Autismo metodologie-strategie-didattiche
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Elementi di didattica speciale per alunni con autismo
Prof.ssa Paola Aiello
Università degli Studi di Salerno
OBIETTIVO DELLA LEZIONE:
Acquisizione delle conoscenze di base per l’identificazione di strategie e metodologie didattiche in grado di supportare il processo di insegnamento-apprendimento in presenza di studenti che presentano disturbi dello spettro autistico.
Università degli Studi di Salerno
Autismo
Disturbo pervasivo dello sviluppo che incide su tre dimensioni fondamentali della persona:- l’interazione sociale - la comunicazione- il repertorio
comportamentale Cottini, Rosati, 2008
Università degli Studi di Salerno
Cenni storiciIl termine autismo fu utilizzato per la prima volta nel 1911 dallo psichiatra Eugen Bleuler per indicare uno dei sintomi più comuni della schizofrenia nell’adulto. Una delle caratteristiche riscontrabili nei soggetti schizofrenici era infatti un’alterazione della relazione reciproca tra mondo interno e mondo esterno, per cui la vita interiore assumeva una preponderanza patologica definita autismo:“Chiamiamo autismo il distacco dalla realtà e la predominanza della vita interiore” (Bleuler, 1911, p. 29).
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Cenni storici
Nel 1943 lo psichiatra americano Leo Kanner (1943) descrisse per la prima volta la sindrome autistica, distinguendola dalla generica categoria del ritardo mentale in cui era inquadrata prima di allora. Il medico, infatti, espose i casi di undici bambini, di età compresa tra i due e i dieci anni che, già dal primo anno di vita, mostravano i segni di un comportamento atipico: alterazione dei rapporti interpersonali, indifferenza all’ambiente circostante e tendenza all’isolamento, tendenza a mantenere invariate le abitudini quotidiane, comportamenti ripetitivi, stereotipie, anormalità nel linguaggio ed ecolalia.
Hollander et al.,2011
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Cenni storici Parallelamente agli studi di Kanner, anche se in maniera del tutto indipendente da quest’ultimo, un altro pioniere dell’autismo, Hans Asperger, nel 1944 pubblicava i suoi studi su alcuni casi di soggetti che riteneva avessero fin dalla nascita disturbi caratteristici.Negli anni successivi alle descrizioni fornite da Kanner e Asperger, molti altri studiosi tentarono di indagare le cause della sindrome.
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Ipotesi eziologiche Lo psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim, ad esempio, ipotizzò che una delle cause principali del disturbo autistico era da attribuire alla freddezza emotiva delle madri.Lo studioso parlò infatti di «madri-frigorifero», indicando l’incapacità di alcune donne di stabilire una relazione efficace con il proprio bambino (Bettelheim, 1967).
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Ipotesi eziologiche La psicanalista britannica Frances Tustin avanzò l’ipotesi che i fenomeni di “depressione post-partum” non fossero tipici solo delle madri, ma che potessero verificarsi anche nei bambini; questi ultimi, secondo la studiosa, tentano di difendersi dalla sensazione di aver perduto, con il distacco dalla madre, una parte vitale del proprio corpo. Questa sensazione primitiva genererebbe i sintomi tipici dell’autismo.
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Ipotesi eziologicheNel 1964 il neurologo statunitense Bernard Rimland, rovesciò la teoria convenzionale della “madre-frigorifero” affermando che alla base del disturbo sembrava esserci un problema di natura biochimica nella formazione reticolare del tronco cerebrale, per cui classificò l’autismo come deviazione genetica inibente.
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Ipotesi eziologicheNegli anni ’70 lo psicologo statunitense Carl H. Delacato, oltre ad abbracciare l’ipotesi di natura genetica del problema, si rese conto che gli atteggiamenti dei bambini autistici erano identici a quelli manifestati da soggetti che presentavano lesioni cerebrali. Ciò presupponeva dunque che i bambini autistici non dovevano essere considerati degli psicotici, ma soggetti che, a causa di danni cerebrali, presentavano gravi problemi sensoriali.
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Ipotesi eziologicheA partire dalla metà degli anni ’80, Alan Leslie, Simon Baron-Cohen e Uta Frith ipotizzarono che all’origine dell’autismo ci sia l’assenza di una teoria della mente, vale a dire della capacità di orientarsi nel mondo interpersonale attraverso la spontanea attribuzione al comportamento degli altri di stati mentali, intenzionali, punti di vista.
