti per la mia vita, per la miacrescita spirituale o conoscitiva.

Renzo Piccoli

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CINEMA

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Nanni Moretti è “il” regista di culto italia-no. Si può amare o odiare, ma i suoi filmsono autentiche icone generazionali. Ulti-mamente si è distaccato dal filone intimi-

sta che l’ha caratterizzato per gran parte della sua fil-mografia, ma ogni nuova pellicola contiene un toccopersonale che sempre e comunque ci parla di Nanni,delle sue manie, dei suoi pensieri, della sua visione del-la vita in un dato momento. Molto più di quanto nonaccada ad altri registi. E rimane sempre il dubbio cheoscilli tra l’autocompiacimento narcisistico e consape-vole e un’involontaria incapacità di tirarsi fuori dalleopere che produce. Per conoscerlo meglio, arriva que-sto libro a cura di Simone Isola, che raccoglie raccon-ti, testimonianze e analisi.Proprio il tema della commistione spazio pubblico/spazio privato è l’argomento del primo saggio, a operadi Edoardo Zaccagnini. Una commistione che porta adivenire emblema di una generazione e non solo. Nel-la sua intimità, racconta sensazioni, epoche e senti-menti in cui noi tutti siamo passati. Nel raccontare sestesso ci fa esclamare “quella cosa lì la penso, la vivo, l’-ho interpretata anch’io così”. O almeno, avrei voluto.“Allergico al cinema sociologico” scrive Zaccagnini,“ad un cinema di chiara trama, senza mai la pretesa, néla voglia, di essere il portavoce di una generazione, an-che se l’ha descritta di più e meglio di altri suoi colle-ghi, Moretti ha costruito, raccontando più che altroesperienze personali, un personaggio disteso su tanticapitoli di uno stesso romanzo, nel quale si sono iden-tificati, per sorpresa dello stesso cineasta, non solospettatori distanti dall’artista per estrazione sociale eappartenenza culturale e politica, ma anche osservato-

ri figli di generazioni posteriori alla sua”. O, per dirlapiù brevemente con le parole della penna geniale diEugenio Scalfari, “I suoi film raccontano il suo sé edanche il sé altrui”.E lo fanno in un modo del tutto peculiare, in cui la re-altà cede spesso il passo al surrealismo di dialoghi (omonologhi, spesso i più riusciti), di silenzi, di inqua-drature insistite su dettagli, di intermezzi stravaganti,eppure carichi di significato (uno su tutti: il robivecchiche pedala a Ostia gridando «Ecce Bombo!» (nell’omo-nimo film), mentre il gruppo di amici lo osserva im-mobile, mentre aspetta l’alba per osservare il sorgeredel sole, che spunta tuttavia alle loro spalle).In questo scenario si muove attraverso i film e attraver-so gli anni prima l’alter ego di Nanni Moretti, Miche-le Apicella, poi Nanni Moretti stesso. Grande spazio è dedicato all’uso che il regista fa delsuono. Le musiche, ma non solo. Larga parte del cine-ma di Moretti è dominata dall’intervento della vocefuori campo del narratore, specialmente nei iflm piùintimistici come “Caro Diario” e “Aprile”. E i dialoghisi fanno spesso colonna portante dell’intero film. Scri-ve Erica Zani: “La voce è certamente l’elemento sono-ro predominante nella filmografia morettiana; tuttavia,in quanto parola parlata e quindi strumento di comu-nicazione umana, viene messa costantemente in di-scussione attraverso diversi meccanismi dalla presenzaipertrofica, all’impedimento dell’intelligibilità, al-l’oscuramento di rilevazioni invece attese”.Ma è un cinema che sa farsi anche di silenzio. L’assen-za nella Stanza del figlio, l’incertezza, il tirarsi indietrodi “Habemus Papam”, o ancora in “Bianca”, o in “Ec-ce Bombo” dove si contrappone al “parliamo, dobbia-

“MA CHE SIAMO IN UN FILMDI NANNI MORETTI?”

ICONOGRAFIA DI UN REGISTA

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CINEMA

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mo parlare” degli altri un silenzio interrotto da scarichedi monologhi (celebre quello al telefono “Mi si notadi più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengoper niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino auna finestra, di profilo, in controluce. Voi mi fate “Mi-chele vieni di là con noi, dai” ed io “andate, andate, viraggiungo dopo”. Vengo, ci vediamo là. No, non miva, non vengo”). Perchè le parole, per Nanni Moretti, sono importanti.Anche quando fluiscono disordinatamente, quandodiventano aggressione verbale, urla, versi di animali (idialoghi surreali con i bambini di Salina), sono semprescelte e calibrate.

