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La responsabilità sociale del filosofo

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György Lukács

La responsabilità socialedel filosofo

Asterios EditoreTrieste, 2017

a cura di Antonino Infranca eMiguel Vedda

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Prima edizione nella collana AD: Febbraio 2017©Asterios Abiblio Editore, 2016 posta: [email protected]

www.asterios.itI diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo

sono riservati.Stampato in UE

ISBN: 978-88-9313-019-6

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Indice

Introduzione, 9La responsabilità sociale del filosofo, 27

György Lukács, nota biografica e bibliografica, 73I curatori, 78

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Introduzionedi

Antonino Infranca e Miguel Vedda

In un saggio ritrovato tra le carte di Lukács epubblicato postumo per la prima volta, in ita-liano, nel 1989, dal titolo “La responsabilitàsociale del filosofo”, e poi nella lingua origina-le, in tedesco, nel 1995, Lukács sviluppa alcu-ni temi della sua etica marxista, che non riu-scì a scrivere, ma che chiaramente aveva giàdelineato nella sua mente. Si deve tenereconto che di questo testo non si ha completacertezza riguardo al momento in cui fu com-posto. Secondo Werner Jung e RüdigerDannemann, il manoscritto dovrebbe esseredatato agli anni Cinquanta, e alcune afferma-zioni che appaiono alla fine del saggio per-

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mettono di concludere che è successivo alcongresso di Ginevra sulla pace del 1946, acui Lukács aveva preso parte con una relazio-ne dal titolo “La visione del mondo aristocra-tica e democratica”. Alcune pagine del saggiosono scritte sul retro di alcune lettere datate1956. Per lo stile dell’argomentazione, credia-mo, che appartenga al periodo pre-1956,quando Lukács era impegnato in dibattiti ediscussioni che precludevano alla breve, maintensissima, esperienza rivoluzionaria del1956. Per lo stile del saggio, soprattuttoall’inizio, si ha l’idea che si tratti di una rispo-sta ad una domanda, forse posta a Lukács periscritto, ma avremmo la lettera del suo inter-locutore che pone la domanda, oppure è larisposta a una domanda orale, forse postadurante un dibattito e che Lukács ha redattoper una pubblicazione sotto forma di atti diconvegno o qualcosa del genere, a partire daappunti che lui stesso aveva redatto nel corsodi un dibattito o di un convegno. L’argomentazione è duplice, prima si parte

dalla questione della responsabilità specificadel filosofo, che poi viene lentamenteabbandonata, per dar luogo ad una riflessio-

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INTRODUZIONE 11

ne sull’etica marxista. Si può considerarequesto saggio come la prima elaborazionedell’etica marxista da parte di Lukács, anchese nella sua produzione precedente l’atten-zione all’etica era stata sempre centrale.Ancor più nella sua produzione successival’etica sarà un tema presente, tanto che erasua intenzione di scrivere un’etica marxista.Accenni e riflessioni, continuamente pre-senti nelle sue opere successive, sono segna-li che quella intenzione non fu abbandonata,ma la lentezza della ricerca del dettaglio edella precisione teoretica e la prolissità delsuo stile furono ostacoli a tale realizzazione.Fra le sue carte postume è stato trovato unabbozzo di questa etica (Notizen zur Ethik),pubblicata nel 1994, “La responsabilitàsociale del filosofo” si può considerareun’anticipazione di quella etica.Ricordiamo che, stricto sensu, non esiste

un’etica marxista e Lukács continua ad esserel’unico filosofo di orientamento marxista cheabbia tentato una definizione di questa sferadel pensiero umano. Enrique Dussel ha indi-cato, in tempi più vicini al nostro, che in Marxsi trova implicitamente contenuta un’etica,