Cecità mentale
Incapacità dei soggetti autistici di mentalizzare, ovvero di attribuire agli altri degli stati mentali
Goussot, 2012
Università degli Studi di Salerno
Ipotesi eziologicheL’ipotesi che ne derivò fu quella che il bambino autistico si trova come in una sorta di «agnosia» degli stati intenzionali, almeno di quelli complessi, che toglierebbe al soggetto autistico la capacità di orientarsi nell’universo delle relazioni sociali e di acquisire quelle abilità che consentono di interagire con gli altri, mediante la capacità di immaginare cosa gli altri pensino, desiderino e provino a livello emotivo. La mente del bambino autistico sarebbe capace di comprendere l’azione dell’altro solo nel suo senso manifesto, ma raramente in quello implicito e sotteso (Frith, 2009).
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Ipotesi eziologicheIl dibattito sull’eziologia dell’autismo è ancora oggi molto acceso. Attualmente sembrano dominare le ipotesi eziologiche di tipo neurobiologico. Le neuroscienze, con la scoperta dei neuroni specchio, hanno ipotizzato infatti che vi sarebbe una disfunzione di questi ultimi alla base dei disturbi dello spettro autistico. Autismo come disturbo della
consonanza intenzionale, dovuto ad un malfunzionamento dei
meccanismi di rispecchiamento sostenuti dalla simulazione
incarnata (Gallese 2003; 2006)
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Ipotesi eziologicheAlcuni studiosi hanno inoltre proposto la tesi di un iperfunzionamento percettivo nei soggetti autistici, per cui questi ultimi non presenterebbero nessun deficit di immagazzinamento semantico ma un iperdiscriminazione visiva e uditiva (Mottron, 2006).Ciò spiegherebbe il motivo per cui molti autistici mostrano picchi di abilità sia sul piano cognitivo che in alcune aree della memoria.
Goussot, 2012
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Classificazione nosografica dell’autismo
DSM-5, APA 2013
Il DSM, nella sua più recente edizione (DSM 5) definisce i criteri diagnostici della condizione autistica in termini di diade sintomatologica, ovvero quando sono presenti le seguenti manifestazioni cliniche:
“Persistent deficits in social communication and social interaction across multiple contexts, as manifested by the following, currently or by history [….]
-Restricted, repetitive patterns of behavior, interests, or activities, as manifested by at least two of the following, currently or by history (examples are illustrative, not exhaustive; see text) [….]”
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Classificazione nosografica dell’autismo
DSM-5, APA 2013
Disturbi pervasivi dello sviluppo in
cui rientrano il Disturbo Autistico, il disturbo di Asperger
, il Disturbo Generalizzato dello
Sviluppo NAS, la Sindrome di Rett, il
Disturbo disintegrativo dell’infanzia.
Disturbi dello spettro autistico che comprendono
il Disturbo Autistico, il Disturbo di Asperger, il il
Disturbo disintegrativo dell'infanzia e
il Disturbo pervasivo dello sviluppo NAS.
DSM IV (1994) DSM 5 (2013)
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Classificazione nosografica dell’autismo
DSM-5, APA 2013
Approccio categoriale
Approccio dimensionale
DSM IV DSM 5
Triade sintomatologica:
1. Deficit nell’interazione sociale2. Deficit nella comunicazione 3. Deficit dell’immaginazione con interessi ristretti e stereotipati
Diade sintomatologica:
1. Deficit socio-comunicativo (componente sociale)2: Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi (componente non sociale)
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LA DIADE SINTOMATOLOGICA DELL’AUTISMO
DEFICIT NELLA COMUNICAZIONE SOCIALE DEFICIT D’IMMAGINAZIONE
Le difficoltà nell’area della comunicazione e dell’interazione sociale, che nel DSM IV erano considerate separatamente, nel DSM V sono state accorpate in quanto riflettono un unico deficit.
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AutismoContinuu
m di condizion
i
Disturbi dello
spettro autistico
I diversi tipi di Autismo presentano confini troppo sfumati che non consentono di definire un numero preciso di quadri clinici chiaramente distinti. Per tale ragione, nel DSM 5 non sono più indicati dei precisi «sottotipi» come avveniva nelle classificazioni diagnostiche precedenti.
