aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della...

138

Transcript of aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della...

Page 1: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea
Page 2: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

rivista di storia contemporanea

aspetti politici, economici, sociali e culturali

del Vercellese, del Biellese e della Valsesia

l’impegno

Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporaneanelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”

a. XXX, nuova serie, n. 1, giugno 2010

Page 3: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

l’impegno

Rivista semestrale di storia contemporaneaDirettore: Piero AmbrosioSegreteria: Marilena Orso Manzonetta; editing: Raffaella FranzosiDirezione, redazione e amministrazione: via D’Adda, 6 - 13019 Varallo (Vc)Registrato al n. 202 del Registro stampa del Tribunale di Vercelli (21 aprile 1981).Responsabile: Piero AmbrosioStampa: Gallo Arti Grafiche, VercelliLa responsabilità degli articoli, saggi, note firmati o siglati è degli autori. Non si re-stituiscono manoscritti, anche se non pubblicati.© Vietata la riproduzione anche parziale non autorizzata.

Un numero € 8,00; arretrati fino al 2008 in offerta a € 3,00, per il 2009 € 9,50; estero € 9,50;arretrati estero € 10,50Quote di abbonamento (2 numeri): annuale € 16,00; benemerito € 20,00; sostenitore €25,00 o più; annuale per l’estero € 21,00

Gli abbonamenti si intendono per anno solare e sono automaticamente rinnovati se noninterviene disdetta a mezzo lettera raccomandata entro il mese di dicembre; la disdettacomunque non è valida se l’abbonato non è in regola con i pagamenti. Il rifiuto o la re-stituzione dei fascicoli della rivista non costituiscono disdetta di abbonamento a nes-sun effetto.Conto corrente postale n. 10261139, intestato all’Istituto.

Il numero è stato chiuso in redazione il 30 giugno 2010. Finito di stampare nel luglio 2010.

In copertina: Sfilata partigiana, Vercelli, 1 maggio 1945 © Archivio fotografico LucianoGiachetti - Fotocronisti Baita (Vercelli).

Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”Aderente all’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia“Ferruccio Parri”

L’Istituto ha lo scopo di raccogliere, ordinare e custodire la documentazione di ognigenere riguardante il movimento antifascista, partigiano, operaio e contadino nelleprovince di Biella e Vercelli, di agevolarne la consultazione, di promuovere gli studistorici e, in generale, la conoscenza del movimento stesso, anche con l’organizzazionedi convegni, conferenze e con ogni altra iniziativa conforme ai suoi fini istituzionali.L’Istituto è associato all’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazionein Italia, in conformità dell’art. 3 L. 16 gennaio 1967, n. 3.

Consiglio direttivo: Luciano Castaldi (presidente), Antonio Buonocore, Marcello Vau-dano (vicepresidenti), Enrico Pagano (direttore), Piero Ambrosio, Mauro Borri Brunet-to, Silvia Cavicchioli, Giuseppino Donetti, Antonino Filiberti, Giuseppe Rasolo, AngelaRegisRevisori dei conti: Luigi Carrara, Giovanni Guala, Orazio PaggiComitato scientifico: Pierangelo Cavanna, Emilio Jona, Alberto Lovatto, Marco Neiretti,Pietro Scarduelli, Andrea Sormano, Edoardo Tortarolo, Maurizio Vaudagna

Sede: via D’Adda, 6 - 13019 Varallo (Vc). Tel. 0163-52005, fax 0163-562289E-mail: [email protected]. Sito internet: http://www.storia900bivc.it

Page 4: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

presentazione

l’impegno 3

In questo numero

Marco Neiretti ricostruisce il viaggio in

Unione Sovietica compiuto dal presidente

della Repubblica Gronchi e dal ministro de-

gli Affari esteri Giuseppe Pella nel febbraio

del 1960, determinato dal clima di apertura e

disgelo che l’Urss aveva instaurato, ma che,

come si evince dalle note autografe di Pella

in merito al viaggio e dal diario dell’amba-

sciatore a Mosca Luca Pietromarchi, si risol-

se in un fallimento dal punto di vista politi-

co e diplomatico, dato l’atteggiamento im-

prevedibile e sconcertante di Kruscev.

