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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI RESOCONTO STENOGRAFICO 12. SEDUTA DI MERCOLEDÌ 1 o LUGLIO 2009 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GAETANO PECORELLA INDICE PAG. Sulla pubblicità dei lavori: Pecorella Gaetano, Presidente .................... 2 Audizione del dottor Giuseppe Peleggi, di- rettore dell’Agenzia delle dogane: Pecorella Gaetano, Presidente . 2, 10 11, 15, 17, 18 Bratti Alessandro .................................. 10, 15, 18 PAG. Burdo Rocco, responsabile del Servizio in- telligence dell’Antifrode centrale ................. 15, 17 De Angelis Candido .............................. 10, 16, 17 Mazzuconi Daniela ...................................... 11 Peleggi Giuseppe, direttore dell’Agenzia delle dogane ................................... 2, 11, 12, 15, 17, 18 ALLEGATO: Grafici ........................................ 19 Atti Parlamentari 1 Camera Deputati – Senato Repubblica XVI LEGISLATURA DISCUSSIONI RIFIUTI SEDUTA DEL 1 O LUGLIO 2009

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Le audizioni della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” aprono una panoramica incredibile sulla gestione dei rifiuti in Italia e nel Lazio.

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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTASULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE

AL CICLO DEI RIFIUTI

RESOCONTO STENOGRAFICO

12.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 1o LUGLIO 2009PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GAETANO PECORELLA

I N D I C E

PAG.

Sulla pubblicità dei lavori:

Pecorella Gaetano, Presidente .................... 2

Audizione del dottor Giuseppe Peleggi, di-rettore dell’Agenzia delle dogane:

Pecorella Gaetano, Presidente . 2, 10 11, 15, 17, 18

Bratti Alessandro .................................. 10, 15, 18

PAG.

Burdo Rocco, responsabile del Servizio in-telligence dell’Antifrode centrale ................. 15, 17

De Angelis Candido .............................. 10, 16, 17

Mazzuconi Daniela ...................................... 11

Peleggi Giuseppe, direttore dell’Agenzia delledogane ................................... 2, 11, 12, 15, 17, 18

ALLEGATO: Grafici ........................................ 19

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTEGAETANO PECORELLA

La seduta comincia alle 14,40.

(La Commissione approva il processoverbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non visono obiezioni, la pubblicità dei lavoridella seduta odierna sarà assicurata ancheattraverso impianti audiovisivi a circuitochiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione del dottor Giuseppe Peleggi,direttore dell’Agenzia delle dogane.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recal’audizione del dottor Giuseppe Peleggi,direttore dell’Agenzia delle dogane, che èaccompagnato dal dottor Rocco Burdo,responsabile del Servizio intelligence del-l’Antifrode centrale, dal dottor Pasquale DiMaio, direttore Area affari giuridici e daldottor Paolo Raimondi, dirigente Ufficiodel direttore.

L’audizione odierna rientra nell’ambitodi una serie di audizioni volte ad appro-fondire questioni di carattere generale ri-conducibili agli oggetti dell’inchiesta pre-visti dalla legge istitutiva.

Faccio presente ai nostri ospiti chedella presente audizione sarà redatto unresoconto stenografico e che se lo riter-ranno opportuno i lavori della Commis-sione proseguiranno in seduta segreta, in-

vitando comunque a rinviare eventualiinterventi di natura riservata alla partefinale della seduta.

Do la parola al dottor Peleggi cheringrazio ancora per la sua presenza.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Signor presidente,vorrei ringraziare tutti i membri dellaCommissione per l’invito. Ho preparatouna breve relazione sull’argomento di in-teresse: il contrasto al traffico di rifiutiilleciti è una delle attività che svolgiamo,non quella fondamentale, ma rispetto allaquale, comunque, negli ultimi anni ab-biamo posto una particolare attenzione.

Passerei senz’altro alla lettura dellarelazione, precisando peraltro che ho an-che portato con me altri atti, che descri-vono le attività tributarie ed extratributa-rie dell’Agenzia delle dogane e che hopresentato nel corso di un’audizione, diecigiorni fa, alla Commissione finanze e te-soro del Senato. Ho colto l’occasione peroffrirvi un’informativa più ampia circal’attività svolta dall’Agenzia.

La relazione che mi appresto a leggere,invece, è specificamente costruita perl’odierna audizione e intende spiegare le at-tività di controllo dell’Agenzia delle doganesul fenomeno del traffico illecito di rifiuti.

I funzionari dell’Agenzia delle doganesanno che vigilare sui traffici internazio-nali significa anche percepire le tendenzeindustriali e commerciali mondiali. Elabo-rare i dati del patrimonio informativodelle dogane significa, quindi, guardare davicino la globalizzazione, scandagliarla conun sofisticato sistema di analisi dei rischisulla cui base verranno selezionate lemerci da sottoporre a più approfonditocontrollo, documentale, fisico, o utiliz-zando i 28 scanner dislocati presso imaggiori porti e uffici doganali del paese.

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Limitando l’analisi ai settori merceolo-gici interessati dalla normativa ambientale,cioè alle categorie merceologiche che con-tengono voci quali avanzi, cascami, rot-tami e rifiuti, i container che vengonodichiarati per l’esportazione, l’importa-zione ed il transito sono migliaia e gene-rano un flusso di operazioni davvero no-tevole.

A presidio delle specifiche attività dicontrollo l’Agenzia dispiega un dispositivodi prevenzione e contrasto che si componea livello centrale di strutture di analisi e dimonitoraggio ed a livello territoriale dicirca 300 uffici delle dogane (comprese lesezioni operative territoriali) che svolgonoattività di controllo in tutti i porti edaeroporti nazionali e presso i maggioripoli industriali e commerciali del Paese.

Dello stesso dispositivo generale fannoparte strutture tecnologiche ed informati-che, che si compongono di un sistemainformatico di analisi dei rischi che ela-bora, a livello centrale ed in virtù delleesperienze specifiche di specialisti del-l’Agenzia, profili di rischio sulla base deiquali vengono selezionate le spedizioni dasottoporre a controllo, incrociando i daticontenuti nelle dichiarazioni doganali conquelli ricavabili dalle attività di intelli-gence a fonte aperta condotte dall’Ammi-nistrazione; gli esiti di tali analisi vengonoinseriti nel sistema informatico che collegatutti gli uffici territoriali dell’Agenzia intempo reale e, sulla base di dette indica-zioni di controllo, i funzionari che ope-rano presso gli uffici locali possono orien-tare le verifiche fisiche delle merci, deiveicoli, dei container, per ottenere il mi-glior risultato in termini di efficacia edefficienza; si compone, inoltre, di una retedi 28 scanner posizionati presso i maggioriporti, aeroporti e presso alcuni interporti.

Queste apparecchiature attraverso l’uti-lizzo di raggi x consentono di ottenere unafotografia del contenuto dei container cheviene comparata, da funzionari che hannopartecipato a numerosi corsi di alta spe-cializzazione, con i dati contenuti nelladichiarazione doganale. In caso venganorilevate incoerenze si procede all’aperturadel container e al controllo della zona che

presenta anomalie sull’immagine. In talmodo le operazioni di verifica vengonocondotte con maggiore velocità ed effica-cia. Tutte le immagini ottenute con gliscanner vengono trasmesse all’Ufficio Cen-trale Antifrode dove è possibile, ancheattraverso la comparazione con precedentiimmagini di prodotti identici, individuareeventuali ulteriori anomalie.

Con questi sistemi telematici e con taledispositivo tecnologico sono stati realizzatiimportanti risultati con l’accertamento dicentinaia di irregolarità rilevate sia almomento dell’importazione sia dell’espor-tazione.

Le scelte strategiche effettuate dal-l’Agenzia delle dogane nel corso dell’ul-timo triennio trovano conferma nella de-cisione, da parte dell’Organizzazione mon-diale delle dogane, che è composta di 174paesi, di considerare il traffico transfron-taliero di rifiuti come tema di particolarerilievo per le amministrazioni doganali nel2009. Si ritiene, infatti, che queste ultimepossano giocare un ruolo importante nel-l’ambito delle attività di prevenzione econtrasto in collaborazione con le forze dipolizia specializzate. Nel corso degli ultimitre anni, in Italia, le attività di analisicongiunta e coordinamento operativo conil comando dei Carabinieri per la tutelaambientale, con il quale è stato siglato unmemorandum di intesa nel 2006, hannoportato al sequestro di più di 14.000tonnellate di rifiuti negli spazi doganali ealla comunicazione di 147 notizie di reato.

Nell’ambito di tale rapporto di coope-razione vengono condotte analisi dei flussimerceologici ritenuti più a rischio di ille-cito e vengono trasmesse informative pe-riodiche per il miglioramento delle attivitàoperative svolte sul territorio sulla base diattività di intelligence che rendano possi-bili i controlli mirati.