Cottini, Vivanti 2013
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PRINCIPALI MANIFESTAZIONI CLINICHE
Altre manifestazioni
Deficit di «immaginazion
e»
Deficit sociale
Deficit comunicativo
AnsiaAnomalie sensoriali
Deficit delle funzioni esecutive
Anomalie dell’attenzione
Cottini & Vivanti, 2013
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Deficit comunicativo Problemi nella produzione
linguistica
Difficoltà con la pragmatica della comunicazione ovvero nell’uso del linguaggio nel contesto di un’interazione sociale.Anomalie del linguaggio : Inversione Pronominale Ecolalia (ripetizione letterale di frasi sentite da
altri) Uso idiosincratico di parole e frasi Articolazione atipica del linguaggio
Mancata varianza del registro: il volume della voce non viene variato per dare intonazioni e significati particolari alle frasi. Mancato uso della gestualità
Cottini, Vivanti 2013
Università degli Studi di Salerno
Deficit comunicativo Problemi nella comprensione
linguistica
Mancata comprensione del linguaggio
Interpretazione letterale del linguaggio
Mancata comprensione della gestualità
Cottini, Vivanti 2013
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Autismo e abilità sociali
Mancanza di reciprocità sociale
Deficit sociale
Difficoltà nel riconoscimento delle interazioni sociali
Difficoltà nell’interpretazione di tali interazioni
Risposte inadeguate
Mancata motivazione a rispondere
Deficit sociale
Cottini, Vivanti 2013
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Deficit sociale
DEFICIT SOCIALE
Anomalie nell’orientam
ento e nell’attenzion
e verso gli altri
«Comportamento visivo» anomalo
Mancanza di comportamenti «pro-sociali»
Anomalie nella
capacità di leggere il
comportamento degli altri
Problemi nel fare attenzione
agli altri
Difficoltà nel capire cosa
fanno gli altri
Cottini, Vivanti, 2013
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Deficit di Immaginazione
In che cosa consiste?
Rigidità: resistenza al cambiament
o
Ripetitività: ristretto
numero di interessi
Cottini, Vivanti 2013
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Deficit di Immaginazione
Come si manifesta?
Abitudini rigide
Linguaggio spontaneo
monotematico Comportamenti motori
stereotipati (ad es. sbattere le braccia
ritmicamente, agitare le dita davanti agli
occhi muovere ritmicamente il busto
avanti e indietro)
Cottini, Vivanti 2013
Università degli Studi di Salerno
Altre manifestazioni
Ansia e regolazione emotiva
Anomalie nelle manifestazioni delle
emozioni Difficoltà nel
riconoscere le emozioni degli altri
Difficoltà ad adattare il comportamento alle
circostanze
Cottini, Vivanti 2013
Università degli Studi di Salerno
Altre manifestazioni
Anomalie sensoriali
Le conseguenze di questo deficit di percezione possono andare in due direzioni, generando comportamenti volti a: • Difendersi da sensazioni
sensoriali • Ricercare determinate sensazioni
sensoriali
Cottini, Vivanti 2013
Università degli Studi di Salerno
Altre manifestazioni Deficit delle funzioni
esecutive
Difficoltà nella pianificazione del proprio comportamento
Difficoltà nell’organizzazione del comportamento
Difficoltà nel modificare il proprio comportamento in base alle circostanze
Difficoltà nell’inibizione di risposte «prepotenti»
Cottini, Vivanti 2013
Università degli Studi di Salerno
Altre manifestazioni Anomalie
dell’attenzione
Tempi di attenzione brevi
Difficoltà nello spostare
l’attenzione da uno stimolo ad
un altro
Preferenza verso i dettagli
Carenza nell’uso sociale dell’attenzione
Cottini, Vivanti 2013
Università degli Studi di Salerno
Orientamenti educativi Gli approcci e i metodi attualmente più utilizzati in ambito educativo con soggetti che presentano disturbi dello spettro autistico sono quelli di tipo cognitivo-comportamentale (Goussot, 2013).
Di seguito, proponiamo tre strategie didattiche il cui obiettivo è favorire l’acquisizione delle competenze sociali nei soggetti autistici:
Responsive TeachingDigital Storytelling
Video Modeling
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Orientamenti educativi I bisogni educativi di un bambino con autismo nella sfera sociale sono numerosi:
Apprendere le regole elementari per la partecipazione agli scambi sociali e alle attività basate sulla collaborazione
Sviluppare la capacità di interpretare il comportamento sociale degli altri
Apprendere le abilità relative alla tempistica delle interazioni sociali
Sviluppare abilità di problem solving
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Strategie didattiche: il Responsive Teaching
Il Responsive Teaching (Insegnamento Responsivo) è un intervento educativo precoce centrato sulla relazione che agisce sui bisogni evolutivi e socio-emozionali del bambino (Mahoney & MacDonald, 2007).