Stefano Sala si sofferma sul carattere leg-

gendario attribuito negli anni della Resisten-

za alla figura di Cino Moscatelli, sottolinean-

do l’evoluzione del “mito” del comandante

partigiano dagli originari aspetti di sponta-

neità e romanticismo alla gestione politica

organica alle direttive del Partito comunista,

sviluppo che riflette l’identica trasformazio-

ne del movimento partigiano da un’iniziale

fase di ribellismo popolare all’inquadramen-

to nelle prospettive politiche “istituziona-

lizzate” in seno ai Cln.

Alessandro Orsi ripercorre lo sviluppo del

turismo in Valsesia, e in particolare a Varallo,

dal Seicento fino alla seconda guerra mon-

diale, evidenziando la capacità di accoglien-

za delle strutture ricettive, in espansione

grazie all’aumento del flusso di turisti carat-

terizzato nel corso dell’Ottocento dalla pre-

senza, accanto ad aristocratici inglesi, di fa-

miglie benestanti desiderose di tranquillità

e clima salubre; la battuta d’arresto nello

sviluppo turistico della valle negli anni del-

la grande guerra e del dopoguerra; la ripre-

sa negli anni trenta con la promozione delle

località turistiche compiuta dal regime fasci-

sta, conclusasi però ancora una volta con

la tragedia di un conflitto mondiale.

Francesco Omodeo Zorini, a partire dal

volume di Filippo Focardi “Criminali di guer-

ra in libertà”, fa il punto sugli studi relativi

alle stragi naziste “occultate” e sull’impuni-

tà di cui godettero i responsabili, dovuta

tanto all’incompletezza delle carte proces-

suali, quanto alla reticenza del governo ita-

liano, timoroso di dover adempiere a richie-

ste di estradizione di criminali di guerra ita-

liani avanzate dai paesi occupati dall’Italia

fascista, nonché al consolidarsi della guerra

fredda, che vide la Germania federale diveni-

re alleato strategico nel conflitto del mondo

occidentale con l’Unione Sovietica e i suoi

satelliti.

Alberto Magnani e Massimiliano Tenconi

si concentrano sulla figura di don Virginio

Colzani, prete della zona di Magenta che

diede un fondamentale contributo alla Re-

sistenza mantenendo, in veste di staffetta, i

rapporti tra la Valsesia e il Cln milanese, met-

tendo a disposizione la sua canonica come

base d’appoggio per i partigiani della 168a

brigata garibaldina nella quale venne poi

Page 5: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

presentazione

4 l’impegno

inquadrato e continuando a costituire, an-

che nel dopoguerra, un punto di riferimen-

to per la lotta delle giovani generazioni con-

tro l’ingiustizia e l’oppressione.

Piero Ambrosio, attraverso una selezione

di immagini dell’Archivio fotografico Lucia-

no Giachetti - Fotocronisti Baita, tratta dalla

mostra “Dai sentieri della libertà a Vercelli

liberata”, ripercorre i giorni del maggio 1945

a Vercelli, dopo la Liberazione, quando, tra

imponenti manifestazioni popolari, le forma-

zioni partigiane, sotto la guida del Cln, svol-

sero un’azione di controllo sulle zone libe-

rate fino all’arrivo degli Alleati.

Laura Manione presenta la mostra e il ca-

talogo realizzati dall’Archivio fotografico

Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita ine-

renti alla diocesi eusebiana, cui si riferisce

un numero molto elevato di immagini pre-

senti nel fondo, che con sistematicità resti-

tuiscono il sentimento religioso di una co-

munità.