“- No... io non lo so, però senz’altro lei ha un matri-monio alle spalle a pezzi...- Ma che dice?!- Scusi forse ho toccato un argomento...- Non è l’argomento, è l’espressione!... “Matrimonio apezzi”...- Preferisce “rapporto in crisi”? Però è così kitsch!...- [si tocca il cuore] Dove l’è andata a prendere que-st’espressione, dove l’è andata a prendere?!...- Io non sono alle prime armi...- “Alle prime armi”?! Ma come parla?!- Anche se il mio ambiente è molto cheap...- Il suo ambiente è molto ... ?- CHEAP!- [sberla] Ma come parla?!- Senta ma lei è fuori di testa!!- [sberla] E due! Come parla?! Come parla?! Le parolesono importanti! Come parla?!”

Nei capitoli/saggi successivi si passa poi ad analizzarei capitoli più importanti della filmografia morettiana.Il tema religioso che dopo “La Messa è finita” torna adistanza di decenni in “Habemus Papam”. L’autarchiadi Aprile e Caro Diario, la follia di “Bianca”, la trage-dia familiare della “Stanza del figlio”. C’è spazio anche per parlare di Moretti produttore epromotore di altro cinema che non sia il suo. Con laSacher Film e il Cinema Nuovo Sacher, omaggio allatorta-ossessione del protagonista di Bianca (“Cioè leinon ha mai assaggiato la Sacher Torte?! Va be’ conti-nuiamo così, facciamoci del male!”) e strumento attra-verso il quale appoggiare e dare vita alla propria ideadi cinema. Anche attraverso un premio che, come tut-to quello che esce dalla mente di Moretti, rimane iro-nico e stravagante. Come racconta Rita Celi nel suo saggio, “l’egocentri-smo e la rabbia del nostro autore hanno un picco nel-l’estate dell’89 quando nasce il Premio Sacher, attri-buito da una giuria composta unicamente da Morettie Barbagallo”. «Da oggi 25 luglio 1989 le Sacher d’Oro sono il pre-mio più ambito e prestigioso del cinema italiano» re-cita, tra il serio e il faceto, l’articolo 1 del regolamen-to, per proseguire all’articolo 3 con «non saranno maipremiati i registi cretinetti che non piacciono a Mo-retti». Le Sacher d’Oro vengono consegnate al termi-ne di ogni “anno scolastico”, ma in base all’insindaca-bile parere dei due giurati non sempre ci sono dei pro-mossi».

Flaminia Festuccia

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RECENSIONE

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Ci sono luoghi che non fanno notizia perchèla sofferenza è talmente quotidiana da nonsuscitare più sorpresa. Tra questi, il Congodi Padre Domenico, un missionario che

questi luoghi di confine li vive ogni giorno. Luoghi ap-parentemente dimenticati, che però sono al centro diinteressi economici internazionali. Luoghi dove mancail cibo, ma le armi sono a disposizione di tutti. CensaCucco decide di raccontarci l’esperienza di Padre Do-

menico e della sua vocazione. Un francescano che “rac-conta tutto con molta pacatezza, cercando umilmentel’amore tra tanti orrori, si potrebbe quasi dire che guar-da tutto e tutti con gli occhi di Dio”. Il cammino fran-cescano emerge fin dal subito dalle parole di questo fra-te, che da sempre ha inteso la fede come uno stare ac-canto ai piccoli e agli umili, aiutandoli materialmente“non con l’atteggiamento caritatevole di chi dona, madi chi condivide e quindi con l’accoglienza”, racconta

I BAMBINI DI PADRE DOMENICO

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RECENSIONE

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lui. Parole che in un momento di tanta polemica neiconfronti dei beni terreni della Chiesa, aiutano a recu-perare una dimensione più autentica del messaggio re-ligioso. Un messaggio che arriva anche ai non creden-ti, come chi scrive. L’esperienza di Padre Domenico,che fluisce in una lunga intervista, inizia ad Artena, inItalia, lavorando con i profughi etiopi, eritrei e somali,molti di religione musulmana. Una fase del suo “lavo-ro” che ricorda con parole di grande tenerezza “La no-stra accoglienza era del tipo: venite, siamo contenti chevenite a casa nostra che è anche casa vostra. Gradual-mente hanno cominciato ad imparare le nostre abitu-dini, a capire un po’ il nostro mondo”, racconta PadreDomenico. Un’esperienza di fatica e lavoro, che è solouna preparazione vaga a quello che lo aspetta in Con-go. Un altro mondo. A partire da Brazzaville, dove loinveste un clima impossibile (arriva infatti a febbraio,nel pieno della stagione afosa e umida), per arrivare do-po due giorni di viaggio avventuroso nel villaggio diMakoua. La situazione che trova è lontana in modo in-credibile dalla nostra immaginazione. Niente acqua,niente luce, si vive di quello che fornisce la terra, ci silava ogni sera tutti insieme al fiume distante alcuni chi-lometri dalle capanne. E condizioni di vita che, anchesolo raccontate con tutta la semplicità con cui lo fa Pa-dre Domenico, toccano nel profondo. “Noi frati amezzogiorno mangiavamo qualcosa, come eravamoabituati in Italia. C’erano tanti bambini bellissimi, cu-riosi di vedere persone nuove, e stavano sempre connoi. Arrivati al momento del pranzo ci siamo detti:questi bambini adesso devono mangiare, e li abbiamomandati a casa dicendo che era l’ora di pranzo. (…) Inbreve ci siamo resi conto che l’ora di pranzo eraun’esperienza che facevamo solo noi, loro non mangia-vano da nessuna parte”. E proprio da questa constata-zione semplice e sconvolgente al tempo stesso parte ilprogetto di un centro diurno per i bambini, gli aiutidella Caritas per sfamarli, le adozioni a distanza percomprare cibo e soprattutto medicine, bene fonda-mentale quanto scarso. Attraverso le sue parole si vedela piccola missione crescere giorno dopo giorno, anno