Il grafico n. 1 mostra la distribuzionedei rifiuti sequestrati fra le varie categoriemerceologiche. Agli stessi dati occorre ag-giungere, inoltre, i risultati dell’indagine,partita dalla Dogana di Taranto, relativa alsequestro di 106.000 tonnellate di pet cokeper la quale l’Autorità Giudiziaria ha fi-nora ritenuto che sussistano gli elementi

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del reato mantenendo i sequestri operati.L’indagine, tuttora in corso di svolgimento,è stata condotta su tutto il territorionazionale dal Comando dei Carabinieriper la tutela della salute e dai ComandiCarabinieri tutela ambiente (NOE), aiquali questa Agenzia ha fornito un im-portante contributo.

L’indagine verte su tre aspetti sostan-ziali: frode fiscale, pericoli per l’ambientee pericoli per la salute.

La frode fiscale, che si è accertatovenisse attuata come prassi dalle aziendecoinvolte nelle indagini e dislocate su tuttoil territorio nazionale, consisteva nella di-chiarazione del prodotto all’importazionecome combustibile destinato ai cementifici(uso non tassato) eludendo, in questomodo, l’assoggettamento ad accisa previstoper l’utilizzo dello stesso prodotto comecombustibile destinato ad altri usi come,ad esempio, la produzione di energia elet-trica.

Sono stati rilevati, nell’ambito dellafiliera organizzativa, pericoli per l’am-biente derivati dallo stoccaggio, del pro-dotto importato, in depositi non autoriz-zati e privi delle necessarie infrastruttureidonee ad evitare eventuali danni ambien-tali.

Infine, l’utilizzo in alcuni casi di questomateriale di scarto nei cicli produttivi diprodotti alimentari come lo zucchero, e diconseguenza di tutti i prodotti dolciari, lorende particolarmente pericoloso per lasalute, se non trattato in modo tale daridurne la presenza di zolfo al di sottodella soglia del 6 per cento stabilita dallanormativa europea recepita in Italia coldecreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006.

Come detto, l’inchiesta ha portato, nel2007, al sequestro di 106.000 tonnellate dipet-coke in tutta Italia fra spazi doganali,impianti e magazzini di aziende.

Il controllo del traffico di rifiuti nel2008 e i sequestri effettuati. L’analisi deiflussi di esportazione di merci dichiaratecome cascami, avanzi e scarti di lavora-zione nel 2008 evidenzia, alla stregua deglianni precedenti, la rilevante presenza dirifiuti di carta e cartone (Grafico n. 2).

Come si evince dal grafico n. 3, taleflusso ha un tasso di incremento annuodel 150 per cento dal 2006 al 2007 chearriva al 200 per cento dal 2007 al 2008,a differenza delle altre categorie merceo-logiche che invece si mantengono su untasso di incremento del 25 per centoannuo.

L’incremento dei flussi export di cartae cartone induce a ritenere lo stessosettore di grande interesse da parte disoggetti attivi nel commercio lecito e ille-cito in questo momento. L’Italia, col 9 percento delle quantità esportate nel 2008,rappresenta il quinto esportatore di avanzidi carta e cartone dell’Unione Europea e,visto il trend in rapida ascesa, potrebberitrovarsi presto al terzo posto dietro Re-gno Unito e Paesi Bassi. L’80 per cento deiquantitativi del settore esportati dall’Italiaè destinato in Cina, rispetto al 68 percento dell’intera Unione Europea. L’am-piezza del flusso comporta complesse at-tività di analisi poiché il rischio di viola-zione ambientale legato alla carta è cheessa venga esportata mescolata ad altrimateriali di imballaggio, costituendoquindi un rifiuto, e venga poi riciclata adestino per ottenere dei prodotti non de-purati da elementi potenzialmente tossici,come materiali pesanti e sostanze chimi-che industriali. In alcuni casi, per esempio,è stato accertato l’utilizzo di avanzi dicarta come materiale assorbente per l’eli-minazione fraudolenta di scarti di lavora-zione chimici in forma liquida.

Di significativa importanza apparel’analisi dei flussi merceologici destinati inesportazione relativamente a cascami edavanzi di materie plastiche, dichiarate almomento dell’esportazione come « materiaprima secondaria » o come rifiuto giàtrattato a norma delle autorizzazioni ri-lasciate alle aziende. Nella maggioranzadei sequestri effettuati dagli uffici delledogane, i controlli fisici e le analisi dilaboratorio condotte dalle ARPA e dailaboratori chimici dell’Agenzia delle do-gane, hanno accertato la presenza di so-stanze chimiche non ammesse, facendoipotizzare i delitti di traffico illecito di

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rifiuti, poiché le spedizioni non avevanosubito il trattamento o la bonifica dichia-rata.

In altri termini, non si trattava dicascami o avanzi di lavorazione, diretta-mente impiegabili in un processo indu-striale per la fabbricazione di prodotti conla stessa materia prima, bensì di prodottimisti per la presenza di sostanze e mate-riali estranei ai processi di riciclaggio dellaplastica e non adeguatamente trattati.

In una parte di questi casi, a seguitodelle indagini di polizia giudiziaria con-dotte dopo la comunicazione delle notiziedi reato redatte dagli uffici doganali, sì èmanifestato l’interesse di soggetti ricondu-cibili alla criminalità organizzata. Nellamaggioranza dei casi, invece, i reati sonostati ricondotti alla decisione di moltiimprenditori del settore, con la quale leaziende hanno « tramutato » il costo ne-cessario alla bonifica ed al trattamento deirifiuti, dei materiali raccolti, degli scarti dilavorazione, in un profitto, derivante dallavendita all’estero – quindi dall’esporta-zione – di rifiuti.

Nello stesso ambito e negli stessi flussi,si ritiene che si stiano canalizzando anchele « materie prime secondarie » ed i ma-teriali che effettivamente, con adeguatotrattamento, potrebbero essere riciclati inprocessi industriali. L’esportazione didette materie senza che in Italia avven-gano i trattamenti, priva, di fatto, leaziende ed i consorzi nazionali del mate-riale base di una filiera commerciale edindustriale che rappresenta, in altri paesicomunitari ed all’estero, un considerevoleindotto economico.

Anche queste materie secondarie ven-gono dirette, per l’esportazione, in mag-gioranza, verso l’est asiatico e, in partico-lare, verso la Cina. Se le tendenze doves-sero essere confermate negli anni a venire,sul territorio nazionale potrebbe risultarecritico il reperimento di materie primesecondarie, con conseguente perdita deicorrelati processi industriali.

Il 50 per cento circa dei soggetti de-nunciati per violazioni concernenti il traf-fico internazionale di rifiuti elegge domi-cilio fiscale nel Nord Italia, il 30 per cento

si ripartisce fra Centro e Sud Italia. Ilrimanente 20 per cento circa è rappre-sentato da soggetti di origine africana,prevalentemente per sequestri relativi arottami di auto ed elettrodomestici.

Il grafico n. 4 mostra l’esatta riparti-zione del numero di soggetti per regione diappartenenza del domicilio fiscale o perorigine geografica.

Il dato sulla provenienza, dal punto divista dei quantitativi, invece, indica che il62 per cento dei rifiuti sequestrati, inviolazione alla normativa ambientale, pro-viene da operatori veneti.

Le dinamiche analizzate indicano chenel 2008 i porti del Sud sono stati utilizzatianche per l’esportazione illecita di rifiutiprovenienti da aziende del Nord Italia. Nel2009, sulla base delle operazioni già con-cluse e di quelle tuttora in corso, lo stessotrend non è al momento confermato.

Si è conclusa l’11 maggio 2009 l’ope-razione doganale congiunta internazionaledenominata DEMETER, coordinata in Ita-lia dall’Agenzia delle dogane su mandatodell’Organizzazione mondiale delle dogane(OMD).

L’operazione DEMETER è stata laprima operazione doganale congiunta rea-lizzata a livello mondiale per il contrastoal traffico illecito di rifiuti. Per tale ope-razione, hanno lavorato assieme funzio-nari doganali, militari della Guardia diFinanza, dell’Arma dei Carabinieri e fun-zionari delle Aziende Regionali ProtezioneAmbiente.

L’operazione ha impegnato parallela-mente nella verifica del rispetto della nor-mativa ambientale nel commercio inter-nazionale le dogane e le forze di polizia dipiù di 50 stati fra Europa, Africa e Sud EstAsiatico. Le attività di monitoraggio, sor-veglianza, analisi e controllo si sono svoltesecondo le rotte dei principali flussi arischio in partenza dall’Europa e direttiverso il Nord Africa e l’Asia ed hanno vistole amministrazioni italiane impegnate,nella fase di esecuzione dei controlli pro-grammati, nella prima settimana dell’ope-razione. Prossimamente la stessa OMDprovvederà a pubblicizzare gli esiti finalidell’operazione a livello internazionale.