Pietro Ramella ricostruisce gli eventi le-

gati alla liberazione di Mondovì nell’aprile-

maggio del 1945, dal rastrellamento nazifa-

scista del novembre 1944 nelle Langhe sud-

occidentali, alle violenze efferate compiute

nel Monregalese da reparti dei Cacciatori

degli Appennini comandati dal tenente Al-

berto Farina, condannato a morte dal tribu-

nale di guerra di Mondovì dopo l’occupazio-

ne della città da parte dei partigiani, e giu-

stiziato il 5 maggio del 1945.

Sonia Residori ricorda Antonio Giuriolo,

professore antifascista di Vicenza, che riu-

nì attorno a sé molti giovani intellettuali ne-

gli anni del regime prima, della guerra e della

Resistenza poi, ed è una presenza signifi-

cativa nel romanzo di Luigi Meneghello “I

piccoli maestri” (non altrettanto nel film di

Daniele Luchetti che ne è stato tratto), in cui

la Resistenza viene raccontata dal punto di

vista non politicizzato di un gruppo di gio-

vani studenti di estrazione borghese.

Sabrina Contini descrive la sua attività di

riordino dell’archivio dell’Istituto che, oltre

alla verifica del materiale già inventariato, in

parte riorganizzato, ha comportato la sche-

datura di quello di nuova acquisizione non

ancora sistemato, la conseguente integra-

zione di fondi già esistenti e la costituzione

di nuove serie, con particolare attenzione ri-

servata all’archivio sonoro analiticamente

schedato.

Segue un breve saggio sulla figura di Cle-

mentina Caligaris, membro della Consulta

nazionale, vissuta nella zona dell’Agro pon-

tino, ma nata a Vercelli nel 1882, la cui bio-

grafia viene messa in relazione con quella

della più nota Sibilla Aleramo.

Infine, il ricordo di Gustavo Buratti, prota-

gonista della vita culturale e politica biellese

e consigliere scientifico dell’Istituto, scom-

parso lo scorso dicembre, i resoconti delle

conferenze organizzate dall’Istituto in occa-

sione del Giorno della Memoria e dell’anni-

versario della Liberazione e la consueta ru-

brica di recensioni e segnalazioni.

Page 6: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 5

Il secondo governo Segni, monocoloredella Democrazia cristiana, in carica dal 15febbraio 1959 con l’apporto determinantealla fiducia dei monarchici e il voto non ri-chiesto dei missini ebbe quale ministro de-gli Affari esteri il biellese Giuseppe Pella1.La stampa, eccettuata quella di sinistra, a-veva commentato con una certa benevolen-za la soluzione della crisi del secondo go-verno Fanfani (Dc-Psdi), leggendovi la pre-messa per il ritorno al centrismo originario(Dc, Pli, Psdi, Pri). Due giorni dopo la fidu-cia, il “Corriere della Sera” osservava che il

nuovo governo si qualificava «attraversoun equilibrato programma di centro, che siè assicurato già i consensi indispensabili,lasciando tuttavia aperta la porta ad altro al-largamento di consensi, nei limiti dell’areademocratica»2. In realtà si trattava di unmonocolore che “soffriva” del solo appog-gio, tra i partner storici, dei liberali.

Rispetto al quadro tradizionale del centri-smo e delle varianti monocolore, occupavadal 1955 la presidenza della Repubblica Gio-vanni Gronchi, già leader della sinistra delpartito3. Alla sua elezione, avvenuta in con-

MARCO NEIRETTI

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

I difficili passi della distensione

1 Giuseppe Pella (Valdengo, Biella, 1902 - Roma, 1981). Dottore commercialista, docenteuniversitario di Contabilità nazionale, deputato della Democrazia cristiana per il collegioTorino-Novara-Vercelli dal 1946 al 1968, senatore del collegio di Mondovì dal 1968 al 1976.Ministro economico in tutti i governi presieduti da Alcide De Gasperi (1947-1953), presiden-te del Consiglio dei ministri e ministro degli Esteri tra il luglio 1953 e il gennaio 1954. Presi-dente della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca) in successione a De Gaspe-ri, dal 1954 al 1956; nel 1957 vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri nel governoZoli, ministro degli Esteri nel secondo governo Segni fino al marzo 1960. Ministro del Bi-lancio nel terzo governo Fanfani dal 1960 al 1962 e ministro delle Finanze nel secondo governoAndreotti (1972-1973).

