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AssociazioneculturaleFahrenheit451

DADOVECOMINCIO?

Dall'incipitalracconto

Concorsoletterario

Edizione2017

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DADOVECOMINCIO

DADOVECOMINCIO?Dall’incipitalracconto.

Perchépartiredaunincipitd’autore?Perchél’incipitèunodeimomenti chiave di ogni romanzo o racconto, è la portad’ingresso alla narrazione, in cui si gioca l’interazione tralettore e testo, è un po’ come il primo appuntamento in unastoriad’amore.E te lodevigiocarebene.Perquestoabbiamoproposto agli autori una lista di incipit d’autore, attacchisignificativi,quasi tutti inmediasres,cheimmettononelvivodi un avvenimento, senza l’ausilio di alcun prologo opresentazione. Il titolo stessodel concorso è un incipit, trattodal romanzo breve di James Graham Ballard, Un gioco dabambini.

Questii14incipitcheabbiamoscelto:

1)Cominciamodalfiume–tuttelecosecomincianodalfiumee di sicuro alla fine torneremo al fiume –ma aspettiamo divederecomeva.Frapoco,dueo treminuti,qui sullarivadelfiumearriveràungiovaneuomo.SiamosulChelseaBridge,aLondra.WilliamBoyd,Unatempestaqualunque

2) Potrei cominciare dal mio nome, ma lasciamo perdere,perché sprecare tempo?Èunparticolare senza importanza inquestacittàdidodicimilionidinomi.RajKamalJha,Lacoperta

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azzurra

3) Chiedo scusa, signore, posso esserle d'aiuto? Ah, vedo chel'hoallarmata.Nonsifacciaspaventaredallamiabarba:ioamol’America.MohsinHamid,Ilfondamentalistariluttante

4) Non fu con gli occhi che feci la conoscenza di lei. Fu conl'udito e col tatto. Prima fu il ticchettio acuto dei suoi tacchisull'asfalto a richiamare la mia attenzione. Gianni Canova,Palpebre

5)Èappoggiataalbanco,èsolaebeveunaspremuta.Perterra,vicinoallegambe,haunaborsadipelleneraenonsoperqualemotivo vengo attirato proprio da questo particolare.Mi fissacon un'insistenza imbarazzante. Quando i nostri sguardi siincrociano però si gira. Gianrico Carofiglio, Il passato è unaterrastraniera

6) Siamo tutti innamorati e folli. Così disse lei, con quell’ariainconcludente con cui diceva quasi tutto. Siamo tuttiinnamoratiefolli.PedroChagasFreitas,Promettodiperdere

7) In ogni caso, avevamo fame. Anzi, per l’esattezza, cisembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico, quella era lasensazione. All’inizio era un vuoto piccolo […]ma col passaredeigiorni andavaespandendosi all’internodelnostrocorpoeprendeva le dimensioni di un abisso senza fondo.MurakamiHaruki,Gliassaltiallepanetterie

8) Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l’avevosempre consideratadel tutto insignificante. Per essere franco,la prima volta che la vidi non mi piacque nemmeno. HanKang,Lavegetariana

9)Cominciòconunnumerosbagliato,tresquilliditelefononelcuore della notte e la voce all’apparecchio che chiedeva di

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qualcunochenoneralui.PaulAuster,Cittàdivetro

10) Erano circa le 7 di sera. Chiamai: “Battista". Nel tardopomeriggioestivo,Battistadormivaseduto."Unmomento,"midisse,senzaaprirgliocchi"stofacendounsognoimportante.”AchilleCampanile,Amiamociinfretta

11) Quasi l'alba, adesso. Tra ventiquattro ore mia madre sialzeràtuttagiuliva,s'infilerànelsuotailleurrosaconfetto,faràcolazionecanticchiando,usciràdicasacamminandosunubidisofficevapore."Vadoallalaureadimiofiglio!"ripeteràaivicinidicasa, logorroicacomeunnastrospezzato. “Vadoalla laureadimiofiglio!Miofigliodiventadottore!”[…]Tuttobellissimo.Quasicommovente.Seescludiamoildettagliochenoncisarànessunalaurea,domattina.GianlucaMorozzi,L'abisso

12)Sisa,capitaatantagente,manonsipensamaichepotrebbecapitare a noi. Questo era sempre stato anche il mioatteggiamento. Così, quando capitò a me, ero impreparatocome tutti e in un primo momento fu come se davverosuccedesse a qualcun altro.Tiziano Terzani, Un altro giro digiostra

13)Nellanottetrail16e17gennaio1590,maniignotedeposerosul "torno" cioè la grande ruota in legno che si trovavaall'ingressodellaCasadiCaritàdiSanMichelefuorileMura,aNovara,unneonatodisessofemminile,scurodiocchi,dipellee di capelli: per i gusti dell'epoca un mostro. SebastianoVassalli,LaChimera

14) Il vento, venendo in città da lontano, le porta doniinconsueti,dicuis'accorgonosolopocheanimesensibili,comeiraffreddatidafienochestarnutanoperpollinidifiorid'altreterre.ItaloCalvino,Marcovaldo

154 i racconti pervenuti da 12 regioni d’Italia, per lamaggior

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parteprovenientidalterritoriodelnuovoSistemaBibliotecarioCUBI, che riunisce il SistemaVimercatese e quellodiMilanoEst,peruntotaledi70biblioteche.

Una giuria popolare composta di lettori “forti” diversi pergenere,etàe formazione,havalutato i testi, ricevuti in formaanonima, secondo tre criteri – originalità, stile e forma dellascrittura, emozione – e scelto 27 racconti da sottoporre algiudizio della giuria tecnica, composta da una giornalista diRadio24,MartaCagnola,dallaprofessoressaVittoriaDall’Orto,che conduce il nostro gruppo di lettura e da un attore,Alessandro Pazzi, che ha dato voce ai primi tre raccontifinalisti. Dalla somma delle valutazioni delle due giurie sonouscitii10vincitori.

Abbiamo scelto davvero imigliori? Abbiamo fatto del nostromeglio,utilizzandoglistessiparametrivalutativi,ricorrendoalconfronto collettivo e alla lettura condivisa di quei testi cheavevano ricevuto valutazioni discordanti: ma non possiamonasconderci che valutare è un’attività che ha un’ineliminabilecomponente soggettiva, legata al vissuto e alla sensibilità diognuno.

L’ebook raccoglie i ventisette racconti selezionati dalla giuriapopolare, in ordine di classifica per quanto riguarda i primidiecieinordinealfabeticoperi17rimanenti.

Ciauguriamochelaletturapossaesservigraditaeviinvitiamoa segnalare riflessioni, commenti, suggerimenti, nonchè lavostraclassificapersonalealnostrositooalnostroindirizzoe-mail.

RitaAssi

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Ringraziamenti

Ringraziamenti

Ringraziamosentitamente:

tuttigliautorichehannopartecipatoalconcorso,accettandolasfidadimettersiingioco;

lagiuriapopolare:CinziaCavallaro,MarinellaGuzzi,MercedesRiva, Maria Assunta Ratti, Maria Rosaria Festa, RosannaTommasone, Rita Assi, Giorgio Vicenzi e Luca Ribolini, perl’impegnoelaserietàconcuihannolettoevalutatoinumerosiracconti;

lagiuriatecnica:VittoriaDall’Orto,MartaCagnolaeAlessandroPazzi,perladisponibilitàeilcontributodiqualità;

la Biblioteca Civica di Vimercate e in particolare Giulia Villaperilsostegnoel’appoggiodatoall’iniziativa;

ilmusicistaDaniloMarzoratichehaaccompagnatocon l’arpalaletturadeiracconti;

il nostro docente e socioMicheleVimercati, cui dobbiamo larealizzazionedell’ebook.

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Chisiamo

Fahrenheit 451 - amici della biblioteca è un'associazione dipromozione sociale che nasce nel 2012 con l'obiettivo difavorirelarelazionetralaBibliotecaCivicaeilsuopubblicoesostenere le iniziativee i servizi cheessapromuove, inmodoancheconcretoemateriale.

Fahrenheit 451 propone un programma di attività – club dellettore,corsidilingueediinformatica,laboratoridiletturaadalta voce, laboratori artistici, conferenze sull'arte, speakers’corner, serate a tema – che arricchiscono il ventaglio delleofferteculturalidellabiblioteca.

DA DOVE COMINCIO è il titolo del concorso letterario diquest'anno, giunto alla sua quinta edizione: una iniziativaattraverso la quale vogliamo promuovere e valorizzare lacreatività in ambito letterario, offrendo un’occasione divisibilitàediconfrontoatutticolorocheamanoscrivere.

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Iraccontiselezionatidallagiuriapopolare,

inordinealfabetico

1.Armovincente(FabrizioBassani)2.CalogeraFrazza(PikoCordis)3.Contatto(NataleBrambilla)4.I'llbewaiting(RenzoBeretta)5.Ilpediatra(AlbertoFavaro)6.Ilvento(TeresaMarraffa)7.Incubodietrolaporta(MarzioOrsucci)8.L'occhiodeldiavolo(MarcoScaldini)9.Lacosapiùpreziosa(IreneRiccardi)10.Latrousse(AlessandroPinci)11.Lasciamientrareneltuosogno(TizianaSala)12.Leparoledelvento(MariaRitaMilesi)13.Oceano(FedericoSpagnolo)14.Pietresempre(SerenaLari)15.Pollinieantichiricordi(ImmacolataDiNardo)16.Profumodicaprifoglio(PietroFrancoTodisco)17.Qualcosadibello(InesMarinelli)18.Quandoildestinochiama(BarbaraPelosi)19.Questoèilmiocorpo(PaoloDalCanto)20.Respiri(GaiaNicosia)21.Tu,ioegliaerei(LauraAndreozzi)22.Tuttodiuncolore(MaxSpinolo)23.Unistantechecambialavita(FrancescaSala)24.Unverogentiluomo(RobertaPalmonari)25.Unadomenicaqualunque(RenataDiSano)26.Unanotte,unavoce(NellaGalla)27.Vorreisentirti(AnnaPalmaRuscigno)

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IRACCONTVINCITORI

1°.L'occhiodeldiavolo(MarcoScaldini)2°.I'llbewaiting(RenzoBeretta)3°.Questoèilmiocorpo(PaoloDalCanto)4°.Unadomenicaqualunque(RenataDiSano)5°.Tuttodiuncolore(MaxSpinolo)6°.Leparoledelvento(MariaRitaMilesi)7°.Unanotte,unavoce(NellaGalla)8°.Pietresempre(SerenaLari)9°.Pollinieantichiricordi(ImmacolataDiNardo)10°.Tu,ioegliaerei(LauraAndreozzi)

GLIALTRIRACCONTIFINALISTIINORDINEALFABETICO

>Armovincente(FabrizioBassani)>CalogeraFrazza(PikoCordis)>Contatto(NataleBrambilla)>Ilpediatra(AlbertoFavaro)>Ilvento(TeresaMarraffa)>Incubodietrolaporta(MarzioOrsucci)>Lacosapiùpreziosa(IreneRiccardi)>Latrousse(AlessandroPinci)>Lasciamientrareneltuosogno(TizianaSala)>Oceano(FedericoSpagnolo)>Profumodicaprifoglio(PietroFrancoTodisco)>Qualcosadibello(InesMarinelli)>Quandoildestinochiama(BarbaraPelosi)>Respiri(GaiaNicosia)>Unistantechecambialavita(FrancescaSala)>Unverogentiluomo(RobertaPalmonari)>Vorreisentirti(AnnaPalmaRuscigno)

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L'occhiodeldiavolodiMarcoScaldini

SebastianoVassalli,LaChimera

   Nellanotte tra il 16 e 17gennaio 1590,mani ignotedeposerosul “torno” cioè la grande ruota in legno che si trovava all’ingressodella Casa di Carità di San Michele fuori le Mura, a Novara, unneonatodi sesso femminile, scurodi occhi, di pelle edi capelli: per igustidell’epocaunmostro.

    La figura che aveva abbandonato la bambina sarebbestata indistinguibile anche alla luce delle torce, avvolta eingobbitadentrounmantello scuro,ma inquellanotte senzaluna si dileguò ancor più facilmente e in pochi attimiscomparvenelbuio.   QuelladiSanMicheleeraunacasadiaccoglienzanellaqualesolitamente trovavanoasilo forestieri,pellegrini,poveri,anziani,malatiindigentie,appunto,bambiniabbandonati.Unodi questi forestieri, giunto la sera prima, si trovava a passaredavanti alla ruota proprio nel momento in cui essa giravacigolando.L’uomosiarrestò,spaventato.   La ruota dava sul giardino interno, un piccolo spazioerboso con poche aiuole incolte. JacopoDelGaddo, questo ilsuo nome, vi si era avventurato poiché, svegliatosi in pienanotteconun’urgenzadasoddisfareenonavendorintracciatoil

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luogodidecenza,siaccingevaaliberarelavescicaall’aperto.   Unafiaccolaquasispenta,situataall’estremitàoppostadelcortile gettava un po’ di luce anche in quell’angolo. Dopoqualchesecondodiimmobilità,ilmercantedistoffeDelGaddosiazzardòaguardarsiattornoescorselaruota.   Inunattimocapì.Capìanchechenoneraaffarsuoecheavrebbe fatto meglio a cercarsi un altro angolo doveprovvedere ai propri bisogni, ma un’invincibile curiosità lospinseadavvicinarsi.   Nel semicerchio di legno individuò un fagotto grossoall’incirca come una pagnotta; non scorgeva nessunmovimento né udiva alcun vagito. Si guardò ancora intorno,come se a quell’ora potesse esserci qualcuno in giro, poi sidecise e sollevò l’involto. Tenendolo stretto si avviò verso lafiaccola per poterlo esaminare alla luce. Benché fosse unafredda notte invernale, sentiva emanare un calore fortissimodalquelcorpicino.   Quando fu sotto al cono dell’illuminazione, scostò ilrozzo panno che avvolgeva il neonato e lo squadrò. Labambinadormivaplacidamente,maJacopononebbetempodisoffermarsiaesaminarlaconcalma.Aldifuoridelpannoincuiera avvolta, la piccina era nuda e il mercante scorseimmediatamenteciòchenonavrebbevolutomaivedere.   Unneoovalesull’internodellacoscia.   Lostigmadiaboli.   L’occhiodeldiavolo.   In un attimo prese la sua decisione. Lasciare quellabambinanellemanisbagliatesignificavacondannarlaamorte.L’inquisizionenonbadavacertoall’etàdellasuppostastrega,seil marchio era ritenuto, come in quel caso, inequivocabile.L’avvolse nuovamente nella tela e si recò nelle stalle. Là sitrovavailsuocavalloelìvicinoilcarroconilqualetrasportavalapropriamercanzia.Trasseditascalachiavecheneaprivalosportellolaterale,loaprì,creòunalloggiamentomorbidofrale

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stoffe e vi depose la bambina. Solo allora si accorse di uncartiglioappuntatosuunangolodelpanno.Unasolaparolaviera scritta, con grafia svolazzante. Il nome della bambina:Azaria.   All’albasimiseinviaggiopertornareacasa.   Perfortunaabitavadasolo,dopocheilpadreelamadreeranomorti, lasciandogli il commerciodi famiglia.Nonduròperciò fatica a giustificare con la servitù lapresenzadi quellabambina, facendolapassareper lafigliadiuna lontanacuginache gliela aveva affidata perché, sola e malata, non potevaaccudirla.Lasuavecchianutrice lapresesubitoabenvolereeAzariacrebbeinquellacasa.   Gli anni passarono e gli affari di Jacopo Del Gaddoebberounafioriturasempremaggiore;parevachelabambinagli avesse portato fortuna: da solido ma modestocommerciantedivennenelgirodiunadecinad’anniunriccosignore, onorato e rispettato in tutta la zona della Lunigiana,doverisiedeva.   Considerata la sua posizione, non avrebbe avuto chel’imbarazzo della scelta se avesse deciso di ammogliarsi, marimandava di anno in anno la decisione, né avrebbe saputospiegare ilperché.Però,viaviachecresceva,guardavaAzariaconocchidiversi,nonpiùdapadre.Quandolaragazzacompìisedici anni lui, quarantaduenne, rese noto che l’avrebbesposata.   Azarianonsidimostrònésorpresanécontrariata.   Il giorno delle nozze era bellissima, con la carnagionescura a contrasto dell’abito bianco. Al ricchissimo banchettoche seguì, Jacopo fupresodauna allegria smodata.Mangiò ebevveadismisuraegliamicidovetteroportarloabraccianellacameranuziale,accompagnandoloconscherziemottisalacianonfinire.   Unavoltasoli, farfugliòqualcosaadAzariasullapropriaincapacità,inquelmomento,adadempiereaipropriobblighi.

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Leiparvenonascoltarloneppure.   Si spogliò, spogliò Jacopo e iniziò ad accarezzarlo, conmodiche,purnellasuaebbrezza,lolasciaronoattonito.   “Ma chi ti ha insegnato queste cose?” esclamò stupito,primadilasciarsiandaredeltutto.   Dopo,ebbeun sonnopopolatoda sogni inquietanti.Gliparve che nella camera entrasse qualcuno, un uomo senzadubbio, di pelle scurissimama dai lineamenti sfumati in unaspeciedinebbiagiallastra.Venivaalsuocapezzale,loosservavaconunghignoeglidicevacontonosardonico:“Tiringraziodiaveringravidatolamiafigliaprediletta.”   Sisvegliòconunmalditestalancinante.   Azariadormivadistesaaccantoalui.Nuda.   Era sicuramente una conseguenza del tremendo dolorechesentivanelletempie,maglisembravadivederpulsareconforzailneosullacosciadisuamoglie.   L’occhiodeldiavolo.

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I'llbewaitingdiRenzoBeretta

PedroChagasFreitas,Promettodiperdere

   Siamo tutti innamorati e folli. Così disse lei con quell’ariainconcludenteconcuidicevatutto.Siamotuttiinnamoratiefolli.

13OttobreCaro,latualetteramihafattomoltomale.Noncapiscol’accusache mi fai di esserti infedele. Come potrei tradirti, siamoinsieme da quattro anni e ti ho sempre dato prova del mioamore.Qualcunodeveavermivistoincompagniadiunuomo,non lo nego, ma credimi era per lavoro. Non ti arrivadall’AmericailSalesDirectordellanostramultinazionale?Sonoandataaprenderloall’aeroportoel’hoscorrazzatoingiroperinegozidelcentro.Nontidicochepalleepoihodovutopureaccompagnarlo in hotel. Sono convinta che il tuo“informatore”mihavistoproprio lì inhotelnelmomento incui il tizio ha ricevuto una telefonata da Los Angeles che loinformava che un suo carissimo amico non ce l’aveva fattadopounbrutto incidente stradale ed io chenon sopporto gliuomini che piangono l’ho abbracciato e sono rimasta a fargliun po’ di compagnia in camera sua. Ti sembra un’azioneriprovevole?Sospetto,solosospettoeccocosaèdiventatalatuavita!!Soloperchéqualcunotiinsinuaundubbiosubitotimetti

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a farneticare su ipotetici tradimenti che ti assicuro nonesistono.Rilassati,lasciatiandare,nonpuoicontinuareaviverecosì,losaichepoitivieneilreflussogastroesofageo.Allevoltesonoantipaticaloso,comel’altrogiornoquandotihoregalatodelthècinese,èverononsonomaistatainCina,l’hocompratodai cinesi sottocasa ma credimi l’ho fatto solo per rendermiinteressante. Tu invece l’hai buttato nel cassonetto, non miperdoniniente,seiintransigentecomeletueidee.Eccoperchéalgiornalenonvaid’accordoconilcapoeconiredattori.Nonscendimai a compromessi né sul lavoroné con i sentimenti.Amareèsapercomprendereesoprattuttosaperaspettare.ConamoretuaCandida

16DicembreCaro, la tua telefonata mi ha fatto molto male. Invece dicanticchiarmi ”I just call to say I loveyou” ancora conquestastoria che ti sono infedele, e questa volta mi hai addiritturaapostrofato con “sei una troia, ecco cosa sei” che mi haveramente offesa. Vorrei proprio sapere che cosa ti hannoriferitoquestavoltaletuespievistochenonmelohaivolutodire.Vediamo,tentodiindovinaretraduepossibili“scenedelcrimine”.Laprima,lacenanataliziaaziendalechegiàdiperséèunagranrotturadipalleperòbisognaandarcipenaprendertidell’asociale.Ediocisonoandataedallafinemiècapitatodidoveraccompagnareacasauncollegachenonsisentivabeneedi restare con lui qualche ora per sincerarmi delle suecondizioni.Allafinemisonoaddormentatasuldivanoemenesono andata la mattina dopo, tutto qui. Scommetto chequalcunomihavistousciredalpalazzo,magariqualchecollegaalqualenonèandatagiùlamiarecentepromozione.Oppurestaiavederechelaspiasiannidainpalestra,losaichecivadoduevoltelasettimanaperesseresempreinformaepiacertidipiù.Beneilragazzobiondochecifadaistruttorequandoglihodettocheperhobbydipingoacquerellihavolutoatuttiicosti

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venireacasamiaavederlielihamoltoapprezzatialcontrariodite.Tuttoqui,èunreatodiffonderel’arteinquestomondodicorrotti?Quellapalestraèuncovodivipere,sicuramentesaràstato qualche suo collega invidioso che ha pensato bene divenirteloadire.Sospetto,eccocosaèlatuavita!Rilassati,siitestesso. Quando l’altra sera ti ho regalato la scatola di sigaricubanihaicapitochenonl’hocomprataaCuba,nonsonomaistata a Cuba, l’ho detto solo perché da ragazza mi piacevaJuantorena.Tuancoraunavoltaseistatocrudeleel’haigettatagiùdalbalconeferendoilportinaioedilmioamorproprio.Seisemprecosìrigido,intransigenteealloranontimeravigliareseanchealgiornaletihannodatoilbenservitoperl’articolosulleprostitute brasiliane che “vengono qui a rovinare famiglie”eppure dovevi ricordartelo che il tuo capo ha sposato unabrasiliana. Adesso devi trovarti un altro lavoro e nonostantetuttosevuoipuoicontaresudimeperchéricordati “amareècondividereesaperaspettare”.TuaCandida

14FebbraioCaro, il tuobigliettomihafattomoltomale.Ormai lagelosianeimiei confronti si è trasformata in odio.Mi accusi di averpremeditatol’incidenteperliberarmidite,nientedipiùfalso,tunonsaicomestosoffrendoperquellochetistaaccadendo.Èstata solo sfortuna credimi. Ti spiego, stamattina lamia autononnehavolutosaperedimettersiinmoto.Semprepiùpresadi te non mi sono ricordata di avere un meeting con deicolleghi cinesi e allorad’impulsohodecisodiprendere il tuoSUVperandareinufficio, tiricordi,miavevidato lasecondachiave in caso di necessità. Avevo fretta, speravo di trovarloparcheggiatodavanticasatuaecosìèstato.Tihosuonatoperavvisarti ma non mi hai risposto ed avevo pure il cellularescarico. Credimi, non pensavo fosse così difficile guidare unSUV, è stato un attimo, non ho visto il vecchietto che

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attraversavasullestriscepedonali,hosentitoungranbotto,unurlo e presa dal panico sono scappata. Più avanti mi sonofermata,hocapitodiaverfattounacazzataesonoritornatadate, ho parcheggiato il SUV esattamente dov’era. Nel tuobiglietto leggo che una signorahamemorizzato il numeroditarga,perchélagentenonsifagliaffarisuoi,dicoio.Quandoipoliziotti sono venuti da te capisco quanto sia stato difficileconvincerli della tua buona fede e infatti non li hai convinti.Mettiti nei miei panni, non posso dire come sono andate lecose,perdereiilmiolavoroesoprattuttoperdereite.Credimi,il dover vivere le mie giornate senza di te sarà il modo piùcrudele per espiare la mia colpa. Adesso c’è pure il reato diomicidiostradale,perònondeprimerti,vedraichetraunpaiodi anni, forse qualcuno di più, uscirai di galera e io sarò lì,perché come dice il poeta, non mi ricordo quale, “amare èsaperaspettare”.C.