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Gli uffici doganali italiani interessatidalle operazioni sono stati quelli portualidi Genova, Venezia, Napoli e Gioia Tauro,presso i quali sono stati controllati decinedi container selezionati sulla base delleanalisi condotte dall’Ufficio Antifrode Cen-trale dell’Agenzia delle dogane.

I controlli effettuati hanno consentitodi intercettare e sottoporre a sequestro piùdi 2.400 tonnellate di rifiuti stipati in 100container, composti per più del 95 percento da carta da macero e per la restanteparte da plastica, supporti magnetici, ap-parati elettronici fuori uso e alluminioincenerito, e identificando tredici aziendei cui legali rappresentanti sono stati de-nunciati alle competenti autorità giudizia-rie.

Dall’inizio dell’anno 2009, inoltre, icontrolli attuati dalle dogane italiane perla prevenzione e la repressione del trafficoillecito dei rifiuti hanno consentito il se-questro di altri 18 container, contenenticirca 334 tonnellate di rifiuti che stavanoper essere esportati illecitamente.

Di particolare rilevanza appaiono i se-questri operati nel 2009, circa un mese fa,presso l’ufficio delle dogane di Taranto ele operazioni di controllo tuttora in corsopresso l’ufficio delle dogane di Cataniadove sono sotto accertamento 46 containerdichiarati per l’esportazione verso la Cina.

Nello stesso contesto, appaiono rile-vanti le considerazioni che possono essereespresse in merito all’organizzazione deldispositivo di prevenzione e contrasto degliilleciti realizzato dall’Agenzia delle doganea livello nazionale, comunitario ed inter-nazionale, nonché quelle relative alle si-nergie necessarie ed a quelle che si au-spica si realizzino con le forze di polizia,i dicasteri, i consorzi obbligatori e gli entiattivi nello specifico ambito.

Il traffico internazionale di rifiuti pre-senta elementi di analisi comuni ad altriambiti operativi del controllo del commer-cio internazionale, rendendo necessariauna lettura ampia dei flussi, delle carat-teristiche interne alle catene logistiche, allefiliere produttive, produttive, di commer-cializzazione, trasporto, intermediazionecommerciale, di controllo.

In applicazione delle previsioni conte-nute nella Convenzione di Basilea e dellacorrelata normativa nazionale, di grandeimportanza appare il rapporto sinergicoche si deve stabilire tra le autorità cherilasciano le autorizzazioni al trattamento,gli organismi di controllo competenti perle operazioni di trattamento espletate sulterritorio nazionale e l’autorità doganalecompetente alla verifica di regolarità deitraffici in entrata ed in uscita dallo Statoe dalla Unione Europea.

Queste stesse sinergie devono riguar-dare autorità di diversi Paesi, perché sirealizzino i collegamenti necessari all’iden-tificazione dei settori, dei flussi, delle spe-dizioni, nonché degli operatori ritenuti arischio e si proceda al miglioramento deglistrumenti di intelligence che consentanocontrolli il più possibile selezionati, dimodo che venga assicurata la correttezzae la scorrevolezza del commercio interna-zionale dei prodotti della specie.

L’Agenzia ha intrapreso in questi di-versi contesti varie azioni, sia a livellonazionale che internazionale.

A livello nazionale ha stabilito e stastabilendo intese per lo scambio informa-tivo e per azioni di controllo congiunte conl’Arma dei Carabinieri – Comando TutelaAmbiente, operando, con gli uffici centralie tramite gli uffici delle dogane territoriali,con i Nuclei Operativi Ecologici dei Cara-binieri.

Di significativa importanza la collabo-razione fornita dai reparti della Guardiadi Finanza operanti negli spazi doganalialle dipendenze funzionali degli Ufficidelle dogane nell’ambito delle azioni dicontrollo selezionate sulla base del sistemadi analisi dei rischi centrale o definiti sullabase di analisi dei rischi svolta a livellolocale dai Servizi Antifrode degli ufficidoganali.

Sempre a livello nazionale, l’Agenziasta stipulando intese operative con enti edassociazioni di categorie che rappresen-tano imprese attive nel commercio inter-nazionale di prodotti e di settori merceo-logici interessati da nomenclature che,tecnicamente, possono essere ricondotte

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sia a materie prime secondarie che arifiuti, di modo che vengano rafforzate lecapacità professionali di controllo.

In ambito internazionale, l’Agenziadelle dogane ha aumentato negli ultimianni la partecipazione a consessi interna-zionali, comunitari e non, fornendo ilproprio contributo di idee, progetti, capa-cità operative, per aumentare la sensibilitàistituzionale dei vari organismi alle tema-tiche del controllo dei traffici di rifiuti.

Le stesse tematiche stanno divenendosempre più pregnanti nelle indicazionistrategiche fornite dalle istituzioni comu-nitarie e dell’Organizzazione mondialedelle dogane.

Di grande portata la direttiva del Par-lamento europeo e del Consiglio 2008/99/CE sulla tutela dell’ambiente del 19novembre 2008 che fa obbligo agli Statimembri, in materia di illeciti ambientali,di prevedere sanzioni penali « efficaci, pro-porzionate e dissuasive ».

Ciò si lega perfettamente con le inizia-tive parlamentari volte a rafforzare lesanzioni penali in materia ambientale at-traverso l’inserimento nel codice penaledelle norme relative e la previsione del-l’affidamento alle Direzioni distrettuali an-timafia dei connessi procedimenti penali.

Di significativa importanza può essereritenuta, in questo quadro, l’indicazionecontenuta nella sopracitata direttiva dellaprevisione della responsabilità delle per-sone giuridiche (articolo 6 della citatadirettiva 2008/99/CE)

La visione complessiva dei fenomeni el’impatto strategico che il controllo delcommercio internazionale delle materieprime secondarie e dei rifiuti riverberasull’impianto produttivo del Paese, con-sente ulteriori considerazioni, legate alleprospettive future ed alle criticità da ri-solvere:

nel corso degli ultimi due anni si èpotuto rilevare come la complessità delledefinizioni e dei codici attribuiti ai mate-riali hanno reso più difficile lo svolgimentodelle attività di controllo ed assai dispen-diosi gli accertamenti tecnici e di labora-torio indispensabili per verificare la cor-retta dichiarazione dei prodotti e dei re-

lativi trattamenti, sia all’importazione siaall’esportazione;

potrebbe risultare assai produttivo, indetto ambito, la definizione di procedurestandard di intervento che consentano al-l’Agenzia di ricorrere, sulla base di con-venzioni in via di definizione, alle analisidi laboratorio delle ARPA e delle ASL conriduzione dei costi delle prestazioni tarif-farie, dato il rilevante interesse pubblicoindividuato nelle attività di controllo delsettore;

la gestione e la custodia delle mercisottoposte a sequestro dall’Agenzia delledogane si rivela assai onerosa, per lapresenza di centinaia di container nellearee stoccaggio degli spazi doganali, adisposizione delle competenti autorità giu-diziarie per le ragioni probatorie dei re-lativi procedimenti penali; potrebbe indetto ambito risultare produttivo sempli-ficare le procedure per la distruzione dellespedizioni, mantenendo adeguate campio-nature per le esigenze cautelari o proba-torie dei procedimenti;

di significativa importanza potrebberisultare, nel rispetto delle indicazionicontenute nella citata direttiva comunita-ria 2008/99/CE, anche la configurazionedei delitti di traffico internazionale dirifiuti, nella forma semplice ed in quellaassociativa – organizzata, tra le violazioniper le quali deve configurarsi l’illecito e laresponsabilità del soggetto giuridico, aisensi del decreto legislativo n. 231 del2001. Gli stessi delitti sono infatti compiutiutilizzando le strutture organizzative delleaziende di produzione, trasporto, stoccag-gio, trattamento, spedizione internazionaledelle materie prime secondarie e/o deirifiuti e non vi è dubbio che i vantaggipatrimoniali, in termini di riduzione deicosti per lo smaltimento o quali proventifinanziari ricavati si riverberino nel patri-monio aziendale del soggetto giuridico. Intale contesto, la considerazione dell’illecitorelativo al traffico di rifiuti tra le normeche consentono l’adozione delle misurecautelari o interdittive previste dal decretolegislativo n. 231 del 2001 potrebbe au-mentare la deterrenza, consentendo l’ado-

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zione delle misure di sospensione dell’at-tività economica per le aziende che, no-nostante la pendenza di vari procedimentipenali rubricati in pregiudizio di lororappresentanti legali ed amministratori,pongano successivamente in essere viola-zioni della stessa specie;

avrebbe sicuramente un valore ag-giunto l’adozione, almeno a livello comu-nitario, di norme unificate o armonizzateper l’identificazione dei parametri tecniciche stabiliscono i trattamenti dei prodotti,allo scopo di evitare il rischio di distor-sioni dei flussi merceologici verso i Paesiche hanno adottato normative tecnichemeno rigorose o più permissive nella fis-sazione di limiti e di soglie per il correttotrattamento e stoccaggio di materie primesecondarie e rifiuti.