dopo anno. La conquista di rimettere in uso vecchiepresse per fare i mattoni. Le case che iniziano a sorge-re. Un piccolo commercio che si avvia. Le macchine dacucire date alle donne del villaggio: “Si stimolava unamentalità diversa, uscivano fuori da quella non speran-za, la gente gradualmente ha cominciato a capire che sipoteva vivere diversamente, che si poteva almenotentare”. Accanto alla testimonianza di Padre Dome-nico, Censa Cucco raccoglie quella di Suor Emerenzia-na, una donna piccola e tenace che ha affrontato pro-ve che lei stessa non credeva possibile superare. “Vive-re e non solo sopravvivere” in una tale situazione è perlei una sorpresa autentica, e i suoi racconti hanno uncandore incredibile, di chi è arrivato dov’è con il purosostegno di una fede incrollabile.Ma quello che tocca ancora di più, forse, è il raccontodell’arrivo di profughi della guerra civile in Ruandanella piccola missione: “La gioiosa condivisione di quelniente che avevano, è stato un miracolo. Vedendo que-sto viene voglia di continuare a credere davvero nell’es-sere umano, e per me il più piccolo segno di vera uma-nità, i piccoli semi di rinascita sono la sola realtà chemi porto dentro. Il grande cuore generoso degli africa-ni che hanno avuto una seppur piccola possibilità”. Mala fiducia nell’umanità, per chi non ha vissuto sullapropria pelle queste vicende, torna anche, semplice-mente, attraverso le parole di questi missionari, il lorovoto di povertà, la loro gioia nel dare, nel condividere,nel costruire.

F.F.

Il Gruppo Ismaele sostiene i progetti dei frati francescani in Con-go soprattutto i bambini poveri e abbandonati.L’eventuale ricavato della vendita di questo libro sarà intera- men-te devoluto all’associazione:GRUPPO ISMAELE ONLUSVia Colle San Giudico, 68 00038 Valmontone (Roma) Per eventuali contatti chiamare 06 9516875 C. F. 95021470588 Per eventuali donazioni C\C postale n. 44322865 (detraibili fi-scalmente) Causale: Adozione Congo Brazzaville

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RECENSIONE

TERZA PAGINA marzo 2012 49

La storia d’amore di Max e Aurora inizia dallafine. Dalle parole di lei, che decide di raccon-tarsi in prima persona, anni dopo, affidandole sue parole a una penna amica. Il racconto

che fluisce è quello di un amore di giovinezza, tantoreale per chi legge perché chiunque ne porta addosso lecicatrici. L’eco di un “come eravamo” che richiama leparole dei poeti, dei cantanti. Un Guccini che intona(e non a caso, di Emilia si parla anche nel libro, pur sedi sfuggita) “sorridevi, sapevi sorridere, coi tuoi ven-t’anni portati così, come si porta un maglione sforma-to su un paio di jeans”, mentre Aurora ricorda. “Erava-mo giovani, di una giovinezza sfacciata ed innocente,un po’ goffi dentro i nostri jeans a zampa d’elefante edi camperos color cuoio”. Il verso della canzone del-l’eterno ricordo di un primo amore. Un amore cheunisce in modo totalizzante come forse solo certi amo-ri sanno fare, soprattutto quando evocati nel ricordo.Gli amori dei diciott’anni richiamano sempre il mitodelle metà di Platone. Due corpi che erano un corpo

unico, divisi all’origine, e che ora si cercano con unaprepotenza mai sperimentata per tornare di nuovo afondersi.Un amore che si riaffaccia un giorno, per caso. Senzafarsi annunciare. Un incontro, di nuovo, in quel vec-chio bar di paese. Un incontro come ce ne sono statialtri che non hanno mai scalfito la serenità di Aurora.I suoi mille impegni. Il lavoro. Le amicizie. Il figlioamato di una tenerezza quasi dolorosa. Ma trent’annidopo quell’esperienza unica e totalizzante, nella vitamanca qualcosa. “Nella stanza di quella insufficienza,dormiva pigro uno sperone pronto a pungere la carne.Vivevo dentro ad una sottrazione e la spingevo in bas-so (…) Stavo ben attenta a non darle un titolo perchése lo avessi fatto non avrei più potuto ignorarlo”. Inquella vita manca l’amore.Dopo l’incontro casuale, dopo i ricordi riaffiorati conprepotenza, Aurora e Max iniziano a raccontarsi a vi-cenda. Vite lunghe e intense, segnate da più di una fe-rita, da certi segreti che poi spiegano perché gli eventi

