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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico QUARTE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL’AREA ELIMA (Erice, 1-4 dicembre 2000) ATTI II Pisa 2003

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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico

QUARTEGIORNATE INTERNAZIONALI DI

STUDI SULL’AREA ELIMA

(Erice, 1-4 dicembre 2000)

ATTI

II

Pisa 2003

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ISBN 88-7642-122-X

Il presente volume è stato curato da Alessandro Corretti.

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AD ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS:

NUOVI DATI SULLA THYSIA DI FONDAZIONE

MARIA CECILIA PARRA

Nel 1994 ebbi modo di presentare – nella seconda edizionedi queste Giornate1 – il piccolo deposito votivo fortuitamenterinvenuto nelle fondazioni dell’edificio noto come granaio diEntella2. Non è mia intenzione in questa sede – a distanza di seianni – tornare sui singoli contenuti di quel contesto: lo scopo diquesta comunicazione è piuttosto quello di riesaminare alcuneosservazioni di allora, in base alle quali avevo prospettato possi-bili linee interpretative. Perché adesso, alla luce dei dati chel’ampliamento delle indagini di scavo nell’area a N dell’edificioellenistico hanno fornito, si impone ripensare – e correggere inparte – quanto affermato allora.

Ricordo soltanto, in brevissima sintesi, i lineamenti deldeposito votivo3.

Certa è la natura di qusiva urania di tipo alimentare, con laquale sia le offerte che i residui del rito (ricordo le analisipaleobotaniche che hanno verificato la presenza di carboni dileccio e di cariossidi di cereali) furono deposti con ordine nellafondazione del muro perimetrale del granaio, secondo una praticaben nota dall’area mesopotamica alla Grecia propria ed a quellaoccidentale4.

Tra le offerte predominano le statuette fittili, soprattutto lefigure femminili con porcellino (14 esemplari), mentre tre esem-plari recano il porcellino e la fiaccola ovvero la fiaccola e lacorona; due soli i busti di figura femminile modiata, di piccoledimensioni. La ceramica è rappresentata essenzialmente da esem-plari acromi – grandi coppe biansate, coppette biansate emonoansate con vasca a profilo continuo poco profonda, coppette

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biansate con vasca profonda e carenata, uno skyphos miniaturistico,un piattello su alto piede, lucerne monolicni (tav. CLXXVI, 1-3).È presente un solo fondo di skyphos a vernice nera, forse tagliatoin modo intenzionale poco sopra il piede5.

Se la ceramica trova per lo più buoni riferimenti tra imateriali già noti da Entella e da molti altri siti sicelioti – fermarestando la grossa oscillazione cronologica (dal VI al IV/III sec.a. C.) che questi tipi acromi comportano – non si può direaltrettanto per le offerte vere e proprie, vale a dire per lacoroplastica, contraddistinta da una notevole varietà tipologica.Basta valutare i due piccoli busti ed i cinque tipi diversi diportatrici di porcellino, insieme ai pochi esemplari di portatrici dialtre offerte6.

Per quanto riguarda il luogo d’origine di tali prodotti, sembraevidente che le statuette fittili presentano per lo più solo analogiedi schemi – o meglio di singoli particolari degli schemi – rispettoad esemplari agrigentini, geloi o camarinesi, ma non una veraidentità di forme e/o di materia prima, che possa far ipotizzareforme di importazione, diretta o di matrici. Tengo dunque asottolineare ancora una volta in questa sede la necessità di usareprudenza nel definire produzioni geloe o agrigentine alcune dellestatuette, anche se i rapporti politici tra Entella e le colonie rodiedi Gela ed Agrigento attestati dai decreti potrebbero essere vistinello sfondo di rapporti commerciali e/o di trasferimento ditecniche in campo artigianale. Indagini archeometriche sugliimpasti permetteranno forse di dire qualcosa di più in proposito,anche se al momento ritengo – sulla base del semplice esamemacroscopico – che si tratti soprattutto di prodotti locali, la cuipresenza trova riscontro in quella diversità formale che sembracaratterizzarli ed anche, in termini più generali, nei dati semprepiù consistenti circa una vivace fisionomia di Entella come centrodi produzioni artigianali di altra tipologia7.

Se è lecito dedurre su base archeologica forme di interazionetra insediamenti – ferma restando la necessità di usare ognicautela – non sarà forse da trascurare anche un confronto speci-fico istituibile per alcuni oggetti del deposito entellino con unaprecisione assai sorprendente, che sembra quasi rasentare l’iden-

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tità formale (forse di matrice?): mi riferisco a materiali rinvenutinell’abitato del sito fortificato di Rocca Nadore presso Sciacca,in particolare un piccolo busto fittile femminile – con un tipo ditesta ripetuto anche in una figura di recumbente –, e tre esemplariin ceramica acroma, una grande coppa biansata, una lucerna ed unpiattello su alto piede modanato8.

Mi sembra infatti che questo nuovo dato venga ad inserirsicon forza in quel quadro, ormai ben delineato nell’analisi di P.Anello su base sia storica che archeologica, secondo cui a partiredal terzo trattato siracusano-punico del 374 a. C. nella cuspideoccidentale della Sicilia si evidenzia il ruolo del regime oligarchicopost-magonide – vale a dire dell’aristocrazia cartaginese deiproprietari terrieri – che portò, tra Belice e Platani, ad un ‘feno-meno connesso ed integrato’ di sviluppo di insediamenti rurali edi una catena di centri e di phrouria9: non solo dunque «una lineadi difesa alle spalle dei porti, ma anche una linea articolata «lungol’asse Minoa-Thermae (e quindi Solus-Panormo)», creata perdifendere «una vera e propria presa di possesso del territorio»10.

Rocca Nadore e Monte Adranone sono tra i vari centri dainserire in questo ambito strategico, il primo sorto ‘ad hoc’ «pocodopo l’ultima spedizione di Dionisio di Siracusa nell’Occidentedell’isola, nel 368 a. C.; spedizione che passò sicuramente per lazona di Sciacca, poiché si diresse contro Selinunte per proseguirepoi per Entella ed Erice»11 (Diod., 15, 73, 1); il secondo integratonella sfera cartaginese forse proprio con la pace del 374 a. C.,come segnala la sistematica punicizzazione del IV sec. a. C.rilevata dalle indagini archeologiche12.

Entella, con le sue alterne vicende filopuniche di ‘città diconfine’, non può esulare in questa fase dal medesimo quadro dirapporti, anche in assenza di forme esplicite ed archeologicamentetangibili, in termini urbanistici e/o monumentali, di punicizzazionedell’insediamento. E chissà anche se non si possa inserire nellaserie di ‘prese di possesso’ di territori già greci, mediante una«presenza militare, soprattutto nelle aree di confine»13, un sito dinotevoli dimensioni, occupato fin dall’età del Bronzo (e fino alMedioevo), che le recenti ricognizioni della Scuola Normale nelterritorio di Rocca di Entella hanno individuato sulla sommità di

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un pianoro in località Piano Cavaliere, tra Entella e MonteAdranone14: un sito che nella sua fase protoellenistica potrebbefar pensare, per caratteristiche di cultura materiale e per assenzadi forme insediative stabili, a quelle «guarnigioni regolari puniche»presenti in Sicilia (e plausibilmente, credo, anche in questoterritorio), almeno dal 357 a. C.15.