Nel contesto istituzionale del controllodi legalità, appare indispensabile prose-guire nelle azioni tendenti a rendere si-nergico l’intervento delle forze di poliziaquali Carabinieri tutela ambiente, Guardiadi finanza, Corpo forestale dello Stato el’Agenzia delle dogane, di modo che lespecifiche competenze di ciascuna istitu-zione vengano valorizzate nella creazionedi un circuito informativo e di controllo, ilpiù possibile integrato.

L’illecita importazione o esportazionedi rifiuti avviene infatti sfruttando le co-siddette asimmetrie informative, per lequali le organizzazioni, spesso transnazio-nali, attive nei traffici conoscono ogninotizia utile alla realizzazione degli scopiilleciti, mentre le singole istituzioni depu-tate al controllo delle autorizzazioni, dellostoccaggio o della produzione, del con-trollo su strada nel territorio nazionale edella corretta dichiarazione al momentodella importazione o della esportazione,dispongono solo delle notizie interne alloro ambito operativo.

La positiva esperienza sviluppata nelcoordinamento dei controlli relativi allaoperazione internazionale DEMETER con-sente di definire percorsi condivisi perriproporre forme di collaborazione istitu-zionale anche a livello nazionale tral’Agenzia delle dogane e le forze di polizia,

di modo che venga migliorato il dispositivodi contrasto e di controllo alle frontierecon beneficio, in termini di rapidità e diqualità delle informazioni qualificanti, an-che delle fasi investigative successive aisequestri ed alle comunicazioni di notiziedi reato alle autorità giudiziarie, di modoche vengano identificate e contrastate le« filiere illecite ».

Nello stesso contesto, appare produttivo,in termini di miglioramento delle azioni diprevenzione e contrasto degli illeciti, con-sentire all’Agenzia delle dogane, l’accessoalle informazioni contenute nell’archiviodel Ministero dell’interno disciplinato dallalegge n. 121 del 1981. Considerato infatti ilnumero delle notizie di reato presentatedall’Agenzia delle dogane nelle prerogativedi organo di polizia giudiziaria a compe-tenze settoriali, nei limiti dell’articolo n. 57del codice di procedura penale, III comma,l’impossibilità per le dogane di inserire idati relativi alle operazioni condotte neglispazi doganali determina un vulnus nellacapacità di analisi anche delle forze di po-lizia e delle autorità giudiziarie. La corre-lata impossibilità di consultazione deglistessi archivi, a cura degli uffici doganali,rende assai più difficoltosa, l’analisi dei ri-schi necessaria per la selezione delle spedi-zioni da sottoporre a controllo al momentodell’entrata o uscita delle spedizioni dalterritorio dello Stato.

La carenza informativa e la scarsaintegrazione tra gli organismi deputati al-l’attività di prevenzione e repressione diquesti illeciti è un problema più voltesollevato dallo stesso Procuratore nazio-nale antimafia dott. Pietro Grasso conriguardo ai rapporti tra le diverse Procureil quale, nella prefazione al « Rapportoecomafia 2009 », pubblicato da Legam-biente diceva: « ...Resta, peraltro, sempreirrisolto il problema, già più volte segna-lato, della larga fetta di fenomeni delit-tuosi che potrebbero avere collegamenticon la criminalità mafiosa e che, per viadella loro repressione da parte delle pro-cure della Repubblica “ordinarie”, sfug-gono all’attività di coordinamento e spessonon sono neppure conosciuti; con la con-seguenza che tali delitti non vengono in-

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seriti nella banca dati dell’Ufficio (DNA) e,conseguentemente, non entrano nel cir-cuito dei dati a disposizione delle Dire-zioni distrettuali antimafia... ».

Nel complesso di queste problematichel’Agenzia delle dogane continuerà a svi-luppare la sua iniziativa allo scopo direndere sempre più efficace il contributoda essa fornito, in collaborazione con lealtre istituzioni, nel contrasto al trafficoillecito di rifiuti.

Nel merito, posso aggiungere che lasettimana scorsa ho firmato con il dottorGrasso un memorandum di intesa opera-tivo, in merito allo scambio di informa-zioni con la Direzione nazionale antimafia,riguardante anche il traffico e la movi-mentazione di rifiuti e materie secondarie.

PRESIDENTE. Grazie, per la sua rela-zione, veramente esauriente.

Do ora la parola ai deputati che inten-dono porre quesiti o formulare osserva-zioni.

ALESSANDRO BRATTI. In primoluogo, riguardo alla questione del pet coke,mi interessa sapere quali siano le aziendecoinvolte e se il procedimento sia con-cluso. Può trattarsi di un’informazioneinteressante, visto che si tratta comunquedi produzione di energia elettrica (buonaparte del pet coke viene usata per questoscopo). Vorrei inoltre capire quali siano leaziende che si nascondono dietro la que-stione delle bonifiche per implementare ilcitato traffico verso l’estero.

Mi sembrava poi, anche dalle sue con-siderazioni riguardanti le materie prime eseconde, che potesse sussistere una sortadi condivisibile osservazione sul fatto che,probabilmente, nel nostro Paese mancatutta una serie di impianti dedicati allalavorazione di tali materie.

Mi sembra inoltre di capire, dalla pro-venienza e dall’itinerario dei rifiuti (dallazona Veneto-Lombardia ai porti del sud)che si tratti di rifiuti di tipo industriale. Mipiacerebbe conoscere il grado di pericolo-sità di questi rifiuti, che presumo sianoquelli più problematici e che, in qualchemodo, si tenta di esportare verso altriPaesi, ad esempio verso il nord Africa.

Rispetto ai traffici verso il nord Africa,mi piacerebbe avere qualche elemento diconoscenza in più.

Sull’argomento del coordinamento ab-biamo sentito nelle varie audizioni svoltedalla Commissione che sarebbe ormaimolto opportuno incrociare le diverse ban-che dati esistenti. Occorre mettere in retel’intero sistema, perché esistono lacuneinformative; ciascuno magari sa qualcosama nessuno ha veramente un quadrocompleto.

Sulla direttiva europea, credo che iltema saliente rimanga quello della inclu-sione dei reati ambientali del nostro co-dice penale. La legge comunitaria – che indiscussione in questo momento alla Ca-mera – dovrebbe considerare questa pos-sibilità.

Un’ulteriore questione riguarda i labo-ratori. Mi sembra, infatti, che abbiatedichiarato di avere anche voi qualchelaboratorio, ma in realtà presumo checollaboriate molto con le agenzie ambien-tali e anche con le USL.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Allegato al materialeche ho distribuito c’è un, Dvd con ladescrizione dei nostri laboratori e le atti-vità. Sono quindici in tutta Italia e sonocertificati. In alcuni settori come gemmo-logia, oli, vini e altre sofisticazioni, sono altop della qualità.

ALESSANDRO BRATTI. Se li avete voi,tanto meglio, ma bisognerebbe includere lastipula di convenzioni con ARPA e USL.Sul tema dei laboratori, in tanti hannoriferito che uno dei problemi più grossi èla possibilità dell’alterazione delle analisiqualora queste siano assegnate al privato.Personalmente ritengo che sia indispensa-bile che il controllo rimanga nel pubblico.Non parlo dell’attività di mercato, che ègiusto sia svolta dai privati. Alludo piut-tosto alla constatazione che abbiamo avutoun periodo, in questo Paese, in cui sisosteneva (e qualcuno continua a soste-nerlo ancora, soprattutto nei riguardi del-l’ISPRA) che, per fare quadrare i bilanci,i laboratori avrebbero dovuto mettersi sul

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mercato. Ritengo, al contrario, che il la-boratori pubblici debbano stare fuori dalmercato, potenziando molto, al contempo,la funzione pubblica che debbono eserci-tare.

Credo anche che sarebbe bello se fosseistituito un coordinamento di tutte leARPA regionali – come faticosamente sista facendo, ma non credo che ci siriuscirà – da parte dell’Agenzia nazionale.

Questi elementi ci fanno capire comeun sistema pubblico di laboratori sarebbemolto utile non solo a livello regionale, maper tutto il sistema nazionale.

Siamo un Paese circondato dal mare econ molti porti di accesso, in cui il settorecontrollo (mi permetto di dirlo, visto cheho esercitato questo mestiere), soprattuttoin alcune aree, fa quel che può.

Credo che la garanzia che ciò che entranei nostri confini non sia di scarsa qualitàe che (al di là della pericolosità) nonconcorra con le nostre attività di qualità,rappresenti un tema di interesse per laprotezione delle politiche industriali delnostro Paese.

In conclusione, ritengo che anche noi,come Commissione, potremmo svolgere unragionamento e dare un contributo suquesto tema.

