aumentano le nostre imprese di “corsa” e cresce la nostra ... · si dipingeva la faccia, e...

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C aro studente/sconosciuto internauta, aumentano le nostre imprese di corsa e cresce la nostra fanzine. Navigando tra i banchi di scuola ci sia-

mo accorti che tra le letture scolastiche i grandi romanzi della letteratura russa occupano un posto di privi-

legio. Abbiamo cos deciso con questo numero di iniziare un viaggio, sotto la guida di studiosi del settore,

alla conoscenza dei grandi autori russi. Non sar unimpresa facile, ma degna delle azioni che unaccozza-

glia di pirati gentiluomini come noi pu affrontare con disinvoltura e sfacciataggine. Trovate poi altre

solide proposte. Per una tale impresa abbiamo chiesto aiuto a gente cattiva, fino nelle ossa, ha deciso di

volare con noi (Tanks to the VF-84 Jolly Rogers)

Ma non pi tempo di parole. Preparing to flight!

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IIINDICENDICENDICE OOONENENE SSSTORYTORYTORY: : : LA SCHIENA DI PARKER di Flannery oConnor...444

OOONENENE MMMOVIEOVIEOVIE: : : UNA SEPARAZIONE di Jodaeiye Nader az Simin.232323

OOONENENE SSSONGONGONG: : : IO CERCO TE di Il Teatro degli Orrori.252525

OOONENENE PPPICTUREICTUREICTURE: : : SACRESTIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DE "LA

TOURETTE" di Le Corbusier 282828

OOONENENE AAARTICLERTICLERTICLE: : : LA RICERCA DELLASSOLUTO IN MICHAIL BULGAKOV di Adriano dellA-

sta.303030

OOONENENE JJJOURNEYOURNEYOURNEY: : : ROMAN FORUM AND IMPERIAL FORA COAST TO

COAST.575757

OOONENENE CCCARTOONARTOONARTOON: : : COME RICHIEDERE UN DOCUMENTO IN ITALIA! Di

Goscinny & Uderzo.......................................... ............595959

OOONENENE VVVIDEOIDEOIDEO: : : JERE JEFTRIBUTO A FABRIZIO MEONI .606060

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LA SCHIENA DI PARKER

di Flannery OConnor

La moglie di Parker era seduta sul pavimento

della veranda davanti a casa, e stava sgranan-

do fagioli Parker era seduto su un gradino a

una certa distanza da lei e la guardava fissa-

mente, di malumore. Era brutta, davvero

brutta. Aveva la pelle della faccia sottile e

tirata come quella di, una cipolla e gli occhi

grigi e acuminati come due punteruoli da

ghiaccio. Parker capiva perch l'aveva sposa-

ta -non avrebbe potuto averla in altro modo -

ma non riusciva a capire perch restasse: an-

cora con lei. Era incinta, e le donne incinte

non erano il suo genere. Con tutto ci rima-

neva, come se lei gli avesse fatto una fattura,

Era perplesso e si vergognava di s.

La casa che. avevano in affitto sorgeva, isola-

ta, con soltanto un grande noce americano

vicino, su un alto terrapieno che dominava la

provinciale. Ogni tanto un'auto sfrecciava

sotto di loro, e gli occhi della moglie di Par-

ker si giravano di scatto, seguendone il rumo-

re, poi tornavano a posarsi sul giornale pieno

di fagioli che aveva in grembo. Una delle tan-

te cose che disapprovava erano le automobili.

In aggiunta a tutte le altre cattive qualit, non

faceva che fiutar peccati. Non fumava, non

masticava tabacco, non beveva whisky, non

si dipingeva la faccia, e sapeva Iddio quanto

l'avrebbe migliorata un po' di tinta, pensava

Parker. Data la sua avversione per i colori era

davvero straordinario che avesse sposato lui.

A volte Parker temeva che l'avesse sposato

per salvargli l'anima. Altre volte gli veniva il

sospetto che in realt le piacessero tutte le

cose che diceva di detestare. In un modo o

nell'altro, lei riusciva a spiegarla: era se stes-

so che Parker non riusciva a capire.

La ragazza volt la testa verso di lui e disse:

Non c' ragione che tu non debba lavorare

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per un uomo. Non obbligatorio che sia una

donna.

Oh, chiudi il becco, per una volta borbott

Parker.

Se fosse stato certo che era gelosia della don-

na per cui lavorava, sarebbe stato contento,

ma era pi probabile che lei si preoccupasse

del peccato che ne sarebbe conseguito se lui e

la padrona si fossero piaciuti. Le aveva detto

che era una bionda, giovane e prosperosa: in

realt aveva quasi settant'anni ed era troppo

rinsecchita per interessarsi a qualcosa, se non

a farlo sgobbare il pi possibile. A volte capi-

tava che una vecchia si attaccasse a un giova-

ne, specie se era un bel ragazzo, come Parker

riteneva di essere, ma quella lo guardava

esattamente come guardava il suo vecchio

trattore: come se dovesse rassegnarsi a lui

perch non aveva di meglio. Il secondo gior-

no che Parker lo guidava, il trattore gli si era

bloccato, e la vecchia l'aveva spedito a potare

i cespugli, dicendo con la bocca torta al ne-

gro: Tutto quello che tocca rompe. L'aveva

anche pregato di tenere la camicia addosso,

quando lavorava; Parker se l'era tolta anche

se la giornata non era calda, ed era tornato a

infilarsela con riluttanza.

La brutta donna che Parker. aveva sposato

era la sua prima moglie. Aveva avuto altre

donne, ma non aveva mai pensato di far le

cose legalmente. La prima volta: l'aveva vista

una mattina che il furgoncino gli si era gua-

stato, sulla provinciale. Era riuscito a toglier-

lo dalla strada e a spingerlo in un cortile ac-

curatamente spazzato dove sorgeva una ca-

setta di due stanze con la vernice scrostata.

Scese, apr il cofano e cominci a studiare il,

motore. Parker aveva un sesto senso che l'av-

vertiva se nelle vicinanze c'era una donna che

lo guardava, Era curvo sul motore. da qual-

che minuto quando cominci a sentire un piz-

zicorino al collo. Diede un'occhiata al cortile

deserto e alla veranda della casa. Doveva es-

serci una donna, poco distante, invisibile die-

tro una macchia di caprifoglio o in casa, a

spiarlo dalla finestra.

Di botto, Parker si mise a saltare su e gi e ad

agitare una mano come se gli fosse stata

schiacciata dal meccanismo. Poi si pieg in

due, premendosi la mano sul petto con l'altra.

Maledizione! url. Cristo ladro Vacca

boia E continu a ripetere le stesse bestem-

mie senza sosta, a voce altissima.

Senza preavviso, un terribile artiglio irsuto lo

colp alla guancia, e Parker cadde all'indietro,

sul cofano. Non si dicono sconcezze, qui!

strill una voce al suo fianco.

Parker aveva la vista cos confusa che per un

attimo pens di esser stato aggredito da una

creatura ultraterrena, un gigantesco angelo

dagli occhi di falco, che brandiva un'arma

implacabile. Quando gli si snebbi la vista, si

trov davanti una ragazza lunga e tutt'ossa,

con una scopa in pugno.

Mi sono fatto male alla mano si lament

Parker. Mi sono fatto male alla mano! Si

era tanto scaldato da dimenticarsi che non si

era fatto male alla mano. Forse rotta con-

cluse ringhiando, sebbene avesse ancora la

voce malferma.

Vediamola disse la ragazza, in tono di co-

mando. Parker tese la mano e lei si avvicin a

guardarla. Sul palmo non c'erano segni: la

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ragazza la prese e la volt. La mano di lei era

asciutta e ruvida, ma al contatto si sent rav-

vivare di colpo. Guard meglio la ragazza.

Non voglio averci a che fare, con questa,

pens.

Lei scrut con occhi penetranti la mano ros-

sastra e che teneva nella sua. Sul dorso, in

una cornice rossa e blu, era tatuata un'aquila

appollaiata su un cannone. Parker aveva la

manica arrotolata fino al gomito. Sopra l'a-

quila c'era un serpente, c'erano dei cuori, al-

cuni dei quali trafitti da una freccia. E sotto il

serpente c'erano alcune carte da gioco dispo-

ste a ventaglio. Tutto il braccio di Parker, dal

polso al gomito, era coperto di disegni chias-

sosi. La ragazza lo guard, con un sorriso

quasi inebetito per la sorpresa, come se per

sbaglio avesse raccolto un serpente velenoso,

e lasci cadere la mano.

La maggior parte degli altri tatuaggi me li

sono fatti all' estero spieg Parker. Questi,

sono quasi tutti americani. Il primo, l'ho fatto

che avevo appena quindici anni.

Non dica niente ordin la ragazza.

Non mi piacciono. Mi danno sui

nervi. Dovrebbe vedere quelli che

non si vedono insinu Parker, e

strizz l'occhio.

Sulle guance della ragazza erano

comparse due macchie rosse come

mele, che l'addolcivano. Parker era

perplesso e incuriosito. Non poteva

nemmeno pensare che i tatuaggi non

le piacessero. Non aveva mai cono-

sciuto una donna che non ne fosse

attratta.

Parker aveva quattordici anni, quando, a una

fiera di, paese, aveva visto un uomo coperto

di tatuaggi dalla testa ai piedi. Salvo il basso

ventre, avvolto in una pelle di pantera, il cor-

po dell'uomo era coperto da un unico disegno

intricatissimo, a colori squillanti, o almeno

cos era sembrato a Parker che era quasi in

fondo alla tenda, in piedi su uno sgabello.

L'uomo, piccolo e tarchiato, camminava su e

gi lungo la piattaforma, flettendo i muscoli,

in modo che l'arabesco di uomini, animali e

fiori sul suo corpo sembrava animato da una

misteriosa vita propria. Parker era pieno d'e-

mozione, esaltato come certa gente quando

vede passare la bandiera. Era un ragazzotto

che di solito guardava tutto a bocca, aperta:

massiccio, leale e ordinario come una pagnot-

ta. Quando lo spettacolo era terminato, era

rimasto in piedi sulla panca, con gli occhi fis-

si nel punto dove aveva visto l'uomo tatuato,

fino a quando la tenda non si era svuotata

quasi del tutto.