2 La fiducia del Paese, in “Corriere della Sera”, 17 febbraio 1959, citato in FRANCESCO

MALGERI (a cura di), Storia della Democrazia cristiana, vol. III: Gli anni di transizione daFanfani a Moro (1954-1962), Roma, Cinque Lune, 1989.

3 Giovanni Gronchi (Pontedera, Pisa, 1887 - Roma, 1978). Laureato in Lettere, insegnantenei licei. Co-segretario nazionale della Confederazione italiana dei lavoratori (Cil, i “sindacatibianchi”). Deputato nella circoscrizione di Pisa nella lista del Partito popolare italiano, peralcuni mesi (novembre 1922 - aprile 1923) sottosegretario all’Industria e Lavoro nel primogoverno Mussolini. Al Congresso di Torino del Ppi propugnò l’immediata uscita dei popo-lari dal governo secondo la linea di don Luigi Sturzo. Dopo le dimissioni di Sturzo, fece parte

Page 7: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

6 l’impegno

trasto con la candidatura di Cesare Merza-gora proposta dalla Dc, aveva contribuitoautorevolmente Giuseppe Pella, esponentedi punta del gruppo denominato “Rinnova-mento”, composto da uomini della minoran-za del Congresso di Napoli, che nel 1954aveva “pensionato” Alcide De Gasperi. ConPella, i maggiori notabili erano Giulio Andre-otti, Guido Gonella, Salvatore Scoca. All’ele-zione di Gronchi, avvenuta il 29 aprile 1955,oltre che i democristiani dissenzienti, ave-vano contribuito voti socialisti, comunisti,missini4.

Quanto alla politica estera, che nelle di-chiarazioni programmatiche Segni avevariaffermato ancorata saldamente all’indiriz-zo atlantico ed europeista, il presidente delConsiglio dovette subire il condizionamen-to di Gronchi. Il presidente della Repubbli-

ca, fin dal suo messaggio presidenziale, ave-va parlato di coesistenza competitiva, di svi-luppo dei paesi afroasiatici, di iniziativa sul-lo scacchiere internazionale. Enunciazioniche avevano trovato avvio con i viaggi pre-sidenziali negli Stati Uniti, in Canada, neipaesi della Comunità europea, in Inghilterra,nel Medio Oriente (con Pella ministro degliEsteri nel governo Zoli tra il 1957-58), in A-merica Latina.

Nonostante gli ostacoli incontrati nellapolitica italiana e negli ambienti europei,nonché le dissuasioni elevate dalla gerar-chia ecclesiastica, Gronchi decise di aprireil quinto anno del suo settennato con unavisita di stato ai governanti dell’Unione So-vietica, nell’atmosfera del disgelo ormaicollaudata da qualche anno. La visita in Urssavrebbe dovuto svolgersi non solo sui gran-

di un triumvirato di reggenza del partito fino all’elezione alla segreteria nazionale di AlcideDe Gasperi. Fu esonerato dall’insegnamento. Deputato aventiniano, continuò la lotta an-tifascista anche dopo l’esilio di Sturzo e l’imprigionamento di De Gasperi. Partecipò alla fon-dazione della Democrazia cristiana, che rappresentava nel Comitato centrale di liberazionenazionale. Propugnò l’unità sindacale e presiedette il Comitato d’intesa sindacale della cor-rente sindacale cristiana. Nel partito guidò l’ala sinistra che faceva capo al periodico “Po-litica sociale”. Deputato alla Costituente e nelle legislature successive, diventò presidentedella Camera dei deputati nella prima e nella seconda legislatura fino all’elezione a presidentedella Repubblica il 29 aprile 1955. Cfr. GIANCARLO MERLI, scheda Giovanni Gronchi, inFRANCESCO TRANIELLO - GIORGIO CAMPANINI (a cura di), Dizionario storico del movimentocattolico in Italia. 1860-1980, vol. II: I protagonisti, Casale Monferrato, Marietti, 1982.

