Aula Leone XIII 25 aprile 04 Giornata Universitaria 2004 8 ......raccolta. La vita non è scandita...

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MOSTRA Aula Leone XIII 25 aprile 2004 8 maggio 2004 Il segno memoria dell’uomo: percorsi della scrittura

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UNIVERSITÀ CATTOLICADEL SACRO CUORE

Biblioteca di Ateneodella sede di Milano

Istituto Giuseppe Toniolodi Studi Superiori

Ente fondatore e garantedell’Università Cattolica

del Sacro CuorePubbliche Relazioni

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La mostra è posta sottol'Alto Patronato

del Presidente della Repubblica

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A cura della Biblioteca di Ateneo Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano aprile 2004 Errata corrige

• Presentazione p. 3, riga 9: Alessandro Pratesi per Alessando Pratesi

• Ringraziamenti p. 4, riga 13: Paolo Della Grazia per Paolo Della Pergola

• § 4. La scrittura in Egitto p. 12, riga 6: γράμματα ίερογλυφικά per γrάμματα ίερογλυφικά

• § 5. Le scritture consonantiche della regione siro-palestinese p. 15, righe 14-13 dal basso, leggere: «rappresentare le vocali: ’ălef → alfa; hē’ → e-psilon (= “e semplice”); hêt → ēta; yôd → iota;»

• § 13. La scrittura nel mondo germanico p. 26, riga 8: aettir per settiz

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Mostra

Il segno memoria dell’uomo:Il segno memoria dell’uomo:Il segno memoria dell’uomo:Il segno memoria dell’uomo:percorsi della scritturapercorsi della scritturapercorsi della scritturapercorsi della scrittura

“La capacità di esprimere il pensiero in segni grafici,destinati a tramandarlo oltre il momento in cui viene formulato,al di là della memoria e della stessa vita fisica di chi l’ha elaborato,è stata sempre accoltacome espressione e misura di civiltà”.

Alessando Pratesi

Questa mostra, organizzata dalla Biblioteca dell’Università Cattolica, si propone diillustrare il percorso della scrittura dai primi graffiti fino alla scrittura digitale.Con questa iniziativa la Biblioteca vuole offrire al suo pubblico, oltre ai serviziistituzionali, un’occasione culturale, e far conoscere alcuni dei suoi tesori.Rivolgendosi in modo particolare agli studenti delle scuole superiori, la Bibliotecadesidera, con la collaborazione del corpo docente, promuovere un’esperienzaculturale che possa diventare punto di partenza per un ulteriore cammino diconoscenza.La storia della scrittura è antica perché antica è quella dell’uomo, e continua perchécontinua l’avventura umana.

La Biblioteca di Ateneo

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In questo opuscolo sono raccolti nella loro versione integralei testi dei pannelli della

mostra “Il segno memoria dell’uomo: percorsi della scrittura” “Il segno memoria dell’uomo: percorsi della scrittura” “Il segno memoria dell’uomo: percorsi della scrittura” “Il segno memoria dell’uomo: percorsi della scrittura”organizzata dalla Biblioteca dell’Università Cattolica, Sede di Milano,con la collaborazione di alcuni Istituti e Dipartimenti dell’Università.

La Biblioteca intende così offrire al Visitatore un piccolo strumentoper ulteriori riflessioni e indagini su un tema di grande interesse

e in continua evoluzione come quello della scrittura.

Si ringraziano in particolare, per la loro generosa e insostituibile collaborazione,Filippo Airoldi, Amedeo Alberti, Luigi Anolli, Mariavittoria Antico Gallina,Carla Balconi, Edoardo Barbieri, Luigi Bicchieri, Gian Antonio Borgonovo,Paolo Branca, Luciano Caramel, Giancarlo Caronni, Maria Grazia Celloni,

Chiara Colombo, Paolo Della Pergola, Maria Luisa De Natale, Mirella Ferrari,Rosa Bianca Finazzi, Tino Foffano, Mario Iodice, Paolo Magnone,

Celestina Milani, Orsolina Montevecchi, Anna Passoni Dell’Acqua, Claudia Perassi,Giancarlo Petrella, Chiara Piccinini, Maria Pia Rossignani, Giovanna Salvioni,

Anna Soldati, Paola Tornaghi, Alfredo Valvo

Un sentito grazie va inoltre a tutti coloro, colleghi e non, che, a vario titolo,hanno sostenuto l’iniziativa.

Si ringrazia infine Ettore Antonini, grafico simpatico e geniale,per il logo creato appositamente per questa Mostra.

Senza il gentile contributo del Museo e della Biblioteca del PIME,delle Cartiere di Fabriano, dell’Istituto dei Ciechi di Milano,

del Museo bodoniano di Parmache hanno prestato le loro collezioni di documenti,

questa Mostra sarebbe stata meno ricca.

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Quasi una premessaLo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton usa più volte nei suoi romanzi

l’immagine, paradossale, di un naufrago che approda sulle coste della Gran Bretagna.Una simile avventura unirebbe il fascino delle terre ignote alla sicurezza di essere acasa propria. Sfogliare un atlante per cercarvi paesi lontani, o navigare nel web credoche costituiscano un po’ esperienze simili.

Questa è la prima impressione che si ha accedendo alla mostra “Il segnomemoria dell’uomo: percorsi della scrittura”. Un gruppo di sagaci bibliotecaridell’Università Cattolica di Milano, non senza la collaborazione di alcuni docentidell’ateneo, ha realizzato un viaggio ideale. Il tutto pensando a un particolarepubblico, quello dei giovani, studenti universitari e, soprattutto, delle mediesuperiori. Un viaggio nel tempo, visto che si passa dalla preistoria ai giorni nostri.Ma anche un viaggio nello spazio, visto che si visitano i quattro angoli della terra.Soprattutto, però, un viaggio alla scoperta dell’uomo, attraverso le tracce di sé che halasciato tramite la scrittura (le scritture).

In un libro certo discutibile, ma affascinante, come Armi, acciaio e malattie.Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni (Torino, Einaudi, 2001), il biologoJared Diamond narra come l’invenzione della scrittura sia avvenuta forse una o duevolte in modo indipendente in tutta la storia dell’umanità. Tutte le forme discrittura a noi note deriverebbero da tale avvenimento, occorso appunto al massimoun paio di volte. Cosa vuol dire “inventare la scrittura”? Significa creare un sistemadi segni che possano in qualche modo fissare nel tempo il linguaggio.

Gli uomini hanno sempre parlato. Ma non hanno sempre scritto. Tanto èvero che ogni sistema di scrittura è sempre un po’ imperfetto rispetto alla lingua chedocumenta. La scrittura sorge nel momento in cui c’è qualcosa da ricordare. Ilgruppo di uomini non vive più solo del prodotto occasionale della caccia o dellaraccolta. La vita non è scandita più solo dal ciclo annuale delle stagioni. Inventare iltempo e inventare la scrittura sono un po’ la stessa cosa.

Da qui l’importanza di questa mostra, che si svolge assieme lungo le pareti ele vetrinette di una sala e tra le pagine di una pubblicazione. Nel primo casocomunica più sinteticamente, tramite brevi pannelli e oggetti esposti; nell’altroattraverso un discorso articolato, che vorrebbe essere l’occasione anche di possibiliapprofondimenti, o punto di partenza per altri percorsi.

Dove sta l’importanza di questa iniziativa? Nel proporre un’occasione perriflettere su cosa significhi quello strumento che tutti usiamo, magari un po’passivamente, e che chiamiamo scrittura. Basta pensarci un attimo ed ecco che siscopre che la scrittura ha tanti segreti, anche per noi.

Pensavamo che i manoscritti fossero cose da Medioevo e invece tutti i giornine produciamo anche noi, su quaderni e fogli di appunti. Chiamiamo “stampatello”lo scrivere usando tutte lettere maiuscole e invece i libri stampati non sono micascritti così. Pensiamo che i libri che leggiamo e usiamo siano stampati coi caratteri, einvece i caratteri da stampa non si usano comunemente più da un secolo e mezzo.

Poi la scrittura cambia. Ci sono fenomeni della scrittura tipici ad esempiodel mondo giovanile contemporaneo. C’è la scrittura abbreviata nata per scrivere gli

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sms ma usata anche in altri contesti (“nn”, “xké”, “cmq”). C’è la scrittura chemescola segni alfabetici e icone atte a rappresentare le emozioni, dette “emoticons”:

, . C’è la scrittura dei graffiti murari, con le sue lettere deformate fino araggiungere particolari effetti visivi.

Ma non si scrive sul nulla. Ci sono anche i supporti (fossero pure digitali)che conservano la scrittura e la trasmettono. Se non ci pensiamo, i libri sono tuttiuguali. Ma basta riflettere sulla nostra esperienza normale e saltano fuori tantedifferenze: ci sono libri piccoli e libri grandi, pesanti o leggeri, scritti con caratterichiari o illeggibili, con le figure o senza, col commento o no, su carta bella o brutta,che si sfascicolano subito o resistono all’usura, che costano poco o tanto. Questedifferenze dettano, almeno in parte, i modi di utilizzo del libro. Se vogliamocomprare un Pinocchio da regalare a un nostro piccolo parente o per rileggerlo noi (èuna lettura assai più interessante di quanto si possa credere…) acquistiamo delleedizioni molto diverse.

Allora, l’azione dello scrivere, che equivale a fissare nel tempo un’idea, unpensiero, un racconto resta come essenziale nella nostra civiltà. Esserne coscienti,iniziare a capire il suo funzionamento, porsi delle domande sul come e perché aesempio un testo venga scritto (e quindi divenga memoria condivisibile con altri) omeno, è passo di una conoscenza critica della realtà che fa (o dovrebbe fare) degliuomini adulti.

Così si comprende meglio cosa volesse dire un grande pensatore delNovecento, Romano Guardini, quando nell’Elogio del libro scriveva :

Avete mai pensato, amici miei, che meravigliosa opera della creativitàumana è un libro? Con ciò non penso ancora affatto al suo contenutospirituale: l’opera del poeta, o la rappresentazione dello storico, o laideologia del filosofo – intendo bensì, come ho già detto, la cosaconcreta, che si può tenere in mano e che appunto si chiama “il libro”.Chi ama il libro, prende in mano con il sentimento di una tranquillafamiliarità, quell’oggetto che così si chiama, stampato su carta orilegato in tela o cuoio o pergamena. Lo sente come una creatura, che sitiene in onore o si cura, e della cui concretezza materiale si è lieti.

Anche se viviamo in una realtà nella quale altri mezzi di comunicazionesembrano in concorrenza col tradizionale mondo del libro e della scrittura, il libroconserva intatta la sua importanza. Cinema, musica, Internet interagiscono con lenostre conoscenze, ma non ne sono la base primaria. Tanto è vero, che anchel’evoluzione del computer, l’e-book, tende ad assomigliare semplicemente al solito,vecchio e caro libro.

Grazie, dunque, a chi ha pensato e realizzato questa mostra: ci aiuta aconoscere di più la storia dell’uomo, e quindi anche a riflettere su noi stessi e ilnostro futuro.

Edoardo BarbieriProfessore Ordinario di BibliografiaUniversità degli Studi di Sassari

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Indice degli argomenti secondo l’ordine espositivo dei pannelli della MostraIndice degli argomenti secondo l’ordine espositivo dei pannelli della MostraIndice degli argomenti secondo l’ordine espositivo dei pannelli della MostraIndice degli argomenti secondo l’ordine espositivo dei pannelli della Mostra

A) Percorso storicoA) Percorso storicoA) Percorso storicoA) Percorso storico1- L’origine della scrittura2- La scrittura in Mesopotamia: Sumer e Accad3- Le scritture egee4- La scrittura in Egitto5- Le scritture consonantiche della regione siro-palestinese6- Gli alfabeti greci7- La risoluzione delle scritture misteriose : i “decifratori”8- I supporti scrittori dell’Antichità9- Le scritture della Scrittura10- La scrittura araba11- Il mistero etrusco12- Scritture e lingue dell’Italia antica13- La scrittura nel mondo germanico14- La scrittura ogamica15- La scrittura armena16- La scrittura glagolitica e la scrittura cirillica17- Le scritture dell’India e dell’Indocina18- La scrittura in Cina19- Le scritture del continente africano20- Le scritture del continente americano21- L’alfabeto latino e la scrittura in epoca romana22- La scuola e gli strumenti per la scrittura nell’antica Roma23- La “rivoluzione” : il passaggio da rotolo a codice24- Le scritture medievali25- La scrittura carolina26- Il libro e la nascita delle università27- Dalla scrittura gotica alla scrittura umanistica28- L’Umanesimo e la rivoluzione del canone grafico29- L’invenzione della stampa30- La stampa in Italia : da Subiaco a Venezia31- La stampa a mano in Europa fino al XIX secolo32- I materiali della stampa : i caratteri mobili e il torchio33- I materiali della stampa : l’inchiostro e la carta34- La calligrafia35- La notazione numerale36- La scrittura informatica applicata alle scienze umanistiche37- La scrittura informatica e digitale

B) Percorso complementareB) Percorso complementareB) Percorso complementareB) Percorso complementare38- Scrittura e arte39- Scrivere la musica40- La scrittura Braille

GlossarioSpunti di approfondimento

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1.1.1.1. L’origine della scritturaL’origine della scritturaL’origine della scritturaL’origine della scritturaLe scritture più antiche risalgono al terzo millennio a.C.Ripercorrendo lo sviluppo delle conoscenze umane, gli studiosi sono concordi nelritenere che molte società umane erano giunte assai vicino all’invenzione dellascrittura; ed è sorprendente constatare come si siano invece fermate ad uno stadioprecedente l’invenzione dell’alfabeto.I dipinti e i graffiti delle società primitive contengono così tanti elementi di unsistema di scrittura che chiamarli “arte” anziché “scrittura” può sembrare una meradistinzione terminologica.Secondo Steven Mithen ed altri studiosi la presenza delle componenti cognitive (ilbisogno di comunicare, la manipolazione della cultura materiale, una teoria dellamente, l’abilità manuale, il pensiero simbolico, ma soprattutto il linguaggio) sarebbestata molto importante, ma soltanto il contemporaneo verificarsi di condizionisocio-economiche e politiche favorevoli, come avvenne in Mesopotamia nel 3.200a.C., portò all’invenzione della scrittura.L’invenzione della scrittura da parte delle più antiche civiltà ha trasformato il mododi immagazzinare, manipolare e trasmettere le conoscenze ed è pertanto alla basedella lunga evoluzione che, partendo da quelle antiche civiltà, ha prodotto il mondomoderno; la straordinaria crescita della conoscenza a partire da quell’evento puòessere senz’altro attribuita, in gran parte, al potere della scrittura.

2. La scrittura in Mesopotamia: 2. La scrittura in Mesopotamia: 2. La scrittura in Mesopotamia: 2. La scrittura in Mesopotamia: Sumer e Sumer e Sumer e Sumer e AccadAccadAccadAccadFurono i Sumeri a dar vita, intorno al 3200 a.C., alla prima alta cultura urbana e ainventare la scrittura cuneiforme.inventare la scrittura cuneiforme.inventare la scrittura cuneiforme.inventare la scrittura cuneiforme. Non ci è ancora dato sapere con esattezza, quandoessi si stanziarono in Mesopotamia, tra l’odierna zona di Baghdad e la foce del Tigrie dell’Eufrate, e da dove provenissero. E’ improbabile, comunque, che fossero i primicolonizzatori della regione, poiché molti nomi di antichi insediamenti non sono diorigine sumerica.Intorno al 2600 a.C., iniziò l’immigrazione di popolazioni nomadi semitiche nellaregione, gli Accadi, che, lentamente, spinsero i Sumeri sempre più verso sud. Duepopoli assai differenti, che parlavano due lingue diversissime, di origine ignota eagglutinante, l’una, semitica e flessiva, l’altra, ma che seppero creare nella lorointerazione e integrazione una grande e duratura civiltà.Gli Accadi non avevano una propria scrittura perciò adottarono il cuneiforme peresprimere la propria lingua, limitandosi a “leggere” in accadico il segno cuneiformesumerico, così ad esempio il segno “rererere”, in sumerico lugallugallugallugal, era in accadicopronunciato šarrušarrušarrušarru. Solo con l’avvento della dinastia fondata da Sargon (2350-2140a.C.) compaiono i primi documenti cuneiformi scritti in accadico. In questo periodoil processo di accadizzazione s’intensificò e i Sumeri furono lentamente, mainesorabilmente soppiantati (il processo terminò intorno al 1900 a.C. circa):l’ultimo periodo di grande splendore fu quello detto Neosumerico (2140-2020

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a.C.) che ci ha lasciato un numero impressionante di tavolette cuneiformi insumerico, raccolte in numerosi archivi di documenti economici, provenienti dallegrandi città del regno, come Ur, Umma, Lagaš, Puzrišdagan. Fu però un regno dibreve durata, a causa di forti contrasti interni e dell’arrivo degli Amorriti,popolazioni nomadi che fondarono vari regni in Sumer, tra cui quello di Babilonia.Anche sul medio-Eufrate si era stanziata un’altra popolazione che avrebbe prestoscritto il suo nome nella storia: gli Assiri. I periodi successivi presero nome dallasupremazia politica e culturale di queste due culture: paleo-babilonese e paleo-assiro(sviluppatesi intorno al 1800 a.C.), medio-baliblonese e medio-assiro (sviluppatesiintorno al 1600 a.C.); neo-babilonese e neo-assiro (intorno all’800 a.C.).Nonostante tutti questi stravolgimenti, la lingua sumerica sopravvisse e divennelingua di culto, rimanendo in vita fino a quando la scrittura cuneiforme cadde indisuso.Evoluzione del cuneiformeEvoluzione del cuneiformeEvoluzione del cuneiformeEvoluzione del cuneiformeI più antichi documenti che contengono esempi di scrittura organizzata risalgonoalla fine del IV millennio a.C. (c. 3200-3100 a.C.). Si tratta di tavolette di argillarinvenute presso l’antica città di Uruk (odierna Warka), situata nel sud dellaMesopotamia (odierno Iraq), sulle quali sono incise sequenze di pittogrammi(rappresentazioni rudimentali, veri e propri disegni che riproducono un oggetto cosìcom’è in realtà) incolonnati e ripetuti. Si tratta di documenti economici chemenzionano quantità di beni diversi (animali, derrate alimentari e merci varie),razioni e altro.I segni originali avevano già in questo periodo subìto un significativo cambiamento:erano stati ruotati verso sinistra di 90°.La scrittura ‘protocuneiforme’ delle tavolette di Uruk ebbe un’ulterioretrasformazione nella prima metà del III millennio a.C., quando gli scribi, per evitarele “sbavature” provocate dallo stilo appuntito nel tracciare linee curve, masoprattutto per rendere più veloce la realizzazione del segno, preferirono imprimere,con uno stilo a punta, a sezione triangolare, tratti rettilinei a forma di cuneo. Eproprio dal latino ‘cuneus’ (chiodo) deriva il suo nome la scrittura cuneiformescrittura cuneiformescrittura cuneiformescrittura cuneiforme.Questo significativo cambiamento e l’adozione sempre più frequente di una scritturafonetica avviò un lento processo di semplificazione dei segni originari. Nel corso ditre millenni essa si diffuse in tutto il Vicino Oriente e fu veicolo della culturamesopotamica. Oltre agli Accadi, altri popoli, come gli Ittiti o gli Elamiti,l’adottarono per trascrivere la propria lingua, altri popoli se ne servirono per crearenuove scritture (come l’ugaritico).La collezione di tavolette cuneiformiLa collezione di tavolette cuneiformiLa collezione di tavolette cuneiformiLa collezione di tavolette cuneiformidell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milanodell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milanodell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milanodell’Università Cattolica del Sacro Cuore di MilanoGiustino Boson, professore di filologia semitica e assiriologia (dal 1935) pressoquesto Ateneo, su segnalazione dell’insigne studioso P. Scheil, reperì a Parigi unlotto di un migliaio di tavolette sumeriche di origine clandestina, appartenenti alperiodo della Terza dinastia di Ur (2112-2004 a.C.). Egli s’interessò

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immediatamente perché il governo italiano ne curasse l’acquisto: purtroppo non fupossibile acquisire l’intero lotto, fu allora che Boson decise di crearsi una piccolacollezione privata, acquistando per sé 73 tavolette, che studiò e successivamentedonò all’Università Cattolica. I suoi studi furono pubblicati in diversi articoli e inuna monografia, quasi ottant’anni fa. Attualmente la collezione “G. Boson” è incorso di aggiornamento, rielaborazione e studio.DatazioneDatazioneDatazioneDatazioneLe tavolette, fatta eccezione per la n. 1, databile al periodo di LarsaLarsaLarsaLarsa, e quindi di unasessantina di anni più tarda, appartengono tutte alla Terza Dinastia di Ur di cuisono documentati tutti i re, tranne Ur-Nammu, fondatore della dinastia:Ur-Nammu (2112-2095 a.C.)Šulgi (2094-2047 a.C.)Amar-Suen (2046-2038 a.C.)Šu-Sin (2037-2029 a.C.)Ibbi-Sin (2028-2004 a.C.)ProvenienzaProvenienzaProvenienzaProvenienzaLe tavolette appartengono agli archivi delle città di UmmaUmmaUmmaUmma (odierna Jokha) e Selluš-Selluš-Selluš-Selluš-DaganDaganDaganDagan (odierna Drehem), importanti centri amministrativi situati nell’Iraqmeridionale, nei pressi della capitale UrUrUrUr.ContenutiContenutiContenutiContenutiI testi sono tutti di natura economica e riguardano in generale:• prestito di orzo• distribuzione di orzo e altre derrate alimentari come salari• liste di personale• pagamento di imposte in natura• consegne di diverse derrate alimentari a diverso titolo (farina, latticini, sostanze

grasse, birra e simili)• spedizione di oggetti d’oro dal palazzo reale alla città santa di NippurNippurNippurNippur.• provvigioni di viaggio per messaggeri• comunicazioni di natura commerciale

3. Le scritture 3. Le scritture 3. Le scritture 3. Le scritture egeeegeeegeeegeeLe scritture egee, geograficamente localizzabili nei territori che si affacciano sulmare Egeo, si sviluppano in un arco di tempo che va dalla seconda metà del IIImillennio a.C. alla fine del II millennio a.C. Scopritore e indagatore della civiltàminoica (così come viene denominata la civiltà dell’antica Creta) fu l’archeologoArthur Evans, che con gli scavi iniziati nel 1899 raggiunse, in breve, ottimi risultati.Nell’isola di Creta, celebre per gli splendidi palazzi minoici e per i prospericommerci con le civiltà della Mesopotamia, dell’Egitto e della Penisola anatolica,sono attestati tre differenti sistemi di scrittura sillabica: il geroglifico cretesegeroglifico cretesegeroglifico cretesegeroglifico cretese, laLineare ALineare ALineare ALineare A, e la Lineare BLineare BLineare BLineare B.

