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TECHNICAL REPORT 02/2008

Attrazione di capitale umano

altamente qualificato nel

sistema della ricerca

pubblica della Regione

Toscana

Luglio 2008

con il contributo di

Capitale umano e sistema della ricerca pubblica della Toscana

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© 2008 Fondazione Cotec & Fondazione Monte dei Paschi di Siena

A cura di Dario Moncalvo e Raimondo Iemma

Capitale umano e sistema della ricerca pubblica della Toscana

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INDICE Ringraziamenti....................................................................................................... 5

I. Introduzione: la ricerca pubblica in Italia e in Toscana............................. 7

La ricerca pubblica in Italia................................................................................. 7

L’investimento pubblico in Ricerca & Sviluppo ..................................................... 7

I risultati dell’attività di ricerca................................................................................11

La ricerca pubblica in Toscana ........................................................................ 14

Investimenti e infrastrutture di ricerca....................................................................14

I risultati dell’attività di ricerca................................................................................17

II. Il “brain drain”: un fenomeno nazionale con ricadute locali .................. 21

Il fenomeno del brain drain in Italia.................................................................. 21

Il potenziale di risorse umane altamente qualificate della Toscana .......... 26

Le politiche di gestione del “brain drain”........................................................ 29

Le politiche realizzate a livello nazionale ..............................................................29

Il ruolo delle regioni: le iniziative sviluppate in Toscana .......................................31

III. Il sistema della ricerca pubblica della Toscana: attività scientifica e

fabbisogno di capitale umano.......................................................................... 33

La metodologia adottata per l’indagine........................................................ 33

Gli obiettivi ...............................................................................................................33

Il percorso di selezione del campione...................................................................34

Il questionario di ricerca..........................................................................................39

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Analisi dei dati raccolti ....................................................................................... 43

Tasso di risposta e composizione degli aderenti...................................................43

I centri di ricerca: attività e risultati ottenuti ..........................................................45

I profili di risorse umane desiderati .........................................................................52

Interviste dirette ................................................................................................... 56

Intervista al Rettore dell’Università degli Studi di Firenze......................................57

Intervista al Rettore dell’Università degli Studi di Siena........................................59

Intervista al Direttore della Scuola Normale Superiore.........................................61

Intervista al Presidente della Scuola Superiore Sant’Anna..................................63

Intervista al Direttore dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del CNR ..............65

IV. Considerazioni di sintesi .............................................................................. 67

Riferimenti bibliografici....................................................................................... 70

Indice delle figure e delle tabelle..................................................................... 71

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Ringraziamenti

Gli autori desiderano ringraziare quanti, grazie al loro contributo hanno reso possibile la raccolta dei dati e la realizzazione del presente studio. Un particolare ringraziamento va al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze prof. Augusto Marinelli, al Magnifico Rettore dell’Università di Pisa prof. Marco Pasquali, al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Siena prof. Silvano Focardi, al Presidente della Scuola Superiore Sant’Anna prof. Riccardo Varaldo, al Direttore della Scuola Normale Superiore prof. Salvatore Settis e al Direttore dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del CNR prof. Vincenzo Barone. Gli autori ringraziano i seguenti docenti e ricercatori per la loro preziosa collaborazione:

Dott. Giuliano Alagona CNR Prof.ssa Maria Allegrini Università di Pisa Prof. Alfio Andronico Università degli Studi di Siena Prof. Ennio Arimondo Università di Pisa Prof. Mauro Barni Università degli Studi di Siena Prof. Michele Basso Università degli Studi di Firenze Prof. Marco Beghini Università di Pisa Prof. Fabio Beltram Scuola Normale Superiore Prof. Alberto Bemporad Università degli Studi di Siena Prof. Massimo Bergamasco Scuola Superiore Sant'Anna Prof. Ivano Bertini Università degli Studi di Firenze Dott. Claudio Bianchini CNR Prof.ssa Silvia Briccoli Bati Università degli Studi di Firenze Prof. Giuseppe Campiani Università degli Studi di Siena Prof. Alessandro Camussi Università degli Studi di Firenze Prof. Costantino Carmingnani Università di Pisa Prof.ssa Maria Chiara Carrozza Scuola Superiore Sant'Anna Prof. Gaetano Cascini Università degli Studi di Firenze Prof. Mario Chelli Università degli Studi di Firenze Prof. Alessandro Chiarucci Università degli Studi di Siena Prof. Flavio Coceani Scuola Superiore Sant'Anna Prof. Sandro Conticelli Università degli Studi di Firenze Dott. Guglielmo Cresci CNR Prof. Mauro Cresti Università degli Studi di Siena Prof. Paolo Dario Scuola Superiore Sant'Anna

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Prof.ssa Felicita Digiandomenico CNR Prof. Piero Dolara Università degli Studi di Firenze Dott. Alessandro D'Ulivo CNR Dott. Fabrizio Fabbrini CNR Dott.ssa Erina Ferri CNR Prof. Lorenzo Foa Scuola Normale Superiore Prof. Mauro Forti Università degli Studi di Siena Dott. Carlo Gabbanini CNR Prof. Domenico Laforenza CNR Prof. Luciano Lenzini Università di Pisa Prof. Giacomo Lorenzini Università di Pisa Prof. Giampiero Maracchi CNR Dott. Fabio Mariani CNR Prof. Stefano Marsili Libelli Università degli Studi di Firenze Dott. Vittorio Miori CNR Prof. Flavio Moroni Università degli Studi di Firenze Prof. Giovanni Moruzzi Università di Pisa Prof. Edoardo Mosca Università degli Studi di Firenze Prof.ssa Paola Mura Università degli Studi di Firenze Prof. Andrea Nannini Università di Pisa Prof. Salvatore Oliviero Università degli Studi di Siena Dott. Vincenzo Palleschi CNR Prof. Francesco Pegoraro Università di Pisa Prof. Bruno Pellegrini CNR Prof. Alessandra Renieri Università degli Studi di Siena Prof. Roberto Righini Università degli Studi di Firenze Prof. Luca Sebastiani Scuola Superiore Sant'Anna Prof. Giovanni Soda Università degli Studi di Firenze Prof.ssa Antonina Starita Università di Pisa Prof. Mauro Tonelli Università di Pisa Prof. Stefano Turillazzi Università degli Studi di Firenze Prof. Vincenzo Vecchio Università degli Studi di Firenze

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I. Introduzione: la ricerca pubblica in Italia e in Toscana Le prospettive di sviluppo tecnologico di un paese sono strettamente legate all’impegno del settore pubblico nella generazione di nuova conoscenza e nel sostegno alla ricerca e all’innovazione. Tale impegno si articola in primo luogo nell’attività delle università e dei centri di ricerca pubblici, in grado di generare e diffondere nuova conoscenza nel sistema socio-economico nel suo complesso senza vincoli operativi di breve periodo. Il ruolo del settore pubblico a sostegno della ricerca e dell’innovazione si declina altresì capacità dei vari livelli di governo di fornire sostegno diretto e indiretto alle imprese, promuovendo gli investimenti in attività innovative e il trasferimento tecnologico dal mondo della ricerca a quello delle imprese. Il presente capitolo intende fornire un’analisi sintetica delle più recenti dinamiche che hanno investito il sistema della ricerca pubblica in Italia e in Toscana negli anni più recenti. Uno specifico approfondimento in merito alla distribuzione delle risorse umane impegnate nel settore della ricerca pubblica e al fenomeno del “brain drain” verrà realizzato nel capitolo successivo.

La ricerca pubblica in Italia

L’investimento pubblico in Ricerca & Sviluppo

Come presentato nella Figura 1, nel 2005 il settore pubblico (considerato come aggregazione delle componenti delle Università e delle Amministrazioni pubbliche) produce il 47,5% della spesa in R&S del Paese. La dinamica riscontrata negli anni più recenti testimonia una progressiva riduzione di tale quota, che nel 2002 ammontava al 50,4%.

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In particolare, nel periodo 2002-2005 si riduce di 2 punti percentuali il peso delle Università nella composizione degli investimenti in R&S a livello nazionale. Tale dinamica si iscrive nel complessivo incremento della quota di R&S prodotta dalle imprese, che permane comunque sensibilmente inferiore alla relativa quota riscontrata nei principali paesi europei, eccezion fatta per la Spagna.

Figura 1 - Composizione della spesa in R&S in Italia

Fonte: “Ricerca e Sviluppo in Italia”, ISTAT (2007)

Come presentato nella Figura 2, il livello di spesa in R&S del settore pubblico valutato in percentuale del Prodotto Interno Lordo è rimasto pressoché costante in Italia negli ultimi anni di rilevazioni disponibili (2000-2005).

Tale proporzione ammonta allo 0,52%, valore sensibilmente inferiore a quello registrato in Francia e Germania (che sfiorano lo 0,80%) e nel Regno Unito (0,64%). È altresì degno di nota il recupero effettuato dalla Spagna, che in soli cinque anni vede crescere il proprio valore di spesa in R&S su PIL del 27%, passando dallo 0,41% allo 0,52%.

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Figura 2 - Spesa in R&S del settore pubblicoin percentuale del PIL nei

principali paesi europei

Fonte: Main Science & Technology Indicators Volume 2007/2, OCSE (2007)

Un breve approfondimento rispetto alla tipologia di investimento in R&S effettuato dal settore pubblico viene presentato nelle Figure 3 e 4. Come descritto nella Figura 3, il 50,4% della spesa in R&S del settore pubblico investe la ricerca di base, mentre il 40.8% del budget viene impiegato nel sostegno alla ricerca applicata. Tale dato testimonia la necessità di un incentivo pubblico specie per ciò che concerne gli stadi iniziali dell’attività di ricerca, caratterizzati da una spiccata componente di rischio e aleatorietà che rende più difficile l’attrazione di investimenti privati.

Figura 3 - Spesa per R&S del settore pubblico

per tipologia di ricerca, 2005

Fonte: "Ricerca e Sviluppo in Italia”, ISTAT (2007)

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La Figura 4 illustra infine la distribuzione percentuale dei fondi per la ricerca per le università italiane a seconda della loro provenienza. È attualmente il governo centrale ad assicurare la più alta quota di finanziamenti, pari al 27,8% del totale ricevuto dalle università, le quali autofinanziano direttamente la propria attività di ricerca per il 21,6%, mentre per il 23,1% si affidano a contratti di ricerca con terzi. Le Regioni e gli altri enti locali contribuiscono alla spesa in ricerca delle università per una quota del 7,3%, mentre l’apporto dell’Unione Europea ammonta al 10,4%.