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QuestoèilmiocorpodiPaoloDalCanto

HanKang,Lavegetariana

   Prima chemiamoglie diventasse vegetariana, l’avevo sempreconsideratadel tutto insignificante.Peressere franco, laprimavoltachelavidinonmipiacquenemmeno.

Eradietroilbancodellamacelleriachefacevaangoloconlaviaprincipaledelpaese.Avevaungrembiulebianco,macchiatodisangue,lemaniprotettedaguantidilatticeelatestaavvoltainunaretinachenecontenevaicapellicolorstoppa.Unasmorfiale sfuggiva aogni colpodimannaia, schizzi e il rumoredelleossa che si spezzano. Se di lei, del suo corpo, un po’ tozzo esgraziato,delsuoviso,segnatodasangueesudoreeconquegliocchi un po’ a palla, quasi bovini, se di lei proprio nientepoteva piacermi, l’odore e il colore di quel sangue, di queglischizzi di carne e ossa, quel colore e quell’odoremi avevanosubito conquistato. Era la prima volta che entravo in quelnegozio.Ilminimarketsottocasaerachiusoperinventarioeiononpotevocertoaspettare.Èunaformadidipendenza,lamia.Nonnepossofareameno.Sangueecarnecruda,tuttiigiorni,atutteleore.Unacrisidiastinenzapotrebbeancheuccidermi,potrebbeportarmiall’autolesionismo,all’autocannibalismo.Entro,e leialzailsuosguardobovino.Entro,e leimisorride.

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Entro,elei,conquelsorriso,entra,dentrodime.Cominciai a frequentare quella macelleria tutti i giorni. “Ilsolito”, dicevo, quando toccavame. Lei alzava il suo sguardobovino, sorrideva e io la lasciavo entrare. Complicità, lachiamano.Mi teneva da parte i pezzimigliori,mi teneva gliscarti,mitenevabudellaefrattaglie.Alcunipezzimelipassavasottobanco, strizzando l’occhio. Sorriso e occhio bovino. Erainevitabile.Ci siamo sposati l’anno successivo. Il suo abito dasposaera rosso, rosso sangue.Così come l’hoconosciuta, cosìhovolutoportarlaall’altare.Avevocarneesanguetuttiigiorni,acasa.Nondovevopiùnemmenouscire.Comeconunabelvain gabbia, al circo, allo zoo, lei entrava, mi chiamava e milanciavacarne,ossae frattaglie.Avolte,a letto, lacoprivocoipezziavanzati,emangiavo,leccavo,mordevo,eavolte,avolteilsuosaporesimescolavaconqueipezzi,carnedimanzo,polloemaiale.Eraeccitante.Poiungiornol’hosentitaentrare,lasuavoce, strana, quasi tremula, che mi chiamava, mentre,attraversol’aria,nonarrivaval’abitualeodoredisangue.“Noncelafacciopiù”midice.“Noncelafacciopiù!”Mi dice che non ne può più, non ne può più di cadaveri, dipezzidi animali,di teste, arti,budella, chenonnepuòpiùdimorte.“Holanausea,intolleranza,forseallergia.Stomale.Nonriesconemmenopiùamangiarla!Nonriescopiùnemmenoadormire!”E diventa vegetariana. E si trasferisce nel negozio vicino, difronte, all’altro lato della strada. Un fruttivendolo. È unoscherzo.Èunoscherzo?Dimmicheèunoscherzo!Noneraunoscherzo.Eiocomefaccio?Iprimissimigiornireggo.Unapiccolascortanelcongelatoree

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unapiccola,piccolascortasottopelle,nellapancia.Lei intanto comincia a portare a casa frutta, e verdura, emangia,elasuapelle,acquistaprofumiemorbidezzachemaiavevaavutoprima.La notte comincio a mordicchiarla. Piccole ferite, leggereincisioni. Il sapore èbuono.Lei ride. Fa la smorfiosa. “Ilmiopiccoloedolcecannibale”michiama,mentreconlebracciamistringe, mentre con i denti affondo nella sua carne. Mangiaagrumi,ecolgounaromadiversoall’altezzadelseno,sicibadifunghi,el’orecchioprofumadibuonoelomordicchio.Sedanonel piatto, e gambe e braccia mi chiamano. E piano pianoimparo. Imparo che ci sono frutti e verdure che le dannosapore, odore, che la rendono succosa, gustosa, e scopro,scoprochec’èunlegamestretto,echehannolaformadelsuocorpo,chegliassomigliano.Taglioametàunpompelmoedètale e quale il suo seno, seziono un fungo e disegno il suoorecchio, sedano e vedo ossa di gambe e braccia, spacco unanoce ed ecco il cervello, un pomodoro per il cuore, zenzerocomestomaco,osservoungrappolod’uvaedècomeguardareipolmoni,fagioliperireniepatatedolciperilpancreas.Ecosìleimisioffre:leisicibadifruttaeverduraeio,iodellasuacarne.All’iniziononèstatofacile.All’inizio mordevo, succhiavo, strappavo, ma era doloroso,faticoso, e i risultati erano scarsi. In bocca mi restava pocacarne, leferitefaticavanoarimarginarsie leisoffriva,soffrivatroppo, ma io, noi, non potevamo più tornare indietro. Lacarne dimaiale, pollo,manzo, nonmi soddisfaceva più e leinonvolevapiùpezzidicadaveredianimaliincasa.Avevobisognodeisuoiaromi,deisuoiprofumiesapori,avevobisognodiportarmeladentro.Ho cominciato a studiare le tecniche più semplici dellachirurgia. Ho ordinato online un set completo da salaoperatoria: bisturi, aghi, forbici, pinze, divaricatori e spatole.

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Misonopoiprocuratounacannuladiquellechesiusanoperlaliposuzione.Eadesso,ogninotte,banchettoconilsuocorpo.Infilo un ombrellino da cocktail nell’ombelico, piccolaincisionepocopiùsopra,allabasedelseno.Infilolacannulaesucchio grasso e sangue. L’aroma è quello di pompelmo. Equesto è l’aperitivo.Epoi il resto, a secondadi ciò che leihamangiato,asecondadellastagione.Incido, divarico, mangio e poi richiudo. Sono diventatoesperto,ormai.Curolasuadietaelesueferite.Prima chemiamoglie diventasse vegetariana, l’avevo sempreconsideratadeltuttoinsignificante.Oraèl’unicapassionedellamiavita.Leimi sidonaanimae corpo.Minutrodi lei, e lei,pianopiano,pezzoapezzo,entradentrodime.Daquandoèvegetariana,ognisera,primadicoricarsi,sisfilaivestiti, sorride e allargando le braccia mi sussurra: “Ecco,questoèilmiocorpo.”

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UnadomenicaqualunquediRenataDiSano

WilliamBoyd,Unatempestaqualunque

   Cominciamodalfiume-tuttelecosecomincianodalfiumeedisicuroalla fine tornerannoal fiume-maaspettiamodivedere comeva.Fra poco, due o treminuti, qui sulla riva del fiume arriverà ungiovaneuomo.SiamosulChelseaBridge,aLondra.

Edèpropriounamagnificagiornata.Eccolochearriva,è lui, scendecorrendolungol’argine.L’ariaumidaagrandiboccategliirrorapiacevolmenteipolmoni.Sadierbabagnata.Guardatelo,conquellafelparossa,sembraunadolescenteaffamatodilibertà.Èdavveroinformaperfetta,quarantasplendidiannifrettolosisottoilcieloripulitodallanotte,mentregliuccelli,nelsilenziodelmattino,provanoilororichiami.Èdomenicaeisuoibambini,MaxedHelene,dormonoancora.SuamoglieMegègiàsvegliaetrafficainvestagliaconilbriccodelthè.Glisembradivederla,preparatoasttiepidiimburratieuovaalbaconpertutti.Lui si chiamaWilliam e sta tornando a casa, la sua fantasticacasa, nel cuore ricco di Londra, lussuoso involucro diun’esistenzaprivadi ostacoli. Sappiamocomeva, la sanavitafatta di accessori da famiglia felice, i viaggi, gli amici, lemiglioriscuoleperibambini.Eppure.EppureilsorrisodiWilliamstamattinaèunasmorfiasbagliata.Sen’èaccortodaun’occhiataallospecchio,quellanonèlasua

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faccia. Che splendida domenica! ha mentito, allacciandosi lescarpedaginnastica.Ora lo vediamo concentrato sulmovimento, conta i passi e irespiri, irespirie ipassi,unodue,unodue,unodue,ostinatonell’allenamentoall’indifferenza.Manelritmoregolatoesenzainciampièinagguatol’attacco.Laspaventosaimpressionedelsuocuorestrizzatoinunpugno.Comeunamuffa,dall’animasipropagaalcervello.L’ariaèunfilosottileches’attorcigliaallagola.Soffocanteariadifiume.Unatrappola.Lovediamoche continua la corsa,ma l’affanno lo insegue, siaccentua,lafittalampeggianelfianco.AllorapensaaMeg,allasuaMeg,aibambinicheloaspettanoacasapermontarglisullespalle, perché oggi è domenica, proprio una magnificadomenica. Ora imbocca il sentiero a sinistra, dove il fiumeserpeggiatrafitticespugli,ecercadiprenderefiato.Tuttook,vatuttobene.Questaèunadomenicaqualunqueeluièunuomodisuccesso.Eppure.Èlosforzodellacorsa,nient’altro.Solononsopportaquellafaticadeldiaframmachelocondannaad un senso di vuoto indicibile. Non riesce a costruire ilpensiero di Meg fino alla fine che già il cuore, impaurito,cominciaapulsarglinelpetto,ilflussodelsanguecostrettonelcorpoèl’ondadelfiumeinpiena.Helene,leiadoraglianimali,è così carina, quest’anno a Natale le regalerà un cucciolo disetter,sonogiàd’accordoluieMeg.Max,invece,vuolelabicinuovaedurantelevacanzeinvernaliandrannotuttiinsiemeaVenezia.Vatuttobene,vediWilly,vatuttobene.Eppurenoncelafa.Nonpuòancorarsiadunfragiletempodisabbia,stagionivolubilichescivolanoviadallemani.Èilfuturodiunaltro.Ègiàpassato.Noncicredeallepromessediunavitaalriparodaincidenti,èunbluffgiocatoasestesso,un’illusionedi libertà, non lo convince. Basta mollare la presa e, in un

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attimo, ildelicatoquadrettodomestico finisce in frantumi.Sefalliscel’affareconicinesi,nongliconcederannol’aumentodistipendioe lanominacheaspettadamesinonarriveràpiù.Aquarant’anniglivainfumol’occasionedellavita,ementreluicombatte un nemico che non vede, la sua fame d’aria, altriaspirantiloprendonoallespalle.Allucinatolimettegiàinfila,senestannofuoril’ufficiosbaraccatodallesuecose,prontiadoccupare i suoi scaffali, a parcheggiare l’auto nel suo garageriservato.Eppure.Eppureè tuttoaposto. Idottoridiconoche il suocuoreèunorologio perfetto. Hanno esaminato ogni pezzo, hannorivoltatotuttigliingranaggidelsuocorpoprigioniero,incercadiparole,perindovinarelamedicina.Masi trattadicurarelamalattia senza nome, senza un vero dolore, che gli è entratadentrodaqualcheparteesenestarintanata lì,nonsicapiscedove, non si sa perché.Quella fulminea vertigine che spegneglisprazzidiluce.Sul fiume il cielo è piombo. Grava basso sul suo respirospezzato.Anchel’odoredelboscogligiungecorrottodaglialitidellacittà,smossiinritardonelgiornodifesta.Moriredidomenica.Certo,sarebbeduraperMegeibambinirestaredasoli.ForseMegvendelacasa,forsesitrasferisceincampagnadaisuoi,maibambininonsitrovanobenenellanuovascuola,MaxpiangetuttiigiorniedHelenesirifiutadimangiare.Williamscuotelatesta,percancellarel’ombradiMegcheversadavanti a lui pallide lacrime di vedova. Riprende la fuga.Mapiùcorre,piùilcappiosiannodaallatrachea,piùilterroreloincalza,lobraccadaldidentro,sifalargonellasolitudineelospinge nella soffitta buia di un’infanzia piena di ragnatele.Impossibilerespirareaffacciatiaunafinestrasulnulla.Deve tornare aMeg, alla donna giovane e bella che è sua, aibambini, che crescono in fretta. Presto non avranno piùbisogno di lui. Deve tornare alla vita, ora, immediatamente,

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primachesiatroppotardi.Nonfarcasoaifrusciidellamorte,èquestoilfragilesegretodellafelicità.Ecco, di nuovo il cuore gli si agita in petto e il tumulto locostringeafermarsi,appoggiatoconlaschienaaduntronco.Silasciascivolareperterra,sedutosulmuschioumido,sfinitodauna guerra per la sopravvivenza che lo coglie sempredisarmato. Gli occhi socchiusi si arrendono ad un raggio disole. È la fine, sente che è la fine, come sempre, ogni volta èl’ultimavolta.Stavoltaèl’ultima.Davvero.Siportalemaniallagola,laboccaspalancatahabisognodiaria,servepiùariapervivere.Eppure.Eppure,anchestavolta,lasuafugadall’angosciasifermaadunpassodalprecipizio.ÈveramenteunabellagiornatasulChelseaBridge.Senonfosseperlospettrodellamortecheancheoggièvenutoa cercarlo, lo chiama nel rumore dell’acqua, occhieggia tra lefoglie dell’ontano e si beffa di lui.Così, solo per fargli paura,anche oggi,mentre il fiume continua la sua corsa e non si èaccortodinulla.

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TuttodiuncolorediMaxSpinolo

GianlucaMorozzi,L'abisso

   Quasi l’alba,adesso.Traventiquattrooremiamadresialzeràtutta giuliva, s’infilerà nel suo tailleur rosa confetto, farà colazionecanticchiando, usciràdi casa camminando sunubi di soffice vapore.“Vadoallalaureadimiofiglio!”ripeteràaivicinidicasa,logorroicacomeunnastro spezzato. “Vadoalla laureadimio figlio!Mio figliodiventa dottore!” […] Tutto bellissimo. Quasi commovente. Seescludiamoildettagliochenoncisarànessunalaurea,domattina.

Miamadre…Vuolesaperedilei?Il mondo reale non la riguarda: ne ha uno tutto suo. Fino aquandomiopadreèstatoinvitapotevaalmenocontaresuunriferimento preciso ma sono quasi vent’anni che non harapporti con la realtà.Quella laurea sarebbe stata la supremarealizzazione di questa strana donna e, mi creda, mi spiacetremendamente chiamarla così.Quandomancòmio padre lalaureadi un figlio fu il solo grande stimoloperproseguire lasuadifficileesistenza.Eccoperchésaliràsudiunaereochenonhamaipresoinvitasua,indosseràiltailleurrosaconfettochenonmettedaanniepiangeràtuttoilviaggio,parlandodelfiglioallehostess.Guardi, anche la mia camicia è dello stesso colore. Me l’haregalatalostessogiornochesiècompratailtailleur.Pensa che sia semplice essere il figlio di una donna così?Studiareinunaltropaeseconilcostanteassillodidoveressere

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all’altezza di aspettative esagerate? Sentirsicontemporaneamenteilfigliochedeverealizzareunsognoeilmaritocherappresentavaunriferimento?Forsedovreipiangeremanonciriesco.Èormaigiornoesiamosedutiinquestastanzadaquasiun’oramaleimisembrauntipopaziente.Iononodiavomiofratello,micreda.Tranoiirapportisonostatisempreottimi.Adesso lei si chiederà perché mai una sorella dovrebbeuccidere il fratelloconcuihasempre legato?Cosaspingeunaventennecarina,mediamenteintelligenteadistruggeretreviteinunattimo?Miofratellononc’èpiù, iomarciròincarcereemia madre rimarrà talmente sconvolta da uscirecompletamentedisenno.Lamiavitaèstatasemprequelladellanumerodue.Erosolounimprevistotollerato:lafigliachenonc’è,ilnulla.Lamia esistenza è stata rovinata findallanascita, a chi vuolecheimportidelmiofuturo?Peròpensoamiamadreeacomereagirà.Sta per prendere un aereo verso una notizia che non sarà ingrado di sopportare. E forse neppure io, quandome ne saròresadavveroconto.Darà un biglietto al taxista per essere accompagnataall’università.Domani si laureano in tanti e si farà inghiottire dallaconfusionefinoaquandodecideràdichiedereaqualcuno.Edèallorachesuofigliomoriràperlasecondavolta.Domani le dirò dove cercare il corpo dimio fratellomamiassicuri che andrà a parlare conmiamadre prima che possascopriretuttodasola.

Lo ammetto,mi ha completamente spiazzato.Mi sembra uncasoancorairrisoltoilche,conl’assassinosottochiave,èquasiparadossale. È rimasta sempre presente, lucida. Solo almomentodientrareincellal’hovistapiangere.

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Trapocoarriveràilrapportosulritrovamentodelcadaveremaora ilmio compito è avvertire lamadre. Spero che le parolegiuste arrivinoda soleperché inquestomomentonon sapreipropriocometrovarle.Midiconochel’aereoèatterratoinorario.Dovrebbeesserequia momenti e in base alla descrizione non sarà difficilericonoscerla.Il taxi non può essermi sfuggito ma le discussioni sono giàcominciate e il dubbio che sia già arrivata comincia adassalirmi.Meglioentrareinaulaedareun’occhiata.Niente.Èpassataun’oraenessunatracciadellamadre.Dopolaquartaproclamazionearrivalachiamatadellavolante,incaricata di cercare e identificare il cadavere; il corpo perònon si trova. Il capitano sta andando in carcereper condurresulpostolasorella.Intanto, daun altro latodel cortile, unapiccola folla escenelchiostrocentraledell’ateneo.Mi accorgodi aver commessouna leggerezza imperdonabile,supponendochelediscussionifosserotuttenellastessaaula.Miavvicinocorrendoaquellapiccolafollaealsecondoaccessodalcortile, dove intravedo altra gente e altri laureandi in attesa.Sentoapplausiveniredallasecondaaulaebaglioridiflashdallevetrate.Troppa gente, difficile farsi largo senza essere sgarbato. Unprofessore in toga sta chiedendo a tutti di accomodarsi versol’esterno per lasciare spazio alla discussione successiva manessunosembraascoltarelesueparole.Miavvicinoaforzadispintoniperchéfinalmenteriescoaintravedereuntailleurrosaconfettoacolloquioconilprofessoredell’annunciodipocofa:la madre sta per scoprire tutto e nel modo peggiore. Arrivovicino a leimentre saluta in lacrime il cattedratico e si voltacommossa ad abbracciare il neo dottore alle sue spalle. Unragazzo alto e magro, commosso come lei, che continua aripeterle“graziemamma”.

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Nonsosepresentarmi,mentreildialogoprosegue:“Tuopadreoggisarebbecontentocomeme.”Sonosconcertatoetalmentevicino da rimanere quasi coinvolto nel loro abbraccio e inquellelacrimedigioia.Ma perché inventare un fratricidio? Provo a chiamare ilcapitano che dovrebbe trovarsi con la sorella sul luogo di undelitto non avvenuto. Sullo schermo del mio cellularemoltechiamate perse proprio del capitano. Esco in fretta dall’aulamentre il graduato risponde dopo solamente uno squillo: sitrovaincarcere.Salgoinautodopoaverchiestoadunmarescialloinborghesediseguirecondiscrezionelafestadilaureaancoraincorso.Neltragittoversoilpenitenziarioprovoaricomporreilpuzzledellavicenda.Anchenelcorridoiodidetenzionetuttomiappareconfuso.Chiamo il maresciallo all’università che nel frattempo si èspostatoinunbardellazona,affittatoperilrinfresco.Raccontadiunamadrefeliceediunfigliospaesato.Spaesatocomeme,mentrevarcolasogliadelbloccocelle.Nellanumerotresistannoultimandoirilievi.Mitrovosedutosulla branda senza riuscire a dire una parola; senza neppureprovarci. Anche qui bagliori di flash ma nessuna festa daimmortalare. Una leggera brezza entra dall’unica finestra,lasciatasocchiusa.E vicino a quella finestra, con uno spettrale effetto dicontroluce, è sospeso un corpo di giovane donna, con lamanicadiunacamiciarosaconfettoannodataintornoalcollo.Sto sempre seduto mentre l’ultimo tassello del mosaicoraggiungelentamentelasuaposizione.Ildrammahacambiatolesuetinte.Misentol’assassinodiunfratellosoffocato,diunasorella rifiutatae anchediunamadrechevivenella sua fintarealtà. Ed è in quella realtà che devo nuovamente entrareperché c’è una notizia tremenda che va comunicata. Restoancora qualche minuto all’interno di quella morte che forse

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avreipotutoevitare.L’intuitoacuispessohofattoricorsooraha ilcoloredel fallimento, ilcolorerosaconfetto.Nel tragittoverso l’università la mia mente cerca ancora parole che nonriuscirà a trovare. Sono però una persona paziente: aspetteròchearrivinodasole.

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LeparoledelventodiMariaRitaMilesi

ItaloCalvino,Marcovaldo

   Ilvento,venendoincittàdalontano, leportadoniinconsueti,di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati dafienochestarnutanoperpollinidifiorid’altreterre.

Queste anime delicate sono in special modo eccitate dallabrezza primaverile, che insinua nei loro cuori un misto dimelanconia e dolce trepidazione. Tendono l’orecchio eascoltano, attente, i sussurri del vento, che trasporta vociremote e narra storie dimenticate o mai rivelate. Quando sileva più forte, il vento scompiglia ciò che è accuratamenteriposto, facendo volteggiare tra i palazzi inondati di lucesacchetticolorati,foglidigiornale,calzetteecanovaccistesiadasciugare. Le foglie da tempo cadute, perduti i caldi colorid’autunno e accartocciate dall’inverno rigido e secco, siridestano in turbinii vivaci e inquieti, presentendo la fine dellorocammino.Agnese, seduta suunapanchinadelparco,osserva incantata imulinellidipolvereefogliechesirincorrononervositraifilid’erbalisciatidalventodimarzo.Icapellibianchilesfuggonodalla berretta di lana, indomiti, danzando come puledriselvaggi.È trascorsa un’ora, o forse unminuto. Agnese non porta piùl’orologio al polso, esile e stanco. Spesso confonde i giorni,talvoltaunminutoleparelungoquantoun’ora,mentreinteresettimanesvanisconoinunbattitodiciglia.