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Le iscrizioni si trovano su tavolette d’argilla (documenti d’archivio), sigilli, vasi,elementi architettonici e altri supporti, e la loro stesura nasce dalle necessitàconcrete legate all’organizzazione del lavoro, alla registrazione di beni, allacontabilità.Il geroglifico cretesegeroglifico cretesegeroglifico cretesegeroglifico cretese (o minoicominoicominoicominoico), attestato a Creta nel Medio Minoico I e II (2000-1700/1600 circa), è una scrittura di tipo ideografico, allo stato attuale non ancoradecifrata. Se ne contano circa 331 testi tra documenti d’archivio e iscrizioni susigilli.La Lineare ALineare ALineare ALineare A, scrittura sillabica frammista di ideogrammi, così chiamata da Evans peril tracciato lineare e più semplice rispetto al geroglifico cretese e per la suadisposizione orizzontale, è documentata tra il 1700 e il 1450 a.C. a Creta. I testisono 1472, e vi si contano circa un centinaio di segni, alcuni ideogrammi e unsistema numerico decimale. Essa nasce nel periodo dei primi palazzi ma si imponesolamente nel periodo dei secondi palazzi quando sostituisce il geroglifico con cuiera coesistita per secoli; a sua volta, verrà adottata dai micenei che successivamentecreeranno la Lineare B. Sono venuti alla luce, su tavolette d’argilla e altro materiale,più di mille testi di carattere amministrativo e religioso. Si tratta di una lingua nonancora decifrata: tra le ipotesi si ricordano quella degli studiosi Meriggi e Palmer chepensano al luvio e quella di Georgiev che pensa piuttosto al greco o all’ittito. Piùrecente il tentativo di decifrazione avanzato da Consani e Negri.La Lineare BLineare BLineare BLineare B, decifrata nel 1952 dall’architetto inglese Michael Ventris che siavvalse, in un secondo momento, dell’aiuto del glottologo John Chadwick, è unascrittura sillabica che semplifica la Lineare A e testimonia una lingua greca moltoantica, precedente i tempi di Omero. Essa venne utilizzata tra il 1400 e il 1150 a.C.,e si contano circa seimila tavolette scoperte sia nell’isola di Creta sia nella Greciacontinentale, oltre ad iscrizioni dipinte su vasi. I segni sillabici sono circa 90; adessi si aggiungono numerosi ideogrammi e un sistema numerico di tipo decimale.Tra le città che hanno restituito materiale si ricordano Cnosso, Cidonia, Pilo,Micene, Tirinto, Eleusi, Tebe, Orcomeno. Le tavolette di argilla venivano iscrittecon uno stilo e poi lasciate seccare, ed erano successivamente conservate dentro casseo ceste in stanze chiamate ‘uffici d’archivio’. Gli incendi che distrussero gli antichipalazzi favorirono la cottura delle tavolette, che così si sono conservate fino ad oggi.Infatti la conservazione della scrittura dipende anche dal materiale scrittorioInfatti la conservazione della scrittura dipende anche dal materiale scrittorioInfatti la conservazione della scrittura dipende anche dal materiale scrittorioInfatti la conservazione della scrittura dipende anche dal materiale scrittorio;l’argilla, ad esempio, se non viene cotta o bruciata, rimane troppo friabile. La formadelle tavolette può variare: in genere presentano forma di pagina o di foglia e ledimensioni sono tendenzialmente piccole. All’interno del miceneo sono individuabilii sillabogrammi o fonogrammi (cioè segni che rappresentano delle sillabe) e gliideogrammi (cioè segni che esprimono dei concetti).Una attenzione particolare merita inoltre il disco di disco di disco di disco di FestòsFestòsFestòsFestòs. E’ un disco di argilla dicolore rossastro, con un diametro di circa 16 cm. per uno spessore che varia tra 1,5 e2 cm. Esso fu scoperto nel 1908 dall’archeologo italiano Luigi Pernier durante gliscavi all’estremità nord-est del palazzo di Festòs. E’ scritto su entrambe le facce eper ottenere l’iscrizione sono stati utilizzati 45 punzoni che corrispondono ai 45

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segni differenti presenti sul disco. Per la prima volta nella storia sono stati utilizzatidei caratteri mobili (punzoni) per stendere un testo che si presenta così come unantichissimo esemplare di documento a stampa. L’andamento della scrittura èspiraliforme (nella lettura si parte dalla periferia per raggiungere il centro). I segnisono 242; la scrittura sembra di tipo sillabico e la sua origine è presumibilmenteegea. La natura del testo è incerta, e problematica è la sua decifrazione che,nonostante molteplici tentativi, spesso fantasiosi e ingenui, rimane per oraenigmatica.Tra le scritture dell’area egea si ricorda anche il cipro-minoico cipro-minoico cipro-minoico cipro-minoico utilizzato nell’isola diCipro tra la fine del XVI secolo e il 1050 a.C. circa. Questa scrittura sillabica, nonancora decifrata, è testimoniata ad Enkomi, sulla costa orientale di Cipro e sullacosta siriaca, a Ugarit. Dal cipro-minoico è derivato il sillabario cipriota classicosillabario cipriota classicosillabario cipriota classicosillabario cipriota classicoadottato a Cipro tra l’VIII e il VII secolo a.C. e rimasto in vigore fino al III secoloa.C. Tale sillabario conta 56 segni di cui 5 sono vocali; la sua decifrazione è avvenutatra il 1872 e il 1875 per merito di George Smith che si servì di testi bilinguifenicio-ciprioti.

4. La scrittura in Egitto4. La scrittura in Egitto4. La scrittura in Egitto4. La scrittura in EgittoIn Egitto la scrittura nacque in un’epoca grosso modo contemporanea a quella in cuila scrittura cuneiforme si affermò in Mesopotamia (circa 3200 a.C.). Platone nelFedro riferisce la credenza egiziana secondo cui il dio Thot aveva inventato lascrittura e ne aveva fatto poi dono agli uomini.La prima scrittura che troviamo in uso nell’antico Egitto è quella geroglificageroglificageroglificageroglifica. Ladefinizione ‘geroglifici’ (dal greco γrάμματα iεroγλυφικά , cioè ‘lettere sacre incise’)è da attribuire a Clemente di Alessandria (secolo II d.C.), il quale noncomprendendoli, e avendoli visti incisi soprattutto su monumenti di caratterereligioso, erroneamente enfatizzò questo aspetto. In realtà i geroglifici non avevanonulla di sacro e venivano impiegati per scritti di ogni tipo.Essi furono dapprima pittografici o ideografici (cioè rappresentavanosimbolicamente un oggetto o un’idea), successivamente anche fonetici (cioèrappresentavano un suono della lingua parlata).I geroglifici potevano essere letti da destra verso sinistra o dall’alto verso il basso eviceversa, a seconda della collocazione del testo. Per scoprire in qual senso il testodebba essere letto basta osservare la direzione dello sguardo degli esseri viventi(uomini o animali) rappresentati.Tale scrittura però, pur avendo un elevato numero di simboli (se ne conoscono circatremila), aveva una limitata capacità espressiva: non era per esempio possibileesprimere concetti astratti o verbi.Nel tempo la scrittura geroglifica subì delle modificazioni. Durante la III dinastia(inizio del III millennio a.C.) comparve la scrittura ieraticaieraticaieraticaieratica (secondo ClementeAlessandrino “lingua sacerdotale”), uno sviluppo corsivo della precedente, ossia una

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semplificazione dei segni originari con lo scopo di ottenere una maggiore velocitànello scrivere.Essa fu in uso fino alla fine del Nuovo Regno (fine del II millennio a.C.) e venneadoperata per redigere tutti i documenti che riguardavano la vita pubblica e religiosa.Agli inizi si sviluppava su colonne verticali, ma successivamente si passò a unastesura orizzontale, da destra verso sinistra. In epoca tarda lo ieratico fu usato soloper testi religiosi.La forma demoticademoticademoticademotica ebbe origine da un’ulteriore semplificazione della ieratica, con ladifferenza che, anziché semplificare singoli segni, ne venivano abbreviati gruppiinteri che apparivano come un unico segno. Essa è quindi più difficile da leggererispetto al geroglifico e allo ieratico.Il demotico, venne usato dall’epoca della XXVI dinastia (VII secolo a.C.), quando fuintrodotto fino alla fine del periodo romano (IV secolo d.C.). Esso riflettè semprepiù la lingua popolare e fu la scrittura favorita dagli scribi ‘ufficiali’. Proprio perquesto motivo la demotica (dal greco δήμος = popolo) venne identificata con lascrittura popolare.Infine, in età romana, si andò formando la scrittura coptacoptacoptacopta che troviamo in uso dal IIIsecolo Essa altro non era che la trascrizione della lingua egiziana in caratteri greci efu elaborata dagli egiziani di religione cristiana (i copti, appunto). La scrittura coptaera, come quella greca, una scrittura fonetica. Venivano utilizzate infatti le letteredell’alfabeto greco (comprese le vocali che nella lingua scritta egiziana nonesistevano) con l’aggiunta di pochi altri segni derivati dal demotico.L’evoluzione della scrittura copta fu però indipendente da quella dell’alfabeto greco.In particolare, nel IX secolo d.C., lingua e scrittura copta dovettero soccombere difronte a lingua e scrittura araba, pur continuando ad essere ancora in uso (veramenteassai ristretto, particolarmente a partire dal secolo XIII) fino a che dal secolo XVII,non scomparvero completamente come scrittura e lingua vive, rimanendo tuttaviafino ad oggi come espressione ufficiale della Chiesa copta.La lingua e la scrittura greca in EgittoLa lingua e la scrittura greca in EgittoLa lingua e la scrittura greca in EgittoLa lingua e la scrittura greca in EgittoAlmeno dal VII secolo a.C. in Egitto furono note anche la lingua e la scrittura greca,ivi introdotte dai soldati mercenari e dai mercanti (proprio a questo periodo risaleinfatti la fondazione, nel delta del Nilo, di Naukratis, colonia greca di Mileto).Nel 332 a.C., Alessandro Magno conquistò l’Egitto. Dopo la sua morte il paesedivenne un regno indipendente sotto l’autorità di Tolemeo I Sotere e il greco nedivenne la lingua ufficiale.Chi parlava greco restava pur sempre una minoranza, ma con un rilevante pesosociale e politico. Il greco usato era quello della κοινή διάλεκτος, e l’alfabeto era loionico di Mileto che era stato adottato per decreto in Atene nel 404-403 a.C.Dal sec. III a.C. in poi i papiri testimoniano in Egitto la presenza diffusa della linguae della scrittura greca non solo in testi documentari, ma anche letterari. Le formegrafiche in cui il greco si esprime, cioè quelle che noi diciamo maiuscole, risultanoestremamente variate: eleganti forme librarie coesistono con la scrittura ‘svelta’ dei

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testi documentari. Ma accanto al greco, il demotico, insieme allo ieratico, è presenteancora nella documentazione privata della popolazione indigena.Quando, a partire dal 30 a.C., l’Egitto diviene provincia romana, il greco rimane lalingua ufficiale così come per tutte le provincie orientali dell’Impero romano; neilibri, ancora in forma di rotolo, troviamo un greco chiaro ed elegante, leggibileancora oggi da un ‘profano’ che conosca un po’ l’alfabeto greco nella sua formamaiuscola.Tra il III e il IV secolo d.C. il rotolo lascia il posto al codice per i testi letterari,mentre le scritture corsive subiscono l’influsso delle coeve scritture latine e sievolvono rapidamente, ma si potrà parlare di scrittura minuscola solo alcuni secolipiù tardi.Infine, nel VII secolo d.C., il paese viene conquistato dagli arabi e la grecità siestingue in Egitto sotto la pressione di un’arabizzazione sempre più diffusa; ma solonell’VIII secolo l’arabo sostituisce definitivamente il greco: esso scompare anchecome lingua parlata né si trovano più codici scritti in greco.

La collezione di papiri dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano(identificati con la sigla P.Med. = Papyri Mediolanenses) si è costituita, nelNovecento, in periodi diversi: negli anni Venti, con le donazioni Jacovelli-Vita eCastelli, acquisite tramite Aristide Calderini, e successivamente, in acquisto, peropera di Orsolina Montevecchi.Si tratta in tutto di circa un migliaio di pezzi, tutti di provenienza egiziana, per lamaggior parte scritti in greco, e in piccola parte in ieratico e copto. Tra i papiri grecise ne contano una quarantina fra biblici, liturgici, letterari e semiletterari, tutti glialtri sono documentari.In buona parte i papiri sono già stati editi su Aegyptus, rivista italiana di egittologia edi papirologia fondata nel 1920 da Aristide Calderini. I papiri documentari sonostati ripubblicati nei vari volumi del Sammelbuch griechischer Urkunden aus Aegypten.

Alla collezione di papiri si aggiunge altro materiale antico, tutto in lingua grecaproveniente dall'Egitto, e precisamente:

una piccola collezione di ostracatre tabelle lignee scritte in greco, di cui una liturgicacirca duecento bolli d'anforasei iscrizioni greche (esposte nell’atrio della Cripta dell’Aula Magna).

5. Le scritture consonantiche della regione 5. Le scritture consonantiche della regione 5. Le scritture consonantiche della regione 5. Le scritture consonantiche della regione siro-palestinesesiro-palestinesesiro-palestinesesiro-palestineseIl problema dell’origine dei sistemi di scrittura consonantica resta tuttora insoluto.Nel II millennio a.C. nella regione siro-palestinese ci furono diversi tentativi dicreare sistemi di scrittura locali, come la scrittura pseudogeroglifica di Biblo (30km. a nord di Beirut, sulla costa dell’attuale Libano), la scrittura protosinaitica e

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quella delle iscrizioni palestinesi protocananaiche. Tali sistemi erano indipendenti daquelli più antichi mesopotamico ed egiziano, benché questi, e specialmente ilsecondo, abbiano esercitato la loro influenza. L’origine remota del principioconsonantico va cercata in Egitto, ma quanto al luogo e al tempo in cui taleprincipio si affermò nella regione siro-palestinese le opinioni degli studiosi sonodiverse.La scrittura ugaritica fu elaborata e usata nella città di Ugarit (attuale Ras Šamra, inSiria): comprende 28 segni (30 computando le tre ’ălef) ed è di influenzamesopotamica (ovvero segni cuneiformi incisi su tavolette con uno stilo). Essa è lapiù antica fra quelle del II millennio a.C. ad essere stata decifrata ed è prova che ilprincipioprincipioprincipioprincipio consonanticoconsonanticoconsonanticoconsonantico esisteva già nel XIV secolo a.C.Tra le scritture consonantiche semitiche vanno distinte la nord-semitica (la scritturaugaritica e la fenicia, attestata dal XIII secolo a.C., con quelle da essa derivate) e lasud-semitica (i sistemi grafici ‘proto-arabo’ [testimoniato dal VIII-VI secolo a.C.],nord-arabico e sud-arabico [documentati dal IX secolo a.C.]), che presentanodiversità non solo nei simboli grafici, ma anche nell’ordine di successione dei segnidell’‘alfabeto’. L’ordine sud-semitico, testimoniato anche dalla tradizione etiopica, èdiverso da quello ugaritico e fenicio.L’ordine dei segni nord-semitico, che non corrisponde a nessuna logica né foneticané grafica, è stato posto in connessione con un’origine astronomica: essocostituirebbe una specie di ‘calendario’ che ricorda le fasi lunari e rappresenta lasituazione degli astri attorno al 2000/1600 a. C. [i 30 segni dell’‘alfabeto’ugaritico rappresenterebbero l’intero mese lunare (compresa la fase oscura), i 22dell’ ‘alfabeto’ fenicio solo le tre fasi luminose].I nomi delle lettere alfabetiche ci sono conservati dalla tradizione greca, la quale hareso propriamente alfabeticoalfabeticoalfabeticoalfabetico il sistema di scrittura fenicio. Le lingue semitichehanno infatti un sistema fondamentalmente consonantico, mentre il greco e glialfabeti da esso derivati esprimono anche le vocali. Alcune consonanti fenicie, chenon avevano più corrispondenza di suono in greco, sono state utilizzate perrappresentare le vocali: <§lef → alfa; hē’ → e-psilon (= «e semplice»); h°« → ùta; y¹d→ iota; ‘ayin → o-micron («o piccolo»); waw ha dato origine col suono consonanticoal digamma, con quello vocalico alla y-psilon («y semplice», rispetto al dittongo ou).Molte lettere greche hanno nomi semitici: oltre alle già citate, lettere greche chehanno nomi semitici sono beta, theta, kappa, lam(b)da, my, ny, pi, tau, koppa.Anche la direzione della scrittura era originariamente uguale: da destra a sinistra,come è rimasta per i semiti (tranne che nell’etiopica, scrittura di origine sud-arabica)e come è attestata in Grecia in età arcaica. In Grecia poi dal V secolo a.C. divenneusuale la direzione da sinistra a destra, dopo un periodo di transizione in cui fuusata la scrittura «bustrofedica», così chiamata dall’espressione greca che significa«che gira come il bue» quando ara un campo: da destra a sinistra, poi viceversa e cosìdi seguito.Dalla scrittura fenicia sono derivate sia l’ebraica antica, detta paleoebraica(documentata dall’VIII secolo a. C.), sia l’aramaica (attestata dal X secolo a.C.), che

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dalla fine dell’VIII secolo è documentata anche in una forma corsiva (diffusa speciein Assiria). Dalla scrittura aramaica delle cancellerie di età persiana tarda sisviluppano dal III secolo a.C. varie scritture nazionali tra cui ricordiamo: la scritturagiudaica, detta anche ‘ebraica quadrata’ per la forma dei segni (dal III secolo a.C.) ela scrittura siriaca (la forma di nord-siriaca della zona di Edessa, dall’inizio del Isecolo d.C.).

6. Gli alfabeti greci6. Gli alfabeti greci6. Gli alfabeti greci6. Gli alfabeti greciGli alfabeti greci nascono da un adattamento degli alfabeti fenici. Lo storicoErodoto (Historiae, V, 85) racconta che i Fenici, guidati da Cadmo, giunsero inBeozia e qui portarono le lettere (τά γράμματα prima ignote ai Greci. La parentelatra i due alfabeti risulta evidente dalla forma dei segni, dalla loro successione, dainomi delle lettere (in fenicio aleph, beth, gimel, delth…; in greco alpha, beta, gamma,delta…), dalla direzione della scrittura che, nelle prime iscrizioni, scorreva da destra asinistra. Merito dei Greci fu aver introdotto le vocali nell’alfabeto fenicio che, invece,possedeva solamente le consonanti. Le 22 lettere dell’alfabeto fenicio trovanoriscontro negli alfabetari greci: delle 4 sibilanti i Greci ne utilizzarono solo due, lozayin per la zeta, sade o sin, per il sigma; il segno fenicio het venne usato ora comeaspirata ora come eta a seconda delle località.E’ difficile determinare con esattezza dove e quando sia avvenuta l’’invenzione’dell’alfabeto greco. Per la localizzazione, alcuni hanno proposto i nomi di Rodi,Tera, Creta, Cipro; bisogna comunque pensare ad un luogo di facile incontro traOriente e Occidente. Per la datazione è plausibile pensare agli inizi del IX secoloa.C. quando furono particolarmente intensi i rapporti commerciali e culturali tra iGreci e i popoli del Mediterraneo orientale. Le più antiche iscrizioni risalgono allaprima metà dell’VIII secolo a.C. Si pensi alla famosa iscrizione graffita sulla ‘coppadi Nestore’ proveniente dall’antica Pithekussa; nella Grecia continentale la più anticaiscrizione è databile al 730 a.C. circa: si tratta di un testo graffito su una piccolabrocca rinvenuta nella necropoli ateniese del Dipylon. Gradualmente, con il passaredel tempo, si produssero degli adattamenti che portarono alla creazione di diversialfabeti locali in cui si verificò la tendenza a invertire, elaborare, modificare i segnioriginari. Prevalse poi l’alfabeto usato a Mileto che prevedeva la distinzione tra suonilunghi e brevi ( η/ω; ε/ο). Questo alfabeto, detto milesio, venne adottato ad Atene nel403 a.C. sotto l’arconte Euclide e, a partire dal IV secolo a.C., divenne l’alfabetod’uso comune in tutta la Grecia. Con il periodo ellenistico-romano si affermò unakoiné linguistica basata sullo ionico-attico a cui corrispose una koiné di scritturaepigrafica in cui le forme delle lettere tesero ad omogeneizzarsi sempre di più.A completamento dell’alfabeto fenicio i Greci introdussero anche appositi segni perindicare tre consonanti aspirate (la dentale th, la gutturale kh, la labiale ph) e i nessiconsonantici ks e ps. Sulla base del loro valore fonetico lo studioso AdolphKirchhoff nel 1877, nell’opera Studien zur Geschichte des griechischen Alphabets, distinse duegruppi alfabetici, quello occidentale e quello orientale. Su una cartina geograficasegnò in azzurro gli alfabeti di tipo orientale, in rosso gli alfabeti di tipo occidentale.

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Gli alfabeti in cui tali segni complementari non erano attestati sono evidenziati inverde. Alla luce delle acquisizioni più recenti la classificazione di Kirchhoff, purrimanendo valida nella sua impostazione, necessita di qualche correttivo.Le lettere dell’alfabeto erano impiegate anche per esprimere i numeri e, conmodificazioni, anche per indicare le note musicali. La direzione della scrittura sipresenta o come retrograda (da destra a sinistra) o come bustrofedica (da destra asinistra, da sinistra a destra e viceversa) o come progressiva (da sinistra a destra).Con il tempo si adottarono anche differenti mode grafiche in relazione alla varietàdei supporti scrittori. Si passò da una scrittura di tipo monumentale su pietra ascritture di tipo onciale, corsivo, minuscolo. Le scritture geometriche, armoniose eregolari dell’Atene del V sec. a.C, sul finire del IV sec. a.C., assunsero un aspettocaratterizzato dal rimpicciolimento delle lettere e dall’incurvamento delle linee rette.Nel III sec. a.C. si svilupparono anche le apicature e comparvero le lettere lunate. Inetà romana, intorno al III sec. d.C., sono attestate le lettere quadrate; in età imperialesi nota anche un caratteristico allungamento verso l’alto dei tratti obliqui dellelettere. I tratti linguistici ed epigrafici, un tempo molto più diversificati a secondadelle peculiarità locali, tesero ormai nel periodo ellenistico-romano a standardizzarsisecondo norme più generali e comuni.