4 Si può ancora aggiungere che il quadro politico si trovava nelle acque morte di unatransizione lunga: dal centrismo della ricostruzione al lancio del centrosinistra (1946-1962).Nel 1958 la Dc aveva registrato un buon recupero di voti, risalendo alla Camera dal 40,1 (263seggi) al 42,4 per cento (273 seggi), mentre gli altri partiti di centro avevano recuperatopercentuali minime. La destra (monarchici e Msi) era passata da 69 a 59 seggi. La sinistra(Pci e Psi) aveva perduto 7 seggi.

L’evolversi del sistema politico italiano si svolgeva in varie fasi: a sinistra il frontismofaceva i conti con il sommovimento del “Rapporto Kruscev” e con la repressa rivoluzioned’Ungheria del 1956; i socialisti cominciavano a sperimentare cautamente la strada dell’au-tonomia dal frontismo, collaborando nelle giunte comunali con la Dc; i socialdemocraticie i repubblicani non assecondavano però i sia pur cauti tentativi di Fanfani nella loro dire-zione. Più che del Pci, sempre retto dalla mano accorta e sicura di Togliatti, i socialisti scon-tavano gli errori di prospettiva politica del lungo sodalizio frontista, e con molta sofferenza,come segnalava la restituzione all’Urss del Premio Stalin per la pace da parte di Pietro Nenni.

Page 8: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 7

di temi della politica mondiale, europea inparticolare, ma avrebbe dovuto avviare laconclusione delle riparazioni di guerra che,in base al trattato di pace con l’Italia, pre-vedeva il pagamento di cento milioni di dol-lari all’Urss. All’uopo l’Italia era disposta,secondo i protocolli del trattato, a installa-re industrie e attrezzature industriali desti-nate alla fabbricazione di materiale bellico enon convertibili a uso civile; produzione in-dustriale corrente; cessione di beni italianiin Romania, Ungheria e Bulgaria, limitata-mente all’Urss5. Le trattative per la defini-zione degli ultimi aspetti del trattato si eranoarenate sulla valutazione dei beni italiani inRomania, Ungheria e Bulgaria. A questi a-spetti si aggiungevano, assai più importantidal lato umano, le questioni dei prigionieridi guerra italiani ancora trattenuti in UnioneSovietica e del trasferimento in patria dellespoglie dei caduti nella “campagna di Rus-sia”, i soldati dell’Armir6.

L’invito sovietico

Dopo sondaggi adeguati, condotti per lopiù dall’ambasciatore a Mosca, Luca Pietro-marchi7, d’intesa con Gronchi, l’invito sovie-

tico era giunto al presidente del ConsiglioAntonio Segni con un telegramma del mini-stro del Commercio con l’estero Dino del Bo,trasmesso da Mosca il 17 ottobre 1959. L’o-norevole Del Bo, in missione nella capitalesovietica, era stato convocato dal vicemi-nistro degli esteri, Zorin, in assenza del ti-tolare del dicastero, Gromyko. Cinque gior-ni dopo, il ministro degli Esteri italiano Giu-seppe Pella aveva comunicato il gradimen-to del governo italiano. Nel frattempo, Se-gni e Pella avevano rappresentato a Gronchila non opportunità della missione, ma dopoil Consiglio dei ministri avevano deciso diaccogliere la volontà del capo dello Stato,lasciando libertà al ministro degli Esteri diaccompagnare o meno Giovanni Gronchinel viaggio a Mosca.