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Le mani, tremule e minute, sono infilate nelle tasche delcappottodilanaverdeincercadiunpo’ditepore.Nelladestraèinfilatounfogliodicartaripiegato.Agneselotienestrettofraledita; il contattocon la superficie liscia le infondesicurezza.Sa che quel foglio ha un’estrema importanza, ma non nericordalaragione.Volge ilvisoverso il laghetto,affascinatadallacoppiadicigniadorni di piume nere. Esibiscono alteri il becco arancio escivolano eleganti sulla superficie del piccolo stagno,immergendo il collo lungoe affusolatonell’acqua, a turno, incercadicibo.«SignoraAgnese,hafreddo?Voletetornareacasa?».«No,sistabenequialsole».Lagiovanedonnasedutaaccantoaleièsempredolceegentile,la assiste e la accompagna dappertutto.Ma non rammenta ilsuonome.«OggiCarlapasseràatrovarmi?».«Nonsosignora,lasuafigliaètantoimpegnataconlavoro».Agnese alza la testa verso il cielo terso e ammira i nuvolonisoffici e candidi come cotone. Mutano rapidamente la loroforma, modellati da mani laboriose e invisibili. Le pare discorgereilvisodiCarlaquand’erapiccina,conicapellilegatiinduelunghetreccinebionde.Agneseamasuafigliapiùdiognialtracosaalmondo.Èlasuaunicaragionedivita.È passata un’eternità dall’ultima volta che l’ha vista, operlomeno così le sembra. Sa che la sua memoria spesso lainganna tagliando interi spezzoni della sua vita, lasciandolasgomentaesmarrita.Agneseprovaafarsistradanellanebbiagelatinosacheavvolgelasuamente,ovetuttoèopacoeconfusoneltempo.Labrezzafrizzantelasoccorre,sollevandoquaelàilvelochecelaisuoiricordi.Agnese ritrova un’immagine nitida. Lei e Carla sono sedutesulle sedie bianche del bar di Mimma. È estate e bevono

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entrambeuntèfreddoallimone.Carlalestaraccontandochel’indomanipartiràperilmareconGisella,lasuaamica.Sì,oraricorda bene, è la settimana prima di Ferragosto. E poi?Quando si sono riviste? Agnese non lo sa, non rammenta diesserestataconleidopoquelgiorno.Reminiscenze del recente carnevale,mille coriandoli colorativorticano agitati intorno ai suoi piedi. Guardandoli roteare,tutt’a un tratto ricorda che una pagina di giornale, volandoinsieme ai piccoli dischetti di carta, le si è impigliata tra lecaviglie. Quand’è stato? Il giorno prima? Ier l’altro? O unminutofa?Agnesericordasolamentechel’haraccoltaeinfilatanellatascadestradelcappotto.Sì,eccola!Percepirneilcontattocon lamano laconforta.Nonricordacosavi sia scritto,maèfondamentale che le dita la sfiorino e ne rievochino lamemoria.Diquestoèsicura.«Signora,vadoadarepaneseccoacignieanatre».Masha. Ecco il nome della giovane donna. Agnese la osservamentre si avvicina al laghetto, animato da numerosi germanireali. I maschi, dal collo verde bottiglia e lo stretto collarinobianco,sonoimpegnatineilorotipiciritualidicorteggiamento.«Quando verrai a trovarmi Carla? Mi manchi tantissimo».Agnese sussurra piano queste parole, mentre due lacrimescivolanolentesullegotescarne,arrossatedalvento.“Possibileche ti sia stancata della tua mamma? Oppure sono io chedimentico le tue visite affettuose? Mi sento così sola, cosìconfusa…».Accarezza con le dita il foglio dalla grammatura leggeracustoditonella tasca.Unaparte remotadella suamenteguidasicuralamanomalferma.Estrae lapaginadelquotidiano,cherecaladatadel19agosto2016.Il titolo in grassetto spicca spietato a metà pagina: Muoreannegata39ennediMilano.Agnese,raggelata,leggeiltrafiletto.Una 39enne diMilano, Carla Pozzi, è annegata ieri pomeriggio inuna località balneare del Ferrarese. La donna, al momento della

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tragedia,eraconun’amica,G.S.,apochimetridallariva;troppofortelacorrenteperpermettereaisoccorritoridiinterveniresubito,ecosìsièconsumatoildramma.L’amicaèstatatrattainsalvo,nulladafareper la 39enne. Il corpo senza vita della donna è stato restituito dalmare, sulla riva, a poche centinaia di metri dal luogodell’annegamento.Con le dita sottili e nodose, Agnese ripiega lentamente lapaginadelgiornalee la riponeconcuranella tascadestradelcappotto.Non leva lamanodalla tasca,non lascia lapresadaquelfoglio.Gliel’ha affidato il vento, che trasporta nell’aria parole mairivelate, per timore che le anime delicate non le possanosopportare. Gliel’ha affidato il vento, che narra storiedimenticate dalle anime sensibili, poiché le loro fragilimemorienonlesannotrattenere.Le parole del vento si levano tra i rami ricamati di teneregemmeesiinnalzanosu,finoallenubi,epoioltrel’azzurrodelcielo.

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Unanotte,unavocediNellaGalla

PaulAuster,Cittàdivetro

   Cominciò con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nelcuoredellanotteelavoceall’apparecchiochechiedevadiqualcunochenoneralui.

La voce era femminile e, per un istante, l’uomo pensò, anzicredette,chealtelefonocifosselei.Daquandosen’eraandata,treanniprima,glieracapitatoaltrevoltedisentireunavoceilcuitimbroolacadenzagliavevanoricordatoquellidilei,cosìcomeglierasuccessodicogliereungesto,un’andatura,persinolaformadiunanuca,similiaquellidilei,mamail’impressioneerastataforte,inequivocabile,addirittura,comequesta.E così, non sa bene per quale impulso, le risponde come sefossedavveroquellosconosciuto.“Sì,sonoio.”Un’esitazione, dall’altra parte. “Hai una voce strana. Non misembritu…”“È…perchénonmisentidatantotempo…”“Nonso…”“Dovesei?”“Nonsosedirtelo,forseèmegliodino.Anzi,disicuroèmegliodino.”“Perché?”“Perchéverrestiacercarmi,vorrestiveniredame,vedermi…eiononvoglio,adesso.”“Comevuoi.”

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“Ecco, vedi, sei strano. Una volta non mi avresti mai detto:comevuoi.”“Adesso sono così. Ma…” l’uomo ha quasi paura a porre ladomanda,maormaièiniziataquestaspeciedigiocoeluinonsipuòfermare:sisentecomeunapallinasuunpianoinclinatoe non può che continuare a rotolare. “…perché mi haichiamato?”“Mah…” un suono sommesso, un gorgoglio leggero cheassomigliaaunarisatina,“forsepersentirtidire:comevuoi.”“Ah,èunbuonmotivo.”Lavocetornaseria.“No,c’èunbuonmotivo,mamisachetelodiròun’altravolta.Possorichiamarti?”“Certo.”“Nonimportaselofaròancoramoltotardi?”“Nonimporta,anzièmeglio.”“Ok.”L’uomo non prende più sonno, dopo la telefonata, ma, inrealtà, non lo desidera nemmeno. Ripete, dentro di sé, lebattutediquellaconversazione,riascoltaquellavoceeanchelapropria, lefrasichehapronunciato.Perchéhaparlatoinquelmodo, perché si è rivolto alla sconosciuta come se fosse lei,senzanemmenochiederleilnome?Echecosavoleva,checosavuole quella donna da lui o da chi crede che lui sia? Chi èveramente? Come mai è in possesso del suo numero ditelefono? Le domande si accavallano nella sua mente,martellanolasuacoscienza,ma,stranamente,nonsuscitanoinluiun’inquietudineprofonda,né,tantomeno,unsentimentodiangoscia; al contrario, gli comunicano quasi un senso dicompiutezza,comediunacomunicazioneriannodata.Siaddormentaall’alba,diunsonnobreveeprofondo,dacuisirisvegliaconun’energianuova,unaspeciedislancio,dieuforia,che lo accompagna per tutto il giorno, nelle occupazioniquotidiane.

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Ladonnacontrollal’orologio,allalucebluastrasoprailletto:le2.30. Nel reparto c’è finalmente silenzio. Ma non riesce adormire, non ci provanemmeno, anche se non sente dolore.Gli analgesici stanno facendo il loro lavoro e i sedativi, senzaindurle proprio il sonno, le regalanoun leggero stordimento.Che sia per l’effettodei farmaci che le è venutaquella stranaideadichiamarepropriolui?Diripescareinquellafessuradelportafogli quel bigliettino scritto a matita con quel numerotelefonico,conquellacifrasbiaditanellapiegadelfoglietto:un1oun7? (Hapremuto il 7,alla fine,perché lepiacedipiù.)Èstato emozionante sentire quella voce, familiare, in una certamisura, ma con delle note diverse da come la ricordava. Èdavvero solo effetto del tempo trascorso? O del suo lieveintontimento?Comunque,leisièsentitasubitoinsintoniaconquell’uomo,eluilehaparlatoconmoltanaturalezza,comesesifosseroseparatipochigiorniprima.Invece sono passati anni. Era stato un incontro casuale, inlibreria. Lemani si erano urtate, dirette verso lo stesso libro;poi le scuse, un sorriso, la scoperta immediata di un’affinità.Eranousciti insieme, un caffè, e poi quel parlare senza fine…Era cominciata così la loro storia. Intensa, frenetica quasi,eppureconunavenadidolcezzacheleinonavevamaitrovatoprima e non avrebbe più trovato nemmeno dopo. Non eradurataalungo,luiavevamostratoancheunlatodipossessivitàche l’aveva allontanata. Poi lei aveva incontrato l’uomo cheavrebbe sposato.Si eranoamati, finoalla scomparsadi lui, inun incidente, quattro anni fa. Eppure le è rimasta dentro, daqualcheparte,inspiegabilmente,unatracciadiquelladolcezzainimitabile, di quell’amore del passato, nonostante le sueombre.Tralafolladiricordi,unoaffioranitidissimo:leistesasuldivano,prostratadauna febbrealtissima, improvvisa,unabrutta influenza, e lui, passato a salutarla, ignaro del suomalessere,che lestendesopraunacopertadi lana (sì,eraunacopertamarroncina a righe bianche, che aveva da sempre), e

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gliela rincalza attorno al corpo con una delicatezza quasimaterna… era rimasto a vegliarla, poi, tutta la notte, fino aquando la febbrenon era calata. Ecco, unadolcezza così noneraappartenutanemmenoasuomarito,chepurel’avevatantoamata. Ora le è chiaro: gli ha telefonato per via di quellavecchiacoperta.Lesembraancheadessodisentirneilcalore,similealteporediunacarezzaavvolgente,e senteche finalmente sta scivolandonel sonno. Quello che la aspetta i prossimi giorni le apparecome filtrato attraverso un velo lattiginoso: sa che leparlerannodel“protocollo”incuiinserirla(radioochemio?),lediranno che bisognerà valutare la natura della cosa che lehanno tolto, i linfonodi, eccetera eccetera… ma… la copertamarroncina attenua il gelo di quelle parole. “Protocollo” la faaddiritturasorridere:noneranodeifogliarighe,pericompitiinclasse,alliceo?

L’uomo spegne la televisione. Anche i programmi dellasecondaseratasisonoconclusi.Sispogliaesimettealetto,manonspegnelalucesulcomodinoecercadileggere.Nonèmaistatoungrande lettore,mavuole restare sveglio.Ricorda chelei, invece, leggeva moltissimo. La luce sul suo comodinorestavaaccesaalungoequestospessoloinfastidiva,provocavale sueproteste, a voltequalchepiccolobisticcio.Dopo che sen’eraandata,permolte,moltenotti,avevatenutolaluceaccesasulcomodinodilei,fingendochefosseancoralì,conunlibrotralemani.Ecco,glivieneinmentedifarloancheora.Comese l’avesse evocata, squilla il telefono. Dopo il terzo segnalerisponde.“Pronto,seitu?”La voce è più limpida stasera, anche se con una vena distanchezza.“Sì,sonoio.Comestai?”“Be’… ho passato momenti migliori, ma non è proprio per

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questochetihochiamato,ancheseiericredevodisì.Èchemiè venuta inmente una cosa, un episodio. È incredibile comecertimomentirestinoimpressi,finneiparticolari,anchedopotantianni…”“Già,succedeancheame.Anch’iohomoltiricordi.”“Ah sì? E sì che ne è passato del tempo! Sono successe tantecose,immaginoancheate.Tucomestai?”“Bene,adesso.Sì,tantecose…masonoqui.”“Sai,chissàseanchetutiricordidiquellasera,dame,avevolafebbre,mihaimessoaddossolamiavecchiacoperta…”“No,veramente,nonricordo…”Silenzio. La donna improvvisamente pensa che forse la cifraesatta era 1, non 7. E subito dopo pensa di averlo saputo findall’inizio.“Senti,tunonsei…vero?”“No,nonsonoio.”Ecco,l’hadetto.Nemmenoladonnaèlei.Nonpuòesserlo:leisen’èandatapersempre,treannifa,hachiusogliocchitralesuebraccia.“Anchetunonseilei.Hailastessavoce,maleinonc’èpiù.”Ladonnataceperunlungominuto.“Midispiace.Anch’iosonorimastasolaquattroannifa.”Nel silenzio della notte i pensieri dell’uomo e della donnafluttuano,finoaincontrarsi.“Sepertenonèunproblema,puoichiamarmi,qualchevolta.”“No,nonèunproblema,lofarò.Tichiamodomani.”“Ok,allora,cisentiamo.Ioaspetto.”

Nelsilenziodellanottetremalapromessadiunavoce.

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PietresemprediSerenaLari

PaulAuster,Cittàdivetro

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Una voce concitata, roca, di donna non più giovane, macomunque energica, forse fumatrice. ‘Giovanni, Giovanni’chiamava impaurita nella cornetta, il respiro affannato. Pochisecondiepoipiùniente,un rumore sordodioggetto lasciatocadere,lalineainterrotta.Eranole3.38.Ancoraintontitodalsonno,ilbattitoacceleratoperlospaventodella sveglia improvvisa, appoggiò la cornetta sul suobasamento, sul mobile dell’ingresso. Giovanni. Il tremito diquellavoce,ilsuoterrore.Potevaessereunapersonaanzianachestavamale,checercavaaiutonelfiglio?Unaiutochenonsarebbemaiarrivato,lanottepassata riversa sul pavimento, al freddo, fino a rendere vanoognisoccorso?O forseun tentativodi furto,nellavecchiamanobiliarevilla,un rumore al pianterreno, poi i passi sulle scale e infine unospintone, nella migliore delle ipotesi, la cornetta cherumorosamentesischiantasulmarmodellastanzadaletto.Un’amanteabbandonatadall’amato,dopounlitigiofuribondo?Un’incolmabileincomprensione?Unavestagliafantasia,moltesigarettefumatenervosamentesudiunbalconescrostato?

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Giovanni.Lanottesquarciatadaquelnome.Eranopassaticinquantadueanni,daquandoGiovannigliavevacambiato la vita. Cinquantadue compleanni, cinquantaduenatali, capodanni, mesi di aprile dalle fioriture sorprendenti,cinquantaduecalureestive, ferragosti.Era il 1944.Unavita fa,inpratica.Equelnomesemprelì,sotterratosottoplichidioredi lavoro, di cene da preparare, letti da rifare, panni dastendere,giteallago,cartoline,spesealmercatoeinfluenzedistagione. Sepolto dalle innumerevoli piccole preoccupazioniquotidiane,lebollette,lapatentescaduta,ilguastoallacaldaia,da entusiasmi amarognoli di nuovi amori sbocciati e poirapidamente appassiti. Giovanni, il sottofondo della suasolitudineinscalfibile,diogniincubonotturnoripetuto,diunarabbia irrevocabile.Unnomesempreappuntito,vivido,comeun dente sensibile che lo faceva trasalire ogni volta, appenasfiorato.Provòatornarealetto,manonriuscivapiùadabbandonarsi.Ilrespiro affannato, la fronte imperlata di sudore. Perché eratornato, quel nome, invocato prepotente nella notte? Perchéproprioalui,eperchéadesso,cheeraunautunnomalinconicoenebbioso,propriocomeallora,perchéorachenellavecchiaianientesembravapiùavereunadirezione,ounoscopo?Erano stati come fratelli, cucciolidello stessobranco. I giochinell’aia, lecorseneiboschi, leciliegierubateagiugno, leraneneifossi,leginocchiasempremassacratedatroppisalti,tropperovinosecadutetralerisate.LasorelladiPinospiatadalbucodella recinzione, le sigarette rubate la sera prima al padre.Avevanoavutoquellacomplicitàdeiquindiciannichemaipiùsiritrovalungolavita.Ma poi era arrivata la guerra, a sparigliare i destini. Avevanoresistito insieme, lui e Giovanni, con altri sette del paese,appena ragazzi. Sulle montagne, a patire il freddo, la fame,malearmati,maleequipaggiati.Gliidealibruciavano,inquellagioventùacerba,ildesideriodigiustiziaeracomeinevitabilee

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divoravaognitimore,l’amicizialifacevasentireinvincibili.Giovannierasottoalgelso,alconfinetraiduecampi,sottounmetro e mezzo di terra. Uno degli ultimi gelsi, nodoso,massiccio, che il tempo furibondo aveva risparmiato. Vestitonella sua camicia bianca un po’ lisa, la cintura di corda, ipantaloni marroni stropicciati e logori sulle ginocchia. Lescarpe no, quelle gliele aveva tolte. E la testa spaccata da unsasso,propriosopra l’orbitadestra, icapelli intrisidiunrossoappiccicoso,unostuporeincredulocongelatonellosguardo.Ècheiltemposalogorareancheletramepiùsolide.Fuperlosfinimento, il dubbio che gli rodeva le notti, o la voglia ditornarealloscoperto,chedecisediparlare,inquell’autunnodel’44, di vendere la vita dei compagni. Ma chi ci conosce nelprofondoècapacediintuireognipiùaccennataespressionedelviso, ogni risposta sfuggente, ogni impercettibile esitazione.Nonavevapotutofarealtrochescagliarequelsasso,allimitaredeicampi,sottoalgelso.Unatraiettoriaprecisa,feroce,versoilsilenzio.Ognidiscussione interrotta.AvevavissutoalpostodiGiovanni, il suo tempo adulto, poi la vecchiaia. Con laconsapevolezza esatta di avergli sottratto anni diinimmaginabilipossibilità.Cinquantadueanniaconvivereconquelleimmaginiferoci,senzapoterviverepiùdavvero.Eranogià le6.05, la lucecominciavaa filtraredaibuchidelletapparelle nella stanza da letto. Si alzò, il pigiama madidoappiccicatoallaschiena,allegambe.Andòinbagnobarcollandoappena, si lavò la faccia, si vestì. Una stanchezza anticaappesantiva i suoigesti, ilpennellodabarba sembravapesarechili, l’acqua gli sfuggiva dalle mani, allargandosi sulpavimento. Dovette aggrapparsi al lavandino, fissando leproprieorbitenellospecchio.Nonpotevapiùsopportarealtregiornate vuote, riempite di memorie. Né notti squarciate darisveglitumultuosiesudati,nésognifintropponutritidirealtà.Era vecchio ormai, più vecchio di quanto i solchi del visopotesserodimostrare.

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Una strana allegria lo prese allora, come un’euforia nervosagermogliata dall’angoscia della notte, dal buio vischioso esoffocante in cui era rimasto incollato da quel giorno diautunnoditantianniprima.Ilcoraggiodichihacosìpocodaperdere,unmonolocaledesertoepolveroso,ilticchettiodiunasveglia, tre tegami consunti, la spesadel giovedìmattina, unalampadina troppo fioca,una finestra sulla strada.Una rubricadel telefono coperta di polvere. Un rosario di giorni tuttiidentici, il televisore sempre acceso su programmi maiguardati.Unavitavissutacondellepietreaguzzesemprenelletasche.Entrò in casermaalle 8.12, si feceoffrireuna sedia, e iniziò araccontare.

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PollinieantichiricordidiImmacolataDiNardo

ItaloCalvino,Marcovaldo

   Ilvento,venendoincittàdalontano, leportadoniinconsueti,di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati dafienochestarnutanoperpollinidifiorid’altreterre.

“Etciùùùùùùùùù…”Inquellatorridanottedigiugno,vittimadeldonoinconsueto,Lisa si esibisce in uno dei suoi migliori starnuti. Sonoro,perforante,prolungatissimo.Laragazzaèconvintachesiastatoudito ben oltre gli angusti confini della sua camera, la n. 24dellaPensioneMargheritadiSestriLevante.Vièapprodatadaalcuni giorni, per cercare sollievo alla sua devastante riniteallergica.Sa di aver risvegliato tutti gli ospiti del piccolo albergofamiliare,esichiedequantialtridisgraziativecchietti,alloggiatinellelimitrofePensioneSorriso-Annalisa-DaLele,hasottrattoal loro gracile sonno. Per non pensare al peggio, nel caso dieventualicardiopatici.Inquellastagione,toltopersonalediservizioegiovanimammecon infanti, l’unica under 30 nel raggio di chilometri eraprobabilmente proprio lei. E non dimentichiamo la fragiletramadeivegliardisonni.Cerca di farsi forza davanti alla prospettiva di una notte inbianco,traspray,collirioeantistaminici.Atastoni,perevitarediferirsigliocchi,duefessurerigonfie,etamponandosiilnaso,altrettantotumefatto,conunbrandellodifazzolettinodicarta,

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necercaaffannosamentedeglialtrisulripianodelcomodino.Ècostretta ad accendere l’abat-jour a fianco del letto perilluminareladrammaticasituazione:lesuescorteassommanoallamiseria di due… DUE pacchetti cincischiati, per altro giàaperti!Orrore!Elaconsapevolezzachenonlerestachefidarenella morbidezza dei rotoli di Tenera Tenderly nel bagno enellagenerositàdellacamerieranell’averpredispostounrotolodiriserva.LaconsiderazionelestrappaungemitodiimpotenzaeLisasiaccascia,vinta,sulletto.“Etciùùùùùùù…”Sicuramente, almeno uno degli ospiti dell’albergo era statotraumaticamente risvegliatodaun laborioso sonno, raggiuntodapocopiùdiun’ora.Nonpotevaesserealtrimenti,trattandosidelvicinodistanza.IlprofessorCorradoNicosiaerastato,sinoapochi anni prima, unpopolare insegnante di latino e grecopresso il Massimo D’Azeglio, uno dei licei storici di Torino.Attualmente, la ragazza nella camera a fianco alla sua l’avevadeclassatoadamabilevecchietto.L’anziano ospite è perfettamente lucido, come sempre gliaccadeappenaapertigliocchi.Scacciaconunsorrisoilfastidiodelbruscorisveglio,grazieallasimpatiacheprovaperLisa.Haavuto modo di scambiare con lei piacevoli chiacchiere,commentando l’irrisoriacolazione a buffet dellamattina.Poi, ilprofessore prende dal comodino a fianco l’ultimo Poirot e siaccingealeggerlocorteggiandoilsonno.Gli etcciùùù della brunetta, intanto, continuano implacabili,sperimentandolepiùarditetonalitàemodulazioni.Nicosiasorride.Èvero,stavoltadovrebbeavercelaconlei.Erariuscito a conquistarsi, e da così poco, un sonno profondocomenonglicapitavadatantoeinvece…Manonselasentedidimenticarelenottiprecedenti,incuiglistarnuti, le esclamazioni di fastidio, e gli sbuffi, provenientidallacameraafianco,gliavevanotenutocompagniaeresapiù

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sopportabilelasuaricorrenteinsonnia.Epoi,stavoltainuncertoqualmodoeradiverso.Nonsapevacome, eppure quei curiosi starnuti qualcosa gli richiamavanoallamente,qualcosa che loemozionava,manon sapevadovecollocare.Infine, mentre va perdendosi nelle lucide dissertazioni diPoirot,un’inflessioneinsolitanell’ultimodeinumerosistarnuti,con impressionante subitaneità, gli fa ritornare tutto allamente.Stavolta si era trattato di un suono diverso. Un’emissionetimida,esitante,breve.Comediungattinochearticoliiprimimiagolii.Come quelli che emetteva Eleonora, pedalando insieme in bicicletta,muscoliguizzantiesudoresullaschiena,mentreattraversiamocampidi grano biondi, con i covoni di fieno allineati, nelle interminabiliestatideinostriquindicianni.Eleonora?Eperchédopotantotempocipensavaadesso?Non era stata uno dei suoi grandi amori, né il tradizionaleindimenticabile,primoamore;ealloraperché?Perché,cosìnitidi,rivedeimilleparticolaridiquell’estate?Ilsudorecheincollagliabitieglifaintravedereleprimeformedell’amica, risente il torpore di quel caldo lontano e avverteperfettamente-masìproprioqui,proprioadesso-l’odoreintensodel fieno, che sembrava esser dappertutto e, subito dopo, glistarnuticontinui,lunghissimi,matimidi,smorzatidiEleonora.Luichelaprendeingiro,leichetentadistarealgiocotraunostarnutoel’altro,occhirossiecontinuerichiestedifazzoletti.Perché? Perché? si chiede, gli starnuti di questa ragazzina gliriportano alla mente Eleonora e l’estate a lei legata, ormaiscomparsaneltempo?Eppureèbello,ècosìbelloricordare!“Etciùùùùù”Lungo, ma smorzato e meno irruente, lo starnuto gli arrivadallastanzaafianco.