7. La risoluzione delle scritture misteriose: i “decifratori”7. La risoluzione delle scritture misteriose: i “decifratori”7. La risoluzione delle scritture misteriose: i “decifratori”7. La risoluzione delle scritture misteriose: i “decifratori”I geroglifici egiziani, la scrittura cuneiforme e la lineare cretese non avrebbero mairivelato i loro segreti senza l’accanita pazienza di alcuni appassionati ricercatori.Decifratori dell’incomprensibile, cacciatori di tesori oscuri, essi sono riusciti astrappare alle tenebre importanti documenti della nostra memoria.Champollion e i geroglificiChampollion e i geroglificiChampollion e i geroglificiChampollion e i geroglificiJean-François Champollion (1790-1832), studioso di lingue orientali e professoredi storia, è il fondatore dell’egittologia moderna. Egli aveva un grande desiderio nellasua vita: decifrare i geroglifici. Per riuscire nella sua impresa studiò l’ebraico, ilpersiano, il siriaco, il cinese ed il copto. E i suoi sforzi non furono vani. A Parigiebbe occasione di vedere una copia della ‘Stele di Rosetta’. Si tratta di una spessapietra in basalto di colore nero sulla quale è riportato un decreto del sovranoTolemeo V Epifane del 196 a.C. scritto in tre differenti lingue: geroglifico,demotico e greco. Rinvenuta a Rashid (Rosetta) durante la campagna napoleonica inEgitto del 1799, la stele è oggi conservata presso il British Museum di Londra.Champollion dunque, nel 1808, studiò a lungo la copia che era conservata a Parigi.Partì dall’osservazione dei due cartigli (sorta di piccole cornici che contenevanonormalmente i nomi dei sovrani) e vide che i due nomi che in essi comparivano,Tolomeo e Cleopatra, erano presenti anche nel testo greco. Fino ad allora però sicredeva che i geroglifici fossero ideogrammi, cioè che esprimessero un concetto.Mettendo a confronto il testo greco con quello geroglifico Champollion contò ilnumero di parole contenute nel testo greco e il numero di geroglifici e notò che

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questi ultimi quantitativamente superavano i termini greci. E proprio da questo egliintuì che ciascun geroglifico doveva avere in realtà un valore fonetico, alfabetico osillabico (corrispondente cioè ad una singola lettera o ad una sillaba).E questo fu il punto di partenza.Con un paziente lavoro di osservazione e di confronto egli giunse ad abbinare ognilettera o sillaba ad un geroglifico.La brillante intuizione di Champollion fu dunque che ogni geroglifico non fosse inrealtà la rappresentazione di una immagine, ma quella di un suono. Si svelava cosìuno dei più grandi misteri della storia della scrittura.La decifrazione del cuneiformeLa decifrazione del cuneiformeLa decifrazione del cuneiformeLa decifrazione del cuneiformeFin dal Medioevo, la Terra Santa fu meta di pellegrinaggi di coraggiosi viaggiatoricristiani che si avventuravano in quelle misteriose terre con il solo intento di visitarei luoghi sacri; ciò che si trovava al di là di essi e del deserto siro-palestinese, nonsuscitava ancora alcun interesse. Sarà Pietro della VallePietro della VallePietro della VallePietro della Valle, nel 1614, il primo aintraprendere un viaggio attraverso la Mesopotamia e la Persia e a rinvenire levestigia di antichissime civiltà. Fu così che s’imbatté in una misteriosa scritturadiffusa un po’ ovunque su monumenti, mattoni e mura; nei pressi di Persepoli, copiòtre serie di “strani segni” che, successivamente, inviò a un caro amico napoletano: erail 21 ottobre del 1621 e i primi caratteri cuneiformicaratteri cuneiformicaratteri cuneiformicaratteri cuneiformi avevano raggiunto l’Europa.La decifrazione dell’antico persianoLa decifrazione dell’antico persianoLa decifrazione dell’antico persianoLa decifrazione dell’antico persianoDa quel momento in poi, copie e pubblicazioni di iscrizioni, molte trilingue, sisusseguirono per circa un secolo e mezzo, senza che ci fossero, oltre alla ormaicopiosa quantità di materiale epigrafico, significativi passi avanti nell’attribuzione onella comprensione delle epigrafi.Un primo prezioso contributo venne da C.C.C.C. NiebuhrNiebuhrNiebuhrNiebuhr: egli riconobbe, nelle iscrizionida lui copiate in Persia, tre diversi tipi di scrittura cuneiforme che corrispondevano atre diverse lingue: l’antico persiano, nel quale individuò 42 caratteri “alfabetici”, quindil’elamita e, il più difficile, composto da un elevato numero di segni, quello che saràdefinito in seguito il babilonese. Successivamente, F. F. F. F. MünterMünterMünterMünter scoprì che il cuneoobliquo nelle iscrizioni persiane aveva la funzione di separare le parole e ipotizzò,inoltre, che le iscrizioni persiane appartenessero alla dinastia degli Achemenidi.Di qui, prese avvio la ricerca del tedesco G. F. G. F. G. F. G. F. GrotefendGrotefendGrotefendGrotefend, a cui si deve la prima,seppur parziale, decifrazione del cuneiforme. Convinto della parentela tra l’anticopersiano e la lingua dell’Avesta - la raccolta di testi sacri della religione zoroastricapersiana - ne confrontò i nomi propri, utilizzando anche le fonti greche, poiché esseriportavano l’esatta successione dei re achemenidi. Riuscì così a isolare 15 caratterialfabetici, di cui 11 si rivelarono in seguito esatti. Era il 1803, ma i tempi non eranoancora maturi: lo scetticismo e l’indifferenza del mondo accademico resero vani tuttii suoi sforzi e la sua scoperta fu presto dimenticata.Il 1835 è un anno decisivo per la decifrazione dell’antico persiano: H. C. H. C. H. C. H. C. RawlinsonRawlinsonRawlinsonRawlinson,ufficiale dell’Armata delle Indie, scopre a Behistun un’iscrizione trilingue diragguardevoli dimensioni: la prima scrittura conta più di quattrocento righe, le altre

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due ne contengono un numero proporzionalmente più elevato. Si tratta di un testocommemorativo che annovera le vittorie del grande re persiano Dario I e, come tuttele iscrizioni di questa tipologia, essa contiene numerosi nomi di persona e un certonumero di toponimi, per buona parte allora già noti, che consentirono allo studiosodi isolare tutti i 42 segni di cui si compone l’antico persianoantico persianoantico persianoantico persiano e di completare così ladecifrazione della prima lingua. Soltanto allora, con la decifrazione della primascrittura, gli studiosi furono in grado di affrontare le altre due iscrizioni.La decifrazione La decifrazione La decifrazione La decifrazione dell’elamitadell’elamitadell’elamitadell’elamitaDalla comparazione col persiano antico, appare subito chiaro che la seconda scritturaha una struttura sillabica, formata da sillabe semplici o complesse, da ideogrammi.Ma la difficoltà maggiore è dovuta al fatto che non esistono lingue a cui si possacomparare questa seconda scrittura, che verrà definita elamita dal nome della regione,Elam (regione a ovest del corso inferiore del Tigri, chiamata Susiana dai Romani),in cui era in uso. Grazie ai fortunati scavi a Susa, fu possibile avere a disposizioneuna copiosa documentazione in elamita che consentì l’identificazione di 111 segni.Si deve all’inglese E. E. E. E. NorrisNorrisNorrisNorris la redazione della seconda colonna e la decifrazionedell’iscrizione di Behistun.La decifrazione del babiloneseLa decifrazione del babiloneseLa decifrazione del babiloneseLa decifrazione del babiloneseLa terza colonna annovera un numero impressionante di caratteri, se ne contanocirca cinquecento. Di una cosa, tuttavia, si era consapevoli: si trattava della scritturadei Babilonesi e degli Assiri. La difficoltà che i decifratori incontrarono fu dovutasoprattutto alla complessità della lingua, che non aveva pari e non poteva essereconfrontata con nessun’altra lingua conosciuta. P. E. BottaP. E. BottaP. E. BottaP. E. Botta e A. H. A. H. A. H. A. H. LayardLayardLayardLayard, nelfrattempo, avevano riportato alla luce le città di Ninive, Khorsabad e Nimrud e quiavevano rinvenuto un’ingente quantità di materiale epigrafico con caratteristiche, senon uguali, molto simili alla terza scrittura, e questo suscitò un grande interessenell’ambiente scientifico.Spetta tuttavia a E. E. E. E. HincksHincksHincksHincks il merito di aver intuito la struttura complessa di questascrittura. A causa dell’alto numero di segni non poteva trattarsi di una scritturaalfabetica né tantomeno puramente sillabica, ma nessuno avrebbe mai potutoimmaginare che in essa potessero coesistere sistemi diversi, perfettamente integratiin una scrittura che mescola a sillabe semplici o complesse (sillabogrammi),logogrammi. Così, ad esempio, il segno UD può avere valore fonetico: ud, ut, tu2,tam, par, pir, lah, lih, hiš, o logografico ud = sole, giorno; babbar = bianco, brillante;zalag = puro. Se uno stesso segno (come nel primo caso) può avere valori foneticidiversi (polifonia) è anche possibile che segni diversi abbiano lo stesso suono(omofonia): così il suono GU può essere espresso da segni diversi. Inoltre, esisteun’altra categoria di segni, detti determinativi, che, anteposti o posposti a unaparola, ne indicano la categoria di appartenenza (sesso, divinità, toponimi, piante,materiale).Si può immaginare lo sconcerto nel mondo accademico e anche lo scetticismonell’accogliere queste “ipotesi”. Occorreva una dimostrazione inconfutabile e la

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fortuna volle che, nel 1857, quattro valenti ricercatori si trovasserocontemporaneamente a Londra: si trattava di H. C. H. C. H. C. H. C. RawlinsonRawlinsonRawlinsonRawlinson, E. E. E. E. Hincks, J. Hincks, J. Hincks, J. Hincks, J. OppertOppertOppertOpperte F. e F. e F. e F. Talbot. Talbot. Talbot. Talbot. Essi ricevettero l’incarico da parte della Royal Asiatic Society didecifrare, lavorando separatamente, un’iscrizione del re assiro Tiglatpileser I,rinvenuta nell’antica città di Assur. Quando ciascuno dei quattro studiosi, alcunimesi dopo, presentò alla Royal Asiatic Society la propria traduzione, fu subitoevidente la convergenza delle interpretazioni: nessuno, ora, avrebbe più potutoconfutare la scientificità del metodo d’indagine adottato. Una nuova scienza eranata: l’assiriologiaassiriologiaassiriologiaassiriologia.Ventris e la sfida della Lineare BVentris e la sfida della Lineare BVentris e la sfida della Lineare BVentris e la sfida della Lineare BAnche a Creta le scritture lanciarono la loro sfida ai decifratori.In particolare la Lineare B, dopo molti anni di ricerca, venne definitivamente‘decifrata’ nel 1952 da Michael Ventris e John Chadwick come una forma arcaica digreco (decifrazione di grande valore scientifico perché ottenuta senza l'aiuto di testiparalleli, come per esempio, nel caso della stele di Rosetta). Ventris, aviatorenell’ultima guerra mondiale, si era già occupato di criptoalfabeti. Ventris affrontò illavoro seguendo questa tecnica: iniziò col calcolo statistico delle percentuali deisegni, giungendo alla conclusione che si trattava di una lingua flessiva. Dopo averindividuato il segno più ricorrente nelle tavolette, lo associò alla lettera piùfrequente in inglese (ma anche in italiano), la eeee; passò quindi al segno successivo, ecosì via. Il computo della frequenza di un simbolo grafico fu proprio il fondamentodella decifrazione. A questo punto a Ventris non restava che provare a leggere nelleiscrizioni della Lineare B qualche vocabolo. Da dove cominciare se non dai toponimi?Decifrò allora, nelle tavolette di argilla, A-mi-ni-so, e di lì a poco anche Ko-no-so, ossiaCnosso, la residenza del mitico re Minosse.Ma ad un certo punto della sua avventura lo studioso ebbe necessità dellacollaborazione di uno specialista, e il caso volle che fosse un giovane studioso didialetti greci, John Chadwick, il quale in seguito sarebbe diventato il principaleesegeta della Lineare B.Ventris morì in un incidente stradale la notte del 6 settembre 1956, nei sobborghidi Londra, a soli trentaquattro anni. Il suo amico e compagno di lavoro, JohnChadwick ha riassunto in poche parole il genio speciale di Ventris (che è poi quellodi ogni decifratore): “Michael era capace di intuire nella frastornante diversità deisegni di quella scrittura, gli schemi e le costanti che rivelavano la sua strutturanascosta. E’ questa qualità, il dono di cogliere l’ordine sotto le apparenze dellaconfusione, a rivelarsi il tratto distintivo dei grandi uomini in tutto quello che essihanno prodotto”.

8. I supporti scrittori dell’Antichità8. I supporti scrittori dell’Antichità8. I supporti scrittori dell’Antichità8. I supporti scrittori dell’AntichitàIl papiroIl papiroIl papiroIl papiroMolto usato in Egitto, esso veniva preparato tagliando sottili strisce dal midollofibroso di una canna che cresceva spontaneamente nel delta del Nilo: due strati di

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strisce, l’uno sovrapposto all’altro ad angolo retto, venivano compressi insieme performare i fogli, che potevano poi essere incollati insieme in una lunga fila performare un rotolo. Chi leggeva lo doveva svolgere gradualmente, usando una manoper tenere la parte che aveva già visto, arrotolandola durante la lettura; il risultato erache, al termine della visione, la spirale risultava capovolta e chi avesse voluto leggerenuovamente il testo avrebbe dovuto srotolare di nuovo l’intero volume.Si facevano fogli di diverse misure, ma in media un libro accoglieva una colonna ditesto alta tra i venti e i venticinque centimetri, con un numero di linee di scritturavariabile tra venticinque e quarantacinque. Il testo classico che riporta la tecnica difabbricazione della carta di papiro è quello di Plinio (secolo I d.C.), Naturalis historia,(XIII, 74-77; 81-82).Gli Gli Gli Gli ostracaostracaostracaostracaUn materiale scrittorio accessibile a tutti e perciò molto usato nel mondo antico,sono gli ostraca: cocci di vasi di terracotta, raccolti tra i rifiuti e scritti nella parteconvessa. Si adoperavano per scritture di ogni genere, ma è particolarmente notol’uso che se ne faceva in Atene, per l’istituzione chiamata appunto ‘ostracismo’, unasentenza di esilio decennale contro i cittadini ritenuti pericolosi per l’equilibriointerno della vita dello Stato.Il nome della persona da ‘ostracizzare’, seguito dalla parola ‘via’ e talora anche dainsulti, veniva scritto appunto su cocci di vaso che venivano poi depositati arovescio per garantire la segretezza del voto.Le tavolette cerateLe tavolette cerateLe tavolette cerateLe tavolette cerateEsse vennero impiegate inizialmente in ambito greco per scrivere testi correnti epresentano molto spesso gli stessi caratteri grafici dei papiri, cosicché sonougualmente oggetto dell’epigrafia e della papirologia dal punto di vista scrittorio. Nesono rimaste un discreto numero, provenienti da molte parti del mondo greco-romano.Ogni tavoletta lignea presenta una faccia perfettamente liscia e l’altra delimitata dauna cornice; lo spazio rettangolare compreso all’interno di questa è di spessoreminore ed è ricoperto di cera molto dura sulla quale si scrive incidendo i segni conuno stilo di metallo appuntito a una estremità, piatto, a spatola, dall’altra, percancellare eventuali errori di scrittura. Due (o più) tavolette vengono accostatefacendo combaciare i bordi rilevati, in modo che le due facce cerate rimanganoall’interno senza toccarsi.Le etichette ligneeLe etichette ligneeLe etichette ligneeLe etichette ligneeServivano a contrassegnare le mummie. Esse recavano il nome, la paternità, lamaternità, il luogo di provenienza del defunto, il suo mestiere. Talora esse hannotesti più lunghi: portano le date di nascita e di morte, ed espressioni religiose, o diricordo, o di affetto, e simili: sono, per la povera gente, un surrogato economicodell’iscrizione funebre.

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Le moneteLe moneteLe moneteLe monetePur non potendo essere considerate “materiale scrittorio” nel senso pieno dellaparola, anche le monete presentano generalmente una parte epigrafica, alla quale èaffidato innanzitutto il rilevante compito di dichiarare l’autorità emittente. Lemonete greche la enunciano al genitivo plurale (per es. “degli Ateniesi”),sottintendendo dunque una parola come “moneta”. L’uso del genitivo singolare èpresente sulle monete dei sovrani ellenistici, sulle quali, dopo la morte di AlessandroMagno, l’autorità emittente viene espressa anche grazie al ritratto. La monetazioneromana repubblicana, oltre all’indicazione “ROMA”, specifica anche il nome deimagistrati addetti all’emissione delle monete; in età imperiale, invece, il Dirittoriporta il nome e le cariche ricoperte dall’imperatore (per es. Console, PonteficeMassimo), mentre la scritta del Rovescio commenta il soggetto raffigurato. A questolato è spesso demandato il ruolo di amplificare aspetti dell’ideologia del potere,celebrando le virtù e le imprese dell’imperatore. Sulle monete medievali la parteepigrafica può sovrabbondare quella figurata, limitata talora ad una croce. Le scrittepossono anche indicare il valore delle monete, tramite un nominale (per es. “X” peril denario romano che valeva 10 assi) e, dal XIV secolo, anche tramite il nome stessodella moneta. Fin dal III secolo d.C. può inoltre essere segnalato il nome della cittàsede della zecca. L’indicazione dell’anno di emissione è invece sporadica nel mondoantico. La consuetudine di datare le monete in base al calendario dell’era cristiana sidiffonde in Europa solo dal XVI secolo in poi.Queste funzioni si mantengono nel sistema dell’Euro: così il pezzo del valore di 1Euro coniato in Italia, reca sul Diritto il valore della moneta e sul Rovescio, ai latidell’“Uomo di Leonardo”, la lettera “R”, iniziale della zecca di Roma, e l’anno diemissione. Diversamente dall’Italia, alcuni Stati come la Spagna e l’Olanda, indicanoanche il nome della nazione.I bolliI bolliI bolliI bolliFirme, sigle, frasi, contrassegni, numeri o scolpiti o graffiti o impressi sulle piùdisparate categorie di oggetti, di tutti i materiali possibili e per i più svariati usi dellavita privata, caratterizzano la vasta classe di suppellettili nota con il nome diinstrumentum domesticum. Alcune scritte sono relative alla funzione dell’oggetto (pesi,stadere, tessere alimentari, teatrali, sigilli, anelli, anfore, ecc.), altre recano il nomedel possessore o frasi (augurali, scherzose, ingiuriose), altre ancora contengono ilnome del fabbricante. Ci troviamo in questo caso di fronte a un marchio di fabbrica,la cui validità giuridica è dimostrata dall’interesse della giurisprudenza nella tuteladei marchi e nella lotta contro la concorrenza sleale. Il nome del proprietario dellacava (figlina) o della fabbrica (officina), il nome del gerente, talora combinato conquello dell’operaio sottoposto, garantiva la qualità del prodotto, la sua provenienza econsente oggi agli studiosi di comprendere il sistema organizzativo dell’impresa nelmondo antico.

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Le epigrafiLe epigrafiLe epigrafiLe epigrafiLe epigrafi (in latino tituli) sono iscrizioni (incise, graffite o dipinte) di varialunghezza e contenuto realizzate su materiale di supporto duro (pietra, marmo,bronzo, piombo, terracotta, ecc.) scelto a seconda dell’uso al quale era destinato oper garantire la durata del testo o documento inciso. Tuttavia, in molti casi, levicende delle iscrizioni smentirono le previsioni: ad esempio, il bronzo, utilizzatosoprattutto per conservare i documenti ufficiali, venne fuso in età tardoantica dallepopolazioni barbariche per altri usi pratici. Il materiale più usato era la pietra e, perle iscrizioni di maggior pregio, il marmo, mentre per l’uso più comune (instrumentumdomesticum) si ricorreva a materiali economici e correnti come la terracotta e il ferro.L’uso delle iscrizioni, per la loro stessa natura, era ampiamente diffuso in moltisettori della vita pubblica e privata del mondo antico, soprattuto greco e romano: inbase al loro contenuto esse si distinguono in funerarie (la stragrande maggioranza),sacre ed ex-voto (per onorare le divinità o ringraziarle per benefici ricevuti), onorarie(ad esempio, gli elogia di generali ed uomini di stato e le iscrizioni imperiali romane)militari (contenenti indicazioni sui movimenti delle legioni, , , , la provenienza deimilitari), ecc.La diffusione dell’epigrafia nel mondo antico è subordinata alla disponibilità o menodi materiale scrittorio appropriato e rispecchia l’evoluzione sociale e politica: adesempio, le leggi scritte, incise su pietra o bronzo, ed esposte pubblicamentegarantivano una oggettività nella loro applicazione. Ai testi epigrafici si facevaricorso anche per ragioni propagandistiche e politiche (un caso particolare sono lepitture parietali di Pompei) o di comunicazione individuale.Spesso inserita in contesti monumentali, l’iscrizione era un modo di raggiungereincisivamente un pubblico ampio, di perpetuare la propria memoria o di testimoniarel’adesione a fedi religiose. In questo ultimo caso si faceva spesso ricorso a formule oespressioni e a simboli iconografici che indicavano il proprio credo (per i Cristiani,ad es., la colomba, la palma, il pesce).L’imponenza del numero di iscrizioni rimaste (solo in ambito romano esseammontano ad oltre 300.000) indica l’importanza che esse hanno assunto per laricostruzione storica del mondo antico.

9. Le scritture della Scrittura9. Le scritture della Scrittura9. Le scritture della Scrittura9. Le scritture della ScritturaLa Bibbia ebraica è stata tramandata in due lingue: la maggior parte in ebraico ealcune sezioni in aramaico (Daniele 2,4 - 7,28; Esdra 4,8 - 6,18; 7,12-26 e unversetto di Geremia 10,11). Nella Bibbia cristiana, ovvero Primo o AnticoTestamento, ci sono libri e aggiunte che non fanno parte delle scritture ebraiche, maprovengono dal giudaismo di lingua greca, e sono inclusi nella Bibbia detta dei LXX(dal numero leggendario e simbolico dei traduttori). Alcuni di questi libri (Sapienza,2Maccabei e alcune ‘aggiunte’ ai libri di Ester e di Daniele) sono stati compostidirettamente in greco, altri (Tobia, Giuditta, Baruc, 1Maccabei) ci sono pervenuti ingreco, ma il testo originale era in lingua semitica (ebraico o aramaico). Il Siracide (o

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Ecclesiastico), di cui ci è giunta interamente solo la versione greca, fu scritto in ebraicoe una buona parte di tale testo è stata rinvenuta nella Genîzâ di una sinagoga delCairo (1896 e 1931); altri frammenti sono stati trovati poi a Qumrân (nel 1955) ea Masada (nel 1964), nel deserto di Giuda.Fra i testimoni del testo biblico ebraico/aramaico che ci sono pervenuti,distinguiamo i diretti, cioè i manoscritti in lingua originale che riproducono parti estese ditesto, e gli indiretti, cioè le antiche versioni (soprattutto in greco, latino, aramaico,siriaco, copto, armeno, georgiano, etiopico, arabo), che ci danno il testo intero tradotto ele citazioni (ovvero parti brevi di testo in lingua originale). I manoscritti della Bibbiaebraica sono per la maggior parte di epoca medievale (dal IX secolo d.C.) epresentano il testo, anche vocalizzato, in scrittura ‘quadrata’. Le grotte di Qumrân(specie la 1 e la 4) ci hanno restituito manoscritti biblici databili sin dal II secoloa.C. e il I d.C. sia in scrittura paleoebraica (libri del Pentateuco) sia in scrittura‘quadrata’ (di tutti i libri biblici tranne Ester), ma del solo testo consonantico [edella versione greca più antica, detta dei LXX, iniziata nella I metà del III sec. a. C.].Molte varianti testuali sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento sono sorte a causadella confusione fra lettere paleograficamente simili. Altre varianti traggono originedal fatto che sia in greco sia in ebraico/aramaico le lettere hanno anche valorenumerico.

10. La scrittura araba10. La scrittura araba10. La scrittura araba10. La scrittura arabaIscrizioni in caratteri nabateni e sudarabici risalenti al III secolo della nostra erasono le prime attestazioni scritte della lingua araba, il cui più antico vero e propriodocumento è l’epigrafe funeraria del leggendario re-poeta Imru’ l-Qays (328 d.C.).Dopo l’avvento dell’Islam, nel VII secolo d.C., la lingua araba ha conosciutoun’enorme diffusione e il suo alfabeto si è imposto anche presso popolazioni cheparlavano lingue di ceppo diverso, come il persiano e il turco ottomano, di modo chei caratteri arabi sono quelli più utilizzati al mondo, subito dopo quelli latini.Le forme di base di tali caratteri erano in origine solo 18, ma l’introduzione deipunti diacritici ha generato 28 segni alfabetici differenti, ciascuno dei quali puòassumere fino a 4 forme diverse a seconda della posizione che occupa rispetto adaltri caratteri (iniziale, mediana o finale all’interno di una parola, oppure isolata). Lascrittura procede da destra a sinistra e nei testi comuni solitamente non riporta levocali che non sono lettere, ma segni esterni al corpo della parola. Ciò rende difficilela lettura a chi non conosca il lessico e la grammatica, tant’è vero che un celebredetto arabo afferma: “Bisogna che tu capisca per leggere e che tu legga per capire”.Il divieto di raffigurare esseri animati ha indotto l’arte musulmana a svilupparemotivi ornamentali geometrici o floreali, ma la scrittura stessa è spesso utilizzata almedesimo scopo dando vita a una mirabile varietà di stili calligrafici che sidistinguono per raffinatezza ed eleganza.