Tornando ad esaminare gli esemplari coroplastici del nostrodeposito, mi preme sottolineare ancora la disomogeneitàcronologica dei tipi presenti, che si possono inquadrare in un arcocronologico compreso tra gli inizi del V e la fine del IV sec. a. C.;ed a prevalere sono gli esemplari più antichi16.

Questo quadro aveva suscitato senza dubbio, al momento delrinvenimento, qualche perplessità, che non mancai di esplicitarein occasione della prima presentazione dei materiali. Allora, pursottolineando la necessaria datazione della qusiva ad una datacoeva o immediatamente posteriore al materiale più recente, miero chiesta: «questi esemplari ‘antichi’ (e avevo segnato l’agget-tivo con virgolette) sono prodotti nel V sec. a. C. e utilizzati ancoranel IV? ovvero sono prodotti nel IV sec. a. C. con matrici checontinuano a ripetere o riprendono schemi di oltre un secoloprima?» 17 .

Anche se resto fermamente convinta che per una correttavalutazione della plastica fittile necessita sempre grande pruden-za nella definizione cronologica di tipi e di schemi, che nonpossono essere trasferiti automaticamente ai contesti di prove-nienza – come allora tenni a sottolineare –, devo indubbiamenteammettere che oggi non serve più pensare che il piccolo contestovotivo entellino possa essere «un esempio ulteriore di quel gustoper la conservazione, il riuso e/o l'imitazione dell'antico cheanche l'antichità greca manifestò»; e citavo i casi ‘timoleontei’ diuna bottega e di un sacello di Gela18.

Il problema deve affrontarsi adesso alla luce dei dati delleultime campagne di scavo condotte nell’area ubicata sul versanteE del vallone orientale della Rocca (tav. CLXXIV), dove edificia carattere pubblico dovevano prospettare su un’area aperta edallinearsi fino almeno a quell'impianto artigianale prossimo allemura – che forse altro non fu in origine che una fontana pubblica

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-, in prossimità di un asse scandito a N da una delle porte dellacittà19.

A ridosso del magazzino ellenistico, sul lato N, un possentemuro – costruito seguendo l’andamento del banco roccioso natu-rale con blocchi parallelepipedi di dimensioni variabili (tav.CLXXV, 1)– esercitava funzione di contenimento rispetto ad uncospicuo terrapieno, sul quale furono edificati ambienti riferibili afasi diverse e distinti, forse, anche per tipologia d’uso: i vani siconservano per buona parte al di sotto dei piani di calpestio a causadella forte erosione subìta verso valle dall’intero contesto, unavolta venuto meno il sostegno del muro di analemma (tav. CLXXV,2). Nella porzione più a N, due vani (Amb. A1/D1) di dimensionidiverse, erano scanditi da semplici ante (resta solo quella orienta-le): una struttura a pianta originariamente quadrangolare, costruitacon blocchi irregolarmente sbozzati, si disponeva quasi al centro.Difficile valutare se questi vani fossero o meno a cielo aperto,perché l’erosione ha cancellato ogni traccia di crolli delle muraturee di eventuali elementi di coperture sommitali; e rimane del tuttoimprecisabile anche la posizione del punto d’ingresso.

Lo scavo di alcune porzioni del terrapieno ha fornito concre-ti indizi per inquadrarne la cronologia di formazione non più tardidegli anni iniziali del V sec. a. C.: dunque, già in età tardoarcaical’area conobbe forme di edificazione a carattere monumentaleche precedettero quelle del granaio ellenistico costruito, comenoto, nell’ultimo quarto del IV sec. a. C. A questa stessa faseappartengono i due ambienti F1 ed E1, èsito di una parzialesovrapposizione e di un riutilizzo di strutture più antiche. Non cisono dati tangibili per calcolare quanto l’edificio tardoarcaicopotesse svilupparsi verso S – dove poi fu costruito il granaio; néper avanzare valide ipotesi sulla destinazione funzionale dei vaniF1 ed E1, che presentano solo dimensioni analoghe (ma solo perlarghezza e non per profondità) rispetto a quelli già noti delmagazzino pubblico entellino, con i quali non avevano peraltroalcuna comunicazione diretta. L’accesso a questi vani potevaavvenire dunque solo dall’Ambiente D1, pertinente all’edificiotardoarcaico, ma con tracce quanto meno di frequentazione di etàellenistica.

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Dal punto di vista funzionale, è soprattutto l’articolazioneplanimetrica, anche se nota parzialmente, che indirizza versoforme edilizie a destinazione cultuale proprie dei sacelli privi diperistasi, le cui forme si consolidarono già nella Grecia geome-trica e che in varie attestazioni magnogreche e siceliote sonoritenute forma architettonica peculiare di contesti di culto adivinità femminili legate alla terra. Riferendoci alla recenteclassificazione della Romeo, potremmo forse inserirlo nel tipodegli oikoi, quello cioè del sacello ad ambiente unico o plurimo,e con accesso su un lato corto, distinto dai sacelli del tipo in antise del tipo a sviluppo trasversale20. Ma dobbiamo sempre ricorda-re il ‘monito’ di Mertens, che cioè tali edifici, privi di ognimonumentalità, rispecchiano nelle loro forme singole esigenze diculto, sfuggendo in realtà ad ogni canone che ne regoli misure,proporzioni e articolazione di ambienti e di strutture annesse,finanche alla presenza o meno di una copertura sommitale21: edunque, nell’ambito dei molteplici esempi di tali architetture,anche se ormai ampiamente indagate e classificate22, mi limito aricordare in relazione all’edificio entellino – ex. gr. ed in tema divarietà di forme – il ‘sacello A’ del santuario geloo di via Fiumeed il caso del ‘recinto 2’ nel settore ad O di Porta V delthesmophorion agrigentino23.

Anche la presenza della struttura quadrangolare interna aivani A1/D1, che ben si configura come un altare (o come una baseper offerte?) costruito a secco con pietre irregolari sovrapposte,può ritenersi elemento probante di questa interpretazione funzio-nale a carattere sacro dell’edificio. È certo tuttavia che manca unaconferma da rinvenimenti di ex voto in diretta connessione: sideve tuttavia tener conto della presenza diffusa nell’area – anchese per lo più soltanto in strati d’interro – di materiali coroplasticiche si distribuiscono tra la fine del VI ed il IV sec. a. C. Tra gliesemplari più tardi vanno segnalate cinque testine di piccoli bustied un frammento di pinax di tipo ‘liparese’ con suonatrice didoppio aulos tra due figure femminili (Demetra e Kore?), dietroun altare, tutti provenienti dal settore immediatamente a Norddell’oikos24: le testine di busti sembrano prodotti da identicamatrice rispetto all’esemplare recenziore attestato nel deposito

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votivo, che – come già sottolineato – trova un esatto confronto aRocca Nadore.