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così come Lukács sosteneva che in Marx sitrova in stato latente un’ontologia dell’esseresociale che, per il filosofo ungherese, costitui-sce un’anticipazione dell’etica marxista.L’Etica della liberazione di Dussel, anchequando non è esplicitamente l’etica marxistache Lukács sognava, è, tuttavia, un’etica fon-data nella prospettiva delle vittime del sistemacapitalista, vittime che si trovarono sempre alcentro dell’attenzione di Marx, e poi è un’eticadella vita materiale degli esseri umani. Nella tradizione marxista l’etica è sempre

stata spesso considerata un retaggio dellatradizione culturale borghese, come tale fuconsiderata la piccola opera di Karl Kautsky,Etica e concezione materialistica della sto-ria. Più attenzione alla questione dell’eticapose Antonio Gramsci, dando alla propriateoria marxista un marchio di originalitàdistinto da quello di altri teorici marxisti. Lostalinismo impose la convinzione che un’eti-ca marxista fosse un’eredità borghese dasuperare nell’obbedienza alle direttive delpartito e del suo leader, così atteggiamentietici erano assimilati nel culto della perso-nalità. Il fatto che Lukács, negli anni

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INTRODUZIONE 13

Cinquanta, abbia elaborato una, seppurbreve, riflessione sull’etica marxista è unulteriore prova dello suo distanziarsi dallostalinismo. Sul perché non abbia pubblicatoquesto suo breve saggio è questione a cui èdifficile rispondere, forse perché questo sag-gio fu scritto nel mezzo della lotta politica,nella seconda metà del 1956, e poi la depor-tazione in Romania distolsero l’attenzionedel filosofo ungherese verso ben più pres-santi circostanze. Come era divenuto sua abitudine stilistica,

Lukács parte da una analisi dell’etica bor-ghese, quindi con l’esempio più alto di taleetica, cioè Kant, e si distingue dalla riflessio-ne del pensatore tedesco nel non accettare ladistinzione tra “essere” e “dover-essere”,non accetta soprattutto la concezione kan-tiana che sostiene che la decisione etica e ilconseguente comportamento etico sonoindipendenti dalla realtà storico-sociale.Questa differenziazione dal pensiero kantia-no, ci fa capire che l’etica marxista nonammette la distinzione tra “essere” e “dover-essere” e che l’azione etica è sempre calatanella situazione concreta di una realtà stori-

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co-sociale concreta. Lukács, però, osservache la concretezza della situazione è tale chelo stesso imperativo categorico kantiano ècalato nella vita quotidiana e che la suaeffettiva funzione è quella di fornire all’esse-re sociale criteri validi per qualsiasi forma diprassi quotidiana. Lukács polemizza con l’etica kantiana, per-

ché essa si mantiene sul piano del semplice-mente formale. L’etica marxista dovrebbeprestare maggiore attenzione al punto di vistahegeliano, e comprendere che, quando l’uo-mo agisce, necessariamente abbandona l’am-bito dell’etica ed entra in quello della vitaquotidiana. Ma anche un’etica che, in appa-renza, possa stabilire migliori affinità con laquotidianità – come l’etica utilitaristica –dove funzionare sulla base di un impegnonella vita sociale. In effetti, un comportamen-to utilitarista non può mantenersi sotto tuttele circostanze, poiché l’egoismo smisuratoimpedisce ineludibilmente il contatto conl’Altro. Anche l’egoismo deve conciliarsi conqualche forma di altruismo, e dar spazio aquella concezione dell’egoismo razionale cheha reso celebri i democrati russi.

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La riflessione etica del marxismo è partitada questo egoismo razionale e, soprattuttoEngels si è impegnato ad approfondire alcu-ni temi etici. Engels fu anche il primo a for-mulare il problema della responsabilità sto-rico-sociale, sostenendo che l’uomo agisce apartire dalle proprie condizioni sociali. Leninarriva a sostenere che, sotto il socialismo, gliuomini troveranno le condizioni per realizza-re i propri interessi individuali. Lukács trovanelle riflessioni del fondatore del marxismo-leninismo una concezione etica che rimanesempre dentro i confini della sfera etica; adifferenza dell’etica borghese che tende apassare nell’ambito del diritto, cioè che siappoggia alla forza delle leggi e dello Stato,che alla fin dei conti si incaricano di imporreun comportamento etico determinato danorme, leggi e statuti, cioè determinato dal-l’esteriorità dell’individuo. Lukács rimarca la capacità dell’etica bor-

ghese di astrarre il soggetto dalla situazionedentro la quale vive e opera. Questa capaci-tà è dettata proprio dal formalismo che tra-scende le categorie della vita concreta degliindividui, ma che, però, non può trascende-