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11. Il mistero etrusco11. Il mistero etrusco11. Il mistero etrusco11. Il mistero etruscoArtefici di una delle più ricche civiltà dei tempi antichi, gli Etruschi furono le primegenti italiche ad adottare l’alfabeto greco, che comprendeva 22 segni dell’alfabetofenicio più quattro segni propri dei greci. La più antica attestazione è l’alfabetario diMarsiliana, che risale al 700 a.C. Si tratta di una tavoletta d’avorio che porta incisosul contorno un alfabeto completo, modello di scuola ma anche, probabilmente,oggetto votivo. Gli Etruschi conservarono la serie alfabetica greca completa solonegli alfabetari; nell’uso testuale invece essi adattarono l’alfabeto alle specificità dellaloro lingua, abbandonando alcuni segni sentiti inutili per la fonetica dell’etrusco:segni per indicare tre consonanti sonore <b, d, g> e quello per la vocale <o>. Unacaratteristica della scrittura etrusca è l’alternanza complementare di <k> davanti a<a>, <c> davanti a <i, e> e <q> davanti a <u>.A partire dal VI secolo l’alfabeto etrusco si diffuse in tutta l’Etruria propriamentedetta, e poi a nord di essa e a sud, nell’Etruria campana, con varianti locali. Sappiamoche l’insegnamento della scrittura era praticato soprattutto presso i santuari, comePyrgi o Veii.Gli Etruschi ci hanno lasciato nelle loro tombe splendide pitture e sculture. Sonostate inoltre ritrovate circa 10.000 iscrizioni che si differenziano a seconda dellelocalità. La lingua degli Etruschi continua tuttora a rimanere un mistero, vale a direche può essere letta, ma non ancora interpretata; in pratica si conoscono i suoni deisegni alfabetici, quindi si possono ipotizzare le pronunce delle parole, ma spesso sene ignorano i significati. I re etruschi regnarono su Roma fino al V secolo a.C.,quando furono cacciati dalle popolazioni che vivevano nel Lazio. Con laromanizzazione scompare definitivamente anche la scrittura etrusca.

12. Scritture e lingue dell’Italia antica12. Scritture e lingue dell’Italia antica12. Scritture e lingue dell’Italia antica12. Scritture e lingue dell’Italia anticaLe lingue dell’Italia antica presentano sistemi di scrittura derivanti dall’etrusco, dalgreco e, in seguito all’espansionismo romano, dal latino.Tra il Piemonte orientale, la Lombardia, il Canton Ticino meridionale e la Liguriaera parlato il leponzioleponzioleponzioleponzio. Iscrizioni leponzie sono state trovate nella Val d’Ossola, nellezone del Lago di Como, di Lugano, Maggiore e d’Orta. Si tratta di circa unaottantina di testi che, in prevalenza, contengono nomi propri. La scrittura è diderivazione etrusca; l’iscrizione più lunga sembra essere quella di Prestino, pressoComo. Il gallico gallico gallico gallico era parlato in Piemonte, Lombardia ed Emilia. Un’iscrizione gallica,con alfabeto di derivazione etrusca, è stata trovata a Briona (Novara); una bilinguegallico-latina, della seconda metà del II secolo a.C., a Todi. Nel Tirolosettentrionale, nelle valli delle Dolomiti, a Verona, Padova e Sondrio è documentato,con un alfabeto di derivazione etrusca, il retico. retico. retico. retico. A parte sono considerate leiscrizioni della Val Camonica, in prevalenza graffiti rupestri, che costituiscono ilcamunocamunocamunocamuno. Ben documentato è il veneticoveneticoveneticovenetico con documenti da Este, Padova, Vicenza,Treviso, Oderzo, Agordine, Làgale (Cadore), Gurina (Carnia), Belluno. E’ adottatauna scrittura dalla forma documentata da iscrizioni funerarie e votive (molte

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provengono dal santuario della dea Reitia). L’alfabeto è di tipo etrusco, singolarel’interpunzione sillabica. Tra il VII secolo a.C. e il II a.C. è documentato il faliscofaliscofaliscofaliscocon iscrizioni da Civita Castellana e da Falerii Novi. Con circa 300 testi, databili trala fine del VI secolo a.C. e il I secolo a.C., è testimoniato il messapicomessapicomessapicomessapico, diffuso nellapenisola salentina (Lecce, Brindisi, Taranto). L’andamento di scrittura è destrorso(da sinistra verso destra), le parole in genere non sono separate. L’alfabeto, nei suoitratti principali, è derivato da quello greco. Il picenopicenopicenopiceno, con alfabeto di derivazioneetrusca, è conosciuto nella sua variante settentrionale con un’iscrizione scoperta aNovilara e con frammenti da Pesaro e Fano e nella sua variante meridionale con testicompresi in una zona tra le antiche regioni del Piceno e del Sannio. L’umbroumbroumbroumbro,realizzato in alfabeto epicorico derivato dall’etrusco e dal latino, è documentato dasette tavole di bronzo trovate nel 1444 a Gubbio, l’antica Iguvium (da qui, tavoleiguvine), scritte su entrambi i lati. Databili intorno alla seconda metà del II secoloa.C., scritte con caratteri epicorici o latini, costituiscono il più importante testorituale dell’antichità classica. L’osco osco osco osco è redatto in tre alfabeti (greco, latino, epicoricoderivato dall’etrusco) e copre un vasto territorio che va dall’Abruzzo fino a Messina.Sono attestati anche dialetti minori: tra di essi si ricordano quello dei PeligniPeligniPeligniPeligni, deiMarrucinMarrucinMarrucinMarrucini, dei VestiniVestiniVestiniVestini, dei VolsciVolsciVolsciVolsci, dei MarsiMarsiMarsiMarsi, dei SabiniSabiniSabiniSabini. In Sicilia sono attestati, conscrittura di tipo greco occidentale, il siculo siculo siculo siculo e l’elimoelimoelimoelimo.

13. La scrittura nel mondo germanico13. La scrittura nel mondo germanico13. La scrittura nel mondo germanico13. La scrittura nel mondo germanico

La scrittura runicaLa scrittura runicaLa scrittura runicaLa scrittura runicaLa prima scrittura utilizzata nel mondo germanico è la scrittura runica, di tipoalfabetico e di uso epigrafico, attestata dalla fine del II o inizio del III secolo d.C.L’alfabeto runico germanico è detto fuþark dalle prime sei lettere che lo compongono;i segni sono 24 e la loro successione è diversa da quella di tutti gli altri alfabeti. Ilfuþark antico è utilizzato dal 200 al 700 circa presso tutte le popolazioni germaniche.La forma originaria delle rune, suddivisa in tre gruppi di otto era la seguente:fuþarkgw hnijïpRs tbemlŋod. La sequenza in settizsettizsettizsettiz, gruppi di otto, è dovuta ad esigenzemnemotechiche. Nella loro forma le rune non presentano angoli retti né trattiorizzontali per esigenze di incisione. In origine le rune erano soprattutto incise sulegno e l’incisione doveva con ogni probabilità assecondare l’andamento verticaledelle fibre del legno.Il fuþark recente è costituito da 16 segni ma riguarda solo la Scandinavia dall’VIIIsecolo in poi. Il nuovo fuþark semplificato continuerà ad essere usato per lungotempo e in alcune regioni svedesi si trovano attestazioni di rune fino al XV-XVIsecolo. In Inghilterra l’antico fuþark di ventiquattro segni si è arricchito di ulterioricaratteri che riflettono l’evoluzione fonetica della lingua. L’alfabeto runicoanglosassone passò dapprima a ventotto segni per poi arrivare a trentatré. Tra le piùfamose iscrizioni runiche anglosassoni si ricordano quelle del cofanetto Franks(Northumbria, inizio VIII secolo), e quelle della croce di Ruthwell (Northumbria,VIII secolo), entrambe di epoca cristiana.

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A lungo si è discusso sulla provenienza di questi misteriosi caratteri e si può ormaidire con certezza che derivano da alfabeti norditalici prelatini di origine etrusca epassati al mondo germanico nel corso del I secolo a.C. quando la zona del Norico,l’attuale Austria più una parte di Baviera e Boemia, fungeva da crocevia culturale traVeneti e Germani. La scrittura runica si diffonde poi verso Nord a tutto il mondogermanico certamente seguendo la grande via commerciale dell’ambra, che collegal’Adriatico con l’attuale Danimarca. La somiglianza con l’alfabeto greco arcaico sispiega con il fatto che esso è stato il modello per l’alfabeto etrusco; l’identità dialcune lettere con quelle latine è conseguenza della conquista del Norico da parte diRoma nel 15 a.C.In base alle conoscenze attuali sembra quindi che il fuþark sia stato creato verso lafine del I secolo a.C. o l’inizio del I secolo d.C.Inoltre, le iscrizioni runiche sono spesso accompagnate da alcuni simboli pre-runicimagico-rituali, antichissimi e diffusi in tutto il mondo indoeuropeo. I più frequentisono la ruota, il cerchio, la svastica, e rappresentano tutti la potenza irradiante delSole.A conferma di questa ricostruzione è l’iscrizione dell’Elmo B di Negau, rinvenutonel 1811 nella Stiria (Austria orientale) e risalente all’inizio del I secolo a.C. Essocostituisce la prima testimonianza scritta del germanico: i caratteri appartengonoall’alfabeto venetico ma il contenuto linguistico è germanico (formula di offerta alladivinità), dal che si deduce che i Germani delle Alpi conoscevano e utilizzavano lascrittura norditalica già nei secoli precedenti la nascita di Cristo.L’alfabeto goticoL’alfabeto goticoL’alfabeto goticoL’alfabeto goticoAnche i Goti, come tutti gli altri Germani, conoscono la scrittura nei primi secolidella nostra era attraverso l’alfabeto runico, che per la sua natura epigrafica e il suouso magico-sacrale non può considerarsi adatto alla stesura di documenti letterari.Nel IV secolo avviene presso i Goti ciò che per lungo tempo ancora non accadealtrove nel mondo germanico: nasce l’esigenza di creare un nuovo sistema grafico chesi presti alla stesura di un testo di notevole lunghezza e di facile diffusione.L’iniziativa e il merito sono da attribuire interamente al vescovo WulfilaWulfilaWulfilaWulfila, ‘piccololupo’, che per consolidare la fede ariana tra il suo popolo, convertito nel IV secolo,ritiene fondamentale tradurre la Bibbia nella lingua gotica, impresa tanto più arduain quanto non esiste un alfabeto adatto allo scopo. La scrittura runica, oltre chescomoda, risulta troppo legata al culto magico-pagano per essere un buon tramitedella nuova religione cristiana. Gli alfabeti greco e latino invece rischiano dieliminare la specificità del gotico e di portare all’assorbimento della culturagermanica da parte di quella classica, ben più strutturata e potente. Il fine di Wulfila,capo politico oltre che spirituale, è quello di dotare il popolo gotico di unostrumento culturale e religioso importante, senza per questo rinunciare alla propriaidentità.Wulfila, vescovo nel 348, nasce nel 311 e muore nel 382 a Costantinopoli. Ètrilingue: oltre al gotico, sua lingua natia da parte del padre visigoto, conosce ilgreco, appreso dalla madre cappadoce e indispensabile per il suo ruolo eminente in

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seno alla Chiesa d’Oriente, e il latino, necessario per i contatti con la ChiesaCattolica e per studiare i testi classici.Wulfila, quindi, ha a disposizione tre alfabeti diversi e non sente la necessità diinventare alcun segno, bensì di armonizzare la scrittura onciale greca al sistemafonetico gotico, ricorrendo in sei casi al fuþark e in due all’alfabeto latino.L’alfabeto gotico è costituito da 25 segni alfabetici più due esclusivamente numerici(90-900), disposti quasi nella stessa sequenza dell’alfabeto greco, del qualemantiene anche l’abbinamento ad un nome e a un valore numerico.Un manoscritto del X secolo circa attribuito ad Alcuino e conosciuto come Codice140 di Salisburgo, ma ora Codice 795 della Biblioteca Nazionale Austriaca diVienna, contiene due alfabeti gotici, uno dei quali completo dell’unica versioneesistente dei nomi delle lettere e della traduzione in antico alto tedesco. Questocodice è noto anche perché riporta la migliore tra le quattro versioni non epigrafichedell’alfabeto runico anglosassone.Attraverso i manoscritti che contengono testi letterari gotici si conoscono dueversioni dell’alfabeto che differiscono nella grafia di tre caratteri e nel ductus:inclinato a destra il primo, perfettamente diritto il secondo.A parte il bellissimo Codex Argenteus, i codici scritti con l’alfabeto gotico sono quasisempre palinsesti del V-VI secolo, redatti in Italia e quindi ostrogotici. Quasi tutti imanoscritti riportano parti della Bibbia tradotta nella seconda parte del IV secolo daWulfila, del quale non è sopravvissuto alcun testo originale ma solo copie di quasidue secoli più tarde.L’alfabeto gotico non sopravvive alla storia del popolo e della lingua gotica: rimanein uso almeno fino al VI secolo e poi scompare con la fine della lingua gotica stessa enon fu adottato da altre popolazioni germaniche.

14. La scrittura 14. La scrittura 14. La scrittura 14. La scrittura ogamicaogamicaogamicaogamicaIn Irlanda, Scozia, Galles, nell’isola di Man è attestata, con circa 350 iscrizionicomprese tra il V e l’VIII secolo d.C., la scrittura ogamica che deriva il suo nome daldio Ogme. La scrittura, di tipo alfabetico, è caratterizzata da incisioni in prevalenzarettilinee che, in molteplici combinazioni, si dispongono ai lati di una linea centrale.Il nome di ogni lettera corrisponde al nome di un vegetale, la scrittura riprendequella latina, i segni sono 20 di cui cinque vocali e tre gruppi per un totale diquindici consonanti che si distinguono per le combinazioni fra il numero degliintagli (da uno a cinque) e per le quattro possibili posizioni rispetto allo spigolodella stele che rappresenta il rigo ideale.

15. La scrittura armena15. La scrittura armena15. La scrittura armena15. La scrittura armenaL’armeno è notato fin dal IV-V secolo d.C. in alfabeto autoctono. La fissazione periscritto della lingua ha coinciso con l’evangelizzazione.Secondo la tradizione l’invenzione dell'alfabeto sarebbe da attribuire a Mesrop, dettoMast’oc, nato verso la metà del secolo IV, morto nel 441; segretario del re armeno

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Vramshapouch, e successivamente missionario, egli era conoscitore delle lingue eletterature greca, siriaca e persiana.L’Armenia storica si sovrappone in buona parte all’antica Urartu, ma è certo che laconoscenza dell’urarteo era ormai andata perduta per gli Armeni. In territorioarmeno è attestato l’uso di altre lingue e scritture; vi sono state trovate ancheiscrizioni in aramaico. Il greco, d’altro canto, era ben noto alle classi dominanti;insieme al siriaco esso era anche l’ovvio punto di partenza e di riferimento di tutta laproduzione religiosa, biblica, patristica, liturgica.Prima dell’alfabeto inventato da Mesrop, la tradizione parla di un precedente, cioè diun ridotto alfabeto costruito fuori dall’Armenia da un religioso di nome Daniele,all’inizio del secolo V. Dall’alfabeto danielino sarebbe partito Mesrop,modificandolo notevolmente, in quanto egli si era reso conto dell'inadeguatezza ditale sistema, e aggiungendo altri segni fino ad ottenere il sistema che conosciamo.Infatti l’alfabeto armeno mostra in modo evidente un intervento razionale epianificato che ha sfruttato al massimo le varianti dei tratti per ottenere 36 segnidiversi. A questi 36 segni ne sono stati aggiunti due in epoca medievale per rendere fed o aperta. Modellato sull'alfabeto greco, come si può notare dal fatto che il suono uè notato con il digramma ow come in greco, l'alfabeto armeno è rigorosamentefonetico, tendendo alla corrispondenza tra segno e suono.

16. La scrittura 16. La scrittura 16. La scrittura 16. La scrittura glagolitica e la scrittura cirillicaglagolitica e la scrittura cirillicaglagolitica e la scrittura cirillicaglagolitica e la scrittura cirillicaAlfabeto Alfabeto Alfabeto Alfabeto glagoliticoglagoliticoglagoliticoglagoliticoLa scrittura glagolitica (in slavo glagolica, da glagol = parola, o glagola = disse) sicompone di 40 lettere.E’ essenzialmente basata sulla scrittura greca minuscola del secolo IX, anche sequesta derivazione non è di immediata evidenza. Si tratta infatti di un alfabetocomplicato e singolare, che presenta un alto grado di originalità rispetto agli altrialfabeti coevi. Oltre alla derivazione greca, sono riscontrabili in esso elementi coptied ebraici.I santi Cirillo e Metodio sono unanimemente ritenuti i creatori della scritturaglagolitica.Essi erano nati in una famiglia greca di Salonicco (Tessalonica) ed avevano appresosin dall’infanzia lo slavo-macedone, a contatto con la numerosa comunità locale diorigine slava.Nel secolo IX i santi Cirillo e Metodio diedero inizio alla evangelizzazione dellaGrande Moravia, potente Stato slavo governato dal principe Rostislav. Per questamissione essi portarono con sé il Vangelo tradotto in slavo-macedone e scritto inglagolitico.L’anno 863, quando Cirillo e Metodio furono inviati dall’imperatore bizantinoMichele III in Moravia, è quindi il termine cronologico ante quem della invenzionedella scrittura glagolitica.Il glagolitico fu utilizzato prevalentemente per i testi liturgici.

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Poiché secondo un principio stabilito in un concilio del secolo VIII, solo l’ebraico, ilgreco e il latino potevano essere usati (in quanto lingue sacre) per fini liturgici, l’usoliturgico del glagolitico venne in un primo tempo proibito, ma riammesso nell’880per autorità papale.La scrittura glagolitica presto si diffuse in altri paesi slavi, come la Serbia, laCroazia, la Bulgaria.Il glagolitico venne col tempo sostituito, presso i popoli slavi che lo avevanoadottato, dall’alfabeto cirillico, nato anch’esso nella seconda metà del secolo IX.Continuò ad essere usato nella sola Croazia e lungo le sponde adriatiche fino a tempirelativamente recenti. In questa regione soprattutto durante i secoli XV-XVI, esso fuutilizzato non solo per i testi di carattere liturgico, ma anche per opere di contenutoletterario e religioso.Storicamente si distinguono due tipi di alfabeto glagolitico: la glagolica bulgara, diforma rotondeggiante; la glagolica croata, dai caratteri più angolosi.Alfabeto Alfabeto Alfabeto Alfabeto crillicocrillicocrillicocrillicoNonostante la sua denominazione (kirilica), questo alfabeto non fu creato da sanCirillo, mentre è stato identificato in san Clemente di Ochrida, allievo dei santiCirillo e Metodio, il suo probabile inventore.Evidente è la sua derivazione dall’alfabeto greco, e più precisamente dalla scritturamaiuscola onciale del secolo IX. Rispetto all’alfabeto glagolitico presenta una grafiamolto semplice, benché inizialmente si componesse di 43 lettere, ridotte poi a 30.A partire dal secolo X la scrittura cirillica cominciò a sostituire il glagolitico presso ipopoli slavi da cui era stato adottato.Verso la fine del secolo X, dopo la conversione al cristianesimo, nella Russia di Kiev,assieme ai manoscritti bulgari contenenti i testi liturgici e le Sacre Scritture, fuintrodotta la scrittura cirillica.In un primo tempo l’alfabeto cirillico s’impose come scrittura ufficiale della Chiesaslava (sia ortodossa che greco-cattolica), diventando poi la scrittura nazionale deglislavi ortodossi (Bulgari, Serbi, Russi e Bielorussi) e degli slavi di rito greco-cattolico(Ucraini o Ruteni).I popoli slavi facenti parte della Chiesa cattolica romana (Polacchi, Cechi, Slovacchi,Sloveni e Croati) adottarono invece l’alfabeto latino come scrittura nazionale.L’alfabeto cirillico si diversificò sulla base delle differenze fonetiche delle varielingue. Furono creati segni specifici atti ad esprimere alcuni suoni propri di una datalingua. Si crearono così diverse scritture (russa, bulgara, serba ed ucraina) che hannocome base comune il cirillico e che si differenziano per alcuni (pochissimi) segni olettere particolari.

17. Le scritture dell’India e dell’Indocina17. Le scritture dell’India e dell’Indocina17. Le scritture dell’India e dell’Indocina17. Le scritture dell’India e dell’IndocinaLa prima forma di scrittura del subcontinente indiano è attestata in qualche migliaiodi iscrizioni su sigilli dell’antichissima civiltà vallinda fiorita nel bacino dell’Indo-Sarasvatī nel III e II millennio a.C. Si tratta di una scrittura probabilmente logo-

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fonetica, che ha finora resistito ai numerosi tentativi di decifrazione che sisusseguono da oltre mezzo secolo a questa parte a causa della brevità delle iscrizioni,dell’assenza di testi bilinguie e dell’ignoranza della lingua sottostante.Dopo un intervallo di piú di un millennio compaiono negli editti rupestridell’imperatore Aśoka (III secolo a.C) le prime attestazioni della scrittura che diverràla capostipite di tutte le scritture antiche e moderne dell’India e dell’Indocina: labrbrbrbrāhmhmhmhmī (un’altra scrittura del medesimo periodo, la kharosthkharosthkharosthkharosthī, peculiare per la direzionesinistrorsa unica in India, cadde ben presto in disuso). Si tratta di una scritturaalfabetico-sillabica in cui ogni segno rappresenta una consonante accompagnata dallavocale implicita ‘a’. Le sillabe formate dalla medesima consonante con le altre vocalirichiedono l’uso di modificatori vocalici. Tutte le scritture indiane moderne sibasano sullo stesso principio.La lingua delle prime iscrizioni brbrbrbrāhmhmhmhmī è una varietà di pracrito, un dialetto medio-indiano del ceppo indoario della famiglia indoeuropea il cui esponente piú illustre èil sanscrito, la grande lingua classica dell’India aria.L’origine della brbrbrbrāhmhmhmhmī è tuttora controversa: l’ipotesi piú diffusa la riconduce ascritture del gruppo semitico settentrionale (fenicio o aramaico) penetrate in Indianel V secolo a.C., ma non mancano tentativi di riconnetterla a sviluppi autoctonidella scrittura vallinda. Anche nell’ipotesi di un’origine vicino-orientale, la brbrbrbrāhmhmhmhmī si ècomunque evoluta in maniera del tutto originale, adattando l’originario alfabetosemitico sprovvisto di vocali (conformemente alla struttura esclusivamenteconsonantica delle radici semitiche) alle esigenze della rappresentazione delle radiciindoeuropee in cui consonanti e vocali rivestono pari importanza. Quest’opera diadattamento, cui ha contribuito l’antichissima tradizione degli studi fonetico-grammaticali, culminati nell’opera eccezionale di Pānini (IV secolo a.C, forse il piúinsigne grammatico di tutti i tempi e di tutte le latitudini), ha prodotto un alfabetodi circa cinquanta segni principali, organizzato secondo uno schema rigorosamentefonetico, e capace di rappresentare i fonemi del sanscrito in maniera perfettamenteadeguata e priva di ambiguità.Nel corso della sua evoluzione, la brbrbrbrāhmhmhmhmī ha dato successivamente origine a due ramiprincipali. Dal ramo settentrionale derivano tutte le scritture utilizzate per le lingueantiche e moderne di ceppo indoario dell’India settentrionale: in particolare, lascrittura devandevandevandevanāgargargargarī (“la scrittura cittadina degli dei”) utilizzata generalmente per ilsanscrito oltre che per la hindī, la lingua ufficiale dell’Unione Indiana. Le scritturesettentrionali sono per la maggior parte caratterizzate da un tratto superiorecontinuo che connette la sommità delle lettere di ciascuna parola (o gruppo diparole) e da forme alquanto spigolose. Dal ramo meridionale derivano tutte lescritture utilizzate per le lingue antiche e moderne di ceppo dravidico (nonindoeuropeo) dell’India meridionale e per la lingua indoaria di Sri Lanka: inparticolare, la scrittura granthagranthagranthagrantha, utilizzata (ormai raramente) per il sanscrito esoprattutto (in una sua variante) per il tamil, la lingua classica dell’India dravidica. Lescritture meridionali non presentano il tratto superiore e hanno forme

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prevalentemente tondeggianti; dispongono inoltre di segni aggiuntivi perrappresentare fonemi ignoti all’indoeuropeo.Da una variante di devandevandevandevanāgargargargarī si è originata anche la scrittura tibetanatibetanatibetanatibetana (introdottaintorno al VII secolo d.C. per influsso del buddhismo indiano). Da una variante digranthagranthagranthagrantha deriva invece la scrittura khmerkhmerkhmerkhmer della Cambogia (VI-VII secolo d.C.), che hadato origine a sua volta alla scrittura burmeseburmeseburmeseburmese (XII secolo), thaithaithaithai (XIII secolo) e laolaolaolao(XIV secolo).Per effetto della dominazione islamica, un piccolo numero di lingue delsubcontinente indiano, tra cui la lingua urdū parlata in Pakistan, fa inoltre usodell’alfabeto arabo-persianoarabo-persianoarabo-persianoarabo-persiano opportunamente adattato.