Prima d'allora, Parker non aveva mai provato

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il pi vago moto di stupore per se stesso. Fin-

ch non aveva visto l'uomo della fiera, non

gli era mai venuto in mente che ci fosse qual-

cosa di straordinario, nel fatto di esistere. E

non gli venne in mente neanche allora, per

un singolare disagio mise radici dentro di lui.

Era come un ragazzo cieco, girato con tanta

delicatezza da non accorgersi che la sua de-

stinazione era cambiata.

Qualche tempo dopo si era fatto fare il primo

tatuaggio: l'aquila appollaiata sul cannone.

L'aveva eseguito un artista del paese e gli

aveva fatto pochissimo male, quanto bastava

per dargli l'idea che ne valesse la pena. E an-

che questo era strano perch, prima d'allora,

Parker aveva pensato che valesse la pena di

fare solo le cose che non dolevano. L'anno

dopo aveva lasciato la scuola, perch aveva

sedici anni e poteva farlo. Per un certo perio-

do aveva seguito un corso commerciale, poi

aveva piantato anche il corso e aveva fatto

l'inserviente per sei mesi in un garage. Lavo-

rava unicamente per pagarsi nuovi tatuaggi.

Sua madre era fissa in una lavanderia e pote-

va, mantenerlo, ma si rifiutava di pagare i ta-

tuaggi. Gliene concesse solo uno, un cuore

col suo nome sopra, che Parker si fece fare

protestando. Comunque, il nome era Bet-

tyJean, e nessuno era obbligato a sapere che

si trattava di sua madre. Parker scopr che i

tatuaggi attiravano il tipo di ragazze che gli

piacevano, ma alle quali prima d'allora non

era mai piaciuto. Cominci a bere birra e a

fare a pugni. Sua madre piangeva, accorgen-

dosi di quello che stava succedendo. Una sera

lo trascin a una riunione religiosa senza dir-

gli dove andavano. Quando vide l'enorme

chiesa illuminata, Parker si liber di colpo

della sua stretta e scapp via. Il giorno dopo,

mentendo sulla sua et, si arruol in marina.

Parker era troppo grosso per gli stretti panta-

loni da marinaio, ma lo stupido berrettino

bianco, tirato gi sulla fronte, faceva sembra-

re per contrasto la sua faccia pensosa e quasi

appassionata. Dopo un paio di mesi di mari-

na, Parker smise di guardare tutto a bocca

aperta. I lineamenti gli s'indurirono e diventa-

rono quelli. di un uomo. Rimase in marina

cinque anni, e parve diventare tutt'uno con la

nave grigia e meccanica, salvo gli occhi, che

erano dello stesso pallido color ardesia dell'o-

ceano e riflettevano gli spazi immensi intorno

a lui, come un microcosmo del mare miste-

rioso. A terra, Parker andava in giro parago-

nando i posti dove si trovava con Birmin-

gham, Alabama. E dovunque andasse, colle-

zionava tatuaggi.

Aveva abbandonato quelli senza vita, come le

ancore e i fucili incrociati. Aveva una tigre e

una pantera sulle spalle, un cobra attorciglia-

to a una fiaccola sul petto, dei falchi sulle co-

sce, Elisabetta II e Filippo rispettivamente

sullo stomaco e sul fegato. Non si curava

molto del soggetto, purch fosse pittoresco.

Sul ventre aveva qualche oscenit, ma solo

perch gli sembrava il posto adatto. Parker

era contento di ogni tatuaggio nuovo per cir-

ca un mese, poi il disegno cominciava a per-

dere ogni attrattiva. Ogni volta che trovava

uno specchio di dimensioni ragionevoli, vi si

piantava davanti e studiava il proprio aspetto

generale. L'effetto non era quello di un intri-

cato arabesco di colori, ma di una serie di

chiazze sparse a caso. Allora una titanica in-

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soddisfazione calava su di lui, e Parker anda-

va in cerca di un esperto di tatuaggi per far

riempire un altro spazio vuoto. La parte ante-

riore era quasi tutta coperta, ma sul dorso non

c'era nulla. Parker non voleva tatuaggi dove

non poteva vederli subito, comodamente.

Man mano che lo spazio sul davanti diminui-

va, la sua insoddisfazione cresceva e diventa-

va generale.

Dopo una licenza, Parker non torn in servi-

zio: rimase a terra senza permesso, ubriaco,

in una pensione di una citt che non conosce-

va. La sua insoddisfazione, cronica e latente,

aveva raggiunto d'improvviso la fase acuta.

Era come se la pantera e il leone, i serpenti,

le aquile e i falchi gli fossero affondati sotto

la pelle e vivessero dentro di lui, facendosi

una guerra senza quartiere. La marina lo rin-

tracci, lo mise al fresco per nove mesi, poi

lo conged radiandolo dai quadri.

Dopo questo episodio"Parker decise che l'u-

nica aria respirabile era quella di campagna.

Affitt la casetta sul terrapieno, compr il

vecchio furgone e cominci a prendere dei

lavori che teneva finch gli facevano como-

do. All'epoca in cui aveva incontrato la sua

futura moglie, comprava mele a ceste di venti

chili e le rivendeva, facendo pagare lo stesso

prezzo per mezzo chilo, ai proprietari delle

case isolate, nelle strade interne di campagna.

Questa roba sembra la pensata di un indiano

scemo disse la ragazza,

indicando il braccio. E un

mucchio di vanit. Sem-

br che avesse trovato la

parola che cercava. La

vanit delle vanit sen-

tenzi.

Be', cosa diavolo m'impor-

ta di quello che pensa que-

sta?, si domand Parker,

ma era chiaramente sbalor-

dito.

In ogni caso, ce ne sar

pure uno che le piace pi

'degli altri disse, tirando

in lungo, per inventare

qualcosa che facesse colpo

sulla ragazza. E le piant di nuovo il. braccio

sotto il naso. Quale preferisce?

Nessuno. Per la gallina meno peggio del

resto. Quale gallina?. domand, Parker,

quasi gridando. La ragazza indic l'aquila. .

Quella un'aquila Chi sarebbe tanto idiota

da farsi tatuare una gallina sul bracci?

Per me, sono idioti tutti quelli che si fanno

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tatuare replic la ragazza, e gli volt le spal-

le. Rientr lentamente in casa e lo piant l,

padrone d'andarsene. Per quasi cinque minu-

ti, Parker rimase a fissare l'uscio oltre il quale

era scomparsa.

Il giorno seguente, ritorn con una cesta di

mele. Non era tipo da farsi mettere sotto i

piedi da una ragazza brutta come quella. A

lui piacevano le donne bene in carne, quelle

che sembravano senza muscoli e senza ossa,

a toccarle. Quando arriv, la ragazza era se-

duta sul gradino superiore della veranda, e il

cortile era pieno di bambini poveri e magri

come lei. Parker si ricord che era sabato.

Non gli piaceva far la corte a una donna con

dei bambini intorno. Ma per fortuna aveva

preso la cesta delle mele dal furgone. Quando

i bambini si avvicinarono per vedere che

cos'aveva in mano, diede una mela a ciascuno

e ordin che si levassero dai piedi. Cos si

liber di tutto il branco.

La ragazza non diede segno di essersi accorta

della sua presenza. Parker avrebbe potuto es-

sere una capra o un maiale randagio capitato

nel suo cortile in un momento in cui era trop-

po stanca per prendere la scopa e cacciarlo

via. Parker depose il cesto delle mele accanto

a lei e si sedette un gradino pi sotto.

Si serva disse, indicando la cesta, e spro-

fond nel silenzio.

Lei prese una mela fulminea, come se il cesto

potesse sparire da un momento all'altro. La

gente affamata rendeva nervoso Parker. Lui

aveva sempre avuto da mangiare in abbon-

danza. Il suo disagio crebbe. Giunse alla con-

clusione che non aveva niente da dire, quindi

perch parlare? Non riusciva a capire perch

fosse venuto e perch non se ne andasse pri-

ma di sprecare un'altra cesta di mele con quel

branco di bambini. Dovevano essere i fratelli

e le sorelle della ragazza, pens. Lei mastica-

va la mela adagio con una specie di concen-

trazione voluttuosa. La vista, dalla veranda,

spaziava su un lungo declivio tempestato di

gramigne rosse e viola, oltre la provinciale

fino a un'ampia distesa di colline e a una sola

montagna, molto piccola. I grandi paesaggi

deprimevano Parker. Guardi nello spazio e

cominci a sentirti come se qualcuno ti corres-

se dietro. La marina, il governo o la religione.

Di chi sono quei bambini, suoi? si decise a

domandare.

Sono della mamma rispose lei. Io non so-

no ancora sposata. Parlava come se fosse

solo questione di tempo.

Ma chi la sposerebbe, questa, in nome di

Dio?, si domand Parker.

Una donna grossa, con la faccia larga e molti

spazi vuoti fra i denti, comparve sulla soglia,

dietro a Parker. A quanto pareva, era l da un

po'.

Buona sera fece lui.

La donna attravers il portico e prese il cesto

con quel che restava delle mele. Grazie infi-

nite. disse, e rientr in casa, portandoselo

dietro.

la sua vecchia? domand Parker. La ra-

gazza accenn di s col capo. Parker conosce-

va parecchie battute di spirito da buttare l a

quel punto, tipo: Le mie condoglianze!, ma

tacque, immusonito. Rest l immobile, a

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guardare il panorama. Pens che probabil-

mente stava covando una malattia.

Se trovo delle pesche, domani gliele porto

disse.

Gliene sar molto obbligata.

Parker non aveva intenzione di tornare con

una cesta di pesche, ma il giorno dopo si ri-

trov a farlo. Lui e la ragazza non avevano

quasi niente da dirsi. Una delle poche cose

che le disse fu: Sulla schiena non ho tatuag-

gi.

E cos'ha? domand la ragazza.

La camicia rispose Parker. Ah!

Ah, ah rise lei, educatamente.

Parker era convinto di star perdendo la ragio-

ne. Non riusciva a credere, neanche per

scherzo, di essere attratto da una donna come

quella: non s'interessava a niente, se non a

quel che le portava, finch, la terza volta, lui .

comparve con due meloni. Come si chia-

ma? gli domand allora.

O.E. Parker.

E cosa significa O.E.?

Pu. chiamarmi O.E. rispose lui. Oppure

Parker. Nessuno mi chiama col mio nome.

Ma cosa significano le iniziali? insist lei.

Lasciamo perdere. E lei come si chiama?