Figura 4 - Provenienza dei fondi per la ricerca delle università, 2005

Fonte: "La valorizzazione della ricerca nelle università italiane. Quarto rapporto annuale", Netval (2006)

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I risultati dell’attività di ricerca

Nel presente paragrafo vengono presentati alcuni dati sintetici relativi all’attuale posizionamento del Sistema della ricerca pubblica dell’Italia nel panorama internazionale in termini di output della propria attività di ricerca. Tra il 1995 e il 2005, come presentato nella Figura 5, è cresciuta la quota di pubblicazioni scientifiche pubblicate da università organismi di ricerca italiani in ambito mondiale, passando dal 3,2% al 3,5%.

Unitamente alla Spagna, l’Italia è l’unico tra i principali paesi europei ad aver visto tale valore crescere nell’ultimo decennio.

La quota di pubblicazioni scientifiche realizzate in Italia si avvicina dunque al dato della Francia e vede ridotto lo scarto relativo alla performance di Germania e Regno Unito.

Figura 5 - Quote mondiali di articoli scientifici prodotti

nei settori S&E nei principali paesi europei, 1995-2005

Fonte: Science and Engineering Indicators, National Science Board (2008)

Per ciò che concerne il ricorso allo strumento brevettuale presso le università italiane (Figura 6), nel triennio 2003-2005 è cresciuto il numero di invenzioni depositiate presso l’Ufficio nazionale, presso l’USPTO (USA) e l’EPO (Unione Europea).

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In particolare, nel periodo considerato è cresciuto di circa il 30% il numero di brevetti depositati dalla università italiane presso l’Ufficio italiano brevetti. Tale dato testimonia il crescente utilizzo di tale formula di protezione della proprietà intellettuale ma anche l’incremento dell’attività innovativa delle università.

Figura 6 - Numero di brevetti depositati dalle università italiane

per ufficio di competenza, 2003-2005

Fonte: "La valorizzazione della ricerca nelle università italiane. Quarto rapporto annuale", Netval (2006)

Come presentato nella Figura 7, infine, per l’Italia il 29,2% dei beneficiari di finanziamenti nell’ambito del VI Programma Quadro dell’Unione Europea è costituito da Università. Tale quota è sensibilmente superiore a quella registrata in Francia e dello stesso ordine di quella realizzata in Spagna e Germania. Tale livello di partecipazione delle università nel contesto del principale strumento di sostegno alla ricerca a livello europeo è da considerarsi un indice di vitalità del sistema di ricerca universitario del nostro Paese.

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Figura 7 - Distribuzione dei finanziamenti ricevuti nell'ambito

del VI PQ per tipologia di partecipante nei principali paesi europei

Fonte: "VI Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo dell'Unione Europea - Dati sulla partecipazione italiana", MUR (2007)

L’investimento pubblico in Ricerca & Sviluppo vive dunque in Italia una fase di flessione, anche considerato l’incremento dell’impegno pubblico in favore della ricerca e dell’innovazione in diversi paesi emergenti. La performance del Sistema pubblico della ricerca, declinata in capacità di produrre nuova conoscenza testimoniata dalle pubblicazioni scientifiche e dai brevetti realizzati, nonché nella capacità di vedere riconosciuto il proprio potenziale di ricerca in sede europea, si presenta tuttavia in linea con quella dei principali paesi europei.

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La ricerca pubblica in Toscana

Investimenti e infrastrutture di ricerca

Posta a confronto con quella delle altre regioni italiane, la spesa in Ricerca & Sviluppo prodotta in Toscana è al passo con quella delle regioni più virtuose (Figura 8). Fatto salvo il caso del Lazio, il cui dato viene sensibilmente alterato dal computo degli istituti di ricerca con sede centrale nel Lazio ma operanti in altre regioni, la Toscana è al terzo posto tra le regioni italiane, con un rapporto tra spesa pubblica in R&S rispetto al PIL regionale pari a 0,19%. Il dato è altresì superiore a quello di Piemonte e Lombardia, le quali registrano rispettivamente 0,09% e 0,13% nel rapporto tra spesa pubblica in R&S e PIL regionale.

Figura 8 - Spesa in R&S delle Amministrazioni pubbliche e delle Università

rispetto al PIL regionale, 2005

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* compresi gli istituti con sede centrale nel Lazio operanti anche in altre regioni Fonte: "Ricerca e Sviluppo in Italia" , ISTAT (2007)

Come presentato nella Figura 9, la Toscana raccoglie altresì l’11,1% del totale nazionale della spesa per R&S del settore universitario. Anche in questo caso, la Toscana si colloca al terzo posto della graduatoria delle regioni italiane, alle spalle del Lazio (12,5% della spesa nazionale) e della Lombardia (12%).

Figura 9 - Distribuzione percentuale della spesa per R&S

del settore universitario a livello regionale, 2005

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Fonte: "Ricerca e Sviluppo in Italia" , ISTAT (2007)

Relativamente ai finanziamenti erogati dal MIUR ai Progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin), il Sistema della ricerca della Toscana ha beneficiato, nel 2005, di un ammontare di 16,7 milioni di Euro (Figura 9). Tale cifra è inferiore solo a quella destinata a progetti attivi in Lombardia, le cui istituzioni di ricerca hanno ricevuto un finanziamento complessivo di 20,1 milioni di Euro nell’ambito dei Prin nel 2005 (Figura 10).

Figura 10 - Finanziamento pubblico a Progetti di ricerca

di interesse nazionale (Prin), milioni di euro, 2005

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Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati MIUR - CINECA

La Toscana raccoglie infine il 10,1% dei laboratori di ricerca iscritti all’albo del MIUR (Figura 11), quota inferiore solamente a quella di Emilia-Romagna (14,1%) e Lombardia (10,1%) e sensibilmente superiore a quella di Lazio e Piemonte.

Figura 11 - Percentuale di laboratori di ricerca iscritti all’albo MIUR sul totale

nazionale nelle principali regioni italiane, 2007

Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati MIUR

I risultati dell’attività di ricerca

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I dati di sintesi in merito alla performance del Sistema della ricerca pubblica, declinata secondo la capacità di produrre nuova conoscenza, sono estratti dallo Scoreboard Regionale dell’Innovazione curato dalla Fondazione Rosselli nel 2007. Lo Scoreboard analizza e confronta il Sistema della ricerca e dell’innovazione di 13 Regioni Europee individuate come leader dell’innovazione: Baden-Württemberg, Bayern, Ile-de-France, Rhône-Alpes, Madrid, Wien, Stockholm, Etela-Suomi e, per l’Italia, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Toscana Nel 2005, la Toscana produce 0,40 pubblicazioni scientifiche per addetto alla R&S nel settore pubblico, valore che la attesta al quarto posto tra le regioni considerate (Figura 12). La performance della Toscana non è distante da quella di due regioni leader del panorama europeo, Rhône-Alpes e Stockholm, le quali realizzano una media di 0,54 pubblicazioni scientifiche per addetto alla R&S del settore pubblico.

Figura 12 - Numero di pubblicazioni scientifiche

per addetto alla R&S nel settore pubblico

Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati Eurostat e ISI Web of Knowledge

La Figura 13 presenta un dato utile per valutare il grado di apertura internazionale del Sistema della ricerca pubblica della Toscana.

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Nel 2005, circa il 65% delle pubblicazioni scientifiche realizzate dalle università e dai centri di ricerca della Toscana sono state prodotte in collaborazione con uno o più autori operanti in centri di ricerca all’estero. Il dato per la Toscana è superiore a quello registrato a diverse tra le regioni più avanzate d’Europa, quali ad esempio Baden-Württemberg e Ile-de-France, e non distante dai leader della graduatoria Piemonte (72,3% delle pubblicazioni scientifiche in collaborazione con autori stranieri) e Wien (74,7%).

Figura 13 - Percentuale di pubblicazioni scientifiche con almeno un autore

straniero

Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati ISI Web of Knowledge

La Figura 14 riporta infine un indice di qualità dei risultati dell’attività di ricerca presso il Sistema della ricerca pubblica della Toscana. Nel 2005, il 2,56% delle pubblicazioni scientifiche prodotte in Toscana riceve citazioni, mentre la stessa percentuale sfiora il 3,5% per le regioni che occupano i primi posti della graduatoria.

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Figura 14 - Percentuale di pubblicazioni scientifiche che hanno ricevuto

citazioni, 2005

Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati ISI Web of Knowledge

I dati di sintesi in merito al settore della ricerca pubblica della Toscana descrivono un Sistema capace di produrre e attrarre investimenti, generando risultati dell’attività di ricerca che pongono la regione al pari delle regioni leader in Europa nel campo dell’innovazione e della ricerca.

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II. Il “brain drain”: un fenomeno nazionale con ricadute locali

Il fenomeno del brain drain in Italia

Come sinteticamente illustrato nel primo capitolo, il sistema della ricerca pubblica italiana, pur considerando il ritardo rispetto ai principali paesi industrializzati in termini di investimenti, genera una quota crescente di nuova conoscenza nell’ambito mondiale. I dati relativi ai brevetti accademici e, soprattutto, alle pubblicazioni scientifiche, testimoniano un incremento, seppur limitato, del grado di influenza del sistema della ricerca pubblica italiana a livello globale. La maggiore criticità è da ricercarsi nell’ambito del capitale umano, con particolare riferimento a quello altamente qualificato. Il fenomeno del cosiddetto brain drain, efficacemente definito come “fuga dei cervelli”, è una realtà con la quale l’Italia si trova a confrontarsi da diversi anni. In particolare, se la capacità di esportare conoscenza, dal punto di vista dei risultati dell’attività di ricerca scientifica, e competenze, in termini di capitale umano, si possono considerare quali punti di valore del sistema della ricerca pubblica, nel contempo lo stesso sistema presenta una scarsa capacità di attrazione di risorse umane altamente qualificate. I più recenti dati a disposizione relativamente al fenomeno del brain drain in Italia, pur non consentendo una stima precisa dei confini del fenomeno, possono costituire una base di partenza per l’analisi. Riguardo alla dinamica in uscita, tra il 1990 e il 2000 passa dal 9,9% al 7% la percentuale di laureati italiani che decida di emigrare. Il dato, in linea con la media europea, è sensibilmente superiore a quello di Francia e Spagna, che registrano rispettivamente il 3,9% e il 2,6% di laureati emigranti. Per ciò che concerne invece la capacità attrattiva di risorse umane altamente qualificate, l’Italia presenta risultati poco confortanti. Secondo i dati diffusi dall’OCSE nel 2005, solo il 12,2% degli stranieri abitanti in Italia è in possesso di un titolo universitario o post-universitario.

