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Karl Marx e Friedrich Engels Il Manifesto del Partito Comunista TESTI DI FORMAZIONE MARXISTA - 1 a cura di Rivoluzione Comunista

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Karl Marx e Friedrich Engels

Il Manifestodel PartitoComunista

TESTI DI FORMAZIONE MARXISTA - 1a cura di Rivoluzione Comunista

Testi di formazione marxistaN. 1

Con la pubblicazione del Manifesto del Partito Comunistainiziamo una collana di testi teorici e documentari, ripresidalla letteratura marxista, classica e contemporanea, orelativi al movimento comunista, italiano e internazionale.Lo scopo della collana è quello di far conoscere alle nuovegenerazioni il marxismo genuino e di favorirne l’orienta-mento rivoluzionario.I testi si compendiano in volumetti semi-tascabili. E vengo-no denominati di formazione marxista in quanto contengo-no i principii le nozioni e le conoscenze fondamentali cheservono a ogni militante e simpatizzante per potere svolge-re in modo consapevole la propria attività politica. È giustoche la collana inizi col testo base del marxismo «Il Manife-sto del Partito Comunista» e che questo testo prenda quin-di il N. 1.

La Redazione

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Presentazione

Il Manifesto del Partito Comunista vide la luce nelmese di febbraio 1848. Esso è il punto di arrivo dei primipassi organizzativi della classe operaia d’Europa e delle sueformazioni d’avanguardia.

Negli anni 1830-1845 gli operai d’Inghilterra FranciaGermania Belgio compiono un notevole cammino nellacostruzione di propri organismi rappresentativi. Nel 1838 inInghilterra per difendersi dallo scoppio della crisi economi-ca, mentre gli operai specializzati danno vita al movimentocartista in unione al ceto medio per rivendicare maggioredemocrazia politica, gli operai comuni costituiscono invecel’Associazione dei lavoratori (Working men’s Association)in cui due anni dopo confluisce gran parte del movimentocartista. Nello stesso anno in Francia Augusto Blanqui,seguace di Babeuf, forma una associazione segreta - deno-minata «Società delle Stagioni» - che viene poi duramenterepressa. Nel 1939 Wilhelm Weitling, esule tedesco a Parigi,fonda la Lega dei Giusti. La Lega diviene la più estesa delleorganizzazioni operaie. Essa si diffonde in Francia in Sviz-zera a Londra (ove Karl Schapper e Joseph Moll stabilisco-no stretti legami col movimento cartista) a Colonia ad operadi August Willich.

Marx ed Engels hanno rapporti con diversi esponentidella Lega, ma non condividono né le concezioni anarchiche

di Proudhon, che vi avevano largo seguito, né le forme e imetodi cospiratori. Nel 1846 essi formano un comitato dicorrispondenza allo scopo di creare le premesse di un coor-dinamento internazionale della classe operaia. Successiva-mente, appena la Lega si libera delle concezioni idealiste epiccolo-borghesi, essi accettano l’invito di entrare a farviparte per contribuire alla sua riorganizzazione e alla elabora-zione di un programma politico. Nell’estate del 1847 si tienea Londra il primo congresso della Lega. Vi partecipanoEngels e Wilhem Wolf. Per prima cosa viene modificato ilnome: da Lega dei Giusti in Lega dei Comunisti, ove con-fluisce il comitato di corrispondenza. La Lega viene poiriorganizzata in comunità, circoli, circoli direttore, ufficicentrali e Congresso. Inoltre la parola d’ordine «Tutti gliuomini sono fratelli» viene sostituita con la parola d’ordine«Proletari di tutti i paesi, unitevi!». Il primo articolo delloStatuto recita: «Lo scopo della Lega è la rovina della bor-ghesia, il dominio del proletariato, la distruzione dell’anti-ca società borghese che riposa sui contrasti di classe e lafondazione di una società senza classi e senza proprietà pri-vata». Dal 28 novembre all’8 dicembre del 1847 si tiene aLondra il secondo congresso. Vi partecipano sia Marx cheEngels. Al termine essi vengono incaricati di elaborare ilprogramma del partito. Viene fuori così il documento chia-mato «Manifesto del Partito Comunista», pubblicato a Lon-dra come abbiamo detto nel febbraio 1848.

Il Manifesto contribuì subito all’orientamento politi-co degli operai nelle insurrezioni che nel 1848 scosseroParigi Budapest Berlino Praga Venezia Milano. E favorì lascelta, emersa negli scontri di Parigi, di assumere la ban-diera rossa a simbolo del movimento proletario e delle sueorganizzazioni politiche. La Lega si scioglie il 17 novem-

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bre 1952 in seguito agli arresti alle persecuzioni polizie-sche e al processo di Colonia contro i comunisti. Il Mani-festo è stato tradotto in numerose lingue. Dopo la costitu-zione a Londra, il 28 settembre 1864 dell’AssociazioneInternazionale dei lavoratori passata poi alla storia come«Prima Internazionale», esso è diventato il testo base perla formazione comunista. Ed ha formato generazioni sugenerazioni. Nonostante gli enormi cambiamenti, econo-mici sociali culturali ecc., intervenuti esso conserva anco-ra la sua validità generale. In particolare rimangono tuttoracapisaldi i seguenti principi:

1°) il principio che la storia delle società civili (schia-vismo, modo asiatico di produzione, feudalesimo, capitali-smo) è storia di lotte di classi e che la lotta tra proletariato eborghesia culmina nella dittatura del proletariato;

2°) il principio del carattere universalmente liberatoriodella lotta proletaria in quanto soltanto il proletariato è unaclasse veramente antagonista che, a differenza di tutte lealtre classi che impossessandosi del potere hanno assogget-tato la società ai propri interessi, libera l’intera società daldominio dell’uomo sull’uomo;

3°) il principio che l’autonomia di classe si raggiungesolo con l’organizzazione in partito politico; e che solo ilpartito comunista può guidare il proletariato al rovesciamen-to del dominio borghese e all’edificazione della societàcomunista.

A chiusura precisiamo che il presente testo è statoripreso e tradotto, dalla nostra redazione, dall’edizione fran-cese curata da Laura Marx e riveduta da Federico Engels,apparsa nel 1885 sulla rivista Le Socialiste. Abbiamo fattoquesta scelta perché, dopo l’edizione originale in tedesco,questa della figlia di Marx e di Engels è la più fedele all’o-

riginale e, quindi, la più rispondente in seconda istanza alcompito formativo.

Infine riportiamo in appendice la celebre lettera diMarx a Weydemeyer del 5 marzo 1952 illustrativa del primodei tre principi elencati.

Milano 12 febbraio 2009

L’esecutivo Centrale

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SEDI DI PARTITO – Milano: P.za Morselli 3 aperta tutti i giorni dal-le ore 21 – Busto Arsizio: via Stoppani 15 (quartiere Sant’Anna) c/oil «Circolo di Iniziativa Proletaria - Giancarlo Landonio», aperta il lune-dì martedì venerdì dalle ore 21.Sito internet: digilander.libero.it/rivoluzionecome-mail: [email protected]

Il Manifestodel Partito Comunista

Uno spettro ossessiona l’Europa, lo spettro del comunismo.Tutte le potenze della vecchia Europa si sono unite in unaSanta Alleanza per braccare questo spettro: il Papa lo Zar,Metternich e Guizot, i radicali di Francia e i poliziotti diGermania.

Quale forza di opposizione non è stata accusata di comuni-smo dai suoi avversari al potere? Quale è la forza di opposizio-ne che, a sua volta, non ha rinfacciato ai suoi avversari di destrao di sinistra l’epiteto infamante di comunisti?

Da questi fatti si ricavano due conclusioni.1°) Ormai il comunismo è considerato da tutte le potenze

d’Europa come una potenza.2°) È ora che i comunisti proclamino al mondo intero il loro

modo di vedere, i loro scopi e tendenze; è ora che opponganoalla favola dello spettro del comunismo un manifesto del par-tito.

A questo fine, dei comunisti di diverse nazionalità si sonoriuniti a Londra ed hanno redatto il seguente manifesto, chesarà pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, fiammin-go e danese.

IBORGHESI E PROLETARI

La storia di tutte le società esistite fino ad oggi non è stataaltro che la storia delle lotte tra le classi.

Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba,membri delle corporazioni e garzoni, in una parola, oppresso-ri ed oppressi, in costante contrapposizione, hanno combattu-to una guerra ininterrotta, a volte aperta a volte latente; unaguerra che finiva sempre, o con una trasformazione rivoluzio-naria dell’intera società, o con la distruzione delle due classi inlotta.

Nelle prime epoche della storia, verifichiamo quasi dovun-que l’esistenza di una divisione gerarchica della società, di unascala graduata di posizioni sociali. Nell’antica Roma, troviamopatrizi, cavalieri, plebei e schiavi; nel medio-evo signori, servidella gleba; ed all’interno di ciascuna classe troviamo delleposizioni differenziate (gradazioni particolari).

La moderna società borghese, elevatasi sulle rovine dellasocietà feudale, non ha abolito gli antagonismi tra le classi.Essa non ha fatto altro che sostituire, a quelle vecchie, nuoveclassi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta.

Tuttavia, il carattere che distingue la nostra epoca, l’era dellaborghesia, è l’aver semplificato gli antagonismi di classe. Lasocietà si va sempre più dividendo in due vasti campi opposti,in due classi nemiche: la borghesia ed il proletariato.

Dai servi della gleba del medio-evo hanno avuto origine gliabitanti dei primi comuni; da questa popolazione urbana sonoderivati gli elementi costitutivi della borghesia.

La scoperta dell’America, la circumnavigazione dell’Africa,hanno offerto alla nascente borghesia un nuovo campo di azio-

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ne. I mercati dell’India e della Cina, la colonizzazionedell’America, il commercio con le colonie, l’aumento dei mezzidi scambio e delle merci, hanno dato un impulso senza prece-denti al commercio, alla navigazione, all’industria; e, di conse-guenza, hanno garantito un rapido sviluppo al fattore rivolu-zionario della società feudale in via di dissoluzione.

Il vecchio modo di produzione non era più in grado di sod-disfare i bisogni che aumentavano con l’apertura di nuovi mer-cati. Il mestiere protetto da privilegi feudali fu sostituito dallamanifattura. La piccola borghesia industriale soppiantò le cor-porazioni artigiane; la divisione del lavoro tra le diverse corpo-razioni scomparve dinanzi alla divisione del lavoro all’internodella singola officina.

Ma i mercati continuavano a ingrandirsi senza cessa; ladomanda si accresceva sempre di più. A sua volta, la manifat-tura si rivelò insufficiente; ed allora le macchine ed il vaporerivoluzionarono la produzione industriale. La grande industriamoderna soppiantò la manifattura; la piccola borghesia mani-fatturiera lasciò il posto agli industriali miliardari - capitani dieserciti di lavoratori - ai moderni borghesi.