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re le situazioni concrete di tale vita quotidia-na, che impongono scelte concrete, al di là diqualsiasi formalismo. L’arte borghese èpiena di queste contraddizioni tra le normedell’etica borghese e le situazioni concrete,che quelle norme non riescono a regolare,lasciando tipicamente gli individui soli,smarriti, estranei alle proprie, più concrete,esigenze esistenziali. L’etica borghese rima-ne, quindi, serrata nella contraddizione traegoismo e altruismo; l’egoismo che essa pre-dica, ma che non può sempre essere messoin atto e l’altruismo, che è l’essenza del vive-re sociale. Lukács riconosce una certa gran-dezza in un’etica, che parte da uomini consi-derati “naturalmente” egoisti e da tale egoi-smo deduce il progresso umano. C’è, quindi,qualcosa di impreciso nell’antropologia bor-ghese che è a fondamento di questa etica,perché l’egoismo “naturale” è, a sua volta, ilfondamento dell’altruismo sociale e ciò èchiaramente contraddittorio, a meno che laloro interazione sia dialettica, di conseguen-za soltanto gli idealisti tedeschi riuscirono aconcepire in termini dialettici la relazionetra individuo e collettività. Hobbes sostene-

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va che la relazione sociale nasceva, comun-que, da un interesse egoistico; Kant si rin-chiudeva nel formalismo dell’imperativocategorico e si affidava all’aspettativa diun’eternità beata dell’anima soggettiva.Smith, invece, rivolgendo la sua attenzioneall’economia, affronta la questione sulcampo del momento riproduttivo dellasocietà capitalistica, e cade in una spiegazio-ne che è sostanzialmente mistica, perchéogni individuo «mira solo alla propria sicu-rezza e, quando dirige tale attività [di inve-stimento di capitale] in modo tale che il suoproprio prodotto sia il massimo possibile,egli mira solo al proprio guadagno ed ècondotto da una mano invisibile (invisibleHand), in questo come in molti altri casi, aperseguire un fine che non rientra nelle sueintenzioni. Né il fatto che tale fine non rien-tri sempre nelle sue intenzioni è sempre undanno per la società. Perseguendo il suointeresse, egli spesso persegue l’interessedella società in modo molto più efficace diquando intende effettivamente perseguir-lo»1. La “mano invisibile” è una sorta di

1. A. Smith, Indagine sull’origine e la causa della ricchez-

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intervento divino che regola e aggiusta larealtà esterna, come la Divina Provvidenzadi Vico, in modo da creare una situazioneequilibrata tra egoismo individuale e altrui-smo collettivo. Ogni comportamento etico è soggettivo,

nella misura in cui parte dalle convinzioni eintenzioni dell’autore e delle circostanzesotto le quali costui agisce. Solo successiva-mente questa azione entra in relazione conaltri esseri umani, o con altre azioni soggetti-ve di altri esseri umani, e arriva a costituireuna universalità. Questa universalizzazione èun’astrazione piena dello stesso processo,cioè ciascuna azione singola è generalizzataperché appartiene a un’essenza umanacomune che agisce soggettivamente, ma cherealizza valori umani universali. Il problemache Lukács affronta è, quindi, il rapporto del-l’azione del singolo dentro la comunità socia-le nella quale vive e quanto universale possadivenire una tale azione. L’azione del singolonon è mai solipsistica, ma è sempre una tota-lità universale, anche se l’azione ricade sul

za delle nazioni, tr. it. F. Bartoli, C. Camporesi, S. Caruso,Milano, Isedi, 1973, Libro IV, § II, p. 444.