In questo settore limitrofo al sacello gli scavi più recentihanno portato ad individuare un’altra serie di vani che costitui-scono forse un ulteriore corpo del medesimo complesso. Nel-l’area compresa tra i vani G1-I1 e l’oikos (Ambiente C1) – dovelo scavo non è ancora completato – è stata per il momentoindividuata una fase d’uso della prima età ellenistica, con com-patti strati di crollo di coperture di tetto concentrati sul lato S, inun settore terrazzato con muretti di contenimento del pendio:significativa, anche se ne resta da definire la cronologia, lapresenza di una struttura circolare di pietre che può connotarsicome un altare – secondo schemi di riferimento sicelioti, quelliakragantini ad esempio25 – ponendosi così accanto all’altarequadrangolare interno ai vani A1/D1.

Ad età tardoarcaica sono riconducibili almeno due ambienti(G1, I1, cui si deve forse aggiungere un terzo ad O, H1), la cuicostruzione – come già quella degli ambienti A1 e D1 dell’oikos– è caratterizzata da evidenti forme di estrazione in situ delmateriale edilizio. Di notevole interesse la presenza, nella purminima porzione residua dello strato di crollo interno agli am-bienti, di numerosi lembi di intonaco parietale dipinto in rosso,bianco e giallo, che dovevano rivestire anche partiturearchitettoniche dell’alzato a superficie curvilinea: l’associazionein strato con frammenti di ceramica diagnostica della fine del VIsec. a. C.26, permettono di inquadrare fin da ora questo significa-tivo campione – in attesa di analisi archeometriche, già avviate,che possano dire di più – fra gli esempi più antichi di rivestimentoparietale pittorico policromo, tenuta presente anche l’elevataqualità dello strato di finitura della superficie.

Mi domando se anche questo piccolo, nuovo dato materialenon possa leggersi come una delle ormai numerose espressioni diquelle dinamiche di contatto tra Greci ed Elimi, a proposito dellequali di recente si è con acume sottolineata la necessità di uninquadramento in termini meno stretti di quelli propri del concet-to di ‘ellenizzazione’27. Dinamiche di contatto tra Greci e popo-lazioni locali certo segnalate in modo più incisivo da testimonian-

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ze di maggiore spessore storico e/o monumentale: penso natural-mente alle importazioni di materiali – che per Entella vannodelineandosi ormai in termini più articolati e proiettati con forzasempre maggiore verso Himera, rispetto ad una più semplice edunivoca matrice selinuntina28. Ma non credo si debba trascurarein questo quadro neppure la ‘capillare’ diffusione di oikoi in areeinterne controllate da popolazioni non solo elime: ai casi già noti– da Monte Iato a Polizzello, Sabucina, Vassallaggi e MonteSaraceno, per restare in area centro-occidentale29 – si deveaggiungere adesso, accanto al nostro, il già citato edificio di cultomesso in luce nell’insediamento sicano di Colle Madore, resoancora più significativo dall’associazione con una nuova ‘pre-senza’ di «Eracle in terra indigena», per giunta di matrice imerese30.E forse non sarà illegittimo chiedersi se ad un’analoga matrice sialecito ricondurre anche testimonianze minori, ma di più comples-sa interpretazione, quali il pinax di ‘tipo locrese’ con scena diratto restituito dal santuario extramuraneo di Entella31.

Credo che, pur restando in attesa di dati di scavo completi esistematicamente elaborati, si possa sostenere con verisimiglianzal’ipotesi che l’oikos entellino ed il corpo a N di esso abbiano avutouna fisionomia unitaria e di tipo cultuale; anche se resta almomento sub iudice in termini propriamente archeologici unaloro continuità d’uso, da età tardoarcaica fino alla prima etàellenistica, quando nel settore S si costruì il granaio pubblico. Masono proprio forse i materiali coroplastici deposti in occasionedella thysia di fondazione del magazzino, che confortano esottolineano non solo la funzione cultuale dell’intero complesso(o almeno della sua porzione settentrionale); ma anche l’idea diuna continuità funzionale. Vista infatti l’identità tipologica, oaddirittura di matrice, tra i cinque busti rinvenuti a N dell’oikosed uno degli esemplari del deposito votivo, si può recuperareproprio quell’insieme di materiali usati ritualmente a brevedistanza, interpretandoli come ex voto provenienti da un limitro-fo contesto a carattere sacro – quello dell’oikos (e degli altriambienti annessi a N): un edificio che – costruito in quella fase disviluppo urbanistico di Entella di cui nelle fonti troviamo solocenno indiretto, ma ormai resa concreta dalle ricerche

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archeologiche anche in termini di tangibile monumentalità32 –subì trasformazioni ed ampie variazioni planimetriche nellaprima età ellenistica, quando un piccolo gruppo di statuette diDemetra con porcellino e/o con fiaccola di varia tipologia e dicronologia assai difforme, furono depositate insieme nelle fonda-menta del nuovo edificio. Costruito in parte s o p r a e c o nelementi di precedenti strutture di cui inglobò anche delle parti,si allineò ad esse con un disassamento impercettibile in alzato,sviluppando a S quel prospetto monumentale che forse giàdelimitava l’agora di Entella sul lato orientale: e nelle suefondazioni confluirono statuette vecchie e nuove, unite da un attodi devozione a scandire questa vicenda edilizia, perfino – credo– con una non casuale scelta del luogo di deposizione.

Sulla base di tutto questo, credo che sia possibile fare alcuneconsiderazioni circa l’interpretazione dell’intero complesso, cheal momento sembrano indirizzare verso ‘letture alternative’.

Nel 1994 avevo affermato, a conclusione del mio brevediscorso sul deposito votivo: «Fermo resta, a mio avviso, illegame con le divinità eleusinie che la Sicilia greca … onorò insantuari piccoli e grandi, con riti pubblici e privati, con unareligiosità comunque tutta legata alla fertilità dei suoli, che nondovette mancare neppure ad Entella anche in forme maggiori diquella espressa dal nostro piccolo deposito di fondazione: l'im-magine di Demetra scelta dalla città come tipo monetale per lelitrai bronzee coniate nel IV sec. a. C. è senz'altro una buona spiain tal senso»33. Adesso, la recente scoperta del deposito votivoextramuraneo34 sembra orientare verso ben più consistenti pre-senze di religiosità ctonia ad Entella, canonicamente configurate– con la loro posizione immediatamente suburbana – secondoschemi topografici ben consolidati così in Grecia, fin da etàaltoarcaica, come in Occidente.