RACCONTAMI DI TE,

UN AMORE INFINITO

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RECENSIONE

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hanno preso una certa piega. Aurora vacilla tra la me-moria di un amore straordinario e l’analisi distaccatadel suo lavoro di psicologa. Mette i suoi studi, le sueconoscenze, le sue interpretazioni, fra sé e le parole diMax. le parole che lui le invia tramite email con cre-scente regolarità. Le parole vive che si scambiano inquello che è ormai un appuntamento settimanale, fac-cia a faccia, un caffè e un fluire di chiacchiere e rac-conti.Sotto, scorre la musica. Onnipresente, in ogni fase.Nell’infanzia di un bambino costretto al buio da unamalattia strana e lunga. Nella maturità di una donnache la usa come anestetico, come mantra, come evasio-ne. Nella storia d’amore dei due ragazzi fatta di concer-ti e di chitarre, di canzoni e sala prove. E nell’avventu-ra di un uomo che nella musica cerca la fuga dalla de-solazione, e non la trova, finendo per cercarla altrove,e ancora altrove. Due vite iniziate insieme nel segno diun trauma, che prendono direzioni divergenti, agli an-tipodi: da un lato la tranquillità delle emozioni studia-te e imbrigliate, dall’altra il vivere tutto, la dissoluzio-ne, l’adrenalina ad ogni costo. Nel bene e nel male.L’amore, soprattutto. “La saliva mi sei era asciugata in

bocca, mi sembrava insopportabile da sostenere tuttoquell’amore” racconta Aurora ricordando i racconti diMax, la sua vita in quei trent’anni che li hanno visti se-parati dopo il violento turbine da ragazzi che hannocondiviso. È una storia che racconta di vite, ma parlaalla fine solo d’amore. Senza banalità costruite, contutto il sapore della realtà. Più impossibile dell’imma-ginazione, più dura della vita vera. Le parole di Auro-ra che Antonella Zecchi ci restituisce sono piene di unafede incrollabile nel motore che fa andare avanti le esi-stenze. Amore, amore e ancora amore. Insistito, ripetu-to, cercato e sfuggito. Che resiste alle intemperie del-l’età. E, anche alla fine, tiene viva la freschezza dell’in-contro dei due ragazzi. Da dove tutto è partito, dovetutto ha un termine. “Epifania di speranze e di pro-messe. La vita si apriva a noi spalancando le sue porte.Era sempre Natale e sotto l’albero i pacchetti da scar-tare sembrava non dovessero mai finire. Come tutti igiovani ci sentivamo padroni dell’universo. Invincibili,immortali e straordinari. Potenti e fragili come cannedi bambù”.

F.F

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INTERVISTA

36 TERZA PAGINA marzo 2012

Ho intervistato Maria Cecchini autrice di“Una storia nella storia”, edito da poco daSovera. Si tratta di un romanzo breve e in-tenso, che intreccia vicende individuali e

di quartiere alla storia nazionale, abbracciando circa undecennio, dalla vigilia della seconda guerra mondialeagli anni del dopoguerra, a Roma. La signora MariaCecchini, coadiuvata dall’altra autrice Barbara Camu-rani, che ha curato il volume, risponde volentieri alle do-mande.

“Una storia nella storia” è innanzitutto storiad’amore, nella migliore tradizione del romanzo.Prima di parlare dei protagonisti, parliamo del-l’amore per Roma e Trastevere dell’autrice.Roma è la mia città natale, dove ho vissuto con la miafamiglia, prima nel quartiere Trastevere fino a 5 anni,poi nel quartiere Regola, vicino al ghetto ebraico ed in-fine, dopo il mio matrimonio, nel quartiere Portuense,adiacente Trastevere. Nascere e vivere a Roma significaavere in ogni istante l’opportunità di godere della bel-lezza dei suoi splendidi monumenti ed edifici traspi-ranti la storia e la civiltà da cui derivano, nell’atmosfe-ra dei tramonti mozzafiato e delle passeggiate nei vico-li del centro storico o nei parchi verdeggianti del Gia-nicolo, Villa Borghese e tanti altri.Città vissuta senza sosta dai suoi abitanti, i “famigeratiromani”, tanto discussi e chiacchierati ma nel mio cuo-re ricordo indelebile di gente genuina, laboriosa e sem-pre pronta ad aiutare i bisognosi, dotata di una innatasimpatia e passionalità. Forse la vera bellezza ed unici-tà di questa città è che Roma ed il suo popolo si rispec-chiano una nell’altro, come la madre con la sua creatu-

ra. Ed io che mi sento una sua creatura, non posso fa-re a meno di amarla.