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INTRODUZIONE 19

singolo, interessa i rapporti sociali di questosingolo, quindi interessa la comunità dentrola quale il soggetto singolo vive e agisce. Sitenga conto che comunità in tedesco èGemeinschaft, che significa anche “relazionereciproca” e che responsabilità in latino ècommunio sponsio, cioè “peso comune”. C’èsempre dentro il senso di responsabilità unacomunità da condividere in una relazionecon altri, con un processo sociale che puòesulare o oltrepassare i limiti delle conse-guenze calcolate precedentemente diun’azione. Lukács ha insistito nel corso delsaggio sul tema dell’universalità, che nellasua autobiografia, Pensiero vissuto, sintetiz-za in tal modo: «Universalità che – storica-mente (vale a dire: in realtà) – porta contem-poraneamente tratti della singolarità»2.Quindi tra universalità (Allgemeinheit) e sin-golarità c’è un rapporto dialettico che è unarelazione reciproca (Gemeinschaft) tra esse-re sociale e genere umano.Dalla citazione di Adam Smith si deduce

che un’azione singola persegue un fine chenon era stato posto dal singolo individuo,

2. G. Lukács, Pensiero vissuto, cit., p. 216.

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ma la sua azione è superata in senso dialet-tico. Questo è il fondamento teoretico della“astuzia della ragione” di cui parla Hegelnella sua Filosofia della storia e che perLukács costituisce l’orizzonte entro il qualesi può parlare eticamente di responsabilitàdell’azione. Nel caso della filosofia della storia, l’astu-

zia della ragione è il momento in cui laragione umana universale utilizza gli uominiempirici come strumento per la realizzazio-ne del regno della libertà. Benché le azioni diciascun uomo puntino alla realizzazione difini soggettivi, tutti si inseriscono, secondoHegel, in un progetto generale nel quale gliuomini finiscono per realizzare la libertà.Entrambe le concezioni sono presenti – seb-bene con importanti variazioni – nel testo diLukács: ogni azione umana si inserisce neltotum sociale, favorendo o ostacolando(benché, a differenza di Hegel, non in modonecessario) il processo sociale. Alla fine delmanoscritto Lukács segnala uno dei tratticaratteristici di un’etica marxista: ogni azio-ne deve giudicarsi sempre dalla prospettivadel contesto sociale al quale appartiene. Il

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marxismo sostiene che l’economia, la politi-ca, la storia sono espressioni di relazioniumane e di leggi oggettive che sorgono comesintesi delle azioni umane. Per esempio, illavoro deve essere considerato dal punto divista strettamente fisico, al di là di qualsiasitrascendenza divina. Si qui si può rintraccia-re la prima forma di sintesi tra individualitàe genere umano; il lavoro è la dimostrazioneche l’uomo è il protagonista del processo diominizzazione e, infine, nell’attività lavora-tiva si trova il principio di ogni forma diazione etica.La responsabilità sociale dell’azione

umana nasce dalla sintesi tra intenzione econseguenze, ma su questo punto è impor-tante il problema della conoscenza anticipa-ta delle conseguenze possibili dell’azioneposta in movimento dall’intenzione. Laconoscenza si trova sempre condizionatastoricamente e socialmente, e non è identicaal calcolo delle conseguenze, bensì superaquesto calcolo. Questo livello superiorecoincide con quell’astuzia della ragione chedefinisce l’orizzonte dentro il quale si puòparlare di responsabilità in senso etico.

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L’astuzia della ragione è un concetto cheappare due volte nel sistema hegeliano: laprima a proposito del lavoro, la secondanella filosofia della storia. Nel lavoro laragione umana utilizza le leggi della naturaper rovesciarla contro la natura stessa eapprofittare di quest’ultima al fine di soddi-sfare i bisogni dell’uomo. Come esempio sipuò menzionare la legna, che non esisteaffinché l’uomo la utilizzi per soddisfare ilsuo bisogno di calore o di materiale, bensìcome tessuto vegetale che risponde a pro-prie leggi naturali. Se l’uomo non conoscequeste leggi, non può usare la legna per ipropri fini; la legna, per esempio, non è utilecome cibo. Solo conoscendo le leggi dellanatura l’uomo può produrre oggetti e scam-biarli, nella vita sociale, con altri oggetti chenon ha prodotto lui stesso, ma il cui valoreconosce. Il raggiungimento dell’obiettivo corretto

dalla Ragione è la conferma dell’inserimen-to dell’azione individuale in ambiente stori-co e sociale. È questo ambiente che permet-te o meno la realizzazione dello scopo indivi-duale e quanto più l’individuo, che agisce