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Eleonora si toglie il golfino di cotone e lo appoggia sul portapacchidellabicie, traunostarnutoeunasoffiata, trovail tempodigirarsiindietroelanciarmiunbacioconlamano.“Etciùùùùù”Eh!stavoltaèpotente,potentemabreve.Eleonora cerca disperatamente il fazzoletto in tasca e ne estrae lamano vuota. Felice di soccorrerla le porgo il mio, intatto, lei ciappoggiasopralelabbraesorridendomiguarda.“Etciùùùùù”Netto,perentoriolostarnutodellastanzaaccanto.Come le mani di Eleonora che mi attirano a sé, che prende, lei!,l’iniziativadibaciarmi,inquellaSiciliaspersainuntemposvanito.E così, dolcemente, un po’ alla volta, tra uno starnuto e unricordo, Corrado Nicosia, professore in pensione di latino egreco, in questo momento quindicenne ai suoi primi ardori,abbandonaillibrosulpetto.Perlaprimavoltadaannientrainquel sonno pieno e compatto in cui è permesso inoltrarsi,immemori e felici, solo a chi è, o è riuscito ad esserlo, perqualcheestateinuntemposvanito,molto,mamoltogiovane.

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Tu,ioegliaereidiLauraAndreozzi

MurakamiHaruki,Gliassaltiallepanetterie

   Inognicaso,avevamofame.Anzi,perl’esattezza,cisembravadiaveringhiottitoilvuotocosmico,quellaeralasensazione.All’inizioeraunvuotopiccolo,macolpassaredeigiorniandavaespandendosiall’interno del nostro corpo e prendeva le dimensioni di un abissosenzafondo.

All’inizio non l’avevamo neppure nominata, la fame, e cieravamomessiaparlarediaerei.Eravamo seduti sul ciglio di una strada, con le ciabatte chesciaguattavanonel fango,quando Jorgeavevaalzato la testa emiavevachiesto:«Tucosavuoifaredagrande?»«Dagrande?Inchesensodagrande?»«Quandosaraiadulta.Chefaraipervivere?»«Boh, non lo so. Non ci ho mai pensato. Quello che faccioadesso,immagino…»«Iovogliofareilpilotadiaerei.»Eroscoppiataaridere.«Chedici,ilpilotadiaerei?»«Perchéno?»Avevoalzatolatestaamiavolta.Ilcieloeragrandeeazzurro,tondo come un lago. Le baracche della Rocinha che siinerpicavano sul fianco della collina sembravano pronte araggiungerlo,unpianodopol’altro,untettodopol’altro.«Ecomesifaadiventarepilotadiaerei?»chiesi.

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Jorgeributtòlosguardosottolesueciabatte.«Nonloso…forserubiunaereo,loaccendieilgiocoèfatto.»«Nonpuòesserecosìfacile.»«Miofratelloconl’autocièriuscito.»«Maèdiverso,l’automicavola…»Jorgenonrispose.Sieraoffeso.Pensavacheavreiapprovatoisuoisogni,chegliavreifattodomandepienedientusiasmo,maio non avevo sogni e mi sembrava incredibile che potesseaverne lui. Tutto ciò che possedevo era la fame e quellechiacchieremiinfastidivano.Mialzaiemigrattaiunacrostadifangodaipantaloncini.«Tenevai?»michieseJorge.«Sì, faccio un giro alla grotta, magari trovo qualcosa damangiare.»La grotta non era altro che una vecchia casa abbandonata, incalcestruzzoe lamiera, che si incuneava sotto lebaracche allafinediunalungascalinata.Ledonnecibuttavanolaspazzatura,gettandola senzaneanche scendere; rovistandonelmucchioavolte trovavo resti di biscotti o frutta o,meglio ancora, deglistraccichepotevobarattarealnegoziodiArnaldoconqualcosadipiùsostanzioso.Jorge mi venne dietro, in silenzio. Sentivo i nostri stomacibrontolare all’unisono. Nel buio della grotta accendemmo letorce–cosachegliadultisemprecivietavano,maeral’unicomodo per vedere in quel buio pesto. I topi fuggirono colpitidallaluceedalcalore.Iniziai a rimestare in alcuni sacchetti intatti. Jorge tossìviolentemente,colpitodallapuzza,finchénonsputòungrumodi sangue. Non ne rimasi impressionata: dalle nostre parti sitossivasanguetuttiigiorni.«Guarda» dissi, invece, «queste sembrano scarpe. Potrebberodarciancheunpo’diformaggio,perdellescarpe.»«Sì»disseJorge,conlavocerauca.Poisiallontanò.Loviditrafficareinunangoloepensaichestessecercandodel

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cibo,invecepocodopotornòconduelegnidallaformastrana.«Cosasono?»chiesi.«Legni»risposelui,conungrandesorriso.«Lovedo,maacheservono?»Li mise uno sopra l’altro amo’ di croce: facevano un aereo.Unoeralacarlingaconilmusoallungatoeunaspeciedicoda,l’altroformavaleali.Sbuffai.«Certo,mangiamociunaereodilegno.»Afferrai le scarpe con una mano ed entrambe le torce conl’altraemiallontanaiversol’uscita.Jorgemiseguìeilsuopassoeradiverso,quasisaltellante,quasi…allegro.L’irritazionemipreselagola.«Senti»dissi,«vaiacasa.PassoiodaArnaldoepoitiportounpezzodiformaggio,semelodà.»Corsiversoilnegoziosenzavoltarmiindietro.Quella sera andai a casa di Jorge di malavoglia, ero ancoraarrabbiata per via di tutte quelle assurdità sugli aerei. Nontrovai nessuno. Tirai un sospiro di sollievo e gli lasciai ilformaggio avvolto in un tovagliolo nel piccolo frigobar chetenevanodietroailetti.Sulgiacigliodovedisolitodormivaluic’eranoilegnicheavevapresoallagrotta,tenutiinsiemedaunpezzodicorda,cosicchéadessosembravanounveroaereo.IgiornisuccessiviJorgenonsifecevedere.Ilformaggiol’avevodigerito da un pezzo e sotto i denti non mi era passato piùniente. La famemi stracciava lo stomaco, che si disintegravalasciandoalsuopostounabissodifreddoedolore.Decisi di tornare alla grotta, ma prima volevo andare achiamareJorge.Eravamopursempreamicioalmenoalleati.Spostai la tenda all’ingresso della sua casa ed entrai. C’era unsilenziodensoe fastidioso.Quando imieiocchi siabituaronoalla penombra, vidi sua madre seduta sul letto con la facciastravolta.Mifissavasenzadirenulla.Notai,sulgiacigliointattodi Jorge, l’aereodi legno, nella stessa posizione in cui l’avevo

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trovatoqualchegiornoprima.Mivoltaiefeciperandarmene.«Isabela…»michiamòsuamadre.Girailatesta.Leiindicòl’aereo.«Prendilotu.»Indugiai,maallafinelopresie loinfilaiperun’alanellatascadeipantaloncini.Usciidicorsaesempredicorsaarrivaiallagrotta.Buttaituttoall’aria, tirai calci e pugni contro la spazzatura, finché unluccichio non attirò lamia attenzione. Era solo un fazzolettodecoratoconperlinedivetro.LoafferraiecorsidaArnaldo.Entrainelsuonegozioconilfiatone.Quandovideilfazzolettostorseilnaso.«Insomma…»«Chemidai?»«Poco. Del latte se lo vuoi.» Poi notò l’aereo chemi sbucavadallatasca.«Equellocos’è?»chiese.Lotiraifuori.«Ungiocattolosbilenco»risposi.«Carino,però.Semelolascitiregaloancheunafocaccia.»Soppesail’aereo.Forsesì,valevaunabellafocaccia.«No»dissi.«No,questolotengo.»

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ArmovincentediFabrizioBassani

WilliamBoyd,Unatempestaqualunque

   Cominciamodalfiume-tuttelecosecomincianodalfiumeedisicuroallafinetorneremoalfiume-maaspettiamodivederecomeva.Fra poco, due o tre minuti, qui sulla riva del fiume arriverà ungiovaneuomo.SiamosulChelseaBridge,aLondra.

La busta della lettera non riportava il mittente. Guardai iltimbropostale.ErastataspeditadaOxford.

UnapiccolacostruzioneinlegnosullarivadelTicinovicinoalPonteCoperto:questaèoggi,comeeratrent'annifa,lasedeunpo' dimessa del “Circolo Canottieri” di Pavia. Il custode nonvolevafarmientrare.“Iononlaconosco.LeinonèiscrittoallaCanottieri”mi aveva ringhiato davanti al cancelletto di legnodell'ingresso. “Voglio solo vedere la stanza della sede. Miaccompagnipureleisenonsifida:unminutosolo,guardounacosaemenevado”.Lafoto,dentrounacornicedilegnounpo'consunta, era ancora lì, appesa dove me la ricordavo. Io eDavid ridevamo felici, con una coppa inmano. La didascaliadiceva:“CampioniItalianiUniversitari-CanottieriPavia-Armoduesenza-Giugno1978”

Inostrinomiscrittisottolafotoeranoormaisbiaditi.“Quelloasinistranellafotosonoio”dissi,senzasapertrattenereunmotod'orgoglio,girandomiverso il custodechemi tenevad'occhiodallaporta.“Davvero!?Ivecchi iscrittialcircoloognitantoneparlano ancora. Dicono che lei e l'altro ragazzo eravate una

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coppia eccezionale. Come si chiamava il suo compagno?”“David. Si chiama David. Non lo so se eravamo una coppiaeccezionale... Non abbiamo più remato insieme dopo quellagara...Oradevoandare...”

Inostricorpiimpregnatidisudoreefaticasimuovevanosullaleggera imbarcazione avanti e indietro, come due pendoliperfettamente sincroni. Le nostre braccia e le nostre gambespingevano la barca con apparente leggerezza sul pelodell'acqua.Conoscevamoogniansa,ognigorgo,ognirefolodicorrente del fiume. Passavamo tutto il giorno insieme. Dalmattino alla sera e anche la notte, nella stanza doppia che ciavevanodatoalpensionato studentesco, sempredisordinataeconilibridistudiodell'ultimoannodiuniversitàdaunpaiodimesi accatastati in un angolo, a prendere polvere. La nostraamicizia era il risultato di una misteriosa alchimia. David,burbero, introverso, insopportabile in barca, pignolo finoall'eccesso.Io,studentesvogliato,belloccioedestroverso,conlagiornata equamente divisa fra lo sport e uno sciame diammiratrici. Eppure in barca tutto sembrava in noi fondersi,cuore e spirito, idee e intenti. Filavamo veloci sospinti dallostesso brivido di passione. Le emozioni della nostra giovanevitasembravanoessereracchiusecomedentrounoscrigno inquel guscio di fibra che filava veloce lungo la corrente delfiume.

A trecento metri dall'arrivo della finale, la barca dellaCanottieri Olona di Milano ci era davanti. I remi ormai misembravanopesarequintali,lebracciaelegambemidolevano.Sentii la voce di David dietro di me. ”Rema”! Adesso è ilmomentodiremare!Nonvorraiperdere,vero?Nonarrendertiora!Nondeviarrendertimai!”Nonsodovetrovaileforze,maripresiaremare,comesemistesserofrustandoconungattoanove code. Remai fino allo stremo: per me, per noi, pervincere. Capii allora che non volevo cedere, in barca, come

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nellavita.Abbiamovinto.Mezzabarcaavanti.

Adesso sono in piedi a metà del marciapiede di destra delChelseaBridge. So solo chedovrei veder arrivareungiovaneuomo.SichiamaBrian.L'ultimavoltachel'hovistoerasolounragazzo.

NonsoperchéDavidmiavessetenutoall'oscuroperpiùdidueanni della gravemalattia di Nora, suamoglie,ma così avevadecisoenonvalevapiùlapenadiscuterneconlui.OraNorasen'era andata e David era rimasto solo nella casa in riva alTamigi. Durante il viaggio inmacchina verso Oxford, Brian,suo figlio, mi aveva detto “Mio padre dopo la morte dellamamma non ha più interesse per nulla. Passa ore da solo,chiusonelsuostudio.Sièpersinodimessodaallenatoredellasquadra di canottaggio dell'università. Spesso però mi haparlatodi te,dellavostrabarca,diquellagara.Sembra l'unicacosadicuiglifacciapiacereparlare.Ticonsideraancorailsuomiglioramico.Èperquestochetihoscrittoquellalettera.Aluinonhodettonulla.Nontiaspetta.Saràunasorpresa”.Quella stessa sera, dopo cena,mentre eravamo seduti uno difronteall'altro,miresicontocheleparoledicircostanzachemivenivano alle labbra non sarebbero mai state sufficienti acolmare,ancheperunsolomomento,ilvuotocheNoraavevalasciatoinlui.Nonledissi.

“Venite,andiamoafareungiroinmacchinalungoilTamigi”.Brian ci aveva ingannato. Quando siamo arrivati al CircoloCanottieri la barca del “due senza” era già in acqua. Dopoessercischerniti,inveritàsenzamoltaconvinzione,nelgirodimezz'oraeravamoinmezzoalfiume.Ilnostroaffiatamentoditantianniprimanonsembravaesseresvanito.L'inconsapevolemagiadelnostro stare insieme inbarca stava riaffiorandodalpassato e ci stava riconquistando. Ci scambiammo battutescherzose su quanto eravamo vecchi e fuori formama, dopo

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unquartod'oracheremavamo,l'incantosembròfinire.Davidalzòunbraccioesifermò.“Noncelafaccio.Torniamo”disse.Sentii tutto il suo incontrollato dolore in quelle parole,pronunciatequasisottovoce.Allungaiunbraccioeglimisiunamanosullaspalla.“NonarrendertiDavid.Nondeviarrenderti.NoranonlovorrebbeeneancheBrian…”.Davidrimasealungoin silenzio. Poi improvvisamente prese il remo fra lemani ecominciòavogare.Riprendemmoascivolarevelocisull'acqua.Cominciò a cadereunapioggia sottile e fredda. Il vapore chesaliva dalla superficie del fiume si trasformò, dopo pochiminuti, in una sottile nebbia davanti alla prua che ci tolse lavisuale dell'orizzonte. Continuammo comunque a remare,sotto lapioggia, insilenzio,senzaunametastabilita,contuttele nostre forze. Per resistere, per andare oltre... per vincere.Ancoraunavolta.

David ha ripreso ad allenare la squadra di canottaggiodell'UniversitàdiOxford.

Isuoiragazzihannovinto laregatacontroCambridge.Mezzabarcaavanti.

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CalogeraFrazzadiPikoCordis

SebastianoVassalli,LaChimera

   Nellanotte tra il 16 e 17gennaio 1590,mani ignotedeposerosul “torno” cioè la grande ruota in legno che si trovava all'ingressodella Casa di Carità di San Michele fuori le Mura, a Novara, unneonatodi sesso femminile, scurodi occhi, di pelle edi capelli: per igustidell'epoca,quasiunmostro.

  Un frenetico scampanellio annunciava un piccolo ospitenella ruota. Con un soprassalto, suor Agata venne destata dalsuo raccoglimento. Le sue labbra cessarono di bisbigliare lepreghiere del rosario facendo svanire di colpo la sua piaconcentrazione.Raggiuntoiltorno,ladonna,curiosasbirciòilneonato, impressionata si fece il segno della croce e lestarichiuse il fagottino. La preziosa copertina bianca nella qualeera stata avvolta la bambina, per quel periodo dell’anno eratroppo leggera. L’inclemenza del rigido inverno aveva giàmietutovittimetralapopolazioneelabambinaandavamessaalcaldo.  SuorAgatacorsedallamadresuperiorachel’attendeva.Ledue suore si preoccuparono di farla scaldare vicino al fuoco,venne adagiata in una culletta vecchia e malandata in attesadellabalia.  Qualche giorno prima, un emissario pontificio avevaraggiunto labadessaperconferirecon lei ingransegreto.Pervolere del papa, le suore della congregazione di Sant’Orsolaavrebbero dovuto accogliere un infante e celarne l’identità a

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chiunque.  «Reverenda madre, ora che vedo la piccola capisco cosaintendevatequandomidicevate che labambina sarebbe statadiversa. È bella, ha un buon profumo, ma la carnagioneolivastra…»  «NonvifateingannaresuorAgata,lapiccinanonèquelchesembra»,labadessaenfatizzòlasuarivelazione.«Nellesuevenescorresangueimportante,sanguearistocratico».  Laconsorellasgranògliocchi,guardòprimalabambinaepoi replicò: «È inusuale che un’altolocata venga posta nellaruota,esevoi,reverendamadre,aveteaccettatodiaccoglierla,saretestataispiratadalloSpiritoSanto».  Fattoilsegnodellacroce,lasuperiorarisposeabbassandoiltonodi voce: «In verità,Dioha ispirato il SantoPadre. Èpersuadecisionechelapiccolaoggièqui».  «PapaSistoV?»  «SuaSantitàhapensatobenediaffidarequestacreaturinaareligiosealdifuoridelsuostato.Lontanodaorecchieeocchi indiscreti.Confidandonelmioenelvostrosilenzio».  «Ecosìsia»,annuìsuorAgataobbediente.  «Sorella, faremo la volontà del papa e quella di Dio. Labambina sarà allevata esclusivamente da una sola persona enessunomai dovrà venire a sapere chi è e dadoveproviene.Saremolecustodidelsuosegreto».  In quello stesso istante alla porta si sentì un leggeroticchettio.All’unisonoledonnediederoilpermessodientrarealla balia. Carmela, una donna siciliana in carne, dai capellinerissimi come la pece e gli occhi scuri, penetrò nella stanzaattendendogliordinidellesuore.  «Coraggio, venite qui», le fece segno la badessaobbligandola a guardare nel lettino dove riposava la neonata.«Viprenderetecuradellabambina, ledareteilvostrolatte.Laseguirete in ogni momento della giornata, l’alleverete con

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riguardo».  «Perdonatemadre,hogiàincustodiaaltribambini…»  «Aloroprovvederàqualcunaltro,voiprendetevicurasolodi lei», l’interruppe dura la badessa, fulminando con unosguardointensolabalia.  «Comel’avetechiamata?»,domandòladonna.  Interdetta,lareligiosafissòlabambina:«Lasuapelle…»  «Calogera!»  «Comedici?»  «È scura, e ancheSanCalogero lo era».Esclamò ladonnacon sicurezza. «Io sono originaria di Frazzanò e lì ci sono lereliquiediquestosantoeremitaacuisonodevota.Sarebbeunonorepermeseglielovolesteattribuire».  «Esia!SichiameràCalogeraFrazza».  «Grazie madre. Me ne prenderò cura come fosse miafiglia».  «Bene! Ora andate» ordinò la badessa attendendo cheCarmelaprendessetralebraccialapiccina.  Rimastesole,leduereligiosecontinuaronoaparlare.  «Reverendamadre,perchéaveteacconsentitoaquelnome.SanCalogerosiinvocaperliberaregliindemoniati,nonvedoilnessoconlapiccola».  «Sorella,aveteragionenelcercareunarelazionetrailnomeeilsuosignificato,manonèquellocheavetepensatovoi.Nellarealtàmiriferivoalpadredellabambina».  «Alloraviènotoilsuonome,chisarebbe?»  «Èlabastardadiunprincipeassistentealsogliopontificio.Peresserepiùchiara,èfigliadelmaritodiunadellepronipotidelpapa.Eperironiadellasorte,SistoVèvittimadisestesso,dellesueimposizioni».  «SpiegateviMadre».  «Nemmeno due anni fa, il pontefice ha emanato la bollaEffrenatum,dovevieta l’aborto,penal’accusadiomicidioe lascomunica papale. Ebbene, questo parente acquisito, che ha

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ingravidato una domestica al suo servizio, ha messo indifficoltà il Santo Padre. Lui, in prima persona, si è dovutooccuparedella faccenda:haallontanato lameretricedi colorerelegandolainunsuopodereequandoènatalabambinal’hasottrattaallamadre».  «Meschina!» esclamò impulsivamente suor Agata. «Maperchéhasceltoquestoricovero?»  «L’hadestinataaquesteterreperchéassoggettateaFilippoIIdiSpagnadovelesueguarnigioni,fattidimercenariemorisenzascrupoli,ingravidanoledonne».  «Maperché le avete attribuito il cognomeFrazza», insistésuorAgata,semprepiùcuriosa.  «Carmelalabalia,provienedaFrazzanò,laterradeifaggielì,frazzaèiltermineattribuitoallaghianda,ilcibodeiporci».  «Nomenomen»,sentenziòlasuorainbuonafede.

Nellastanzettadellabaliasicreòlamagia:laneonata,protettatra le suebraccia, entrò in confidenza con lei. Il capezzolodiCarmela, appoggiato sulle labbra della piccola, la nutriva conamore.Calogerapoppavaavidamentee la suanuovamammaavevadisegnatosullaboccaungransorrisodicompiacimento,di trionfo. La donna capì all’istante che aveva finalmentetrovato la figlia che invano aveva tentatod’averenel corsodituttalasuavita.Lasorteavversasembravaaverlenegatoquestoprivilegio, invece laProvvidenzamise riparo aquesto torto eCalogera crebbe nell’amore assoluto di una donna che dasemprel’attendeva.

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ContattodiNataleBrambilla

GianniCanova,Palpebre

   Nonfucongliocchichefeciconoscenzadilei.Fuconl’uditoecol tatto. Prima fu il ticchettio acuto dei suoi tacchi sull’asfalto arichiamarelamiaattenzione.

Scesidall’auto.Osservavo ilblu intensodelmareadagiatonelverdedeipiniallafinedelladiscesa,dovelastradacurvava.Ilrumore dei suoi tacchi si fece intenso quanto ladeterminazioneconcuiaffrontavailpendio.Nonsembravaopportunogirarsienonlofeci,maprimadileimitravolseilsuoprofumo,chemitrascinòdiecianniaddietro,alprimoamoredellamiagiovinezza:lametropolitanapienadifolla vociante, il suo sapore sulle mie labbra dopo il primobaciovero.Quelpostogrigiodivenneilpiùbelloecoloratodelmondo:perlaprimavolta,misembròdiappartenereallavita.E,comeallora,trameemesorrisi.Fuancora il ticchettiodei suoi tacchiarisvegliarmidalrapitotorporediquellamemoria.Stava davanti ame fiera di dominare la discesa,muovendosicome unamodella in quel vestito rosso, con una provocantescollatura che metteva ben in evidenza le sue forme fin giùall’incavodeiglutei.Ancheggiava e calamitava la mia volontà, che non potevaresisterealmotodiseguirla.Nonlofeci.SisedettealFicod’India,ilbarestivochedavasullascogliera:mimisialsuofianco.