La grande industria ha creato il mercato mondiale, che erastato preparato dalla scoperta dell’America. Il mercato mon-diale ha dato una prodigiosa accelerazione allo sviluppo delcommercio, della navigazione, di tutti i mezzi di comunicazio-ne. Questo sviluppo si è a sua volta ripercosso sul progressodell’industria; e mano mano che l’industria, il commercio, lanavigazione, le ferrovie si andavano sviluppando, la borghesiacresceva, decuplicando i suoi capitali e retrocedendo in secon-do piano le classi provenienti dal medio-evo.

La borghesia, noi lo vediamo, è essa stessa il prodotto di unlungo processo di sviluppo, di una serie di rivoluzioni nei modidi produzione e di comunicazione.

Ogni tappa dell’evoluzione che la borghesia ha fatto eraaccompagnata da un corrispondente progresso politico.

Ceto oppresso dal dispotismo feudale, associazione che siauto-governa nel Comune; ora repubblica municipale ora terzostato tributario della monarchia: poi, all’epoca della manifattu-ra, contrappeso della nobiltà nelle monarchie a potere limitatoo assolute; quindi pietra angolare del potere delle grandimonarchie; la borghesia, da quando si sono affermati la gran-de industria e il mercato mondiale, si è finalmente impadroni-ta del potere politico nel moderno Stato rappresentativo, esclu-dendone tutte le altre classi. Il governo attuale altro non è cheun consiglio d’amministrazione degli affari della classe borghe-se. La borghesia ha svolto nella storia un ruolo essenzialmenterivoluzionario. Dovunque ha preso il potere, la borghesia hacalpestato i rapporti sociali feudali, patriarcali e idilliaci. Essaha spezzato senza pietà tutti i variopinti legami che univanol’uomo del feudalesimo ai suoi naturali superiori, non lascian-do in vita nessun altro legame tra uomo e uomo che non sia ilfreddo interesse, il gelido argent comptant. La borghesia ha fattoaffogare l’estasi religiosa, l’entusiasmo cavalleresco, il senti-mentalismo del piccolo borghese nelle acque ghiacciate del cal-colo egoistico. Essa ha fatto della dignità personale un sempli-ce valore di scambio; ha sostituito alle numerose libertà, con-quistate a caro prezzo, l’unica e spietata libertà del commercio.In una parola: la borghesia ha messo al posto dello sfruttamen-to velato da illusioni religiose e politiche uno sfruttamentoaperto, diretto, brutale e spietato.

La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le profes-sioni fino ad allora considerate venerabili, e venerate. Ha tra-sformato il medico, il giurista, il prete, lo scienziato in lavora-tori salariati.

La borghesia ha strappato il velo di sentimentalismo chericopriva i rapporti familiari, riducendoli a puri e semplici rap-porti monetari.

La borghesia ha dimostrato come le brutali manifestazionidi forza dell’epoca medioevale, tanto ammirate dalla reazione,

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trovano il loro naturale complemento nella pigrizia più crassa.È la borghesia che per prima ha dato la prova di ciò che l’atti-vità umana può compiere: creando ben altre meraviglie che lepiramidi d’Egitto, gli acquedotti romani o le cattedrali gotiche;e conducendo ben altre spedizioni che le antiche migrazionidei popoli e le crociate.

La borghesia non può esistere se non a patto di rivoluziona-re incessantemente gli strumenti di lavoro, vale a dire il mododi produzione, e quindi tutti i rapporti sociali. La conservazio-ne del preesistente modo di produzione era, invece, la condi-zione basilare di esistenza di tutte le classi produttive dell’indu-stria delle epoche anteriori. Questo continuo rivoluzionamen-to dei modi di produzione, questo costante scuotimento ditutto il sistema sociale, questa agitazione perpetua e questa per-manente mancanza di sicurezza, distinguono l’epoca borgheseda tutte quelle che l’hanno preceduta. Tutti i tradizionali e irri-giditi rapporti sociali, con il loro corollario di credenze e vene-rati pregiudizi si dissolvono; e quelli che li sostituiscono diven-tano antiquati ancor prima di cristallizzarsi. Tutto ciò che erasolido e stabile viene scosso, tutto ciò che era sacro viene pro-fanato: costringendo, finalmente, gli uomini a considerare leloro condizioni di esistenza ed i loro rapporti reciproci conocchi disincantati.

Spinta dal bisogno di trovare sempre nuovi sbocchi, la bor-ghesia invade il mondo intero. Essa deve penetrare dovunque,stabilirsi dovunque e impiantare ovunque dei mezzi di comu-nicazione.

Grazie allo sfruttamento del mercato mondiale, la borghesiadà un carattere cosmopolita alla produzione ed ai consumi ditutti i paesi. Facendo disperare i reazionari, ha tolto all’indu-stria la sua base nazionale. Le antiche industrie sono distrutteo stanno per esserlo. Vengono soppiantate da industrie nuovela cui introduzione diventa questione di vita o di morte pertutte le nazioni sviluppate, industrie che non utilizzano più

materie prime locali, ma quelle importate dalle zone più lonta-ne, ed i cui prodotti vengono consumati in ogni angolo del pia-neta, non solamente nel paese.

Al posto dei vecchi bisogni, che venivano soddisfatti dallaproduzione nazionale, sorgono bisogni nuovi, il cui soddisfaci-mento richiede prodotti provenienti dai paesi più lontani e daiclimi più diversi. Al posto dell’antico isolamento e dell’autosuf-ficienza delle singole nazioni, si sviluppa un commercio uni-versale, una interdipendenza di tutte le nazioni. E ciò che valeper la produzione materiale, viene applicato anche alla produ-zione intellettuale. Le creazioni intellettuali di un paese diven-tano proprietà comune di tutti. La ristrettezza e l’esclusivismonazionali, giorno dopo giorno, si fanno sempre più impossibi-li; e dalle varie letterature nazionali e locali si forma una lette-ratura mondiale. Grazie al rapido sviluppo dei mezzi di produ-zione e di comunicazione, la borghesia trascina nella correntedella civilizzazione perfino le nazioni più barbare. Il bassoprezzo delle sue merci è l’artiglieria pesante che abbatte qual-siasi Grande Muraglia e fa capitolare i barbari più ostinatamen-te ostili agli stranieri. Pena la loro morte, essa costringe tutte lenazioni ad adottare il modo di produzione borghese. In altreparole, la borghesia modella il mondo a sua immagine e somi-glianza.

La borghesia ha sottomesso la campagna alla città. Ha crea-to metropoli enormi; ha fatto crescere in modo prodigioso lapopolazione urbana a scapito di quella rurale e, così facendo,ha preservato una parte considerevole della popolazione dall’i-diotismo della vita dei campi. Così come ha subordinato lacampagna alla città, i popoli barbari o semi-civilizzati a quellicivilizzati, la borghesia ha assoggettato i paesi agricoli a quelliindustriali e l’Oriente all’Occidente.

La borghesia elimina sempre più la dispersione dei mezzi diproduzione, della proprietà e della popolazione. Essa ha agglo-merato le popolazioni, centralizzato i mezzi di produzione e

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concentrato la proprietà nelle mani di pochi. La inevitabileconseguenza di questi mutamenti è stata la centralizzazionepolitica. Delle province indipendenti, tra loro legate da vincolifederali, che però avevano interessi, leggi, governi, dazi diffe-renti, sono state riunite in una sola nazione, con un solo gover-no, una sola legge, una sola tariffa doganale ed un solo interes-se nazionale di classe.

Dall’inizio del suo dominio, in poco meno di un secolo, laborghesia ha generato forme produttive più diversificate epoderose di quanto avessero mai fatto tutte insieme le prece-denti generazioni. Soggiogamento delle forze della natura,macchine, applicazione della chimica all’industria ed all’agricol-tura, navigazione a vapore, ferrovie, telegrafi elettrici, dissoda-mento di interi continenti, canalizzazione dei fiumi, popoliinteri sorti come per incanto dalla terra: quale dei secoli passa-ti avrebbe mai potuto presagire che simili forze produttive gia-cessero in seno al lavoro sociale?

Ecco dunque quanto abbiamo finora considerato: i mezzi diproduzione e di scambio sulla cui base si è formata la borghe-sia sono stati creati nel seno della società feudale. Ad un deter-minato grado dello sviluppo di questi mezzi di produzione e discambio, le condizioni nelle quali la società feudale producevae scambiava i suoi prodotti, l’organizzazione feudale dell’agri-coltura e della manifattura, in una parola: i rapporti feudali diproprietà, cessano di corrispondere alle nuove forze produtti-ve. Essi intralciavano la produzione invece di favorirne lo svi-luppo. Si trasformarono in altrettante catene. Dovevano esserespezzate. Furono spezzate. Al loro posto si innalzò la liberaconcorrenza con un ordinamento sociale e politico ad essacorrispondente, con il dominio economico e politico della clas-se borghese.

Sotto i nostri occhi, si sta verificando un fenomeno analo-go. La moderna società borghese, che ha messo in moto mezzidi produzione e scambio così poderosi, rassomiglia allo strego-

ne che non riesce più a dominare le potenze infernali che eglistesso ha evocato. Da almeno trent’anni, la storia dell’industriae del commercio altra non è che la storia della ribellione delleforze produttive contro i rapporti di proprietà, che sono lecondizioni dell’esistenza della borghesia e del suo regno. Bastaricordare le crisi commerciali che, con il loro ciclico ritorno,minacciano sempre di più l’esistenza della società borghese.Ogni crisi distrugge regolarmente non solo una massa di mercigià prodotte, ma anche una gran parte delle stesse forze pro-duttive. L’epidemia della sovrapproduzione - un’epidemia chein tutte le altre epoche della storia sarebbe parsa un paradosso- si abbatte sulla società: che all’improvviso si trova ricacciatain uno stato di momentanea barbarie; si direbbe che una care-stia, una guerra di sterminio l’abbiano privata di tutti i mezzi disussistenza; mentre l’industria ed il commercio sembrano anni-chiliti. E tutto questo, perché? Perché la società ha troppa civil-tà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo com-mercio. Le forze produttive a sua disposizione non favorisco-no più lo sviluppo dei rapporti di proprietà borghesi; anzi, essesono diventate troppo potenti per quei rapporti, che si tramu-tano in intralci; e quando le forze produttive sociali superanoquesti intralci, gettano l’intera società nel disordine, mettendoin pericolo l’esistenza della proprietà borghese. Il sistema bor-ghese è diventato troppo stretto per contenere le ricchezzecreate nel suo seno.

Come può la borghesia superare la crisi? Da un lato,mediante la distruzione forzata di una massa di forze produtti-ve; dall’altro lato, mediante la conquista di nuovi mercati e losfruttamento più perfezionato di quelli esistenti: cioè prepa-rando delle crisi più generali e terribili e diminuendo i mezziper prevenirle.

Le armi utilizzate dalla borghesia per abbattere il feudalesi-mo si rivoltano contro di essa. Ma la borghesia non ha soltan-to forgiato le armi che devono darle la morte; ha prodotto

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anche gli uomini che le impugneranno: i moderni operai, IPROLETARI.