Questo tipo di intervento prevede l’utilizzo di strategie che consentono agli educatori di interagire in maniera più “responsiva” con i bambini (Mahoney & Perales, 2005).
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Il Responsive TeachingL’Insegnamento Responsivo è volto a promuovere tre aspetti del funzionamento evolutivo: • aspetto cognitivo, relativo alla capacità dei bambini di pensare, ragionare, risolvere problemi e apprendere nuove informazioni;• aspetto comunicativo, relativo alla capacità dei bambini di trasmettere i loro sentimenti e le loro intenzioni, di trasmettere i sentimenti e le intenzioni altrui attraverso il linguaggio verbale e simbolico;• aspetto sociale-emozionale, relativo alla capacità dei bambini di impegnarsi in interazioni evolutive con genitori, adulti e altri bambini (Responsive Teaching National Outreach
Project, 2006).
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Il Responsive Teaching
Il RT è incentrato sulla relazione
Si propone di mostrare agli educatori come essere reattivi
(cioè in sintonia, attenti) affermando e incoraggiando i
comportamenti naturali e l'interesse di ogni bambino,
motivandolo a mettere in atto compiti di sviluppo. Non è dunque
l'adulto che avvia l'attività comportamentale, ma il bambino.
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Il Responsive Teaching
Il Responsive Teaching comprende sessantasei strategie didattiche e sedici comportamenti cardine. Si tratta di brevi e semplici strategie, suggerimenti che gli educatori possono utilizzare per monitorare e modificare il modo in cui interagiscono con i propri allievi in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione. Queste strategie includono cinque dimensioni interattive: reciprocità; contingenza; controllo condiviso; affetto; adattamento.
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Il Responsive Teaching
•coinvolgere il bambino nelle diverse routineReciprocit
à
•capacità del genitore di cogliere in maniera sensibile i segnali del bambino e di rispondervi costantemente e tempestivamente in maniera intenzionaleContingen
za
•capacità del genitore di strutturare l’ambiente e l’attenzione del bambino offrendo delle facilitazioni
Controllo
AffettoAdattame
nto• capacità del genitore di associare il
proprio interesse, stile interattivo e richiesta adeguata al livello evolutivo mostrato dal bambino
• esprime il livello di coinvolgimento emotivo, la capacità di provare piacere, mostrare accettazione e calore verso il proprio bambino
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Il Responsive TeachingI sedici comportamenti cardine sono:
Area cognitiva
Area comunicat
ivaArea socio-
emozionale
gioco sociale, iniziativa, esplorazione, pratica e problem solvingattività aggiuntiva, attenzione, vocalizzazione, comunicazione intenzionale e conversazione
fiducia, empatia, operazione, autodisciplina, autocontrollo e autostima
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Social skills
L’utilizzo del Digital Storytelling promuove i processi di insegnamento-apprendimento delle abilità sociali e
comunicative che risultano carenti nei soggetti autistici
Strategie didattiche: il Digital Storytelling
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Il Digital Storytelling
L’utilizzo della narrazione digitale si configura come metodologia didattica efficace e flessibile per la creazione
di storie che supportino l’insegnamento delle abilità sociali, innalzando i livelli di motivazione, attenzione e rinforzo.
(Chen & McGrath, 2003; Delano & Snell, 2006).