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Ilprofumotormentava lemieviscere inpredaalla risvegliataeccitazionedellavicinanza.L’imitarlanell’ordinaredabereerailgestochegiàciunivainintentinascosti,misteriosamentecondivisi.Ilcaldoerasoffocante:l’umoredell’umidosullesuespallenudealimentava la foga del desiderio di rinfrescarla col ghiacciodellabevanda.Alleviarelatensioneedaccenderladinuovoperun’altravia.L’assordante ritmo africano che lo stereo diffondeva nell’ariascivolava per la scogliera a fondersi con le onde cherompevanogliscogli.Leiseguivailritmobattendoleditasultavolo.Lemiesiaccordaronoallesue:sentiiilsuosguardoaddossoaradiografare lemie intenzioni. Spavalda, pernulla intimorita,fingevadisorseggiareavidamente.Ilmiobracciosieraavvicinatotantodasentireilsuocalore.Adun rapido ed indiscreto contatto un brivido percosse la miaschienalasciandomisenzafiato.Sollevaidiriflesso ipiedi inibendolavogliadiguardarla.È lafrettacherompel’incantesimo.Avreifattoancoral’errore?Poiunastranaspossatezzavenneaprendermi.Mi piegai in avantimostrando lamia nuca, i capelli biondi ericci.Lamiagiovinezzal’avrebbeaffascinata?Cominciavoadubitare,quandosenzapreavvisoleiappoggiòilsuobraccioalmio,lasciandoloimmobile,cementato.Eronellesuemani.Il silenzio divenne ingombrante. Occupava tutto lo spaziodisponibileedevocavamostri.Ma l’unico a rispondere era il mio cuore battendoall’impazzata.Quella presa era la sua forza elettrica che attraeva e mitrattenevainsieme.Cominciò allora a muovere il suo braccio, invocando la miapelle a rispondere, assaporando il caldo ed il fremito del

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respiro.Volevo fare qualcosa: la mente vagava spudoratamentecercando provocazioni, ma si perdeva in esse. Timorosa,febbricitante.Inunattimoerasvanitalamiaspavalderia.Discattosigirò,miselasuatestacontrolamiausandomicomeschienale. Non tolleravo più le vibrazioni dentro di me: leisembrava assorbirle e goderne, rinviandomi un piacerenascostoeproibito.Alloracominciaiaspingeredischiena,lentamente,finchénonsentii lasuaforzacontraria.Comeunasetasofficeilsudoresispalmavasullapellefacilitandoilmovimento.La luce, diventataoscena, coronava la calma che si era creataattorno,all’improvviso.Accantoalei,violavolaforzadigravitàcomeungecoappesoalmuro.Tuttosembravaallaportata.Lafantasiacominciòavolareinunazzurromaredoveicorpinudisisarebberofinalmentedistesiafarsicullare.Unprofumodi petali avrebbe avvolto ogni sospiro coprendo il nostrodesiderioagliocchiindiscretideipassanti.Sapevo che la terra è benedetta, ma tanta grazia in un solomomentoeraquasiesagerata!Chiringraziare?Lestelleogliinferi?Inquell’ondacalmaeserena,risuonavanosolo inostri icuoridiunfremitoimpazzito.Iltempoeraperso:nonsapreidirequantoalungorestammoinquellostato.Mesi,forseanni.Intere stagioni passarono nelle nostre anime, legate a vivereisolate da questo mondo profano. Un’intesa segreta si eraimpadronita di noi. Ci guidava per terre straniere, a scopriremondi sconosciuti, a costruire castelli incantati sulle scoglieredimaritempestosi.

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Dopotuttoeravamogiovani!Ma col fragoredel cristallo che cade a terra e finisce inmillepezzileisistaccò.Sentiichemistavoperdendo,oscillandonelvuoto.Si girò. I suoi occhi chiari lasciavano riflettere il mare,cristallinidelcoloredellasuaanima.Ilsuoditosiposòsullemielabbraintimandomidolcementeilsilenzio.Chiusigliocchiesentii ilpalmodellasuamanoaccarezzarmilaguancia,chesubitofucolpitadaungettodicaldorossore.Ci fissammo scrutando gli occhi. Lei pose fine ad uninterminabiledolore: “Non essere arrabbiata conme,maneanchecontestessa”.Lasciòscivolarelamanoquasiasfiorareilmioseno.

Lui si era avvicinato furtivo. La prese sotto braccio e leidocilmenteacconsentì.Siavviaronoversolasalitamanonellamano.Nonsigiròsenonallafine.Era troppo lontana per scorgere ancora una volta il suo viso.Una lacrima scendeva a solcare il mio, insieme di gioia edolore.Rimasi sola, muta: il fastidio della musica assordante cometantelamealacerarlapelle.

Propriononsapevocomeavreipotutocontinuareavivere.

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IlpediatradiAlbertoFavaro

GianlucaMorozzi,L'abisso

   Quasi l'alba,adesso.Traventiquattrooremiamadresialzeràtutta giuliva, s'infilerà nel suo tailleur rosa confetto, farà colazionecanticchiando, usciràdi casa camminando sunubi di soffice vapore."Vadoallalaureadimiofiglio!"ripeteràaivicinidicasa,logorroicacomeunnastro spezzato. “Vadoalla laureadimio figlio!Mio figliodiventa dottore!” […] Tutto bellissimo. Quasi commovente. Seescludiamoildettagliochenoncisarànessunalaurea,domattina.

O meglio, non ci sarà nessuna laurea per lei. Questo deveessereunmomentotuttomio.Solomio.Danondividereconnessunaltro.Chemeritohamiamadreneimieisuccessiscolastici?Cosahafattoperaiutarmi?Nulladinulla.

Ah,sefosseancoravivomiopadre.Luisìchenesarebbeorgoglioso.LuimiavevaspintoafrequentareilLiceoClassico.Luimiripetevasemprechebisognacredereaiproprisogni.

Eilmiosognoèsemprestatosolamenteuno.Studiaremedicinaediventarepediatra.Troppevolteavevosentitolastoriadelmiofratellinomortodiunamalattiamisteriosaatreanni,primacheionascessi.

Papàinvecenoncisarà.

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Émorto.Daquasiseianniormai.Così.All’improvviso.Ilgiornoprimadelmiooraleall’esamedimaturità.

Lamattinasieraalzatoperaiutarmiaripassare.Avevabevutounaspremutaederamorto.Uninfarto.Senzanessunsegnalepremonitore.Senzacheavessemaiavutoproblemi.

Con la morte nel cuore, eh sì ho sempre amato questoumorismonero, avevo sostenuto l’esame ed ero uscito con ilmassimodeivoti.

Magraconsolazione.

Lamia caramammina, che ora si vantava tanto con i vicini,neppuresieracomplimentataconme.

Talvolta,quandopensocheforsesonotroppoduroconleimitornanoinmentelesueparole.“Vatti a cercare un lavoro, caro mio, io mi sono stancata dimantenerti.L’istruzioneeraun’ideafissadituopadre.Tuopadre!Brav’uomomaconlatestasullenuvole.Noncihalasciato nulla. Solo debiti. E io non ho nessuna intenzione difarnealtri”.A me papà era sempre sembrato un uomo oculato. Non miavevamaifattomancarenulla,maneppureavevoavutonientedisuperfluo.Nessunagitascolastica,nessuncapriccio.Eppurecosapotevorisponderle?Forseavevaragionelei.

Nonmieropersod’animo.Avevocominciatosubitoalavorareinpizzeriadiseraeadareripetizionidigiorno.

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Poiavevovintounaborsadistudio.

Nelfrattempolamammina,giàapochesettimanedallamortedipapà,avevacominciatoauscireconuncertoGigi.

Avevafattoprestoaconsolarsi.

La borsa di studio prevedeva anche la possibilità di andare avivereinuncollegiouniversitario.

Avevocoltol’occasionealvolo.Mammanonavevafattonullaperfermarmi.Anzi.

Ancheselafacoltàdimedicinaerasolamenteaunpaiod’oreditreno,noneramaivenutaatrovarmieneppureavevaprovatoatelefonarmi.

Ioavevofattolostesso.Tra studio, lavoro e ripetizioni non avevo quasi neppure iltempodidormire.Figurarsidicercaredifarmiamaredamiamadre.Miavevasempreodiato.

Poierariapparsa.Si era presentata all’Università, dopo che avevo terminato ilmioultimoesame.Nonl’avevoquasiriconosciuta.Nonlavedevoormaidacinqueannimasembravaproprioun’altrapersona.Piùmagra.Conuna strana lucenegli occhi.Avevo cercato dievitarla ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Dovevaassolutamenteparlarmi.

Mi aveva raccontato che aveva dei problemi di salute e chegrazie aGigi, che faceva l’assicuratore, era riuscita a stipulareunapolizzasullavita.Quandosarebbemorta,avreipotutoincassareunabellacifra.

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Sapeva che era stata una cattiva madre ma quello era il suoregaloperfarsiperdonare.Ioavevocercatodidirlecheisuoisoldinonlivolevo,cheerameglio senon ci fossimopiùvisti, che li lasciasse al suo caroGigi.Nonc’erastatonulladafare.Avevofirmatoquellecartesenzaguardarleel’avevocacciata.

Nonl’avevopiùsentita.Finoaunasettimanafa.Miavevachiamatoincollegio.Nonsoilmotivo,nonleavevorisposto.Alcentralino,però,leavevanodettochestavoperlaurearmi.

Da allora aveva cominciato a chiamarmi ogni giorno. Volevaesserci.Ioleavevodettochenonvolevochevenisse.Eraunacosamia.Quelgiornovolevoesseredasolo.

Allafineavevoceduto.Sareiandatoaprenderla instazionelamattina.L’avreiaccompagnataall’Università,poisareiandatoaprepararmieavremmofesteggiatoinsieme.

Questoeraquellochecredevalei.

Visto che dovevamorire e lasciarmi i soldi, tanto valeva chesuccedesse il prima possibile. I soldi mi servivano per laspecializzazione.

Un incidente all’Università, proprio prima della laurea delfiglio.Chetragedia.Poveradonna.Echesfortunaquelgiovane.Primailpadreepoilamadre.

Eora,finalmente,eccomiqui.

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“ProclamoilsignorPaoloRivadottoreinmedicinaechirurgiaconlavotazionedi110elode”.

Trattengoastento le lacrime,ancheseavrei tutti imotiviperpiangere.

“Coraggio”midiceilrelatore.Comincioapensarealleparolegiuste.Cosadiredopounacerimoniadilaureapostuma?Povero Paolo, stroncato da un infarto davanti ai miei occhipochioreprimadellafinedeisuoistudi.Propriocomeilpadre.Beh, se ha funzionato una volta, perché non usare lo stessoveleno?Duegoccenellaspremutaelamortequasiistantanea.Chissà perché aveva insistito che ci trovassimo prima dellaproclamazione.Io avrei voluto che si godesse almenoquelmomentomapoinonhoresistitoallatentazione.Megliocoglierel’occasionesubito.Miservivanoisoldi.Quellidisuopadreliavevofinitiormai.Era tempodi incassare anche l’assicurazione sulla vita che gliavevofattofirmare.Paolo.Tantobuono.Tantoingenuo.Forseavevapresodallasuaveramadre.Io non l’avevo voluto ma Franco aveva tanto insistito peradottarlo.Epoiavevapensatosoloalui.Semprealui.Ioneppureesistevo.

“Sì. Èmolto difficile. Era ilmio tesoro e lo sarà per sempre.

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Quello che mi lasciato non lo scorderò mai” gli rispondo,trattenendolerisate.

Ilprofessoresembrasull’orlodelpianto.Mi dice “Era veramente un bravo ragazzo. Se mai mi fossisposato,avreivolutounfigliocomelui.Erasemprestatocosìdotatonellostudio?Vuoleparlarmidilui?”.

Èunbell’uomo,anchesediunacertaetà.Potrebbe essere un buon partito. Il denaro dell’assicurazionenonpotràdurareineternoeiononpossopiùcontaresuGigidopoilsuoincidente.

“Saràunpiacereperme.Miparlavasempredileiprofessore”.

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IlventodiTeresaMarraffa

ItaloCalvino,Marcovaldo

   Ilvento,venendoincittàdalontano, leportadoniinconsueti,di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati dafienochestarnutanoperpollinidifiorid’altreterre.

Ifioridelgelsomino,accarezzatidalvento,diffondonoattornoillorointensoprofumo.Gloria,sedutasullapanchinaverdeinunangolodelcortile,siaccende una sigaretta e inspira l’odore del fumo insieme aquello del gelsomino, che riveste tutta la facciata dell’anticopalazzo. Uno spesso muro di cinta protegge da sguardiindiscreti. Al di qua del muro domina la tranquillità di uncortile,aldilàiltrafficocaoticodellacittà.Èrimastasolainquellagrandecasa.Solocinqueanniprimasipotevasentire il chiacchiericciodiElisa.Le loro interminabilichiacchierate, la musica che si diffondeva nella casa e nelcortile,lesonateaquattromanisulpianoforteacoda,ereditatodalla famiglia paterna. Il padre diGloria era stato un famosomusicista e lei, forse per catturare l’attenzione e l’amore delpadre, sempre assente, si era iscritta al Conservatorio,dedicandosi allo studio del pianoforte. Si era diplomata colmassimodeivoti,maciònonostante ilpadrenon l’avevamaiascoltatasuonare.Siabbandonaaunaposizionepiùrilassata,appoggiandosialloschienale della panchina e assapora il piacere del vento fra icapelli e sulviso.Alza lo sguardoall’imponentemagnoliache

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domina il centrodelcortile, le foglieverde scuro, lucide,nonancora fiorita.AElisapiacevanascondersidietroquel tronco.Riecheggianolesuerisatesoffocate.L’aria è tiepida ed è piacevole restare all’aperto in quellagiornataprimaverilechevolgealtermine.Inquell’oasidipacele arriva, aldi làdelmurodi cinta, il rumoredel traffico; frapocosiattenueràfinoaspariredeltutto.Apreilquadernodegliappunti-ancorausascriveresuspartiti,comeera abituata a farenegli anni in cui insegnavamusica -ritornamentalmentealleesperienzedellagiornataesiaccendeun’altrasigarettaperconcentrarsimeglio.

Alleottodelmattino,mentreancoraassonnatabevevailcaffè,con gesti lenti e pigri per il non senso di ogni giorno, unascampanellatal’avevafattatrasalire.EralasuaamicaCarmen.«CiaoGloria,hodecisocheoggimiaccompagneraialcentrodiriabilitazione;deviusciredaquestoletargo!»Carmen, da quando era in pensione, frequentava comemusicoterapeuta un centro di riabilitazione per bambini condisturbi psichiatrici e disabilità motorie. Gloria aveva fattoqualche tentativo per resistere all’irruenza dell’amica,ma allafine aveva ceduto e l’aveva seguita di malavoglia. Nonimmaginava chequell’esperienza avrebbedatouna svolta allamonotoniadellasuavita.Eraentrataintimoritanellastrutturacheospitavaibambini.Siera spaventata quando Luca, un ragazzino di 12 anni, eraarrivato correndo e urlando, scaraventando oggetti e tavolocontrolaparete.PoiperòLuca,alsuonodelpianoforte,sieraaccovacciato a terra e si era calmato appoggiando l’orecchiocontro la cassa armonica. Le viene in mente Francine, unabimbadinove anni che si isolada tutto eda tutti guardandoostinatamentefuoridallafinestra,echesololamusicariesceadistogliere offrendole un barlume di partecipazione; provaancora tenerezza per la piccola Jasmine, che poggiava le sue

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maninesuitastiridendoognivoltacheriuscivaaprodurreunsuono,esierasentitamoltosolidaleconGiacomo,paralizzatosullacarrozzella,chemaledicevailsuodestino.GloriaricordailtempoincuiinsegnavaasuonareallapiccolaElisa,suafiglia.Leavevatrasmessol’amoreperlamusica,ilsuopotere di divertire, pacificare, entusiasmare, cullare nellamalinconia.Ora,nelgrandecortilefralamagnoliaeilgelsomino,ilvento,colsuolieverumore,lericordachedaanniilpianoforteincasatace.Avevasmessodisuonarecinqueanniprima,quandoElisasi era ammalata di tumore. Gloria l’aveva accompagnata inquestoviaggiofinoallafine,assistendolagiornoenotte,acasae inospedale, chiudendo il cuore aqualsiasi altro sentimentochenonfosserol’angosciaelosconforto.

Maorailventolericordaidonidellavita, leriportaleparoledellafiglia:«Mamma, non smettere di fare le cose che ti piacciono.Continuaadamarelamusica,iviaggi,lavita.Bastapiangere!»Ilsolestatramontando,gliultimiraggiilluminanodiunalucedorata i ramipiùaltidelgelsominoedellamagnolia.Aldi làdelmuroilrumoredeltrafficovasfumandoeilventoportalevocidiqualchepassante.Gloriacominciaasentirefreddoerientra.Siavvicinaallettoredi CD e inserisce la sinfonia n.7 di Beethoven, il secondomovimento.L’iniziosoavedell’allegrettolafasentireavvoltainun’atmosferadimagicaaspettativa,poi lamusicadiventaunapreghiera, una struggente richiesta di aiuto a cui risponde lapotenza del sublime. Gloria lascia scorrere le lacrime, maquesta volta il cuore non è gonfio solo di disperazione: c’ècommozione,unsensodielevazioneediritornoallavita.LamusicadelCDèfinita.Ladonnasiavvicinaalpianoforte,loapre,accarezzaitasticonleditaleggere-ècomeritrovareunamicodopotantianni-einiziaasuonare.LenotediPerElisa

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si diffondono nell’antico palazzo, nel cortile, oltrepassano ilmuro e raggiungono la strada ormai silenziosa, dove qualcheanima sensibile si ferma ad ascoltare: dopo tantamalinconia,riaffioracomeundonoilrichiamoallavita.

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IncubodietrolaportadiMarzioOrsucci

RajKamalJha,Lacopertaazzurra

   Potrei cominciare dalmio nome,ma lasciamo perdere, perchésprecaretempo?Èunparticolaresenzaimportanzainquestacittàdidodicimilionidinomi.

Èlacittàdovesononato,maadessoabitonelmondo,dovedinomi cene sonomiliardi: unagalassia; peròuna ragnateladifilili legatraloro,equestovuoldirecheilmondoèpiccolo...nonimmaginatequanto.Come esempio vi racconterò di un medico gastroenterologomoltostimato.Haunasplendidamogliediorigineindianamanonhafigli.Unapersonadainvidiare,maconunlatooscurochepochiconoscono:quandovarcalasogliadicasasembracheun interruttore scatti nella sua mente e una necessitàincontenibile di dominio scatena in lui ogni sorta di violenzamentaleefisicaneiconfrontidellamoglie.Lapoverettasubiscerassegnata, ma ogni giorno vive con angoscia il rientro delmarito.Oltretuttoèquasisicuracheluilatradisca.Non molto distante, troviamo una ex attrice di teatro.Tramontata la gloria degli anni verdi, ora si accontenta dipiccoleparti.Vivedasola,mariceveperiodicamentelavisitadiunostudentedicuipotrebbeesseremadre.Senevergogna,maè l'unico barlume di luce nella sua esistenza e le cure che glidedicasonoessenzialiaffinchénonsispezzinoifragililegamicon la vita. I primi segni di depressione si eranomanifestatiquando, ormai maggiorenne, i suoi le avevano rivelato di

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averlaadottata.Vièpoiunaltrotipoinsolitocheprovienedaunpaesedell'este vive qui con la moglie da molti anni. Ha una particolarepredisposizioneperlameccanicael'elettronicaeconquestosiguadagna da vivere,ma ha anche un vizio strano: è un ladrodilettante. Non per bisogno o per sfidama per una curiositàmaniacale per la vita degli altri. Grazie anche a Google e aFacebookèfacileraccogliere informazionisupersonescelteacaso. Dopo, entrare nella loro abitazione è quasi come farevisitaadunconoscente.Fucosìchequellaserailnostroamicosi introdussenell'atticodiunadonnadicuisapevavitamorteemiracoli:unasignoracon un ricco divorzio alle spalle. Per impegnare l'esistenzaavevascopertolavocazionedellascrittriceepersinopubblicatoalcuni racconti, l'ultimo intitolato "Incubo dietro la porta".Amavafrequentareuncircololetterarioovesidistinguevaperla sua vivacità, ma aveva anche un carattere difficile epossessivo.Mantenevauna relazione segretaeburrascosa conun uomo sposato, ma questo il nostro amico curioso non losapeva.Quellochesapevaècheeraappenauscitaperandarealcircolo.Inaspettatamente sentì le chiavi girare nella serratura. Feceappena in tempo a spegnere la luce e a infilarsi dietro unatenda.Cosasuccedeva?Nonerasola:unuomolatrascinavaincasa di peso.Con stupore si accorse che era ilmedico che locuravaperunprincipiodiulcera.Videcheleinfilavauntubonellagola...poicirovesciavadentroilcontenutodiunflaconedipillole;alloracominciòacapire.Aspettòchel'uomouscissechiudendopianolaporta.Nonmoltolontano,inunazonamenoesclusivadellacittà,unaltrouomo,ungiovane,uscivadaunappartamento,di corsa,sbattendo violentemente la porta. Si tamponava con unfazzolettoigraffisulcollo.Ladonnaglisierarivoltatacontrocomeunafuriaquandoluileavevadettochenonsarebbepiù

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tornato. Adesso, con i pugni premuti contro la porta, una exattrice, piangeva di rabbia e di disperazione. I fili fragili chetenevano insieme la sua coscienza si spezzarono uno dietrol'altro con un crepitio assordante. Con l'ultimo barlume diluciditàpreselafotodelragazzodalcassettodelcomodinoeciscrisse sopra nome cognome e "per sempre". Andò in cucina,mise la foto tra le pagine di un libro che stava leggendo e loposesultavolo.Preseuncoltelloaffilatoelopuntòsottoilsenosinistro. Poi si lascò caderepiatta sulpavimento.L'impatto leruppeilsettonasaleeunrivolodisanguemacchiòlaceramica.Ma la cosa peggiore fu che il coltello penetrò facilmente nelcostato e le trafisse il cuore. Dopo un breve spasmo l'animadell'attricelasciòquestomondo.Asottolineareildrammacifuun lampo improvviso. Poi un tuono, e una folata di ventosfogliòlepaginedi"Incubodietrolaporta"facendopiroettarelafotodirittonelcestinodeirifiuti.Nellostessomomento,un'altradonna,ambiziosaneoscrittrice,riaprivagliocchi.Unuomo,ladrodilettantetuttofare,leavevasalvatolavitafacendoleunalavandagastricaimprovvisatamaefficace.L'avevafattavomitareepoisierapresotuttoiltemponecessario.Unavolta sicuroche stessebene, seneera andatosenzadarespiegazioni.Ilmotivodiqueltentatoomicidiononpoteva conoscerlo; la donna invece lo conosceva bene.Supponetecheleiinsistesseperfarglilasciarelamogliemaluifosse atterrito all'idea di sconvolgere la sua vita. Immaginateche fosse attratto dall' ingegno di lei ma allo stesso tempooffesonelsuoorgogliodimaschiodominatore.Ilsuocarattereviolentoe la convinzionedi restare impunitoavevano fatto ilresto.Riavutasi,ladonnatrovòvicinoaséunapaginastaccatadal suo "Incubo dietro la porta" in cui la protagonista daval'addioallavita.La mattina seguente un'altra donna, originaria di un paesedell'est, dipendente di una ditta di pulizie, entrònell'appartamentodiunaormaisicuramenteexattrice.Erauna

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personaefficiente,quinditelefonòallapoliziaepoi,nell'attesa,riassettò la casa e portò fuori la spazzatura. Visto che allaproprietarianonsarebbepiùservito,preseunfoularddisetasucui era stampata l'immagine della dama e l'unicorno. Per laScientifica fuevidentechesi trattavadiunomicidio.L'esamedelsanguetrovatosottoleunghiemostròcheappartenevaaunindividuodisessomaschile.Tornataacasa,ladonnaraccontòtuttoalmaritoeglimostròilmagnificofoulard.Perunsensoistintivodiprudenzalegatoalsuo hobby non proprio lecito, l'uomo intascò l'oggetto conl'intenzione di sbarazzarsene. Aveva un appuntamento colmedicoperlasuaulceraelolasciònellasalad'aspetto.Quandoildottoreuscì,alterminedellevisite,videilfoulardeloprese,pensandochefossediunapaziente.Sevolete sapere come finìquesta storiavidirò che ildottorevenne arrestato per omicidio. La moglie aveva trovato ilfoulard nella tasca della sua giacca e aveva telefonato allapolizia.Quelcapo, inconfondibile, loavevavisto indossareadunaattricenellacommedia "L'assassinononbussaallaporta...halechiavidicasa".Erarimastasconvoltaallanotiziadellasuamorteviolenta.In seguito alla fortuita telefonata la polizia si mosserapidamente.L'esamedelDNArivelòcheilmedicoerafratellobiologico della vittima e dal computer di questa emerse cheavevafattoricercheperritrovareiverigenitori.Costoroeranostudentipoverissimiquandoleieranatael'avevanoaffidataadun istituto. Poi avevano fatto fortuna fino a diventareproprietari di alcuni ristoranti. La sventurata avrebbe potutoaccampare diritti sulla eredità che i genitori naturali avevanolasciatoinseguitoadunamorteprematura.Ilcasoerarisoltoenessuno pensò più al fatto che il sangue sotto le unghie noncorrispondeva.Cosac'entroio intuttoquesto?Senonl'avetegiàcapito,sonooriginariodiunagrandecittàdell'India.Miasorellahasposato

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un gastroenterologo, ed io ho aperto una impresa di pulizie.Credonelladivinitàcheregolaglieventidellavitaenonmivadialterarneildisegno.Riguardo a come la foto finì nel cestino, ammetto che ci homessounpo'di immaginazione,ma tutto il restogiurocheèpuraverità.