18. La scrittura in Cina18. La scrittura in Cina18. La scrittura in Cina18. La scrittura in CinaL’origine pittografica della scrittura cinese è tuttora sconosciuta: come gli egizi,anche i cinesi attribuiscono ad essa una nascita leggendaria. All’origine vi sarebberotre imperatori, ed in special modo l’imperatore Huang Di, vissuto intorno al 2600a.C., alla cui corte il cronista Cang Jie avrebbe ‘inventato’ la scrittura dopo averstudiato i corpi celesti e gli oggetti naturali, in particolare le impronte degli uccelli edegli animali.I primi reperti di segni cinesi risalgono al XIV secolo a.C. e sono incisioni suframmenti di gusci di tartaruga utilizzati per la scapulomanzia, o di ossa (perl’osteomanzia): sono, cioè, interpretazioni oracolari delle tracce del fuoco lasciate sutali materiali. La scrittura cinese, dunque, aveva in origine una funzioneprevalentemente rituale. Gradualmente, essa assunse anche funzioni amministrative eculturali e per questo scopo furono usate tavolette di legno e rotoli di seta (V-IIIsecolo a.C.). Le tavolette erano di forma standard e contenevano un numero fisso dicaratteri. Questo determinò la regola (mantenuta tutt’oggi) di inscrivere il caratterein un rettangolo ideale di dimensioni costanti, indipendentemente dalla suacomplessità in numero di tratti.La prima razionalizzazione ufficiale della forma dei caratteri cinesi si ebbe durante ladinastia Zhou (1110-722 a.C.) con la creazione dello stile del ‘Grande Sigillo’ (dàzhuàn ��). Successivamente, il ministro Li Si nel 213 a.C. realizzò i cosiddetticaratteri del ‘Piccolo Sigillo’ (xiǎo zhuàn ��). Nello stesso periodo fu inventata lascrittura ‘a tratti’ (lì shū���), la prima scrittura cinese ‘moderna’. A partire dal IIsecolo d.C. nacque il kǎi shū, �� o ‘stile regolare’, che permetteva di cogliere inmodo preciso e distinto la struttura dei caratteri cinesi. Altri due stili si sonosviluppati parallelamente al kǎi shū: lo xíng shū �� ‘stile corsivo’ e lo cǎo shū �

“stile d’erba”, una sorta di scrittura abbreviata, utilizzata nell’arte della calligrafia.Il sistema di scrittura cinese in origine era costituito da ideogrammi con una fortecomponente iconica. Successivamente, essi hanno acquistato anche un valoresimbolico: oggi possono essere suddivisi in caratteri ‘semplici’ e caratteri ‘composti’.

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I caratteri ‘semplici’ sono rappresentazioni dirette di oggetti: ad esempio rì ‘sole’,o dà � ‘grande’; oppure sono simboli ideografici che indicano concetti astratti,come shàng � ‘sopra’. I caratteri ‘composti’ possono derivare dall’unione di duesemplici: ad esempio lóng � ‘sordo’, formato dall’unione di lóng ‘dragone’ e di ěr� ‘orecchio’. In generale, ogni carattere è ordinato per mezzo di una ‘chiave’ o‘radice’, che permette di trovarlo sul dizionario e che ne dà la sfera semantica. Adesempio, la chiave huǒ� ‘fuoco’, è presente in molti ideogrammi collegati alla sferasemantica del fuoco: miè � ‘spegnere’; dēng � ‘luce’; ��ī� � ‘cenere’; yán •‘infiammazione’; lú � ‘fornello’. Il numero preciso dei caratteri cinesi non è statostabilito ufficialmente. Il dizionario Hànyǔ dà cídiǎn �����, revisionato nel1994, ne riporta circa 56.000. Un cinese minimamente alfabetizzato, tuttavia, neconosce un numero molto inferiore: tra i millecinquecento e i duemila.L’ultima riforma fatta allo scopo di semplificare e razionalizzare l’uso dei caratterifu messa in atto nel 1956. Alla semplificazione della scrittura corrispose l’adozione,nel 1958, di un sistema di trascrizione ufficiale della lingua cinese per tutta la Cina:il cosiddetto �ī��ī�� �� (lett. ‘mettere insieme i suoni’), con lo scopo didiffondere in tutta la nazione un’unica lingua parlata, chiamata �ǔ�ō����à����

‘lingua comune’ (il ‘mandarino’).Nell’area asiatica estremo e sud-orientale il sistema di scrittura cinese è il punto diriferimento culturale: il vietnamita è stato trascritto utilizzando gli ideogrammicinesi fino al XVII secolo; il giapponese, oltre all’uso degli ideogrammi cinesi veri apropri, ha elaborato due sillabari su tale base, chiamati katagana e hiragana. NellaCorea del Sud sono in uso circa millecinquecento caratteri cinesi, che compaiono neigiornali e nelle opere scientifiche accanto alla lingua nazionale, lo hangul.

19. Le scritture del continente africano19. Le scritture del continente africano19. Le scritture del continente africano19. Le scritture del continente africanoIn Africa la maggior parte del sapere, altrove consegnato anche alla scrittura, è statoaffidato alla trasmissione orale: genealogie, cronache, diritto, regole dicomportamento, istruzioni scientifiche e linguistiche. Lo spazio lasciato al segno èrimasto molto esiguo e a coprirlo si è provveduto attraverso sistemi grafici conun’accentuata componente simbolica e pittografica (vedi i segni divinatori di moltepopolazioni, le pitture e le scarificazioni facciali e corporee, i simboli grafici e icolori usati per decorare e rendere significativi oggetti d'uso, facciate di abitazioni,capi d'abbigliamento, ornamenti, ecc.). Accanto a questi antichi sistemi ve ne sonoaltri, nati in tempi relativamente recenti e come reazione a influssi esterni, checondividono la caratteristica di essere ormai sillabici, anche se la loro origine prima èa volte palesemente pittografica. Il più noto è quello vai (oltre 200 sillabogrammi)ideato nel 1833 da Momolu Duwalu Bukele. Durante lo scorso secolo sono staticreati diversi sillabari per il mende, il loma, lo kpelle ecc.

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Scritture alfabetiche sono state invece elaborate per il bassa della Liberia (1920 c.), ilsomalo (1920 c.), il malinke (1950), il wolof (1961) ecc.Nel Camerun, ad esempio, è notevole la scrittura bamum creata dal sultano Njoya diFumban nel 1895; questa scrittura prevedeva inizialmente più di 1000 segnipittografici, ridotti poi a 70 attraverso semplificazioni successive.Quasi tutte queste lingue sono nate con l’obiettivo di costituire una scritturanazionale, non debitrice a scritture esterne (araba e latina).Nel Nord Africa le scritture libica e berbera, nell'Africa orientale quella etiopica,comprese solitamente tra le scritture dette alfabetiche (in realtà meglio definibilicome consonantiche), che si ricollegano alla famiglia semitica, sono invece giàdocumentate nei primi secoli della nostra era. Carattere di originalità ha l'alfabetotifinag dei nomadi Tuaregh, in tempi passati forse comune ad altri gruppi dell'arealibico-algerina.

20. Le scritture del continente americano20. Le scritture del continente americano20. Le scritture del continente americano20. Le scritture del continente americanoLe scritture dell’America meridionaleLe scritture dell’America meridionaleLe scritture dell’America meridionaleLe scritture dell’America meridionaleI cronisti di lingua spagnola, concordi nel negare alle popolazioni sudamericane ilpossesso di una scrittura vera e propria, di fatto riferirono in seguito di forme discrittura indigena e di sistemi mnemotecnici in uso nell’impero incaico (secolo XV-XVI), sistemi che si basano sull’associazione di un testo imparato a memoria conpietruzze e semi vegetali di vario colore. Il sistema più complesso consiste nelmodellare in argilla, in piccole dimensioni, i pittogrammi di un testo ed applicarli adun supporto rigido. Ne risulta un testo tridimensionale, che viene letto esattamentecome le pittografie bidimensionali.Le scritture Le scritture Le scritture Le scritture mesoamericanemesoamericanemesoamericanemesoamericaneI simboli nelle raffigurazioni murali mostrano che la scrittura era nota inMesoamerica già fin dal I sec. d.C. I manoscritti mesoamericani erano eseguiti su varimateriali : carta di fibra vegetale, per lo più una specie di Ficus, a volte trattata concalce per sbiancarla e renderla liscia, pelle, tessuto di cotone. In seguito allaConquista la maggior parte di questi codici mesoamericani andò perduta o fuvolutamente distrutta dagli invasori.I MayaI MayaI MayaI MayaL’arco della cultura maya si estende dal sec. X a.C. fino alla Conquista.I Maya conoscevano una scrittura elaborata che abbiamo in due versioni, unamonumentale e una nei manoscritti. La scrittura monumentale è attuata in glifiglifiglifiglifiincisi ma più spesso scolpiti in rilievo su stele, altari ecc. Ciascun glifo è compostoin modo da iscriversi in un rettangolo ad angoli arrotondati; il disegno è moltocomplesso ed elaborato. I Maya erano in possesso di notevoli conoscenzeastronomiche e calendariali e la parte per noi più comprensibile dei loro testi èproprio quella che comporta l’uso di cifre e cronogrammi. Molti dei codici maya,sopravvissuti alla distruzione massiccia ordinata dai conquistatori, sono comunqueandati distrutti o perduti per incuria o disinteresse. Nella sua Historia (o Relacion) de

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las cosas de Yucatán (circa 1566) Diego de Landa dà notizia del calendario maya, con inomi dei mesi e dei giorni e con i loro glifi; riporta inoltre un ‘alfabeto’ di 27 segni,cosa molto improbabile visto che i glifi maya sono ben più numerosi. Sembra ormaiacquisito che la scrittura maya combinava i vari principi noti della pittografia conquelli della logografialogografialogografialogografia.Scritture degli Indiani del Scritture degli Indiani del Scritture degli Indiani del Scritture degli Indiani del NordamericaNordamericaNordamericaNordamericaL’unica forma di scrittura conosciuta degli Indiani del Nordamerica prima delcontatto con gli Europei è quella pittografica. La attestano poche decine di wintercounts datati tra il XVIII e il XX secolo e provenienti da popoli delle Pianure e degliAltipiani : Piedi Neri, Dakota, Kiowa ecc. Le pittografie dei winter counts, scritte ingenere con una disposizione a spirale dall’esterno verso l’interno su pelli di grandianimali (alci o bisonti), sono quel che rimane di un doppio processo grafico-verbale.In ogni tribù c’era un uomo specialmente deputato alle cronache : ogni nuovo anno,dalla caduta della prima neve alla prima neve dell’anno successivo (da qui il terminewinter counts, racconti d’inverno), egli sceglieva, consultandosi con gli altri,l’immagine che meglio sintetizzava pittograficamente l’anno appena trascorso, einsieme formulava una breve frase che si riferiva a quell’avvenimento. Ilpittogramma veniva iscritto sul winter count, prolungando di un altro elemento laspirale, mentre la frase veniva memorizzata.A partire dal 1830 i missionari introdussero la scrittura tra gli Indiani delle praterie;anche per questo l’uso dei winter counts decadde rapidamente.

21. L’alfabeto latino e la scrittura in epoca romana21. L’alfabeto latino e la scrittura in epoca romana21. L’alfabeto latino e la scrittura in epoca romana21. L’alfabeto latino e la scrittura in epoca romanaGli inizi della civilizzazione romana sono caratterizzati dai contatti con due culture:l’etrusca e la greca. Gli Etruschi utilizzavano un alfabeto simile a quello greco,comprendente 22 segni dell’alfabeto fenicio più 4 propri dei greci. Sembra oggiprevalere tra gli studiosi l’ipotesi di una derivazione diretta dell’alfabeto latino daquello etrusco, più che da quello greco: il sistema alfabetico che si impose fucomunque quello di 23 fonemi, misti fra vocali e consonanti. Nel mondo romanol’arte della scrittura fu per lungo tempo strumento di potere in mano adun’oligarchia; furono le smisurate conquiste romane che resero la scrittura unapratica corrente e fecero sì che l’alfabeto latino fosse universalmente adottato intutto l’Occidente.Alcune testimonianze di iscrizioni romane che risalgono al III-II secolo a.C.permettono di trarre conclusioni sintetiche sui caratteri generali della scrittura.La capostipite di tutte le scritture latine è la capitale arcaicacapitale arcaicacapitale arcaicacapitale arcaica (dal Lapis niger, la pietranera scoperta nel 1899 nel Foro romano con iscrizione bustrofedica, è statopossibile ricostruire l’intero alfabeto latino arcaico) che veniva impiegata periscrizioni di tipo monumentale, producendo così diversi stili:1. la capitale quadratacapitale quadratacapitale quadratacapitale quadrata, o epigrafica, scrittura elegante di grandi dimensioni e

denominata ‘quadrata’ per la regolarità delle proporzioni tra l’altezza e la

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larghezza delle lettere (di norma eseguita su pietra con scalpello per iscrizionifunebri, onorarie o dedicatorie)

2. la capitale capitale capitale capitale attuariaattuariaattuariaattuaria usata per iscrizioni di tipo documentario, più agile e di formespontanee.

3. la capitale corsiva capitale corsiva capitale corsiva capitale corsiva utilizzata per graffiti, di tipo attuario, ancora più spontaneaperché realizzata con strumenti scrittori diversi (pennelli, pezzetti di gesso ocarbone, con uno stilo su materia molle, calamo o fusto di canna tagliata) e susupporti più duttili (tessuti, scorza d’albero, legno, terracotta, cera, piombo,ecc.). Venne usata in seguito anche su papiro e impiegata come scrittura librariadal IV secolo d.C.

22. La scuola e gli strumenti per la scrittura nell’antica Roma22. La scuola e gli strumenti per la scrittura nell’antica Roma22. La scuola e gli strumenti per la scrittura nell’antica Roma22. La scuola e gli strumenti per la scrittura nell’antica RomaIl metodo di insegnamento della scrittura a Roma era simile a quello delle scuolegreche; lo scolaro romano tuttavia, fino al II secolo d.C., doveva apprendere in duelingue (il greco e il latino).Gli alunni tenevano sulle ginocchia delle tavolette di legno ricoperte di cera sullequali venivano tracciate le lettere con lo stilostilostilostilo, una sorta di bastoncino appuntito daun capo per incidere le lettere e appiattito dall’altro per cancellare. Il maestro sedevain cathedracathedracathedracathedra e insegnava agli studenti gli elementi formanti la lettera, l’ordine e il sensocon cui dovevano essere tracciati i tratti che la compongono (ductusductusductusductus) e come legare lelettere l’una all’altra.Si insegnava anche la tecnica della stenografia: divennero famose, riprese poi anchedalle scuole clericali dal VII secolo, le abbreviazioni e legature chiamate note tironianenote tironianenote tironianenote tironiane,dal nome di Tirone, un liberto di Cicerone che aveva ideato questo sistematachigrafico.Per le scritture esposte (murarie) si usavano anche il pennellopennellopennellopennello, pezzetti di gessogessogessogesso ocarbonecarbonecarbonecarbone adatti a scrivere sui muri.Il calamocalamocalamocalamo, il fusto di cannafusto di cannafusto di cannafusto di canna tagliato o le pennepennepennepenne volatili (per lo più d’oca), si rivelaronopresto idonei a scrivere su papiro e pergamena. Dal IV secolo i termini di calamus e dipluma si confondono e si scambiano, tanto che è impossibile stabilire quando ilcalamocalamocalamocalamo sia stato definitivamente abbandonato nell’uso. Le penne erano conservate inuna thecathecathecatheca, detta anche calamariumcalamariumcalamariumcalamarium; nel recipiente detto atramentariumatramentariumatramentariumatramentarium c’era l’inchiostro.

Il processo di corsivizzazione della scrittura iniziato con l’impiego di supporti piùduttili della pietra o del legno favorì l’impiego di una nuova scrittura comunenuova scrittura comunenuova scrittura comunenuova scrittura comune (percronache, testi di lavoro, corrispondenze, appunti).

23. La “rivoluzione”: il passaggio da rotolo a codice23. La “rivoluzione”: il passaggio da rotolo a codice23. La “rivoluzione”: il passaggio da rotolo a codice23. La “rivoluzione”: il passaggio da rotolo a codiceFino al III secolo avanzato il libro, nell’aspetto da noi conosciuto, rimase una rarità.I vantaggi della forma a codicecodicecodicecodice rispetto a quella del rotolo si resero da subito evidenti:più pratico, capace, facile da consultare; le pagine numerate (dal XIV-XV secolo inpoi) rendevano più precisi i riferimenti e spesso l’aggiunta di un indice di contenuto

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difendeva il testo tramandato da false aggiunte o altre manomissioni. Questi eranoargomenti molto validi in tempi in cui tanta parte della vita si imperniavasull’autorità dei testi delle Sacre Scritture e del Codice, perciò è chiara l’importanzadella novità per la religione e per la legge. Ma fu rilevante anche per la letteratura:poter copiare in un solo libro il contenuto di diversi rotoli significava che unaraccolta di scritti di argomento affine, o il meglio di un autore, poteva essere messasotto una copertina ed essere fruibile e trasportabile in una forma maneggevole.Al papiro, che cresceva solo in alcune regioni, e al cuoiocuoiocuoiocuoio che, non avendo la stessaduttilità, poteva essere usato come supporto di emergenza, seguì un altro materialescrittorio: al regno di Pergamo viene tradizionalmente attribuita l’invenzione di untrattamento per le pelli d’animale (specialmente di montone, pecora e capra, perchépresentavano il vantaggio di poter essere scritte da entrambi i lati, ma anche gazzella,antilope e persino struzzo) allo scopo di produrre una superficie adatta allascrittura. Ne risultò quello che oggi è chiamato appunto pergamenapergamenapergamenapergamena. Per fabbricare lapergamena il procedimento più usato era questo: si raschiavano le pelli e le si ripulivada ogni pelo o pezzetto di carne, poi si immergevano in un bagno di calce. Prima dimetterle a seccare su delle grate le si cospargeva di gesso che assorbiva le tracce digrasso, e infine venivano nuovamente raschiate con una spatola. Il primo lavoro delcopista era quello di lisciare i fogli della pergamena con la lama di un coltello o conuna pietra pomice per rimuovere macchie e asperità e ottenere un levigatoleggermente granuloso che assorbisse l’inchiostro al punto giusto.L’esperimento da principio sembrò avere vita breve; ma dai primi secoli dell’eracristiana la pergamena diventò il materiale di uso comune per i libri: fra il II e il IVsecolo il rotolo di papiro sparì gradualmente per far posto al codice di pergamena,cioè si adottò un libro essenzialmente simile a quello in uso anche oggi.La maggior resistenza della pergamena la rese idonea ad essere impiegata nellaredazione di documenti destinati a durare: nell’uso diplomatico, e per documenti diforme tradizionali, la pergamena viene adottata fino al Cinquecento.

24. Le scritture medievali24. Le scritture medievali24. Le scritture medievali24. Le scritture medievaliNei manoscritti medievali troviamo grande varietà di tipi di scrittura ed in certimomenti si verificarono canonizzazioni caratteristiche dell’aspetto e delle formedella scrittura. Per tutto il Medioevo l’arte dello scrivere fu patrimonio quasiesclusivo della Chiesa e venne coltivata praticamente nelle scuole annesse a cattedralio monasteri (scriptoriascriptoriascriptoriascriptoria).Sulla base comune della minuscola corsiva si svilupparono le cosiddette scritturenazionali (dal VII all’VIII secolo).In Italia i principali centri scrittorii furono le scuole capitolari di Ivrea, Novara,Vercelli, Verona e Lucca, e i monasteri di Bobbio, Novalesa e Nonantola.Importantissimo nell’Italia meridionale il centro scrittorio di Montecassino che fu ilpunto di produzione della scrittura beneventanabeneventanabeneventanabeneventana, così chiamata perché la sua area didiffusione coincise con il territorio dell’antico ducato di Benevento.

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Tutte le scritture minuscole pre-caroline sono state identificate dalla localizzazionegeografica o per l’appartenenza ad un determinato scriptorium. E così vi fu lamerovingicamerovingicamerovingicamerovingica in Francia, la visigoticavisigoticavisigoticavisigotica in Spagna, la precarolina della Germania, precarolina della Germania, precarolina della Germania, precarolina della Germania, la precarolinaprecarolinaprecarolinaprecarolinasvizzerasvizzerasvizzerasvizzera, ecc.Accenno a parte meritano le scritture insulariscritture insulariscritture insulariscritture insulari (irlandese irlandese irlandese irlandese e anglosassoneanglosassoneanglosassoneanglosassone) perché imanoscritti inglesi e irlandesi presentano caratteri diversi. L’importazione inInghilterraInghilterraInghilterraInghilterra di codici in scrittura latina si deve alla missione di quaranta monacidiretti da Agostino, poi arcivescovo di Canterbury (fine del sec. VI).L’’’’Irlanda si convertì al cristianesimo per opera di san Patrizio, che portò con séanche testi sacri, e vide soprattutto la diffusione della scrittura semioncialesemioncialesemioncialesemionciale. Arrivònelle isole anche la conoscenza dei sistemi abbreviativi romani, comprese le notae notae notae notae iurisiurisiurisiuris(abbreviazioni usate nei libri di diritto dal secolo II).Si distinguono due tipi di scrittura: la maiuscola insularemaiuscola insularemaiuscola insularemaiuscola insulare (o insulare rotondainsulare rotondainsulare rotondainsulare rotonda usata pertitoli e per codici interi, specie di carattere liturgico, che presenta spesso nei titoli unalfabeto simile a quello delle antiche scritture runiche) e la minuscola insulareminuscola insulareminuscola insulareminuscola insulare (oinsulare acutainsulare acutainsulare acutainsulare acuta, di uso più comune, di forme più acute, con una variante corsiva daltratto più libero).

25. La scrittura 25. La scrittura 25. La scrittura 25. La scrittura carolinacarolinacarolinacarolinaIl risveglio culturale e artistico che accompagnò la formazione del Sacro RomanoImpero e che va sotto il nome di ‘rinascita carolingia’ ebbe grande influenza anchesul versante della scrittura. Il ritorno allo studio degli autori classici ebbe comeconseguenza l’imitazione delle antiche forme di scrittura.L’incontro tra il riproporsi di maiuscole librarie e delle nuove minuscole corsivegenerò uno stile di scrittura nuovo, particolarmente aggraziato e nitido alla letturache cominciò ad imporsi negli ultimi decenni del secolo VIII e presto sostituì tuttele minuscole precedenti in uso nei vari paesi europei. Nel secolo IX la carolinacarolinacarolinacarolina sidiffuse nella Catalogna, nell’XI in Inghilterra e nel XII anche nel resto della Spagna.Nata come scrittura libraria, entrò poi anche nell’uso documentario e cancelleresco.Nell’XI secolo fu adottata anche dalla Curia romana.Tra i principali centri scrittori si segnalano il monastero di S. Martino di ToursToursToursTours, lescuole di Aquisgrana Aquisgrana Aquisgrana Aquisgrana (sede imperiale), Treviri, Treviri, Treviri, Treviri, Colonia e Magonza; i monasteri diFuldaFuldaFuldaFulda e LorschLorschLorschLorsch in Germania, di S. GalloS. GalloS. GalloS. Gallo e EinsiedelnEinsiedelnEinsiedelnEinsiedeln in Svizzera, le scuole cattedrali diVeronaVeronaVeronaVerona e VercelliVercelliVercelliVercelli, i monasteri di BobbioBobbioBobbioBobbio e NonantolaNonantolaNonantolaNonantola in Italia.In Francia e Germania si svilupparono anche scuole di miniatura specializzatenell’ornamentazione dei manoscritti di questo periodo.