Meritano un cenno di attenzione anche leriserve che, all’interno dei vertici delle isti-tuzioni italiane venivano fatte in caso di re-stituzione (del resto protocollare) della vi-sita. Tra le maggiori si osservava che «nonsi può, infatti, ragionare di questo tema sen-za tener conto di alcune circostanze di fattoe di diritto che, fra l’altro, attengono allostatus della città di Roma: la presenza delPontefice, il carattere della capitale italiana

5 Il trattato prevedeva inoltre i seguenti indennizzi: 125 milioni di dollari alla Jugoslavia,105 milioni di dollari alla Grecia, 25 milioni di dollari all’Etiopia, 5 milioni di dollari all’Albania.Fecero atto di rinuncia gli Usa, la Gran Bretagna, la Cina nazionalista, l’Australia, la NuovaZelanda. Francia, Brasile, Belgio si accontentarono di soluzioni forfettarie (di favore perl’Italia). La Francia aveva rinunciato a 33 unità navali sulle 43 assegnatele dal trattato. L’Urssaveva rivendicato 33 unità sulle 45 di sua pertinenza.

6 Armata italiana in Russia.7 Luca Pietromarchi (Roma, 1895-1978). Laureato in Giurisprudenza, entrò in diplomazia

nel 1923. Addetto di delegazione di Ginevra presso la Delegazione italiana e il Segretariatodella Società delle Nazioni; nel 1939-40, ministro plenipotenziario, diresse la Direzione guerraeconomica. Nel 1943, con il generale Castellano, predispose le trattative per l’imminentearmistizio. In clandestinità dopo l’8 settembre 1943, fu sospeso dal grado e denunciato aitedeschi. Epurato dal servizio nel 1945, due anni dopo si trasferì con la famiglia in Brasile.Reintegrato in servizio dal Consiglio di Stato, tornò al ministero degli Esteri, dove si occupòdella gestione del Piano Marshall per l’Italia. Dal 1950 al 1958 fu ambasciatore in Turchiae dal 1958 al 1961 ambasciatore in Urss.

Page 9: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

8 l’impegno

quale risulta dalle stesse pattuizioni latera-nensi, le norme concordatarie che leganol’Italia alla Santa Sede, norme recepite nellaCostituzione della Repubblica e, fra l’altro,votate dallo stesso Partito comunista».

La questione veniva però abilmente ac-cantonata dall’ambasciatore sovietico a Ro-ma, Kozyrev, che dava comunicazione del-la notizia ufficiale diramata dal viceministroZorin: «La data del viaggio del Capo delloStato Italiano e quella della visita di restitu-zione saranno concordate per i normali cana-li diplomatici; ma non è detto affatto che essedebbano essere definite contemporanee».

Da parte sovietica, l’ambasciatore sottoli-neava che «il capo dello Stato è, in Russia,il Presidente elettivo del Praesidium e chequesti è il Maresciallo Voroscilov». In so-stanza, l’ambasciatore aveva detto al sotto-segretario italiano agli Esteri, che «se noiavessimo tenuto, egli avrebbe potuto rac-comandare al Signor Kruscev di venire in

Italia, ma soltanto una nostra esplicita richie-sta, o la presenza in Russia, accanto al Presi-dente Gronchi, del Presidente Segni, avreb-be potuto “assicurare” la doverosa parte-cipazione del Presidente del Consiglio so-vietico, Signor Kruscev, alla restituzionedella visita»8.

Circa eventuali manifestazioni spontaneedi accoglienza, l’ambasciatore dichiaravache «non poteva, evidentemente, dar di-sposizione al Partito comunista italiano circail suo comportamento in occasione di unavisita ufficiale sovietica». E, ancora, sulladata di restituzione della visita, Kozyrev rav-visava come il periodo più opportuno fos-se dopo le elezioni amministrative di prima-vera, tenendo presente pure la consuetudi-ne del soggiorno pontificio a Castel Gandol-fo. Comunque, Kozyrev accennava «allapossibilità di una visita che, se gradita, ilMaresciallo Voroscilov sarebbe stato dispo-sto a rendere al Sommo Pontefice»9.