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La stessa quota ammonta al 18,6% per l’Europa nel suo complesso, con punte del 21,8% in Spagna, del 30,5% nel Regno Unito e del 38,7% dell’Irlanda. Negli Stati Uniti, uno straniero su quattro (25,3%) possiede un titolo di livello terziario. Tra i laureati stranieri in Italia, secondo i dati divulgati dal MIUR nel 2008, poco più del 40% possiede un titolo afferente all’area Science & Technology. Di questa quota, circa la metà è da riferirsi a lauree nell’ambito medico. Gli Stati Uniti costituiscono la terra d’approdo della maggioranza relativa dei laureati italiani che decidono di emigrare (il 32%), mentre il 9,3% si dirige in Francia e il 62% in Germania. Il 40,3% dei laureati italiani non oltrepassa confini europei. Infine, tra i laureati italiani emigrati negli Stati Uniti, poco più del 17% (circa 9mila persone) è impegnato in attività di Ricerca & Sviluppo. Tra le principali motivazioni che spingono i ricercatori italiani a emigrare, molte attengono alle possibilità di svolgere la propria attività su di un orizzonte temporale di medio e lungo termine e con la possibilità di ottenere condizioni contrattuali favorevoli. Da considerare anche le frequenti carenze infrastrutturali, che rivestono un peso soprattutto nella scelta di non ritornare a praticare ricerca in Italia. Il confronto con i principali paesi europei e con gli Stati Uniti per ciò che riguarda i percorsi di carriera accademica testimonia per l’Italia un deficit di “appetibilità”, dal punto di vista del profilo retributivo come dei meccanismi di avanzamento. In particolare, la retribuzione netta di un dottorando di ricerca supera di poco in Italia i 9mila euro all’anno, mentre oscilla tra i 15mila e i 18mila in Francia e Regno Unito, fino a superare i 20mila in Olanda. Un analogo scarto si riscontra anche per i ricercatori Post-Doc, che arrivano a percepire molto meno dei circa 35mila euro annui normalmente retribuiti nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Pur considerando l’importanza di tali fattori, l’anomalia italiana non è da riscontrare nella fuoriuscita di risorse umane altamente qualificata “di per se”.

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Si tratta infatti di un fenomeno uniformemente diffuso su scala europea. A titolo di esempio basti ricordare che sono oltre 400mila gli scienziati europei a lavorare negli Stati Uniti e che, nello stesso paese, circa il 50% dei ricercatori è straniero. La criticità è invece da individuare nella scarsa capacità di attrazione di capitale umano altamente qualificato del sistema della ricerca pubblica italiana. Un aspetto importante investe il sistema di formazione terziaria, che costituisce la fucina nella quale si formano i “cervelli” e il potenziale ambito di sviluppo della loro attività di ricerca. Come presentato nella Tabella 1, il ciclo formativo universitario beneficia in Italia del 17% della spesa pubblica per istruzione. Tale quota è inferiore rispetto a quella dei principali paesi europei (con il 23% della Spagna e il 25% della Germania) e degli Stati Uniti.

Tabella 1 - Scomposizione per cicli formativi della spesa pubblica in

istruzione per studente nei principali paesi europei, 2004

Pre-primaria Primaria Secondaria Università Francia 12% 19% 48% 21% Germania 10% 14% 50% 25% Italia 10% 26% 47% 17% Spagna 11% 26% 40% 23% Regno Unito 7% 26% 48% 19% Stati Uniti 6% 33% 37% 24%

Fonte: “Education and Training Indicators”, Eurostat (2007)

Vi è altresì da registrare il calo di immatricolati presso le università italiane. Il numero di matricole nell’anno accademico 2007/2008 è tornato su livelli prossimi a quelli del 2001/2002, anno di introduzione della riforma dei cicli universitari, che vede così esaurire il suo effetto. Tale riduzione investe principalmente l’area Science & Technology. Come illustrato nella Figura 15, la quota di iscritti ai corsi delle aree di scienze, matematica e tecnologia, già inferiore a quella dei principali paesi europei, diminuisce nel periodo 2001-2006.

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Tale dinamica è in controtendenza con quella, ad esempio di Portogallo, Spagna e Germania, che raggiungono il 30% di iscritti in corsi di laurea S&T.

Figura 15 - Iscritti ai corsi di scienze, matematica e tecnologia in percentuale

del totale degli iscritti per anno accademico nei

principali paesi europei

Fonte: "Education and Training Indicators", Eurostat (2007)

La dinamica si riflette anche sulla percentuale di laureati in materie scientifiche e tecnologiche, ferma per l’Italia al 23% nel 2005, contro il 27% della Francia e della Germania. Per ciò che concerne la scomposizione per area di ricerca dei circa 10mila dottori di ricerca italiani che hanno conseguito il titolo nel 2005, presentata nella Figura 16, sono le scienze mediche (14.4%), le scienze biologiche (8.9%) e l’ingegneria (8,1%) i campi più battuti.

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Figura 16 - Dottori di ricerca per area disciplinare in Italia

(composizioni percentuali), 2005

Altro comprende: Scienze matematiche, Scienze storico-artistiche, Scienze veterinarie, Scienze pedagogiche, Scienze informatiche, Scienze statistiche, Non definita, Scienze delle attività motorie e delle discipline sportive. Fonte: MUR – Ufficio di statistica (2008)

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Il potenziale di risorse umane altamente qualificate della Toscana

I più aggiornati dati a disposizione testimoniano la vocazione “pubblica” della regione Toscana per ciò che concerne l’attività di Ricerca & Sviluppo. Nel 2005, il 64,1% del personale impiegato in attività di R&S in Toscana svolge la propria attività in Università o centri di ricerca pubblici. Se a questi si aggiungono gli addetti operanti presso Amministrazioni pubbliche, la percentuale sfiora l’80%. La quota di addetti e ricercatori accademici in Toscana è superiore a quella registrata nelle principali regioni italiane, con Emilia-Romagna e Lazio che impiegano poco più del 40% dei propri addetti e ricercatori presso istituzioni accademiche e Lombardia e Piemonte che si attestano intorno al 30%. Anche a confronto con le regioni europee più attive nel campo della ricerca e dell’innovazione, la quota di addetti alla R&S nel settore pubblico in Toscana rimane la più elevata. Figura 17 - Composizione per settori istituzionali del personale impiegato in

attività di R&S nelle principali regioni italiane

ed europee, 2004

Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati Eurostat e Istat (2004-2005)

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Come presentato nella figura 17, le Università della Toscana raccolgono il 10% degli addetti alla R&S. Tale percentuale è seconda solo a quella di Lazio e Toscana. Dato peculiare per la Toscana è lo scarto positivo tra la quota di addetti alla R&S sul totale nazionale e la percentuale di iscritti nelle università. Se il secondo valore rappresenta, pur in maniera poco rigorosa, il “peso” della regione in termini di presenza universitaria, si può dunque evincere che la Toscana è l’unica tra le regioni considerate (con l’eccezione dell’Emilia-Romagna) a fornire un contributo alla R&S universitaria superiore al proprio “peso” a livello nazionale. Tale dato costituisce dunque un ulteriore testimonianza della vivacità del sistema della ricerca pubblica in Toscana.

Figura 18 - Addetti alla R&S e iscritti nelle università nelle principali regioni

italiane come percentuale del totale nazionale, 2005

Fonte: “Ricerca e Sviluppo in Italia”, ISTAT (2007) e MIUR, Ufficio di Statistica (2008)

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Infine, analizzando i dati presentati nella Tabella 2 è possibile riscontrare come la percentuale di laureati in corsi afferenti all’area Science & Technology ammonti in Toscana al 36,4%, quota sensibilmente superiore rispetto al totale nazionale che si attesta, come menzionato in precedenza, intorno al 23%. Tale percentuale è altresì superiore a quella registrata in Emilia-Romagna (poco più del 34%), Lombardia, Piemonte (entrambe intorno al 33%) e al Lazio, la cui percentuale di iscritti a corsi di laurea dell’area Science & Technology non supera il 31%.

Tabella 2 - Composizione percentuale dei nuovi laureati per area disciplinare

nell’anno solare 2005

PIEMONTE LOMBARDIA LAZIO EMILIA-

ROMAGNA TOSCANA

GRUPPO INGEGNERIA 17,1 15,8 11,2 12,9 12,4

GRUPPO ECONOMICO-STATISTICO 11,6 19,8 12,0 17,9 11,3

GRUPPO GIURIDICO 7,8 8,2 9,7 11,3 10,5

GRUPPO LETTERARIO 6,8 6,2 9,8 10,4 10,1

GRUPPO MEDICO 6,6 6,3 12,8 8,2 11,7

GRUPPO ARCHITETTURA 6,3 8,2 4,8 1,5 4,7

GRUPPO GEO-BIOLOGICO 3,5 4,3 3,4 4,4 4,4

GRUPPO LINGUISTICO 3,5 5,8 5,0 4,8 3,9

GRUPPO INSEGNAMENTO 3,4 4,1 3,1 4,0 3,2

GRUPPO PSICOLOGICO 3,3 3,4 6,6 3,1 4,9

GRUPPO SCIENTIFICO 2,5 2,7 1,8 2,8 2,5

GRUPPO CHIMICO-FARMACEUTICO 2,1 1,9 1,2 3,4 2,7

GRUPPO AGRARIO 2,0 1,5 0,6 2,7 2,7

GRUPPO EDUCAZIONE FISICA 1,8 1,4 1,2 1,0 0,7

GRUPPO DIFESA E SICUREZZA 1,0 0,1 1,2 0,0 0,6

Fonte: elaborazione Fondazione Rosselli su dati MIUR

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Le politiche di gestione del “brain drain”

Le politiche realizzate a livello nazionale

Sono i governi nazionali a disporre dei principali strumenti di policy per la gestione dei flussi migratori, ivi compresi quelli del personale altamente qualificato. Diversi contributi accademici, tra i quali quello di Lowel (2002), hanno riscontrato nella pratica politica dei governi sei tipi di interventi realizzabili per la gestione del fenomeno del “brain drain”:

- le politiche di ritorno, volte a favorire il ritorno dei cervelli emigrati all’estero, mediante incentivi prevalentemente di natura fiscale;

- le politiche di restrizione, che si prefiggono di impiegare barriere alla migrazione del capitale umano altamente qualificato, spesso mediante il sistema delle quote annuali e dei programmi di permanenza temporanea;

- le politiche di reclutamento, volte ad attirare personale altamente qualificato a

compensazione delle perdite dovute all’emigrazione;

- le politiche di riparazione della perdita, che si prefiggono di recuperare, almeno in parte, gli investimenti perduti con la migrazione dei cervelli, gravando ad esempio sui redditi del migrante;

- le politiche di rete o di sfruttamento delle risorse degli espatriati, con l’obiettivo di considerare il “brain drain” non più come fenomeno esclusivamente negativo ma anche foriero di opportunità;

- le politiche di ritenzione, volte a incrementare la produttività dei sistemi di della

ricerca nonostante le perdite di capitale umano altamente qualificato. Negli anni più recenti, le politiche realizzate dal governo italiano nell’ambito della gestione delle migrazioni scientifiche si possono ricondurre a tre delle tipologie appena elencate. Per ciò che concerne le politiche di rientro, mediante il Decreto Ministeriale 26 gennaio 2001, numero 13, si disciplinava il percorso di rientro di ricercatori e studiosi stranieri o italiani impegnati in attività didattica e di ricerca all’estero.