E certo è difficile, su questa linea, non volgere un pensieroanche alla «nuova laminella ‘orfica’ … trovata nel centro occi-dentale della Sicilia (a Petro, presso Entella?) dentro una lampadadi terracotta, perduta, forse del 3. secolo», che Frel ha resorecentemente nota alla comunità degli studiosi da un (ahimé

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abituale) circuito clandestino35. Mi pare del tutto plausibilel’ipotesi subito avanzata da Nenci, che quel toponimo Petro,malamente tràdito, debba sostituirsi con Petraro e che dunquequella «lampada di terracotta» sia appartenuta al corredo di unatomba della necropoli B di Entella, quella appunto ubicata incontrada Petraro sul versante N/NO della Rocca36. Forse dunque,non lungi dal sito della nuova area di culto, un mystes kai bakchos,un iniziato membro di un sodalizio cultuale dionisiaco portò consé nella tomba, riposta in una lucerna, una laminetta d’oro recanteun testo inciso, che doveva guidarlo nell’Aldilà a scegliere la viagiusta verso la fonte degli iniziati, quella della Memoria, ed aricordargli le parole da pronunciare di fronte ai custodi dell’acquadi Mnemosyne: come la defunta di Hipponion, che portò nellatomba, riposto in bocca, un viatico del tutto affine nel contenutoe forse anche non troppo lontano cronologicamente, se quel IIIsec. a. C. indicato da Frel per la lucerna che conteneva la laminaentellina deve rialzarsi di un secolo, come ha proposto su basepaleografica Bernabé nella sua recente disamina del testoentellino37.

Siamo dunque di fronte a forme di religiosità iniziaticadionisiaca e di escatologia legate anche ad una dimensionectonia, demetriaca e persefonea, di matrice filosofico-religiosaed a logoi che ruotano intorno a figure divine tra cui le coppieZeus/Demetra, che generò Persefone, e Zeus/Persefone, chegenerò Dioniso Zagreus: ma il problema è troppo complesso perchi scrive, soprattutto se si tratta di discutere di questa presenza‘orfica’ nella Sicilia occidentale, di non facile interpretazione. Midomando solo se sia lecito porsi una domanda, volgendo per unattimo il pensiero anche ai rapporti pitagorismo/orfismo, aiPitagorici rifugiatisi a Reggio dopo la seconda rivoltaantipitagorica, ai rapporti tra centri della Sicilia e della MagnaGrecia interessati da ‘forti presenze’ di Campani, ad esempioquelli già segnalati per Reggio da Cristofani da oltre trent’anni inbase alle attestazioni di ceramica siceliota in tombe regginedatabili tra la metà del IV e la metà del III sec. a. C.38: possiamopensare che quell’iniziato, la cui presenza sembra attestata adEntella in un momento imprecisato del IV sec. a. C., appartenesse

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alla componente etnica di origine italica consolidatasi a partiredall’insediamento dei mercenari campani, a quella componentecioè conservatrice di tradizioni italiche, di ‘identità campana’insomma, che ben traspare ancora nel III sec. a. C. dai testi deidecreti, e che di recente ha iniziato a restituire anche elementiarcheologicamente tangibili della fine del IV sec. a. C.39?

Tornando intra moenia, si dovrà forse valutare – continuan-do peraltro a cercare conferme da future ricerche in questa cosìnodale area urbana di Entella – se sussista o meno la possibilitàdi essere di fronte ad un’ulteriore luogo di culto di Demetra e diPersefone, che potrebbe così inserirsi tra i casi sicelioti diattestazioni plurime di culto reso alle divinità ctonie nella stessapolis – basta pensare ai noti casi di Gela (quattro attestazionicerte, una incerta, tutte periurbane) e di Agrigento (quattroattestazioni certe, due urbane, due periurbane), ovvero a quelli diMorgantina (sei attestazioni certe, di cui una sola periurbana) e diEloro (con i due santuari, il Vecchio ed il Nuovo, l’uno periurbano,l’altro urbano), senza contare naturalmente il caso plurimo diSiracusa: a Entella, il culto sarebbe stato reso sia fuori che dentroi limiti urbani, come ad Agrigento e ad Eloro. E di conseguenzasi potrebbe forse valutare anche – limitatamente alla fase ellenistica– se siamo di fronte ad un’altra attestazione di un contesto in cuiedifici per la lavorazione e l’immagazzinamento di prodottiagricoli (granai o fattorie) ed un edificio di culto ctonio sonovicini e connessi, come è stato ipotizzato per Monte Adranone nelcitato contributo della Hinz40.

È difficile tuttavia non pensare ancora una volta, come feciin occasione delle precedenti Giornate41, ad Hestia, il cui iJero;ndeve essere tenuto presente – da chi scava ad Entella – tra gliobiettivi di ricerca suggeriti dai decreti.

Oggi, alla luce di possibili nuovi dati in merito, è significa-tivo ricordare il quadro delineato da Giangiulio nell’ ’82, in totaleassenza di documentazione archeologica: « … si dovrà concepirelo hieron di Entella come una struttura pubblica intimamentelegata alla vita civica della comunità. Non necessariamente peròsi tratterà di un pritaneo in senso proprio … occorrerà dunqueipotizzare che ad Entella quell’edificio della koine hestia cui

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spesso le fonti accennano a proposito di molte poleis … fosseconsiderato quale il santuario della dea e che avesse una strutturain qualche modo articolata, magari con un peribolo e degli oikoi,in modo che l’edificio potesse svolgere anche le funzioni di luogodi riunione delle massime magistrature della città»42. Adesso,potrebbe forse individuarsi qualche elemento per cominciare adinserire quel quadro in una cornice concreta, quella degli edificidel vallone orientale della Rocca finora esaminati, se lètti tuttiinsieme nella fase edilizia di età ellenistica, anche se non ancoraverificata per tutta l’estensione delle strutture messe in luce.Ubicazione nell’agora o in zona limitrofa; presenza in un am-biente di un altare/focolare – la koine hestia43, l’hestia tes poleosche Polluce (1, 7 e 9, 40) definisce eschara e bomos –; presenzadi vani adibiti a magazzini di arredi e di generi alimentari;presenza di un ambiente per la preparazione dei cibi: sono questi,gli elementi propri di un pritaneo44 che potremmo con unaqualche approssimazione individuare nel complesso entellino;dove però le ‘assenze’ sarebbero ancora molte, dalla sala per ibanchetti, al cortile/peristilio, alla prostas.

Ma bisogna ricordare anche che la forma architettonicapropria del pritaneo – definita con fatica dal Miller negli anni’7045 – è stata di recente ricondotta più concretamente da FischerHansen ad una generica «mescolanza di caratteristichearchitettoniche pubbliche e domestiche» che mai si codificò inschemi ricorrenti. Da qui le difficoltà di identificare con sicurezzai pritanei: addirittura, tra le cento ipotetiche attestazioni sonoenucleati, in questo nuovo censimento, tre soli casi certi46.