Mano mano si sviluppa la borghesia, vale a dire il capitale, sisviluppa il proletariato, la classe degli operai moderni, che vivo-no solo se trovano lavoro e che lo trovano solo fino a quandoil loro lavoro accresce il capitale. Gli operai, costretti a vender-si alla giornata, sono una merce al pari di qualsiasi altro artico-lo di commercio: di conseguenza essi subiscono tutte le vicis-situdini della concorrenza, tutte le oscillazioni del mercato.

L’introduzione delle macchine e la divisione del lavorohanno tolto qualsiasi interesse al lavoro dell’operaio, spoglian-dolo delle sue caratteristiche individuali. Il produttore è diven-tato una mera appendice della macchina; da lui si esigono solole più semplici e monotone operazioni, facilissime da impara-re. Ne deriva che il costo di produzione dell’operaio si riducepressappoco ai mezzi di sussistenza di cui egli abbisogna pervivere e per riprodurre la sua specie. Tuttavia, il prezzo dellavoro, come quello di tutte le altre merci, è pari al suo costo diproduzione. Quindi, quanto più il lavoro si fa ripugnante, tantopiù si abbassano i salari. Di più ancora: il carico di lavoroaumenta con lo sviluppo del macchinario e della divisione dellavoro, sia mediante il prolungamento della giornata di lavoro,sia mediante l’accelerazione del movimento della macchina.

L’industria moderna ha trasformato la piccola bottega delvecchio padrone patriarcale nella grande fabbrica del borghesecapitalista. Masse di operai, concentrati nelle fabbriche, vengo-no organizzati militarmente. Trattati come veri e propri solda-ti dell’industria, essi vengono sottoposti alla sorveglianza ditutta una gerarchia di ufficiali e sottufficiali. Gli operai nonsono solamente gli schiavi della classe borghese e del governoborghese, ma sono - tutti i giorni ed a tutte le ore - gli schiavidella macchina, del capo officina, e soprattutto del padronedella fabbrica. Questo dispotismo è tanto più meschino, odio-so ed esasperante, quanto più apertamente proclama il profit-

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to come suo unico scopo.Con il progredire dell’industria moderna, il lavoro richiede

sempre meno abilità e forza ed il lavoro degli uomini è semprepiù soppiantato da quello delle donne (e dei bambini). Ledistinzioni di età e di sesso non hanno alcuna validità socialeper la classe operaia. Ci sono soltanto strumenti di lavoro, il cuiprezzo differisce a seconda dell’età e del sesso.

L’operaio, dopo che ha subito lo sfruttamento da parte delpadrone in fabbrica e che ha ricevuto il suo salario in denarocontante, diventa la preda di altri membri della classe borghe-se, del piccolo proprietario immobiliare, dell’usuraio, ecc.

La piccola borghesia, i piccoli industriali, i commercianti, ititolari di piccole rendite, gli artigiani ed i piccoli contadini pre-cipitano nel proletariato: da una parte perché soccombononella concorrenza con i grandi capitalisti, poiché i loro piccolicapitali non consentono l’utilizzo dei metodi e delle proceduredella grande industria; e dall’altra parte perché la loro partico-lare specializzazione viene svalorizzata dall’introduzione dinuovi metodi di produzione. Di conseguenza, il proletariatoviene reclutato in seno a tutte le classi della popolazione.

Il proletariato passa attraverso diverse fasi di sviluppo. Lasua lotta contro la borghesia ha inizio con la sua nascita. In unprimo tempo lottano degli operai isolati, poi gli operai di unafabbrica, infine gli operai di una categoria in una determinatalocalità, contro il capitalista che li sfrutta direttamente. Essinon si limitano ad attaccare il modo di produzione capitalisti-co, ma attaccano gli stessi strumenti della produzione: distrug-gono le merci straniere che fanno loro concorrenza, spezzanole macchine, bruciano le fabbriche e cercano di riconquistare lacondizione, perduta, dell’artigiano medioevale.

In questa fase del suo sviluppo, il proletariato costituisceuna massa disgregata, disseminata in tutto il paese e disunitadalla concorrenza. Se talvolta accade che gli operai si uniscanoper agire come massa compatta, la loro azione non costituisce

ancora il risultato della loro propria unione, ma di quella dellaborghesia, la quale - per raggiungere i suoi obbiettivi politici -deve mettere in moto l’intero proletariato, ed ha, ancora, ilpotere di farlo. Durante questa fase i proletari non combatto-no ancora i propri nemici, ma i nemici dei loro nemici, cioè iresti della monarchia assoluta, i proprietari fondiari, i borghesinon industriali, i piccoli borghesi. In tal modo, tutto il movi-mento storico si concentra nelle mani della borghesia ed ognivittoria riportata in queste condizioni è una vittoria della bor-ghesia.

Tuttavia lo sviluppo dell’industria non comporta solo unaumento del numero dei proletari, ma li concentra in masse dinotevole importanza; i proletari accrescono la propria forza ene prendono coscienza. Gli interessi, le condizioni di vita deiproletari si fanno sempre più simili, nella misura in cui le mac-chine cancellano le differenze nel lavoro e riducono, quasi dap-pertutto, i salari a livelli egualmente bassi.

La crescente concorrenza dei capitalisti tra di loro e le crisicommerciali che ne derivano rendono ogni volta i salari piùinsicuri, il perfezionamento permanente delle macchine rendela posizione dell’operaio sempre più precaria; gli scontri indivi-duali tra l’operaio ed il borghese assumono sempre di più ilcarattere di scontri tra due classi. Gli operai cominciano acoalizzarsi contro i borghesi per la difesa dei loro salari. Essigiungono a fondare associazioni permanenti in previsione diqueste lotte puntuali. Qua e là, la resistenza operaia esplode insommossa.

Qualche volta gli operai riescono a vincere; ma si tratta diuna vittoria effimera. Il vero risultato delle lotte operaie nonconsiste tanto nel loro successo immediato quanto nella cre-scente solidarietà dei lavoratori.

Questa unione è facilitata dall’aumento dei mezzi di comu-nicazione, che consentono agli operai di località diverse dientrare in contatto. E bastano questi rapporti per trasformare

le numerose lotte sociali, che hanno dappertutto le medesimecaratteristiche, in una lotta nazionale, in lotta di classe. Ma ognilotta di classe è una lotta politica. Ed i moderni proletari, gra-zie alle ferrovie, riescono a costituire in pochi anni, quella unio-ne che i borghesi del medio-evo, attraverso i sentieri vicinali,impiegarono secoli a raggiungere.

L’organizzazione del proletariato in classe e quindi in parti-to politico è incessantemente distrutta dalla concorrenza reci-proca tra gli operai stessi; ma essa risorge sempre ed ogni voltapiù forte, più ferma, più formidabile. Essa sfrutta le divisioniinterne alla classe borghese per costringerla a dare una garan-zia legale a determinati interessi della classe operaia: ad esem-pio, la legge sulla giornata lavorativa di dieci ore in Inghilterra.Generalmente, i contrasti all’interno della vecchia società favo-riscono, in vario modo, lo sviluppo del proletariato. La borghe-sia vive in uno stato di guerra permanente: dapprima control’aristocrazia; poi contro quella frazione della borghesia i cuiinteressi entrano in conflitto con il progresso dell’industria;infine - e sempre - contro la borghesia degli altri paesi. In tuttequeste lotte, la borghesia è costretta a fare appello al proletaria-to, a giovarsi del suo aiuto ed a trascinarlo nel movimento poli-tico. Essa dunque fornisce ai proletari gli elementi della loroeducazione politica e sociale, cioè le armi contro la stessa bor-ghesia.

Per di più, come abbiamo appena veduto, intere frazionidella classe dominante vengono precipitate nel proletariato ovengono per lo meno minacciate nella loro condizione di esi-stenza. Anche queste frazioni apportano al proletariato nume-rosi fattori di progresso.

Infine, quando la lotta delle classi si avvicina al momentodecisivo, il processo di disgregazione della classe dominante,dell’intera società, assume un carattere talmente violento, tal-mente aspro, che una frazione della classe dominante se nestacca e si unisce con la classe rivoluzionaria, con la classe che

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rappresenta l’avvenire. Ed allo stesso modo che nel passatouna parte della nobiltà si schierò al fianco della borghesia, cosìoggi una parte della borghesia fa causa comune con il proleta-riato, in particolare quegli ideologi borghesi che hanno rag-giunto la comprensione teorica del movimento generale dellastoria.

In tutte le classi che al giorno d’oggi stanno di fronte allaborghesia, solo il proletariato è la classe realmente rivoluziona-ria. Le altre classi vacillano e periscono con la grande industria;il proletariato, al contrario, ne è il prodotto più specifico.

I ceti medi, i piccoli industriali, i piccoli commercianti, gliartigiani, i contadini, combattono la borghesia perché essaminaccia la loro esistenza in quanto classe media. Dunque, nonsono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari,perché chiedono che la storia cammini all’indietro. E se questiceti agiscono in modo rivoluzionario, è perché temono di cade-re nel proletariato; essi difendono in tal modo i loro interessifuturi, non quelli attuali; abbandonano il proprio punto di vistaper assumere quello del proletariato. Il sottoproletariato dellemetropoli, questa putrefazione passiva, questa feccia degli stra-ti più bassi della società, può essere, qua o là, trascinato nelmovimento da una rivoluzione proletaria; ma le sue condizio-ni di vita lo predispongono, piuttosto, a vendersi alla reazione.

Le condizioni di esistenza della vecchia società appaiono giàdistrutte nelle condizioni di esistenza del proletariato. Il prole-tariato è senza proprietà: i suoi rapporti familiari non hannoniente in comune con quelli della famiglia borghese. Il moder-no lavoro industriale, che presuppone in Francia come inInghilterra, in Germania come in America, l’asservimento del-l’operaio da parte del capitale, ha spogliato il proletariato diqualsiasi carattere nazionale. Per esso, le leggi, la morale, la reli-gione sono altrettanti pregiudizi borghesi, che mascheranoaltrettanti interessi borghesi.

Fino ad oggi, tutte le classi che hanno preso il potere hanno

cercato di consolidare la posizione acquisita, sottomettendo lasocietà al loro modo di appropriazione della ricchezza sociale.I proletari non possono impadronirsi delle forze produttivesociali senza abolire il loro attuale modo di appropriazione equindi tutte le forme di appropriazione finora esistite. I prole-tari non hanno nulla di proprio da conservare; anzi, essi devo-no distruggere ogni garanzia privata e tutte le sicurezze priva-te finora esistite.

Tutti i movimenti che si sono succeduti nella storia sonostati, fin qui, movimenti di minoranze a vantaggio di minoran-ze. Il movimento proletario è il movimento spontaneo dell’im-mensa maggioranza a vantaggio dell’immensa maggioranza. Ilproletariato, che è l’ultimo strato della società attuale, non puòsollevarsi, non può raddrizzarsi, senza far saltare tutti gli stratiche gli stanno sopra e formano la società ufficiale.

La lotta del proletariato contro la borghesia, benché non sia,in sostanza, una lotta nazionale, ne prende tuttavia, all’inizio, laforma. È ovvio che il proletariato di ciascun paese deve farlafinita, innanzitutto, con la propria borghesia.