26. Il libro e la nascita delle università26. Il libro e la nascita delle università26. Il libro e la nascita delle università26. Il libro e la nascita delle universitàNel rinnovamento di civiltà che interessò tutta l’Europa durante il XII secolo furilevante il progressivo diffondersi della cultura fuori dagli ambienti monastici edecclesiastici. In ogni paese sorgono le Università che trasformano le città in centri diproduzione della cultura ai quali affluiscono in gran numero studenti di ogni

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condizione, ecclesiastici e laici. Nel 1158 ebbe riconoscimento imperiale lo Studiodi Bologna; del 1215 sono i primi statuti dell’Università di Parigi, e poco doposorge quella di Oxford. In Italia, per citare soltanto le maggiori: Padova (1222),Napoli (1224), Roma (1303), Pisa (1340), Firenze (1349).Si creò dunque il bisogno di moltiplicare i manoscritti per provvedere i testinecessari all’insegnamento e si allestirono grandi officine librarie dove gli amanuensicopiavano a pagamento. Nei centri universitari i librarii, cioè gli incaricati allaproduzione e alla vendita dei libri, si organizzavano in vere e proprie corporazioni,sotto la sorveglianza delle autorità accademiche e coinvolgendo anche gli studentifrequentanti. Si adottò il sistema della pecia (forse da petia, termine del latino volgaredall’etimologia incerta): consisteva nella copia simultanea di fascicoli sciolti(normalmente di 3 o 6 fogli) di un testo universitario; il risultato era la massimarapidità di trascrizione e una notevole moltiplicazione dell’esemplare copiato. Lacopia simultanea di esemplari diversi dello stesso testo, diviso in porzioni, diede vitaad una vera e propria categoria a sé stante di libri, sia per il contenuto e lecaratteristiche esteriori, sia perché erano prodotti secondo norme fissate dalleautorità accademiche.La pagina scrittaLa pagina scrittaLa pagina scrittaLa pagina scrittaEntro la pagina del manoscritto veniva delimitato un rettangolo, denominatospecchio di scrittura, traversato da una serie di righe tracciate con procedimentidiversi (a piombo, a matita, a secco o ad inchiostro).Inizialmente l’impaginazione era molto compatta, con parole e lettere serrate (nelmondo romano era in uso anche la scriptio continua, cioè le parole non venivanoseparate l’una dall’altra); poi si mirò a dividere, spaziare, evidenziare.Il testo poteva essere disposto a piena pagina o su due colonne. Potevano esserelasciati spazi per i capilettera decorati o miniature che solitamente venivano eseguitiin un secondo momento.Per i testi letterari, sacri o comunque destinati a libri preziosi, la scrittura tendevaalla massima leggibilità, riducendo cioè al minimo fenomeni di troncamento,abbreviazioni, ecc.

27. Dalla scrittura gotica alla scrittura umanistica27. Dalla scrittura gotica alla scrittura umanistica27. Dalla scrittura gotica alla scrittura umanistica27. Dalla scrittura gotica alla scrittura umanisticaNei secoli XII e XIII il libro cominciò a diventare un prodotto commerciale, spesso ascapito della correttezza nella trasmissione dei testi. Si arrivò a un tipo calligraficoduro, angoloso, adatto per manoscritti solenni e testi ufficiali. Accanto ad essosussisteva ancora una volta un tipo di scrittura più modesto, di ridotte dimensioni emeno artificioso che proseguiva più direttamente l’evoluzione della ‘carolina’. Lenuove forme vennero genericamente designate con il nome di gotica.gotica.gotica.gotica.Fra le scritture genericamente designate col nome di gotica si distinguono:• TexturaTexturaTexturaTextura: scrittura usata soprattutto nei manoscritti liturgici, dalle lettere grandi

e regolari

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• Littera Littera Littera Littera bononiensisbononiensisbononiensisbononiensis (dei manoscritti universitari bolognesi): di forma rotonda,regolare ed elegante. Si diffuse in molti altri centri italiani

• Littera Littera Littera Littera parisiensisparisiensisparisiensisparisiensis (dei manoscritti universitari parigini): di ridotte dimensioni e diesecuzione meno calligrafica

• Littera Littera Littera Littera oxoniensisoxoniensisoxoniensisoxoniensis (dei manoscritti universitari inglesi): simile alla parisiensis ma piùserrata e con tratti meno spezzati

La minuscola gotica corsivaminuscola gotica corsivaminuscola gotica corsivaminuscola gotica corsiva fu la scrittura di uso comune per i documenti, lacorrispondenza privata, i libri di conti e i registri. Se ne fece grande uso nellecancellerie sovrane (minuscola(minuscola(minuscola(minuscola cancelleresca italiana)cancelleresca italiana)cancelleresca italiana)cancelleresca italiana) ma anche nei codici comescrittura libraria (gran parte della letteratura italiana delle origini fu ad esempiovergata in minuscola mercantileminuscola mercantileminuscola mercantileminuscola mercantile o mercantescamercantescamercantescamercantesca, una variante della cancelleresca). Labastarda francesebastarda francesebastarda francesebastarda francese è un altro tipo di scrittura mista di elementi librari e corsivi,caratteristica per l’aspetto massiccio dell’attacco delle aste discendenti che terminanoa punta verso il basso.

28. L’Umanesimo e la rivoluzione del canone grafico28. L’Umanesimo e la rivoluzione del canone grafico28. L’Umanesimo e la rivoluzione del canone grafico28. L’Umanesimo e la rivoluzione del canone graficoLa riscoperta dei classici nelle biblioteche dei monasteri e delle cattedrali, ad operadegli umanisti del secolo XV, ripropose come canone grafico la scrittura carolina,che era appunto la grafia con la quale tali codici erano stati esemplati tra il IX e ilXII secolo. Già Petrarca aveva biasimato la pratica contemporanea, disprezzando itratti spigolosi, serrati e di difficile comprensione della gotica e ne aveva adottatouna forma più rotonda e chiara. Gli umanisti si applicarono ad imitare le forme dellacarolina (denominata littera littera littera littera antiqua antiqua antiqua antiqua in contrapposizione alla littera modernalittera modernalittera modernalittera moderna,rappresentata dalla gotica) introducendo e diffondendo una nuova scrittura,l’umanisticaumanisticaumanisticaumanistica, e la capitale umanisticacapitale umanisticacapitale umanisticacapitale umanistica copiata dalle epigrafi (per i titoli e laddoveoccorreva una scrittura distintiva maiuscola).Si individuano nei codici del periodo una umanistica librariaumanistica librariaumanistica librariaumanistica libraria e una umanistica corsivaumanistica corsivaumanistica corsivaumanistica corsiva, duescritture minuscole che vennero adottate per tutto il Quattrocento. La minuscolaumanistica libraria sta all’origine del carattere tondo impiegato dai primi tipografiitaliani con l’invenzione della stampa. La corsiva deriva dall’incrocio tra la corsivagotica italiana e l’umanistica libraria. Usata soprattutto per documenti (anche neibrevi pontifici) e carteggi, entrò anch’essa nell’uso tipografico più tardi, per opera diAldo Manuzio e diede origine al carattere che anche oggi chiamiamo corsivo (infrancese: italiqueitaliqueitaliqueitalique).

29. L’invenzione della stampa29. L’invenzione della stampa29. L’invenzione della stampa29. L’invenzione della stampaIl passaggio dal manoscritto al libro a stampa rappresenta una svolta di enormeimportanza per la comunicazione delle idee, per la trasmissione delle opere e deimessaggi culturali. Con l’invenzione della stampa a caratteri mobili si trasformaradicalmente la metodologia della tradizione delle opere scritte, cessa quasicompletamente l’opera dell’amanuense e il libro da prodotto artigianale (ognimanoscritto era un esemplare unico) diventa prodotto industriale e ‘uniforme’ (ogni

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copia di una edizione è uguale alle altre). Gli autori non ricorrono più al copista, maallo stampatore, che è in grado di fornire rapidamente molteplici copie della stessaopera e a prezzi decisamente inferiori, favorendo così la diffusione dei testi. Tuttaviaè evidente da parte del tipografo il desiderio di “imitare” formalmente con i caratteria stampa le scritture presenti nei codici medioevali e di utilizzare l’intero codicecome ‘modello’; il libro non era altro che il logico proseguimento ‘meccanico’ delmanoscritto - anche se, in realtà, la percentuale del lavoro dell’uomo era ancora assaisuperiore a quella della macchina. Gli incunabuli erano formalmente assai simili aimanoscritti, sia per il carattere che per la legatura: la differenza sostanziale stavadunque nel prezzo (un quinterno manoscritto costava dieci volte di più rispetto a unquinterno stampato!).La stampaLa stampaLa stampaLa stampaNel 1439 un orafo tedesco, Giovanni Gutenberg (1400-1468), cominciò asperimentare un procedimento che consentisse di far concorrenza ai copisti, e pensòdi fondere le lettere dell’alfabeto in altrettanti caratteri mobili, da combinare alla rovescia suun piano, ricavando così la matrice per ottenere una pagina stampata; in sostanza,l’idea era di trasformare in un carattere di metallo ciascuna delle lettere di unmanoscritto, superando in tal modo in efficienza, velocità ed economicità (i caratteripotevano essere combinati e riutilizzati dopo la stampa di ciascuna pagina) anche lastampa a caratteri fissi che era convissuta con il manoscritto; questo tipo di stampa(silografia o stampa tabellare), già conosciuto in Cina probabilmente fin dal II secolodopo Cristo, venne praticato in Europa nei secoli XIII e XIV ottenendo stampe a unsolo foglio che riproducevano immagini sacre, calendari e carte da gioco.Dopo dieci anni di esperimenti finalmente Gutenberg - a cui si erano associatiGiovanni Fust cittadino di Magonza e Pietro Schoeffer, copista e disegnatore cheaveva già lavorato a Parigi - produsse tra il 1452 e il 1455 le matrici per il primolibro: si trattava di una Bibbia latina (detta Bibbia di 42 linee) in caratteri gotici - che siispiravano alla scrittura dei manoscritti medioevali, in particolare alla solenne‘textura’, con forme strette, angolose dal piede uncinato. La Bibbia di Gutenberg (oMazarina), di cui esistono tuttora 48 esemplari, venne stampata in 190 copie aMagonza con l’aiuto di una pressa di legno azionata a mano ottenuta adattando untorchio per vino.L’invenzione di Gutenberg si impose al mondo. Si calcola che già nel Quattrocentosiano state stampate 42.000 edizioni, mentre circa 520.000 titoli sono statistampati nel Cinquecento. Poco dopo il 1460 altri tipografi appaiono in diversecittà della Germania meridionale, espatriati da Magonza a causa della presa della cittàda parte di Adolfo di Nassau. La diffusione della tipografia segue dapprima il corsodel Reno, antica e importante via commerciale, diffondendosi poi rapidamente intutta Europa e sostituendo quasi completamente il manoscritto. I libri stampati nelQuattrocento vengono chiamati incunabuli, un termine convenzionale usato per laprima volta nel 1688, dal latino “in cuna”, cioè libro neonato. Non raramente gliincunabuli furono abbelliti da miniature nella tradizione dei codici, tanto che nellastampa si era soliti lasciare lo spazio per le iniziali, talvolta di grandi dimensioni, che

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successivamente venivano miniate. Ma venivano illustrati anche con incisioni inlegno, e sempre in legno erano incise le marche tipografiche che, verso la fine delQuattrocento, erano usate dagli stampatori come simbolo della loro azienda e pergarantire autenticità e garantirsi da contraffazioni

30. La stampa in Italia: da Subiaco a Venezia30. La stampa in Italia: da Subiaco a Venezia30. La stampa in Italia: da Subiaco a Venezia30. La stampa in Italia: da Subiaco a VeneziaI primi tipografi arrivano in Italia verso il 1464, e precisamente a Subiaco, dove dueallievi di Schoeffer avevano sistemato la loro stamperia e dove prendono a modello lescritture dei manoscritti posseduti dalla biblioteca del monastero. Qui venne creatoun nuovo carattere, il tipo romano, dalle forme tonde e dalle linee regolari, che siispirava alla scrittura carolina (a sua volta ripresa nel Quattrocento dalla scritturaumanistica libraria) così chiamato perché si ispirava alla scrittura latina degli antichimonumenti romani. La prima opera datata di tipografia italiana è il De divinisinstitutionibus di Lattanzio, stampata nel 1465.Da Subiaco l’arte della stampa si diffuse rapidamente dapprima a Roma esuccessivamente in tutta Italia; ma fu a Venezia, ponte tra Oriente e Occidente, -dove venne introdotta nel 1469 da Giovanni da Spira - che ebbe maggior sviluppo eraggiunse un’altissima qualità. A Venezia operò tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento il piùgrande tipografo-editore italiano, Aldo Manuzio il Vecchio (1449-1515), umanista,autore di una grammatica greca e traduttore dal greco, che si dedicò alla diffusionedei testi classici - con la collaborazione di una Accademia di umanisti tra cui PietroBembo ed Erasmo -, per i quali ideò una collezione di formato maneggevole,economica, ma di alto livello. Manuzio utilizzò caratteri romani di grandeperfezione, ma soprattutto lanciò il carattere corsivo (aldino, o italique) ideato per luida Francesco Griffi di Bologna, che si era ispirato alla scrittura umanistica corsiva.Capolavoro tipografico del Manuzio è il Polifilo di Francesco Colonna, pubblicato nel1499. L’attività del Manuzio venne continuata nel Cinquecento dal figlio Paolo e dalnipote Aldo Manuzio il Giovane.Altro importante centro tipografico italiano del Quattrocento è Milano, dove lastampa venne introdotta da italiani, e non da tedeschi, e dove venne per la primavolta pubblicato a stampa un libro a caratteri greci. Sempre all’Italia si deve lacreazione dei caratteri tipografici ebraici, cui probabilmente furono interessati nelQuattrocento gli artigiani e i finanzieri ebrei sparsi per tutta la penisola.

31. La stampa a mano in Europa fino al XIX secolo31. La stampa a mano in Europa fino al XIX secolo31. La stampa a mano in Europa fino al XIX secolo31. La stampa a mano in Europa fino al XIX secoloLa diffusione della stampa, se da una parte rinsalda i legami tra le nazioni europee efa dei prodotti della mente umana patrimonio comune, dall’altra parte sottolineal’esistenza delle frontiere linguistiche, in quanto presto gli autori e gli editori nonpoterono più contare sul latino come lingua comune: il pubblico comincia a preferirei libri stampati nella lingua madre. La cerchia dei lettori si allarga notevolmente ecambia: la diffusione della lettura apre il mercato del libro a stampa anche alla gente

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comune, oltre che agli studiosi, allargandolo anche alle donne e ai bambini. Ildesiderio di una informazione rapida e regolare porta alla nascita della stampaperiodica.Dopo il ”secolo eroico”della sua invenzione, la stampa si adegua al mutare degliindirizzi culturali e dei movimenti religiosi, Riforma, Controriforma e infinedell’Illuminismo, cambiando di volta in volta anche formalmente, assumendo aseconda del tipo di pubblicazione carattere di solennità o di grande semplicità emaneggevolezza. Il libro assume per sé regole precise, definendosi sempre meglio neisuoi elementi (frontespizio, marca tipografica, paginazione, tabelle, etc.). Nei secoliXVII e XVIII la figura del tipografo-editore va scomparendo, e si va affermando ladivisione delle diverse competenze (disegnatore, fonditore, stampatore, editore,libraio). Non si ha alcun sostanziale progresso nelle tecniche di composizione e distampa, i nuovi caratteri non nascono da originali concezioni stilistiche, ma silimitano ad imitare e raffinare le creazioni dei secoli precedenti. Brillanti disegnatorisi dedicano a migliorare il disegno e la tecnica di fabbricazione dei punzoni e dellematrici. Sotto il regno di Francesco I è in Francia che nasce una vera dinastia dicreatori di caratteri: sono gli Estienne, che, rifugiatisi a Ginevra, fecero di questacittà un importante centro della editoria europea. Durante tutto il Seicento si vaaffermando la produzione editoriale dei Paesi Bassi, che offrono asilo ai tipografiperseguitati dalla Controriforma e dall’Inquisizione: qui si sviluppano le grandi casePlantin-Moretus e Elzevir che adottano i tondi e i corsivi diffusi dai punzonistifrancesi. In Francia nel 1693 l’Académie royale des sciences è incaricata di studiare letecniche di incisione, ed è l’incisore Philippe Grandjean che prepara una nuova seriedi sontuosi caratteri, i “romains du roi”. In Gran Bretagna è John Baskerville che nelXVIII secolo rimedita lo stile imperante francese: l’arte tipografica diventa vero eproprio oggetto di studio. Possiamo ricordare alla fine del Settecento i Didot inFrancia e in Italia Giambattista Bodoni. Bodoni (1740-1813), incisore e disegnatoredi caratteri, dopo il tirocinio fatto a Roma e dopo aver diretto la Stamperia ducale,impiantò a Parma una propria tipografia, producendo stampe di gusto neoclassicodi grande regolarità, severità e accuratezza, avendo a sua disposizione un vastissimoassortimento di caratteri (da lui prende il nome il carattere bodoni); egli teorizzò nelsuo Manuale tipografico (1788) “che i soli tipi, l’elegante distribuzione di essi, lagiusta proporzione dei margini, l’accuratezza dell’esecuzione” costituivano il pregiodi una edizione.

Nel XIX secolo, con l’avvento dei procedimenti meccanici, la tipografia, e con essa laproduzione libraria ha avuto uno sviluppo enorme, il libro è diventato un prodottoindustrializzato, ma non si è cessato, sull’esempio dei primi tipografi, di cercare unpunto di incontro tra tradizione e innovazione.

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32. I materiali della stampa: i caratteri mobili e il torchio32. I materiali della stampa: i caratteri mobili e il torchio32. I materiali della stampa: i caratteri mobili e il torchio32. I materiali della stampa: i caratteri mobili e il torchio

I caratteri mobiliI caratteri mobiliI caratteri mobiliI caratteri mobiliPer superare l’antieconomica incisione o fusione di intere pagine a metà del secoloXV si realizzarono i caratteri mobili (cioè separati l’uno dall’altro). Era necessariopartire dai punzoni: parallelepipedi di acciaio temprato lunghi circa 45 mm. cherecavano intagliate in positivo lettere e segni ortografici precedentemente disegnatidal tipografo. Questi venivano pressati su di una matrice di rame (più tenera) dove lalettera risultava impressa in incavo. A sua volta la matrice veniva inserita in una formadove si faceva colare a caldo una lega di piombo, stagno e antimonio. Il metalloraffreddato (carattere) veniva poi staccato dalla forma con grande abilità dalfonditore. Con questo procedimento, usando un’unica matrice, si potevano ottenerenumerosi caratteri, che venivano poi levigati e rifiniti e allineati infine nella forma, inmodo che non si spostassero durante l’impressione. Quando la matrice si logorava acausa delle numerose fusioni si poteva velocemente ottenerne un’altra riutilizzandolo stesso punzone.

Nel secolo XV e all’inizio del Cinquecento il tipografo preferisce prepararsi da solole matrici; solo più tardi la fusione dei caratteri diventa un vero e proprio mestiere asé stante e il tipografo tende ad acquistarli come prodotto finito.Se agli inizi dell’arte tipografica i caratteri tendevano semplicemente a riprodurre lescritture manuali (gotica, rotonda, cancelleresca, scritture nazionali), col passare deltempo lo studio dei caratteri terrà conto dei canoni della bellezza, della ricerca diproporzione e di armonia diventando una vera e propria arte.Il torchioIl torchioIl torchioIl torchioCon l’invenzione dei caratteri mobili e l’uso di inchiostri più densi e vischiosi iltipografo preferisce ricorrere alla pressione meccanica del torchio – sostituendola aquella manuale fino ad allora usata. Il torchio era già uno strumento familiareall’epoca di Gutenberg; già utilizzato per usi domestici o industriali, venne adattatoall’uso tipografico e utilizzato per secoli senza variazioni strutturali importanti, macostantemente migliorato nei suoi elementi. Nei secoli XV e XVI era semplicementecostituito da una struttura lignea sostenuta da montanti alti circa due metricomposta da un carrello mobile (che trasportava carta e forma fino a posizionarli sottola pressa, in modo da consentire l’inchiostrazione e la sostituzione di volta in voltadel foglio stampato) e dalla pressa vera e propria - detta platina - (azionata da una vitea sua volta collegata ad una leva) che premeva il foglio di carta inumidito appoggiatosulla forma inchiostrata (pagine composte e chiuse in un telaio). Azionare il torchio,come si può immaginare, richiedeva un grande sforzo fisico (il lavoro combinato didue validi artigiani consentiva di stampare anche 250 fogli in un’ora) e grandeattenzione per il corretto posizionamento della carta e per la giusta inchiostrazione,in modo da evitare macchie e sbavature. Dal secolo XVI in poi il torchio vennecostantemente migliorato e razionalizzato dai tipografi, alcune parti in legnovennero sostituite da altre in metallo e granito. Agli inizi del XIX secolo si

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verificarono tali progressi in tutte le componenti della tecnica tipografica (carta,composizione, inchiostro, etc.), che si sentì l’esigenza di una innovazione radicale;venne progettata una macchina mossa dal vapore, e nel 1814 si potè stampare il“Times” in 1500 copie all’ora.Il torchio è tuttora usato da alcuni amatori, che nonostante le tecniche informatichee l’offset attualmente in uso, lo considerano strumento insuperabile per ottenereimpressioni impeccabili.

33. I materiali della stampa: l’inchiostro e la carta33. I materiali della stampa: l’inchiostro e la carta33. I materiali della stampa: l’inchiostro e la carta33. I materiali della stampa: l’inchiostro e la cartaL’inchiostroL’inchiostroL’inchiostroL’inchiostroL’inchiostro ‘al carbone’ (dal latino encaustum) era già conosciuto in Egitto fin dal IVmillennio avanti Cristo, e lo stesso Plinio ci riferisce di diversi metodi usati per lasua preparazione. Ma sostanzialmente diverso dovette essere l’inchiostro tipograficousato da Gutenberg. Infatti le soluzioni acquose con nerofumo fino ad allora usatenon potevano essere applicate in modo uniforme sulle superfici metalliche deicaratteri. Si dovette ricorrere ad un inchiostro oleoso, mutuato probabilmente dalmondo della pittura (la pittura a olio era già nota ai romani, e gli stessi fiamminghipiù di recente la praticavano utilizzando olio di lino e noce). Le notizie storicheintorno all’inchiostro tipografico sono molto scarse, in quanto i tipografi eranoreticenti a diffondere le ricette che utilizzavano. Di certo l’inchiostro utilizzato daGutenberg e dai suoi successori era già di altissima qualità, e la stampa che nerisultava era priva di ombre o macchie, tanto che gli incunabuli potevano gareggiarein leggibilità e eleganza con i manoscritti del Quattrocento. Possiamo supporre chefosse composto essenzialmente di olio di lino, trementina, e di nerofumo omarcassite. Per spalmare in modo uniforme l’inchiostro sui caratteri veniva usato untampone di lana o pelo di circa 7 centimetri rivestito di pergamena appositamentetrattata.La cartaLa cartaLa cartaLa cartaLa causa che spinse l’uomo a mettere a punto un materiale come la carta fu ilbisogno di poter disporre di un supporto comodo, maneggevole e poco costoso sucui scrivere. La carta divenne materiale caratteristico della tipografia proprio per questequalità. La sua invenzione sembra essere da collocare in Cina durante il I secolo d.C.,dove per la fabbricazione si utilizzarono dapprima ritagli di seta ridotti in pasta,successivamente fibre di gelso e di bambù, lino, cotone, insomma materiale moltoeconomico; ma furono gli arabi a diffonderla in Europa già nell’XI secolo attraverso icontatti che ebbero con la Penisola Iberica. Considerata all’inizio poco resistente,venne per lungo tempo vietato l’uso della carta per i documenti ufficiali eamministrativi. Tuttavia già nel XIII secolo in Italia, e precisamente a Fabriano,erano in funzione ben otto cartiere. Furono proprio i cartai italiani a perfezionare letecniche di produzione, raggiungendo livelli qualitativi e quantitativi altissimiesportando la loro produzione in tutta Europa, dominando per secoli il mercato. Alla

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fine del XV secolo il primato della produzione della carta passò alla Francia, dovediffusa era la coltivazione del lino e della canapa.Punto di partenza per la produzione della carta furono prevalentemente gli stracci diorigine vegetale, che venivano lavati, pressati nei tini e lasciati a fermentare perottenere l’isolamento della cellulosa; in seguito venivano tritati e battuti da mulini avento o ad acqua fino ad ottenere una pasta in cui veniva immersa la forma (telaio dilegno su cui erano applicati fili metallici orizzontali e verticali – filoni e vergelle). Sullaforma la pasta si depositava in modo uniforme e veniva poi lasciata ad asciugare. Ilfoglio di carta ottenuto (che rispondeva nel formato a precise regole definite) venivain seguito pressato per eliminare l’acqua residua e collato con gelatina animale oamido.Per distinguere la propria produzione i cartai utilizzarono la filigrana, marchio difabbrica costituito da filo metallico piegato secondo disegni particolari e applicatoalla forma: la pasta di carta, colando, risultava meno spessa in corrispondenza deldisegno, che risultava così visibile. Una grande varietà di disegni è documentatadall’opera del Briquet (Les filigranes, 1907): ricordiamo ad esempio la testa umana, lacroce greca, la mano guantata, la balestra di Fabriano.