Glielo dir quando mi avr detto che cosa

significano le iniziali replic la ragazza. Nel

suo tono c'era una vaga ombra di civetteria

che and immediatamente alla testa di Par-

ker. Non aveva mai rivelato il suo nome a

nessuno, uomo o donna, solo alla marina e al

governo, ed era scritto sul certificato di batte-

simo, che aveva ricevuto all'et di un mese

perch sua madre era metodista. Quando il

nome era trapelato dall'archivio della marina,

per un pelo Parker non aveva ammazzato il

compagno che l'aveva usato.

Andr in giro a rifischiarlo a tutti.

Giuro che non lo dir a nessuno. Lo giuro

sulla santa parola di Dio.

Parker rimase in silenzio per qualche minuto.

Poi le mise una mano sul collo, e tirandosi il

suo orecchio vicino alla bocca le rivel il no-

me a bassa voce.

Obadiah! sussurr la ragazza, illuminando-

si lentamente in viso, come se quel nome fos-

se un presagio fausto, per lei. Obadiah.

Il nome continuava a essere una schifezza,

per Parker.

Obadiah Elihue disse la ragazza, in tono

reverente.

Se mi chiama cos a voce alta, le rompo la

testa annunci Parker. E lei come si chia-

ma?

Sarah Ruth Cates.

Lieto di conoscerti, Sarah Ruth.

Il padre di Sarah Ruth era un predicatore del

Vangelo Semplice, ma era lontano, a far pro-

paganda in Florida. La madre aveva l'aria di

non preoccuparsi delle attenzioni che Parker

rivolgeva alla figlia, fintanto che questi si

presentava con un cesto di roba, quando an-

dava a trovarla. Quanto a Sarah Ruth, dopo

tre visite di Parker si convinse di essere pazza

di lui. Lo amava, anche se si ostinava a dire

che i disegni sulla pelle erano vanit delle

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vanit, anche dopo averlo sentito bestemmia-

re, anche dopo avergli domandato se la sua

anima fosse salva ed essersi sentita risponde-

re che lui non vedeva niente di particolare da

cui bisognasse salvarla. Quella volta, Parker,

ispirato, aveva aggiunto: Sarei salvo se tu

mi baciassi.

Lei aveva aggrottato la fronte.

Quella non salvezza aveva precisato.

Poco tempo dopo, accett di fare una passeg-

giata in furgoncino. Parker si ferm in una

strada deserta e le propose di andare a

sdraiarsi nel cassone.

No, finch non saremo sposati disse lei,

tranquilla.

Oh, non necessario sposarsi ribatt Par-

ker.

Quando fece il gesto di afferrarla, lei lo re-

spinse con tanta forza che la portiera si stacc

e lui si trov a terra, piatto sulla schiena. In

quell'istante, decise di non aver pi niente a

che fare con lei.

Si sposarono all'ufficio di stato civile, perch

Sara Ruth giudicava le chiese idolatre. Parker

non aveva opinioni in merito. L'ufficio era

tappezzato di scatole d'archivio di cartone e

di registri dai quali spuntavano striscioline di

carta gialla impolverata. L'ufficiale di stato

civile era una vecchia dai capelli rossi che era

in carica da quarant'anni e aveva un'aria pol-

verosa come i suoi libri. Li spos da dietro la

grata di una scrivania verticale e quando ebbe

finito disse, con voce squillante: Tre dollari

e cinquanta, e finch morte non vi divida. E

compil fragorosamente' dei moduli con la

macchina per scrivere.

Il matrimonio non cambi d'una virgola Sa-

rah Ruth e rese Parker ancora pi tetro. Tutte

le mattine decideva che ne aveva abbastanza

e che la sera non sarebbe tornato a casa, e tut-

te le sere. tornava. Ogni volta che pensava di

non farcela pi, Parker si faceva fare un ta-

tuaggio nuovo, ma ormai l'unica superficie

libera che gli restava era la schiena. Per guar-

dare un tatuaggio sulla schiena, avrebbe do-

vuto prendere due specchi e mettersi nel mez-

zo, in una certa posizione, e questo gli sem-

brava un ottimo sistema per far la figura

dell'imbecille. Sarah Ruth, che se avesse avu-

to buon senso avrebbe potuto godersi il ta-

tuaggio sulla schiena, non voleva nemmeno

guardare quelli che. aveva altrove. Quando

lui cercava di farle notare i particolari pi im-

portanti, chiudeva gli occhi, ben stretti, e gli

voltava anche la schiena. Fuorch al buio pe-

sto, preferiva che stesse vestito, e con le ma-

niche della camicia tirate gi.

Davanti al tribunale di Dio, Ges ti doman-

der: "Che cos'hai fatto nella tua vita, oltre a

riempirti di disegni su tutto il corpo?" gli

diceva.

Non me la dai a bere rispondeva Parker.

Tu hai paura che la bella .ragazzona prospe-

rosa per la quale lavoro s'incapricci di me e

mi dica: "Andiamo, signor Parker, andiamo

a ... "

Tu tenti il peccato replicava lei e davanti

al tribunale di Dio ti toccher rispondere an-

che di questo. Dovresti tornare a vendere i

frutti della terra.

Quando era a casa, Parker non faceva gran-

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ch, oltre .ad ascoltare come gli sarebbe an-

data davanti al tribunale di Dio, se non avesse

cambiato vita. Quando poteva, interrompeva

quelle tirate con racconti sulla ragazza pro-

sperosa per la quale lavorava. Signor Par-

ker gli aveva detto io l'ho assunta per la

sua intelligenza. (E aveva soggiunto: E al-

lora perch non se ne serve?.)

E avresti dovuto vedere che faccia ha fatto

la prima volta che mi ha visto senza camicia

raccontava. Signor Parker mi ha detto lei

un arazzo ambulante! E questa era stata,

effettivamente, l'osservazione della padrona,

per gliel'aveva fatta con la bocca torta.

L'insoddisfazione di Parker aument a tal

punto che non ci fu pi mezzo di contenerla,

all'infuori, di un tatuaggio. E bisognava farlo

sulla schiena, per forza. Un'ispirazione nebu-

losa e informe cominci a mulinargli nella

mente. Immaginava di farsi fare un tatuaggio

al quale Sarah Ruth non

avrebbe potuto resiste-

re, un soggetto religio-

so. Pens a un libro

aperto, con la scritta

SACRA BIBBIA tatua-

ta sotto, e un versetto

autentico, a caratteri di

stampa, sulla pagina.

Per un po', questa gli

parve l'idea risolutiva,

poi cominci a immagi-

nare Sarah Ruth che di-

ceva: Ma non ce l'ho

gi, una vera Bibbia?

Cosa credi, che voglia

leggere all'infinito lo

stesso versetto, .quando posso leggerla tut-

ta?. Aveva bisogno di qualcosa di meglio

della Bibbia! Ci pensava tanto che cominci

a perdere il sonno. Peso, ne stava gi perden-

do, perch Sarah Ruth si limitava a buttare il

cibo nella pentola e a lasciarlo bollire. Il fatto

di non sapere di sicuro perch continuasse a

vivere con una donna brutta, incinta e pessi-

ma cuoca, lo rendeva grandemente nervoso e

irritabile, egli venne un piccolo tic a una

guancia.

Un paio di volte, si scopr a voltarsi di scatto,

come se qualcuno lo pedinasse. Uno dei suoi

nonni era finito al manicomio statale, sia pure

dopo i settantacinque anni. Ma per quanto

urgente fosse in lui il bisogno di un nuovo

tatuaggio, era altrettanto urgente trovare

quello giusto, che avrebbe messo al tappeto

Sarah Ruth. Pi rimuginava, pi gli occhi gli

s'incavavano e assumevano un'espressione

tormentata. La vecchia per la quale lavorava

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gli disse che, se non era capace di stare atten-

to a quello che faceva, lei sapeva dove trova-

re un negro di quattordici anni che ne era ca-

pace. Parker era tanto preoccupato che non si

offese nemmeno. In passato, l'avrebbe pianta-

ta sui due piedi, dicendo seccamente:

Benissimo, allora vada a prenderlo.

Due o tre mattine dopo, Parker stava legando

le balle di fieno con la miserabile pressa e il

trattore sfiancato della vecchia, in un grande

pascolo che aveva solo un enorme albero se-

colare nel mezzo. La padrona era il tipo che

non faceva abbattere un vecchio albero, per-

ch era un vecchio albero. Lo indic a Par-

ker, come se lui non avesse gli occhi, e gli

raccomand di non urtarlo, mentre la macchi-

na raccoglieva fieno l attorno. Parker comin-

ci all'esterno del campo e prosegu verso

l'albero, in cerchi concentrici. Ogni tanto do-

veva scendere dal trattore per sbrogliare il

cordone della pressa o per liberare la strada

da un sasso. La vecchia gli aveva ordinato di

portare i sassi sul bordo del prato, cosa che

Parker faceva quando lei lo guardava. Quan-

do pensava di farla franca, ci passava sopra.

Mentre girava intorno al campo, non faceva

che pensare al disegno pi adatto per la

schiena. Il sole, delle dimensioni di una palla

da golf, cominci a scivolargli dietro e a tor-

nargli davanti con un moto regolare, ma a

Parker sembrava di vederlo da tutt'e due le

parti contemporaneamente, come se, avesse

avuto gli occhi anche sulla nuca. D'un tratto,

s'accorse che l'albero allungava i rami per af-

ferrarlo. Un colpo feroce lo catapult in aria e

ud se stesso gridare, a voce incredibilmente

alta: Dio del cielo!.

Atterr sulla schiena, mentre il trattore si ro-

vesciava, schiantandosi contro l'albero, e

prendeva fuoco. La prima cosa che Parker

vide, furono le proprie scarpe, divo rate velo-

cemente dalle fiamme': una sotto il trattore,

l'altra a una certa distanza, che bruciava per

conto suo. Lui non c'era, dentro. Sentiva sulla

faccia il fiato caldo dell'albero che bruciava.

Arretr, seduto, con gli occhi fondi come ca-

verne, e se avesse saputo farsi il segno della

croce l'avrebbe fatto.

Il suo furgoncino era fermo su una strada

sterrata, ai margini del pascolo. Parker si di-

resse verso di esso, ancora seduto, ancora

all'indietro, ma sempre pi in fretta. A met

strada si alz e si mise a correre, tutto curvo,

tanto che cadde in ginocchio due volte. Gli

sembrava di avere ,le gambe come due vec-

chie grondaie arrugginite. Alla fine arriv al

camion e part a zig-zag. Pass davanti alla

casa sul terrapieno e punt dritto verso la cit-

t, che distava una cinquantina di miglia.