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nell’ambiente, ne conosce le tendenze, leregole e le dinamiche tanto più correttesaranno le sue azioni e più raggiungibili gliobiettivi. Ma questo quadro solleva la que-stione delle responsabilità e del calcolo delleconseguenze di un’azione, dunque è neces-saria l’armonia tra l’azione individuale el’ambiente nel quale essa si compie. Lukácssi riferisce a Lenin, secondo il quale anchenel socialismo gli uomini devono realizzare iloro interessi individuali. Lenin parla di unaintenzione pedagogico-sociale che incanalil’egoismo verso una socialità socialista.L’intenzione pedagogico-sociale è tesa acostruire una nuova cultura del genereumano, un’abitudine a vivere con valorisocialisti, come la responsabilità, il calcolodelle conseguenze delle proprie e delle altruiazioni, la solidarietà per gli altri. Come ogniabitudine, però, questa deve sorgere dall’in-terno degli esseri umani, come risposta aglistimoli esterni, e non può essere impostadall’esterno con slogan e comandi, perché cisi trova in una situazione di emergenza o dieccezione permanente; per altro creata aproposito per impedire che una situazione

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di quotidianità tranquilla faccia emergere lecarenze e le contraddizioni del sistema poli-tico e sociale in cui si vive. Lukács critica anche la posizione neutrale

di chi non intende compromettersi con qual-siasi azione e preferisce rimanere inattivo,perché anche il non agire è un agire, è un’ac-cettazione o una negazione di una situazio-ne, struttura, istituzione. Il non agire è l’at-teggiamento sia di chi è favorevole ad unadata situazione sociale, quindi la critica aparole, priva di azioni, è l’accettazione dellasituazione che si è criticata. Lukács si è sem-pre schierato per la partiticità, per prendereposizione per una prospettiva di sviluppodell’essere umano. Egli rifiuta una situazio-ne etica dove prevale lo spirito borghesedella contraddizione tra una continuità divalori etici che tende a determinare un asso-luto etico e la relatività storica di tale assolu-to. Il marxismo supera questa contraddizio-ne perché tra l’atto del singolo, con la suaconvinzione e la sua responsabilità, e ildestino sociale di tale azione non vede con-traddizioni. Questo superamento nasce dalriconoscimento del fatto che è lo sviluppo

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sociale a produrre gli individui che nella loroindividualità interpretano in forma singola-re e particolare tale sviluppo sociale e sipongono in relazione con gli altri esseriumani in modo da formare un complessosociale. Tale sintesi dà luogo al genereumano, che non è soltanto un concetto bio-logico-antropologico, ma anche storico-sociale, perché l’essere umano è sempre unessere biologico e sociale. L’economia non èun fattore determinante in forma assoluta,essa pone le tendenze dentro le quali agisco-no gli esseri umani, per cui le relazioni traindividui e genere umano possono essere lepiù molteplici e diversificate e la totalitàdella vita umana è il risultato di tali relazio-ni concrete in risposta a situazioni cherichiedono decisioni concrete, che impongo-no responsabilità. In tal modo cade la concezione di un utopi-

smo che possa determinare a priori le formesociali delle società umane. La mentalitàstaliniana era affetta proprio da questaforma di utopia, perché essa interpretaval’utopia come forma già stabilita a priori edall’alto, da cui dipendono la convivenza

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armonica degli uomini. Al contrario, il mar-xismo sostiene che gli uomini fanno da sé laloro storia, che essi sono il risultato dellaloro propria attività, che il futuro dell’uomosi sviluppa dal concreto fieri dell’umanità,indipendentemente dalla coscienza falsa ocorretta. Se questo saggio è della prima metàdel 1956, Lukács non attacca direttamente lostalinismo, ma descrive la contraddizionetra l’utopismo e il marxismo autentico,mostrando come ogni forma di azione dal-l’alto nella storia, come fu lo stalinismo ol’utopismo rivoluzionario, è sempre una for-zatura del processo storico, è un qualcosache viene da fuori e non sorge dall’internodella storia. Il marxismo non impone la suaconcezione dell’uomo alla storia, piuttosto apartire dalla conoscenza dell’effettiva essen-za umana, libera l’uomo affinché realizzinella realtà storica ciò che di più umano eglitende ad essere: un essere sociale. L’azionedi esseri sociali liberi innesca una tendenzagenerale al superamento dello sfruttamentoe alla liberazione. Dentro una tale tendenzanasce l’uomo nuovo che è abituato ad unagire libero e responsabile.