CANDIDO DE ANGELIS. Ho letto conattenzione anche la relazione che ha espo-sto davanti alla Commissione finanze delSenato, dove ci siamo incontrati pocotempo fa.

La domanda che vorrei porLe è quellache formulai già in altre occasioni e cheracchiude – a mio parere – l’interesse ditutti. Forse è anche la domanda più facile,eppure essa coinvolge tutti noi. Mi associo,naturalmente, alle questioni poste dal col-lega che mi ha preceduto e non le ripeterò,considerandole giuste e appropriate.

Parto da un libro che, tutto sommato,negli ultimi anni è stato quello di maggiordenuncia, ossia « Gomorra ». Al di là deitraffici illeciti verso l’Africa e di quelli dimateriale radioattivo che si conoscevano,nel libro si parlava di un mondo su cuinon è mai stata sollevata quella cortinache ci impediva di conoscere tutta laverità.

Insomma, « Gomorra » ci ha parlato deitemi che lei ha esposto, cioè delle aziendedel nord che, senza domandarsi se i cer-tificati fossero più o meno veritieri, siliberavano dei propri rifiuti a prezzi bas-sissimi. Ebbene, vorremmo sapere qualisono le aziende interessate a questo tipo diattività, anche per localizzarle e capirebene certe situazioni.

Lei poi lamenta e porta a conoscenzadella Commissione, secondo me in ma-niera molto seria, determinate falle indi-viduate nel sistema pubblico di controllo,che potrebbero e dovrebbero essere posteall’attenzione collettiva. Mi riferisco allanecessità di creare una sinergia tra forzedell’ordine, laboratori del settore pubblicoe a tutta una serie di ulteriori realtà.Concordo con lei e faremo tesoro delle sueindicazioni, ma la domanda che le volevoporre è la seguente: da quel libro emergeuna situazione allarmante e, nel nostroprecedente incontro, lei mi ha fornito unarisposta che mi ha soddisfatto, anche se,chiaramente, lei ha aggiunto che occorreancora lavorare molto. Ebbene, interpre-tando i risultati a vostra disposizione sullabase della conoscenza che avete riguardoall’organizzazione dell’Agenzia delle do-gane, sapendo quali aspetti funzionano equali meno, le chiedo se sia possibilecapire quali statistiche possano dare ri-sultati effettivamente attendibili. Se, in-fatti, esaminando una certa area troviamonotizia di una data quantità di rifiutiilleciti che vengono importati o esportati,considerando il quadro nel suo insiemepossiamo anche arrivare a intuire le di-mensioni reali del fenomeno. Le chiedo,dunque, quale sia la percentuale che oggi,attraverso anche un lavoro sinergico con lealtre forze dell’ordine e le varie operazionidi controllo che vengono attuate in Italia,riusciamo a evidenziare. Di conseguenza,le chiedo anche una stima dell’ammontaretotale.

Lei ha una visione d’insieme che oggimanca a questa Commissione e, quindi, èin grado di darci una sua valutazione suquale sia il traffico oggi esistente in Italia,al di là di quello che, a suo dire, si può esi deve fare per attenuare il problema.

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Abbiamo il problema degli spazi dema-niali, come emerge sia dal libro citato, siada altre situazioni note. Il vostro è unproblema quasi irrisolvibile, a causa dellagrande massa di lavoro, del personalelimitato, delle banchine a disposizione,della quasi impossibilità di eseguire uncontrollo analitico.

Una sua risposta potrebbe essere pernoi importante, fermo restando che miassocio alle domande del collega.

DANIELA MAZZUCONI. Ho visto l’in-teressante grafico n. 2, dove sono indicatele esportazioni di merci che riguardanol’audizione odierna. Vorrei avere qualchedettaglio sulle destinazioni di questemerci, poiché nel grafico compaiono ma-teriali che è abbastanza singolare chesiano esportati quali il rame, il ferro el’acciaio, materie considerate pregiate an-che in Italia. Quindi mi chiedo perchévadano in esportazione; se sussista qual-che altro problema di carattere ambientaleo se si tratti di materiali già inquinati inpartenza.

Pongo una seconda questione: mi paredi capire che l’Agenzia delle dogane facciaun’analisi comparativa dei container. Lechiedo se siate in grado di rilevare l’even-tuale inquinamento delle merci. Mi pare dicapire che se trovate un’alterazione in uncontainer lo bloccate, ma l’alterazione deveessere di carattere visivo e non è legata,per esempio, a una contaminazione chi-mica.

Le chiedo, ancora, quale sia la proce-dura per il trattamento e lo smaltimentodi queste merci, una volta sequestrate inseguito all’accertamento che si tratta dimerci fuori legge. Mi interessa capire laprocedura nonché, alla fine, se accanto alperseguimento del reato, sia anche messoa carico del soggetto che ha tentatoun’esportazione illecita anche il recuperodelle somme. So, per diretta conoscenza,che in qualche caso la questione diventaabbastanza complessa.

Infine, le domando se esistano flussiche non riuscite a controllare, se esistanocioè esportazioni illecite che, in qualchemodo, riescono a eludere i controlli do-ganali e in che misura tali flussi si rap-

portano rispetto alle esportazioni lecite o,comunque, che riuscite a controllare.

PRESIDENTE. Vorrei rivolgere anch’ioqualche domanda. Sono molto interessantile Sue proposte, anche a livello normativo,che certamente saranno oggetto di unarelazione al Parlamento.

Per quanto riguarda i trattati interna-zionali e la collaborazione a livello inter-nazionale per impedire il traffico illecito,Le chiedo se possiamo ritenere che oggil’Italia e gli altri Paesi abbiano raggiuntoun buon livello di collaborazione, o se, alcontrario, anche in questo campo sia ne-cessario attivarsi.

Come seconda domanda vorrei chie-derLe se secondo Lei sussistano ancheflussi in importazione. Esistono Paesi checercano, in qualche modo, magari attra-verso le organizzazioni criminali, di ripor-tare sull’Italia lo smaltimento dei rifiuti ?I materiali indicati nella vostra documen-tazione come in esportazione, di per sénon rappresentano materiale pericoloso.Riguardo al 48 per cento di carta indicato,ad esempio, dipenderà da come sarà poieventualmente smaltita nel Paese dovearriva. Le domando, allora, in base a qualielementi avvenga l’individuazione delreato, del fatto illecito e del conseguentesequestro.

Come diceva la collega: si tratti di partidi auto, di ferro o di acciaio, tutto dipen-derà da come verranno utilizzati nel Paesedi destinazione. Verrebbe da pensare che,in realtà, si sia più legati a un criteriofiscale che non a un criterio di tuteladell’ambiente.

Le chiedo, per ultimo, quali siano gliindizi in base ai quali voi pensate diindividuare un caso di smaltimento illecitoattraverso l’esportazione. Mi pare che unodei criteri che Lei ha indicato sia ilseguente: se una ditta di Bolzano vuoleesportare un container a Napoli, sorge unsospetto. Ebbene, sarei interessato a capireperché nasce questo sospetto. Dovete, delresto, avere degli indici di sospetto, altri-menti sarebbe l’individuazione avverrebbein modo del tutto casuale. Vorrei cono-scere questi indici di sospetto e quali sonoi porti dai quali più frequentemente ven-

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gono esportati rifiuti che voi ritenete rien-trare nell’ambito dei rifiuti pericolosi, ocomunque di quelli che costruiscono lacondotta illecita. Tutto ciò serve eventual-mente anche a noi, per avere un quadropiù completo del fenomeno e anche perproporre eventuali interventi correttivi.

Do la parola agli auditi per le repliche.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Per alcune risposteposso utilizzare l’aiuto del responsabiledell’intelligence, me lo concederete, pro-prio perché trattiamo molti prodotti emolte sostanze.

In Agenzia non siamo specialisti ditutto, anzi, siamo un po’ divisi a comparti,tuttavia alcune risposte di carattere gene-rale posso cominciare a fornirle.

Partirei da « Gomorra » perché è un bellibro. Quando l’ho letto era appena uscito,ma ho avuto occasione di parlare conl’autore ben prima che uscisse. È un libroun po’ datato, per noi, che descrive unarealtà già conosciuta da tempo. Quando èuscito, per esempio, parlava del rapportotra i cinesi e Napoli. Ebbene, era già datempo noto che la maggioranza del con-sorzio Napoli porto era di proprietà dellaCina. Non era una notizia conosciuta,salvo per noi, che lo sapevamo bene.Sapevamo già che la logistica in molti casiera già passata in proprietà. Nulla di male:si tratta di investimenti esteri sul Paese.Possono far bene, possono far male: di-pende qual è la strategia generale delPaese. Il Paese può decidere: tengo le lineetelefoniche, tengo le autostrade, oppuretengo i porti. In presenza di una strategiadi tutela del patrimonio nazionale, chedichiari un certo elemento come strate-gico, ci si muove di conseguenza. Diver-samente, è corretto ribadire che l’investi-mento è libero e fa parte del gioco.