Tratteggiando a grandi linee le fasi dello sviluppo del prole-tariato, abbiamo descritto la storia di una guerra civile, più omeno latente, che travaglia la società fino al momento in cuiessa esplode in aperta rivoluzione ed il proletariato stabilisce lebasi del suo potere attraverso il rovesciamento violento dellaborghesia.

Come abbiamo visto, tutte le società finora esistite si sonofondate sull’antagonismo tra la classe degli oppressori e quelladegli oppressi.

Ma per opprimere una classe è necessario quanto menoassicurarle condizioni di esistenza che le consentano di vivereda schiava. Al culmine del feudalesimo, il servo della gleba èriuscito a diventare membro del Comune; ed il borghese in nucedel medio-evo ha raggiunto la posizione di borghese, pur stan-do sotto il giogo dell’assolutismo feudale. Invece, l’operaio

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moderno, lungi dall’elevarsi col progresso dell’industria, scen-de sempre più in basso, perfino al di sotto del livello delle con-dizioni della sua classe. Il lavoratore precipita nel pauperismoed il pauperismo cresce ancora più rapidamente della popola-zione e della ricchezza. È quindi evidente che la borghesia èincapace di ricoprire il ruolo di classe dominante e di imporrealla società, quale legge suprema, quella delle condizioni di esi-stenza della propria classe.

La borghesia non può dominare, perché non è più in gradodi assicurare l’esistenza al proprio schiavo, pur nel quadro dellasua schiavitù; e perché è costretta a lasciarlo cadere in unasituazione tale in cui, invece di farsi mantenere da esso, devepiuttosto mantenerlo. La società non può più esistere sotto ildominio della borghesia, il che equivale a dire che l’esistenzadella borghesia è oramai incompatibile con quella della società.

Per la classe borghese, la condizione fondamentale di esi-stenza e di supremazia è l’accumulazione della ricchezza inmani private, la formazione e l’accrescimento del capitale; con-dizione del capitale è il lavoro salariato. Il lavoro salariato pog-gia esclusivamente sulla concorrenza reciproca degli operai. Ilprogresso dell’industria, di cui la borghesia è l’agente passivoed inconsapevole, sostituisce l’isolamento degli operai con laloro unione rivoluzionaria mediante l’associazione. Lo svilup-po della grande industria scalza da sotto i piedi della borghesiail terreno stesso sul quale essa ha stabilito il suo sistema di pro-duzione e di appropriazione della ricchezza prodotta.

La borghesia produce innanzi tutto proprio coloro che laseppelliranno. La sua caduta e la vittoria del proletariato sonougualmente inevitabili.

IIPROLETARI E COMUNISTI

Quale posizione hanno i comunisti nei confronti dei prole-tari considerati nel loro insieme?

I comunisti non costituiscono un partito differente, oppo-sto agli altri partiti operai.

Essi non hanno interessi che li distinguono dal proletariatoin generale.

Essi non proclamano dei principi settari, intorno ai qualivorrebbero modellare il movimento operaio.

I comunisti si distinguono dagli altri partiti operai solamen-te su due punti:

1. Nelle varie lotte nazionali dei proletari, essi sollevano efanno valere gli interessi comuni del proletariato;

2. Nelle varie fasi di sviluppo della lotta tra proletariato eborghesia, essi rappresentano sempre e dovunque gli interessidel movimento complessivo.

Sul piano pratico, dunque, i comunisti sono il reparto piùrisoluto e più avanzato del movimento di ogni paese, il repar-to che incoraggia tutti gli altri; sul piano teorico, essi hanno, neiconfronti delle altre parti del proletariato, il vantaggio di com-prendere lucidamente le condizioni, il corso e gli scopi genera-li del movimento proletario.

Lo scopo immediato dei comunisti è lo stesso di quello ditutti i partiti del proletariato: organizzazione dei proletari inpartito di classe, distruzione del dominio borghese, conquistadel potere politico da parte del proletariato.

Le tesi politiche dei comunisti non si fondano assolutamen-te su idee o principi inventati o scoperti da questo o quel rifor-matore del mondo.

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Esse esprimono solamente, in termini complessivi, le con-dizioni concrete di una lotta di classe che già esiste, di un movi-mento storico che si svolge sotto i nostri occhi. La soppressio-ne di una determinata forma della proprietà non costituisce ilcarattere distintivo del comunismo.

La proprietà è sempre stata soggetta a costanti cambiamen-ti e incessanti trasformazioni storiche.

Ad esempio, la Rivoluzione francese ha abolito la proprietàfeudale a vantaggio della proprietà borghese.

Il comunismo si distingue non per l’abolizione della pro-prietà in generale, ma per l’abolizione della proprietà borghese.

Ora, la proprietà privata, la moderna proprietà borghese, èl’ultima e più completa espressione del modo di produzione edi appropriazione dei prodotti che si basa sugli antagonismi diclasse, sullo sfruttamento degli uni da parte degli altri.

In questo senso, i comunisti possono riassumere la loro teo-ria in questa unica frase: abolizione della «proprietà privata».

Ci è stato rimproverato, a noi comunisti, di voler sopprime-re la proprietà faticosamente acquisita con il lavoro individua-le; quella proprietà che si dice essere il fondamento di ognilibertà, attività e indipendenza delle persone.

Proprietà personale, frutto del lavoro del singolo! Forse siparla della proprietà del piccolo borghese o di quella del picco-lo contadino, forma di proprietà antecedente a quella borghe-se? Non siamo noi che dobbiamo abolirla, l’ha già abolita, o losta facendo, lo sviluppo dell’industria.

Ovvero si parla della proprietà privata, della moderna pro-prietà borghese?

Il lavoro salariato crea forse una proprietà per il proletaria-to? Assolutamente no. Esso crea il capitale, vale a dire la pro-prietà che sfrutta il lavoro salariato e che non può accrescersise non a condizione di produrre nuovo lavoro salariato, persfruttarlo nuovamente. Nella sua forma attuale la proprietà simuove tra due poli antagonistici: capitale e lavoro salariato.

Esaminiamo i due aspetti di questo antagonismo.Essere un capitalista significa occupare non solo una posi-

zione personale, ma una posizione sociale nel sistema produt-tivo. Il capitale è un prodotto collettivo, non può essere messoin moto che con gli sforzi combinati di molti membri dellasocietà, anzi, in ultima istanza, con gli sforzi combinati di tuttii membri della società.

Il capitale non è quindi una potenza personale: è una poten-za sociale.

Allora, se il capitale viene trasformato in proprietà comune,appartenente a tutti i membri della società, ciò non significa latrasformazione di una proprietà personale in proprietà sociale.Ciò che viene trasformato è unicamente il carattere socialedella proprietà. Essa perde il suo carattere di proprietà di clas-se.

Veniamo al lavoro salariato.Il prezzo medio del lavoro salariato è il minimo del salario,

vale a dire la somma dei mezzi di sussistenza di cui l’operaioabbisogna per vivere da operaio. Ne consegue che l’operaio siappropria, tramite il suo lavoro, giusto di quanto gli necessitaper condurre una vita stentata, e riprodursi.

Noi non vogliamo affatto abolire questa appropriazionepersonale dei prodotti del lavoro, indispensabile al manteni-mento e alla riproduzione della vita umana; appropriazione chenon lascia alcun profitto netto, fonte di potere sul lavoro altrui.Noi vogliamo sopprimere questo miserabile modo di appro-priazione, che fa sì che l’operaio vive unicamente per accresce-re il capitale e vive solo quel tanto che viene richiesto dagliinteressi della classe dominante.

Nella società borghese, il lavoro vivo è solo un mezzo peraccrescere il lavoro accumulato. Nella società comunista, illavoro accumulato è solo un mezzo per allargare, arricchire efare più bella la vita (degli operai).

Nella società borghese, il passato domina il presente; nella

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società comunista è il presente che domina il passato. Nellasocietà borghese, il capitale è indipendente e personale, mentrel’individuo attivo è dipendente ed impersonale.

La borghesia bolla come abolizione della individualità edella libertà l’abolizione di un simile stato di cose. Ed ha ragio-ne: perché si tratta effettivamente dell’abolizione dell’indivi-dualità, dell’indipendenza e della libertà borghesi.

Per libertà, negli attuali rapporti di produzione borghesi, siintende la libertà di commercio, di libero scambio.

Ma una volta scomparso il traffico, scompare anche il libe-ro traffico. Del resto, tutti i paroloni sul libero scambio, al paridi tutte le vanterie liberali dei nostri borghesi, hanno un sensosolo in confronto al commercio intralciato, al borghese asser-vito del medioevo; non hanno alcun senso quando si tratta del-l’abolizione, da parte dei comunisti, del commercio, dei rap-porti borghesi di produzione e della stessa borghesia.

Voi inorridite perché noi vogliamo abolire la proprietà pri-vata. Ma nella vostra società la proprietà privata è abolita pernove decimi dei suoi membri. Ed esiste per voi, proprio per-ché essa non esiste per quei nove decimi. Ci rimproverate dun-que di voler abolire una forma della proprietà che non può esi-stere, se non alla condizione di privare di qualsiasi proprietàl’immensa maggioranza della società.

Insomma, ci accusate di voler abolire la vostra proprietà. Èvero: la nostra intenzione è proprio quella.

Dal momento in cui il lavoro non può più essere convertitoin capitale, in danaro, in proprietà fondiaria, insomma in pote-re sociale monopolizzabile, ossia dal momento in cui la pro-prietà personale non può più essere trasformata in proprietàborghese, voi dichiarate che l’individualità è stata soppressa.

Voi riconoscete, dunque, che quando parlate dell’individuo,non intendete parlare che del borghese. E questo individuo,indubbiamente, va soppresso.

Il comunismo non priva nessuno della facoltà di appropriarsi della sua

parte dei prodotti sociali; toglie soltanto il potere di asservire il lavoroaltrui, avvalendosi di questa appropriazione.

È stata fatta anche l’obiezione che con l’abolizione dellaproprietà privata cesserebbe qualsiasi attività, che una pigriziagenerale si impadronirebbe del mondo.

Se fosse vero, la società borghese avrebbe già da tempoceduto alla fannulloneria, poiché chi ci lavora non guadagna echi ci guadagna non lavora.

Tutta l’obiezione si riduce a questa tautologia: non c’è piùlavoro salariato dove non c’è più capitale.

Le accuse rivolte contro il modo comunista di produzione edi appropriazione dei prodotti materiali sono state mosseanche contro la produzione e l’appropriazione intellettuali.Come per il borghese la scomparsa della proprietà di classeequivale alla scomparsa della proprietà stessa, così la scompar-sa della cultura intellettuale di classe significa, per lui, la scom-parsa della cultura intellettuale in genere.

La cultura, della quale il borghese piange la perdita, per l’im-mensa maggioranza degli uomini altro non è che formazione adiventare macchina.

Ma non polemizzate con noi, finché vorrete applicare all’a-bolizione della proprietà borghese il metro delle vostre nozio-ni borghesi di libertà, cultura, diritto, ecc. Le vostre idee sonoanch’esse il prodotto dei rapporti di produzione e di proprietàborghesi, così come il vostro diritto altro non è che la volontàdella vostra classe eretta a legge, una volontà il cui contenuto èdeterminato dalle condizioni materiali di esistenza della vostraclasse.