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Il Decreto prevedeva la possibilità di stipulare contratti da parte delle università di durata minima di 6 mesi e massima di 3 anni per attività sia di ricerca, sia di didattica. L’impegno delle università si traduceva nella fornitura di adeguate infrastrutture per l’espletamento dell’attività, nonché nella copertura del 10% del costo del programma di ricerca svolto, mentre il titolare del contratto veniva retribuito direttamente dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Tra le principali critiche a tale misura, la ristrettezza dei fondi a disposizione i quali, “polverizzati” tra tutti i poli di ricerca italiani, non consentivano di disporre di un adeguato budget per ogni ricercatore potenzialmente rientrante. I risultati di tale programma non si sono infatti rivelati all’altezza delle aspettative. Si stima che ammonti a 466 il numero di cervelli rientrati in Italia (di cui 300 italiani) mediante il programma, un volume inferiore di diversi ordini di grandezza rispetto a quello dei ricercatori italiani operanti all’estero, stimato intorno alle 40mila unità. Afferiscono invece al campo delle politiche di ritenzione le linee guida pare la realizzazione dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit), sul modello delle migliori eccellenze mondiali quali ad esempio il MIT, presentate nel 2003 nella legge di rifinanziamento dei programmi di rientro. Il mandato dell’Iit veniva individuato nello sviluppo di programmi di ricerca applicata in campo tecnologico in collaborazione con il mondo dell’industria. L’esiguità dei fondi a disposizione, nonché la complessità dell’esercizio di istituzione ex-novo di un polo catalizzatore di competenze e attività di alto livello hanno costituito ostacoli decisivi alla creazione dell’Iit. Va inoltre considerato come nella costituzione di poli di eccellenza scientifica, portatori di esternalità positive dovuti alla contiguità fisica e tematica tra i diversi attori, sia decisiva la presenza di un vantaggio competitivo iniziale, altrimenti espresso come “vocazione territoriale”. Una terza politica intrapresa da governo italiano è da ascrivere alla categoria delle politiche di rete, declinata nella creazione di un network di collegamento tra i cervelli italiani operanti in Italia e all’estero. Il database DAVINCI (acronimo di Database Accessibile Via Internet dei ricercatori italiani Non residenti in Italia e operanti all’estero presso Centri universitari, laboratori industriali o

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organizzazioni Internazionali), predisposto dal Ministero degli Affari Esteri, raccoglie informazioni sulle attività, sulle linee di ricerca e sulle esperienze della comunità dei ricercatori operanti all’estero. La rete DAVINCI non è tuttavia ancora stata utilizzata per lo sviluppo specifico di progetti di ricerca.

Il ruolo delle regioni: le iniziative sviluppate in Toscana

Sul tema della gestione del “brain drain”, gli strumenti a disposizione delle Regioni sono limitati. La struttura delle competenze di spesa, fortemente orientata dal punto di vista sociale e sanitario, e l’effettiva difficoltà di intervento in merito a dinamiche dalla proporzioni nazionali ed europee limitano il ruolo delle Regioni rispetto alle politiche migratorie legate all’attività scientifica. Sovente, tali politiche si iscrivono nel quadro di iniziative di più ampio respiro, volte a incrementare il potenziale competitivo delle Regioni. È il caso ad esempio del nuovo programma operativo 2007-2013 della Regione Toscana, che prevede lo stanziamento di 27 milioni di Euro, il 4% delle risorse assegnate dal Fondo sociale europeo, all’asse “Transnazionalità e Interregionalità”, buona parte dei quali verranno destinati alla mobilità di studenti e lavoratori. Il Programma Regionale di Sviluppo 2006-2010 varato dalla Regione Toscana prevede inoltre lo stanziamento di 250 milioni di Euro per lo sviluppo della competitività del territorio, con il preciso obiettivo della valorizzazione delle eccellenze industriali e di ricerca. La Regione Toscana sta altresì lavorando alla prima Legge regionale per la valorizzazione e la promozione della ricerca, che concentri risorse e attenzioni verso l’Università e i numerosi enti che compongono la ricchissima comunità scientifica toscana. L’obiettivo è quello di permettere al sistema regionale della ricerca di compiere un salto di qualità, puntando sull’incontro fra ricerca di base e ricerca applicata.

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Questo sforzo passa attraverso il pieno coinvolgimento di tutti gli attori del sistema della ricerca, tra cui Università e CNR, per dare vita a un Patto per la ricerca e l’innovazione sul modello di quello già messo in piedi per l’occupazione e lo sviluppo.

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III. Il sistema della ricerca pubblica della Toscana: attività

scientifica e fabbisogno di capitale umano

La metodologia adottata per l’indagine

Gli obiettivi

Lo studio svolto dalla Fondazione Cotec in collaborazione con la Fondazione Monte dei Paschi di Siena è stato realizzato con l’obiettivo principale di valutare, a fronte della dinamica “in uscita” di ricercatori e delle caratteristiche del sistema della ricerca pubblico italiano e toscano descritti nei due precedenti capitoli, il fabbisogno di risorse umane altamente qualificate espresso dai centri di ricerca pubblici della Toscana. In particolare, è possibile declinare gli obiettivi dello studio in cinque punti fondamentali:

• realizzare una mappatura dei gruppi di ricerca Science & Technology del sistema della ricerca pubblica in Toscana;

• valutare la possibilità di assorbimento nelle imprese dell’innovazione tecnologica prodotta dai gruppi di ricerca;

• valutare la propensione all’internazionalizzazione dei principali attori della ricerca pubblica in Toscana;

• identificare i profili di risorse umane più opportuni per il potenziamento dei gruppi di ricerca;

• analizzare il livello di integrazione del sistema della ricerca pubblica della Toscana

nel panorama della ricerca mondiale. Per il suo profilo di unicità e novità, la realizzazione dello studio sul sistema della ricerca pubblica in Toscana si propone di costituire uno strumento idoneo a: formulare interventi di policy per il sostegno al brain gain in Toscana e in Italia, nonché promuovere le eccellenze del

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sistema della ricerca della Toscana, in particolare rispetto al profilo di visibilità internazionale.

Il percorso di selezione del campione

L’universo di riferimento per l’individuazione dei centri di ricerca pubblici da includere nel campione dello studio è costituito dai seguenti organismi:

- l’ Università degli Studi di Firenze, dotata di 18 dipartimenti dell’area Biomedica, 12 dipartimenti dell’area Scientifica e 19 dipartimenti dell’area Tecnologica impegnati in attività di ricerca oltre a quella didattica. L’Università dispone altresì di oltre dieci Centri interdipartimentali impegnati in ricerca nell’area Science & Technology (S&T), nonché di diverse unità di ricerca che svolgono la propria attività in collaborazione con il CNR. Sfiorano attualmente le 60mila unità gli studenti iscritti all’Università degli Studi di Firenze, il 45% circa dei quali è iscritto a corsi di laurea dell’area S&T.

- L’ Università degli Studi di Siena, la quale consta di 8 dipartimenti dell’area delle

Scienze sperimentali e di 20 dipartimenti dell’area delle Scienze mediche e biomediche. Completano il profilo di ricerca dell’Università circa venti Centri interdipartimentali impegnati in ricerca nell’area Science & Technology (S&T), nonché di diverse unità di ricerca che svolgono la propria attività in collaborazione con il CNR. Sono ad oggi circa 19mila gli iscritti totali presso l’Università degli Studi di Siena, il 35% dei quali è iscritto a corsi di laurea dell’area S&T.

- L’ Università di Pisa, che dispone di 34 dipartimenti attivi in ricerca, nonché di 10 Centri interdipartimentali, attivi nelle aree Science e Technology. L’Università conta ad oggi circa 4700 iscritti, il 53% dei quali in corsi di laurea delle area S&T.

- La Scuola Normale Superiore di Pisa, polo dalla forte vocazione didattica, dotato di 15 Centri o unità di ricerca operanti nell’area Scientifica.

- La Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant'Anna di Pisa, che ha al suo attivo alcuni Centri afferenti al campo delle Scienze sperimentali, operanti per la maggior parte presso il Polo Sant’Anna Valdera.

Completano il panorama della ricerca pubblica in Toscana 12 Istituti afferenti al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) operanti nell’area S&T: l’Istituto per la protezione delle

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piante, l’Istituto di chimica dei composti organo metallici, l’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree, l’Istituto di biometeorologia, l’Istituto di fisica applicata "Nello Carrara", l’Istituto di neuroscienze, l’Istituto di fisiologia clinica, l’Istituto di informatica e telematica, l’Istituto per i processi chimico-fisici, l’Istituto di geoscienze e georisorse, l’Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione "Alessandro Faedo", l’Istituto di linguistica computazionale. Il percorso di selezione di centri o unità di ricerca pubblici operanti in Toscana per il loro inserimento nel campione della ricerca è stato progettato in modo da rispondere a due caratteristiche fondamentali. I centri di ricerca erano infatti chiamati a possedere

o un profilo operativo; o caratteristiche qualitative idonee.

L’eterogeneità della formule organizzativi adottati dalle Università, dalle Scuole e dagli Istituti del CNR ha generato la necessità di adottare uno schema di individuazione dei gruppi di ricerca secondo una suddivisione in tre livelli (amministrativo, organizzativo, operativo) al tempo stesso univoca e dotata di un sufficiente grado di adattabilità alle singole realtà.

Figura 19 - Schema di individuazione dei gruppi di ricerca adottato

per la pre-selezione del campione

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Il profilo di idoneità per l’inclusione nel campione dello studio è stato altresì definito secondo tre principali caratteristiche qualitative:

- l’appartenenza ad un settore di ricerca scientifico-disciplinare dell’area Science & Technology;

- un profilo di visibilità , testimoniato ad esempio dalla presenza di un sito web ufficiale e della divulgazione di materiale interente l’attività del centro di ricerca in lingua inglese;

- un sufficiente livello di apertura internazionale, realizzato ad esempio mediante la cooperazione con centri di ricerca operanti all’estero, con la pubblicazione di articoli scientifici curati in collaborazione con ricercatori stranieri e con la presenza di programmi di scambio di risorse umane con l’estero.

Queste tre caratteristiche venivano declinate in 8 criteri espliciti, riportati nella Figura 20.

Figura 20 - Criteri qualitativi per l’inclusione nel campione della ricerca

La selezione definitiva dei centri e delle unità di ricerca (o research hubs) da includere nel campione dello studio è stata quindi operata integrando le due caratteristiche di operatività e

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livello qualitativo, procedendo in progressione a partire dall’intero universo del sistema della ricerca pubblica in Toscana, così come schematizzato nella Figura 21.