8 Nikita Sergeevic Kruscev (Kalinova, 1894 - Mosca, 1971). Aderì al Partito comunista nel1918 e combatté in Ucraina. Frequentata l’Università di Charcov, entrò nel Comitato centraledel Partito comunista ucraino. Segretario del partito per la città di Mosca, entrò a far partedel Comitato centrale del Partito comunista con l’incarico di eliminare le deviazioni nazio-nalistiche. Eletto membro del Politburo, partecipò alla lotta contro i tedeschi e divennepresidente del Consiglio dei ministri dell’Ucraina. Nel 1947 fu eletto segretario del Comitatocentrale del Partito comunista dell’Urss negli ultimi anni della dittatura di Stalin. Dopo lamorte di Stalin fu eletto primo segretario del Comitato centrale del Partito comunista. Nelfebbraio 1956, al XX Congresso del partito, attaccò, in un rapporto segreto, il culto stalinianodella personalità, avviando il processo di “destalinizzazione”. Nel 1957, eliminati i suoi rivalie le antiche figure del periodo staliniano, assunse anche la carica di presidente del Consigliodei ministri dell’Unione Sovietica; ma, a seguito del fallimento della sua politica interna, fudimesso dal Praesidium dalla carica di primo segretario del Pcus nell’ottobre del 1964. Daquella data, Kruscev si ritirò a vita privata. Sono noti le sue intemperanze verbali e alcunisuoi gesti clamorosi, culminati all’Assemblea generale dell’Onu allorché, per sottolinearealcune affermazioni, si tolse una scarpa, che sbatté ripetutamente sulla tribuna.

9 ARCHIVIO PELLA BIELLA (d’ora in poi APB), Viaggio in Urss, 5-11 febbraio 1960, b. 126, fasc.“Preparazione viaggio in Urss”. Nel caso della visita del capo di Stato sovietico, l’onorevoleFolchi - sottosegretario agli Esteri - suggeriva di «pregare Sua Santità di anticipare la suapartenza per Castel Gandolfo per non dare l’impressione di un allontanamento voluto acausa della visita»: era ancora ben presente la protesta di Pio XI per la visita di Hitler a Roma,con la partenza improvvisa per Castel Gandolfo.

Page 10: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 9

Pella frena?

Come constatato, fin dalla preparazionenon poche difficoltà si erano frapposte al-l’iniziativa del presidente Gronchi. Altre so-pravvenivano per sottolineare la differenzadi vedute tra il presidente e il ministro degliEsteri Pella, come declinava una nota diffu-sa da “Agenzia diplomatica”, che afferma-va: «Le modalità con le quali il governo do-roteo ha proceduto ai limiti da imporre alprossimo viaggio del Presidente Gronchi inUnione Sovietica sottolinea, forse meglioche qualsiasi altra recente manifestazionedella nostra politica estera, il preoccupanteimmobilismo della diplomazia italiana»10.

L’agenzia informava che Pella «si è affret-tato a predisporre un fittissimo calendariodi impegni per il mese di dicembre, allo scopodi procrastinare il viaggio di Gronchi o to-gliendogli gran parte della sua importanzapolitica». E, ancora: «Il Consiglio dei Mini-stri ha curato di porre al viaggio presiden-ziale condizioni tanto rigide quanto discu-tibili».

Pella era indicato, quindi, come un tem-poreggiatore, intento a logorare il senso delviaggio a Mosca. Dagli ambienti ecclesiasti-ci emergeva un diffuso disagio, esposto inun articolo del gesuita padre Antonio Mes-sineo su “Civiltà Cattolica”, e, sua volta, dif-fuso dalla Radio Vaticana. Al caso, Giusep-pe Pella aveva ufficiosamente incontrato unpaio di volte, in un istituto religioso di Roma,il pro-segretario di Stato vaticano monsi-gnor Domenico Tardini, che «riferisce a Pella

il pensiero di Giovanni XXIII: L’Italia pensialle sue cose, che la Chiesa pensa alle pro-prie!». Pella riferì a Gronchi l’esito del son-daggio relativo alla situazione religiosa inUrss nei riguardi della chiesa cattolica11.