Lo sfondo della vicenda è uno dei periodi piùdrammatici, anzi terribili, per il nostro paese, acausa dell’effetto della guerra e del dopoguerra . Siparla della deportazione degli Ebrei del Ghetto edelle Fosse Ardeatine. Serve rievocare per le attualigenerazioni?Assolutamente si! Gli errori del passato non devono es-sere dimenticati per evitare che si ripetano. In partico-lare le nuove generazioni, cresciute lontano dalla deva-stazione delle guerre e della discriminazione di massa,hanno il diritto e dovere di conoscere dalle testimo-nianze di chi, come me, ha vissuto in prima personaeventi storici così drammatici, le ripercussioni che nederivano a livello umano, sociale e politico. Mi riferi-sco in particolare alla memoria delle innumerevoli vitestroncate o irrimediabilmente lese, ai sopravvissuti,agli eroi. Anche questa è storia, la nostra storia, quellafuori dalle alte sfere e dai libri di testo. Rievocare tuttociò ha lo scopo di infondere nelle coscienze delle gene-razioni attuali la consapevolezza delle sofferenze patitenel passato e l’affermazione del concetto di solidarietàed uguaglianza tra l’umanità.

Norina, Marcella, Luana e altre, da una parte; Gior-gio, Nicola dall’altra. Uno scorcio della gioventù diun tempo che aveva nei sentimenti e nella famigliail fulcro dei propri interessi. Che pensa dei ragazzidi oggi?Senza voler generalizzare, penso che il divario tra le duegenerazioni sia abissale. I nostri ragazzi, figli del benes-

Intervista a Maria Cecchini

UNA STORIA NELLA STORIA

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TERZA PAGINA marzo 2012 37

INTERVISTA

sere e di una società basata sui media, sull’apparirepiuttosto che sull’essere, materialista fino all’inverosi-mile, ricalcano modelli precostituiti che non hannonulla di formativo e di culturale ma si basano sull’esa-sperazione di necessità materiali o ancor peggio futili.Parlo dei giovani attaccati da mattina a sera ad un cel-lulare che non sono più in grado, o mai stati in grado,di mettere due parole in fila o scrivere un semplice bi-glietto, griffati dalla testa ai piedi ma ignari di chi sia ilpresidente della Repubblica Italiana. Ottengono facil-mente dalle famiglie l’assenso ad ogni loro capriccio,oltre quello però quasi più nulla. A farne le spese ditutto questo sono gli stessi giovani di oggi, che impo-veriti sempre di più di valori umani , completamentedisorientati, vivono delle tragedie interiori forse ancorpiù gravi di quelle di Norina e degli altri giovani per-sonaggi del libro, che se pur sotto la nera nube di unaguerra mondiale imminente, possedevano un animopalpitante di sentimenti di amicizia, amore ed un for-te senso di aggregazione familiare. Spesso mi domandose un tuffo nel passato potrebbe in parte restituirci

quel tipo di gioventù che oggi in gran parte è raffigu-rata solo nel nostro immaginario collettivo: fresca, pro-positiva, vitale, praticamente la rappresentazione di unfuturo migliore.

L’amore di Giulia e Giorgio sfocia nel tragico.Amor vincit omnia? Forse. Di sicuro con un prezzosalato.Il legame tra i due personaggi rispecchia in qualchemodo l’eterno conflitto tra ragione e sentimento, an-che se mosso da motivazioni e con caratteristiche com-pletamente diverse per ciascuno dei due. Un rapportodel genere, insolito quanto scottante, difficilmente epi-loga in un lieto fine. Diciamo che se dovessimo ribal-tare la situazione nell’epoca attuale in cui si tende, atorto o a ragione, a legittimare circostanze un tempoimproponibili, il prezzo di questo amore potrebbe be-neficiare di uno sconto.....! Fermo restando che concet-tualmente sposo il detto Amor vincit omnia.

Salvatore Merra

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RECENSIONE

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“Mollo Chiara, perdo il lavoro e mi ritrovo da ca-po a dodici a combattere contro la precarietàmentale che caratterizza certe vite di oggi. Népassato, né futuro, i padri del non domani.

Parto e torno a fare il capocontatto al Torre Oliva, pas-so una delle estati più belle della mia vita e conoscoqualche persona che non sta lì a giudicare il perché o ilpercome la mia sociopatia sia pane quotidiano.Non c’è verso di starsene buoni, perché c’è semprequalcuno che ti sbarra la strada e la felicità scappa via”.Questo frammento sintonizzerà immediatamente illettore sulla vicenda del protagonista, grazie anche alla

vivezza e crudezza di stile, che richiama un Bukowskiin salsa attuale. I temi sono quelli scottanti che trava-gliano le esistenze delle ultime generazioni: precarietà,instabilità sociale ed economica, con l’unica certezzache il futuro avrà più incertezze del presente. Appena mi è capitato di visionare questo romanzo diMatteo Deraco, ho colto il possibile impatto del lin-guaggio, privo di pregiudizi, su una platea di giovani,ma non solo, per i quali comunicare non ha confini dispazio e di matrice socio-culturale.