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LacosapiùpreziosadiIreneRiccardi

ItaloCalvino,Marcovaldo

   Ilvento,venendoincittàdalontano, leportadoniinconsueti,di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati dafienochestarnutanoperpollinidifiorid’altreterre.

Fu un mercoledì di aprile, che la dolce brezza primaveriledepose sull'asfalto delmarciapiede un fiore, venuto damoltolontano.La gente era troppo concentrata sul dove andare per potersiaccorgere di quel piccolomiracolo,ma il signorGraziani, unsimpatico vecchietto, era rimasto affascinato dalla caduta diquel leggiadro fiore. Era seduto su una panchina della PiazzadelSole,adosservare lagentechecorreva,quandounafolatadi vento gli aveva fatto cadere il cappello dal capo. Si erapiegato per raccoglierlo, e nel risollevare lo sguardo avevanotato una macchia di colore scendere lentamente dallenuvole, volteggiare in aria, ondeggiare dolcemente per poiposarsidelicatamenteaterra.L'ultima volta che aveva visto un fiore, era stato quand'eraancora bambino, durante un memoriale della vecchia era,prima che Ipsum prendesse il sopravvento. Oramai eraimpossibiletrovarequalcosadelgenerenellecittà;cisidovevaallontanaredicentinaiadichilometriperritrovareciòcheuntempoeralanormalità.Decisequindidiraccoglierloelopreseinmano,delicatamente,per paura di romperlo e tenendolo al sicuro si diresse verso

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casa.Dopounpo',curiosodisaperecomestavailsuofiore,schiusel'improvvisatocontenitoreevidecheavevapersounpetalo.Siarrestò preoccupato e confuso: perché il suo fiore si erarovinato?L'aveva tenutocosìal sicuro:sierapreoccupatochenon urtasse nulla, che avesse abbastanza spazio per starecomodotralesuedita,echeentrasseunpo'd'aria,perlasciarlorespirare. Allora perché quel bel petalo si era staccato?Concentratosultrovareunarispostavalida,nonsiaccorsedelbambino che gli correva incontro, se non quando lo colpì. Ilfioregli sfuggìdimano, ricominciandoa svolazzare, sospintodalvento.Ilbambinosivoltòversol'anzianosignoreelovideintento a rincorrere una piccola macchia di colore chevolteggiavainaria.Curiosoglisiaffiancòeglichiese:‹‹Cosastafacendo?››eilvecchiorispose:‹‹Storincorrendounfiore››‹‹Unfiore?››continuòilbambino.‹‹...echecos'èunfiore?››‹‹Quella macchia colorata che vedi lassù›› disse ansimando ilvecchio,indicandoconilditounpuntoindefinitonelcielo.Il bambino la vide, e si rivolse nuovamente allo strambosignore:‹‹Eperchélastarincorrendo?››‹‹Lo faccio perché è una cosamolto rara e preziosa›› risposenuovamenteilsignorGraziani.Ilbambinovolsedinuovolosguardoalcielo‹‹Nonmisembrapoicosìpreziosa››disse.L'uomorise‹‹Aspettaevedrai››.Iduecontinuaronoacorrerefinchéilbambinononsiaccorseche la macchia era sospesa proprio sopra di loro. Il vecchioallora si fermò, saltò e prese nelle mani il fiore. Il bambinoinsistetteaffinchéglielomostrasse;nonappenailvecchioriaprìledita,ilbambinofucoltodastupore:‹‹Maèbellissimissimo!Èlacosapiùstupendosacheabbiamaivisto!››esclamò.Ilvecchioavrebbevolentieririsodiquestasuaaffermazionese

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non fosse che era anch'egli stupitodalla visionedel fiore,maperunaltromotivo:avevaduepetaliinmeno.Il bambino sembrava però così affascinato da quel fiore,nonostantenonfossebellocomeprima,cheilvecchiodecisediconservarloancheinquellostato.Salutòilbambino,cheloringraziòperaverglifattovedereunacosa così bella, e continuò il suo cammino verso casa. Nonaveva percorso neanche dieci metri che si sentì tirare ilcappotto.Sivoltòevidedavantia luiunabambinadaicapellibiondi.‹‹Il mio amico mi ha detto che gli hai mostrato una cosastupenda›› affermò la bambina ‹‹Ha detto che è un... firule?Possovederloanch'io?››Il signor Graziani sorrise divertito, e aprì la mano moltolentamente,perenfatizzareilmomento:‹‹Questoèunfiore››ledisse,facendoattenzioneascandirebenel'ultimaparola.Comel'amico,anchelabambinarimaseestasiatadaquell'oggettodalprofumocosìdelicato.‹‹Posso tenerlo inmano anche io?›› chiese affascinata. Un po'restioilvecchio leappoggiò il fioresuipalmi,eperqualcheattimo laguardò osservare il fiore e annusarne il dolce profumo.Quando le disse che doveva tornare a casa lei sorrise e glirestituìilfiore.Lerestòunpetaloinmano;felicissimadipotertenere una piccola parte di quella meraviglia se ne andòcorrendo.Tornando a casa il signor Graziani incontrò anche un suoamico d'infanzia insieme alla moglie e mostrò loro il suotesoro.Selopassaronodimanoinmano,rapiti,affascinatidalpiccolomiracolo.Ilvecchiononsiaccorseneanchecheilfioreavevapersoaltripetali.Tornato a casamostrò il fiore alla sua badante, ementre leicontinuavaaripeterglicomequellafosselacosapiùincredibilecheavessemaivisto,luiconstatòcheeranorimastisoloquattro

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petali. Fu preso dallo sconforto. Il suo bel fiore, il suobellissimo fiore, era rovinato, completamente distrutto.All'inizio si arrabbiò con se stesso per averlomostrato a cosìtantepersone,peraverpermessoche si sciupasse;poiperò siricordòdicomeavevaresofeliciiduebambini,dellagioiacheaveva ridato ai suoi amici e di come lui si fosse sentitofortunato ad aver trovato un fiore, e che proprio quella erastatolaragionedelsorrisodituttequellepersone.Sorrise rassegnatoma felice, egettòa latodellaporta ciòcherestava del suo amato fiore, conservando nel cuore tutta labellezzaelagioiachegliavevaportato.Il fiore scese lentamente, volteggiò in aria, ondeggiòdolcementeesiposòdelicatamenteaterra.Amanoamanocheiltempopassava,anchegliultimipetalisistaccarono, il resto si disgregò rivelando un seme, che sinascosesottoilpezzettinoditerradov'erastatogettato.L'animadelsignorGrazianisistaccòdalsuocorpo,quandodaquel seme, diventato ormai un piccolo arbusto, si staccò unfiore.Iduevolaronoinsieme,silibraronoinariaondeggiando,sospintidallacorrente,edallacittàvolaronolontano,comeundonoinconsuetodelvento.

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LatroussediAlessandroPinci

GianniCanova,Palpebre

   Nonfucongliocchichefecilaconoscenzadilei.Fuconl’uditoe col tatto. Prima fu il ticchettio acuto dei suoi tacchi sull’asfalto arichiamarelamiaattenzione.

Poilasuamanobiancaefragilechetoccòilmiobracciodestro.Nonebbinessunapaura.Fu allora chemi girai e la vidi. Non so da dove fosse uscitafuori. Sono sicuro chequando sono arrivato allapiazzolaperfare il pieno all’auto non c’era nessuno in giro. Solo io e ungatto grigio mezzo spelacchiato che si aggirava intorno allapompadibenzina.Erano le dieci, avevo finito da poco lo snervante turno delpomeriggioal lavoroeprimadi tornarea casae ficcarminellettodovemiamogliegiàdormivadaalmenoun’oramisonofermatolì.Lofacciospesso;mipiacequelpezzodiRomaaquell’oradellanotte proprio perché non c’è anima via. Non mi sembraneanchediessereinunametropoli.«Ce l’hai una sigaretta?» mi disse appena mi girai. Era unaragazza bionda, giovane.Molto giovane.Aveva una pelle cosìchiara da sembrare trasparente. Somigliava a quella attriceamericanadicuinonricordomaiilnome.Ilsuotruccopesanterisaltavaancoradipiùconilrossettocolorfuocoeunrimmelmoltoscurosuisuoiocchiglaciali.Indossavauntopstriminzitoche stringeva e sembrava far esplodere le sue piccoli tette

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adolescenziali, una minigonna così corta che fasciavapraticamentesololavitalasciandointravedereilsolcodelsuosesso. Nonostante la temperatura non fosse così elevata nonindossavacalze.Lacosachemicolpìdipiùperòfuronolesuescarpe argentate con tacchi altissimi. Mi fece pensare a unaequilibristachesimuovevasuunfilosospesonelvuoto.«Non fumo,mi spiace» le risposimentre rimettevo il tubodigommanellapompa.Stavoperrientrareinautomacontinuaiafissarla.«Ti va un po’ di compagnia?» mi chiese con un accentofalsamenteerotico.Noncipensaiunminuto.«Sali»leordinai.Leientròinautoeiniziaiaguidare.«Di dove sei?» le chiesi quasi subito per interrompere quelsilenzio imbarazzante che altrimenti si sarebbe creatonell’abitacolo.«Polonia»midisseconunfilodivoce.«Bella.Cisonostatounavolta».«Davvero?»feceleiconrealemeraviglia.«Certo» gli dissi. Ma non era vero. Non avevo mai neanchepresounaereoinvitamia.Parcheggiai inunpratodovenonc’eranessuno,neancheunaluce.Sull’erbainveceunadistesadipreservativiusati,fazzolettisporchidispermaemozziconidisigaretta.«Quantovuoi?»lechiesi.Leimirisposeeiocontrattaiilprezzo.Poitiraifuoriisoldidalportafoglioeglielidiedi.Leiaprìlaborsainfintapellepermetterlialsicuroepertirarefuoriunpreservativo.Nonfeceneancheintempoachiuderelaborsache lapresie lagirai.Leiemiseungrugnitoma iononme ne preoccupai. Le spostai la minigonna e vidi che nonindossavalemutandine,comeavevoimmaginato.Michinaisulsuoesilecorpoespinsi.

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Leimichiesedifarepianomaiononlofeci.«Tipiacevero?»lesussurraiall’orecchio.«Dimmelo»aggiunsiquasigridandolo.«Sì, sì» mi fece, consapevole che se me lo avesse detto tuttosarebbefinitoprima.Fucosì.Miscansaiemitolsiilprofilatticoattentoanonsporcarenulla.Lo gettai fuori senza preoccuparmi di chi avrebbe dovutopulirequelluogopeccaminoso.Ci rivestimmo in fretta. Accompagnai la ragazza dove cieravamoincontratie,appenaarrivati,senzadireunaparolaleistrinse a sé la borsa e scese dalla macchina. Me ne andaiguardandola dal finestrinomentre si accovacciava a terra perfarepipì.Percorsi la strada in tutta fretta per riuscire finalmente amettermia letto.Lìnell’auto, solo,miaccorsidell’odore fortedisudorecheavevalaragazzamischiatoaquellodolciastrodelsuoprofumo.Tirai giù il finestrinoper far uscire quel puzzostomachevole.Arrivai sotto casa e parcheggiai. A quell’ora di notte fu faciletrovare posto. Prima di scendere notai che sul tappetino delpasseggeroc’eraunoggetto.Lopresi.Eraunapiccolascatolanera,lucidaesottile.L’aprii.Eraunatrousse,pienadicolorimoltoappariscenti.Capiisubitocheeracadutadallaborsadellaragazza.Eranuova,maiusata.Sicuramenteerastatacompratadapoco,forseaddiritturaquelgiornostesso.Scesidallamacchinaemiavviai al secchiodell’immondizia per buttarla. Poimi fermai.Saliiincasaeilsilenziomiaccolsecomeognivoltachetornavoacasadopoilturnopomeridiano.Posailatroussesultavolodelsalotto.Presiunpezzodicartaeunapenna. “Unpiccolo regaloperuna grandedonna” scrissi.Lasciai tutto lì, pronto per il mattino seguente quando miamogliesisarebbesvegliataperprepararmilacolazione.

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Andai inbagnoemi lavaipertogliermididossoquellaserataimmorale.Poi mi misi a letto. Baciai mia moglie sulla testa, lei si giròversodimeemichieseseandavatuttobene.Ioledissidisieleisigiròdall’altraparte.Mentre guardavo il soffitto pensai che l’indomani mi sareiscusato con lei di non aver avuto il tempo per incartare ilregalo.Masapevochea leiavrebbefattopiacereugualmente.Rimasifisso,così,aguardareilsoffittoaspettandocheilsonnosiimpossessassedime.

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LasciamientrareneltuosognodiTizianaSala

AchilleCampanile,Amiamociinfretta

   Erano circa le 7 di sera. Chiamai: "Battista”. Nel tardopomeriggio estivo,Battistadormiva seduto. "Unmomento,"midisse,senzaaprirgliocchi"stofacendounsognoimportante."

“L’haiincontrataancheoggi?”glichiesi.“Sìcerto,civediamoognigiorno”mirisposecontento.“Cosatihadetto?”domandai.“Parliamo del più e del meno, l’ho invitata anche a ballare”precisò.“Dimmiunpo’,matipiace?”insistetti.“Simolto,èunabellaragazza”dissesorridendo.Misedettisuldivanoaccantoaluieaspettaiconpazienza.

Nellastazionedeserta,loscampanelliocheannunciaval’arrivodel treno era l’unica compagnia. Seduto sulla panchina, fuoridallasalad’aspetto,guardavaibinarioltreilmarciapiede.Accanto a sé una valigia di cartone semivuota.Da casa avevaportatoviasololavogliadilavorare.Lasuaeraunaterratantobellaquantoavara.Eranatoinunpaesinodelragusanodaunafamigliapoveraenumerosa.Mentre attendeva il treno, ripensò a suo padre che faceva ilpescatore; le mani callose, la pelle cotta dal sole. Quandorientravaalleprimelucidelgiorno,suamadreloaspettavaallaspiaggia. Lo aiutava a selezionare il pescato, poi andava almercato con un carretto che spingeva a mano. Nel ricordo,l’argentodelle squame simischiò al fondale cristallino, al blu

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delcieloeaicolorisgargiantidellebarche;unpaesaggiobellodatogliereilrespiro.Nelle narici gli parevadi percepire ancora l’odorepenetrantedellereticheasciugavanoalsoleeilprofumodiquellazuppadellasera,fattaconl’invendutomenopregiato.Comemolti,avevadecisoditentarel’avventuraalNord.Lì c’era il lavoro, lanebbiae tanto freddo,dicevano ipaesanichegiàciabitavano.Le grandi industrie erano alla ricerca di personale, non fudifficileentrareinunafabbricadiautomobiliaLambrate.

Battista lavorava sodo alla catena di montaggio, era svelto eimparavainfretta.Fece anche qualche amicizia sul posto di lavoro: pugliesi,campani, siciliani, cen’erano tanti.Conduedi loro condiviseunastanzaconusocucina.Giornituttiuguali,senzailcalorediunafamiglia,nél’allegriatipicadellesueparti.I milanesi erano operosi, seri e poco inclini al divertimento.Diffidavanodeimeridionalichechiamavano“Teron”.Avolte,ladomenica,andavaaballare.Leragazzeaccettavanoilprimoinvito,manonil secondo.Quandosentivano l’accento,trovavanounascusa.“Il lavorodàdignità”dicevasuopadre.Lui il lavoroaMilanol’aveva trovato, perciò andava avanti con caparbietà eottimismo.Nonosavaguardaretroppolontano,perpaurachetutto gli scivolasse tra le mani, ma la speranza di unmiglioramentoglidavalaforzadistringereidenti.

Una sera, uscendo dal lavoro, si fermò a comprare unpacchettodisigarette.La cassiera con un sorriso gli chiese: “Lei non è di qui omisbaglio?”.“Vengo dalla Sicilia” rispose senza mostrare interesse allaconversazione.

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“L’ho capito dagli occhi, avete certi occhi scuri voimeridionali”.Battista era abituato a non dare confidenza, perciò disse solo“Grazie”primadiuscire.Tornòripetutamenteinquellatabaccheria.Unavoltaprovòadabbozzare un sorriso, poi ad aggiungere una parola, finchétrovòilcoraggiodiinvitarlaauscire.Aspettava la domenica per passeggiare con lei, mano nellamano,ridere,chiacchierare.Incominciòafischiettarementresiradevalamattina,asentireilpassopiùleggero,quandoraggiungevalafermatadeltram.Si accorse anche che il sole giocava tra le foglie dei platani echealcunipasserisieranomessiabeccarelebriciolecadutedalsuopanino.“Non ho molto da offrirti”, disse un giorno a Maria mentrepasseggiavanoperleviedelcentro.“Beh,noncredere,neanchenoisiamosignori”,loinformòlei.Quandolopresentòalpadre,lovideirrigidirsisentendoilsuocognome.“Seisicura?Guardachesondiversidanoi”,commentòdeluso.Se lo aspettava Maria, ma ci rimase comunque male. Lasciòpassarelosconforto,poidecisedidarerettaalcuore.Sisposaronoinprimavera.MariaapprezzòlasoliditàdiBattistasenzamairinunciareallasuaindipendenza.Lasera,dopoavermessoalettoibambini,richiudevailibrisuiqualiBattistasieraaddormentato,glidavaunbaciosullatestastanca, invitandolo a coricarsi. Era fiera del suo impegno nelconsigliodifabbricaedellasuavogliadiemancipazione.Mariagestivabeneilbilanciofamiliare.Concostanzafacevailconto alla rovescia delle rate del mutuo per la casa e perl’automobilenuova;unlussochesieranoconcessidopomolted’occasione. Continuarono a tenersi per mano con fiducia estimareciprocafinoallapensione. I figli laureatierano il loro

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orgoglio.Quandoseneeranoandatidicasaperò,c’eravolutoimpegnoperritrovareunnuovoequilibrio.“Sesabatoinvitassimoiragazzi,potreicucinareilpescespada”proponevaBattistaallamoglie.Latavolariccadicibighiotti,ilvinoelechiacchiereriportavanol’atmosferadiuntempo.AfineserataMarialisalutavadallafinestra.“Andatepiano,fateunosquilloquandoarrivate”.“Tranquillamamma”rispondevanoconunsorriso.Quandopoiandavanoadormire,Battistaleprendevalamanoelechiedeva:“Seistanca?”.“Sìperòsonocontenta”rispondevaleiserena.Battista sorridevanel buio, ascoltando il respiro diMaria chegiàsifacevapesante.

Poi un giorno Battista, che era sempre stato concreto, avevaincominciato a sognare. Sempre più spesso. Maria sospirava:“Tuttacolpadiqueltedescoinvadente,arrivatoall’improvviso,chel’avevaresaun’estraneaagliocchidiBattista”.

Ero ancora lì, seduta sul divano. Quando riaprì gli occhi,miguardò un lungomomento poi disse: “Lei non è di qui omisbaglio?”.Sono diMilano,ma da quando siamo in pensione, passiamol’estatealpaesedimiomarito;quic’èilmare.“Possopresentarmi?Battista”.“Maria”dissisorridendogli,poiciavviammosottobraccioversolatavolagiàapparecchiata.Nei suoi occhi scuri mi ostinavo a cercare quel ragazzoriservato,chedasubitomiavevaispiratofiducia.Ognigiornosperavodientrarenelsuosogno,perriprendereilpostodiquellacassieracheglierarimastanelcuore.

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OceanodiFedericoSpagnolo

PedroChagasFreitas,Promettodiperdere

   Siamo tutti innamorati e folli. Cosi disse lei, con quell’ariainconcludente con cui diceva quasi tutto. Siamo tutti innamorati efolli.

CapitoloLucasdettoJedi

Quella parole, impresse sullo schermo del cellularesembravanoipnotizzarlo.

Si conoscevano ormai da mesi, ma si può dire di conoscerequalcunosenzaaverlomaivistodipersona?Nonconoscevanoil colore dei capelli dell’altro, neanche il sorriso, nemmeno iltagliodegliocchi.Nulla.Marinaerailsuoveronomemaluilaconosceva come Pollon. Di nuovo questo verbo: conoscere.L’origine del guaio? Una chat per incontri. Tutti e due diLisbona, senza foto profilo, tutti e due con un’immagine diTristandaCunha.Nonsapetecos’èTristandaCunha?Èun’altrastoria,forseungiornoveneparlerò.Comunque, leaveva scritto per gioco, poi quel gioco era diventato unappuntamento fisso, come ora. Ding. Lo squillo del cellularestoppòisuoipensieri:

“Ehi.(faccinadubbiosa)scandalizzatoperchéparlod’amore?”“No ma va. Stavo portando fuori la spazzatura (faccinasorridente)”“Chebravo lavoratore,comeva la tua formula? (tripla faccina

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cheride)”“Bene(faccinacheride)faccioprogressi.Egliubriachilìdate?”“Come al solito. (faccina che piange). Penso solo all’Oceano,soloaquello.”

Ecco… l’Oceano, quando si parlava dell’Oceano lui andava sututtelefurie.Sipuòesseregelosidiqualcunochenonhaimaivisto?Lui loera.Pollon,eradiventatoilsuounicomotivoperarrivareafinegiornata.Vivereinunpostolontanodacasaamplificatutto.Lasuavita si era ridotta a: gelateria,Pollonedinuovogelateria.Nessunoriuscivaacambiareilflussodiquestopercorso.AncheluipreferivamoltodipiùessereJedicheLucas.

CapitoloMarinadettaPollon

Siamo tutti innamorati e folli alla finenonvolevadirenienteperlei.Levennedascriverlosoloperchénonsapevacosadiree voleva prendere tempo. L’odore del suo grembiule, ilfrastuonodiquelbar,nonlafacevastareserena.Noneraquelloil suo posto, era solo un compromesso di passaggio. Ad untrattotrovòlaforza,preseinmanoilcellulare:“Jedi,devodirtiuna cosa.Hodecisodipartireprima (faccinatriste).Partodomani.”Il cuore arrivò in gola, sembrava uno di quegli ascensori neigrattacieli di Shangai.Mise via il cellulare di fretta, quasi perscordare quello che aveva appena fatto. Scoppiò in lacrimedavantiallaportadelbar,peripassantisembravaunafolle.Loera,maforseeraunafolleinnamorata.