Durante il tragitto non si concesse di pensare.

Sapeva solo che era avvenuto un grande cam-

biamento, nella sua vita, un balzo in avanti

verso un ignoto peggiore, e che lui non pote-

va farci nulla. Era successo, a tutti gli effetti.

L'artista di tatuaggi aveva due grandi stanze,

disordinate e piene di roba; sopra lo studio

d'un callista, in una viuzza interna. Parker

ancora a piedi nudi, gli piomb in casa senza

rumore poco dopo le tre ,del pomeriggio.

L'artista, che aveva circa l'et di Parker, ven-

totto anni, ma era esile e calvo, era al tavolo

da disegno a ricalcare 'uno schizzo con l'in-

chiostro verde. Alz lo sguardo, irritato, e

parve non riconoscere Parker nella creatura

1414

dagli occhi infossati che gli stava davanti.

Mi faccia vedere il libro con tutti i ritratti di

Dio ansim lui. Quello religioso.

L'artista continu a fissarlo col suo sguardo

intellettuale e superiore.

Non faccio tatuaggi agli ubriachi avvert.

Ma lei mi conosce protest Parker, indi-

gnato. Sono O.E. Parker! Ha gi lavorato

per me, e l'ho sempre pagata!

L'uomo guard nuovamente Parker, come se

non fosse affatto sicuro. La vedo piuttosto

malconcio osserv. Deve essere stato in

prigione.

Sposato.

Oh! Con l'aiuto di due specchi, l'artista si

era tatuato in cima alla testa una civetta in

miniatura, perfetta in ogni particolare. Aveva

le dimensioni di una moneta da mezzo dolla-

ro e gli serviva per farsi pubblicit. C'erano

artisti pi a buon mercato, in citt, ma Parker

aveva sempre voluto soltanto il meglio. L'ar-

tista and a un secrtaire in fondo alla stanza,

e cominci a sfogliare dei libri d'arte.

Cosa le interessa? domand. Santi, ange-

li, Cristo. Q che cosa?

Dio!

Padre, Figlio o Spirito Santo?

Dio ripet Parker con impazienza. Cristo.

Non ha importanza. Purch sia Dio.

L'artista torn con un libro. Sbarazz un altro

tavolo dalle carte, vi appoggi il libro e invit

Parker a sedersi e a scegliere il disegno che

preferiva. Quelli moderni sono in fondo

avvert.

Parker si sedette e bagn il pollice. Cominci

a sfogliare il libro partendo dalle ultime pagi-

ne, dove c'erano i ritratti moderni. Qualcuno

lo riconobbe: il Buon Pastore, Lasciate che i

pargoli ... , Ges sorridente, Ges amico del

medico. Ma man mano che sfogliava veloce-

mente il libro all'indietro, i ritratti diventava-

no sempre meno rassicuranti. Uno era la fac-

cia verde e consunta di un morto, rigata di

sangue. Uno era giallo, con gli occhi viola e

cadenti. Il cuore di Parker si mise a battere

sempre pi veloce, finch cominci a romba-

re dentro di lui come un enorme generatore di

corrente. Parker voltava le pagine sicur,

pensando che quando fosse giunto all'imma-

gine predestinata avrebbe avuto un segno.

Continu a sfogliare, finch arriv quasi all'i-

nizio del libro.

Da una pagina, un paio d'occhi gli lanciarono

un rapido sguardo. Parker prosegu svelto,

poi si ferm. Pareva che gli avessero staccato

la corrente dal cuore: il silenzio era assoluto.

E diceva chiaro, come se fosse stato un lin-

guaggio: Torna indietro! .

Parker torn all'illustrazione, la testa severa e

senza rilievo di un Cristo bizantino, dagli oc-

chi divoranti. Rimase a sedere, scosso da un

tremito, e il cuore riprese lentamente a batter-

gli, come se una forza inspiegabile l'avesse

riportato invita.

Ha trovato quello che le interessa? doman-

d l'artista.

Parker aveva la gola troppo secca per essere

in grado di rispondere. Si alz e gli piant

sotto i1 naso il libro aperto alla pagina del

ritratto.

1515

Questo le coster un mucchio di soldi an-

nunci l'artista. Ma immagino che non vorr

tutti quei quadretti: basteranno i contorni e

qualcuno dei tratti pi belli.

Lo voglio esattamente cos dichiar Par-

ker. O cos o niente.

Contento lei... Ma un lavoro simile non lo

faccio per quattro soldi.

Quanto?

Ci vorranno due giorni di lavoro.

Quanto? ripet Parker.

A rate o in contanti? domand l'artista. Gli

altri lavori, Parker li aveva fatti a rate, ma l'a-

veva sempre pagato. Dieci di deposito e die-

ci per ogni giorno di lavoro. Parker tir fuo-

ri dieci dollari dal portafoglio; gliene rimase-

ro tre.

Venga domattina disse l'artista, intascando

il denaro. Prima dovr tirar gi lo schizzo

dal libro.

No, no! esclam Parker. O fa lo schizzo

subito o mi d indietro i miei soldi. E gli oc-

chi gli scintillavano minacciosi, come se fos-

se pronto a fare a pugni.

L'artista acconsent. Un tipo cos stupido da

volere un Cristo sulla schiena, riflett, poteva

anche cambiare idea da un momento all'altro,

ma una volta cominciato il lavoro non avreb-

be pi avuto modo di tirarsi indietro.

Mentre ricalcava il disegno, disse a Parker di

andarsi a lavare la schiena all'acquaio col sa-

pone speciale. Parker obbed, poi torn e si

mise a passeggiare avanti e indietro, flettendo

nervosamente le spalle. Aveva voglia di an-

dare a guardare di nuovo la figura e allo stes-

so tempo non ne aveva voglia. Alla fine, l'ar-

tista si alz e gli disse di sdraiarsi sul tavolo.

Gli sfreg la schiena. col cloruro d'etile, poi

cominci a tracciare la testa con la matita allo

iodio. Pass un'ora, prima che prendesse in

mano l'ago elettrico. Parker non sent un do-

lore eccessivo. In Giappone gli avevano ta-

tuato un Budda sull' omero con degli aghi

d'avorio; in Birmania, un ometto marrone,

che pareva una radice, gli aveva tatuato un

pavone per ginocchio con dei bastoncini ap-

puntiti lunghi sessanta centimetri; e parecchi

dilettanti l'avevano lavorato con spilli e fulig-

gine. Di solito, Parker era cos disteso e tran-

quillo, sotto le mani dell'artista, che gli capi-

tava di addormentarsi, ma quella volta rimase

sveglio, con tutti i muscoli tesi.

A mezzanotte, l'artista annunci che doveva

smettere. Piant sul tavolo contro il muro uno

specchio d'un metro e venti di lato, and al

gabinetto a prenderne uno pi piccolo e lo

mise in mano a Parker. Parker volt le spalle

allo specchio sul tavolo e mosse l'altro finch

non vide scaturire un'esplosione di colori

sgargianti: aveva la schiena quasi completa-

mente coperta di quadretti rossi e blu, color

avorio e zafferano. Parker distinse i linea-

menti della faccia: una bocca, l'attaccatura

delle sopracciglia folte, un naso dritto. Ma il

volto era vuoto: gli occhi non erano ancora

stati tracciati. Sulle prime, gli sembr che

l'artista l'avesse imbrogliato e avesse disegna-

to Ges amico del medico.

Non ha gli occhi! esplose.

Arriveranno a suo tempo promise l'artista.

Abbiamo ancora un giorno di lavoro.

1616

Parker pass la notte su una branda alla mis-

sione cristiana Porto di luce. Aveva scoperto

che erano quelli i posti migliori per alloggiare

in citt, perch erano gratuiti e fornivano an-

che un pasto, per quanto misero. Si accaparr

l'ultima branda disponibile e, dato che era a

piedi nudi, accett un paio di scarpe usate che

nella confusione infil per andare a letto: era

ancora scosso per tutto quello che gli era ca-

pitato. Rimase sveglio tutta la notte, nel lun-

go dormitorio pieno di brande, ciascuna col

suo carico gibboso. L'unica luce veniva da

una croce fosforescente, che splendeva in

fondo allo stanzone. L'albero allung di nuo-

vo i rami per afferrarlo, poi s'incendi di col-

po; la scarpa bruciava tranquillamente, per

conto suo; gli occhi, nel libro, gli dicevano

chiaro: Torna indietro! ma non emettevano

alcun suono. Parker non avrebbe voluto esse-

re in quella citt, in quel Porto di luce, in quel

letto da solo. Con sconsolato ardore, deside-

rava la vicinanza di Sarah Ruth. La sua lin-

gua tagliente e i suoi occhi a punteruolo era-

no il solo conforto che riuscisse a immagina-

re, e venne alla conclusione che lo stava per-

dendo. Gli occhi di Sarah Ruth gli sembrava-

no docili e indecisi, al confronto di quelli del

libro, che non riusciva a ricordare esattamen-

1717

te, ma di cui avvertiva ancora la forza di pe-

netrazione. Sotto quello sguardo si sentiva

trasparente come l'ala di una mosca.

L'artista dei tatuaggi gli aveva detto di non

andare da lui prima delle dieci di mattina, ma

quando arriv, all'ora fissata, lo trov seduto

per terra nell'andito buio, ad aspettarlo. Ap-

pena sveglio, Parker aveva deciso che una

volta finito il tatuaggio non l'avrebbe nemme-

no guardato, che tutte le sue impressioni del

giorno e della notte prima erano quelle di un

pazzo e che avrebbe ricominciato a compor-

tarsi secondo il suo sano buon senso.

L'artista riprese da dove aveva smesso. Una

cosa, vorrei sapere disse a un certo punto,

mentre lavorava alla schiena di Parker.

Perch vuole avere addosso questa immagi-

ne? Si dato alla religione? Vuole salvarsi

l'anima? domand, in tono canzonatorio.

Parker si sentiva la gola secca e salata.

Nooo, me ne sbatto, io, di quelle fesserie

dichiar. Un uomo che non capace di sal-

varsi da solo mi fa ridere. Le parole sembra-

rono uscirgli dalla bocca come fantasmi ed

evaporare immediatamente, come se non le

avesse mai pronunciate.