S.M.

VITA, MORTE, MIRACOLI DI UN UOMO QUALUNQUE

di Matteo Deraco

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ECONOMIA E SOCIETÀ

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consumi ritenuti irrinunciabili, seguendo le spese perl’alimentazione e per la salute. Le motivazioni non sono difficili da capire. I cosmeti-ci ci aiutano a sentirci “a posto”, assecondano il biso-gno di prendersi cura di se stessi che è anche un mododi reagire positivamente a un periodo negativo. Grazie

alla grandissima offerta sul mercato esistono prodottiper tutte le tasche, accessibili anche con un budget ri-dotto. E non sottovalutiamo il potere consolatorio del-l’acquisto. Uno smalto di marca con meno di 10 euroci permette di portare a casa un piccolo lusso. E “in-dossarlo” dà un tocco di freschezza e novità anche con

SHOPPING COMPULSIVODi ROSANNA MANSUETO E CRISTIANO ZAMPRIOLI

È un libretto quanto mai prezioso per la permanente attualità deltema, che oggi assume ancor più rilievo per le implicazioni sul co-stume e le abitudini dei singoli. È noto quanto la società odierna venga tempestata da messaggipubblicitari. In particolare, nell’ambito della moda, del benesserepersonale, dell’informatica, dell’acquisto di oggetti sempre più tec-nologici, tra cui primeggiano gli autoveicoli. A vario livello sonomobilitati tutti i media disponibili. Anzi, ormai la fonte prevalen-te di sopravvivenza di un media è la pubblicità. Il libro si suddivide in otto capitoli di agevole lettura. Nel primo viene svolta un’analisi dei condizionamenti creati a li-vello sociale, con particolare rilievo agli studiosi e agli indirizzi pre-valenti, da Comte ai tempi attuali. Nel secondo capitolo si affronta il problema della dipendenza dalla pubblicità, che crea forti condi-zionamenti. Non soddisfare l’appetito per quanto concerne l’oggetto pubblicizzato provoca carenza,vissuto di frustrazione, fino allo scompenso psichico. Nel terzo capitolo si esaminano quelle che possono definirsi differenze di genere rispetto allo shop-ping. Senza schematismi eccessivi, gli studi indicano che per lo shopper maschio l’acquisizione di be-ni significa affermare il potere e il prestigio personale. Per la donna, lo shopping è finalizzato a render-si più desiderabile. Nei capitoli quarto e quinto, gli autori evidenziano alcuni aspetti della quantità e qualità degli acqui-sti dello shopper compulsivo, spinto da “falsi bisogni”. Una particolare situazione è quella definita “lo shopping triste della domenica”, dove il giorno dedi-cato agli affetti familiari e al riequilibrio fisico e spirituale viene stravolto in una corsa agli acquisti, chemale compensa il vuoto di valori. Nel sesto capitolo gli autori forniscono alcuni consigli per non trasformare un piacere in una dipen-denza. Nel settimo capitolo un lieve divertissement con citazioni di film, come il celebre Colazione da Tiffa-ny, e di battute non meno note sul tema dello shopping. L’ottavo capitolo chiude con sei brevi storie esemplari, tratte dal lavoro di consultazione professiona-le degli autori. Sono vicende di uomini e donne, di varia età, in diversi contesti ambientali. Come si vede, un lavoro che, senza la pretesa del saggio, si rivelerà un buon riferimento per tutti, sen-za esclusione.

Salvatore Merra

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TERZA PAGINA marzo 2012 69

Domenica 13 maggio - ore 19,00 - Sala Avorio

Amori clandestini

Presentazione del libro di Italo Ghirigatocurata da Botteghe Editoriali

Sovera Edizioni

Con la partecipazione del direttore editoriale Salvatore Merra

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prossimamente in libreria

pp. 224 e 19,00

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68 TERZA PAGINA marzo 2012

Sabato 12 maggio - ore 19,00 - Sala Avorio

Un mostro chiamato Girolimoni

Presentazione del libro di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiania cura di Sovera Edizioni

Con gli autori interviene Angelo Zappalà

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pp. 280 e 19,00

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pp. 96 e 6,90

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LEGGETECON NOI

58 TERZA PAGINA marzo 2012

NOVITÀ

John C. Norcross QUANDO LA RELAZIONE PSICOTERAPEUTICAFUNZIONA...Ricerche scientifiche a prova di evidenzapp. 368, € 33,00 ISBN 88 6652 033 7

Il testo propone la più am-pia ricerca scientifica effet-

tuata negli ultimi dieci annisull’evoluzione della relazionepsicoterapeutica, successiva aquella sui trattamenti empiri-camente supportati, relativa aiprocessi di cambiamento ba-sati su prove di evidenza.Ricercatori e clinici di diversiorientamenti teorici hannocontribuito a distillare l’essen-za degli elementi generali chefunzionano per il migliora-mento degli esiti, oltre al ne-cessario coinvolgimento reci-proco tra psicoterapeuta e pa-ziente.