Su questa linea, si potrebbe recuperare e sottoporre adulteriori verifiche alla luce dei nuovi dati un’idea già in partetimidamente avanzata, quella cioè di guardare, insieme allo iJero;nta" ÔIstiva" citato nei decreti, all’oikos ora noto archeologicamenteed ai materiali coroplastici del deposito votivo alla luce del/la o{Éh{pai`" ajf∆ eJstiva" attestati ad Eleusi: in via del tutto ipotetica inobili fanciulli e fanciulle di Eleusi, i «bambini del focolare,usciti dal focolare» che rappresentano la polis presso le divinitàeleusinie4 , potrebbero infatti riconoscersi con l’Esdaile nelloschema dell’offerente con porcellino48. Ma resta e resterà aperto,

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1041A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS

credo, un problema di fondo in quella vecchia ipotesi: il focolareè quello delle dee eleusinie o quello della città, è di Demetra eKore o di Hestia?

A ciò si aggiunge che da una parte l'indeterminatezzaiconografica di Hestia e dall’altra la possibile ambiguità rispettoalla sorella Demetra, data per esempio dall’attributo della torcia,svolgendo un ruolo contrastante nella questione, rendono ancorpiù arduo l’affrontarla49.

Il quesito finale da porsi è forse dunque di fondo: è lecitoandare oltre su questa linea d’indagine – nella quale la suggestio-ne dei decreti pesa notevolmente – pensando che Hestia e Demetrasi possano contendere ancora questo contesto di Entella?

NOTE

1 M. C. PARRA, Un deposito votivo di fondazione ad Entella nel IVsec. a. C., in «Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sull’Area Elima,Gibellina 1994», Pisa-Gibellina 1997, 1203-1214.

2 A proposito del quale rinvio, in sintesi con lett., a M. C. PARRA,L’edificio ellenistico nella conca orientale, in G. NENCI (a cura di), Entella I,Pisa 1995, 9-76 (con sintesi sulle principali classi di materiali a cura di C. A.Di Noto, M. Gargini, C. Michelini, M. C. Parra). Per un aggiornamento deidati vd. M. DE CESARE - M. C. PARRA, Gli edifici lungo il vallone orientaledella Rocca, in AA. VV., Entella. Relazioni preliminari delle campagne discavo 1992, 1995, 1997 e delle ricognizioni 1998, ASNP, S. IV, IV, 1999,VII-XXV e 1-188, 37-55.

3 Al contributo cit. in n. 1, si aggiunga ora DE CESARE – PARRA, Gliedifici... cit., 38-40. Per l’edizione sistematica del contesto, vd. Entella II, inpreparazione.

4 Agli esempi sicelioti già citati in PARRA, Un deposito votivo... cit.,1209, vorrei ora aggiungere il caso del sacello arcaico di Colle Madore, dovefu deposto nella fondazione dell’angolo sud-occidentale un nucleo di mate-riali di varia cronologia, dalla seconda metà del IX alla metà del VI sec. a. C.:cf. S. VASSALLO, L’indagine archeologica, in S. VASSALLO (a cura di), ColleMadore. Un caso di ellenizzazione in terra sicana, Palermo 1999, 23-58, 46-50 (con citazione di altri depositi votivi rinvenuti in centri indigeni ellenizzati,che tuttavia non rientrano nella categoria delle thysiai di fondazione); cuiaggiungi adesso S. VASSALLO, Colle Madore. Terra di frontiera, in Sicani,Elimi e Greci. Storie di contatti e terre di frontiera. Catalogo della mostra,Palermo 2002, Palermo 2002, 98-113, 102-103.

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1042 M. C. PARRA

A proposito del termine qusiva (spesso impropriamente utilizzato nellaletteratura archeologica per indicare le offerte intese in termini concretianziché il concetto astratto dell’azione dell’offerta, del sacrificio con il suorituale) vd. J. CASABONA, Recherches sur le vocabulaire des sacrifices en grecdes origines à la fin de l’époque classique, Aix en Provence 1966, 126-138.

5 Rinvio in sintesi a PARRA, Un deposito votivo... cit., 1205-1206 eDE CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 39, fig. 32, a-i.

6 Cf. DE CESARE – PARRA, Gli edifici... cit., 39, figg. 24-31.7 Accanto ai forni da vasaio tardoarcaici messi in luce presso la

necropoli A (per cui cf. R. GUGLIELMINO, Entella: un’area artigianaleextraurbana di età tardoarcaica, in «Atti delle Terze Giornate Internaz. diStudi sull’Area Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina 1997», Pisa-Gibellina 2000, 701-713 e ID., La necropoli A, in AA. VV., Entella. Relazionipreliminari... 1992, 1995, 1997... cit., 147-154, 152-154), per l’età ellenisticadeve ricordarsi quanto ipotizzato in forma indiretta sulla base dell’analisi dimateriali finiti da C. MICHELINI, La ceramica ellenistica di Entella. Notiziepreliminari, in «Atti delle Giornate Internaz. di Studi sull’Area Elima,Gibellina 1991», Pisa - Gibellina 1992, 463-481 e EAD., Ceramica a vernicenera ellenistica. Ceramica acroma di età ellenistica, in PARRA et alii,L’edificio ellenistico... cit., Pisa 1995, 46-57), a proposito della ceramica avernice nera e di quella acroma; e da A. CORRETTI - C. CAPELLI, in questa sede,cf. supra, 287-351, a proposito delle anfore, anche con il supporto di analisiminero-petrografiche.

8 Editi in G. BEJOR, L’abitato e le fortificazioni di Rocca Nadorepresso Sciacca: una notizia preliminare, in «∆Aparcaiv. Nuove ricerche estudi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di P. E. Arias», Pisa 1982,445-458, 453, tav. 115, 1-4. Per l’insediamento di Rocca Nadore cf. ora insintesi G. BEJOR, s. v. Rocca Nadore, BTCGI, XVI, 2001, 296-299.

Nell’ambito di questo confronto, colpisce anche il fatto che il tipo ditesta del bustino fittile sembra aver goduto ad Entella una popolarità partico-lare, dato che dalla sola area qua in esame ne provengono altri sei esemplariidentici: cf. DE CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 52-53 e 55, figg. 45-49 e 55.Il tipo è ora attestato anche nel santuario extramuraneo di Demetra (vd. infran. 31): cf. F. SPATAFORA, Entella. Il santuario delle divinità ctonie di ContradaPetraro, in Sicani, Elimi e Greci. Storie di contatti e terre di frontiera.Catalogo della mostra, Palermo 2002, Palermo 2002, 26, nr. 36.

9 P. ANELLO, Il trattato del 405/4 a. C. e la formazione della“eparchia” punica di Sicilia, Kokalos, XXXII, 1986, 115-179, 152-179(sotto l’aspetto archeologico, si vedano in particolare i riferimenti, con lett.,alle ricerche di G. Bejor per Rocca Nadore, e di E. De Miro - G. Fiorentini perMonte Adranone). Cf. anche P. ANELLO, L’area elima tra V e nel IV secolo a.C., in «Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina- Erice - Contessa Entellina 1997», Pisa - Gibellina 2000, 13-39, 27.