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I soggetti autistici: Presentano modalità comunicative differenti Prediligono un ambiente stabile e non amano le
sorprese Hanno bisogno di sapere cosa stanno facendo e
perché, altrimenti perdono interesse Non amano gli stimoli emotivi poiché non li
comprendono Generalmente preferiscono le immagini al testo Lavorano meglio in ambienti strutturati La ripetizione delle attività ne favorisce
l’apprendimento Necessitano di pause Amano utilizzare il computer
Chatzara et al., 2012
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I vantaggi del computer in relazione alle caratteristiche dei soggetti autistici:
È uno strumento prevedibile, controllabile e stabile
Non ha comportamenti emotivi che spesso disturbano i soggetti autisticiConsente l’espressione verbale e non verbale
Crea meno ansia e timore nel momento della correzione di un errore
Favorisce la ripetizione di un’attività e il rinforzo dell’apprendimento pregresso
È semplice usarlo una volta apprese le conoscenze di base
I programmi possono essere personalizzati e adattati alle esigenze individuali
Chatzara et al., 2012
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Attraverso l’uso di uno strumento come il computer, dunque, il Digital Storytelling
consente di acquisire e sviluppare abilità e
conoscenze in maniera strutturataI diversi mezzi di
comunicazione usati nel DS (scrittura, voce, immagine, suono) favoriscono nuove
modalità di presentazione che
promuovono l’interazione sociale e la
comunicazione
Il Digital Storytelling
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Il Digital Storytelling
La narrati
va
Il nostro modo più naturale di organizzare
l’esperienza e la conoscenza
Bruner, 1996
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Il Digital Storytelling : definizione
Il digital storytelling è una nuova forma comunicativa e rappresenta un dispositivo che traduce e trasforma i racconti, li mette in scena e in movimento attraverso parole, immagini e suoni.
Ohler, 2013
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Il CONCETTO DI DISPOSITIVOI dispositivi didattici non sono rappresentati esclusivamente
da strumentazioni tecnologiche ma anche da apparati culturali,
concettuali e normativi: una strategia d’azione,
l’organizzazione dello spazio e del tempo e le modalità con cui si intende far interagire gli
attori presenti nel sistema.
(Bonaiuti et alii., 2007)
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Il Digital Storytelling: funzione
La costruzione e la fruizione di storie digitali consente di evidenziare
«elementi di conoscenza» complessi, favorendo apprendimenti significativi
e contestualizzati.
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1. CONNESSIONE - Le storie consentono di connettere le proprie esperienze a quelle altrui e di collegare le esperienze presenti con quelle passate.
2. COMMUNICAZIONE – Le storie consentono di comunicare il proprio punto di vista e la propria percezione.
3. COLLABORAZIONE - Le storie hanno una funzione collaborativa, in quanto consentono di collegare le storie dei singoli personaggi, le loro azioni e i loro punti di vista e di trasmettere la cultura
Il Digital Storytelling
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ALCUNE TIPOLOGIE DI DIGITAL STORIES
Storie personali
Storie che trasmettono informazioni e che «istruiscono»
Storie sociali per descrivere una situazione particolare, una persona, un’abilità, un evento o un concetto in termini di guide rilevanti o di risposte sociali adeguate.
Il Digital Storytelling
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Secondo il Center of Digital Storytelling le storie digitali devono contenere 7
elementi fondamentali:
1) Punto di vista 2) Sviluppo tematico 3) Contenuto emotivo4) Voce narrante 5) Colonna sonora6) Brevità 7) Ritmo
Il Digital Storytelling
http://www.storycenter.org
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IL RUOLO DEL DOCENTE
Guidare il processo
Accertarsi che il discente non focalizzi la sua attenzione sul media, ma sulla storia
Assicurarsi che gli obiettivi educativi siano conseguibili attraverso il racconto
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DOVE E CON QUALI STRUMENTI?
Classe o laboratorio
LIM COMPUTER FLASHCARDS
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MEDIA
Fumetto
Animazione bi- e tri-dimensionale
Flash cards
Video giochi
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PROCESSO
• BRAINSTORMING/SELEZIONE DELL’ ARGOMENTO / DRAFT
• CREAZIONE DELLO STORYBOARD• PRODUZIONE• PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO
FINALE
FASI
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COME SCRIVERE UNO SCRIPT• Bastano 250 parole, 12 immagini e di una durata di due
minuti• Non bisogna soffermarsi solo sugli aspetti digitali ma si
deve tener conto della valenza educativa dei contenuti• Lo script è più delle parole• La storia è una storia personale, che viene dal cuore,
quindi raccoglie emozioni. L’utilizzo della prima persona è molto frequente.
• Il linguaggio utilizzato deve essere semplice e coinvolgente.
• La musica può creare l’umore e la predisposizione giusti, se scelta con accuratezza
Narrative is in words and pictures
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Creare un Collage
I collage sono utili quando le immagini disponibli non possono essere ingrandite per motivi di risoluzione o qualità della foto ma anche come fine a se stessi per narrare una storia.
Esempio: ‘In viaggio con la famiglia’.
Gli alunni scelgono delle proprie foto e costruiscono un collage per raccontare una giornata, utilizzando Microsoft Powerpoint.