Figura 21 - Percorso di selezione dei research hubs

Uno schema di selezione, realizzato per ognuno dei research hubs censiti, ha permesso di raccogliere le due classi di criteri per l’individuazione dei gruppi di ricerca da coinvolgere nello studio.

Figura 22 - Schema di selezione dei research hubs

Una prima fase di selezione ha coinvolto 200 research hubs pubblici della Toscana, individuati e valutati secondo lo schema precedentemente descritto.

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Sulla base del punteggio conseguito, è stato possibile isolare un campione di 53 research hubs di particolare interesse per la ricerca. Il campione dei “top 53” è composto per poco più della metà di gruppi di ricerca operanti nel settore Science, e per la restante parte attivi nell’area Technology o dell’ingegneria. La maggioranza relativa dei centri selezionati, pari al 27%, opera nel campo dell’informatica o dell’ingegneria informatica, mentre il 19% è specializzato nell’area dell’ingegneria industriale.

Figura 23 - Suddivisione dei research hubs “top 53” selezionati

per lo studio per area disciplinare di ricerca

Come presentato nella Figura 23, il 62% di questi 53 research hubs opera in uno dei tre atenei universitari della regione, mentre la maggioranza relativa, pari al 30% , afferisce a strutture del CNR.

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Figura 24 - Suddivisione dei research hubs “top 53” selezionati

per lo studio per ente di appartenenza

Ad integrazione del campione selezionato, sono stati affiancati ai “top 54” ulteriori 39 centri di ricerca, i quali, pur rispondendo ai caratteri di idoneità per l’inclusione dello studio, erano da considerare di “seconda fascia” rispetto ai primi considerati.

Il campione dello studio ammonta quindi a 92 centri di ricerca pubblici operanti in Toscana nell’ambito Science & Technology.

Il questionario di ricerca

Il questionario sottoposto al campione di gruppi di ricerca compresi nello studio, divulgato mediante survey on-line attiva dal 26/05/2008 al 27/06/2008, è stato concepito in modo da raccogliere informazioni in merito a due aspetti fondamentali:

• il profilo del research hub, in particolare per ciò che concerne

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- la strumentazione disponibile;

- le linee di ricerca implementate; - l’output scientifico generato;

- i progetti di collaborazione con imprese; - il grado di apertura internazionale.

• Le tipologie di grant individuate per l’inserimento di risorse umane altamente

qualificate, specificando in particolare:

- l’ambito scientifico di inserimento; - il profilo richiesto;

- lo starting kit a disposizione; - le condizioni economiche di entrata.

Lo schema del questionario divulgato viene di seguito presentato nelle Figure 25 e 26.

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Figura 25 - Schema relativo alla prima parte del questionario,

volta valutare il profilo del research hub e delle sue attività

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Figura 26 - Schema relativo alla seconda parte del questionario, volta

valutare i profili di risorse umane individuati dai research hubs per il

potenziamento delle propria attività

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Analisi dei dati raccolti

Tasso di risposta e composizione degli aderenti

Dei 92 centri di ricerca interpellati nell’ambito dello studio, selezionati così come esposto in precedenza, 45 hanno affrontato la compilazione del questionario divulgato via internet tra il 26 maggio e il 27 giugno 2008. Il tasso di risposta dello studio ammonta quindi al 48,9%. I centri che hanno fornito informazioni in merito alla loro attività hanno espresso un totale di 79 profili di risorse umane altamente qualificate individuate come idonee ad essere impiegate presso il centro in modo da incrementarne le potenzialità di ricerca. Tale valore testimonia come, in media, ciascun centro indichi 2 profili di risorse umane idonee ad essere integrate.

Tabella 3 - Dati di sintesi dello studio sul sistema della ricerca pubblica della

Toscana

Totale centri di ricerca interpellati 92

Periodo di divulgazione del questionario on-line 26/05/2008 - 27/06/2008

Totale centri aderenti 45

Tasso di risposta 48,9%

Totale profili di risorse umane espressi 79

Media di profili di risorse umani espressi da ogni centro 1,8

La composizione dei centri aderenti allo studio riflette, con uno scarto minimo, quella della popolazione dei centri interpellati, sia in termini di area disciplinare di riferimento, sia per ciò che concerne l’ente di appartenenza.

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L’area informatica, fisica, chimica e delle applicazioni industriali sono equamente rappresentate nel totale dei centri che hanno affrontato la compilazione dei questionari, con un percentuale prossima al 20% per ognuna delle aree (Figura 27). La restante popolazione è composta per il 16% da centri attivi in ricerca nel settore biomedico e per il 5% da unità operanti nell’ambito delle applicazioni agrarie.

Figura 27 - Composizione dei centri aderenti allo studio per area disciplinare

di ricerca

Come presentato nella Figura 28, il 64% dei centri aderenti allo studio opera in contesto universitario, mentre poco meno di un quarto dei centri opera preso Istituti del CNR.

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Figura 28 - Composizione dei centri aderenti allo studio

per ente di appartenenza

I centri di ricerca: attività e risultati ottenuti

a) Il profilo dimensionale dei centri di ricerca Poco più di due terzi del totale dei centri di ricerca oggetto dello studio dichiarano di contare su un numero di ricercatori compreso tra 1 e 9. Solo il 12% dei centri impiega un numero di ricercatori superiore a 50. Nelle Figure 29 e 30 vengono riportate le composizioni percentuali per classi di addetti dei centri relativamente all’area disciplinare di riferimento e all’ente di appartenenza. In particolare, è possibile notare che la dimensione dei centri operanti nell’area informatica sia in media più bassa (l’82% dei centri non supera i 9 addetti), mentre oltre 4 centri su 10 operanti nelle aree della fisica, della chimica e della biologia contano su uno staff di ricercatori superiore alle 10 unità.

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Per ciò che concerne la composizione dimensionale dei centri rispetto all’ente di appartenenza, è possibile riscontrare dimensioni mediamente più ridotte nel caso del CNR, mentre la metà dei centri di ricerca operanti presso l’Università di Pisa supera i 10 addetti.

Figura 29 - Composizione dei centri di ricerca aderenti allo studio

per classe dimensionale e area disciplinare di ricerca

*area scientifica comprende le aree della biomedica, della fisica e della chimica

Figura 30 - Composizione dei centri di ricerca aderenti allo studio

per classe dimensionale ed ente di appartenenza

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b) I risultati dell’attività di ricerca scientifica

Tra i principali indicatori dei risultati dell’attività di scientifica, così come della rilevanza delle linee di ricerca affrontate, vi è il numero di pubblicazioni scientifiche e di brevetti gemmati dall’attività di ricerca.

Ad ogni centro di ricerca interpellato è stato chiesto, per ogni linea di ricerca descritta, di indicare il numero di pubblicazioni e di brevetti correlati a tale linea.

Nel complesso delle risposte ottenute, ogni linea di ricerca genera in media 30 pubblicazioni e 1 brevetto.

Tale risultato è tuttavia sensibile di variazioni se si considerano separatamente le aree disciplinari di appartenenza dei centri, così come presentato nella Tabella 4.

L’area che presenta il maggior tasso di pubblicazioni per singola linea di ricerca è quella informatica (quasi 40 pubblicazioni scientifiche). Leggermente sotto la media delle risposte si attestano invece i centri operanti nelle aree della biomedica e della chimica, mentre i centri operanti in ricerca per applicazioni industriali generano in media circa 13 pubblicazioni per linea di ricerca sviluppata. Riguardo alla performance brevettuale, sono i settori della chimica e delle applicazioni industriali quelli che presentano la migliore performance, con in media circa 2 brevetti depositati per ogni nuova di linea di ricerca. A tal proposito occorre considerare la particolare propensione all’adozione dello strumento brevettuale da parte di queste particolari aree disciplinari.

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Tabella 4- Risultati dell’attività scientifica dei centri di ricerca partecipanti

alla raccolta dati per area disciplinare di riferimento Area disciplinare del centro di ricerca

Pubblicazioni scientifiche per linea di ricerca

Brevetti per linea di ricerca

TOTALE 30,1 1,2

Informatica 39,5 0,6

Biomedica 23,2 0,2

Chimica 24,9 2,1

Fisica 30,3 0,3

Industriale 12,9 1,9

Agraria n.d. n.d.

Superiore alla media dei centri censiti per ciò che concerne la produzione di pubblicazioni scientifiche sono altresì i centri e i laboratori di ricerca operanti presso l’Università degli Studi di Siena (40 pubblicazioni per linea di ricerca in media) e l’Università degli Studi di Firenze (34).

È invece il CNR, tra i centri partecipanti alla ricerca, a presentare la performance brevettuale più significativa, con una media di poco meno di 2 brevetti per linea di ricerca realizzata.

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Tabella 5 - Risultati dell’attività scientifica dei centri di ricerca partecipanti alla

raccolta dati per ente di appartenenza Ente di appartenenza del centro di ricerca

Pubblicazioni scientifiche per linea di ricerca

Brevetti per linea di ricerca

TOTALE 30,1 1,2

Università degli Studi di Firenze 34,3 0,8

Università di Pisa 19,8 1,1

Università degli Studi di Siena 40,1 0,9

Scuola Superiore Sant’Anna 10,7 1,5

Scuola Normale Superiore n.d. n.d.

CNR 20 1,9

c) La collaborazione dei centri di ricerca con le imprese

Il 79,1% dei centri di ricerca partecipanti alla raccolta dati annovera tra le proprie attività progetti di ricerca svolti in collaborazione con realtà del mondo industriale italiano ed estero.

In particolare, il 32,4% di questi centri di ricerca ha svolto negli ultimi tre anni progetti di ricerca in partnership con imprese operanti all’estero.

La sostanziale uniformità dei dati relativi a tale aspetto, sia per ciò che concerne l’area disciplinare di riferimento, sia per ciò che riguarda l’ente di appartenenza, rende superflua una ulteriore scomposizione dei dati.

d) Il profilo di apertura internazionale dei centri di ricerca

Un saggio del grado di apertura internazionale dei centri di ricerca coinvolti nello studio è stato richiesto sulla base di tre principali fattori:

- i progetti di ricerca svolti in collaborazione con organismi stranieri;

- il numero di pubblicazioni scientifiche realizzate in collaborazione con ricercatori stranieri;

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- la dinamica in entrata e in uscita da e verso l’estero di ricercatori.

Mentre la suddivisione dei dati per aree disciplinari non presenta particolari peculiarità, è possibile operare la scomposizione, ove il volume dei dati lo consente per enti di appartenenza dei centri di ricerca.

Il 79,1% dei centri di ricerca che hanno partecipato alla raccolta dati ha svolto progetti di ricerca in collaborazione con organismi operanti all’estero, con punte dell’88% per i centri operanti presso l’Università di Pisa e dell’81,8% per i centri del CNR.