CapitoloLucasdettoJediparte2

Il messaggio venne visualizzato solo in tarda notte. Avevachiuso il laboratorio dopo aver lavorato per ore e comeognigiorno il suo ultimo sms era per Pollon. La notizia della

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partenzaperòloavevadistrutto.Lescrisseconfoga:

“EhiPollon,leggosoloora.Ticapisco,maseiancorasveglia?”“Sì”Scrisseecancellòpiùvoltequelmessaggio.Poiloinviò.“Pollon, non voglio più giocare. Voglio vederti prima di nonvedertipiù.”Leinonrispose.Enonlofecenemmenoneigiornisuccessivi.

CapitoloMarinadettaPollonparte2

L’oceanononèmare,èsemplicementeOceano.Èunamadreinfinita.Se ti specchie seidibruttoumoresembrasuggerirti:rinasciesaraipiùfortunata.Lei odiava la terra ferma. Navigare per lei era un culto, unosfogo, un’eredità. Alternavamesi in città emesi sopra quellacopertaprofondamastabileallostessomodoequando i suoiclienti la chiamavano skipper per lei eramotivo di orgoglio,questa volta però si sentiva una fuggitiva. Per la prima volta,sentivailbisognodiunportoincuitornare.Unportochenonavevamaivisitatofinoinfondo.Jedilemancava.L’estatestavainiziando,cambiòlarotta.

CapitoloLucaseMarina

LisbonaagiugnosembraunquadrodiMatisse.Pienadicolori,pienadivita.EppureMarinaerastanca, icapellibiondieranolunghiesfibrati.Folle,comesempre,camminavadifrettaperlacittà,cercavaqualcosachepotesseportarladalui.Tiròfuoriilcellulare,spentodamesi,egliscrisse:“L’Oceanoèstupendomaforsenonmivadigiocarepiù.Dicicheètardi?(faccinatriste).”Larispostaarrivò11minutidopo.11minutichesembravano11milametri sotto il livellodelmare.UnaFossadelleMariannefattadirimpianti,chesvanìperògrazieaunsuono:Ding.

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“Miseimancata,hoqualcosaperte(faccinasorridente).”Lucas era poco lontano da lei. In quei mesi, aveva chiesto achiunque chi fosse Pollon che ama l’Oceano. Un uomo chevenivatutteledomenicheamangiareilgelatoconlafamigliacapìcheeraMarina.Gliraccontòtuttalasuastoria: laskipperche accompagnava la gente con la sua barca, forsesemplicementeperchénonavevaunmotivoperrestareaterra.Lucas si era preparato per il suo arrivo, un uomo del portol’avevaavvisato.Iduesiavvicinarono,perlaprimavoltasenzacellulare:senzapiùnascondersi.“Questo è per te.” Lucas le diede un cono gelato.Gocciolava,facevacaldoelesuemaniquasitremavano.“Ahperdonami,piacereLucas,dettoJedi.”Marinaprese inmano ilgelatoe sipresentò. Il conoaveva insuperficie una crema di un colore blu, un blu così profondoche era quasi incantevole.Non avevamai visto quel gusto, loassaggiò.“ÈbuonissimoLucas.Chegustoè?”Lucas sorrise, il primo sorriso dopo mesi passati in quellaboratoriopensandoalei.“L’ho chiamato Oceano. Non vedevo l’ora di farteloassaggiare.”

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ProfumodicaprifogliodiPietroFrancoTodisco

GianniCanova,Palpebre

   Nonfucongliocchichefecilaconoscenzadilei.Fuconl’uditoe col tatto. Prima fu il ticchettio acuto dei suoi tacchi sull’asfalto arichiamarelamiaattenzione.

La cadenza imperiosa della falcata me la fece immaginarestatuaria, sessantotto chili ben distribuiti per centottantacentimetridialtezza.Sognai di essere alle sue spalle deliziandomi di due colonned’alabastro accompagnate da due fianchi sinuosi, la schiena edue spalle coperte solo parzialmente da una cascata di foltiriccioliramati.Quando mi fu addosso, forse per evitare un ostacoloimprevistosfioròconilbacinoladestraconlaqualestringevoil bastone bianco. La sua pelle era calda, la immaginai sericasotto il vestito che poteva solo essere giallo, chissà se gliusignolisonogiallimainquelsuo:“Sorry!”erastatol’usignoloacinguettare.Intanto mi ero distratto dimenticando di attraversare ilpassaggio zebrato,mi avevamollato lì sulmarciapiede, comeuncitrulloincompagniadelsuoprofumo.Elena, la battezzai così, lasciò una scia come la coda di unacometa, masticai quel sapore, lo ingoiai, prese la via deidiverticoli del passato e strappandomi da quel semaforo, miriportòindietronell’adolescenza.MichiamoPasqualeeoggihotrentaseianni,adiciottoperuna

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mononucleosi ho perso la vista di entrambi gli occhi chericordoscuricomeimieicapellisemprecortiespettinati.Lamiavitaècomeun librodi trentaseipagine,metà sono lepagineacolori,ricchedifoto,diluci,persinodisuoni,vissuteintensamenteeanchespensieratamente.Gli amici, la scuola, le passeggiate nel castagneto, le gite inmotocicletta alla Carcara sul sellino posteriore del Falconerosso guidato da papà, le serate attorno al caminetto adascoltare a bocca aperta le storie degli anziani, le partite alpalloneconFrancesco,Pietro,Michele,ArcangeloeAntonio,ledelusioni per un gol preso stupidamente o per un’uscitainopportuna,insommaladuravitadelportiere.Altrettante sono le pagine con varie sfumature di grigio,diverse sonosolo immaginate, talvoltavissutee raccontatedaaltri, talune persino sognate ma povere di emozioni, quellesensazionichesoltantolalucehalacapacitàdimaterializzareapieno.Di anni ne avevo sedici e ci vedevo da Dio quando in gitascolasticaciportaronosullaCostieraAmalfitana.Almattinociavevano trascinati a forza all’interno degli Scavi di Pompei edopo il pranzo, un pic-nic improvvisato all’esterno del sitoarcheologico per consumare il cibo al sacco portato da casa,avremmoproseguito lungo lacosta tirrenicacondestinazioneSalerno.DaCastellammarediStabiaaPositanoepoioltre.Sulpullmanioerocapitatovicinoal finestrinosbagliato,quellooppostoallatodelmare,per intenderci.Ogni tantodavouna sbirciatinadall’altra parte ma non ero affatto comodo, tutti i compagnieranocaoticamenteammassatigliunisuglialtripurdiprovaread immergere gli occhi in quella distesa di acque azzurre everdi.Dopounpo’ci rinunciai, dedicandomi adosservare ciòcheaccadevainunalocalitàmarittimadandolespallealmare.Efuproprioquando,appenaentratiinAmalfi,l’autobusperunostacolo sulla carreggiata fu costretto a cambiare corsia, a

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rallentare e infine a fermarsi, che la scorsi. Fasciata da unvestitino leggero di un giallo accecante, quattro dita sopra leginocchiadellelunghegambedorate,conlespalleabbronzatescoperteesolcatedaduebretelledistoffacanarina.Duelabbracarnoseerosacingevanounadentatura fortee lucente,avevaunnasinoall’insùallafrancese,dueocchiverdicomesmeraldiincastonatiinunvisinodisseminatodilentiggini.Unacrinierarossae riccia le scendeva finoametàdella schienascopertaeabbronzata,comelebraccialungheesottili.Lagiovanefumavaall’ombra di un limone macchiato di frutti che facevanopendantconilsuovestito,forseaspettavaun’amica,magariuncompagno.Eraaduemetridame,avessiallungatolebracciaavreipotutosfiorareisuoiriccioli, iodall’altodellamiapostazionearrossiiper l’eccitazione, non riuscivo a staccare lo sguardodaquellacelestevisione.La battezzai subito Stella, un astro disceso dal cielo perilluminarelamiasolitudine.Perilcaldodimaggio,ilvetrodelfinestrino era abbassato ma il clamore intorno a noi si eraspentodicolpo,c’erasololei,leiedilsuoprofumo.Unprofumointensoedelicato,unsentoreamefamiliare,dallemie parti le chiamavamo “manzolle (manine).” Una volta, daldisegno riportato dall’enciclopedia, avevo scoperto che sitrattavadiCaprifoglio: Le note soavi e avvolgenti del Caprifogliosonouninnoalla femminilitàpiùspensierataegioiosa.Ilricordodifreschemattine,disentieridicampagna,dibrezzeprimaverilirivivenegliaccordivibrantidiquestoprofumo,cheèquasiunfiltrod’amore,cosìriportavaladidascalia.Io fissavo lei, lei scrutava me e senza alcun apparenteimbarazzo, non ho mai saputo se fossero passati secondi,minuti o ore, ricordo soltanto che ad un certo punto Stella,senzadistoglierelosguardoscosselatestaprimaadestraepoia sinistra, quasi volesse ridare volume ai suoi folti capelli osolamenteperdarsiuntono.IlpullmansimosseeStella,con

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unsorrisocosìluminosodaspingermialtotralenuvoleeconl’aiuto del palmo della mano, mi soffiò un bacio. Tentai disporgermioltreilfinestrinoperghermirloeperurlaretuttoilmio amore per lei, ci fu una fragorosa strombazzata, poi ilpullmanscartòperrientrarenellasuacorsia,unautobusrossosifrapposetranoidissolvendoilmiosogno.Lamiagitafinìinquell’istante,nonhomemoriadiquellochesia potuto accadere prima e dopo l’arrivo sul lungomare diSalerno.Dellepagine a colori cheho semprepresentedavanti aimieiocchispenti,lanumerosedicièdasemprelamiapreferita.Elena,graziealsuoprofumo,avevarinverditoperpochiistantiquel ricordo restituendo una tonalità di colore alla paginanumero trentasei,altrimentidestinataarimaneregrigiacomemoltealtre.Profumodi caprifoglio,profumodidonna, forse,unabottadivita.

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QualcosadibellodiInesMarinelli

HanKang,LaVegetariana

   Prima chemiamoglie diventasse vegetariana, l’avevo sempreconsideratadel tutto insignificante.Peressere franco, laprimavoltachelavidinonmipiacquenemmeno.

Perché l’avevo sposata? Non di certo per l’usurato cliché deldenaromaperilsuoatteggiamentoaccomodanteeremissivo:sapevocheavreicontrollatoogniaspettodellanostrarelazionesenza sentirmi in alcun modo pungolato o messo indiscussione. Ci eravamo conosciuti a New York dove erocresciutoevivevo,trasferitiaMilano,sposatidopoduemesieoralavoravocomeCEOdellasuafiorenteazienda.

Ultimamente però era cambiata, mostrava un’eccessivacuriositàsulmiopassatoe,insoddisfattadallemienonrisposte,mi guardava con quegli occhi tristi color cioccolatoscatenandomi quel fastidioso sentimento che avevo semprescacciato:sensodicolpa.

Si era anche fissata con lo yoga, con la meditazione e tuttequellestronzatedaesaltatizen.Avevainiziatoanonmangiarepiùcarnenépesce,midicevacheavremmoassorbitoilkarmanegativodovutoallasofferenzadell’animale.

Quandounamattina trovaiuna lettera in cameracapii che lafortunamistavagirandolespalle.Rimasisedutosullaspondadel letto a fissarla. Un’ improvvisa sensazione di panico mi

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colpì, il cuore si fermò per un attimo per poi ricominciare abatterepiùveloce…Iniziaialeggere.

Amore,amore…eraunbuonsegno,no?

nonvedopiùfuturoenemmenounpresentepernoi,shit!Lamiavitaè stata insignificante, un non senso continuo e ho fatto la cosa piùsciocca del mondo: credere che l’amore che provo per te mi sarebbebastato…sempre.Unadomandaoramiassilla,nonmimeritoancheioqualcosadibello?

Il foglio era riempito di parole, lo accartocciai in preda allarabbia e alla paura, un sentimento che mi scorreva semprenelleveneecheerapartedelmioDNA.

Iltatuaggio,l’incidente,lenottipassateperstrada.Fotogrammisi confondevanocomeuneffetto flickernella testa.Chiusigliocchi per un momento, pensai velocemente e mi sentii dinuovoincontrollo.

Afferrai le chiavi dell’auto, misi nel cruscotto la letteraappallottolata che per qualche dannato motivo stringevoancora nella mano e mi diressi verso la palestra dove Sarahfacevayoga.

Voleva qualcosa di bello… si riferiva chiaramente al volereessere amata. Io non l’avevo mai fatto, non ne ero capace eall’amore non ci credevo per niente. La guardai attraverso lospecchio della saletta, il suo corpo etereo sembrava fluttuare.Quando mi vide spalancò gli occhi sorpresa, poi si accigliò.Andammo in un ristorante vegetariano e mangiammo insilenzio. Lei sembrò contenta. Avrei fatto di tutto persinomangiare tofu, la soia, il bulghur e tutte quelle schifezze chespacciavanopercibo.Quandotornammoacasasapevocheleivolevaparlare.

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«Holettolalettera»,ledissiintonostranamentedolce.

«L’hailettatutta?”

«Sì», e prima che lei potesse ribatteremi lanciai nel discorsoche mi ero preparato. «So che non sono certo il maritodell’anno e non mi piace parlare di me e non ho preso inconsiderazioneituoibisogni,quellochevolevi…Riproviamoci,Sarah.Diamociunpo’ditempo.»

Lei fece un semplice accenno con la testa, venne lentamenteversodimeemiabbracciò.

I giorni passarono in fretta e feci esattamente quello che leavevopromesso. La cosa più assurda?Nonmi dispiaceva perniente. Mi sottoponevo perfino a queimaledetti asana e allameditazione che mi costringeva ad affrontare ogni sorta difaticafisicaementaleignorandolastranasensazionediesserepiùpresenteamestesso.Miritrovavoaridereconmiamoglie,a parlarci o a guardare un film romantico da femmine suldivano.

Ma la vita è cattiva o è semplicemente vita, non segue i tuoidesideri, i tuoi progetti e un giorno, mentre toglievo idocumenti dal cruscotto per revisionare l’auto, vidi la letterastropicciata. Non so perché lo feci, non ero certo il tipo cheandava in fondoalle cose.Forse stavo cambiandoveramente.Lalessi.

Soche tiarrabbieraima iodevodirti laverità.Un investigatorehafattodellericercheperme.Orasodellatuafamiglia…chetuamadrenonèun’alcolista,chetuofratelloèmorto.

Quando tornai a casa le mani mi tremavano dalla rabbia. L’affrontai.

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«Holettolalettera.Lamiavitanontiriguarda,haicapito?»

«David,iononvolevoèche…»

«Non volevi? Ma che cazzo ne sai tu delle notti passate perstrada,delloschifochemiportoappresso.»

«David,cosaèsuccesso?»

«Noahamava lamitologia, la storia.Per il suocompleanno loportaiafareuntatuaggio,luimicostrinseafarneunouguale.»

«Lafenice.»Indicòilbraccio.

«Sì.Dicevacheguardandolacisaremmoricordatidipotercelafare,sempre.Checisaremmostatil’unoperl’altro.Lotrovaiionella sua stanza. Voleva solo considerazione, cercava soloamore e accettazione. Dopo il funerale mio padre andò allavoro…miamadreuscìconleamiche.Presilamiarobaemene andai. Avevo paura di diventare come loro. Non avevocapitoquantolofossigià.»

«No,nonlosei.»

«Perchépensicheiotiabbiasposata?Perchépensavochefossicomeme,unvuoto.Perchéadessovuoidipiù?»

«PerchéadessovoglioquellochevolevaNoah.»

Me ne andai e dormii in una stanza d’ albergo. Poi presi unvoloperNewYork; c’era solouna cosa che eramia inquellacasa e dovevo andarmela a prendere. Salii le scale e presi ilregalo che mio fratello mi aveva lasciato, il suo libro,l’HyperiondiHolderlin.C’eraunadedica: “Sai tudicheporti illutto?Nonècosamortadaqualcheanno,nonsipuòdireesattamentequandoesistette,quandopassò:mafu,è,èinte.Quelchetucerchièun

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tempomigliore,unmondopiùbello.”Dai un senso alla tua vitaDavid.Cerca la pace, cerca l’amore.Youdeserveanything…Noah.Guardaiiltatuaggio...qualcosadibello,per cui valeva la pena di rialzarsi, io l’avevo trovato già. Feciesattamentequellochemiofratellomiavevaordinato.Tornaiacasa.

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QuandoildestinochiamadiBarbaraPelosi

PaulAuster,Cittàdivetro

   Cominciò con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nelcuoredellanotteelavoceall’apparecchiochechiedevadiqualcunochenoneralui.

“Mario, è nato! Tutto bene! È bello e sano e ti assomigliaanche!”L’uomo rimase annichilito. Le stesse identiche parole che loavevano svegliato una notte di tanti anni prima. Com’erapossibile?Riuscìsoloafarfugliare“Nato?Ma…chiparla?Èunoscherzo?”“Scherzo?Qualescherzo?Sonoio,Giulia.Mario…maseitu?”“IomichiamoMarioma…nonconosconessunaGiulia…”“Oh,santocielo,miscusi!Hosbagliatonumero!Sonodavveromortificata!”La donna riagganciò, lasciandolo inebetito con il telefono inmano,inbaliadiun’angosciachepensavamitigatadaltempo.Invece, era bastata una telefonata per farla riaffioraredirompente.Sisedettesulletto,lagolastrettadaunnodo.Lasuamentefucatapultataimpotenteindietroneltempo,quandoventicinqueanniprimalavocesquillanteegioiosadisuamogliegliavevaannunciatopertelefonolanascitadellorofiglio.Ilricordocheaveva forzatamente cercato di sopire in tutti quegli anni eraancoravivido.Tuttiidettaglibendistinti.

Quellanottesieraalzatofelice,sieravestito intuttafrettaed

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erauscitoconunsorrisoebetestampatosullelabbra.Ilpiccoloavevadecisodianticiparelasuavenutaalmondo,cogliendolidi sorpresa. Imedici avevano detto che il parto non sarebbestato imminente così lui si trovava a qualche chilometro dacasa per un viaggio di lavoro. Ma il bambino aveva decisodiversamente.Mario si era messo in auto, percorrendo la strada che loseparavadal figlio e dallamoglie con lemani che tremavanoper l’emozione. Inpreda all’eccitazione aveva anche sbagliatostrada, allungando stupidamente il percorso. Quandofinalmente aveva raggiunto la clinica gli sembrava passataun’eternità!Si era recato alla reception, aveva chiesto informazioni e gliavevanoindicatolastanzadovelafelicitàloaspettava.Unavolta entrato, però, il sorriso ebete gli si era spento sullelabbra e una brutta sensazione aveva iniziato ad assalirlo: illettoerasfattoevuoto.Erauscito inpredaalpanico,cercandospiegazioni.Qualcunoconilcamicebiancogliavevadettoqualcosa.ParlavamaMariononcapiva…nonvolevacapire!“Cosa sta dicendo? Non è possibile! Mia moglie mi hatelefonatoqualcheora fa.Mihadetto -Tuttobene -Comeèpossibile?”“Una complicazione improvvisa. Il bambino sta benema suamoglienoncel’hafatta,midispiace…”Unaconfusadisperazioneloavevasopraffatto.Erarimastosoloconquelfigliotantodesideratochepiangevainsiemealui.Lanottecheavrebbedovutoesserelapiùbelladellasuavitasiera trasformata improvvisamente in un incubo. La suaesistenzanonavevapiùsenso,nemmenol’esserepadreglidavaconforto,anzilospaventava.

Cercò faticosamente di tornare al presente, sforzandosi diriemergeredaqueiterribiliricordi,riaffioratinelsuocuoreper

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colpadiunatelefonatachenoneraneancheperlui!Possibilecheildestinovolesseprendersinuovamentegiocodilui?Possibilechevolesserigirareilcoltellonellasuaferitasoloperilgustodiriaprirla?L’angosciacedetteilpostoallarabbia.Lanciòilcuscinocontrolapareteepreseapugni ilmaterassofinoachelastanchezzaebbeilsopravvento.Sisvegliòdisoprassaltodoponeancheun’oradisonnoagitato,cercando pian piano di riprendersi, di calmare il respiro e ibattitidelsuocuore.Mentre facevacolazioneripensòaquantoera successoepianpianounanuovaprospettivainiziòaprendereformanellasuamente.Ese,invece,ildestinoavessevolutospronarloaprendereunadecisione troppo a lungo rimandata? Per anni aveva fattoricaderesusuofigliotuttoildoloreperlaperditadelladonnatanto amata, addossandogli una colpa non sua. Con il suoatteggiamentoneavevacondizionatel’infanziael’adolescenza,incrinando sempre più il loro rapporto, fino a che, una voltamaggiorenne,ilragazzoavevadecisodiandarsenedicasa.Solo in quel momento Mario si era accorto di quanto fossestatostupidoedegoistamaormaieratardi:ilfiglioavevapresolasuadecisioneeluinonpotevadarglitortoNegliannisuccessivilatentazionedicontattarloc’erastatamal’orgoglioo,meglio,lapauraloavevanosemprebloccato.Ora,però,quellastranatelefonatasembravapropriospingerloa fare quel passo che da solo non era mai riuscito a fare. Arinsaldare il rapporto con suo figlio, quasi che “qualcuno”ancoramoltocarovolesseaiutarloaprenderequelladecisionetroppoalungorimandata.Un“qualcuno”cheassomigliavacosìtantoallamogliechenonavevamaidimenticato.

Cominciòconunnumerosbagliatoeunavoceall’apparecchioche chiedeva di qualcuno che non era lui, ricominciò con il

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numero giusto e una voce all’apparecchio che rispondeva:“Papà…seitu?”

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RespiridiGaiaNicosia

ItaloCalvino,Marcovaldo

   Ilvento,venendoincittàdalontano, leportadoniinconsueti,di cui si accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati dafieno,chestarnutanoperpollinidifiorid’altreterre.

Lisa respira piano, profondamente. Le si spettinano un po’ icapelli, ma lei sta ferma, immobile, ad occhi chiusi e con ilmentoall’insù.

Respira.

L’ariascorredentrodileicomeacqua;occupatuttiisuoispazivuoti-laschiena,leginocchia,lepuntedelledita…equell’aria,cheperchiunquealtrononhasignificato,perlei,soloperlei,èpregnadivita.Iprofumidelmondoleraccontanostoriedivitesconosciute, silenziose, che le parlano con note fruttate eaccentidibosco.

Bosco…Ilsuoprimoamoresapevadibosco…dipinosilvestre,sandalo e menta fresca. Ai tempi era piccolina, neanchediciott’anni; lui, dall’altodei suoi ventitré, cercavadidarsi untono, camminava a testa alta e a petto gonfio. Somigliavaproprio al suo profumo, una chicca di profumeria: ricercato,costoso,«per l’uomocheha ilmondoai suoipiedi»,propriocomenellepubblicità.Lisa in un primomomento era rimasta rapita,ma poi avevaascoltatomeglioe avevacapito chedietroalla soffice corazza

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dall’odore penetrante si nascondeva un uomo indeciso,capricciosoetroppoinnamoratodisestesso;unragazzoforseancoratroppoimmaturoebambino,comecenesonotanti.Ecosì la storia si era conclusa dopo qualche uscita, lasciandolepochi giorni di lacrime e il ricordo di qualche leggerobatticuore che il profumo del pino silvestre le riportava allamenteognitanto.