34. La calligrafia34. La calligrafia34. La calligrafia34. La calligrafiaLa calligrafia (secondo Plutarco “bella scrittura” o “bello stile”) è l’arte che insegnaa tracciare la scrittura, cioè a vergare e collegare, in modo regolare ed elegante, lelettere e i numeri dell’alfabeto. La forma delle lettere dipende dallo strumento concui vengono tracciate (scalpello, pennello, penna, etc.) e dal materiale usato (pietra,legno, terracotta, papiro, pergamena, carta). Per le scritture tracciate a penna ilrisultato dipende dalla punta della penna usata (acuta, quadra o rotonda).La tecnica scrittoria era molto considerata nel mondo antico, tanto che nelle civiltàorientali pre-elleniche era riservata ai sacerdoti. Nel mondo romano esistevano deiveri e propri ‘editori’ che riproducevano in più copie i manoscritti; un editto diDiocleziano fissava il compenso dovuto ai copisti a seconda che scrivessero in‘scriptura optima’ o ‘communis’. Questa vera e propria ‘arte minore’ ebbe grandesviluppo in Occidente, ma anche in Egitto e presso gli arabi e gli ebrei, dai quali lascrittura era considerata un dono di Dio all’uomo: grandi e celebrati furono i maestricalligrafi arabi e nei paesi islamici l’arte della calligrafia venne tenuta in altissimaconsiderazione fino al secolo scorso. Data la struttura stessa dell’ideogramma, inCina e in Giappone la calligrafia è ritenuta vera e propria arte al livello della pittura,e come tale onorata.Se durante l’Impero romano la scrittura latina si caratterizzò soprattutto per leforme solenni e l’ampiezza dei margini (grande attenzione veniva portata dai latinialla chiarezza ed eleganza dei caratteri), durante le invasioni barbariche si cessò daparte dei copisti di ricercare una qualche forma artistica. Fu poi la chiesa, fino allanascita delle università e quindi fino al secolo XII, a tenere in gran conto la scritturaper la tradizione dei testi sacri, e fu nelle scuole annesse alle cattedrali e nei

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monasteri che venne coltivata l’arte dello scrivere. Anche dopo l’avvento della stampaper secoli è continuata la produzione di libri manoscritti (scritti eruditi, testiproibiti per ragioni politiche o religiose, cronache, ma soprattutto libri liturgici, inparticolare corali).

Durante il XV secolo gli umanisti italiani svilupparono grande interesse perl’estetica della scrittura, che vide fiorire studi di architettura grafica dovutiall’interesse per l’epigrafia romana. L’interesse per l’arte dello scrivere portò a ricercareforme eleganti e raffinate e gli stessi amanuensi di professione, per quantoovviamente diminuiti d’importanza, continuarono a confezionare esemplarimanoscritti accurati e lussuosi. A partire dal Cinquecento vennero stampatinumerosi trattati di calligrafia italiani (Luca Pacioli, De divina proportione, Venezia1509, Sigismondo Fanti, Opera del modo de fare le littere maiuscole antique…, Milano1517, Ludovico Arrighi, La operina di Ludovico Vicentino da imparare di scrivere litteracancellarescha, Roma 1522, Giambattista Palatino, Libro nuovo d’imparare a scrivere tuttesorte lettere antiche e moderne di tutte nationi, Roma 1540). I dettami dei calligrafi italiani(e soprattutto romani) vennero seguiti in tutta l’Europa, a parte nei paesi di linguatedesca, dove si sviluppò una scuola indipendente che imponeva scritture di tipogotico. Sull’opera dei calligrafi si fondarono i tipografi del secolo XV per fondere iloro caratteri (Aldo Manuzio usò i disegni dell’orafo e incisore Francesco Griffiutilizzando la cancelleresca per il suo corsivo). L’influenza della scrittura italica in Europa fu nei secoli successivi contemperatadalla presenza di scritture locali, come la ‘bastarda’; solo tra il XVIII e il XIX secolosi impose una corsiva semplice, elegante e più fluida. L’attenzione per la calligrafiasi è rinnovata tra l’Otto e il Novecento soprattutto in Inghilterra. Mentrenell’Ottocento e fino agli inizi del Novecento la calligrafia ha costituito materia diinsegnamento nelle scuole, il diffondersi di nuovi strumenti tecnologici ha oggievidentemente ridotto fino quasi ad estinguerla l’importanza dell’arte calligrafica.

35. La notazione numerale35. La notazione numerale35. La notazione numerale35. La notazione numeraleAgli inizi della civiltà per rappresentare i numeri ci si serviva di aggregati di oggetti,corrispondenti alle unità da numerare: tacche in pezzi di legno, file o mucchietti dipietruzze, nodi in cordicelle, ma soprattutto la mano stessa dell’uomo o le due maniriunite.Si può dire che ogni società aveva un proprio sistema di numerazione.L’introduzione dei numeri arabi (o indiani, perché furono ideati in India)nell’Europa occidentale, pur essendo una delle più importanti innovazioni chedobbiamo al Medioevo, avvenne a prezzo di forti resistenze e opposizioni.Secondo lo storico inglese John Barrow (1764-1848), l’avvento dei numeri indo-arabi è stato la più grande rivoluzione dell’ultimo millennio. La dobbiamo a papaSilvestro II (999-1003), eccezionalmente esperto di matematica e astronomia, cheaveva studiato in Spagna e che insegnò il nuovo modo di contare a generazioni di

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ecclesiastici. Fu una battaglia epica ma alla fine i numeri arabi ebbero il sopravvento;erano più pratici di quelli romani e funzionavano meglio.In effetti ancora oggi, utilizziamo la numerazione romana in alcuni casi. In talenumerazione il numero I (uno) mantiene il proprio valore di unità qualsiasiposizione esso occupi : così, IV (quattro) vale come “uno meno cinque”, il XII(dodici) vale uno e uno più dieci e così via. Nella numerazione indo-araba, invece, unnumero III ha un valore completamente diverso dalla somma delle singole cifre : valeinfatti centoundici e non tre, come il numero III della numerazione romana.Proprio a causa di una differenza così grande non solo nella scrittura, ma proprio nelmodo di pensare i numeri, per lungo tempo mercanti e banchieri si opposero ainumeri arabi. Secondo loro, i nuovi numeri si prestavano agli inganni e allefalsificazioni, mentre quelli romani erano più sicuri.E tuttavia, se è vero che papa Silvestro II conosceva e faceva conoscere i numeriarabi, non fu lui a diffonderne l’uso in Europa. Ci vollero infatti almeno altri duesecoli prima che essi venissero adottati, grazie ai lavori di alcuni studiosi come lospagnolo Gondisalvi (sec. XII) e l’italiano Fibonacci (sec. XII-XIII). Il primo scrisseun Libro dei numeri degli Indi e il secondo il Libro dell’abaco (antico pallottoliere o altroprimitivo strumento per far di conto), due opere che furono utilizzate per tutto ilDuecento. In esse si parlava di geometria, aritmetica, come pure di equazioni diprimo e secondo grado. Il loro successo fu dovuto quindi alla necessità dei mercantie dei banchieri del tempo di utilizzare tale numerazione a fini pratici. Infatti,secondo il cronista Villani (c. 1280-c. 1348), a Firenze nel 1340 ben mille ragazzistudiavano nelle scuole di abaco.La numerazione araba, inoltre, fu adottata dai naviganti e dagli astronomi per i lorocalcoli.Questa lunga evoluzione della notazione numerale ha fornito gli elementi base per lanascita dell’informatica.

36. La scrittura informatica applicata alle scienze umanistiche36. La scrittura informatica applicata alle scienze umanistiche36. La scrittura informatica applicata alle scienze umanistiche36. La scrittura informatica applicata alle scienze umanisticheA padre Roberto Busa, nato a Vicenza il 28 novembre 1913 e gesuita dal 1933,l’Enciclopedia Treccani attribuisce il merito di essere “riconosciuto universalmente comeil pioniere dell’informatica linguistica”.Il suo nome è legato principalmente alla analisi linguistica computerizzata di 118scritti tomistici e 61 opere di altri autori collegati, per un totale superiore ai 10milioni di parole. Il monumentale lavoro, iniziato nel 1946, termina la sua primafase con la pubblicazione dei 56 volumi che compongono l’Index Thomisticus nel 1980:“piú di 20 milioni di righe, quattro volte quelle dell’Enciclopedia Treccani”.Nel 1949, l’incontro a New York con Thomas Watson sr, fondatore dell’IBM, diedeuna svolta epocale al progetto di padre Busa e, insieme, all’informatica umanistica:dai previsti 12 milioni di schede perforate si passò a 1800 nastri magnetici di 800 mciascuno. Attraverso varie generazioni di computer, il prodotto finale da cui furicavato l’Index Thomisticus trovò posto in circa 20 nastri, per un totale di soli 16

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chilometri. Da questi, finalmente, nel 1992 fu tratta la prima versione su CD-Romdell’Opera omnia di san Tommaso, interamente codificata e lemmatizzata.Nel corso della sua lunga pratica di elaborazione e lemmatizzazione dei linguagginaturali, che prosegue ininterrotta ancora oggi, padre Busa valuta di aver trattato piúdi 22 milioni di parole in una ventina di lingue almeno, promuovendo - da autentico‘missionario’ - la diffusione dell’informatica umanistica nei piú diversi paesi delmondo.

37. La scrittura informatica e digitale37. La scrittura informatica e digitale37. La scrittura informatica e digitale37. La scrittura informatica e digitaleLe origini della scrittura digitaleLe origini della scrittura digitaleLe origini della scrittura digitaleLe origini della scrittura digitaleSoltanto con l'invenzione della stampa tra il 1452 ed il 1455, comincia ladifferenziazione tra il processo della scrittura e quello della riproduzione del testo.Soltanto nell'Ottocento anche chi scrive comincia a far uso di una macchina,suscitando, proprio come il computer oggi, diffidenze ed entusiasmi.Tuttavia gli utensili che servono per scrivere a mano (penna) o per dattiloscrivere (itasti della macchina) hanno una caratteristica comune: agiscono immediatamentesulla carta. La metamorfosi che conduce alla videoscrittura comincia da qui, daldissociare il funzionamento degli utensili dall'azione immediata sulla carta. L'altromutamento avviene quando alla macchina per scrivere elettrica si assegna un po' dimemoria interna per conservare solo temporaneamente quantità più o meno ampie ditesto: ciò rende più agevole fare correzioni. Infine alla memoria interna si aggiungeuna memoria esterna su supporto magnetico, una cassetta prima, poi un dischetto.La svolta definitiva si ha quando si comincia a usare uno schermo per visualizzare lascrittura ed infine quando queste macchine sono connesse ad un computer, che nelfrattempo, indipendentemente dalla videoscrittura ha sviluppato le proprietecnologie. La scrittura diventa immateriale e si affida all’onda invisibile degliimpulsi elettrici.Lo schermo sostituisce la carta.Lo schermo sostituisce la carta.Lo schermo sostituisce la carta.Lo schermo sostituisce la carta.La comunicazione scritta è efficace soltanto se chi scrive sa affrontare con abilità inumerosi vincoli che gli vengono imposti dalla situazione. Chi scrive è come uncentralinista nell'ora di punta, deve saper gestire contemporaneamente più esigenze.Scrivere è dunque un'attività complessa in cui la redazione del discorso si configuracome un processo di graduale avvicinamento al testo definitivo. Questa è la tecnicadi chi scrive da professionista, qualunque sia il suo mestiere: giornalista, redattore,scrittore, tecnico, studioso. La scrittura elettronica aiuta a gestire i molteplici vincolicui è sottoposto chi scrive.La scrittura elettronica permette infatti di avere sotto gli occhi i diversi stati deldiscorso così come la mente li concepisce e di far lavorare su un oggetto testo, che sipuò correggere secondo propri criteri e giudizi. L'elaboratore non è una lampada diAladino, cioè uno strumento che pensa per chi scrive, o che elimina la fatica dellavoro, è piuttosto uno strumento che può aiutare a rendere più produttivo l'attodello scrivere. Il computer permette la stesura definitiva di diverse redazioni del

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testo, su cui è possibile intervenire a più riprese e con diversi obiettivi: primal'individuazione delle informazioni, adatte ad esporre o ad argomentare un giudizio;poi la loro strutturazione; infine la correttezza e la cura della forma espressiva, che siadegua al destinatario del testo e allo scopo della comunicazione.L'elaboratore è una macchina che permette di concepire il testo come un oggetto inlavorazione. Chi scrive con carta e penna deve organizzare nella propria mente le suefrasi, anzi tende a "risparmiare" sulla scrittura, proprio perchè tende a limitare lecorrezioni, dunque tende ad inibirsi, a scrivere mentalmente il suo testo, anzichélavorarlo sulla carta. E' dunque sottoposto ad un lavorio di astrazione mentale chenon sempre consente di affrontare al meglio i molteplici vincoli che la scrittura inogni caso pone. Ebbene un sistema elettronico presenta un sicuro vantaggio: dàconsistenza materiale alla scrittura. Il testo elettronico compare rappresentato nonsu carta, ma su uno schermo e, proprio per questo, può essere facilmente lavorato,cioè corretto, modificato, rivisto. Come un oggetto materiale che prende forma sottogli occhi e le mani di chi lo sta pensando e scrivendo. Il testo elettronico non obbligaa risparmiare sulla scrittura, consente di oggettivare quanto si ha in testa e proprioper questo consente di sviluppare il discorso, tenendo conto di tutte le esigenzecomunicative che la situazione impone. Un sistema elettronico di scrittura nonequivale ad una macchina per scrivere. Dice Umberto Eco che il computer è unamacchina molto spirituale, perchè permette di scrivere quasi alla velocità delpensiero.

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11883333 Macchina analitica di Babbage

11993399 Entra in funzione il primo calcolatore funzionante con codice binario. L'inventore fuil matematico George Robert Stibitz, che aveva a disposizione solo lampadine e relètelefonici. Proprio perché il relè, per sua natura, può essere acceso o spento, il codi-ce che ne derivò fu necessariamente quello dello "0" e "1"

11994444 Entra in funzione il calcolatore elettromeccanico "Mark 1". Costruito nei laboratoridella Industrial Business Machines (I.B.M.), funziona con dei programmi registratisu nastro perforato. Pesa quasi 5 tonnellate, e le sue 78 sezioni di calcolo sonocomandate con più di 3000 relè

11994466 il matematico americano John von Neumann teorizza il funzionamento di un calco-latore tramite programmi immessi nella memoria centrale, insieme a dati da elabora-re. Fino ad allora, infatti, ogni calcolatore eseguiva solo le istruzioni per le quali erastato costruito

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11995566 Appare il primo hard-disk della storia. E' composto da un pila alta un metro e mezzocontenente una cinquantina di dischi metallici larghi quasi 62 cm.: questa straordi-naria superficie magnetica (quasi 14 metri quadrati) ha una capacità di ben 5megabytes, un vero record per quell'epoca

11996633 Un gruppo di ricercatori americani progetta e realizza un rivoluzionario sistema diposizionamento rapido del cursore sullo schermo: per la sua forma particolare vienechiamato inizialmente "mouse", nome che lo accompagnerà per il resto della sua esi-stenza. Tuttavia, non fu introdotto nel mercato: solamente nel 1981 fece la sua com-parsa insieme ad un computer della Xerox

11996644 Vengono sviluppati alcuni dei software più importanti mai immessi nel mercato. Agiugno la IBM mette a punto il primo "word processor" della storia, mentre un grup-po di ricercatori americani getta le basi del sistema OCR (riconoscimento automati-co dei testi). Fu anche presentata la prima "tavoletta grafica" capace di inviare al com-puter i disegni tracciati sulla sua superficie da una stilo

11997722 Viene annunciata la nascita del primo "floppy" disk. Il primo disco magnetico "fles-sibile" disponibile sul mercato ha un diametro di 8 pollici (più di 20 cm!) e puòimmagazzinare fino a 120 Kb di dati

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11997744 La rivista americana Popular Electronics annuncia il primo microcomputer vendutoin kit: l'ALTAIR 8800

11997799 Barnaby scrive l'editore di testo Wordstar

11998844 APPLE commercializza Macintosh che integra interfaccia grafica e mouse

11998855 ALDUS realizza il primo programma di editoria da tavolo, Page maker, permettendoil layout di pagina e la definizione dei caratteri tipografici sul desktop

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11998866 Viene distribuito sul mercato "Guide", il primo programma per la realizzazione diipertesti studiato per i personal computers. Ideato inizialmente da Peter Brown comeprogetto di ricerca presso l'Università del Kent per l'utilizzo su grandi workstation ,venne in seguito commercializzato dalla "Office Workstations Limited" (OWL)

11999944 Viene lanciato sul mercato dall'IBM un software che permette a qualsiasi PC 486 discrivere sotto dettatura in tempo reale. Il Personal Dictation System (IPDS) ha peròuna precisione del 98%, pari a uno-due errori ogni 106 parole. Sa scrivere in inglese,americano, francese, spagnolo, tedesco e italiano

11999988 Nascono i primi dispositivi appositamente concepiti per fungere da lettori di e-book

22000000 Viene presentato da Microsoft il prototipo del Tablet PC. Personal computer utiliz-zabile come una vera e propria lavagnetta

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22000011 Electronic Ink e Philips annunciano l'inchiostro elettronico

22000011 Media lab MIT (Massachusets Institute of Technology) e Xerox Corporation pre-sentano il progetto Gyricon, la carta elettronica

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38. Scrittura e arte38. Scrittura e arte38. Scrittura e arte38. Scrittura e arteDal cubismo e dal futurismo, agli inizi del Novecento, nel clima delle Avanguardiestoriche, viene profondamente messa in discussione la separatezza tra parola eimmagine, che s’era imposta con la vittoria sui pittogrammi e gli ideogrammiconquistata dagli alfabeti. Che ancorano il loro codice non più a un qualche rapportovisivo di ‘somiglianza’ col referente, ma a quello con gli elementi fonici, fondandocosì un sistema simbolico costitutivamente alieno da valenze iconiche. Di qui lainevitabile millenaria non coincidenza tra comunicazione scritta e rappresentazionevisiva, tra letteratura e arti figurative, tra poesia e pittura.Quando si cerca una visualizzazione del significato in rappresentazioni grafichefigurali, nella poesia alessandrina e tardolatina o negli acrostici altomedievali, ciòavviene sempre di fatto all’interno del cosmo verbo-letterario. Come poi in certapoesia barocca e, tra Ottocento e Novecento, in ambito letterario simbolista, e inmolte delle stesse ‘parolibere’ e ‘parole in libertà’ futuriste, tuttavia, qui, scavalcate indirezione di vere ‘paroleimmagini’, di parole che innovativamente si fanno immagini,come in certe ‘tavole’ di Marinetti, ove lettere e parole trovano la loro ‘libertà’secondo norme interne all’opera, autonome nei confronti di dipendenze semanticheobbligate e della medesima simbolicità alfabetica.In quelle tavole, come nei Calligrammes di Apollinaire, in contatto con cubisti efuturisti, si verifica un radicale rimescolamento di codici: non solo la parola divieneimmagine, ma dell’immagine assume le valenze rappresentative. Si realizzano‘contaminazioni’, analogamente praticate in pittura, nell’area cubista, ancora, efuturista, attraverso associazioni e interferenze di parole e immagini, anche colricorso al collage: in Carrà o Balla come in Picasso e Braque, e poi negli sviluppidell’arte russa e quindi sovietica degli anni dieci e venti, dagli artisti cubo-futuristifino a Majakovskij. Analoghi gli sviluppi, nella diversità, in altre emergenzedell’avanguardia della prima metà del secolo scorso, in particolare nel Dadaismo e nelSurrealismo, dove Magritte compone nel 1929 una sorta di manifesto teorico-programmatico, intitolato a Les mots et les images, le parole e le immagini.È il retroterra delle ricerche, vivacissime, diramate e numerose, che si affollano,anche in Italia, dal secondo dopoguerra lungo gli anni cinquanta, sessanta e settanta.Con episodi di grande rilevanza, quali la Poesia concreta, la Poesia tecnologia, la Nuovascrittura, e in genere la cosiddetta Poesia visiva, termine che dovrebbe comprenderetutte le ricerche in questo campo, ma che ha assunto anche un significato piùspecifico in rapporto a particolari autori e vicende svoltesi dalla seconda metà deglianni Sessanta, anche con intenzionalità ideologiche. Poi superate, negli anni settanta,dall’accentuarsi di istanze concettuali, che hanno riportato l’accento sullo spessoreanalitico, di indagine sul linguaggio – verbale, visivo, verbovisivo – , del resto semprepresente, seppur con peso diverso, in queste esperienze.

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39. Scrivere la musica39. Scrivere la musica39. Scrivere la musica39. Scrivere la musicaLa scrittura musicale: il tentativo millenario di trasmettere la voce dello SpiritoLa scrittura musicale: il tentativo millenario di trasmettere la voce dello SpiritoLa scrittura musicale: il tentativo millenario di trasmettere la voce dello SpiritoLa scrittura musicale: il tentativo millenario di trasmettere la voce dello SpiritoOgni forma di scrittura rappresenta una tappa nel cammino della consapevolezzastorica da parte dell’uomo e un tentativo di fissare il ricordo e la memoria diavvenimenti ed episodi.La musica nata nel contesto delle prime liturgie cristiane è un’esemplaretestimonianza di questo cammino, costellato di momenti significativi anche perl’intera storia della musica.Gli inni delle prime liturgie, che trovano una formalizzazione nei secoli III e IV,sono la testimonianza di fede delle prime comunità cristiane, composti da autori chehanno segnato la storia del pensiero ecclesiale e teologico, quali S. Agostino e S.Ambrogio. La Bibbia è il libro a cui si fa riferimento nella stesura dei testi e lemelodie, da cui nascerà il canto gregoriano, sono semplici, senza accompagnamentostrumentale, austere per sottolineare la loro esclusiva destinazione: l’atto sacro. Latrasmissione orale delle melodie non fa perdere l’originalità dei movimenti musicalidegli anonimi compositori: ciò è dovuto anche al fatto che quelle che diverranno lemelodie del canto gregoriano si ispirano ad alcuni schemi che vengono ripetuti.L’applicazione di tali schemi ai testi crea dei modelli musicali, poi definiti come gli“otto toni” gregoriani: una sorta di codificazione modale ante litteram.E’ attorno ai secoli VIII-XI che si inizia a fissare le melodie con neumi in campoaperto: sopra i testi dei canti sacri per la liturgia vengono posti dei segni per indicarel’andamento dei suoni da eseguirsi e il movimento melismatico (un’unica vocalecantata da più note). Tali notazioni (oggi identificate come codici di Laon, SanGallo, Einsiedeln, Beneventano, ecc.) non servivano però a definire l’altezza deisuoni: l’assenza di un riferimento lasciava alla libertà dell’esecutore l’applicazione diquella che con linguaggio moderno chiamiamo “tonalità”. Questa prima scritturamusicale è la testimonianza della diffusione del canto sacro in tutta Europa:l’avvento dell’unità politica e culturale rappresentata dal Sacro Romano Imperopermette la circolazione del canto in tutti i monasteri e nelle principali chiese.E’ importante creare dei riferimenti scritti perché tale diffusione non perda le tracceoriginali delle melodie.In un secondo tempo vennero applicate ai neumi delle righe di riferimento perdelimitare l’altezza dei suoni: la riga giallariga giallariga giallariga gialla per il DoDoDoDo e quella rossarossarossarossa per il FaFaFaFa. Questoepisodio diede l’idea al monaco Guido d’Arezzo (c. 990-1050) per l’aggiunta dialtre due righe: si giunse così a creare il tetragramma, prima vera codificazionemusicale universale, sul quale si potevano fissare i suoni, le altezze, le lunghezze inmodo uguale per tutti. Nascono le sette note che oggi conosciamo e l’evoluzione deltetragramma porta alla nascita, in epoca rinascimentale, del pentagramma. Le notericalcano ancora i segni del canto gregoriano nello stile e nelle figure (virga, punctus,ecc.), ma il distacco dall’antico cantus planus è ormai senza ritorno.Nel XVIII e XIX secolo la scrittura musicale diviene non più solo una libera tracciaper l’ispirazione dell’esecutore (tale era il principio dell’improvvisazione barocca) maun riferimento quasi assoluto: alle note sul pentagramma si aggiungono i segni

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dinamici ed espressivi. Questa evoluzione, per altro inevitabile data la diversità deimolteplici stili musicali, segna una sorta di tentativo di intrappolare nella scritturatutto il linguaggio musicale, con lo scopo di dare all’esecutore ogni informazionepossibile in merito al contenuto della partitura.Solo nel XX secolo si tornerà ad una scrittura musicale più libera, meno vincolante,capace di tradurre sulla carta anche i nuovi suoni, le forme della dodecafonia, i ritmie i contenuti culturali di un secolo tormentato.Le partiture di grandi compositori contemporanei non hanno più nulla dellapartitura classica, quella dei secoli XVIII e XIX, ma la ricerca di nuovi segnirappresenta un tentativo interessante che ci riporta all’origine del canto sacro,quando, cioè, la voce dello Spirito era libera da codificazioni e affidata unicamentealla trasmissione della fede nella liturgia.