Napoli aveva già una realtà diversa nel2005. Eravamo già intervenuti in modopesante nel 2004, l’operazione è durata seimesi, con una squadra di pronto inter-vento.

Di fatto, avevamo riposizionato i con-tainer all’interno del porto, ricostruito una

strategia di filiera di controllo. In sei mesi,erano stati sequestrati seicento containerdentro al magazzino del porto.

In qualche modo, per noi quella era giàstoria. Su altre questioni quel libro haaperto un mondo.

Quello che oggi ho presentato non è ilmondo del traffico illecito di rifiuti cheper consuetudine avete ascoltato nelle au-dizioni. È solo una piccola parte, forse lapiù furba: quella che fa meno dannoall’ambiente nazionale.

Di fatto, quel rifiuto non viene « intom-bato » in Italia, quindi non si tratta sol-tanto della ricerca della riduzione delcosto aziendale, che si traduce in un costosociale: è qualcosa di più, perché si generaprofitto con quel rifiuto, che diventamerce da vendere all’estero, esportabile.

All’estero può succedere di tutto: unaconnessione con un’altra organizzazione,ad esempio, quella del Paese ricevente, percui si decide che dall’Italia esce fintamenteuna materia prima secondaria, e all’arrivosi procede a un cambio di fatture ericevute, per cui la merce diventa rifiuto,che paga meno dazi della materia primasecondaria. In definitiva, qui esportiamomondezza e di là si riceve invece unamateria prima secondaria, classificatacome rifiuto. Avviene un doppio gioco.

Questo è uno dei motivi per i qualil’anno scorso, incontrando la delegazionecinese, abbiamo aggiornato un accordoche era già impostato fra dogane cinesi eagenzie locali italiane, introducendo anchealcuni elementi riguardanti l’analisi e loscambio di mutua assistenza amministra-tiva e informativa sul traffico di materieprime, secondarie e rifiuti. Anche loro,infatti, sono curiosi di questo fenomeno,un po’ perché gli sottrae dazi all’entrata eun po’ perché trovano che quella merce,presumibilmente, entrando in malo modo,esclude alcune loro filiere di controllointerno.

Quando parliamo di questi materiali,non parliamo del materiale puro. L’acciaionon è l’inox, non è acciaio con carbonioinferiore al 2 per cento, non è ghisa al 4

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per cento. Quest’ultimo è materiale« sano », che si può esportare. Ci stiamoriferendo a materiali inquinati.

Quando parliamo di PET (polietilenetereftalato) che entra nella raccolta diffe-renziata, parliamo del tema che ci inte-ressa.

Un consumatore « civile » prende iltappo (che è plastica pura) e lo butta in uncontenitore, la bottiglia di PET in un altro.Il PET, in gergo, è soprannominato « oro »ed è una materia prima forte. Se lotroviamo in un container con altre materieplastiche, o nella fattispecie, per esempio,sotto forma di teloni agricoli che conten-gono diserbanti e quant’altro, allora ècontaminato.

Mettendo assieme il PET delle bottigliedi plastica e quello del telone agricolo, nonsi può formare un container in esporta-zione e dichiararlo PET in uscita, dariciclare naturalmente. Non è una materiaprima secondaria, bensì un rifiuto e cosìviene sequestrato.

Il sequestro non è fatto « a occhio ». Ilpassaggio allo scanner non è utile perl’anticontraffazione, in quanto lo scannernon riesce a leggere l’etichetta di unacamicia, né la scritta made in italy.

Lo scanner, però, ci dice se si tratta diun carico di copertura, cioè se dietro allemagliette di cotone regolarmente dichia-rate è celato un carico di scarpe. Ci dice(poiché i raggi X misurano la densità delprodotto, come in una radiografia) chedensità di prodotto diverse corrispondonoa un carico misto, non dichiarato in modocorretto e quant’altro.

Lo scanner ci serve anche per motivi disicurezza e, in molti casi, la richiestaarriva da forze di polizia.

Gli scanner sono in rete, per motiviovvi: è difficile lavorare in un porto, la-sciando un nostro uomo sopra lo scannerper fargli assumere un’eventuale decisione.Non dappertutto esiste un controllo inte-grale del territorio e i porti sono quelloche sono. Averli in rete significa molto,perché vuol dire decontestualizzare il ri-schio delle persone che lavorano e aiutarequeste ultime nelle loro scelte; significadeterrenza, far sapere che ci sono altri

occhi, al centro, che in tempo reale stannoguardando quello che vede il nostro ope-ratore. È una forma di ausilio, che ab-biamo istituito volontariamente e intenzio-nalmente. Colgo l’occasione per rivolgerviun invito a venire a visitare le dogane, pervedere come lavoriamo su questi aspetti.

Il circuito doganale di controllo sele-ziona in base a profili di rischio da noielaborati.

Alcuni profili di rischio sono istituzio-nali e riguardano l’origine, in altri casisono dettati da variabili esogene. Se èvigente un allarme particolare su un certoPaese, ci si chiede di bloccare tutte leentrate da quel Paese, oppure di segnalarele uscite verso quel Paese, per quel pro-dotto, che magari è un materiale dual usee quant’altro.

In questi casi, la variabile è esogena edè inserita a sistema. In base a questo tipodi indicazione, ogni volta che una dichia-razione corrisponde all’indicazione av-viene il blocco.

Il primo filtro è quello telematico delledichiarazioni. È necessari tener presenteche circa il 96 per cento delle dichiara-zioni è in telematico, di fatto il cartaceo èrimasto per gli operatori marginali, occa-sionali.

Se vige un allarme su un’origine, unadestinazione, un soggetto, che può essereun esportatore segnalato per precedentireati doganali o anche segnalato da altreforze, avviene un blocco, che può essereintegrale, parziale, in scarsa percentuale equant’altro.

Ordinariamente, il sistema viaggia conuna soglia minima, random, in quantoserve la deterrenza. Nessuno può vantarsidi avere un lasciapassare integrale in do-gana, fermo restando che la quota dicontrolli non è, naturalmente, pari al 100per cento.

Sarebbe difficoltoso controllare tutti icontainer in entrata e uscita. Dovete sem-pre pensare a un supermercato dove, perpaura del taccheggio, si fanno svuotaretutte le buste, dopo che il soggetto èpassato alla cassa. Quel supermercato ilgiorno dopo sarebbe vuoto, mentre quello

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vicino sarebbe pieno. La stessa cosa, nelnostro caso, succederebbe con Marsiglia,Barcellona, o Amburgo.

L’unione doganale ha quarantuno anni,è stata istituita nel 1968. Io ritengo chealcune regole debbano essere ridiscusse,ma sono forse l’unico che porta avantiquesto discorso, al momento, in Europa.Sarà una guerra dura, eppure credo chesia necessario « rifare il ’68 », perché nonè normale che in alcuni settori, comel’anticontraffazione, noi di norma totaliz-ziamo il 30-35 per cento dell’intero seque-strato dalle dogane comunitarie, che sonoben 27.

Seguiamo indirizzi comuni, non siamoperò armonizzati sul livello e sul tipo dicontrollo. Eseguire il controllo fisico di uncontainer, infatti, costa tempo, comportareazioni da parte delle imprese, comportal’assunzione di responsabilità precise,comporta persone, spazi, movimentazioneall’interno del porto.

Insomma, in molti casi la procedura èun po’ fastidiosa e inoltre, soprattutto,comporta che quando il container è aterra, aperto, si debba ricorrere al facchi-naggio e quant’altro.

Qualche dogana controlla le prime trefile di cartoni e non controlla « fino alferro », come si dice in gergo, cioè fino infondo al container.

Si tratta di tecniche qualitativamentediverse. Statisticamente, forse, compariràche sia noi, sia la dogana olandese ab-biamo eseguito entrambi un controllo, mapoi magari la qualità è diversa. Non esisteun’armonizzazione, né in termini di quan-tità, né di qualità.

Attualmente, siamo collocati intorno allivello medio di controllo europeo sull’im-portazione. Sull’import, forse, siamo qual-che decimo sopra, ma siamo anche unadogana particolarmente rischiosa, per cuiquesta è la nostra collocazione storica.

Sull’export siamo leggermente al disotto della media nel numero dei controlli,perché abbiamo un modello storicamenteorientato a favorire le esportazioni. Loritengo anche giusto, nella misura in cuiconosciamo abbastanza le filiere.

Oltre a ciò, tuttavia, rileviamo alcunifenomeni rispetto ai quali si deve lavorare.Mi riferisco, ad esempio, alla vocazioneveneta che abbiamo rilevato – lo dico condispiacere, perché è la mia regione diorigine – riguardo all’esportazione di ri-fiuti.