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1043A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS

10 Così ANELLO, Il trattato... cit., 172, citando G. BEJOR, Intervento,in «Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche. Attidel Convegno, Cortona 1981», Pisa - Roma 1983, 401.

11 BEJOR, L’abitato... cit., 456.12 Cf. in sintesi G. FIORENTINI, Monte Adranone, Roma 1995 (con

lett.).13 ANELLO, Il trattato... cit., 174.14 I dati della ricognizione nel territorio di Entella, appena comple-

tata (ottobre 2001), sono ancora in corso di elaborazione. Brevi e parzialisintesi sono state presentate a nome di tutti i responsabili del lavoro, afferential Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico dellaScuola Normale Superiore, da M. A. Vaggioli in occasione del Convegno«Insediamenti della Sicilia centro-occidentale nell’età dell’eparchia punica»,tenutosi a Prizzi nel maggio 2000 (gli atti sono inediti, ma il testo dellarelazione è ora edito a cura della medesima in SicA, XXXIV, 2001, 51-66);e in AA. VV., Entella. Relazioni preliminari... 1992, 1995, 1997... cit. (M. A.VAGGIOLI, Per una carta archeologica del Comune di Contessa Entellina.Relazione preliminare delle campagne di ricognizione 1998, 177-188, inpart. 182 per il sito di Piano Cavaliere). Cf. anche A. CORRETTI - M. A.VAGGIOLI, Entella: il territorio, in «Da un’antica città di Sicilia. I decreti diEntella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 187-195, 190-193.

Le ricognizioni sul terreno sono solo una parte di un progetto di ricercapiù ampio realizzato dal Laboratorio della Scuola Normale per incaricodell’Assessorato BB.CC.AA. della Regione Sicilia, per cui cf. M. C. PARRA,Modelli di carte archeologiche per un GIS di pianificazione paesistica (uncaso siciliano), Archeologia e Calcolatori, 10, 1999, 159-163; A. ARNESE, UnSIT per Entella (Comune di Contessa Entellina, PA), Archeologia e Calco-latori, 11, 2000, 339-346.

15 ANELLO, Il trattato... cit., 174.16 Cf. le sintesi cit. supra, n. 5.17 PARRA, Un deposito votivo... cit., 1206.18 PARRA, Un deposito votivo... cit., 1206-1207.19 Per tutti i dati di dettaglio, qua di seguito solo sintetizzati, cf. DE

CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 37-55.20 Cf. I. ROMEO, Sacelli arcaici senza peristasi nella Sicilia greca,

Xenia, 17, 1989, 5-54, 5-6, secondo la cui classificazione il tipo più diffuso,per quel che riguarda le attestazioni siceliote, è quello dell’oikos a piùambienti, piuttosto che quello singolo o di quelli ad ante. Sul ‘tipoarchitettonico’ si veda, oltre all’ampio articolo della Romeo, D. MERTENS,Der Tempel von Segesta und die Dorische Tempelbaukunst des GriechischenWestens in Klassischer Zeit, Mainz am Rhein 1984, 159-163, e per ultima V.HINZ, Der Kult von Demeter und Kore auf Sizilien und in der Magna Graecia,Wiesbaden 1998, 51-53, entrambi con lett.

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Agli esempi già noti si può ora aggiungere il sacello arcaico (del tipo‘Breit-Haus’) di Colle Madore, sopra citato per la presenza di un depositovotivo di fondazione: cf. VASSALLO, L’indagine... cit., 40-54 e ID., ColleMadore. Terra... cit., 101-102.

21 MERTENS, Der Tempel... cit., 159. Ricordo che non è da escludereche l’edificio entellino fosse privo di tetto, cf. supra.

22 Mi riferisco ai lavori di D. Mertens, I. Romeo e V. Hinz citt. in n.20.

23 Santuario di Gela - via Fiume: oikos arcaico ad ambiente unico,coperto da tetto, con altare centrale, seconda metà del VI sec. a. C., cf. ROMEO,Sacelli... cit., 22; HINZ, Der Kult... cit., 66-67.

Agrigento, santuario ctonio: oikos a tre vani, uno dei quali con tre altariinterni, VI sec. a. C., probabilmente privo di tetto, cf. ROMEO, Sacelli... cit.,26; HINZ, Der Kult... cit., 81-82; soli cenni in E. DE MIRO, Agrigento. I. Isantuari urbani. L’area sacra tra il tempio di Zeus e Porta V, Roma 2000,dedicato al settore orientale del santuario (cf. ivi, 81-96, lettura complessivadel contesto sacro, in part. 93-94).

24 L’esemplare più antico è una figura femminile in trono, di un tipogià attestato ad Entella da uno strato d’interro superficiale del granaio, cf.Entella 1990, 458-459, nr. 7, tav. CII, 1, con bibl. (fine VI - inizi V sec. a. C.).Per questo e per gli esemplari protoellenistici citati, vd. in dettaglio DE CESARE

- PARRA, Gli edifici... cit., 52-53 e n. 53 (cf. supra, n. 8) cui aggiungi ora peril pinax ‘liparese’ l’ampio studio tipologico di A. SARDELLA - M. G. VANARIA,Le terrecotte figurate di soggetto sacrale del santuario dell’ex proprietàMaggiore di Lipari, in Meligunìs Lipàra, X. Scoperte e scavi ARCHEOLOGICI

NELL’AREA URBANA E SUBURBANA DI LIPARI, ROMA 2000, 87-180, 94-102.25 Cf. ad esempio il caso del tempio C del santuario delle divinità

ctonie sulle pendici orientali dell’Acropoli, sintesi con lett. in DE MIRO,Agrigento... cit., 94-95.

26 Si tratta di un fr. di coppa del tipo ‘Iato K480’, di un minuto fr. dicoppa di tipo ionico B2 e di un fr. di coppetta emisferica con orlo ingrossatodel tipo arcaico su alto piede (per cui cf. ex gr. i varii esemplari da Entella editiin AA. VV., Entella. Relazione preliminare delle campagne di scavo 1990-1991, ASNP, S. III, XXIV, 1994, 85-336, 116-117, nrr. 1-3, tavv., IV, 5 e V,1-2; 177-178, nr. 3, tav. XXVI, 5; 186, nrr. 2-3, tav. XXIX, 1-2; 224, nr. 4, tav.XL, 14; 245, nr. 13, tav. XLVI, 6; 261-262, nr. 1, tav. LI, 8).

27 S. DE VIDO, Orizzonti politici e culturali dell’area elima, in «Attidelle Seconde Giornate Internaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina 1994»,Pisa - Gibellina 1997, 549-580; cf. anche più parti di DE VIDO, Gli Elimi... cit.Come quadro di riferimento per il problema, in generale, è di grande interesseil recente contributo di G. COLONNA, Il santuario di Pyrgi dalle originimitistoriche agli altorilievi frontonali dei Sette a Tebe e di Leucotea, Scienzedell’Antichità. Storia, Archeologia, Antropologia, 10, 2000, 251-336, 303-

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309. Si vedano anche, adesso, i vari contributi editi in Sicani, Elimi e Greci...cit.