Nel complesso dei centri di ricerca, la dinamica di scambio di ricercatori con l’estero negli ultimi tre anni testimonia una media di 5 ricercatori in entrata e di 4 in uscita.

Spicca anche in questo caso il dato relativo ai centri e alle unità di ricerca del CNR, che hanno in media accolto circa 12 ricercatori stranieri per centro negli ultimi tre anni, con una dinamica in uscita di 8 ricercatori in media.

La media dei centri interpellati ha realizzato, negli ultimi tre anni, circa 30 pubblicazioni in collaborazione con ricercatori stranieri.

I centri appartenenti al CNR presentano un valore sopra la media, che sfiora le 70 pubblicazioni co-authored per centro negli ultimi tre anni.

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Tabella 6 – Dati di sintesi relativi al grado di apertura internazionale dei centri

di ricerca partecipanti alla raccolta dati Ente di appartenenza del centro di ricerca

Collaborazioni internazionali (ultimi 3 anni)

Pubblicazioni co-authored (ultimi 3 anni)

Ricercatori in entrata (ultimi 3 anni)

Ricercatori in uscita (ultimi 3 anni)

TOTALE 79,1% 29,7 5,1 4

Università degli Studi di Firenze

61,5% 15,6 1,5 2,2

Università di Pisa

55,6% n.d. n.d n.d

Università degli Studi di Siena

88% 16,7 12,6 1,6

Scuola Superiore Sant’Anna

n.d. n.d n.d. n.d.

Scuola Normale Superiore

n.d. n.d. n.d. n.d

CNR 81,8% 69 11,8 8

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I profili di risorse umane desiderati

Come indicato in precedenza, i centri di ricerca partecipanti alla raccolta dati hanno indicato un totale di 79 profili di risorse umane altamente qualificate desiderati per l’ampliamento delle potenzialità di ricerca del proprio centro. Tale dato riflette dunque una media di due posizioni aperte per ogni centro. A tal proposito, è necessario precisare come tale fabbisogno sia da considerarsi approssimato per difetto. I vincoli di budget e di altra natura che caratterizzano la grande maggioranza dei centri di ricerca, pur non rilevanti ai fini della raccolta dati, hanno costituito un ostacolo all’espressione dell’effettivo fabbisogno di risorse umane. a) La linea di ricerca di riferimento L’85% dei profili indicati verrebbe integrato dai centri per svolgere attività scientifica nell’ambito di una linea di ricerca già operativa, mentre il 14% verrebbe impiegato per l’avvio di una nuova linea di ricerca. Solo l’1% dei centri di ricerca impiegherebbe una nuova risorsa quale spunto per l’avvio di un a linea di ricerca mai esplorata prima in alcun altro polo di ricerca. Tale risultato costituisce un tratto comune a tutti gli enti di appartenenza, i quali presentano scarti dalla media di dimensioni ridotte. Per ciò che concerne la suddivisione dei centri secondo l’area disciplinare di riferimento, è quella biomedica a essere caratterizzata da un più forte tasso di “apertura” verso il nuovo, con il 36% dei profili individuati associati all’istituzione di linee di ricerca nuove per il centro. b) Il profilo dei ricercatori desiderati

Considerando la media dei profili presentati dai centri, nel 30% dei casi la classe di riferimento è quella del PhD Student, o studente di dottorato di ricerca. Il 26% dei profili è riferito ad una risorsa Post-Doc, mentre nel 36% dei casi i centri di ricerca esprimono l’esigenza di integrare una risorsa che possieda il profilo di Researcher, ossia un

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ricercatore che a seguito del conseguimento del dottorato di ricerca, abbia già affrontato un periodo di lavoro sul campo. Solo il 5% dei profili indicati riguarda posizioni di Senior Researcher. La suddivisione dei dati secondo l’area disciplinare di ricerca del centro è presentata nella Figura 31. L’esigenza di disporre di nuove figure di ricercatori “highly-skilled” viene espressa in modo particolare dai centri di ricerca operanti nell’area dell’informatica, che indicano, per il 58%, profili di classe Researcher. Il più basso grado di specializzazione, quello del PhD Student, è invece il più richiesto (71%) presso i centri di ricerca attivi nell’area delle applicazioni industriali. I centri di ricerca appartenenti alle aree della biomedica, della chimica e della fisica esprimono un fabbisogno di risorse umane meno polarizzato rispetto ai profili di esperienza dei ricercatori, pur mantenendo bassa la quota di richieste di Senior Researcher. Passando alla suddivisione dei dati rispetto all’ente di appartenenza dei centri di ricerca (Figura 32), sono le unità e i laboratori del CNR ad esprimere un fabbisogno di risorse umane a più alta qualificazione, con il 52% dei profili indicati relativo a posizioni di Researcher o Post-Researcher. Tra le Università, è quella di Firenze a raccogliere i centri maggiormente orientati all’integrazione di risorse umane a più alta qualificazione, con il 55% dei profili indicati relativi al grado di Researcher. Sono invece i centri di ricerca operanti presso la Scuola Superiore Sant’Anna ad indicare nella grande maggioranza dei casi (75%) come desiderati profili di ricercatori ancora nel loro percorso di dottorato di ricerca (PhD Student).

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Figura 31- Classe di riferimento delle risorse desiderate dai centri di ricerca

per area disciplinare

Figura 32 - Classe di riferimento delle risorse desiderate dai centri di ricerca

per ente di appartenenza

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A completamento del profilo dei ricercatori desiderati dai centri, l’esigenza di disporre di nuove risorse dotate della conoscenza di almeno una lingua straniera (l’inglese per l’89% dei centri) e di competenze informatiche relative all’area disciplinare di ricerca in cui il centro è impegnato (indicate esplicitamente dal 40% dei centri). c) Le condizioni di ingresso dei ricercatori

I centri di ricerca partecipanti alla raccolta dati hanno indicato, per ogni profilo, le principali condizioni di ingresso offerte ai ricercatori.

La media del grant offerto annualmente cresce, com’è prevedibile, con l’aumentare del profilo di esperienza dell’entrante.

Come presentato nella Tabella 7, la retribuzione media annua di un PhD Student risulta quindi di poco inferiore ai 20mila Euro, con un picco di oltre 23mila per i centri dell’area delle applicazioni industriali.

Ai profili Post-Doc viene offerto un grant annuo di oltre 30mila Euro (35mila per i centri operanti nel campo della biomedica) con un contratto della durata media di 3 anni.

L’incremento di retribuzione offerta per la posizione di Researcher è di appena il 4% in media, per arrivare ad un grant annuo di poco superiore ai 32mila Euro, media che per la sola area della fisica raggiunge i 40mila Euro.

L’esiguità dei dati relativi ai Senior Researcher non consente di presentare un risultato in merito ad una media retributiva.

La suddivisione dei risultati secondo l’ente di appartenenza (Tabella 8) dei centri presenta un minor grado di polarizzazione. A completamento dei dati, il 79% dei posizioni indicate dai centri prevede che il nuovo entrante operi in un ufficio “open space” con infrastrutture condivise, mentre il 21% assegnerebbe un ufficio privato (spesso associato alla posizione di Researcher o Senior Researcher).

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Interviste dirette

Quale integrazione dei dati raccolti mediante questionario on-line e con l’obiettivo di approfondire il punto di vista dei massimi rappresentanti del sistema della ricerca pubblica della Toscana in merito alle principali prospettive di sviluppo, sono state realizzate alcune interviste dirette.

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Intervista al Rettore dell’Università degli Studi di Firenze

Il punto di vista Prof. Augusto Marinelli,

Rettore dell’Università degli Studi di Firenze

Augusto Marinelli è professore ordinario di Estimo Forestale e Ambientale presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze,

di cui è stato Preside dal 1988 al 2000. È Rettore dell’Università degli Studi di Firenze dal 2000. Fra gli incarichi attualmente ricoperti, inoltre: membro del Consiglio Scientifico Generale del CNR, Presidente del Centro Studi di Estimo e di Economia Territoriale.

Quali sono oggi le sfide più importanti che si trova ad affrontare l’Università di

Firenze?

In primo luogo mantenere nella didattica come nella ricerca livelli qualitativamente elevati, pur nella difficile congiuntura finanziaria; conservare la sua fisionomia di Università generalista impegnata cioè in tutti i settori disciplinari; legarsi in modo sempre più efficace al sistema istituzionale ed economico locale attraverso le attività di trasferimento delle conoscenze e dell’innovazione. Un’altra sfida importante è rappresentata dalla necessità di continuare ad investire – anche attraverso il ricorso a risorse esterne all’Università - in grandi infrastrutture di ricerca, le sole in grado di valorizzare il nostro capitale umano e di attrarre studiosi internazionali: costituiscono, di fatto, anche un mezzo per contrastare le cosiddette “fughe dei cervelli”, anzi per invertirne la rotta.

Qual è l’importanza ed il ruolo dell’internazionalizzazione nel processo di

crescita delle risorse umane dell’Ateneo?

L’Università di Firenze ha da tempo assunto l’internazionalizzazione come linea portante del suo sviluppo ed esiste, infatti, una grande tradizione di relazioni e collaborazioni internazionali, documentate, ad esempio, dal numero rilevante degli accordi con università straniere, più di duecentocinquanta con atenei di 68 paesi. Oltre che nella mobilità di docenti e studenti, il processo di internazionalizzazione ha avuto uno sviluppo importante attraverso la realizzazione di percorsi di studio congiunti

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con Università straniere, con titoli riconosciuti sia in Italia che nel Paese partner. Oggi questa esperienza è particolarmente interessante a livello di corsi di dottorato.

Quali sono le priorità per il futuro ?

L’ulteriore crescita nell’internazionalizzazione dell’attività di ricerca e didattica e l’incentivo ad una ricerca che sia fattivamente motore di sviluppo per la società. Ritengo che sia una priorità, inoltre, guardare anche a come cambieranno, se il contributo dello Stato tenderà a ridursi, il ruolo e la posizione dell’Università in Italia e lavorare perciò per individuare nuovi strumenti e nuovi assetti di governance.

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Intervista al Rettore dell’Università degli Studi di Siena

Il punto di vista Prof. Silvano Focardi,

Rettore dell’Università degli Studi di Siena

Professore ordinario di Ecologia. È Presidente dell’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM);

componente Comitato Tecnico del Magistrato Acque di Venezia e Direttore Laboratorio di Ecologia Lagunare di Orbetello. [[email protected]]

Quali sono oggi le sfide più importanti che si trova ad affrontare l’Università

degli Studi di Siena?

Una delle principali sfide è quella di creare una rete di rapporti con gli altri centri di ricerca e le realtà economiche e imprenditoriali del territorio al fine di condividere interessi ed energie in tema di ricerca scientifica, offrire opportunità di occupazione per i laureati e arginare il fenomeno della fuga dei cervelli. La ricerca è infatti sempre più un processo collettivo, riconducibile alla collaborazione di entità diverse che includono anche partner non accademici. Una ulteriore sfida è quella di riuscire a comunicare in maniera efficace alla società ciò che l’Università fa e spiegare l’utilità che deriva ad essa dai risultati della nostra ricerca, in termini di innovazione per il Paese e di valore sociale ed economico per il territorio.