Voi condividete con tutte le classi un tempo dominanti edormai scomparse l’interessata tesi in base alla quale trasforma-te in eterne leggi della natura e della ragione i rapporti socialideterminati dal vostro modo di produzione - rapporti socialitransitori, che sorgono e spariscono nel corso della produzio-ne. Non potete ammettere riguardo alla proprietà borghese

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quello che pensate della proprietà antica, quello che concepitesulla proprietà feudale.

Abolizione della famiglia! Perfino i più radicali si indignanoper questo infame progetto dei comunisti.

Su quale basi si fonda la famiglia borghese della nostraepoca? Sul capitale, sul guadagno individuale. La famiglia, nellasua pienezza, esiste soltanto per la borghesia; ma trova il suocomplemento nella forzata soppressione di qualsiasi famigliaper i proletari nonché nella prostituzione pubblica.

La famiglia borghese svanisce naturalmente con il venirmeno del suo necessario complemento, ed entrambe scompa-riranno con la scomparsa del capitale.

Ci rimproverate di voler abolire lo sfruttamento dei bambi-ni da parte dei loro genitori? Noi confessiamo questo delitto.

Ci dite anche che, sostituendo l’educazione sociale all’edu-cazione da parte della famiglia, noi spezziamo i legami piùsacri.

Ma la vostra educazione non è anch’essa determinata dallasocietà? Dai rapporti sociali all’interno dei quali allevate i vostrifigli? Dall’intervento diretto o indiretto della società per mezzodella scuola, ecc.? Non sono i comunisti che inventano questaingerenza della società nell’educazione, essi vogliono solo cam-biarne la caratteristica e strappare l’educazione all’influenzadella classe dominante.

Le declamazioni borghesi sulla famiglia e l’educazione, suidolci legami che uniscono il bambino ai genitori, diventanotanto più nauseanti quanto più la grande industria distruggeogni legame familiare per i proletari e trasforma i bambini insemplici articoli di commercio, in merci strumenti di lavoro.

Ma ecco che da tutta la borghesia si leva un grido: voi comu-nisti volete introdurre la comunanza delle donne!

Per il borghese, la moglie è solo uno strumento di produzio-ne. Egli sente dire che i mezzi di produzione devono esseremessi in comune ed ovviamente ne trae la conclusione che ci

sarà comunanza delle donne.Egli non riesce nemmeno ad immaginare che si tratta per

l’appunto di dare alla donna un ruolo diverso da quello di sem-plice mezzo di produzione.

D’altra parte, nulla è più ridicolo dell’ultra-moralistico orro-re ispirato ai nostri borghesi dalla pretesa comunanza ufficialedelle donne presso i comunisti. I comunisti non hanno affattobisogno di introdurre la comunanza delle donne, che è quasisempre esistita.

I nostri borghesi, non contenti di avere a loro disposizionele mogli e le figlie dei loro proletari, provano un piacere parti-colare nel farsi reciprocamente le corna.

Il matrimonio borghese è in pratica la comunanza dellemogli.

Al massimo si potrebbero accusare i comunisti di volersostituire una comunanza delle donne ipocrita e mascheratacon un’altra, franca e ufficiale. Del resto, è evidente che, unavolta aboliti gli attuali rapporti di produzione scomparirà lacomunanza delle donne che ne deriva, cioè la prostituzioneufficiale e non ufficiale.

I comunisti vengono inoltre accusati di voler abolire lapatria, la nazionalità.

Gli operai non hanno patria. Non si può togliere loro ciòche non hanno. Siccome il proletariato di ogni paese deve,prima di tutto, conquistare il potere politico, ergersi a classedominante della propria nazione, esso rimane ancora, per que-sta ragione, una classe nazionale, ma assolutamente non nelsenso borghese.

Le separazioni e gli antagonismi nazionali tra i popoli vannogià scomparendo, sempre di più, con lo sviluppo della borghe-sia, della libertà di commercio e del mercato mondiale, con l’u-niformità della produzione industriale e le condizioni di vitache ad essa corrispondono.

L’avvento del proletariato li faranno scomparire ancora più

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velocemente. L’unità d’azione dei diversi proletariati, quantomeno nei paesi sviluppati, è una delle prime condizioni dellaloro emancipazione.

Abolite lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, abolirete losfruttamento di una nazione su un’altra nazione.

Quando sarà scomparso l’antagonismo tra le classi all’inter-no delle nazioni, scomparirà l’ostilità reciproca tra le nazioni.

Non meritano un esame approfondito le accuse mosse aicomunisti in nome della religione, della filosofia e dell’ideolo-gia in generale.

Ci vuole forse un’intelligenza molto penetrante per com-prendere che i punti di vista, le conoscenze e le concezioni, inuna parola la coscienza degli uomini, cambiano se sono muta-ti i loro rapporti sociali, la loro esistenza sociale? Che cosadimostra la storia del pensiero, se non che la produzione intel-lettuale si trasforma con la produzione materiale? Le ideedominanti di un’epoca sono state sempre e soltanto le ideedella classe dominante.

Quando si parla di idee che rivoluzionano tutta una società,si afferma solo il fatto che gli elementi di una nuova società sisono formati nel seno di quella vecchia e che il dissolvimentodelle vecchie idee avanza di pari passo con la dissoluzione deivecchi rapporti sociali.

Quando il mondo antico ara giunto al tramonto, le vecchiereligioni furono vinte dalla religione cristiana; quando, neldiciottesimo secolo, le idee cristiane lasciarono il posto alleidee dell’illuminismo, la società feudale stava combattendo lasua ultima battaglia con la borghesia, allora rivoluzionaria. Leidee di libertà religiosa e di libertà di coscienza non hanno fattoaltro che proclamare il dominio della libera concorrenza nelcampo della conoscenza. «Ma - si dirà - le idee religiose, morali, filo-sofiche, politiche e giuridiche si sono modificate nel corso della storia. Peròla religione, la morale, la filosofia si conservavano sempre attraverso que-ste trasformazioni.

Esistono, inoltre, delle verità eterne, come la libertà, la giustizia, ecc.,che sono comuni a tutte le condizioni della società. Ora, il comunismo abo-lisce le verità eterne, abolisce la religione e la morale, invece di costituirlesu un nuovo fondamento, e ciò contraddice con tutto il precedente sviluppostorico».

A che cosa si riduce questa obiezione? La storia di qualsiasisocietà si riassume nello sviluppo degli antagonismi di classe,che hanno assunto forme diverse nelle diverse epoche. Maqualunque forma abbiano assunto questi antagonismi, lo sfrut-tamento di una parte della società ad opera dell’altra è un datocomune a tutti i secoli passati. Non c’è dunque da stupirsi delfatto che la coscienza sociale di tutte le epoche, nonostantetutte le divergenze e le diversità sia sempre mutata all’internodi certe forme comuni, forme di coscienza che si dissolveran-no completamente solo con la totale scomparsa dell’antagoni-smo fra le classi.

La rivoluzione comunista è la rottura più radicale con i rap-porti di proprietà tradizionali; nulla di strano se, nel corso delsuo sviluppo, essa rompa nella maniera più radicale con le vec-chie idee tradizionali.

Ma ora lasciamo stare le obiezioni della borghesia contro ilcomunismo.

Come abbiamo visto sopra, la prima tappa nella rivoluzioneoperaia è la costituzione del proletariato in classe dominante, laconquista del potere statale da parte della democrazia.

Il proletariato si servirà della supremazia politica per strap-pare a poco a poco tutto il capitale alla borghesia, per centra-lizzare tutti i mezzi di produzione nelle mani dello Stato, cioèdel proletariato organizzato in classe dominante, e per accre-scere al più presto la massa delle forze produttive disponibili.

Naturalmente, all’inizio tutto ciò potrà essere attuato unica-mente violando, in maniera dispotica i diritti di proprietà ed irapporti di produzione borghesi, vale a dire adottando misureche, dal punto di vista economico, appariranno insufficienti ed

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insopportabili, ma che nel corso del movimento supererannose stesse e saranno indispensabili come mezzi per rivoluziona-re l’intero modo di produzione.

Queste misure, beninteso, saranno differenti a seconda deidiversi paesi.

Per i paesi più avanzati, tuttavia, questi sono i provvedimen-ti che potranno essere, quasi generalmente, applicati:

1°) Espropriazione della proprietà fondiaria e confisca dellarendita fondiaria a vantaggio dello Stato.

2°) Imposta fortemente progressiva.3°) Abolizione del diritto di successione.4°) Confisca delle proprietà di tutti gli emigrati e ribelli.5°) Centralizzazione del credito nelle mani dello Stato per

mezzo di una banca nazionale con capitale dello Stato e conmonopolio esclusivo.

6°) Centralizzazione di tutti i mezzi di trasporto nelle manidello Stato.

7°) Aumento delle manifatture nazionali e dei mezzi di pro-duzione, dissodamento dei terreni incolti e miglioramentodelle terre coltivate secondo un sistema collettivo.

8°) Lavoro obbligatorio per tutti, organizzazione di esercitiindustriali, soprattutto per l’agricoltura.

9°) Unificazione dell’attività agricola con quella industriale,misure tendenti a far scomparire la differenza tra città e cam-pagna.

10°) Istruzione pubblica e gratuita di tutti i bambini, aboli-zione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche, così come vieneattualmente praticato. Combinazione dell’istruzione con laproduzione materiale, ecc.

Scomparsi gli antagonismi di classe nel corso dello sviluppoe concentrata tutta la produzione nelle mani degli individuiassociati, il pubblico potere perderà il suo carattere politico. Ilpotere politico, nel senso proprio del termine, è il potere di unaclasse organizzata per l’oppressione di un’altra. Se il proletaria-

to, nella sua lotta contro la borghesia, si costituisce necessaria-mente in classe; se con la rivoluzione si erge a classe dominan-te e, come classe dominante, distrugge violentemente gli anti-chi rapporti di produzione; esso abolisce insieme con quei rap-porti di produzione le condizioni di esistenza dell’antagonismodi classe, sopprime le classi in generale e, quindi, il suo propriodominio come classe.

Al posto della vecchia società borghese, con le sue classi econ i suoi antagonismi di classe, sorge un’associazione nellaquale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libe-ro sviluppo di tutti .

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IIILETTERATURA SOCIALISTA E COMUNISTA

I - Il socialismo reazionario

A - Il socialismo feudale

Per la loro posizione storica, l’aristocrazia francese e quellainglese sono state chiamate a scagliare libelli contro la societàborghese. Nella rivoluzione francese del 1830, nel movimentoriformatore inglese, esse erano cadute, ancora una volta, sottoi colpi dell’odiato parvenu. Per loro non era più il caso di fareuna seria lotta politica, non restava altro che la lotta letteraria.Ma anche nel campo della letteratura la vecchia fraseologiadella restaurazione era diventata impossibile.