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La responsabilità sociale del filosofo

Debbo scusarmi, fin dal principio, che solodopo lunghi preamboli posso dedicarmi arispondere alla domanda. In primo luogo,mi sembra che la domanda stessa non èstata sufficientemente chiarita nelle inter-pretazioni che ci sono state finora. In secon-do luogo – e principalmente – perché nellasituazione attuale vedo problemi molto par-ticolari che vanno al di là di una normalespecificazione di una questione generale, lacui analisi è ciò che rende possibile teorica-mente la sua risposta concreta.Il nostro ragionamento deve, quindi, cul-

minare nelle due domande seguenti, intima-mente unite: esiste una responsabilità parti-colare del filosofo, che oltrepassi la respon-

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GYÖRGY LUKÁCS

sabilità normale di qualsiasi uomo riguardoalla propria vita, a quella del suo prossimo, aquella della società in cui vive e del futuro diquella società? Inoltre: questa responsabilitàha assunto qualche forma particolare nellanostra epoca? Entrambe le domande impli-cano un problema per la teoria dell’etica:quello del sapere se la responsabilità com-prende un fattore costitutivo socio-storico.Questa domanda deve essere avanzata comeintroduzione, perché proprio l’etica moder-na, specialmente quella che si sviluppò sottol’influenza, dapprima, di Schopenhauer e,poi, di Kierkegaard insiste che il comporta-mento etico dell’individuo, “lanciato” nellavita, è orientato a distanziarsi da tutto il fat-tore socio-storico per raggiungere l’essereontologico – in flagrante opposizione contutto ciò che esiste.È ovviamente impossibile trattare qui

tutto questo complesso di problemi, anchesemplicemente in forma sintetica. Possiamosoltanto occuparci di quegli aspetti alla cuiintenzione oggettiva è diretta la nostradomanda.

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LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DEL FILOSOFO

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Nell’etica precedente possiamo osservare –grosso modo*– due correnti decisive. Laprima considera solo l’atto umano stessodella decisione etica, del comportamento.Anche quando questa concezione ha potutoricevere incarnazioni molto differenti nellosviluppo della nostra moralità, troviamo unaposizione fondamentale tale sia tra gli stoicisia in Epicuro, sia in Kant sia nell’esistenzia-lismo ecc. In concordanza con la nostradomanda, dirigiamo la nostra attenzione,innanzitutto, al tratto comune che emerge etralasciamo coscientemente le differenze, lacui importanza non deve, evidentemente,essere perciò sottovalutata; ma tali differen-ze non sono decisive per le relazioni da chia-rire qui. Il fattore decisivo consiste, secondoil nostro parere, nel fatto che si pone l’attodella decisione etica, dell’adozione del mododi comportamento eticamente rilevante,come qualcosa di indipendente dallo svilup-po casuale della realtà socio-storica; e anchesi fa dell’assoluta indipendenza di entrambi

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* In italiano nel testo [N.d.T.]

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i “mondi”, dell’essere e del dover essere, ilfondamento dell’etica. Questa scissionedella realtà fu consumata nella maniera piùrisoluta, fino al paradosso, dal grande filoso-fo Kant. Lo strappo attraversa la personalitàche agisce e la sua azione. Tutte le condizio-ni e conseguenze, anche le puramente spiri-tuali, appartengono al mondo del fenomeni-co e sono, pertanto, incondizionatamentesottomesse all’unione implacabile della cau-salità. L’actus purus della decisione etica è,tuttavia, un noumeno, un fattore dell’esi-stenza intellegibile dell’uomo, che è comple-tamente indipendente dal fenomenico edalla causalità.Sembra che, in tal modo, ogni connessione

tra l’esistenza interiore (etica) e quella este-riore (naturale, sociale) dell’uomo fosserotta, per cui il nostro problema, a causa diuna tale interpretazione, perderebbe ognisenso anche come questione. Ciò non è innessun modo il caso dello stesso Kant. Lariduzione dell’eticamente rilevante alla per-sonalità puramente intelligibile ha piuttosto,come vedremo subito, la finalità di sottomet-tere la totalità della vita al dover essere etico,

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