Credo che tale fenomeno debba essereletto e studiato. Non abbiamo riscontratol’esistenza di associazioni organizzate die-tro a questa vocazione.

Peraltro, la settimana scorsa è statoeffettuato qualche arresto dal Nucleo ope-rativo ecologico dei Carabinieri (NOE), neiconfronti di un’associazione mista veneto-cinese, ma non abbiamo rilevato la pre-senza di associazioni vere e proprie, o diorganizzazioni solide. Sembra più una si-tuazione in cui, occasionalmente, qualcheimprenditore viene convinto a fare un bel« colpo », poiché realizza un profitto, lad-dove avrebbe dovuto affrontare costi perlo smaltimento di alcuni rifiuti industriali.

In questo senso, occorre ragionare an-che sulla giurisprudenza da costruire inmateria, perché siamo di fronte a situa-zioni molteplici. Quella descritta è solouna; un’altra invece, che è il caso piùconsueto, è quella dell’« intombamento »che comporta un danno ambientale vero eproprio.

Ricordo la Giornata sui rifiuti, durantela quale ho avuto il piacere di intervenire.In quell’occasione si cominciava a discu-tere anche di eventuali sconti – mi sembrache sia, in sostanza, la proposta Barbieri– nel caso in cui venisse reintegrato ildanno sociale e ambientale causato. Que-sto non sempre succede e non è facilerealizzarlo.

Come dicevo, lavoriamo su casi in cuiil PET esce con il materiale plastico in-quinato, presumibilmente arriva in un al-tro Paese, dove questo materiale plasticoinquinato (i teloni agricoli e il PET rac-colto dalla differenziata) viene fuso tuttoassieme e trasformato in bottiglie di pla-stica, che tornano nel nostro frigorifero.Questa può essere un’eventualità, anche senon sappiamo se tornano da noi o se saràqualche altro consumatore a farne lespese. Allo stesso modo, non sappiamo se

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il lavaggio del telone venga effettivamenteeffettuato, in Cina o a Hong Kong (unadestinazione molto usata, ma poco vera,perché in questa città non esistono fab-briche di questo tipo), anche perché com-porta un costo.

Occorrerebbe capire per quale motivoil PET debba uscire dal Paese: forse anchea tal proposito si pone un problema.

In alcuni casi, la rilavorazione di rifiutigià selezionati può essere un danno perl’indotto, o anche per nuovi settori; in altricasi può sussistere un rischio per la salute.

Non abbiamo mai trovato la mondezza« vera » dentro ai container in uscita.

Negli anni passati abbiamo riscontratosituazioni in cui vari container riempiti dicontatori elettrici venivano spediti in al-cuni Paesi africani. Anche in quel caso, siintendeva evitare un trattamento del ri-fiuto.

Abbiamo fatto riferimento, tra i varimateriali, a nuclei di cittadini africani cheorganizzano container in uscita con lava-trici, lavastoviglie per noi in disuso. Làesiste un circuito che prevede l’acquisto elo stoccaggio in mucchio. Poi, non sicapisce se queste « merci » finiscano inPaesi abbastanza sventurati, che riciclanoi pezzi, oppure se finiscono sotto il soleafricano, come rifiuto a cielo aperto. An-che in questi casi si è in presenza di unatecnica, ma non abbiamo ancora indivi-duato organizzazioni criminali solide.

PRESIDENTE. Vorrei che mi chiarissese questi materiali vengano indicati comerifiuti o come materiale in esportazione.Vorrei sapere, in sostanza, se il masche-ramento consiste nel non indicarli comerifiuti, pur essendo destinati ad essererifiuti in un altro Paese, o, al contrario, sein realtà si indichino come rifiuti e ven-gano esportati, quindi probabilmente conun vantaggio fiscale, per essere poi utiliz-zati e venduti.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Vengono indicaticome materie prime secondarie, in realtàsono rifiuti. Quindi, comunque sia, daqualche parte produrranno un danno am-bientale. Questo è il problema.

ALESSANDRO BRATTI. Vorrei chie-derLe se abbiate mai avuto il caso diintercettare sostanze chimiche pericolose,in esportazione soprattutto verso questiPaesi, dove i controlli sono meno pres-santi.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Sì, ci sono statialcuni casi, ma lascio questa risposta aldottor Burdo.

ROCCO BURDO, responsabile del Ser-vizio intelligence dell’Antifrode centrale. Miriferirò solo alle domande per le quali ildirettore già non abbia fornito più cheadeguata risposta. Comincerò in ordine,così come sono state poste.

Per ciò che riguarda la domanda sulleaziende che sono state coinvolte nell’affarepet coke, le indagini sono ancora copertee la procura della Repubblica di Taranto,che sta indagando, ha posto in essere unaserie di azioni, tramite i nuclei NOE ditutta Italia, anche sul resto del Paese. Sonocoinvolte, quindi, anche altre procure dellaRepubblica, del Lazio e della Sicilia.

Ci riserviamo di inviare i nomi deisoggetti che attualmente risultino ancorasotto indagine.

Per ciò che riguarda la domanda circail grado di pericolosità delle materie primesecondarie poste sotto sequestro, occorresvolgere una piccola premessa.

La normativa di livello internazionale,comunitaria e nazionale, prevede che lematerie presentate per l’esportazionesiano identificate con un codice, che deveessere attribuito dal produttore o dal ge-store del rifiuto.

Il traffico di rifiuti, secondo la giuri-sprudenza della Cassazione, nasce dallascorretta attribuzione del codice ed è pro-prio in questo che si evidenzia la granparte delle attività di analisi e anche diintelligence che svolgiamo.

Se si rileva un soggetto non autorizzatoa trattare il tipo di codice dichiarato, èchiaro che sorge un sospetto. Quindi, ilproblema non è la connotazione geogra-fica, ad esempio che il Veneto sdogani oesporti da Catania, bensì il fatto che una

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ditta non risulti abilitata al trattamento eall’esportazione, ad esempio di materialecartaceo che sia stato privato del colorechimico o del materiale pesante. Nonessendo autorizzata, non ha quel materialetra le fonti di raccolta di rifiuto.

La premessa, dunque, è che deve essereattribuito un codice al momento del-l’esportazione. Nel 2007 e nel 2006, ab-biamo rilevato, su più di cento casi, lapresenza, per più del 50 per cento, dirifiuti dichiarati pericolosi dalle ARPA.Nel caso della carta da macero, ad esem-pio, si trattava di metalli pesanti estraneial ciclo di lavorazione.

Alcune analisi di laboratorio – come hagià detto il direttore – hanno identificatonella carta il materiale chimico utilizzato,perché quest’ultimo, invece di essereespulso come fango dal processo di lavo-razione industriale, era stato assorbitodalla carta, poi dichiarata « da macero » edestinata a un’attività di riciclo. Natural-mente, il codice rifiuto attribuito non eracongruo, poiché la carta da macero puòcontenere soltanto il metallo pesante del-l’inchiostro da editoria, per esempio, manon certo la sostanza chimica utilizzatadall’industria che è stata assorbita dallacarta, per poterne consentire uno smalti-mento occulto.

Per ciò che riguarda i traffici verso ilnord Africa, ci è stato chiesto quali sianoi flussi rilevati. Oltre ai prodotti tecnolo-gici e ai materiali (ex elettrodomestici)citati già dal direttore, stiamo rilevando lapresenza di materiali tecnologici, quali icomputer.

Tale fenomeno è ancora più evidente,man mano che si acuisce la crisi deisettori produttivi nei Paesi dove questiprodotti vengono fabbricati.

Si tratta di una stima, il dato reale nonemerge ancora, che disegna la tendenzaper il 2009. Le indagini sono ancora incorso, quindi stiamo parlando solo diun’ipotesi investigativa.

Per ciò che riguarda i materiali tecno-logici, mi riferisco ad attrezzature da uf-ficio, toner, fotocopiatrici e, soprattutto,computer. Man mano che le commesse neiPaesi produttori (sostanzialmente Cina, In-

dia, Corea e Vietnam) diminuiscono, gliscarti, o comunque le rottamazioni diquesti prodotti, prendono un’altra via, chenon è quella dei siti produttivi.

Questo potrebbe essere il segno che leaziende non sostengono il costo dellosmaltimento, non hanno più commesseper considerarlo materiale da riciclare eper individuare gli elementi recuperabili.Così, li destinano altrove.

Purtroppo, questo flusso in analisi èdestinato verso l’Africa, dove è altissimo ilrischio di « intombamento », poiché siamoconsapevoli che in quel luogo di destina-zione non ci sono stabilimenti per il trat-tamento dello stoccaggio.