Allora perch...

Ho sposato una donna redenta spieg Par-

ker. E ho fatto male. Dovrei piantarla. Ha

avuto la bella idea di restare incinta.

Peccato disse l'artista. Allora stata lei a

farle fare questo tatuaggio.

Nooo. Lei non ne sa niente. E una sorpre-

sa.

Pensa che le piacer e che la lascer in pace

per un po'?

Non potr farne a meno. Non potr dire che

non le garba la faccia di Dio. Parker decise

che aveva gi raccontato abbastanza dei fatti

suoi all'artista. Gli artisti andavano benissi-

mo, se stavano al loro posto, ma non gli pia-

ceva che mettessero il naso negli affari della

gente normale. Stanotte non ho dormito

disse. Penso che dormir un po' adesso.

Questo chiuse la bocca all'artista, ma non

port il sonno a Parker. Se ne stava bocconi,

immaginando Sarah Ruth che rimaneva senza

parole, folgorata dalla faccia sulla sua schie-

na, e ogni tanto quella fantasia era interrotta

dalla visione dell'albero incendiato, con la

scarpa che vi bruciava sotto.

L'artista lavor fin quasi alle quattro, senza

pausa per il pranzo, senza praticamente stac-

care l'ago elettrico, se non per asciugare i co-

lori che sgocciolavano dalla schiena di Par-

ker. Alla fine il tatuaggio fu terminato.

Adesso pu andare a guardarlo disse.

Parker si rizz a sedere, ma rimase sull'orlo

del tavolo.

L'artista era soddisfatto della sua opera e vo-

leva che Parker la vedesse subito, ma Parker

continuava a star seduto sull'orlo del tavolo,

con aria assente.

Che le prende? domand l'artista. Vada a

guardarlo.

Sto benone ribatt Parker, improvvisamen-

te bellicoso. Il tatuaggio non scappa. Quan-

do vorr guardarlo sar ancora l. Prese la

camicia e cominci a infilarsela con precau-

zione.

1818

L'artista lo agguant bruscamente per un

braccio e lo spinse tra i due specchi. E ora

guardi ordin, furioso perch la sua opera

veniva ignorata.

Parker guard, divent pallido e s'allontan,

ma gli occhi del ritratto continuarono a guar-

darlo, immobili, fissi, divoranti, avvolti nel

silenzio.

L'idea stata sua, ricordi disse l'artista.

Per me, le avrei consigliato qualcosa di di-

verso.

Parker non apr bocca. Indoss la camicia e

imbocc la porta, mentre l'artista urlava. E

aspetto tutti i miei soldi! Aspetto i soldi!

Parker and in un emporio all'angolo, com-

pr una pinta di whisky, se la port in un vi-

colo poco distante e la bevve tutta nel breve

volgere di cinque minuti. Poi and in una sala

da biliardo che frequentava quando scendeva

in citt. Era uno stanzone ben illuminato, che

pareva un granaio, con un bar da una parte, le

macchinette mangiasoldi dall'altra e i tavoli

da biliardo che troneggiavano sul fondo. Co-

me Parker entr, un omone in camicia a qua-

dretti rossi e neri lo salut con una manata e

url: Eeeeeeil! O.E. Parker!.

Era ancora presto, per battere Parker sulla

schiena. Gi le mani protest. Ho un ta-

tuaggio nuovo, l. Cos', stavolta? doman-

d l'uomo, e grid ai clienti delle macchinet-

te: O.E. si fatto un tatuaggio nuovo!.

Niente di speciale, stavolta brontol Par-

ker, e s'incammin avvilito a una macchinetta

libera.

Dai! fece l'omone. Diamo un'occhiata al

tatuaggio di O.E.! Mentre Parker si divinco-

lava dalle loro mani, gli uomini gli tirarono

su la camicia. D'un tratto, Parker sent tutte le

mani cadergli di dosso, e la camicia gli cal

sulla faccia, come un velo. Nella sala da bi-

liardo scese un silenzio che parve diffondersi

dal gruppo intorno a lui fino alle fondamenta,

sotto l'edificio, e verso l'alto, pi su delle tra-

vi del tetto.

Finalmente qualcuno esclam: Cristo!. E

tutti si misero a far baccano. Parker si volt,

con un sorriso incerto. Queste trovate le ha

solo O.E.! esclam l'uomo con la camicia a

quadretti. Che roba!

Magari si dato alla religione! grid qual-

cuno.

Col cavolo ribatt Parker.

O.E. si dato alla religione e si schiera con

Ges, vero O.E.? domand maliziosamente

un ometto con un pezzo di sigaro in bocca.

Un sistema molto originale, devo dire.

Non ce n' come O.E., per inventarne di

nuove! dichiar l'omone.

jooohum! Che roba! grid qualcuno, e tutti

cominciarono a fischiare e a bestemmiare per

complimentarsi, finch Parker sbuff:

Oooooh, piantatela

Perch l'hai fatto? domand un tale.

Per ridere ribatt Parker. Che ti frega?

E allora perch non ridi? domand un al-

tro.

Parker si avvent sul gruppo e, come una bu-

fera di vento in un giorno d'estate, ebbe inizio

una rissa che impervers fra tavolini rove-

sciati e pugni volanti, finch due uomini af-

1919

ferrarono Parker, lo trascinarono di corsa alla

porta e lo buttarono fuori. Allora nella sala da

biliardo scese una pace sconvolgente, come

se lo stanzone che pareva un granaio fosse la

nave dalla quale Giona era stato gettato in

mare.

Parker rimase a lungo seduto per terra; nel

vicolo dietro la sala da biliardo, a scrutare la

propria anima. La vedeva come una ragnatela

di verit e di bugie, assolutamente priva d'im-

portanza per lui, ma necessaria a dispetto del-

le sue opinioni. Gli occhi che ormai dimora-

vano per sempre sulla sua schiena erano oc-

chi ai quali si doveva obbedire. Ne era certo,

come raramente gli era accaduto di esser cer-

to di qualcosa. Per tutta la vita, a volte prote-

stando e a volte bestemmiando, sovente spa-

ventato e una volta in estasi, Parker aveva

obbedito a tutti gli impulsi di quel genere che

l'avevano ispirato: in estasi quando si era in-

fiammato alla vista dell'uomo dei tatuaggi,

alla fiera; spaventato quando si era arruolato

in marina; protestando quando aveva sposato

Sarah Ruth.

Il pensiero di lei lo spinse lentamente ad al-

zarsi. Sarah Ruth l'avrebbe consigliato sul da

farsi, avrebbe sistemato anche il resto, e se

non altro sarebbe stata soddisfatta. Il furgon-

cino era ancora fermo davanti all'edificio do-

ve c'era lo studio dell'artista, non molto lonta-

no. Parker lo raggiunse e lasci la citt, en-

trando nella notte campestre. Aveva la testa

quasi completamente sgombra dai fumi

dell'alcool, e si accorse che l'insoddisfazione

2020

era sparita, ma non si sentiva del tutto se stes-

so. Era come se fosse se stesso ma estraneo a

se stesso, e viaggiasse in un paese nuovo,

sebbene tutto quello che vedeva gli fosse fa-

miliare, persino la notte.

Alla fine arriv a casa, sul terrapieno, ferm

il furgoncino sotto il noce americano e scese.

Fece tutto il baccano possibile, per stabilire

che era ancora lui il padrone, che il fatto di

esser stato via una notte senza una parola non

significava nulla, se non che lui le cose le fa-

ceva cos. Sbatt la portiera, sal i due gradini

e attravers la veranda, pestando i piedi.

Scosse violentemente la maniglia della porta,

che per non cedette. Sarah Ruth! grid.

Fammi entrare!

La porta non aveva chiave, ma evidentemente

Sarah Ruth aveva incastrato una sedia sotto la

maniglia. Parker cominci a battere alla porta

e a scuotere la maniglia, contemporaneamen-

te.

Sent le molle del letto cigolare e si chin a

guardare dal buco della serratura, ma era sta-

to tappato con un pezzo di carta. Fammi en-

trare! tempest, martellando di nuovo la

porta. Perch mi hai chiuso fuori?

Una voce tagliente, vicino all'uscio, doman-

d: Chi ? .

Io rispose Parker. O.E.

Aspett un momento.

Io ripet con impazienza. O.E.

All'interno sempre silenzio.

Parker tent di nuovo. O.E. disse ancora,

dando due o tre manate alla porta. O.E. Par-

ker. Mi conosci. Silenzio. Poi una voce dis-

se lentamente: Io non conosco nessun

O.E..

Smettila di scherzare implor lui. Non hai

motivo di trattarmi cos. Sono io, O.E., sono

tornato. Non avrai paura di me.

Chi ? domand la stessa voce spietata.

Parker volt la testa, come se si aspettasse

che qualcuno alle sue spalle gli suggerisse la

risposta. Il cielo si era lievemente schiarito e

due o tre nastri gialli fluttuavano sopra l'oriz-

zonte. Poi, mentre Parker guardava, una sorta

di albero di luce scatur dal confine del cielo.

Parker ricadde contro la porta, come se ce

l'avessero inchiodato con una lancia.

Chi ? chiese la voce all'interno, che ades-

so aveva qualcosa di definitivo. La maniglia

crepit, e la voce domand, perentoria: Chi

, insomma?.

Parker si chin e appoggi la bocca alla ser-

ratura tappata. Obadiah bisbigli, e d'un

tratto sent la luce riversarsi in lui trasforman-

do la sua anima-ragnatela in un perfetto ara-

besco di colori, un giardino di alberi, di uc-

celli e di animali.

Obadiah Elihue mormor.

La porta si apr e Parker entr incespicando.

Sarah Ruth torreggiava indistinta sulla soglia,

con le mani sui fianchi. E attacc subito:

Non era una bionda prosperosa, la tua pa-

drona, e dovrai pagarle fino all'ultimo, soldo

il trattore che hai fatto a pezzi. Non assicu-

rata. E venuta qui, abbiamo fatto una lunga

chiacchierata e io ....

Tremando, Parker armeggi per accendere la

lampada a petrolio.

2121

Cosa ti viene in mente? Perch sprechi il

petrolio, che quasi giorno? volle sapere

lei. Non ho bisogno di vederti.

Un bagliore giallo li avvolse. Parker mise gi

il fiammifero e cominci a slacciarsi la cami-

cia.

E stamattina non sognarti di prendermi

l'avvis SarahRuth.