28 Cf. DE VIDO, Orizzonti politici... cit., 557-563. In questo quadro sipuò forse inserire l’applique vascolare di impasto grigio ‘buccheroide’configurata a protome femminile, proveniente da livelli di riempimentosottopavimentale di un ambiente del granaio ellenistico (cf. AA. VV.,Entella. Relazione…1994... cit., 155-156 e 182, nr. 11, tav. XXI, 5-6). Il fr.– per il quale resta a mio avviso aperto il problema della produzione locale odell’importazione – presenta caratteristiche formali e tecniche che lo colle-gano a prototipi tardo-dedalici, di tradizione corinzia, attestati non solo inesemplari di bucchero etrusco, ma anche di ‘bucchero grigio’ di suppostaproduzione campana, lucana e forse anche della Sicilia centro-meridionale edorientale (si vedano in particolare le attestazioni di Gela e di Siracusa, per cuicf. E. MEOLA, Terrecotte orientalizzanti di Gela, Roma 1971, in part. 70-71e 76, tavv. XXII-XXIII). Come tale, l’esemplare entellino potrebbe dunqueessere significativo se inquadrato nei termini di quella «…apertura di Imeraverso il Tirreno degli Etruschi…» sottolineata dalla De Vido (ibid., 560-561):credo infatti che la De Vido abbia a giusta ragione sottolineato come «...quando si è trattato di delineare la rete di rapporti di Imera, gli Elimi parevanotroppo lontani e malamente dislocati per pensare a relazioni condotte per valliardue e da una viabilità ancora incerta, e troppo chiusi all’interno percondividere quella vivacità marina che invece caratterizzava Fenici edEtruschi» (ibid., 561).

Ferma resta, in questo quadro, la necessità di valutare anche, in una piùapprofondita ed articolata disamina futura, il peso che ad Entella poteronoavere in età arcaica ‘apporti meridionali’ diversi da quelli selinuntini, vale adire quelli geloi (cf. R. M. ALBANESE PROCELLI, Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981, 139-148, 144, a proposito del ruolo svolto da Gela nella diffusione deibacini ‘etrusco-campani’ ad orlo perlato nella Sicilia interna).

Per una recente lettura del fenomeno dell’ellenizzazione di Entella fattaattraverso i materiali archeologici, cf. R. GUGLIELMINO, Materiali arcaici eproblemi di ellenizzazione ad Entella, in «Atti delle Seconde GiornateInternaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina 1994», Pisa-Gibellina 1997,923-956, in part. 932-949.

29 Si veda una pianta distribuzione in ROMEO, Sacelli... cit., fig. 1, p.6.

30 Se infatti, come è stato ipotizzato in base alla presenza di un’edi-cola con ‘eroe alla fontana’ seppure non in situ, l’edificio era dedicato adEracle, il contesto restituirebbe un’altra importante testimonianza nellaSicilia occidentale del culto dell’eroe ‘dell’acculturazione’, in un insedia-mento nodale dell’entroterra di Himera, ubicato sullo spartiacque tra il bacinodel fiume Torto e del Platani. I ‘segni di Eracle’ nella Sicilia occidentale sonostati di recente riesaminati dalla DE VIDO, Gli Elimi. Storie di contatti e di -

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rappresentazioni, Pisa 1997, 115-204. Sull’interpretazione e sulla valenzastorica della nuova attestazione di Colle Madore, cf. C. MARCONI, Eracle interra indigena?, in VASSALLO (a cura di), Colle Madore... cit., 293-305; e lerecenti osservazioni di O. BELVEDERE, Il territorio di Himera e il problemadella chora coloniale in Sicilia, in «Problemi della chora coloniale dall’Oc-cidente al Mar Nero. Atti XL Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto2000», Taranto 2001, 707-755, 739-743, che ha riesaminato l’intero contesto,sottolineandone con forza la multiforme ‘grecità’ espressa in profondainterazione con l’élite locale.

31 Cf. F. SPATAFORA - A. RUVITUSO - G. MONTALI, infra, 1189-1201 eSPATAFORA, Entella. Il santuario delle divinità ctonie... cit., 13-15 (e 24, nr. 29:scheda del pinax di A. Ruvituso, con datazione troppo bassa alla fine del V -inizi IV sec. a. C. Pur dall’esame della sola riproduzione fotografica sembratrattarsi del tipo 79 Prüchner (H. PRÜCKNER, Die Lokrischen Tonreliefs, Mainz1968, 72: Kore su carro tirato da due pegasi, rapitore giovane che sale, tre figurefemminili a terra) corrispondente al tipo 2/3, 289-444, tavv. XXXIV-CIII, dellarecente e definitiva classificazione dei pinakes con scene di ratto, edita in E.LISSI CARONNA - C. SABBIONE - L. VLAD BORRELLI (a cura di), I pinakes di LocriEpizefiri. Musei di Reggio Calabria e Locri, Parte I, 2-4 (scene di ratto), ASMG,S. IV, 1996-1999. Da rivedere, anche alla luce di questa nuova attestazioneentellina, l’affermazione di p. 267 secondo cui il tipo più diffuso fuori di Locrisarebbe il 2/22 = 57 Prüchner, con scena di ratto concitato da parte di rapitorebarbato (cf. l’elenco dato da Spigo, per cui cf. infra).

Ormai numerose sono le attestazioni di pinakes di tipo locrese in Sicilia:accanto all’eccezionale complesso di Francavilla in territorio di Naxos – checostituisce un caso a se stante per numero e varietà tipologica di pinakesriconducibili nella stragrande maggioranza ad una produzione locale ancheper i tipi più propriamente locresi (importazione di matrici?) – sono noti i casidi Siracusa, Selinunte, Naxos e forse Solunto. Alla lista dobbiamo senz’altroaggiungere per via indiretta Himera, dove due tipi di arule attestano chiareriprese di schemi figurativi propri di pinakes locresi. I contatti Locri (esubcolonie)/Himera – che potrebbe essere stata, al pari di Selinunte, il tramited’arrivo del pinax locrese ad Entella – sono del resto ben documentati da altritipi coroplastici (cf. ad esempio quanto segnalato, ma sminuendo senz’altrogli apporti magno-greci, da N. ALLEGRO, Tipi della coroplastica imerese, in«Quaderno Imerese, 1», Roma 1972, 27-51, 37-39, cui credo interessanteaggiungere il tipo di un’antefissa fittile a testa femminile con diadema a giralivegetali chiaramente collegata, come altri esemplari sicelioti e magno-grecidistribuiti lungo un ‘circuito calcidese’, a schemi decorativi di tradizioneetrusco-campana: per quest’ultimo rimando a M. C. PARRA, Artemide traLocri, Reggio e Siracusa: un contributo da Francavilla di Sicilia?, Klearchos,XXXIII-XXXIV, 1991-1992, 77-90, 85, n. 23; EAD., Il teatro di Locri traspettacolo e culto, ASNP, S. IV, III, 1-2, 303-322, 315-316).