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• Lo storyboard è una rappresentazione scritta e/o grafica di tutti gli elementi che saranno inclusi in una storia digitale.
LO STORYBOARD
www.storyboard that.com
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Creare lo Storyboard
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Strategie didattiche: ilVideo modeling
Modeling(apprendimento
imitativo)
Mediante l’utilizzo della tecnologia video, consente di illustrare la modalità adeguata di comportamento in determinati contesti o la corretta esecuzione
di azioni al fine di acquisire specifiche
abilità
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IlVideo modeling
Come
L’attività di video modeling prevede:
La registrazione di un breve filmato, utilizzando come modello dei compagni di classe o dei familiari;
La visione individuale del filmato da parte del bambino autistico;
L’imitazione dei comportamenti osservati nel filmato
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IlVideo modelingPerch
éIl video modeling consente: L’attivazione dell’attenzione
relativamente al comportamento da osservare;
La visione reiterata del filmato; L’enfatizzazione del processamento
delle contenuto visivo; La mancata interazione diretta tra il
bambino autistico ed il suo interlocutore, che potrebbe rivelarsi fonte di stress
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Strategie didattiche: le storie sociali
«Una storia sociale è un breve racconto scritto in formato specifico per l’allievo con autismo, che descrive una situazione particolare, una persona un’abilità, un evento o un concetto in termini di guide rilevanti o di risposte sociali adeguate.
Le storie sociali mirano ad aiutare il bambino a comprendere le situazioni sociali, attraverso l’adozione di un approccio metodologico centrato sull’apprendimento visivo» (Cottini & Vivanti, 2013, p.83).
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Strategie didattiche: le storie sociali
• Stabilire una
routineStorie sociali
L’efficacia delle storie sociali è data da una caratteristica che gli studenti
autistici mostrano spesso, ovvero quella di aderire rigidamente alle attività
routinarie. Per tale ragione, la storia può aiutare a stabilire una regola o una
routine che il bambino potrà poi applicare alla situazione reale.
Cottini, Vivanti, 2013
Università degli Studi di Salerno
Esempio di storia sociale
Università degli Studi di Salernowww.giuntiscuola.it
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Università degli Studi di Salerno
Riferimenti bibliograficiHollader, E, Kolevzon, Alexander, M.D., Coyle Joseph T., M.D. (2011). Textbook of Autism Spectrum Disorders. Washington: American Psychiatric Publishing
Goussot, A. (2012). Autismo: una sfida per la pedagogia speciale, Fano: Aras Edizioni
Cottini, L., Vivanti, G. (2013). Autismo. Come e cosa fare con bambini e ragazzi a scuola. Firenze: Giunti Scuola.
Cottini, L., (2008). Per una didattica speciale di qualità. Dalla conoscenza del deficit all’intervento inclusivo. Perugia: Morlacchi.
Ohler, J. (2013). Digital storytelling in the classroom: New media pathways to literacy, learning, and creativity. Corwin Press.
Bruner, J. S. (1996). The culture of education. Cambridge, Mass.: Harvard University Press. (Trad. ita. Milano: Feltrinelli 1997).
Frith, U., (2009). L’autismo: spiegazione di un enigma. Roma: Laterza.
Università degli Studi di Salerno
Riferimenti bibliograficiBleuler, E., (1911). Dementia Praecox e il gruppo delle schizofrenie. Trad. it., Roma: La Nuova Italia Scientifica.
Mahoney, G., Perales, F., (2005). A comparison of the impact of relationship-focused intervention on young children with Pervasive Development Disorders and other disabilities. Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics.
Bettelheim, B. (1967). Empty fortress. Simon and Schuster.
Karagiannidis, C., Politis, P., Karasavvidis, I. (eds.), Proceedings of the 8th Pan-Hellenic Conference with International Participation «ICT in Education»University of Thessaly, Volos, Greece, 28-30 September 2012
Chen, P., & McGrath, D. (2003). Moments of joy: Student engagement and conceptual learning in the design of hypermedia documents. Journal of Research on Technology in Education, 35, 402- 422.
Delano, M., & Snell, M. E. (2006). The effects of social stories on the social engagement of children with autism. Journal of Positive Behavior Interventions, 8, 29-42.
Università degli Studi di Salerno
Riferimenti bibliografici American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision (DSM-IV-TR). Washington, DC: American Psychiatric Association.
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Fifth ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.