Qual è l’importanza ed il ruolo dell’internazionalizzazione nel processo di

crescita delle risorse umane dell’Ateneo?

Le Università sono nate come luogo di incontro e di confronto di idee e di saperi diversi. Da questo confronto deriva un reciproco arricchimento. Non posso dunque immaginare un’Università chiusa in sé. Siamo parte di un sistema che deve sempre più imparare a utilizzare linguaggi comuni, pur nel rispetto delle culture e delle vocazioni di ciascuno. È dunque fondamentale l’apertura dell’Ateneo a rapporti di collaborazione e di scambio con altre Università, sia per quanto concerne i docenti e gli studenti, sia per il personale tecnico e amministrativo. Ancor più fondamentale per quel che riguarda la ricerca che,

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come dicevo, ha bisogno di condivisione di saperi per raggiungere risultati qualitativamente alti. Quali sono le priorità per il futuro ?

Una delle priorità è quello delle risorse economiche: dobbiamo far sì che lo Stato ma anche i privati credano nella ricerca universitaria e investano in essa. Dobbiamo dar fiducia ai nostri ricercatori, che a fronte di notevoli problemi, presentano una produttività analoga e talvolta persino superiore a quella dei loro colleghi di altri Paesi. Dobbiamo impegnarci nella modernizzazione delle nostre strutture e nell’informatizzazione per dare sempre nuove opportunità ai nostri studiosi e attrarne altri. Dobbiamo sviluppare centri di eccellenza che possano permetterci di essere competitivi, offrendo possibilità di impiego e di carriera per i nostri giovani perché non siano costretti a recarsi all’estero per lavorare nei diversi ambiti della ricerca.

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Intervista al Direttore della Scuola Normale Superiore

Il punto di vista Prof. Salvatore Settis,

Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa

Salvatore Settis è Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, dove insegna Storia dell’arte e dell’archeologia classica,

Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici e membro dell’European Research Council. Dal 1994 al 1999 è stato Direttore del Getty Research Institute for the History of Art and the Humanities di Los Angeles.

Quali sono oggi le sfide più importanti che si trova ad affrontare la Scuola Normale

Superiore?

Alcune sfide da affrontare, in proporzione all’incremento del numero degli allievi, che ora è intorno a 500, sono la crescita del numero e della qualità dei servizi; l’aumento e il miglioramento dei collegi; la crescita del numero delle cattedre; la crescita del numero dei candidati allievi, che ha superato negli ultimi due anni quota mille, per la prima volta nella storia della Scuola. Infine due punti concreti: il definitivo trasferimento del Laboratorio di Fisica nel nuovo Compendio di San Silvestro - nuovo ma antico perché fu la sede napoleonica della Scuola -; l’acquisto, entro il 2008, del palazzo della Canonica, in Piazza dei Cavalieri, dove si espanderà la nostra Biblioteca, in base a un accordo con la Regione.

Qual è l’importanza ed il ruolo dell’internazionalizzazione nel processo di crescita

delle risorse umane della Scuola Normale Superiore?

Per la Normale, fondata nel 1810 da Napoleone, la spinta all’internazionalizzazione è un’attitudine naturale. In quanto centro di ricerca e formazione unico nel panorama italiano, la Scuola vanta già numerosi accordi di scambio con altri istituti universitari e di ricerca nel mondo e buona parte delle risorse per gli allievi sono destinate a finanziare progetti di mobilità verso l’estero. La Scuola punta inoltre ad accrescere nei prossimi anni il numero degli allievi stranieri che la frequentano - dai corsi di orientamento preuniversitario fino al perfezionamento e al Post-Doc - e che oggi rappresentano il 10% del totale.

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Quali sono le priorità per il futuro?

La prima esigenza è quella di continuare a sviluppare le attività della Scuola e a selezionare i giovani più bravi e motivati cui offrire la possibilità di fare formazione e ricerca alla Normale. La ricerca, che nei numerosi laboratori della Normale viene svolta fin dai primi momenti del percorso di studio, è fondamentale per potenziare la curiosità intellettuale, oltre che le competenze, dell’allievo.

La seconda è la messa a norma di un sistema delle Scuole Superiori a Statuto Speciale in Italia che dia garanzie a chi le frequenta e a chi le dirige e che possa impedire che l’eccellenza venga rivendicata anche dove non c’è. In questo senso ritengo che il modello pisano della Scuola Normale Superiore possa essere un buon punto di partenza.

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Intervista al Presidente della Scuola Superiore Sant’Anna

Il punto di vista Prof. Riccardo Varaldo,

Presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Economista, insegna Economia e Management delle Imprese. È Honorary Professor della Chongqing University, China. È attualmente membro del Consiglio di Amministrazione di Finmeccanica e Piaggio & C. S.P.A., del Consiglio di

Sorveglianza di Intesa Sanpaolo e del Board dell’Italy-Japan Business Group.

Quali sono oggi le sfide più importanti che si trova ad affrontare la Scuola

Superiore Sant’Anna?

La Scuola ha vissuto una fase di rapida crescita che è coincisa con la sua trasformazione, iniziata nel 1987, da un collegio di eccellenza ad una configurazione di istituzione universitaria autonoma con uno Statuto speciale. Dopo questa fase di crescita la Scuola deve attuare un consolidamento strutturale e funzionale guardando innanzitutto alla valorizzazione delle linee di eccellenza che si sono già manifestate con risultati concreti e riconosciuti a livello nazionale e internazionale.

Qual è l’importanza ed il ruolo dell’internazionalizzazione nel processo di

crescita delle risorse umane della Scuola Superiore Sant’Anna?

Per la Scuola l’internazionalizzazione è la nuova sfida che ha di fronte. Nel campo della ricerca già una buona parte del budget è composto da fondi stranieri, ed è stata creata una fitta rete di accordi con università, centri di ricerca ed imprese di altri paesi. Ora guardiamo ad una più spinta internazionalizzazione delle attività formative, facendo leva su sinergie e integrazioni con la ricerca, nella logica di una Scuola che ha i caratteri della research university. Nel far internazionalizzazione la Scuola è molto attenta ai nuovi paesi emergenti, a partire dall’Asia, dove sono già attivi accordi in Giappone, Cina, India e Sud Corea. Con questa apertura vogliamo porci a fianco del Sistema Paese, nel portare avanti progetti in linea con una globalizzazione che deve essere culturale, scientifica ed educativa e non soltanto finanziaria e produttiva.

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Quali sono le priorità per il futuro ? Almeno tre nell’ottica della mia posizione di Presidente della Scuola. Portare avanti l’assimilazione del nuovo modello di governance duale che la Scuola ha introdotto quattro anni fa confermando la sua attitudine a fare da apripista nell’innovazione universitaria. È un modello, con lo sdoppiamento al vertice dell’asse di governo tra il Presidente ed il Direttore, che è in linea con la struttura di governance adottata in molti altri Paesi ed in Italia da parte delle libere università. In secondo luogo, aumentare la capacità di autofinanziamento per rispondere alla sfida della riduzione progressiva dei finanziamenti pubblici che abbiamo di fronte come indirizzo politico nel quadro degli interventi di controllo della spesa pubblica. In terzo luogo, realizzare nuove forme di reclutamento e inquadramento a tempo determinato del personale docente, anticipando possibili provvedimenti ministeriali in questa direzione, tali da superare i vincoli dell’ordinamento statale e da aver margini di flessibilità e di mobilità per soddisfare le esigenze proprie di una istituzione universitaria di eccellenza che deve poter sfruttare al massimo opportunità di crescita superando limitazioni e vincoli normativi e regolamentari.

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Intervista al Direttore dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del

CNR

Il punto di vista Prof. Vincenzo Barone

Direttore dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del CNR

Nato nel 1952, professore ordinario di chimica-fisica dal 1994, presidente della divisione di chimica-fisica della SCI, coautore di

oltre 400 pubblicazioni nel campo della chimica teorica e computazionale con oltre 13000 citazioni e un h-index di 50.

Quali sono oggi le sfide più importanti che si trova ad affrontare l’Istituto?

A sei anni dalla sua costituzione, l’IPCF ha oggi concluso l’indispensabile fase di rodaggio e deve puntare ad un’integrazione scientifica e progettuale tra le sue varie componenti culturali (di origine prevalentemente chimica e fisica) e geografiche (Pisa, Bari, Messina). L’interdisciplinarità rimane una delle parole chiave della progettualità dell’intero CNR e trova nell’IPCF una realizzazione paradigmatica. Tuttavia l’acquisizione di un’identità condivisa rimane una sfida in parte aperta in vista della disomogeneità dell’acquisizione di risorse tra nord e sud e della perdurante difficoltà di finanziamento di iniziative scientifiche che non abbiano una ben definita etichetta disciplinare.

Qual è l’importanza ed il ruolo dell’internazionalizzazione nel processo di

crescita delle risorse umane dell’Istituto?

La complessità dei fenomeni con cui la ricerca scientifica di base ed applicata si trova oggi a confrontarsi e la conseguente necessità di condividere ed integrare competenze diverse e variegate rendono indispensabile un respiro internazionale delle collaborazioni e della condivisione e/o acquisizione di risorse umane di alto livello e proiettate alle nuove sfide che ci attendono. Il ruolo di un Istituto ampio e variegato come l’IPCF deve essere quello di promuovere e facilitare gli scambi, le interazioni e la crescita coniugando la valorizzazione delle risorse e specificità locali con la loro integrazione con le eccellenze scientifiche complementari presenti nel panorama internazionale.

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Quali sono le priorità per il futuro ?

L’eccellenza scientifica, l’interdisciplinarietà, un giusto equilibrio tra la continuazione di linee strategiche consolidate ed il supporto a nuove idee progettuali di ampio respiro, una maggiore integrazione nella progettualità regionale, nazionale ed internazionale, un’accresciuta sinergia con le prestigiose istituzioni accademiche pisane su un piano paritetico, una maggiore integrazione tra ricerca di base e ricerca applicata con il coinvolgimento sia pratico che propositivo di realtà industriali locali, una forte interazione e collaborazione tra le tre sedi dell’istituto, la creazione di reti di eccellenza scientifica con particolare attenzione all’interazione tra nord e sud del paese.