40. La scrittura Braille40. La scrittura Braille40. La scrittura Braille40. La scrittura BrailleIl primo tentativo volto a consentire l’accesso alla lettura in modo serio edorganizzato ai non vedenti si deve al filantropo francese Valentin Valentin Valentin Valentin HaüyHaüyHaüyHaüy (1745-1822), funzionario del Ministero degli Esteri. Egli ideò la lettura per ciechi a segniorizzontali: dopo aver fabbricato delle lettere di legno, Haüy aveva in seguito fissatosu del cartone dei caratteri ordinari stampati in rilievo che formavano, così dellesporgenze rilevabili al tatto. Facili a leggersi per i vedenti, erano invece difficili dadistinguere per mezzo dei polpastrelli delle dita; d'altra parte erano moltoingombranti e la loro composizione richiedeva parecchio tempo. Malgrado questiinconvenienti, l'invenzione apriva la via alla lettura mediante il tatto.La scuola di Haüy però non prosperò molto, ed in seguito fu unita al Ricovero perciechi invalidi fondato da Luigi IX, e dopo pochi anni definitivamente chiusa.Successivamente, nella seconda metà dell’Ottocento, Luigi Luigi Luigi Luigi BallùBallùBallùBallù inventò uningegnoso sistema di scrittura in rilievo a punti che, se pure a costo di molta fatica,consentiva ai non vedenti una primordiale comunicazione scritta.Il metodo di lettura di Valentin Haüy ed il successivo sistema di punteggio di Ballùnon avevano però risolto definitivamente il problema dell’educazione dei nonvedenti: il cieco poteva infatti solo leggere, i libri erano pochi e la velocità di letturaera inoltre bassissima.Rivoluzionario fu il sistema di scrittura in rilievo inventato intorno al 1829 daLouis BrailleLouis BrailleLouis BrailleLouis Braille (1809-1852) per la sua perfetta aderenza alle esigenze del tatto. Ilsistema Braille è il perfezionamento di una scrittura tattile inventata da un ufficialedell’esercito napoleonico, Charles Barbier, che l’aveva inventata per redigere messagginell’oscurità decifrabili fra ufficiali impegnati nelle campagne militari.La sua caratteristica fondamentale è quella di essere a punti in rilievo che si incidonoprocedendo da destra verso sinistra in modo che, girando il foglio, si possa leggerenormalmente da sinistra a destra. Per scrivere in Braille occorrono un’appositatavoletta munita di un regolo mobile ed un punteruolo. Il regolo consta di due righedi 24 rettangoli ciascuna, in ognuno dei quali si possono incidere sei punti. I singoli

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segni vengono rappresentati mediante un differente numero di punti da uno a sei, ein totale si possono ottenere 63 segni che coprono tutte le esigenze di ogni forma dilinguaggio scritto e di tutte le segnografie matematiche e musicali.La scrittura Braille, pur rappresentando una scoperta eccezionale, non fu subitoaccettata negli istituti, che erano diretti da vedenti non favorevoli a dover imparareuna nuova scrittura. Solo intorno al 1850 il sistema di Louis Braille fu pienamenteaccettato a Parigi, città dove era nato. Nel 1865 gli allievi milanesi lo accettaronocon entusiasmo mentre il Inghilterra il metodo Braille fece la sua comparsa verso il1868.Oggi il Braille è l’unico sistema di scrittura e lettura per ciechi diffuso in tutto ilmondo. Il Congresso Internazionale di Parigi del 1878 lo aveva infatti dichiaratoufficiale per tutti gli stati, e l’U.N.E.S.C.O. ha un comitato apposito con il compitodi adattarlo a tutte le lingue. Anche in Cina è stato adottato facendo corrispondere isegni Braille non agli ideogrammi, ma ai suoni da essi rappresentati.

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GlossarioGlossarioGlossarioGlossario

Apicatura:Apicatura:Apicatura:Apicatura:i sottili trattini (lat. apices) che tagliano le aste delle lettere, soprattutto

delle litterae longae come I e T, nelle epigrafi romane.Attuario:Attuario:Attuario:Attuario:nell’antica Roma, ufficiale dell’esercito incaricato dell’approvvigionamento,

della distribuzione dei viveri alle truppe e della registrazione delle operazionimilitari; anche lo scrivano incaricato di raccogliere i discorsi pronunciati nel senato onelle assemblee politiche. Da cui la scrittura di tipo attuariale, cioè per appunti,cronache, etc.

Binario, codice:Binario, codice:Binario, codice:Binario, codice:(ingl. binary) un sistema di numerazione che abbia come sua base 2 (e non

10, come nel sistema decimale, o 16 dell’esadecimale). In esso l’informazione puòessere espressa combinando insieme in vario modo le cifre 0 e 1, il cui valore,ovviamente, dipende dalla loro posizione nella stringa numerica. E’ il linguaggio concui si esprime l’informatica. Il termine è la ripresa da parte della matematica delvocabolo binarius (deriv. di bini, ‘ a due a due’), usato però nel latino tardo perindicare ‘doppio’.

Bolla:Bolla:Bolla:Bolla:il termine indica sia il sigillo autenticante un documento imperiale o

pontificio, sia il documento stesso. Le bolle papali, ovvero le comunicazioni del papasu questioni importanti, sono rigorosamente in latino e ciascuna prende il suo nomedalle parole d’inizio.

Breve:Breve:Breve:Breve:termine latino medievale che indica uno scritto o una lettera pontificia,

munita di sigillo in ceralacca, meno solenne di una Bolla.Bustrofedico:Bustrofedico:Bustrofedico:Bustrofedico:detto riguardo all’andamento delle righe scritte sull’esempio delle iscrizioni

arcaiche, alternativamente da sinistra a destra e da destra a sinistra. Dal grecoboustrophedon ‘ che va nella direzione del bue che ara’.

Byte (simbolo B):Byte (simbolo B):Byte (simbolo B):Byte (simbolo B):gruppo di 8 bits (acronimo di binary digits). E’ una delle unità di misura usate

per indicare la quantità di informazione, per esempio, per i supporti di memoria(Floppy disk, RAM, CD-ROM, hard disk), corrispondente alla dimensione occupatada 1 carattere. In alcuni sistemi di codificazione vengono usati invece 2 bytes perrappresentare un carattere ideografico cinese o di altra lingua la cui scrittura siatipologicamente affine alla scrittura ideografica cinese.

Calamo:Calamo:Calamo:Calamo:cannuccia appuntita (da intingersi nell’inchiostro) con la quale gli antichi

scrivevano sul papiro e sulla pergamena.

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Cuneo:Cuneo:Cuneo:Cuneo:prisma a sezione triangolare per lo più isoscele, di materiale duro, usato per

fendere, spaccare o bloccare. Realizzato come uno stilo dagli Assiro-Babilonesi edagli Ittiti per realizzare la scrittura cuneiforme, consistente appunto in incisioni linearia forma di cuneo impresse nella pietra o nell’argilla.

Demotico:Demotico:Demotico:Demotico:popolare, volgare. Tipo di scrittura dell’antico Egitto, derivante dalla ieratica,

di cui costituisce una forma abbreviata a partire dal VII sec. a.C. e un surrogatonormale a partire dall’età tolemaica. Da demos, popolo.

Diacritica:Diacritica:Diacritica:Diacritica:L’insieme dei segni supplementari per precisare particolarità di pronuncia

non rese dai segni consueti, come il tilde nelle lingue spagnole (ñ) o la pipa dellelingue slave ( c ) usati per le traslitterazioni fonetiche per segnalare processi dinasalizzazione e di palatalizzazione; oppure la dieresi italiana (es. rëale) persottolineare il valore bisillabico del gruppo ea. Dal greco diakritikos, atto a distinguere.

Dodecafonia:Dodecafonia:Dodecafonia:Dodecafonia:moderna tecnica di composizione musicale ideata verso il 1920 legata al

nome di Arnold Schönberg e basata sul principio dell’atonalità. In questa visionenon esistono più relazioni di importanza o funzione tra i gradi della scala masoltanto una libera successione di 12 semitoni sui quali poi verranno costruite lenuove melodie.

Ductus:Ductus:Ductus:Ductus:indica il tratteggio dei singoli elementi della lettera, l’ordine di successione

degli stessi e anche l’andamento generale del tracciato, con riferimento ai tempi diesecuzione (lento, veloce, etc.).

Filigrana:Filigrana:Filigrana:Filigrana:impressione di un disegno, cifra o simbolo, fissata nel corso di

fabbricazione della carta, visibile in controluce. Costituisce il marchio di fabbricadella cartiera e serve a contraddistinguere il prodotto, la qualità e la zona di origine.Utile per datare i manoscritti e le edizioni antiche e per individuarne il luogo difabbricazione. Venne usata per la prima volta in Italia nel 1282 a Fabriano. Vi sonorepertori che ne censiscono oltre 16.000 tipi ( prodotti tra il secolo XIII e il secoloXVII).

Filone:Filone:Filone:Filone:nella fabbricazione della carta è il filo metallico disposto verticalmente che

sorregge le vergelle disposte orizzontalmente e parallele al lato maggiore del foglio. Leimpronte lasciate dai filoni si scorgono guardando la carta in controluce.

FoneticaFoneticaFoneticaFonetica:scienza dei suoni tradizionalmente intesi, e quindi considerati isolatamente

secondo i processi delle loro singole articolazioni.

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Fonetica, scritturaFonetica, scritturaFonetica, scritturaFonetica, scrittura:un sistema di scrittura si dice fonetico quando i suoi segni sono concepiti per

riflettere più o meno specularmente la catena dei suoni di una data lingua; ognisingolo elemento della scrittura rimanda quindi innanzitutto a un segmento disuono della lingua e non ad un significato di essa.

Forma:Forma:Forma:Forma: in tipografia indica la composizione della pagina chiusa nel telaio, pronta

per la stampa. E’ detta forma di bianca quella stampata per prima e forma di volta quellastampata per seconda, sul lato opposto del foglio.

GlifoGlifoGlifoGlifo:incavo a sezione tonda o angolare, come ornamento architettonico.

Impiegato nella realizzazione della scrittura monumentale Maya.Grafema:Grafema:Grafema:Grafema:in linguistica, segno che in un sistema grafico (alfabetico, sillabico o

ideografico) costituisce l’unità grafica minima. Derivato dal greco grapho, scrivere.Ieratico:Ieratico:Ieratico:Ieratico:sviluppo corsivo della scrittura geroglifica egiziana elaborato e

ordinariamente impiegato dai sacerdoti in epoca tolemaica romana. Dal greco hieros,sacro.

Ideogramma:Ideogramma:Ideogramma:Ideogramma:simbolo grafico che rappresenta non un valore fonetico ma un’immagine o

un’idea. Da cui scrittura ideografica.Incunabulo:Incunabulo:Incunabulo:Incunabulo:dal latino incunabula, ‘in culla, in fasce’, il termine indica i libri stampati fra il

1450 ed il 1500 incluso.Interfaccia:Interfaccia:Interfaccia:Interfaccia:linea o superficie che costituisce un confine comune tra due entità

oggettuali, in senso concreto o figurato. Nel complesso insieme hardware e softwaredi un computer, indica ogni congegno – o configurazione di congegno – cheprovveda a collegare due o più unità di vario genere tra di loro, a fini comunicativi ooperativi. Esempi di interfacce: porte per le unità periferiche del PC o lo schermo delmonitor. Il termine inglese ha avuto enorme diffusione a partire dagli anni ’60 delsecolo XX, inizialmente in ambiente informatico e poi in un numero incalcolabile dialtri ambienti culturali, addirittura inflazionato.

Ipertesto:Ipertesto:Ipertesto:Ipertesto:l’insieme dei file-documento, dei file-immagine e dei file-suono che, a

prescindere dalla collocazione fisica dei files componenti, può essere percorso inmodo multidirezionale dall’utente-lettore che si avvalga dei numerosi linkspreconfigurati. Un ipertesto può essere tematicamente coerente (al pari di un testo,romanzo, etc.) oppure no (ad es. una home-page che di solito presenta realtàdisparate).

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Koinè Koinè Koinè Koinè diálektos:diálektos:diálektos:diálektos:termine greco usato per indicare una lingua comune che si sovrappone ai

dialetti locali. Per analogia, si può parlare di koiné culturale per definire una civiltàcomune accettata da popolazioni diverse.

Logografia:Logografia:Logografia:Logografia:termine coniato da Leonard Bloomfield (Language, New York 1933).

Scrittura in cui ogni elemento sta a simboleggiare una parola della lingua.LunateLunateLunateLunate, lettere (lettere (lettere (lettere (o lettere con gli occhiali):lettere con gli occhiali):lettere con gli occhiali):lettere con gli occhiali):sono segni di un alfabeto storico (greco, ebraico, etc.) i cui tratti terminali

sono chiusi con piccoli occhielli. La denominazione (dal francese lettres à lunettes) fuconiata da Moïse Schwab nel 1899 per il tipo ebraico, ma si tratta di unadeformazione assai diffusa dal tardo antico al medioevo.

Matrice:Matrice:Matrice:Matrice:blocchetto metallico recante l’impronta di una lettera o di un fregio e, per

estensione, qualsiasi forma da cui si ottiene la stampa (lastre litografiche, zinchi,ecc.).

Melisma:Melisma:Melisma:Melisma:Figurazione tipica del canto gregoriano. Dal greco mélisma, melodia.

Successione di note eseguite su un’unica sillaba.Mnemotecnica Mnemotecnica Mnemotecnica Mnemotecnica (o mnemonicamnemonicamnemonicamnemonica)::::l’insieme degli espedienti atti a facilitare, specialmente a scopo didattico, il

ricordo di dati e nozioni. Uno dei più usati è quello di mettere in versi ciò che sideve ricordare. Un altro sistema consiste nel formare delle parole o frasi che hannoun suono simile alle parole che si vogliono ricordare.

Nabateni,Nabateni,Nabateni,Nabateni, carattericarattericarattericaratteri:scrittura adottata dai Nabatei, antica popolazione con centro nella città di

Petra, a sud-Est del Mar Morto. In origine nomadi, divenuti in seguito sedentari,diedero vita ad un regno di notevole importanza tra il secolo II a.C. e il I d.C.

Neuma:Neuma:Neuma:Neuma:nella notazione musicale medievale segno grafico di forma quadrata che

indicava un certo movimento della linea melodica o un certo modo di esecuzione.Caratteristico del canto gregoriano e della scrittura musicale precedenteall’introduzione delle indicazioni di durata, oltre che di altezza, del segno musicale.

Note tironianeNote tironianeNote tironianeNote tironiane:sistema stenografico ideato da Marco Tullio Tirone, liberto di Cicerone, per

raccogliere più facilmente i discorsi pubblici dell’oratore; consisteva in una serie disegni tachigrafici per rendere agevole e veloce la scrittura che creavano un sistemacomplesso ma capace di abbreviare tutte le parole della lingua latina. I Commentariinotarum Tironianarum raccolgono circa 13.000 segni. Le note tironiane furono usatenelle cancellerie fino all’epoca carolingia.

OstrakonOstrakonOstrakonOstrakon:Indicava in origine ‘guscio di testuggine’, ‘conchiglia’ (cfr. il lat. ostrea,

‘ostriche’) e poi ‘vaso di terracotta’, ‘coccio’. Nell’antichità i cocci erano spesso usati,

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in quanto materiale di poco prezzo, come supporto scrittorio: sappiamo dell’usoateniese di scrivere su ostrakon i nomi dei concittadini da condannare all’esilio(ostracismo).

Palinsesto:Palinsesto:Palinsesto:Palinsesto:manoscritto il cui testo originario è stato raschiato o tolto con un lavaggio,

per essere sostituito con un nuovo scritto. Termine che può essere esteso anche adaltri tipi di reimpiego di fogli manoscritti (per dorsi, copertine, ecc,)

PeciaPeciaPeciaPecia:nome dato nel Medioevo ad ognuno dei fascicoli formati dalla piegatura in

quattro della pezza di pergamena (o membrana) ricavata da una pelle intera, e perciòdi 8 pagine. Nella produzione libraria universitaria (secolo XIII-XIV) il testoutilizzato per l’insegnamento era suddiviso in pecie sciolte e numerate, depositate (inuna copia ufficiale approvata dall’università) presso un funzionario (stationarius) chele affittava agli studenti secondo le tariffe stabilite ed imposte dai commissarinominati dall’università (petiari) con scopi di controllo. Inoltre la pecia costituival’unità di misura del lavoro eseguito da un copista, che veniva retribuito secondo ilnumero di pecie da lui trascritte.

Pentagramma:Pentagramma:Pentagramma:Pentagramma:serie di cinque righe orizzontali e parallele utilizzata per le scritture

musicali (dal greco pentagrammos, ‘di cinque righe’). Suo antenato fu il tetragrammatetragrammatetragrammatetragramma(quattro righe), oggi usato solo nella notazione del canto gregoriano.

Pittogramma:Pittogramma:Pittogramma:Pittogramma:elemento grafico legato in modo riconoscibile al significato di un termine,

più spesso ad un’area di significati, che esso sta a rappresentare. Ad esempio,l’immagine del sole starà a significare, oltre che ‘sole’, anche ‘giorno’, ‘calore’,‘brillare’, ecc.

ProgressivoProgressivoProgressivoProgressivo:è così definito il nostro andamento di scrittura da sinistra a destra.Punzone:Punzone:Punzone:Punzone:asta di acciaio duro recante all’estremità tronco-piramidale una sigla, una

lettera o un numero o altro segno particolare inciso, che serve per contrassegnare unasuperficie. Con essi si preparavano le matrici per la stampa.

RetrogradoRetrogradoRetrogradoRetrogrado:andamento della scrittura da destra a sinistra. Dal lat. retrogradus, che

cammina in senso contrario.Scriptio continua:Scriptio continua:Scriptio continua:Scriptio continua:scrittura senza divisione delle parole, tipica per esempio dei codici

dell’antichità classica e indiani, ma non di tutte le tradizioni scrittorie. Neimanoscritti greci la scriptio continua viene meno verso il III sec.

Scriptorium:Scriptorium:Scriptorium:Scriptorium:locale situato accanto alla biblioteca ove gli amanuensi svolgevano la loro

attività di copiatura, decorazione e rilegatura dei manoscritti. I principali monasteripossedevano un proprio scriptorium posto sotto la diretta sorveglianza dell’abate o di

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un magister. Durante l’alto medioevo le fondazioni ecclesiastiche furono sicuramentegli unici centri di produzione libraria.

Silografia (Silografia (Silografia (Silografia (o xilografia) xilografia) xilografia) xilografia):dal greco xylon , , , , legno e grapho, scrivo. Arte di incidere, di intagliare su legno

caratteri e figure in rilievo. I libri antichi contenenti figure o tavole riprodotte contali tecniche vengono detti, dagli antiquari, ‘con legni’. L’utilizzo della silografia furidotto dalla metà del sec. XVI per l’introdursi dell’incisione su metallo.

Stilo:Stilo:Stilo:Stilo:asticella di legno, osso od altri materiali con un’estremità appuntita e l’altra

piatta (per eradere) usata nell’antichità per scrivere sulle tavolette di argilla o di cera.Theca libraria:Theca libraria:Theca libraria:Theca libraria:astuccio in cui venivano riposti gli arnesi per scrivere.Tipo:Tipo:Tipo:Tipo:dal greco túpos, ‘colpo, impressione’; dal significato originario il termine è

passato ad indicare ‘immagine’ e poi ‘archetipo’, ‘modello’. Oggi usato comesinonimo di carattere tipografico.

TonalitàTonalitàTonalitàTonalità:in musica il complesso delle relazioni (intervalli) che legano una serie di

note o di accordi alla nota fondamentale (detta tonica) sulla base della scala(maggiore o minore), da cui tonalità in do maggiore, tonalità in re minore, etc.

Torchio:Torchio:Torchio:Torchio:la prima macchina usata per la stampa tipografica, funzionante

manualmente. Da principio fu costruito interamente in legno (in seguito di metallo)e conservò funzioni e fisionomia per tutti i 400 anni della sua storia, dal XV al XIXsecolo. Il principio di funzionamento del torchio fu fornito ai prototipografitedeschi dall’osservazione delle presse usate dai fabbricanti di vino della Valle delReno.

Vergella:Vergella:Vergella:Vergella:filo metallico teso orizzontalmente che con il filone forma la trama della rete

necessaria a trattenere l’impasto nella forma con la quale si fabbrica la carta a mano.

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Spunti di approfondimentoSpunti di approfondimentoSpunti di approfondimentoSpunti di approfondimento

M.ABBIATI, La lingua cinese, Cafoscarina, Venezia 1992

A.ALBERTI, Le tavolette cuneiformi della III dinastia di Ur della collezione dell’UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano (vol. in preparazione)

A.ALBERTI, Le tavolette della III dinastia di Ur all’Università Cattolica del Sacro Cuore diMilano, Comunicazione al Convegno multidisciplinare e intersettoriale sulle origini del denaro,Senago, 17 novembre 2001

V.ALLETON, La grammatica del cinese, Ubaldini, Roma 1973

L.BALDACCHINI, Il libro antico, Carocci, Roma 1998

G.BALLAIRA, Esempi di scrittura latina dell’età romana, Edizioni dell’Orso, Alessandria1993

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G.BOSON, Le tavolette cuneiformi sumere dell’ultima dinastia di Ur (2300-2100 circa a.C.),“Aegyptus”, X (1929), pp. 257-290 e XI (1930), pp. 145-160

G.BOSON, Tavolette cuneiformi sumere degli archivi di Drehem e di Djokha dell’ultima dinastiadi Ur , Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Serie XII, 2, Milano1936 (tavv. 300-372)

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G.CENCETTI, Lineamenti di storia della scrittura latina, Patron, Bologna 1997

J. CHADWICK, L’enigma della scrittura micenea, Einaudi, Torino 1959

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