Passo all’altra serie di domande. Unadomanda chiede, rispetto ai risultati otte-nuti, quale sia la percentuale dei rifiutiche riusciamo a bloccare. Naturalmente,non abbiamo mai determinato una per-centuale. Possiamo solo dire che, se ana-lizziamo i sequestri che sono avvenuti neisettori e nei flussi merceologici in cui irifiuti industriali sono definiti « cascami eavanzi di lavorazione », allora intercet-tiamo e controlliamo solo una parte resi-duale.

Su una base 100 di esportazione dicarta da macero, controlliamo meno del10 per cento del flusso di esportazione.Questo però non significa che il 90 percento ci sfugge, bensì che il 10 per centoha evidenziato indici di anomalia che cihanno portato a controllare. Quindi, nonpossiamo dire che il 90 per cento sia tuttoflusso illecito.

La comparazione con altri Paesi ciporta a ritenere che quel 10 per cento siain linea con l’analisi di flusso rischio fattonei Paesi che sono esportatori dello stessosettore merceologico, soprattutto carta epolietilene, che sono i prodotti già citatidal direttore.

Ci è stato chiesto perché sottoponiamoa sequestro dettagli in acciaio, rame,ferro...

CANDIDO DE ANGELIS. Mi scusi:stavo riflettendo su quanto affermato daldirettore Peleggi riguardo alla necessità diun rinnovamento dei controlli e sul fattoche bisogna rifare la carta delle dogane del

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1968. Le chiedo pertanto di confermarmiil dato secondo cui, sul 100 per cento delleesportazioni di carta, controllate solo un10 per cento e, se sì, perché una percen-tuale così modesta.

ROCCO BURDO, responsabile del ser-vizio intelligence dell’Antifrode centrale.Perché le operazioni che vengono sotto-poste a controllo devono presentareun’anomalia in seguito alla conduzione diun’analisi di rischio. Per il 90 per centodei casi, non sono scattati gli indici dianomalia. In sostanza: la società aveval’indicazione di quel trattamento, ha avutoi primi controlli che sono stati definiticorretti. Il profilo non deve tendere atrovare per forza un indice di anomalia.Se è stato eseguito il primo controllo sullastessa azienda, il tipo di codice attribuitoin seguito al primo sondaggio porta aritenere che quell’esportazione...

CANDIDO DE ANGELIS. Che veridicitàdate a quel 90 per cento che non control-late ? Chiedo solo una valutazione, non visottopongo a un esame.

ROCCO BURDO, responsabile del ser-vizio intelligence dell’Antifrode centrale.Comprendo la sua richiesta. Ebbene, rite-niamo che, per ciò che riguarda il rifiutoindustriale, l’indice di controllo sia piut-tosto congruo, tanto più che abbiamo lanecessità di incrociare il dato anche convalutazioni di carattere commerciale. Lacarta, in Italia, sta uscendo molto di piùrispetto al passato, perché probabilmenteè migliorata la raccolta e, soprattutto, c’ègrande produzione di carta da parte del-l’editoria, che non viene smaltita.

Il problema, semmai, è capire perchénon vengono eseguiti trattamenti in Italia:tutti considerano questo materiale comemateria prima esportata.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Riprendo la parola,perché non avevo chiuso la questione del1968.

Abbiamo buoni risultati sull’anticon-traffazione, sulla tutela del « made in »,

sull’analisi dell’origine e via dicendo. Ilivelli si attestano sui valori medi. Ciòsignifica che il problema si trova da qual-che altra parte.

A fronte di un’impostazione secondocui le dogane devono facilitare il commer-cio dei traffici, altrimenti fanno protezio-nismo, la disattenzione doganale in realtàporta alcuni Paesi a proteggere i propriscali. In questi casi, la dogana più disat-tenta premia l’attività portuale di alcuniporti. Questo ci sembra avvenire in alcuniporti del nord Europa, che sono in con-correnza con i Paesi mediterranei. Per-tanto, non è avulsa dal dibattito l’idea diriprendere e riportare alla ribalta la que-stione dell’armonizzazione dei controllidoganali.

Lavoriamo sempre su un margine cherappresenta un saggio dosaggio: non pos-siamo andare molto più in alto con icontrolli, perché rischiamo di rendere de-serti i nostri porti.

Inoltre, non dobbiamo confrontarci sol-tanto con nord Europa. I flussi si muo-vono velocemente. In un attimo si trasfe-riscono a Barcellona, ad esempio.

Sui porti italiani non abbiamo, nelsistema, profili territoriali: non discrimi-niamo un porto rispetto a un altro. Ildiscrimine avviene quando vi è merce arischio: origine a rischio, oppure destina-tario a rischio e quant’altro.

È la stessa cosa, se il materiale scendea Genova o a Napoli, fermo restando che,quanto alla contraffazione, il tessile cinese(che è a rischio) ha un margine di con-trollo del 40 per cento: su cento container,se ne controllano quaranta. Ciò può av-venire a Genova, a Gioia Tauro o a Napoli.Non esiste una variabile territoriale par-ticolare, tanto è vero che, quando si ètentato di spostare i flussi, li abbiamointercettati ugualmente.

Non possiamo garantire che lo stessoavvenga a Marsiglia o a Barcellona: questoè il problema serio.

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Pur-troppo, alle ore 16,00 dobbiamo interrom-pere con dispiacere, perché riprendono ilavori d’Aula con le votazioni.

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ROCCO BURDO, responsabile del Ser-vizio intelligence dell’Antifrode centrale. Ri-guardo alla domanda relativa ad acciaio,rame e ferro, sono sempre stati sequestratimateriali individuati come « materiali mi-sti ». Il rame è dichiarato materia primasecondaria, ma negli anni 2008 e 2007 èstato considerato materiale strategico,quindi si sono svolte molte attività inve-stigative che hanno portato a ritenere chefosse di provenienza furtiva. Basti pensarealla provenienza dell’eliminazione delle li-nee elettriche, i furti negli stabilimenti equant’altro.

Ferro e acciaio, invece, erano scarti dilavorazione. Per esempio, l’acciaio incene-rito o non trattato non poteva esseredichiarato materia prima secondaria, per-ché non poteva essere reinserito in unciclo produttivo.

Alla domanda relativa a che tipo dirilevamento facciamo dal punto di vistachimico, dopo la scansione scanner, ri-spondo che, naturalmente l’anomalia scan-ner genera un controllo fisico, che siassocia al prelievo di campione e all’invioin laboratorio.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle dogane. Sui laboratori nonpossiamo operare, in prima battuta, suanalisi riguardanti possibili effetti sull’or-ganismo. Non è competenza nostra svol-gere analisi che riguardino la salute dellapersona.

I nostri laboratori sono merceologici,hanno come primo obiettivo la qualitàorganolettica e generale della merce, inmodo tale da assegnare il giusto codice ditariffa doganale.

Ciò non significa che non siano anchelaboratori di qualità.

Come dicevo prima, sull’analisi del-l’olio, del vino, sulla gemmologia, sugli oliminerali – materia storica delle dogane –abbiamo laboratori di prima qualità.

In questo caso, tuttavia, la competenzaè dell’ASL. È vero che sussiste un pro-blema nell’uniformare il comportamentodei laboratori. Ci siamo trovati di fronte,in una regione, a ispettori che, chiamati al

telefono per venire a effettuare il prelievodi un campione, per prima cosa ci hannochiesto di inviare le ricevute del bollettinodi pagamento per 486,64 euro, al ricevi-mento delle quali sarebbero usciti pereffettuare il prelievo. Questo è un pro-blema.

In altre Regioni, invece, si capisce chesi riveste un ruolo istituzionale e quan-t’altro.

ALESSANDRO BRATTI. D’altra parte,occorre considerare che le regioni devonopagare le indagini dei NOE e quelle dellaprocura, quindi qualcuno deve stanziare inecessari fondi. Una possibilità potrebbeessere quella di deliberare che, nel finan-ziamento erogato alle regioni per la sanità,è compresa questa voce, oppure che illaboratorio chiude, perché è in deficit econtinua a fare analisi gratuite per qual-che altro organismo. Occorre capirequanta attività istituzionale diventi obbli-gatoria o meno, quanta sia coperta daifinanziamenti e quanta non lo sia.

GIUSEPPE PELEGGI, direttore del-l’Agenzia delle entrate. In alcuni casi è unpassaggio rapidissimo; in altri, troviamosituazioni in cui l’ispettore sanitario nonesce se prima non riceve un fax con lacopia del bollettino pagato.

PRESIDENTE. Purtroppo, devo chiu-dere l’audizione perché l’Aula è convocataper le ore 16,00 e abbiamo il dovere dinon lavorare in contemporanea.

Nel ringraziare i nostri ospiti per ladisponibilità manifestata, dichiaro con-clusa l’audizione.

La seduta termina alle 16.

IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTIESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE

DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

DOTT. GUGLIELMO ROMANO

Licenziato per la stampail 22 gennaio 2010.

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

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ALLEGATO

Grafico n. 1

Grafico n. 2

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Grafico n. 3

Grafico n. 4

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