John C. Norcross QUANDO LA RELAZIONE PSICOTERAPEUTICAFUNZIONA...Efficacia ed efficienza deitrattamenti personalizzatipp.240, € 26,00 ISBN 88 6652 034 4

Professore di Psicologiapresso l’Università di

Scranton USA. Svolge priva-tamente attività consulenzialee ha presentato le sue recentiricerche scientifiche in nume-rosi circuiti accademici inter-nazionali insieme a M.J. Lam-bert e B.E. Wampold.È autore di 16 testi tra i quali“History of Psychotherapy”,“Handbook of PsychotherapyIntegration” e di numerosissi-me pubblicazioni in ambitoclinico.Ha ricevuto nel 2005 dal-l’A.P.A. il premio alla carrieraprofessionale per i suoi con-tributi alla formazione in psi-coterapia. Inoltre nel 2011 laSIPSIC - Società Italiana diPsicoterapia - gli ha conferitouna targa di riconoscimentoper il suo rilevante apporto al-la ricerca scientifica applicata.

Fiocca MarilisaEduCarezzeGenitori e figlipp. 96, € 9,00 ISBN 88 6652 041 2

Il volumetto tratta il temadell’educazione dei figli at-

traverso il linguaggio dellecarezze. Carezze fisiche e psi-cologiche essenziali per ac-compagnare la piccola vitadel bambino nel percorsodella crescita, aiutandolo asviluppare una personalità sa-na, sicura e socialmente com-petente.La prima fase di crescita privi-legia la fisicità del rapportonella diade madre-bambino.Un’educazione ottimale deveutilizzare il doppio canale diun’educazione corporea di ge-stualità e carezze oltre che dile parole che confermino ilmessaggio affettivo.La cultura attuale recupera evalorizza in tal senso il ruolodel padre superando l’esisten-te tabù.

Tagore RabindranathGITANJALIpp. 80, € 6,90 ISBN 88 6652 031 3

Raccolta di liriche in cui sifondano mirabilmente lo

slancio mistico e la religiositàmillenaria della cultura india-na con i valori universali dellasolidarietà verso i propri simi-li e del rispetto della naturacircostante.L’amante canta la dedizionesconfinata verso il proprio re eSignore sforando i vertici del-l’estasi con un linguaggio im-maginifico, colmo di languidasensualità e di trepida attesa.I versi raggiungono una raffi-natezza e perfezione formaleche hanno valso il Nobel auno dei più celebrati poeti delNovecento.

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LEGGETECON NOI

NOVITÀ

Edoardo Giusti Elide BianchiEVOLVERERIMANENDO INSIEMEpp. 416, vol. + DVD, € 39,00ISBN 88 8124 980 0

Eterni per sempre! Nonsmettere di amare è il so-

gno romantico e l’obiettivocomune di ogni coppia. Dedi-zione e impegno reciprococreano la persona giusta daamare. Una ricerca approfon-dita sul funzionamento deirapporti duraturi evidenzia-che si ‘impara’ a stare insieme.La tolleranza, l’abilità di ne-goziazione, il mantenimentodella propria individualitàaiutano ad unire con passionedue mondi diversi.

Franca FoffoIL DOLCE DELLA VITApp. 224, € 19,00 ISBN 88 6652 022 1

Dolci che fanno pensareall'amore, accendono

passioni sopite e scatenanoimprevedibili eventi del cuo-re. Profumi, sapori, atmosfe-re: è il magico mondo diFranca, la blondie girl figliadei favolosi anni 80 con radi-ci ben salde nella tradizionegastronomica e mondana del-la Dolce vita romana, la don-na che piace perché è sontuo-sa ma insieme "naturale",spontanea, artistica.Amori che vanno e vengono (isuoi) confusi gioiosamente aiviaggi, ai cibi, allo shoppingsontuoso e alle ricette "senti-mentali". Sì, perché FrancaFoffo è un'autrice che ama laricercatezza, eppure, al di làdell'immagine di donna pati-nata e bellissima, resta l'eternaragazza che sogna e si interro-ga sui mille perché della vita.Destino, libero arbitrio? Chis-sà, forse nell'esistenza non c'èmai un perché a tutto ciò cheaccade. E per vivere bene ba-sta nutrirsi di quei dolci, quel-le ricette, quei profumi che ciriportano alla dolcezza dellatradizione...