Chiudi il becco! disse Parker, tranquillo.

Guarda questo, e poi non voglio pi sentire

una parola, da te. Si tolse la camicia e le

volt le spalle.

Un altro disegno ringhi Sarah Ruth.

Avrei dovuto immaginarlo che eri andato a

farti disegnare altre porcherie sulla pelle.

Parker si sent svuotare le ginocchia. Si gir

di scatto e url: Guardalo! Non stare l a

parlare e basta! Guardalo!.

Ho guardato.

E non sai chi ? grid lui, tra mille tormen-

ti.

No, chi ? s'inform Sarah Ruth. Non

nessuno che conosco.

lui.

Lui chi?

Dio! grid Parker.

Dio? Ma Dio non cos.

E come fai, tu, a sapere che faccia ha? ge-

mette Parker. Mica l'hai visto.

Dio non ha la faccia spieg Sarah Ruth.

uno spirito. Nessun uomo vedr mai il suo

volto.

Ascolta si lament Parker questo pro-

prio il suo ritratto.

Idolatria! tuon Sarah Ruth. Idolatria! Ti

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http://www.youtube.com/watch?v=9-cgg6VXoBk

2222

scaldi la testa con gli idoli a ogni passo che

fai. Io posso sopportare le bugie e le vanit,

ma non voglio idolatri in questa casa! E, af-

ferrando la scopa, cominci a picchiarlo sodo

sulla schiena.

Parker era troppo sbalordito per resistere. Re-

st seduto e lasci che lei lo picchiasse finch

fu sull' orlo dello svenimento, e sul viso del

Cristo si formarono grossi cordoni di gonfio-

re. Poi si alz e si diresse alla porta, barcol-

lando.

Sarah Ruth batt due o tre volte la scopa sul

pavimento, poi and alla finestra e la scosse

fuori, per liberarla del contagio di Parker.

Sempre con la scopa in mano, guard verso il

noce americano, e gli occhi le si fecero anco-

ra pi duri. L'uomo che si chiamava Obadiah

Elihue era l, appoggiato all'albero, e piange-

va come un bambino.

2323

UNA SEPARAZIONE (Jodaeiye Nader az Si-

min)

Iran 2011, 123'

Genere: Drammatico

Regia di: Asghar Farhadi

Cast principale: Leuila Hatai, Peyman

Moaadi, Sahab Hosseini, Sareh Bayat, Babak

Karimi

Tematiche: menzogna, verit, violenza, figli,

matrimonio, religione, fanatismo

Target: da 14 anni

NellIran di oggi, due coppie litigano, mento-

no, difendono la propria verit. Mentre due

bambine osservano e giudicano

Forgiato con uno stile austero e intensissimo

al tempo stesso (come le voci dei personaggi,

sempre alterate dalla tensione) e arricchito da

attori di grande intensit (a Berlino il film

vinse altri due premi, per il complesso delle

interpretazioni maschili e femminili), Una

separazione film immerso nella realt del

suo Paese: con tutte le cautele di un regista

che ancora lavora in patria (mentre i colleghi

pi celebri sono in esilio e qualcun altro, co-

me Jafar Panahi, pure finito in prigione),

sembra essere una metafora della situazione

dellIran, dalla divisione rigida in classi al

condizionamento di dinamiche di potere e

violenza tra le persone; senza contare log-

gettiva descrizione della condizione della

donna, pur non tematizzata. Eppure, la sua

grandezza sta anche nellessere una storia

universale che, depurata dalle condizioni spe-

cifiche iraniane, parla di uomini e donne che

si arrabattano per sopravvivere a situazioni

da cui non riescono a uscire, e per questo

mentono senza pensare alle conseguenze, e

senza riuscire a evitare una violenza col pros-

http://www.youtube.com/watch?v=gCX2oPDcoj8

2424

simo sempre pi dilagante. Persone senza al-

cuna possibilit di perdono; al massimo, ci

pu essere una transazione (con soldi) o

unudienza in unaula di tribunale. In cui una

giovane innocente costretta a una scelta

straziante, pi grande di lei far le spese di

tutto questo. (A. Autieri)

2525

IL TEATRO DEGLI ORRORI, IL MONDO NUOVO,

UNIVERSAL/LA TEMPESTA (2012)

Nellultimo disco, appena uscito, tra le altre

c una canzone che entra subito nel circolo

delle curiosit pi autentiche: E cerco te, il

pezzo da cui la band ha tratto il suo videoclip

promozionale. E un rock veloce come un

brano dei Foo Fighters, con belle chitarre

ruvide e invadenti, che parla damore, della

ricerca di una persona fascinosa scomparsa

nei meandri romani. E una ricerca ansiosa,

senza sosta, disordinata: io cerco te, cerco

te, nei week end, nelle lune piene, in ogni

macchina che passa in via Togliatti, nei visi

tristi, di gente stanca, di vivere cos, negli

appartamenti, dove nascondere, la voglia di

andar via, il mondo nuovo, loceano. Solo

dopo il break un classico nella costruzione

di Capovilla e del bassista e chitarrista Giulio

Favero emerge il perch di questa ricerca

affannosa, inevitabile, obbligata: cerco te per-

ch sei qualcuno che sa bene, che maligno

il mondo, ma che nel cuore, in fondo, ricono-

sce sempre, il bene, dal male, il bene, il ma-

le. Ecco perch cercarti e svenarsi in un

inseguimento metropolitano, ecco la radice

dellattrazione, motivo ben pi urgente di

quello puramente estetico che rappresentato

dallo spettacolo umano pi bello, che mi sia

stato dato, osservare da vicino.

La radice dellattrazione urgente e viscerale

in qualcuno che ha un cuore che riconosce il

bene dal male. Donna, vecchio, bambino,

bianco, nero, ricco, sbandato: chi non si dan-

nerebbe per re-incontrare qualcuno che sa

che maligno il mondo e che nel suo cuore

distingue il bene dal male?

Cuore, bene, male: da quanto tempo in una

canzone non riemergevano gli attori della sfi-

da che da sempre occupa grande letteratura e

autentica poesia, musica autentica e profonda

http://www.youtube.com/watch?v=P1ghFtc9Dxk

2626

umanit? Da quanto tempo la canzone italia-

na (non che quella anglo-americana stia poi

cos meglio) non riusciva a sfuggire alla

domanda dominante, cio mi vorrai bene per

almeno una settimana o mi lascerai dopo aver

fatto sesso? Capovilla e i suoi, spigolosi e

colti al punto giusto, sono riusciti a mettere

insieme un progetto musicale che esce dal

fastidio della noiosit quotidiana. E ci accom-

pagna forse in un periodo rock in cui forse

anche gli italiani sapranno risvegliare orec-

chie, cuori e domande. Alla faccia di Sanre-

mo, XFactor e compagnia bella. (W. Gatti)

Testo Io cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Qualcuno di cui non dir il nome

sebbene sia certo, lo spettacolo umano pi

bello

che mi sia stato dato

osservare da vicino

Qualcuno di cui non dir il nome

che sembra il ritratto di un uomo che annega

nel mare urbano di donne indifferenti e

un po qualunque

donne indifferenti e un po qualunque

Roma capitale sei ripugnante, non ti sopporto

pi

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te

Qualcuno di cui non dir il nome

sebbene sia certo, lo spettacolo umano pi

bello

che mi sia, stato dato

osservare da vicino

Qualcuno che sa bene che maligno il mon-

do

ma che nel cuore in fondo riconosce sempre

il bene, dal male

il bene il male

il bene il male

Roma capitale sei ripugnante, non ti sop-

porto pi

non ti sopporto pi

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te, cerco te

Io cerco te

Nei week-end, nelle lune piene

in ogni macchina che passa in via Togliatti

nei visi tristi, di gente stanca, di vivere cos

negli appartamenti dove

nascondere la voglia di andare via

il mondo nuovo, loceano

Stella sudamericana mia

io non ricordo pi il tuo nome, il tuo no-

me

Io cerco te, cerco te

2727

Nei week-end, nelle lune piene

nei visi tristi, di gente stanca, di vivere cos

negli appartamenti, dove nascondere la vo-

glia di andare via

il mondo nuovo, loceano

il mondo nuovo, loceano

il mondo nuovo, loceano

2828

SACRESTIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DE "LA TOURETTE" DI LE CORBUSIER.

Il senso di immanenza e di trascendenza la sacralit dello spazio e la sua vocazione meditativa,

sono sapientemente ispirati dalle calibrate atmosfere catacombali sferzate dalla luce zenitale

che illumina gli altari.

Egli qui.

E qui come il primo giorno.

Una parrocchia ha brillato di uno splendo-

re eterno. Ma tutte le parrocchie brillano

eternamente, perch in tutte le parrocchie

c il corpo di Ges Cristo.

E la medesima storia, esattamente la stes-

sa, eternamente la stessa, che accaduta in

quel tempo e in quel paese e che accade tut-

ti i giorni in tutti i giorni di ogni eternit.

2929

In tutte le parrocchie di tutta la cristianit.

Tutti i borghi sono splendenti di faccia a

Dio,

tutti i borghi sono cristiani sotto lo sguardo

di Dio.

Israele, Israele tu non conosci la tua gran-

dezza; ma anche voi, cristiani, non conosce-

te la vostra grandezza; la vostra grandezza

presente.

(Da Il mistero della carit di Giovanna dAr-

co, di C. Peguy)

3030

LA RICERCA DELL'ASSOLUTO NEL-

LA LETTERATURA: MICHAIL BUL-

GAKOV

DI ADRIANO DELL'ASTA

Larte sempre in misura maggiore o minore

una preghiera improvvisata[1], vive sem-

pre di unispirazione che viene dallalto, al

punto che si potrebbe persino dire che tanto

pi unarte religiosa tanto pi evidentemen-

te porta impresso il sigillo dellestetica. Que-

sta certezza, che veniva riformulata anche in

anni recenti da un critico letterario come An-

drej Sinjavskij, risulta tanto pi comprensibi-

le in un mondo culturale come quello russo,

nel quale lincontro con il cristianesimo

percepito come lincontro con unesperienza,

indefinibile concettualmente, quella della co-

munione delluomo con Dio, ma non di meno

descrivibile come una realt assolutamente

concreta la cui bellezza indimenticabile[2].