Per suscitare delle simpatie, l’aristocrazia doveva fare finta diperdere di vista gli interessi suoi propri e formulare il suo attodi accusa contro la borghesia nell’esclusivo interesse della clas-se operaia sfruttata. Si è presa così la soddisfazione di intona-re canti satirici sul suo nuovo padrone e di gorgheggiargli nel-l’orecchio delle profezie piene di sventura.

Così è nato il socialismo feudale, miscuglio di geremiadi epasquinate, di echi del passato e vagiti dell’avvenire. Se talvoltala sua critica mordace e spiritosa ha colpito al cuore la borghe-sia, la sua assoluta incapacità di comprendere il cammino dellastoria moderna ha sempre finito col renderlo ridicolo.

A mò di bandiera questi signori inalberavano la bisaccia delmendicante, per attrarre il popolo; ma quando il popolo li haseguiti, ha visto i loro sederi ornati dei vecchi blasoni feudali e

si è disperso con fragorose e irriverenti risate. Ma parte deilegittimisti francesi e la giovane Inghilterra hanno dato almondo questo allegro spettacolo.

Quando i campioni della feudalità dimostrano che il suomodo di sfruttamento era diverso da quello della borghesia,dimenticano soltanto un particolare e cioè che essa esercitavalo sfruttamento in condizioni del tutto differenti e oggi supe-rate. Quando essi fanno notare che sotto il loro regime non esi-steva il moderno proletariato, dimenticano che la borghesia èper l’appunto un frutto fatale della società feudale.

Del resto, essi nascondono così poco il carattere reazionariodella loro critica, che il loro primo capo di accusa contro laborghesia è precisamente quello di aver creato, sotto il suodominio, una classe che farà saltare tutto quanto il vecchioordinamento sociale.

Perciò imputano alla borghesia non tanto il reato di avercreato un proletariato, quanto quello di aver prodotto un pro-letariato rivoluzionario.

Quindi nella lotta politica, i paladini dell’aristocrazia parte-cipano attivamente a tutte le misure di violenza contro la clas-se operaia. E nella vita di tutti i giorni, malgrado la loro ampol-losa fraseologia, essi sanno abbassarsi, per raccogliere i fruttid’oro, che cascano dall’albero dell’industria, e barattare tutte levirtù cavalleresche, l’onore l’amore e la fedeltà, con la lana lozucchero di barbabietola e l’acqua vite.

Come un tempo il prete marciava mano nella mano con ilsignore feudale, così oggi noi vediamo il socialismo clericalecamminare fianco a fianco con il socialismo feudale.

Niente è più facile che ricoprire con una mano di vernicesocialista l’ascetismo cristiano. Il cristianesimo non si è forselevato contro la proprietà privata, il matrimonio, lo Stato? Inloro sostituzione, non ha forse predicato la carità e la mendici-tà, il celibato e la mortificazione della carne, la vita monasticae la Chiesa? Il socialismo cristiano altro non è che l’acqua santa

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con cui il prete benedice la collera dell’aristocrazia.

B - Il socialismo dei piccoli borghesi

L’aristocrazia feudale non è l’unica classe che sia stata rovi-nata dalla borghesia e neppure la sola le cui condizioni di esi-stenza siano andate declinando e deperendo nella modernasocietà borghese.

I piccoli borghesi e i piccoli contadini del medio evo eranoi precursori della borghesia moderna.

Nei paesi ove il commercio e l’industria sono poco svilup-pati, questa classe continua a vegetare accanto alla borghesiache sboccia e si irradia.

Nei paesi ove è fiorente la civiltà moderna si è formata unanuova classe piccolo-borghese, che oscilla tra il proletariato ela borghesia come parte complementare della società borghe-se, essa non cessa di costituirsi e ricostituirsi; ma gli individuiche la compongono si vedono continuamente precipitare nelproletariato, per effetto della concorrenza; e addirittura, amano a mano che avanza la grande produzione, vedono avvi-cinarsi il momento in cui essi scompariranno del tutto comefrazione indipendente della società contemporanea e verrannosostituiti nel commercio, nell’industria e nell’agricoltura dacommessi, capisquadra e braccianti.

Nei paesi come la Francia, ove i contadini rappresentanoben oltre la metà della popolazione, era naturale che gli scritto-ri schierati con il proletariato contro la borghesia fossero por-tati a criticare il dominio borghese e difendere il partito deglioperai, dal punto di vista del piccolo borghese e del contadino.Si è formato così il socialismo piccolo borghese. Sismondi è ilcapo di questa letteratura, tanto per l’Inghilterra quanto per laFrancia.

Questo socialismo ha fatto un’analisi molto penetrante dellecontraddizioni inerenti ai moderni rapporti di produzione.

Ha messo a nudo le ipocrite apologie degli economisti. Hadimostrato in modo inconfutabile le conseguenze micidialidelle macchine e della divisione del lavoro, la concentrazionedei capitali e della proprietà fondiaria, la sovrapproduzione, lecrisi, la miseria del proletariato, l’anarchia nella produzione, lastridente sproporzione nella distribuzione della ricchezza, leguerre industriali di sterminio tra le nazioni, la disgregazionedegli antichi costumi, degli antichi rapporti familiari, delle anti-che nazionalità.

Tuttavia, lo scopo positivo perseguito da questo socialismopiccolo borghese consiste o nel restaurare i vecchi mezzi diproduzione e di scambio, e con essi i vecchi rapporti di scam-bio e la vecchia società, ovvero nel costringere con la forza imoderni mezzi di produzione e di scambio nel quadro ristret-to degli antichi rapporti di produzione, che essi hanno spezza-to e che dovevano spezzare. In entrambi i casi, questo sociali-smo è allo stesso tempo reazionario e utopistico.

Per la manifattura, il sistema delle corporazioni; per l’agri-coltura, i rapporti patriarcali: ecco le sue ultime parole.

Alla fine, quando i fatti storici gli hanno fatto smaltire com-pletamente la sbronza, questa forma di socialismo si è lasciataandare ad una vile melancolia.

C - Il socialismo tedesco o il VERO socialismo

La letteratura socialista e comunista francese, nata sotto lapressione di una borghesia regnante, è l’espressione letterariadella rivolta contro questo dominio. Essa fu introdotta inGermania all’epoca in cui la borghesia iniziava la sua lotta con-tro l’assolutismo feudale.

Filosofi, mezzi filosofi e begli spiriti tedeschi si gettaronoavidamente su questa letteratura, ma dimenticarono che, insie-me con la letteratura francese, non erano state al contempointrodotte in Germania le condizioni sociali della Francia. In

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rapporto alle condizioni tedesche, la letteratura francese vennea perdere ogni significato pratico immediato e assunse unaspetto puramente letterario. Essa doveva sembrare una inuti-le speculazione sulla realizzazione dell’essere umano. Parimenti, peri filosofi tedeschi del diciottesimo secolo, le rivendicazionidella prima rivoluzione francese non erano sembrate altro chele rivendicazioni della ragion pura in generale; mentre le affer-mazioni della volontà dei borghesi rivoluzionari di Francia ave-vano avuto, ai loro occhi, solo il significato della manifestazio-ne di leggi della pura volontà, della volontà quale deve essere,della vera volontà umana.

Il lavoro dei letterati tedeschi si limitava a mettere d’accor-do le idee francesi con la loro vecchia coscienza filosofica opiuttosto ad appropriarsi delle idee francesi adattandole al loropunto di vista filosofico.

Essi se ne appropriarono allo stesso modo in cui ci si impa-dronisce di una lingua straniera, attraverso la traduzione.

È noto il modo in cui i monaci scrissero le assurde leggen-de dei santi cattolici sopra i manoscritti contenenti le operedegli autori classici del mondo pagano. I letterati tedeschi fece-ro il contrario riguardo alla letteratura francese. Essi fecero sci-volare le loro assurdità sotto all’originale francese. Ad esempio,sotto la critica francese della funzione economica del denaro,essi scrissero: Alienazione dell’essere umano, sotto la critica france-se dello Stato borghese, scrissero: Eliminazione della categoria del-l’universale astratto, e così via.

L’introduzione di questa fraseologia filosofica all’interno deiragionamenti svolti dai francesi venne da essi battezzata:Filosofia dell’azione, Vero socialismo, scienza tedesca del socialismo, Basefilosofica del socialismo, ecc.

In tal modo, la letteratura socialista e comunista francesevenne completamente castrata. E siccome essa, nelle mani deitedeschi, cessò di essere l’espressione della lotta di una classecontro un’altra, i tedeschi si rallegrarono di essersi elevati al di

sopra della ristrettezza francese e di aver difeso, invece di bisogniveri, il bisogno della verità; di aver sostenuto, invece degli interes-si del proletario, gli interessi dell’essere umano, dell’uomo ingenerale; dell’uomo che non appartiene a nessuna classe, a nes-suna realtà, e che esiste solo nel cielo nebbioso della fantasiafilosofica.

Questo socialismo tedesco, che prendeva tanto solenne-mente sul serio i suoi maldestri esercizi di scolaretto e che listrombazzava come fanno i saltimbanchi, perse a poco a pocola sua pedantesca innocenza.

La lotta della borghesia tedesca, in special modo della bor-ghesia prussiana contro la monarchia assoluta e feudale, in unaparola, il movimento liberale, divenne più serio. Il vero socialismoebbe così l’occasione tanto attesa di confrontare le rivendica-zioni socialiste con il movimento politico. Esso potè lanciare isuoi tradizionali anatemi contro il liberalismo, contro lo Statorappresentativo, contro la concorrenza borghese, contro lalibertà di stampa borghese, contro il diritto borghese, contro lalibertà e l’eguaglianza borghesi; potè predicare alle masse cheesse non avevano nulla da guadagnare, anzi avevano tutto daperdere, da questo movimento borghese. Il socialismo tedescodimenticò, molto a proposito, che la critica francese, di cui essoera la sciocca eco, presupponeva la moderna società borghese,con le corrispondenti condizioni materiali di vita e con unaconforme costituzione politica; cose che per l’appunto, inGermania, si trattava ancora di conquistare.

Questo socialismo servì ai governi assoluti col loro seguitodi preti, pedagoghi, signorotti di campagna e burocrati, comespaventapasseri per fare paura alla borghesia che si levavaminacciosa.

Esso fu il completamento edulcorato delle amare scudiscia-te e delle pallottole, che quegli stessi governi somministraronoagli operai tedeschi insorti.

Se il vero socialismo divenne in tal modo un’arma in mano ai

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governi, esso esprimeva anche, in modo diretto, l’interesse rea-zionario, l’interesse del piccolo borghesuccio. In Germania, laclasse piccolo borghese, tramandata dal sedicesimo secolo e daallora in poi sempre rinascente in forme diverse, costituisce lavera base sociale del presente stato di cose. Conservare la pic-cola borghesia, significa conservare le attuali condizioni dellaGermania. La supremazia industriale e politica della borghesiaminaccia questa classe di una sicura rovina; da un lato a causadella concentrazione dei capitali, d’altro lato per effetto dellosviluppo di un proletariato rivoluzionario. Il vero socialismodoveva servirle a prendere due piccioni con una fava. Si diffu-se come un’epidemia.