Marta CorteseLA FINE DI TUTTOLotta spietata a un nemicospietatopp. 176, € 16,00 ISBN 88 6652 037 5

Anna, la protagonista, conla sua tenacia vuole essere

di esempio per le nuove gene-razioni, in questo caso i figli,che invece si arrendono difronte alle prime difficoltà,incolpando la madre.Anna aveva dedicato insiemeal marito tutta una vita all’at-tività e quando dopo trent’an-ni la ditta fallisce e con essa sisgretolerà anche la sua fami-glia. Anna impiegherà diecilunghissimi anni a cercare diricostruire un futuro per sé eper i suoi figli, ma ogni sforzoverrà sempre vanificato danuove situazioni. Ha tutticontro ma lei non si arrende-rà mai, fino alla morte.

Antonella ZecchiRACCONTAMI DI TEpp. 176, € 15,00 ISBN 88 6652 020 7

Aurora e Max si incontra-no di nuovo dopo tren-

t’anni e si ritrovano ancoraspinti da un’antica forza invi-sibile l’uno nelle braccia del-l’altro dando vita a un ina-spettato e commovente epi-logo.‘Guardo Max e lo trovo bellocome allora, forse di più, diuna bellezza amplificata dal-l’esperienza, dagli anni. Misono sempre chiesta come gliuomini non vedano tale mag-giorazione nei solchi e nellerughe delle donne’.Una voce narrante ci condu-ce all’interno di una storiad’amore avvincente che in-globa altre profonde e tragi-che storie d’amori violati eperduti.L’Autrice raccoglie una vicen-da realmente vissuta e la tra-sforma in momenti di delica-ta poesia, tratteggiando perso-naggi comuni e straordinariche sfiorano la vita di ciascu-no di noi.

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Matteo DeracoVITA, MORTE, MIRACOLIDI UN UOMO QUALUNQUEpp. 80, € 9,00 ISBN 88 6652 036 8

“Mollo Chiara, perdo il la-voro e mi ritrovo da capo a

dodici a combattere contro laprecarietà mentale che carat-terizza certe vite di oggi. Nepassato ne futuro, i padri delnon domani.Parto e torno a fare il capo-contatto al Torre Oliva, passouna delle estati più belle dellamia vita e conosco qualchepersona che non sta li a giudi-care il perchè o il percome lamia sociopatia sia pane quoti-diano.Non c'è verso di starsene buo-ni, perchè c'è sempre qualcu-no che ti sbarra la strada e lafelicità scappa via”.Dalle parole del giovane pro-tagonista il lettore coglie idrammi e le conflittualità checaratterizzano le generazionidi oggi , attraverso un lin-guaggio privo di pregiudizi.

Censa CuccoPADRE DOMENICO E LA SUA AFRICApp. 112, € 12,50 ISBN 88 6652 017 7

Protagonista è un padrefrancescano che spiega in

questo saggio il senso dellasua vocazione missionariasvolta soprattutto in Africa.Molto ispirato dalla vita diSan Francesco cerca di recu-perarne il senso della profon-da libertà interiore, pacificatocon sé e con gli altri in unacompleta indipendenza dal-l’egoismo e da ogni forma dipossesso terreno.

Simone IsolaDIARIO DI UN AUTARCHICOpp. 160, € 14,00 ISBN 88 8124 973 2

Perfezionista, umorale, iro-nico, narciso, impegnato,

goloso, geniale, autarchico.Amato e odiato, Nanni Mo-retti è una figura-simbolo delnostro cinema.I tic, le passioni, gli aneddotine hanno fatto un’icona gene-razionale in continua trasfor-mazione, passando dal post-sessantotto al ribellismo deglianni ’70, dall’epoca del riflus-so alla stagione dei girotondi.Un percorso che arriva fino ad‘Habemus papam’ l’ultimofilm che conferma Moretticome uno dei più lucidi osser-vatori della società italiana.

Fabiana Proietti Sergio Sozzo TELEVISIONARITÀpp. 160, € 14,00 ISBN 88 6652 039 9

Salti ed ellissi temporali,eroi negativi e villain sen-

timentali, generi ibridi: la se-rialità americana celebra la“nuova carne”, ridefinendo li-miti e confini narrativi edestetici. Conquistando di-mensioni talmente ampie esfuggenti alle classificazionida richiedere parametri alter-nativi ai topos classici e allenozioni di genere. Allora pertentare di dare un senso almovimento compiuto da que-sta nuova tv meglio adottareun’ottica trasversale conte-stualizzando i prodotti in basealla novità che apportano inun panorama così vasto e stra-tificato, meta-riflessivo, cheattrae a sé, come vedremo nel-la sezione dedicata ai “de-miurghi”, anche le personalitàpiù importanti del cinemacontemporaneo.

LEGGETECON NOI

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TERZA PAGINA marzo 2012 61

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