Siamo in un mondo nel quale il bello indu-

bitabilmente lo splendore del vero e per il

quale il brutto (bezobraznyj) significativa-

mente ci che ha perso limmagine (obraz):

in ultima analisi limmagine divina secondo

la quale creato quellessere cui affidato il

compito della coltivazione del giardino

dellEden (il compito della cultura, se si vuo-

le), il compito della creazione a immagine del

Creatore, il compito dellaffermazione di una

vita piena di significato e della trasmissione

di questa vita nella prospettiva della vittoria

sulla morte.

1. Il singolo e la sua responsabilit

Lopera letteraria di Michail Bulgakov

http://www.ccdc.it/DettaglioDocumento.asp?IdDocumento=51&IdDocumentoFrom=871&IdCategoria=33&IdAutore=&IdArgomento=&testo=&Id=&pagina=dettaglioDocumento.asp#_ftn1http://www.ccdc.it/DettaglioDocumento.asp?IdDocumento=51&IdDocumentoFrom=871&IdCategoria=33&IdAutore=&IdArgomento=&testo=&Id=&pagina=dettaglioDocumento.asp#_ftn2

3131

[3] non sfugge a questa caratteristica, sin da

quella che una delle sue prime realizzazio-

ni, quelle Memorie di un giovane medico,

che sono nello stesso tempo una creazione

letteraria e un ricordo autobiografico di quan-

do il giovane dottor Bulgakov aveva dovuto

mettere la propria inesperienza di neolaureato

alla prova delle mille sorprese che poteva

presentare la pratica medica in una sperduta

condotta della campagna russa: autobiografia

in un senso molto profondo, perch, tanto per

il medico come per il letterato, il compito

uno solo, quello di salvaguardare la vita.

Le Memorie sono infatti il tassello iniziale di

unopera artistica che, esattamente come

quella del medico, sar tutta dedicata alla

conservazione della vita e della sua memoria,

compito particolarmente arduo in un momen-

to in cui esse sono minacciate dal progetto

rivoluzionario, che, ben al di l delle pur ra-

dicali trasformazioni politiche, consiste esat-

tamente nella pretesa di sostituire la realt

con la sua reinterpretazione e rappresentazio-

ne ideologica.

centrale questo tema nelle Memorie, dove

la conservazione della vita possibile grazie

ad unazione in cui lopera umana ha ancora

un rilievo plenario; e resta ancora centrale, la

stessa impresa, ne La guardia bianca, dove

diventa per lesito di un miracolo reso tutta-

via possibile da unopera che ancora piena-

mente umana come linvocazione o la pre-

ghiera[4]; nei testi successivi, invece, questa

stessa impresa, pur restando centrale, sfugge

sempre pi alla portata delluomo, sino a di-

ventare il frutto puramente estetico-mistico

(giocato sul piano non della realt quotidiana

o della sua memoria, ma della sola arte) di

unopera, Il Maestro e Margherita, in cui

luomo ha ancora un suo ruolo, ma il cui col-

laboratore principale si presenta apocalittica-

mente con le fattezze del diavolo (che per al-

tro compie lopera di Dio)[5].

La salvaguardia della realt e la conservazio-

ne, almeno, della sua memoria (l dove que-

sta realt viene eliminata dalla surrealt ideo-

logica) sono dunque elementi essenziali

dellopera di Bulgakov; ma gi a partire dal-

le Memorie va sottolineato che questa azione

di protezione del reale ha un altro aspetto ca-

ratteristico: essa non si presenta mai come il

frutto di un gesto eroico solitario o come il

portato di una virt onnipotente delluomo

solo; piuttosto la risposta a un altro, la cui

presenza essenziale non solo perch nasca

lesigenza di una risposta, ma perch la stessa

risposta possa essere data.

Ora, questa presenza ha un carattere indiscu-

tibilmente religioso; essa rimanda infatti a

qualcosa che assolutamente irriducibile a

una semplice produzione, invenzione o proie-

zione delluomo: laltro che guida le azioni

del giovane medico e di fronte al quale egli si

sente responsabile una totale sorpresa, una

totale novit rispetto a qualsiasi valore civico

o professionale, tant vero che questa pre-

senza si manifesta attraverso una serie di atti

che il medico compie per una strana

ispirazione[6], non pi padrone di s e del-

la propria immagine, ma sotto limpulso di

una forza ignota[7] che d alla sua stessa

voce un inusuale tono rauco, come se fosse

appunto la voce di un altro.

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3232

La vera responsabilit si situa esattamente a

questo livello, l dove si abbandonata la

propria aseit orgogliosa ed esclusiva e si

agisce non per affermare unimmagine di s,

ma per rispondere del reale e per risponderne

a qualcuno che noi non possiamo dominare

con le nostre false parvenze o con la nostra

ragione; questo altro, infatti, pur essendo cos

vicino a noi da poterci motivare allazione, ci

resta fondamentalmente ignoto. La vera re-

sponsabilit, dunque, innanzitutto rapporto

con un che di misterioso; cos radicalmente

rapporto con il mistero che, una volta che la

si assunta non si sa ancora veramente che

cosa fare: tutto ci che si presenta alluomo

come Bulgakov sottolinea con particolare

insistenza descrivendo il proprio medico

supera le sue aspettative[8],

assolutamente incomprensibile, cos che

egli non pu che agire a casaccio,

meccanicamente e incoerentemente,

senza ragionare[9], senza saper nul-

la[10]. Essere responsabile, dunque, per il

giovane medico di Bulgakov non una que-

stione di eroismo o di virt, e non corrispon-

de allinstaurazione di un suo dominio sulla

realt; la responsabilit piuttosto la disponi-

bilit ad accogliere la misteriosa azione dal-

tri che agisce in lui e che, agendo, gli restitui-

sce il reale nella forma non del dominio e del

possesso, ma in quella dello stupore.

Tra i numerosissimi simboli dei quali Bulga-

kov si serve per suggerire il carattere miste-

rioso e irriducibile della realt si pu qui ri-

cordare quello del libro.

Abbandonato nella sua solitudine, di fronte a

prove difficili per le quali si sente inadegua-

to, il giovane medico trova soccorso e soste-

gno nei libri di medicina, uno degli elementi

che compongono la sua storia, formando il

mondo, la patria e la casa dalla quale provie-

ne e di cui vuole conservare la memoria.

esattamente il contatto col libro, nella pace

della casa, che d respiro e tregua al giovane

medico del tutto insicuro della propria capa-

cit di rispondere al bisogno di salvezza del

vecchio mondo[11], cos come a causa di

questa virt riconosciuta al libro che il giova-

ne medico si assume le proprie responsabilit

[12]. Il libro laiuto cui costantemente si fa

ricorso[13]; addirittura ci che permette di

distinguere con maggior sicurezza tra la real-

t e i sogni o le fantasie che il giovane medi-

co si pu fare. Quella del libro una virt co-

s grande e indiscutibile che il giovane medi-

co non pu fare a meno di considerare il libro

stesso come qualcosa di sacro, cui rivolgersi

in un atteggiamento quasi di preghiera: non

staccavo gli occhi imploranti dai sacri libri di

chirurgia operatoria[14].

questa stessa sacralit a impedire che il

rapporto di Bulgakov con il libro subisca il

destino che spesso caratterizza la vita intellet-

tuale, trasformandola da vita concreta in un

astratto e presuntuoso gioco intellettualistico.

s vero, infatti, che il giovane medico ricor-

re ripetutamente al libro per trarne forza e

guida; e per anche vero che questo ricorso

non approda mai ad un possesso, ad un sape-

re indiscutibile e definitivo, che razionalisti-

camente e scientisticamente annullerebbe il

mistero del reale: alla fine resta sempre uno

spazio per quellalterit che nel giovane me-

dico traspare come voce altrui, ignota e indo-

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3333

minabile, e si pone come unevidente dimo-

strazione della sua inadeguatezza e spropor-

zione. Come nellazione il medico conserva

la coscienza di non essere lui il padrone e

lautore ultimo dellagire e del suo esito feli-

ce, cos anche nel ricorso al libro, che pur

cercato e ritenuto indispensabile, egli si rende

conto che il libro, pur con tutta la sua poten-

za, non lo colloca in una posizione di domi-

nio assoluto, ma lo spinge anzi a riconoscere

il proprio limite[15].

Liberato dal potere magico della scien-

za e del sapere, il libro in tal modo

esplicitamente liberato anche dalla pre-

tesa di poter costituire un sostituto del-

la realt: la mia ferita non assomiglia-

va a nessun disegno[16], deve consta-

tare sconsolato il giovane medico, cos

come altrove deve ammettere che, nella

realt e dalla realt, si impara che c

qualcosa che nessun libro pu insegna-

re: Dalle parole staccate

[dellassistente], dalle frasi lasciate in

tronco, dai brevi cenni buttati l di

sfuggita imparai la cosa pi indispensa-

bile, che non c in nessun libro[17].

La realt dunque qualcosa di inesau-

ribile e di irriducibile, che si oppone

continuamente alla pretesa di assolu-

tezza del libro; e per il contesto in cui col-

locata lultima citazione ci suggerisce un al-

tro elemento di opposizione a questa pretesa:

lirriducibilit della realt diventa chiara al

giovane grazie alla comunicazione che gli fa

una sua assistente; il contatto con lespe-

rienza concreta di un altro, cio con lespe-

rienza della realt fatta da un altro essere, a

mettere in crisi le possibili pretese del libro.

Non un caso, in questo senso, che la stima

che circonda il misterioso medico predeces-

sore del protagonista delle Memorie non di-

penda semplicemente dal fatto che egli aveva

organizzato una stupenda biblioteca medica;

Leopold Leopoldovi (cos si chiamava an-

che nella realt il predecessore del giovane

dottor Bulgakov) stimato soprattutto per-

ch, avendo raccolto i suoi libri, stato capa-

ce di farne uno strumento per agire nella real-

t e poi ha insegnato ad altri come si agisce,

ad altri che a loro volta insegnano al giovane

medico e con lui costituiscono una sorta di

comunit[18]. E questa comunit, che fatta

di umanissime cose come il bere insieme[19],

significativamente unita da un identico sen-

so di responsabilit, nella quale lesperienza

Nesterov, Florensky e Bulgakov

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3434

del reale e della sua difesa diventa opera co-

mune[20], propriamente ecclesiale.