L’abito tessuto con i fili invisibili della speculazione filosofi-ca, ricamato con i fiori della retorica ed impregnato di unarugiada dolciastra, questo abito mistico con il quale i socialistitedeschi avevano mascherato le loro quattro stecchite verità eter-ne, altro non fece che aumentare la vendita della loro mercan-zia presso un simile pubblico.

Dal canto suo il socialismo tedesco capì sempre di più la suavocazione, di pomposo rappresentante di questa piccola bor-ghesia.

Esso proclamò che la nazione tedesca è la nazione norma-le, e che il filisteo piccolo borghese tedesco è l’uomo normale.A tutte le infamie di questo uomo normale, esso attribuì unsignificato occulto, un senso superiore e socialista, che le tra-sformava nel loro contrario. Si spinse fino all’estrema conse-guenza, scagliandosi contro la tendenza brutalmente distruttivadel comunismo e dichiarando che, essendo imparziale, esso silibrava al di sopra di ogni lotta di classe.

Tranne pochissime eccezioni, tutti gli scritti sedicenti socia-listi e comunisti pubblicati in Germania (nel 1847) appartengo-no a questa oscena e snervante letteratura.

II - Il socialismo conservatore e borghese

Una parte della borghesia tenta di porre rimedio agli incon-venienti sociali per garantire l’esistenza della società borghese.

Questa categoria annovera gli economisti, i filantropi, gliumanitari, i fautori del miglioramento delle condizioni dellaclasse operaia, gli organizzatori di beneficenza, i protettoridegli animali, i fondatori delle società di continenza ed i rifor-matori da salotto di ogni risma. Sono stati perfino elaboratiinteri sistemi di questo socialismo borghese.

Citiamo, come esempio, la Filosofia della Miseria, diProudhon.

I socialisti borghesi vogliono le condizioni di vita dellasocietà moderna senza i pericoli e le lotte che inevitabilmentene derivano. Vogliono la società attuale, ma senza gli elementiche la rivoluzionano e la dissolvono. Vogliono la borghesiasenza il proletariato. La borghesia, come è naturale, si rappre-senta il mondo in cui essa domina come il migliore dei mondipossibili. Il socialismo borghese trasforma questa consolanterappresentazione in mezza teoria o in teoria intera.Allorquando ingiunge al proletariato di applicare i suoi sistemiper entrare nella nuova Gerusalemme, in fondo non fa altroche obbligarlo a rimanere entro i confini della società attuale,lasciando però perdere la concezione piena di astio, che di que-sta società esso ha.

Una seconda forma di questo socialismo, meno teorica e piùpratica, ha cercato di suscitare nella classe operaia il disgustoper qualsiasi movimento rivoluzionario, dimostrandole chenon avrebbe tratto alcun profitto da questo o quel cambiamen-to politico, ma solo da una trasformazione delle condizionimateriali di esistenza, dei rapporti economici.

Si noti che per trasformazione delle condizioni materialidella società, questo socialismo non intende assolutamente

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parlare dell’abolizione dei rapporti di produzione borghesi,bensì unicamente di riforme amministrative, da realizzarsi sullastessa base della produzione borghese, che pertanto non toc-cano i rapporti tra capitale e lavoro salariato; e che, nel miglio-re dei casi, servono a ridurre le spese e semplificare il lavoroburocratico del governo borghese.

Il socialismo borghese giunge alla sua più pura espressionequando diventa una semplice figura retorica.

Libero scambio! nell’interesse della classe operaia; protezio-nismo! nell’interesse della classe operaia; carcere cellulare! nel-l’interesse della classe operaia: ecco la sua ultima parola, l’uni-ca detta seriamente dal socialismo borghese.

Infatti il socialismo borghese sta tutto quanto in questafrase: i borghesi sono borghesi nell’interesse della classe ope-raia.

III - Socialismo e Comunismo critico-utopistico

Non si tratta qui della letteratura che, in tutte le grandi rivo-luzioni moderne, ha espresso le rivendicazioni del proletariato(gli scritti di Babeuf, ecc.).

I primi tentativi diretti del proletariato per far prevalere ipropri interessi di classe, condotti in un’epoca di fermentogenerale, durante il periodo del rovesciamento della societàfeudale, furono inevitabilmente destinati al fallimento sia perl’embrionale stato di sviluppo della classe operaia sia per lamancanza delle condizioni materiali della sua emancipazione,che potevano prodursi solo nell’era della borghesia. La lettera-tura rivoluzionaria che accompagnava questi primi movimentidel proletariato aveva, necessariamente, un segno reazionario.Essa raccomanda un ascetismo universale e grossolano eguali-tarismo.

I veri e propri sistemi socialisti e comunisti, i sistemi diSaint-Simon, di Fourier, di Owen, ecc., compaiono nel primoperiodo della lotta tra il proletariato e la borghesia, descrittopiù sopra (vedi Borghesia e Proletariato).

Gli inventori di questi sistemi sono senz’altro consapevolisia dell’antagonismo tra le classi sia dei fattori dissolventi all’in-terno della stessa società dominante. Ma non scorgono daparte del proletariato nessuna autonoma azione storica, nessunautonomo movimento politico.

Dato che lo sviluppo dell’antagonismo tra le classi procededi pari passo con lo sviluppo dell’industria, essi non trovanoneppure le condizioni materiali per l’emancipazione del prole-tariato e, per crearle, si mettono alla ricerca di una scienzasociale, di leggi sociali.

L’azione sociale deve lasciare il posto alla loro personaleattività cerebrale; le condizioni storiche dell’emancipazione, adelle condizioni di fantasia; l’organizzazione graduale e spon-tanea del proletariato in classe, a una organizzazione inventatadi sana pianta da loro. La storia futura del mondo, per essi, sirisolve nella propaganda e nell’attuazione pratica dei loro pianidi società.

Nella elaborazione dei loro piani, tuttavia, essi sonocoscienti di difendere prima di tutto gli interessi della classeoperaia, perchè è la classe che soffre di più. Per loro, la classeoperaia esiste solo sotto questo aspetto, di classe che soffremaggiormente.

Ma la forma poco sviluppata della lotta di classe, come purela loro posizione sociale, fanno si che essi si considerino moltoal di sopra di qualsiasi antagonismo tra le classi. Essi voglionomigliorare le condizioni materiali di vita di tutti i membri dellasocietà, anche dei più privilegiati. Di conseguenza, essi nonsmettono di fare appello a tutta la società, senza distinzioni,anzi si rivolgono di preferenza alla classe dominante. Tanto,basta capire il loro sistema per riconoscere che è il migliore

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piano possibile della migliore società possibile.Pertanto essi rifiutano qualsiasi azione politica e soprattutto

qualsiasi azione rivoluzionaria; cercano di raggiungere il loroscopo con mezzi pacifici e tentano di aprire la via al nuovovangelo sociale con la forza dell’esempio, con esperimenti inpiccolo, condannati in anticipo all’insuccesso.

Il quadro fantastico della società futura, fatto all’epoca in cuiil proletariato, ancora poco sviluppato, si rappresenta in manie-ra fantastica la propria posizione, corrisponde alle prime istin-tive aspirazioni degli operai ad una trasformazione totale dellasocietà.

Gli scritti socialisti e comunisti, però, contengono ancheelementi critici. Attaccano la società esistente elle sue fonda-menta. Perciò, a suo tempo, hanno fornito dei materiali digrande valore per illuminare gli operai.

I loro progetti positivi sulla società futura, quali l’abolizionedel contrasto tra città e campagna, della famiglia, del profittoprivato e del lavoro salariato, la proclamazione dell’armoniasociale, la trasformazione dello Stato in una semplice ammini-strazione della produzione, tutte queste proposte non indicanoaltro che la scomparsa dell’antagonismo tra le classi, antagoni-smo che allora inizia appena a delinearsi e di cui gli inventori disistemi non conoscono ancora che le prime forme indistinte eindeterminate. Perciò, queste proposte hanno ancora un signi-ficato puramente utopistico.

L’importanza del socialismo e del comunismo critico-utopi-stico sta in rapporto inverso allo sviluppo storico. Nella misu-ra in cui la lotta di classe cresce e prende forma, questo assur-do disprezzo per la lotta, questa bizzarra resistenza contro lalotta perdono qualsiasi valore pratico e giustificazione teorica.Ed è per questo motivo che se i fondatori di quei sistemi eranoper molti versi dei rivoluzionari, le sette formate dai loro disce-poli sono sempre reazionarie, poiché questi ultimi si ostinanoa contrapporre le antiche concezioni dei loro maestri all’evolu-

zione storica del proletariato. Essi cercano dunque, con conse-guenza, di attenuare le lotte di classe e di conciliare gli antago-nismi. Sognano sempre di realizzare l’esperimento delle loroutopie sociali, costituire singoli falansteri, creare colonie inpatria e fondare una piccola Icaria, edizione in dodicesimodella nuova Gerusalemme; e per dare concretezza a tutti que-sti castelli in aria, si vedono costretti a fare appello al buoncuore e al portafoglio dei borghesi. Piano piano, scivolanonella categoria dei socialisti reazionari o conservatori sopradescritti, distinguendosene solo per una pedanteria più siste-matica ed una fede superstiziosa e fanatica nella efficacia mira-colosa della loro scienza sociale. Essi sono quindi accanitamen-te contrari a qualsiasi azione politica della classe operaia, che -a loro parere - non può derivare che da una cieca mancanza difede nel nuovo vangelo.

Gli owenisti in Inghilterra, i fourieristi in Francia reagisco-no gli uni contro i cartisti, gli altri contro i riformisti.

IV - Posizione dei comunisti nei confronti dei vari partitidi opposizione

Per quanto abbiamo esposto nel capitolo II, la posizione deicomunisti nei confronti dei partiti operai già costituiti non habisogno di spiegazioni, e quindi anche la loro posizione riguar-do ai cartisti in Inghilterra e ai riformatori agrari in Americadel Nord.

I comunisti lottano in nome degli interessi e degli scopiimmediati della classe operaia, ma nel movimento presente essidifendono e rappresentano allo stesso tempo l’avvenire delmovimento stesso. In Francia, i comunisti si alleano al partitodemocratico-socialista contro la borghesia conservatrice eradicale, senza per questo rinunciare al diritto di criticare la fra-

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seologia e le illusioni tramandate dalla tradizione rivoluziona-ria.

In Svizzera, i comunisti appoggiano i radicali, senza disco-noscere che questo partito è composto da elementi contraddit-tori, per metà democratico-socialisti nel senso francese del ter-mine, per metà borghesi radicali.

In Polonia, i comunisti sostengono il partito che considerala rivoluzione agraria come condizione dell’emancipazionenazionale, vale a dire il partito che ha condotto l’insurrezionedi Cracovia nel 1846.

In Germania, il partito comunista lotta a fianco della bor-ghesia ogni volta che la borghesia agisce in modo rivoluziona-rio, contro la monarchia assoluta, la proprietà fondiaria feuda-le ed il piccolo borghesume.