Respiraun’altravolta.

Vienedalontano,attutitadaiprofumidellacampagna,lapuzzadi grassomisto al carburante dei treni; e Lisa viaggia ancora,senzaseguirelerotaie,dentrodisé:tornaalperiododelliceo,quando quella puzza orribile la scortava da casa a scuola.Sentiva il sapore del petrolio che dal naso scendeva giù, finoalla bocca, alla lingua e le impastava le parole. Lei allora sinascondevatralerighediunlibrodietrocuicelavatuttoilviso.Amava la letteratura e spesso prendeva in prestito dallabiblioteca degli enormi volumi di poesie commentate daAuerbach,daCroce,daMorandi.Sollevarelacopertinaeraunagioia e un’emozione ogni volta: le pagine ingiallitesprigionavano un profumo regale, prezioso, e dall’odoredell’inchiostro un po’ sbiadito i personaggi delle sue operepreferite prendevano vita e le danzavano davanti agli occhi,facendolepassaredeimomentidolcissimi.

Altrorespiro.L’aria,adesso,sadimimosa.

Tornaindietroneltempo,sullasciadiquelprofumofamiliare,affettuoso,ericordailgiardinodinonnaRosa:unapiccolaoasidi colori, costellata diminuscoli pois gialli. Nonna Rosa, cheavevafattodelsuonomeunavocazione,eraossessionatadallemimose:nepiantavainogniangolodelgiardino,lemettevainvasi di tutti i tipi e le disseminava per tutta casa; avevaimparato i segreti per estrarre dai fiori l’olio essenziale e ne

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picchiettavaunpaiodigoccesuipolsituttelemattineetuttelesere.I primi ricordi di Lisa sono tutti impregnati dell’odore dellemimose edel sorrisoplacidodellanonna.Fugrazie a lei chescoprì la sua grande passione per i profumi, e grazie a leiimparòa capire ilmondo. «Tu,piccolamia» lediceva «tuhaiundono:seisensibile…equesta,tesoromio,èlapiùgrandeelapiù preziosa delle qualità. Senti, senti quant’è speciale questogelsomino del Madagascar!» e, raggiante, vitale come lafragranza energizzante dei piccoli fiori bianchi, la sollevavafino a un ramoscello languidamente disteso sulla ringhiera.Lisa allora, chiudendogli occhi, inspirava e imprigionavapersempre dentro di sé quel profumo, riempiendosi di gioia, dimeraviglia. E così passò gran parte dei pomeriggi delle estatidellasuainfanzia,coccolatadalsole,dallestorieesotichedellanonnaedaiprofumidelmondo.

Ecco,Lisaavevascopertosestessadurantequeipomeriggiconlanonna,egraziealeiavevatrovatolasuastrada:eradiventatasommelier. Ai tempi del corso di formazione gli insegnantieranoprofondamentecolpiti:sapevadistinguereogniminimoaccento, ogni nota olfattiva, dalmirto, all’eucalipto, alle notefruttate. Sapeva identificare con precisione la zona diproduzione, ilvitignoe l’annataadocchichiusi,ascoltando lepiccoleparticelleodorosedelvino.NonnaRosanonc’eraall’esamefinale:eragiàvolatavia,daunacamera di ospedale che aveva chiesto di poter colorare conqualchemazzodifiori;ecosìlasuaanimasieralibratasu,oltreil cielo, dolcemente accompagnata dal profumo delle suemimose.Lisal’avevadedicatoalei, ilsuoattestato.Eraperleiche ogni giorno si impegnava a giudicare tutti i vini, per leiaveva riempito la ringhiera del balcone di fiori che ognisettimanasceglievaconcuraeportavasullasuatomba.

Stapropriotornandodalcimiteroquandosifermaarespirare.

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AnnusareilmondolepermettedisentirenonnaRosavicinaasé,dicamminareinsieme.Maora,adesso,all’improvviso,tuttiiprofumisifannoimmagini,eleimmaginiriempionogliocchi,egliocchiesondano,eLisaèancoralì,ferma,conilventochelestropiccialagonna;piangecomeifiumiinpiena,perchécosìfanno le persone sensibili quando vengono sommerse dairicordi.

Lisa sale i gradini facendo “tac-tac” con i tacchi. Prende unultimo,granderespiro,e,insiemeall’ariachesoffiadallabocca,si lascia anche il passato alle spalle. Preme sulla maniglia, el’Amore è lì che la aspetta, con il grembiule addosso e lepentolesulfuoco.ELisalosente,losacheèlui,cheèproprioAmorequell’uomodavantialei:ilsuoprofumolaabbraccia,larassicura; è caldo, è tutto tondo, niente spigoli, niente angolitaglienti,solodeliziosamorbidezza.Situffatralesuebraccia,alsicuro, protetta dal profumo del suo uomo, che non è diprofumeria,èsuoedinessunaltro,elafasentireacasapiùdiqualunquealtroodore.Cheinfondo,asentirebene,sapropriodimimosa.

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UnistantechecambialavitadiFrancescaSala

TizianoTerzani,Unaltrogirodigiostra

   Si sa capita a tanta gente,ma non si pensamai che potrebbecapitare a noi.Questo era sempre stato anche ilmio atteggiamento.Così,quandocapitòame,eroimpreparatoeinunprimomomentofucomesedavverosuccedesseaqualcunaltro.

Fuunistante,maavolteunistanteèabbastanzapercambiaretuttalatuavita.Io eMarco eravamo stati compagni di scuola da sempre. Loricordoqualchebancopiù in là inprimaelementareconunamaglietta rossa di Spiderman; avevo fissato quella magliettaperqualchesecondoepoi,alzandogliocchidentroisuoi,miero accorto che mi stava guardando. Solo allora lui avevasollevato lamanorivolgendomiunsalutosilenzioso. Ioavevoricambiatotimido.Hosemprepensatocheinquelmomentociscegliemmo.Perchégliamicinoncapitanopercaso,nonsonocome alcuni pensano la naturale conseguenza di intensefrequentazioni. Gli amici si scelgono, anche se siamo moltopiccoliperfarlo.Ciscegliamoperchécipiacegiocarenellostessomodo,perchécisisalvaavicendadaunamaestrasevera,perchéunodeiduefa ilcretinoe l’altrorideosemplicementesisceglieunamicoperché ha una maglietta di Spiderman che anche noivorremmo.Diventammo inseparabili. La scuola elementare, le medie, illiceo.Insieme.

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Ilbasket,l’oratorio.Insieme.Lacompagnia,ledomeniche.Insieme.Luiera tuttociò chenonero ioe io calmavo la suaeccessivasetedivitalità.Iobravissimoascuola,luipiùlento,maconunabrillante capacità di rendere il poco che sapeva in grandidiscorsi. Lui aveva una naturale propensione alla felicità e ioallamalinconia.Federico, Cristiana e gli altri della compagnia presero achiamarci Cip e Ciop e quello fu il nostro soprannome perlungo tempo. Entrambi avevamo avuto qualche piccolastoriellaegliamicichiamavanoleragazzecheditantointantoportavamo, “la ragazza di Cip, la ragazza di Ciop”. Nessunaaveva nome tanto erano cose che duravano pochi giorni o, avolte,addiritturailtempodiunasera.

Ildisastrosuccessepochigiorniprimadell’esamedimaturità.Lagiornataerastatalunga.Unapartitadibasketilpomeriggio,poi a studiare come matti e infine una birra serale. Marcoaveva già la macchina e, come tante altre volte, versomezzanotte mi riportò a casa. Avevamo bevuto entrambiqualche bicchiere di troppo e incominciammo a ridereprendendo in giro un nostro amico che quella sera si erapresentato con una ragazza un po’ sovrappeso. Battuta dopobattuta i nostri discorsi divennero più lenti e passammo aparlare dell’esame e di quanta paura avessimo. Lui era statoammessoperunpeloelasuasituazionescolasticaerainbilico.Si lamentò del fatto che passava le giornate sui libri conl’angosciachenonsarebbeservitoaniente.Ricordo che in cielo c’era una luna gigante e quando cifermammo sotto casa mia la sua luce prepotente riempì lamacchinailluminandoMarcoinviso.Indossava una camicia chiara e aveva il volto segnato dalbisognodisonno.Ilcheglidonavaunnonsochediuomochefinoaquelmomentononavevonotato.

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«Andrà tutto bene, stai tranquillo. Non possono bocciartiall’esame»glidissipersollevarlo.Glimisiistintivamenteunamanosullaspalla.Eindugiai.Unsecondo,due,tre.Troppo.Etuttomifuchiaro.Spinsilamanooltreaccarezzandolosulcollo.Soloalloraluisigiròdiscattoemiallontanòconviolenza.«Checazzofai?»«Niente.Scusa»maormaieratardi.«Cosacazzostavifacendo?»disseMarcoalzandolavoce.«Niente»«Niente?Cazzo.Tumistaviaccarezzando»«Io…»«Scendi»«Marco»pronunciaiilsuonomecomeunapreghiera.«Scendienonfartipiùvedere»

Non mi presentai all’esame di maturità e mentre Marco siiscrisseall’università iodovetti ripetere laquinta.Michiusi incasapergiorni,nonmangiavo,nondormivo.Nonavevovogliadi vedere nessuno, non rispondevo agli amici che micercavano. Rivedevo quella scena come se si trattasse diqualcunaltroenonmicapacitavodiquellocheerasuccesso.Nonriuscivoacapireperchénonmifossiaccortocheillegamecon Marco fosse per me qualcosa di diverso dalla sempliceamicizia.Cercavodirimettereinsiemelamiavitaguardandolacomeunospettatore,cercandosegnalichemidesserorisposte.Mi chiedevo come era stato possibile che io non mi fossiaccortodiesserediverso.Iniziaiaripensarealleragazzeconcuierostatoemiresicontocheavevosemprerecitatounaparte.Nonavevomaiprovatounarealeattrazione.Nonmieromaispinto oltre i baci per il semplice fatto che non avevo maidesideratoandareoltre.Fuun’estatedipensieriedisilenzi.

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I miei genitori erano molto preoccupati anche perché ioevitavo qualsiasi domanda. Temendo una depressione, mifecero parlare con uno psicologo che in qualchemodo fu lamiaancoradisalvezza.Ricordochesolodopoparecchieseduteriuscii a raccontare quello che era successo e lui dissesemplicemente:«Eallora?»Fuilluminante.Ioglidissicheeroomosessualeeluimirisposecomesegliavessidettocheavevoicapellicastani.

RividiMarco solo a dicembre. Venne per farmi gli auguri dicompleanno.Ioiniziavoastaremeglio.Avevodatounatreguaamestessoeiniziavoaguardarmiconocchiindulgenti.Erosoloincasaequandolovidisalirelescaleebbiquasipaurachevolesseprendermiapugni.

«Ciao,comestai?Volevofartigliauguri»disse.«Grazie,stoabbastanzabene»Parlammo della scuola, del basket e mi raccontò qualcheaneddotosugentedellacompagniaperfarmiridere.Midisseche stava frequentando una ragazza da due mesi e che glisarebbepiaciutofarmelaconoscere.«SentiMarco,midispiace.Maiononmieroresocontoche…»«Nonimporta.Vorreichenonneparlassimopiùetornassimoadessereamici.Cosanedicidiuscireunasera?»«Vediamo»«Vediamosìovediamono?»«Sì.Credodisì»feciunlungosospiroemivennerolelacrimeagli occhi. «Grazie» dissi sottovoce. PoiMarco fece una dellesue battute e in quel momento capii che eravamo di nuovoamiciecheiopotevoessereio.Potevoesserel’uomocheavevosceltodiessere.Ricordochedisse:«Allora ti saluto. Se ti abbraccio prometti di non toccarmi ilculo?»

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UnverogentiluomodiRobertaPalmonari

ItaloCalvino,Marcovaldo

   Ilvento,venendoincittàdalontano, leportadoniinconsueti,di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati dafienochestarnutanoperpollinidifiorid'altreterre.

  La mia anima è quella di una persona sensibile: micommuovo spesso quando vado al cinema, telefono a miamadreognisera,regaloamiamoglietulipanigialliilgiornodelnostro anniversario e quando transito lungo via Matteottipermetto sempre a un ragazzo pakistano di pulirmi il vetrodell'auto.  Sono un’anima sensibile e allergica ai pollini. Questamattina il vento era particolarmente fastidioso. MentrepedalavodirettoinTribunale,conilbaverodell'impermeabilealzatosulcollo,lavaligettadalavoroassicurataalportapacchieduemolletteperilbucatostretteinfondoaipantalonipernonsgualcirli (consiglio della mia colf), lo sentivo stormire tra lefronde degli ippocastani, incurante della pioggia di fiori efoglie che provocava. Ho dovuto frenare all'improvviso eaccostare al marciapiede per starnutire e asciugare gli occhiche,cosìgonfi,mifannoassomigliareaungrossorospocongliocchiali. I fiori continuavano a cadere obliqui, come tantepiccolestellecadentibianchedalcuorerosso.  Horiflettutosullagiornatachemiattendeva.Setteudienze,tutte con la Dottoressa Maria Augusta Bonfiglioli, quellafanatica.Campionessa italianadi tiro alpiattello, collezionista

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di katane giapponesi, quattro figli maschi, crocifisso dellaVandea adagiato sul petto lattiginoso. Accomodante con gliavvocatidigrido,arroganteconquellialleprimearmi,spietatacongliextracomunitari.  «Dottor Minichello, lei è un vero gentiluomo del sud, él'unicocheriesceasopportarlaeanche,mipassi il termine,acontenerla»,mihadetto ilmese scorso il capoquandoglihochiesto spiegazioni sul perché sono ancora assegnato allasezioneXVII,insiemeallaBonfiglioli,mentretuttiigiudicideivaricollegihannocambiato sezione, in seguitoaunrimpastogenerale.  Certo, sonounapersona estremamente educata, oltre chesensibile e allergica ai pollini, ma non sono mica un santo.Tanto che da quasi due anni, ormai, fantastico su comeavvelenarel'alanodiquellastrega.Noncontentadisquadrarmisempre dall'alto in basso (sono sensibile, educato, allergico aipolliniealtounmetroe sessantottocentimetri),hacompratounalanofemminaconcuisirecaogniseraall'areasgambaturacanidove iovadoapasseggiocon ilbastardinochemia figliahaportatoacasadalcanileprimadipartireperilsuodottoratoinInghilterra.Lohafattoapposta,nesonocerto.  E la mattina è sempre peggio. Sto male solo all'idea didover trascorrere sette o otto ore seduto di fianco a lei, adascoltare i suoi commenti velenosi, a discutere dopo ogniudienzaperché siamosempre suposizionidivergenti rispettoalla materia del contendere. Ma oggi ho una valida scusa. Acausa di questa maledetta allergia non ho un aspettopresentabile. Passerei tutto il tempo a starnutire in faccia aitestimoniealacrimare.  «Costanza? Buongiorno, sono il Dottor Minichello.Potrebbe cortesemente avvisare la Dottoressa Bonfiglioli e ilDottor De Sciglio che oggi non riesco a venire? Uncontrattempo.Sonomortificato,maamenochenonriusciateasostituirmioccorreràannullaretutteleudienze.»

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  «Mio dio Dottore, proprio oggi. Vedesse la Bonfiglioli. Ècosìdicattivoumore…intendodire,piùdelsolito.»  «Le porga lemie più sentite scuse.Mi dispiace,ma sonocostrettoariattaccare.»

  Ho imboccato l'autostrada in direzione sud, guidandosenzapensareaniente.Auncertopunto,misonoaccortodeglioleandriinfiorelungoilguardrail.Allorahogiratolosguardoverso sinistra e scorgendo la linea azzurra e ininterrotta delmarehopensato:Almenoquipotròpassareun'interagiornatasenzastarnutireincontinuazione.

  Seduto al tavolinodiunbagno sto sorseggiandoun caffè.Hosfilatolescarpeeappoggiatoipiedisullasabbiafresca.Il bagnino ha già la pelle color cuoio. Mi ha rimproveratoperchésonotroppobianco,suggerendodiprendereunlettino.Ma io preferisco restare seduto - sono l'unico in giacca ecravatta-adascoltareglistrillideigabbianieperdermiconlosguardotraloscintilliodell'acquasalata.  Nessunosacheoggisonofuggitodallacittà,causapolliniecausaDottoressaBonfiglioli.  Nonmiamoglie,impegnatanelcollaudodiunpontelungolaferrovia.  Nonmia figlia. Ci sentiamo una volta alla settimana, viaSkype.Venerdìscorsomihadetto:«Papà,bastachenonmifaivenirel'ansia,ancheseunvenerdìsaltiamochesaràmai».  Eseprovassiasparire?Così,pervederel'effettochefa.Pervederechièilprimoapreoccuparsi,edopoquantotempo.

  C'èunadonna lungolaspiaggia.Spingeunacarrozzina.Auntrattosi toglie lescarpeedentrainacqua.Lacosastranaèche è completamente vestita. E soprattutto la carrozzina èrimasta fermadove l'ha lasciata, con le ruote sulbagnasciuga.Mi alzo e muovo qualche passo incerto verso la riva. Sentopiangere.Allorainizioacorrere.Quandoarrivoinrivaalmare

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mimanca il respiro. Quella donna è lontana e il vestito si ègonfiatotuttointornolei.Mibuttoinacquaanch'io.Conpochebracciate la raggiungo, l'afferro per un braccio, ma lei mitrascinagiù,versoilfondo.

  Ho appena finito di vomitare e sto tremando sotto a unacopertatermica.«Dottore, leièuneroe»,midiceBenzi, ilgiornalistadelRestodelCarlinochesioccupavadicronacaneraquandolavoravoaRimini. Mi ha subito riconosciuto. Il lampo del flash di unamacchina fotografica mi acceca. Già immagino la miafotografianeigiornalididomani.Devodireaddioalsognodisparire per un giorno in una città priva di pollini. Tornerò afareilgentiluomoafiancodellaDottoressaBonfiglioli.

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VorreisentirtidiAnnaPalmaRuscigno

GianniCanova,Palpebre

   Nonfucongliocchichefecilaconoscenzadilei.Fuconl'uditoecol tatto. Prima fu il ticchettio acuto dei suoi tacchi sull'asfalto arichiamarelamiaattenzione,

poi il desiderio di toccarla. Ogni giorno quel rumore fugaceannunciavailsuoritorno.Ilfattoèchelosguardosudimenonlo posava mai ed io avevo imparato a fare altrettanto. Lariconoscevo dal profumo secco che portava, dallo sbatterefrettolosa laportadi casaequelladella suagrandemacchina.Dal parcheggio ne seguivo il fruscio fatto di chiavi o borsesfregatecontrol’impermeabileedognivoltamirapiva.Sentivocheavevacomepauradime,ma, seppure fosse statocosì,maiquantaneavevoiodilei.Mano,forsenonerapaura,era solorispetto.Non tentavadiaccattivarmicome tutte,nonusavastupideattenzioni,anzinonmiusavaalcunaattenzione,delrestosivedevacheunacomeleinonsapevacosafosseunamoina.Cosìmipiaceva.Eiol’avevosceltatratutte.Abitavovicinoalla suacasa,erobelloegiovane,gioviale,noncapivo il perché della sua ritrosia. Però allo stesso tempomiattraevadipiùperquesto,conunacomeleisareipotutorestarepersemprelibero,indipendente,sentivoche,semaiungiornofossimo diventati qualcosa di diverso, non mi avrebbeingabbiato, sapevo chenon avrebbe cercato di forzare lamianatura.Mipiacevaallorarestaredalontanoaspiarla,nonsiaccorgeva

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quasimaidime.Non si accorse di me nemmeno quella sera che rimase inmacchinapiùdimezz’oraapiangere.Nontrovava ilcoraggiodirientrareincasa.Avreivolutorassicurarlacolmiocalore,manonneerocapace,erounochenonsapevacoccolare, troppoabituato ad essere al centro dell’attenzione altrui. E poi lepersone tristi mi angosciavano, preferivo quelle irrequiete echiacchierone.La sentii che parlava, ma non intuivo l’interlocutore. Luil’avevasicuramentelasciata,eranogiornichenonsivedeva.Lamiacattiveriamispinseadesserefelicedell’opportunitàchemisi stava presentando. Le comparvi davanti all’improvvisofacendolaspaventare.Divennefuriosa.–Cimancavianchetustasera!–gridò,senzaaggiungerealtro.Ioindietreggiai,ilmiotentativodistabilireunbanalecontattoerasfumatoancorprimacheconcretizzassicompiutamente ilpensiero.

Il suocompagnoeramioamico,passavamoparecchio tempoinsieme soprattutto in giardino mentre entrambi eravamointentiallenostreoccupazioni.Ci intendevamo,mafacevamocomeseleinoncifossenellenostrevite.

Una sera mi ricordo che avevo avuto bisogno di lui, mi eroferitoevistocheeraunmedicovolevochiedergliaiuto.Bussaialla porta-finestra sapendo che avrebbe avuto qualcosa permedicarmi. In realtà era anche una scusa per incontrare lei,speravo che almeno il mio piccolo incidente avrebbe potutofarle abbassare quell’invisibile barriera che c’era sempre tra inostrisguardi.Maniente,nonvenneadaprirenessunodeidue.Erano dentro e litigavano furiosamente, non capii niente, ilvetro era spesso ed i rumori eranomolto attutiti. Lui ad untrattolediedeunoschiaffo,fubruttissimo.

Naturalmentenonpoteimaiparlaredell’episodio,sonountipo

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riservato e so che devo stare al posto mio. Dicono tutti chesono un tipo solitario, ma è che non mi capiscono. Il mioaffettolotengodentro.

Nonriuscivopiùaguardarequell’uomodopoquellocheavevovisto, non avrebbe dovuto colpirla per nessun motivo almondo.Credochefosseincinta,emanavaunchedidiversodaqualchesettimanaediol’avevosubitoavvertitoanchesenonlesivedevalapanciaederasemprebellissima.Avreivolutotantoaccarezzarglielaquellapancia,altrocheschiaffi.Ilfiglio,pursenon nostro, già mi stava simpatico per il solo fatto che leapparteneva.Nonmettevapiùisuoitacchi,forseglieloavevasconsigliatoilmedico,peccatoperchécosìavoltenonmiaccorgevodelsuorientro.

Passatocircaunmesedovevaesserecambiatoqualcosa.Fudaquellaserachenotaiunasciastranadietroilsuoimpermeabilee che poi la vidi scappare da sola riprendendo la macchinafuriosamenteancheseeraappenarientrata.Ilgiornodoponontornòenemmenoquellodopo,poilarividiall’improvviso.Eradistrattaenemmenosiaccorsechemieroappoggiatoalcancellodelsuogiardino.Eratristeenonsmisemaidiesserlofinoallaseradelpiantoinmacchina.Chebruttoperiodo.

Stamattina però sembra tutto diverso. Si è vestita con unbell’abito giallo e blu, i colori che preferisco perché siccomesonomezzodaltonicosonoipochichepercepisconitidamente.Canticchia,èallegra.È il miomomento, o ora omai più.Mi avvicino guardingo.Nonsocomeapprocciarealei.Forseèilcasochemenevadaallasvelta.Mano,resto.Olavaolaspacca.

Ed ecco che si gira, mi guarda e mi chiama per nome. Per

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nome,chipotevacrederlo,senzadistanza.Manonfiniscequi,allungaunamanoversodimepersalutarmi.Èunmiracolo,lafissonegliocchi.Cistiamosfiorando.Mi sento strano, ma non vorrei farglielo capire. Mi dice diseguirlaediolofaccio.–Mangiqualcosa?–michiededolcementeNonpossopiùfingere,lamiacodapelosavainsuariccioloecomincioistantaneamenteafarlelefusamentremiriempielaciotola.Siamoamicifinalmente.

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