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1047A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS

Per il complesso dei pinakes di Francavilla di Sicilia si veda, con lett.,la recentissima presentazione sistematica della materia di U. SPIGO, I pinakesdi Francavilla di Sicilia, BA, LXXXV, 111, 1-60 (Parte I) e BA, LXXXV,113, 1-78 (Parte II), dove si troverà anche un elenco esaustivo, con lett., delleattestazioni di pinakes locresi o ‘di tipo locrese’ fuori di Locri, nonché lacitazione di una delle arule imeresi collegabili ai pinakes (tipo 116 Prüchner,con Dioscuri e divinità femminile); a questa si deve aggiungere il fr. di arulacon serpenti e figura femminile già ricollegata alla scena del ricevimento diTrittolemo nell’Ade del pinax locrese tipo 122 Prüchner da O. BELVEDERE,Tipologia e analisi delle arule imeresi, in «Secondo Quaderno Imerese»,Roma 1982, 61-113, 100-101.

32 Cf. DE CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 51 e in sintesi C. MICHELINI

- M. C. PARRA, Entella: la città, in «Da un’antica città di Sicilia. I decreti diEntella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 157-172, passim.

33 PARRA, Un deposito votivo... cit., 1208.34 Cf. SPATAFORA - RUVITUSO - MONTALI, infra, 1189-1201.35 J. FREL, Una nuova laminella “orfica”, Eirene, XXX, 1994, 183-

184.36 G. NENCI, Varia elyma: novità epigrafiche, numismatiche,

toponomastiche e cultuali dall’area elima, in «Atti delle Terze GiornateInternaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina1997», Pisa - Gibellina 2000, 809-821, 814-815. Sulla plausibilità dellaprovenienza entellina della nuova laminetta sono stati espressi dubbi sia daM. L. Lazzarini in un seminario tenutosi a Vibo Valentia nel 1998 (Attiinediti), sia nei recentissimi contributi di G. PUGLIESE CARRATELLI, Intornoalla lamina orfica di Entella (?), PP, LVI, 2001, 297-307 e ID., Le lamined’oro orfiche. Istruzioni per il viaggio oltremondano degli iniziati greci,Milano 2001, 76-77.

Per un quadro di sintesi delle aree sepolcrali entelline, vd. ora A. DI

NOTO - R. GUGLIELMINO, Entella: le necropoli, in «Da un’antica città di Sicilia.I decreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 173-185.

37 A. BERNABÉ, La laminetta orfica di Entella, in «Sicilia Epigraphica.Atti del Convegno di Studi, Erice, 15-18 ottobre 1998», ASNP, S. IV,Quaderni, 1, Pisa 1999, 53-63, dove si potrà trovare tutta l’ormai ampiabibliografia, cui aggiungi i due contributi di G. Pugliese Carratelli, citt. supra.

38 M. CRISTOFANI, I Campani a Reggio, SE, XXXVI, 1968, 37-53. Suimercenari campani in Sicilia (e ad Entella) – argomento ormai ampiamentesondato in relazione alle diverse tipologie di dati – rinvio solo alla sintesi diU. FANTASIA, I mercenari italici in Sicilia, in «Da un’antica città di Sicilia. Idecreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 49-57, conesaustiva bibliografia ragionata.

39 Mi riferisco alla recentissima scoperta nella necropoli A di Entella(quella meridionale) di due tombe degli ultimi decenni del IV sec. a. C.

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1048 M. C. PARRA

inequivocabilmente riconoscibili come sepolture di un guerriero e di unadonna di etnia campana, l’uno con cinturone bronzeo, l’altra con fibula concorallo: ancora inedite, soli cenni in DI NOTO - GUGLIELMINO, Entella: lenecropoli... cit., 184. Sono di grande interesse nell’ambito del tema degliapporti campani anche i dati ricavabili dalle attestazioni ceramiche, per cuicf. M. DE CESARE, supra.

Per tutto quanto riguarda i decreti di Entella, si vedano ora i contributiraccolti in «Da un’antica città di Sicilia. I decreti di Entella e Nakone.Catalogo della mostra», Pisa 2001, (in particolare, per l’aspetto in questione,quelli di C. AMPOLO, Per una riconsiderazione dei decreti di Entella eNakone, VII-XVI; di U. FANTASIA, Le istituzioni, 59-68; di B. GAROZZO,Onomastica, 75-80; e cf. anche B. BLECKMANN, Rom und die Kampaner vonRhegion, Chiron, XXIX, 1999, 123-146, 130).

40 HINZ, Der Kult von Demeter... cit., 135-137; a questo recentecontributo rimando per un esaustivo quadro di sintesi, con ampia lett., di tuttii casi citati sopra.

41 PARRA, Un deposito votivo... cit., 1208.42 M. GIANGIULIO, Edifici pubblici e culti nelle nuove iscrizioni da

Entella, ASNP, S. III, XII, 3, 1982, 945-992, 960-961 (sui medesimi temi cf.ora la sintesi di C. MICHELINI, Edifici e culti, in «Da un’antica città di Sicilia.I decreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 69-73).

43 Sul cui significato vd. L. GERNET, Sul simbolismo politico: ilfocolare comune, in Antropologia della Grecia antica, Milano 1968, 319-336.

44 Sui pritanei, alla bibliografia segnalata in GIANGIULIO, Edificipubblici... cit., si aggiunga M. H. HANSEN - T. FISCHER-HANSEN, Monumentalpolitical Architecture in Archaic and Classical Greek Poleis. Evidence andHistorical Significance, in D. WHITEHEAD (ed.), From Political Architectureto Stephanus Byzantius. Sources for the Ancient Greek Polis, Stuttgart 1994,23-90, 30-37.

45 S. G. MILLER, The Prytaneion. Its Function and ArchitecturalForm, Berkeley - Los Angeles - London 1978.

46 HANSEN - FISCHER HANSEN, Monumental political Architecture...cit., 31.

47 Cf. J. P. VERNANT, Hestia-Hermès. Sur l’expression religieuse del’espace et du mouvement chez les Grecs, in Mythe et pensée chez les Grecs.Études de psychologie historique, Paris 1966, 97-143, 106-107.

48 PARRA, Un deposito votivo... cit., 1208 e n. 32.49 Cf. in sintesi H. SARIAN, s. v. Hestia, in Lexicon Iconographicum

Mythologiae Classicae, V, Basel 1990, 407-412.

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TAV. CLXXIV

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TAV. CLXXV

1. Entella (PA). SAS 30. Prospetto O.

2. Entella (PA). SAS 30. Veduta da N.

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TAV. CLXXVI

1-3. Entella (PA). SAS 3/30. Materiali ceramici dal deposito votivo.