Ma questo partito non trascura mai, in alcuna occasione, disuscitare tra gli operai una coscienza chiara e netta dell’antago-nismo profondo, che esiste tra la borghesia e il proletariato,perchè gli operai tedeschi sappiano, quando sarà il momento,volgere le condizioni sociali e politiche che la borghesia creeràcon il suo dominio in altrettante armi contro di essa; perchè,non appena saranno distrutte le classi reazionarie dellaGermania, si possa ingaggiare la lotta contro la borghesia stes-sa.

È soprattutto verso la Germania che i comunisti rivolgonola loro attenzione, perchè questa nazione è alla vigilia di unarivoluzione borghese, e perchè essa la realizzerà in condizionipiù avanzate di civiltà in Europa e con un proletariato infinita-mente più sviluppato di quello che l’Inghilterra e la Franciaavevano nel XVII e XVIII secolo; perciò la rivoluzione bor-ghese tedesca non può essere che il breve preludio di una rivo-luzione proletaria.

Insomma, i comunisti appoggiano dovunque ogni movi-mento rivoluzionario contro lo stato presente, sociale e politi-co, delle cose.

In tutti i movimenti essi mettono in evidenza la questionedella proprietà, quale che sia la forma, più o meno sviluppata,da essa assunta, come la questione fondamentale del movimen-to.

Infine, i comunisti operano per l’unione e l’intesa dei parti-ti democratici di tutti i paesi.

I comunisti rifiutano di nascondere le loro opinioni e i lorofini. Essi proclamano apertamente che i loro scopi non potran-no essere raggiunti senza il rovesciamento violento di tutto ilpresente ordinamento sociale. Che le classi dominanti treminoall’idea di una rivoluzione comunista! I proletari non hannoniente da perderci, se non le loro catene. Hanno un mondo daguadagnare.

PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!

Karl Marx e Friedrich Engels

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APPENDICE

Marx a Joseph Weydemeyer a New York

Londra, 5 marzo 185228, Dean Street, Soho

Caro Weywy,temo che sia successa un po’ di confusione perché io, having

misunderstood thy last letter (avendo frainteso la tua ultimalettera, n.d.r.), ho apposto ai due ultimi invii questo indirizzo:«Office of the ‘‘Revolution’’, 7 Chambers’ Street, Box 1817». Ildannato «Box 1817» ha provocato la confusione, perché tu miscrivesti di fare questa appendice al «vecchio indirizzo», senzadistinguere il primo indirizzo dal secondo. Spero tuttavia che lacosa sia chiarita prima che arrivi questa lettera, tanto più che lalettera di venerdì scorso contiene il numero V, molto ampio,del mio articolo («Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte» capitolo V,n.d.r.). Questa settimana mi è stato impossibile finire il nume-ro VI, che forma la conclusione. Se il tuo giornale è uscito dinuovo, questo ritardo non provocherà inconvenienti, giacchéhai materiale in abbondanza.

Il tuo articolo contro Heinzen, che Engels purtroppo mi hamandato troppo tardi, è molto buono, in pari rude e fine, e que-sta unione si conviene a una polemica degna di tal nome. Hocomunicato questo articolo a Ernest Jones e tu ricevi qui acclu-so un suo scritto a te diretto, da stampare. Poiché Jones scriveassai poco chiaro, e fa abbreviazioni, e poiché mi permetto disupporre che tu non sia ancora inglese out-and-out, ti mandoinsieme all’originale la copia fatta da mia moglie e altresì la tra-duzione tedesca, dovendo tu stampare ambedue, l’uno di fron-te all’altra, originale e traduzione. Sotto la lettera di Jones puoi

fare anche questa aggiunta: Per quanto riguarda George JulianHarney, anche lui una autorità sul signor Heinzen, egli ha pub-blicato il nostro «Manifesto comunista» in inglese nel suo «RedRepublican» con il commento che esso era «the most revolu-tionary document ever given to the world», « il documento piùrivoluzionario che mai sia stato dato al mondo», e nella sua«Democratic Review» ha tradotto quella sapienza che Heinzenspaccia per «liquidata», cioè i miei articoli sulla rivoluzionefrancese dalla «Revue der Neuen Rheinischen Zeitung», men-tre, in un articolo su Louis Blanc, egli rinvia i suoi lettori ai sud-detti articoli come alla «vera critica» della faccenda francese.Del resto non c’è bisogno per l’Inghilterra di richiamarsi soloagli «estremisti». In Inghilterra, quando un membro del parla-mento diventa ministro deve farsi eleggere di nuovo. Disraelidunque, il nuovo cancelliere dello scacchiere, Lord of theExchequer, scrive ai suoi elettori in data 1° marzo:

«We shall endeavour to terminate that strif e of classes which,of late years, has exercised so pernicious an influence over thewelfare of this kingdom». «Noi ci adopereremo per porre finead una lotta di classi che negli ultimi anni ha avuto una influen-za così nociva sul benessere di questo regno.»

In proposito il «Times» del 2 marzo osserva:«If anything would ever divide classes in this country

beyond reconciliation, and leave no chance of a just andhonourable peace, it would be a tax on foreign corn». «Se qual-cosa può dividere le classi in questo paese su di un punto nelquale non è possibile più una conciliazione, ciò sarebbe unaimposta sul grano straniero.»

E affinché un ignorante «uomo di carattere» come Heinzennon si immagini magari che gli aristocratici siano per e i borghe-si contro le leggi sul grano, perché quelli vogliano il «monopolio»questi invece la «libertà», - un galantuomo così conosce gli anta-gonismi solo in una siffatta forma ideologica, - resta solo daosservare che nel diciottesimo secolo in Inghilterra gli aristo-

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cratici erano per la «libertà» (nel commercio) e i borghesi per ilmonopolio, la stessa posizione che noi troviamo riguardo alleleggi del grano in questo momento in «Prussia», tra le due clas-si. La «Neue Preussische Zeitung» è liberoscambista per lapelle.

Al tuo posto infine osserverei, a proposito dei signoridemocratici en général, che costoro farebbero meglio a pren-dere conoscenza della letteratura borghese, prima di pretende-re di abbaiare contro chi ne è l’antagonista. Questi signori peresempio dovrebbero studiare le opere storiche di Thierry, Gui-zot, John Wade ecc., per informarsi sulla passata «storia delleclassi». Dovrebbero prendere conoscenza degli elementi primidell’economia politica, prima di mettersi a criticare la criticadell’economia politica. Per esempio basta aprire la grandeopera di Ricardo per trovare in prima pagina le parole con cuiegli apre la prefazione.

«The produce of the earth - all that is derived from its sur-face by the united application of labour, machinery, and capi-tal, is divided among three classes of the community; namely theproprietor of the land, the owner of the stock or capital neces-sary for its cultivation, and the labourers by whose industry itis cultivated».

« Il prodotto della terra, tutto quanto viene ottenuto dallasua superficie con l’applicazione unita di lavoro, macchine ecapitale, si distribuisce tra tre classi della comunità; cioè il pro-prietario della terra, il proprietario del capitale necessario a col-tivarla, e gli operai con il cui lavoro la terra viene coltivata.»

Ora, quanto poco la società borghese sia maturata negli StatiUniti per rendere evidente e comprensibile la lotta delle classi,di ciò fornisce la dimostrazione più brillante C. H. Carey (diPhiladelphia), l’unico importante economista nordamericano.Egli attacca Ricardo, il rappresentante più classico della borghe-sia e l’avversario più stoico del proletariato, come un uomo lacui opera sarebbe l’arsenale per gli anarchici, i socialisti, insom-

ma per tutti i nemici dell’ordinamento borghese. Egli rimpro-vera non solo a lui ma anche a Malthus, Mill, Say, Torrens,Wakefield, MacCulloch, Senior, Whately, R. Jones ecc., questicapifila dell’economia in Europa, di dilaniare la società e di pre-parare la guerra civile, quando dimostrano che i fondamentieconomici delle varie classi debbono provocare tra loro unantagonismo necessario e sempre crescente. Egli cerca di con-futarli, non certo come lo sciocco Heinzen collegando l’esi-stenza delle classi all’esistenza di privilegi e monopoli politici,bensì cercando di dimostrare che le condizioni economiche: ren-dita (proprietà fondiaria), profitto (capitale) e salario (lavorosalariato), invece di essere condizioni della lotta e dell’antago-nismo, sono piuttosto condizioni di associazione ed armonia.Naturalmente egli non fa che dimostrare che le condizioni«non sviluppate» degli Stati Uniti sono per lui le «condizioninormali».

Per quanto mi riguarda, non a me compete il merito di averscoperto l’esistenza delle classi nella società moderna e la lorolotta reciproca. Molto tempo prima di me, storiografi borghe-si hanno descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle clas-si ed economisti borghesi la loro anatomia economica. Ciò cheio ho fatto di nuovo è stato: 1) dimostrare che l’esistenza delleclassi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo dellaproduzione; 2) che la lotta delle classi conduce necessariamentealla dittatura del proletariato; 3) che questa dittatura medesimanon costituisce se non il passaggio all’abolizione di tutte le classi ea una società senza classi. Mascalzoni ignoranti come Heinzen, iquali non solo negano la lotta, ma persino l’esistenza delle clas-si, dimostrano soltanto, nonostante i loro latrati sanguinari e leloro pose umanistiche, di ritenere le condizioni sociali nellequali la borghesia domina come il prodotto ultimo, come il nonplus ultra della storia, di non essere che servi della borghesia,una servitù che è tanto più ripugnante, quanto meno questistraccioni riescono a capire anche solo la grandezza e la ne-

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cessità transitoria del regime borghese stesso.Dalle glosse precedenti prenditi quel che ti sembra buono.

Del resto Heinzen ha preso da noi la «centralizzazione» alposto della sua «repubblica federativa», ecc. Quando le opinio-ni che noi oggi diffondiamo a proposito delle classi, sarannodiventate banali e faranno parte dell’inventario del «buonsenso», quel villano le proclamerà con grande fracasso, prodot-to novissimo del suo «proprio acume» e abbaierà contro ilnostro sviluppo ulteriore. Così egli abbaiava col suo «proprioacume» contro la filosofia hegeliana, finché questa fu progres-siva. Adesso si nutre delle briciole insipide di essa che Ruge harisputato senza digerirle.

Ricevi qui anche la conclusione della corrispondenza dal-l’Ungheria. Devi tentare di prenderne qualcosa - se il tuo gior-nale esiste - tanto più in quanto Szemere, l’ex primo ministroungherese, mi ha promesso da Parigi di scrivere per te unampio articolo firmato col suo nome.

Quando il tuo giornale sarà pronto, mandane più esemplari,affinché possa essere meglio diffuso.

Tuo K. Marx

(Tratto da: Marx-Engels Opere complete vol. XXXIX, pagg. 534-537)

INDICE

PRESENTAZIONE pag. 5

IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA 9I - BORGHESI E PROLETARI 10II - PROLETARI E COMUNISTI 24III - LETTERATURA SOCIALISTAE COMUNISTA 35

- Il socialismo reazionario 35- Il socialismo conservatore e borghese 42- Socialismo e Comunismo critico-utopistico 43- Posizione dei comunisti nei confronti dei varipartiti di opposizione 46

APPENDICELettera di Marx a Joseph Weydemeyer del 5/3/1852 49

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