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IV. Considerazioni di sintesi

L’analisi di un sistema regionale di ricerca pubblica, dal punto di vista delle proprie potenzialità come da quello del fabbisogno, anche inespresso, di capitale umano altamente qualificato, non può prescindere dalla descrizione delle principali dinamiche che caratterizzano il sistema della ricerca pubblica a livello nazionale. Il capitolo introduttivo del presente Rapporto ha dunque inteso tracciare una descrizione dello stato del sistema nazionale della ricerca. Se la quota pubblica della spesa in R&S in Italia è tuttora prossima al 50% (valore significativamente superiore rispetto ai paesi più avanzati), il peso della R&S pubblica rispetto al PIL vede l’Italia in sensibile ritardo rispetto ai principali paesi europei. Nonostante l’investimento pubblico in ricerca non sia al passo rispetto ai paesi concorrenti, la quota output scientifico generato dalle università e dai centri di ricerca pubblici, in termini di pubblicazioni scientifiche e di brevetti, sul totale mondiale è in lenta ma progressiva crescita. Il sistema della ricerca pubblica dell’Italia riesce dunque a realizzare risultati significativi pur scontando un ritardo in termini di investimenti. Il sistema della Toscana è uno degli elementi di traino dell’intero sistema della ricerca pubblica nazionale. Come è possibile riscontrare dall’analisi dei dati presentati nel primo capitolo del presente Rapporto, la Toscana regge il confronto con le regioni più innovative d’Europa in termini di produzione nuova di conoscenza scientifica, soprattutto nell’ambito della ricerca pubblica. Un sistema che, seppure in un contesto di carenza di un forte sostegno pubblico in termini di investimenti e infrastrutture, si iscrive tra le principali aree europee della ricerca e dell’innovazione. Tale aspetto di vivacità è stato confermato dalla raccolta e dall’analisi dei dati illustrata nel Rapporto.

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In primo luogo, il sistema della ricerca pubblica della Toscana si dimostra attivo nelle principali aree disciplinari di ricerca accademica (informatica, chimica, biotecnologie, fisica, applicazioni industriali) producendo nuova conoscenza e nuove linee di ricerca per ognuna di esse. Dal punto di vista dimensionale, il sistema è caratterizzato da una preponderanza di centri di piccole dimensioni (il 67% non supera entro i 9 ricercatori): tale peculiarità è riscontrabile trasversalmente alle aree disciplinari e agli enti di appartenenza dei centri. Un profilo di progressiva apertura internazionale è vissuto dalla maggioranza dei centri di ricerca come un passaggio obbligato dovuto alle nuove dinamiche globali e, al tempo stesso, come un’opportunità da cogliere per incrementare le proprie potenzialità di ricerca. Tale aspetto, riscontrato sia nella parte di raccolta dati, sia nell’ambito delle testimonianze dirette raccolte presso i Rettori e i Direttori delle Università, delle Scuole e degli Istituti del CNR coinvolti nello studio, è strettamente collegato con il tema del “brain drain”, che affligge il sistema della Toscana così come il paese nel suo complesso. In particolare, l’interazione diretta occorsa tra gli autori del presente studio e i rappresentanti dei centri di ricerca interpellati ha testimoniato come il fabbisogno di risorse umane altamente qualificate presso il sistema della ricerca pubblica della Toscana sia, non solo in termini assoluti ma anche in proporzione, più esteso rispetto a quello quantificato. I vincoli di budget e di natura dimensionale che, nella grande maggioranza dei casi, affliggono i centri di ricerca, tendono a frenare la libera espressione delle esigenze di ampliamento dell’organico. In particolare, la mancanza di investimenti adeguati per poter assicurare percorsi di carriera di medio e lungo termine costituisce un ostacolo spesso decisivo all’integrazione di nuove risorse o alla stabilizzazione di quelle già operanti presso il centro. Come illustrato nel corso del Rapporto, le politiche di indirizzo e di gestione delle migrazioni, incluse quelle qualificate legate al fenomeno del “brain drain”, sono appannaggio del governo nazionale. Il governo gode infatti di una visione complessiva del fenomeno e delle risorse necessarie a effettuare investimenti sulla base di una politica della ricerca che individui le principali priorità, sia dal punto di vista dei settori e delle linee di ricerca a più alto potenziale competitivo, sia per ciò che concerne i più idonei strumenti di intervento.

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In quest’ottica, sono state brevemente illustrate le diverse politiche a disposizione per la gestione del “brain drain”, fenomeno che, come descritto, caratterizza il sistema della ricerca dell’Italia in modo significativamente più marcato che nei principali paesi avanzati. Un processo di ridimensionamento della “fuga dei cervelli”, realizzato sia mediante politiche di ritenzione, sia mediante iniziative di attrazione di nuovo capitale umano dall’estero che compensi le fuoriuscite, deve necessariamente passare attraverso un impegno del settore pubblico a sostenere la ricerca quale strumento principale per la competitività del Paese. Pare altresì necessario effettuare un’analisi dei flussi volta ad analizzarne la composizione dal punto di vista delle competenze, in maniera da porre le basi per progettare interventi specifici che tengano conto delle effettive “vocazioni” territoriali e nazionali. La capacità di attrazione di capitale umano altamente qualificato nel campo della ricerca non può peraltro prescindere dalla presenza di un’adeguata massa critica di attività scientifica, testimoniata a livello locale da poli di eccellenza e distretti tecnologici. Pare dunque auspicabile una politica volta in tal senso all’incentivo all’aggregazione tra centri e organismi secondo il paradigma di competenze e linee di ricerca comuni in modo da sfruttare appieno le relative esternalità di rete. Dal punto di vista generale, formulare possibili risposte al fenomeno del “brain drain” in Italia e alle sue ricadute nei sistemi della ricerca pubblica a livello locale può e deve costituire un aspetto di un più grande progetto di politiche pubbliche volte a sostenere la competitività e l’integrazione tra le competenze dei sistemi dell’innovazioni pubblici e privati.

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Riferimenti bibliografici Beltrame, F., 2007, Realtà e retorica del brain drain in Italia, I Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università degli Studi di Trento, Quaderno 35 Eurostat, 2007, Education and Training Indicators Fondazione Cotec, 2008, Rapporto Annuale sull’Innovazione Fondazione Rosselli, 2007, Scoreboard Regionale dell’Innovazione ISTAT, 2007, Ricerca e Sviluppo in Italia

Lowell, L.B., 2002, Policy Responses to the International Mobility of Skilled Labour, International migration papers, 45, ILO

MIUR, 2007, VI Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo dell'Unione Europea - Dati sulla partecipazione italiana MIUR, 2008, Indagine sull’istruzione universitaria National Science Board, 2008, Science and Engineering Indicators Netval, 2006, La valorizzazione della ricerca nelle università italiane. Quarto rapporto annuale OCSE, 2007, Main Science & Technology Indicators Volume 2007/2

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Indice delle figure e delle tabelle

INDICE DELLE FIGURE Figura 1 - Composizione della spesa in R&S in Italia ........................................................... 8

Figura 2 - Spesa in R&S del settore pubblicoin percentuale del PIL nei principali paesi

europei ...................................................................................................................................... 9

Figura 3 - Spesa per R&S del settore pubblico .................................................................... 9

Figura 4 - Provenienza dei fondi per la ricerca delle università, 2005............................ 10

Figura 5 - Quote mondiali di articoli scientifici prodotti.................................................... 11

Figura 6 - Numero di brevetti depositati dalle università italiane ................................... 12

Figura 7 - Distribuzione dei finanziamenti ricevuti nell'ambito........................................ 13

Figura 8 - Spesa in R&S delle Amministrazioni pubbliche e delle Università rispetto al

PIL regionale, 2005 ................................................................................................................. 14

Figura 9 - Distribuzione percentuale della spesa per R&S............................................... 15

Figura 10 - Finanziamento pubblico a Progetti di ricerca................................................ 16

Figura 11 - Percentuale di laboratori di ricerca iscritti all’albo MIUR sul totale

nazionale nelle principali regioni italiane, 2007................................................................. 17

Figura 12 - Numero di pubblicazioni scientifiche .............................................................. 18

Figura 13 - Percentuale di pubblicazioni scientifiche con almeno un autore straniero

.................................................................................................................................................. 19

Figura 14 - Percentuale di pubblicazioni scientifiche che hanno ricevuto citazioni,

2005.......................................................................................................................................... 20

Figura 15 - Iscritti ai corsi di scienze, matematica e tecnologia in percentuale del

totale degli iscritti per anno accademico nei................................................................... 24

Figura 16 - Dottori di ricerca per area disciplinare in Italia.............................................. 25

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Figura 17 - Composizione per settori istituzionali del personale impiegato in attività di

R&S nelle principali regioni italiane ..................................................................................... 26

Figura 18 - Addetti alla R&S e iscritti nelle università nelle principali regioni italiane

come percentuale del totale nazionale, 2005.................................................................. 27

Figura 19 - Schema di individuazione dei gruppi di ricerca adottato ........................... 35

Figura 20 - Criteri qualitativi per l’inclusione nel campione della ricerca ..................... 36

Figura 21 - Percorso di selezione dei research hubs ......................................................... 37

Figura 22 - Schema di selezione dei research hubs.......................................................... 37

Figura 23 - Suddivisione dei research hubs “top 53” selezionati ..................................... 38

Figura 24 - Suddivisione dei research hubs “top 53” selezionati ..................................... 39

Figura 25 - Schema relativo alla prima parte del questionario,...................................... 41

Figura 26 - Schema relativo alla seconda parte del questionario, volta valutare i

profili di risorse umane individuati dai research hubs per il potenziamento delle

propria attività........................................................................................................................ 42

Figura 27 - Composizione dei centri aderenti allo studio per area disciplinare di

ricerca ..................................................................................................................................... 44

Figura 28 - Composizione dei centri aderenti allo studio................................................. 45

Figura 29 - Composizione dei centri di ricerca aderenti allo studio............................... 46

Figura 30 - Composizione dei centri di ricerca aderenti allo studio............................... 46

Figura 31- Classe di riferimento delle risorse desiderate dai centri di ricerca per area

disciplinare.............................................................................................................................. 54

Figura 32 - Classe di riferimento delle risorse desiderate dai centri di ricerca per ente

di appartenenza.................................................................................................................... 54

INDICE DELLE TABELLE Tabella 1 - Scomposizione per cicli formativi della spesa pubblica in istruzione per

studente nei principali paesi europei, 2004 ....................................................................... 23

Tabella 2 - Composizione percentuale dei nuovi laureati per area disciplinare

nell’anno solare 2005 ............................................................................................................ 28

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Tabella 3 - Dati di sintesi dello studio sul sistema della ricerca pubblica della Toscana

.................................................................................................................................................. 43

Tabella 4- Risultati dell’attività scientifica dei centri di ricerca partecipanti ................ 48

Tabella 5 - Risultati dell’attività scientifica dei centri di ricerca partecipanti alla

raccolta dati per ente di appartenenza ........................................................................... 49

Tabella 6 – Dati di sintesi relativi al grado di apertura internazionale dei centri di

ricerca partecipanti alla raccolta dati .............................................................................. 51