2. Unecclesialit discreta ma presente

La coscienza della presenza di un altro, que-

sta religiosit che attraversa lopera di Bulga-

kov, non dunque riducibile a un vago spiri-

tualismo ma si presenta con delle caratteristi-

che esplicitamente ecclesiali, la cui origine va

rinvenuta nella biografia stessa di Bulgakov e

le cui manifestazioni, come vedremo, sono

chiaramente rinvenibili anche nella sua opera

letteraria.

s vero, in questo senso, che le evocazioni

dirette della Chiesa in Bulgakov sono estre-

mamente rare, ma crediamo si debba ricono-

scere che, quando vi sono, esse sono anche

estremamente sentite: il frutto di unesperien-

za concreta e diretta, che viene percepita e

giudicata con tutto il dolore e la partecipazio-

ne di chi la vive e la soffre dallinterno, come

un figlio, e non la giudica dallesterno;

quanto ci pare si possa dire leggendo le righe

del passo in cui Bulgakov descrive la doloro-

sa divisione che la Chiesa ortodossa si trova a

vivere in Ucraina dopo la rivoluzione: un

tratto ancor pi turistico delle insegne. Tre

chiese sono troppe per Kiev: la vecchia, la

vivente e la autocefala o chiesa ucraina. Ai

rappresentanti della seconda i burloni di Kiev

hanno appioppato il nomignolo di popi vi-

venti. Non mi capitato mai di sentire un

nomignolo pi azzeccato. Definisce in pieno i

succitati rappresentanti: non solo in funzione

della loro appartenenza, ma anche delle carat-

teristiche del loro carattere. In vitalit e de-

strezza essi soccombono a una sola organiz-

zazione: quella dei popi ucraini. E stanno in

assoluto contrasto con i rappresentanti della

vecchia chiesa, i quali non solo non dimostra-

no alcuna vitalit, ma anzi sono indolenti, di-

stratti e tenebrosissimi. La situazione cos

fatta: la vecchia chiesa odia la chiesa vivente

e lautocefala, la chiesa vivente odia la vec-

chia e lautocefala, lautocefala odia la vec-

chia e la vivente. Come finir questa proficua

attivit delle tre chiese, i cui sacerdoti sono

nutriti di rancore, posso dirlo con la pi com-

pleta convinzione: col distacco in massa dei

fedeli da tutte e tre le chiese e col loro ritorno

nel baratro del pi totale ateismo. E di ci

saranno colpevoli quegli stessi popi, che han-

no screditato non solo le proprie persone, ma

lidea stessa della fede[21].

Ma, a parte questa dolorosa evocazione, la

Chiesa presente in ben altra maniera attra-

verso i suoi testimoni, come quel padre Alek-

sandr, che celebra i funerali allinizio del-

la Guardia bianca e che, giusto per dimostra-

re una percezione della realt ben diversa da

quella di tanti altri suoi confratelli, cita con

partecipazione lApocalisse[22]: ora questo

padre Aleksandr non affatto il frutto della

sola fantasia artistica di Bulgakov, un per-

sonaggio reale che egli aveva conosciuto at-

traverso il padre.

Il padre dello scrittore, Afanasij Ivanovi

(1859-1907), era stato infatti professore pres-

so l'accademia teologica di Kiev, dove si era

distinto, oltre che per la fede profonda e soli-

da, come un docente di grande talento e dalle

notevoli capacit lavorative. Proveniva da

una famiglia del ceto ecclesiastico e, nel

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3535

1890, si era sposato con Varvara Michajlovna

Pokrovskaja (1869-1922), anch'essa figlia di

un sacerdote e allora insegnante ginnasiale,

una giovane con un'istruzione e una cultura

particolarmente profonde, specie se si consi-

derano le abitudini di quegli anni e del suo

ambiente. I Bulgakov avrebbero avuto sette

figli, Michail era stato il primo nel 1891 men-

tre l'ultima sar Elena nel 1902. Ovviamente

una famiglia cos numerosa non era di facile

mantenimento: lo stipendio del padre non era

sufficiente e cos egli si trov sempre costret-

to ad un secondo lavoro, prima docente di

storia in un istituto femminile e poi, dal 1893,

collaboratore della censura cittadina. a que-

sto aspetto, serio e laborioso, della vita pater-

na che legato uno dei simboli pi ricorrenti

della scrittura bulgakoviana, quello della

lampada con un abat-jour verde; come ebbe a

dire lo stesso Bulgakov, esso risale alle im-

pressioni dellinfanzia: limmagine di mio

padre che scrive al suo tavolo di lavoro[23].

Nel complesso latmosfera della vita familia-

re era gioiosa e quasi festosa: era una casa

nella quale era piacevole vivere, essere accol-

ti ed ospitati. Questa atmosfera era dovuta in

gran parte alla mamma, una luminosa regi-

na che reggeva il suo piccolo regno con un

dolce sorriso ma anche, quando era necessa-

rio, con piglio deciso e persino autoritario.

Era una casa governata dalla musica: la mam-

ma suonava il piano e il padre il violino; vi

era amata in particolare lopera, soprattutto

il Faust; e poi vi erano amati i libri: tutto nel-

le descrizioni della vita famigliare di casa

Bulgakov d lidea di una vita che si ripete

immutabile, di un focolare domestico, eterno

come la vita stessa, ricordato come simbolo

di un periodo senza sofferenze e senza disor-

dini, in un tempo che sofferenze e disordini

ne aveva a profusione. E questo rifugio era

appunto immortale, sempre disponibile, sem-

pre presente nei suoi punti di riferimento

(lorologio, la stufa di maiolica, ecc.), nono-

stante il passare del tempo e lapparente fini-

re dei tempi andati; era la permanenza di una

realt buona in cui trovare stabilit e possibi-

lit di vita per s: lorologio laveva com-

prato il babbo molto tempo prima, quando le

donne portavano ancora quelle ridicole mani-

che a rigonfi vicino alle spalle. Queste mani-

che erano sparite, il tempo era fuggito via co-

me un baleno, era morto il padre professore,

tutti erano cresciuti, ma lorologio era rima-

sto quello di prima e suonava con la suoneria

a torre. Vi erano ormai tanto abituati tutti,

che se esso per un miracolo fosse scomparso

dal muro, li avrebbe presi la malinconia, co-

me se si fosse spenta una voce cara; e nulla

avrebbe potuto riempire il posto vuoto. Ma

lorologio per fortuna era immortale ed im-

mortale era anche Il carpentiere di Zaandam,

e la maiolica olandese, come una saggia roc-

cia era piena di vita e di calore proprio nel

tempo pi penoso[24].

Luce, musica, tempo che sconfina nelleterni-

t, la presenza di una luminosa regina e di un

padre lavoratore, laccoglienza offerta a

chiunque capiti in questa casa, tutto d lidea

di quella che oggi chiameremmo una casa

che diventa Chiesa domestica.

Questo valore della casa rimase immutabile

anche se i Bulgakov di fatto non ebbero mai

una casa loro e vissero sempre in case di af-

fitto; una di queste apparteneva a Vera Niko-

http://www.ccdc.it/DettaglioDocumento.asp?IdDocumento=51&IdDocumentoFrom=871&IdCategoria=33&IdAutore=&IdArgomento=&testo=&Id=&pagina=dettaglioDocumento.asp#_ftn23http://www.ccdc.it/DettaglioDocumento.asp?IdDocumento=51&IdDocumentoFrom=871&IdCategoria=33&IdAutore=&IdArgomento=&testo=&Id=&pagina=dettaglioDocumento.asp#_ftn24

3636

laevna Petrova, figlia di Nikolaj Ivanovi Pe-

trov, docente di filologia e di storia della let-

teratura russa e straniera allaccademia teolo-

gica e padrino di Bulgakov.

Non abbiamo ricordato a caso questo altri-

menti sconosciuto Petrov, il fatto che attra-

verso di lui, oltre a confermare unatmosfera

di amicizia e di fraternit reali, torniamo

allevocazione dellaccademia teologica e

questa ci rimanda a uno dei personaggi pi in

vista del corpo accademico, quel padre Alek-

sandr che abbiamo gi citato a proposito del-

la Guardia bianca e che, come abbiamo detto,

un personaggio assolutamente reale.

Si tratta di padre Aleksandr Glagolev

[25] (1872-1937), ebraista e biblista allacca-

demia teologica di Kiev, parroco della chiesa

di San Nicola il Misericordioso a Kiev, non-

ch padre spirituale di Michail Bulgakov

(sarebbe stato lui a celebrarne il primo matri-

monio). Dopo aver contribuito a smontare

lidea di un omicidio rituale sulla quale era

stato costruito il caso Bejlis (1911-1913), ca-

dr vittima delle persecuzioni antireligiose

del regime sovietico, e morir nel 1937, pro-

babilmente durante un interrogatorio, nella

prigione di Lukjanovka (a Kiev e non alle

Solovki come spesso si dice); in compenso la

sua opera di coraggiosa difesa degli ebrei

verr continuata dal figlio Aleksej (1900-

1972), anche lui sacerdote, il quale durante

linvasione nazista si distinguer a tal punto

da meritarsi poi il titolo di Giusto delle Na-

zioni. Non possiamo soffermarci pi a lungo

sulla figura di padre Aleksandr, ma quello

che se ne detto pu essere sufficiente per

dare lidea di una ecclesialit viva e ben co-

nosciuta da Bulgakov; per chiarire meglio

quanto questa ecclesialit fosse una presenza

reale e lasciasse il segno sulle persone che la

incontravano potremmo forse solo aggiunge-

re che la figura di padre Glagolev fu decisiva

nella formazione di un altro dei grandi martiri

e testimoni della Chiesa ortodossa russa, quel

padre Anatolij urakovskij[26] che sarebbe

caduto vittima a sua volta dellondata terrori-

stica del 1937.

3. Un cristianesimo maestro di realismo

Questa religiosit caratterizzata da unespe-

rienza fondamentalmente ecclesiale del re-

sto rinvenibile anche in uno dei passi pi fa-

mosi di tutta la creazione bulgakoviana, quel

primo capitolo del Maestro e Margherita nel

quale si trovano a discutere dellesistenza di

Dio il diavolo e due intellettuali atei, tipici

rappresentanti del regime e della sua mentali-

t. un passo famoso e, a nostro avviso, cen-

trale proprio perch il suo nucleo quel reali-

smo che costituisce una delle caratteristiche

forti e distintive dellecclesialit e della mi-

stica di Bulgakov, cos attento alla presenza

nel reale di tutta una serie di segni irriducibili

a quanto luomo pu creare