Oltretutto, importanti scadenze stavanonell’agenda del governo, prima fra tutte lavenuta in Italia del presidente degli Usa,Dwight Eisenhower, ai primi di gennaio, peril summit del Consiglio atlantico. Era chiaroche prima del “viaggio” un incontro a quat-tr’occhi dei due presidenti veniva visto co-me un necessario scambio di idee. Comun-que la Delegazione italiana non sarebbe sta-ta la prima di governanti dell’Alleanza atlan-tica in visita in Urss: erano già approdatedelegazioni capeggiate dal ministro degli E-steri britannico Harold Macmillan, dal pre-sidente del Consiglio tedesco Konrad Ade-nauer, dal cancelliere austriaco Julius Raab,dal vicepresidente Usa Richard Nixon.

Un’opinione autorevole

Per inquadrare le note del “Viaggio a Mo-sca” vergate da Giuseppe Pella, è utile ricor-rere alla pagina che Sergio Romano, annidopo ambasciatore in Urss, dedica all’avve-nimento12: «Fu in questa fase che Gronchidecise di fare la propria politica estera e dipreparare una iniziativa che gli avrebbe per-messo di meglio perseguire il suo tripliceobiettivo: la pace in Europa, uno spazio piùgrande per la politica estera italiana, l’aper-tura a sinistra. L’iniziativa fu il viaggio aMosca che egli preparerà con cura negli ulti-

10 “Agenzia diplomatica”, 9 novembre 1959, a. I, n. 231.11 GIULIO CESARE RE, Fine di una politica. Momenti drammatici della democrazia ita-

liana, Bologna, Cappelli, 1971. G. C. Re, già vicedirettore del quotidiano democristiano pie-montese “Il Popolo Nuovo”, era a quel tempo addetto stampa di Giuseppe Pella.

12 SERGIO ROMANO, Guida alla politica estera italiana. Dal crollo del fascismo al crollodel comunismo, Milano, Rizzoli, 1993.

Page 11: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

10 l’impegno

mi mesi del 1959 superando le difficoltà chegli venivano opposte dal governo e da unaparte della Chiesa romana. Esso si fece, do-po un rinvio, dal 6 all’11 febbraio 1960, e pro-dusse un risultato sconcertante. Dopo alcu-ni sondaggi di persone che avevano con luiun rapporto di intelligenza e di fiducia - DinoDel Bo, Giancarlo Vigorelli - Gronchi speròdi trovare a Mosca un’occasione per incon-tri confidenziali sui rapporti Est-Ovest e so-prattutto sul problema tedesco, per il qualeaveva in serbo qualche proposta. Di quegliincontri si sarebbe valso, dopo il ritorno inItalia, per un’opera di mediazione che avreb-be giovato alla pace, all’Italia sulla scena in-ternazionale e all’evoluzione “progressista”della situazione politica italiana. Trovò in-vece il più sconcertante e imprevedibile degliinterlocutori. A un ricevimento nell’amba-sciata italiana Kruscev, di fronte alla stam-pa, investì Gronchi e Pella con una serie diprovocazioni ora ironiche, ora goliardiche,ora tracotanti, alle quali i due uomini politi-ci italiani reagirono con impettita dignità.

Non fu né la prima né l’ultima volta in cuiil leader sovietico manifestò il suo disprez-zo per le convenzioni diplomatiche. Ma ilbattibecco all’ambasciata dimostrò indiret-tamente in quale conto egli tenesse l’operamediatrice dell’Italia nelle gravi faccendeche stavano agitando in quel momento iprotagonisti della guerra fredda. Prima an-cora di scontrarsi con i grandi problemi deirapporti Est-Ovest, la diplomazia del presi-dente si scontrò con la scarsa considerazio-ne che i sovietici avevano per il peso inter-nazionale dei loro interlocutori. E qui, pro-babilmente, commisero un errore. Non ca-pirono che la diplomazia di Gronchi meritavadi essere incoraggiata non tanto per i suoiobiettivi quanto per gli effetti che tale inco-raggiamento avrebbe avuto sulla situazioneitaliana e sui rapporti fra l’Italia e suoi alleati.Kruscev commise lo stesso errore che ave-

vano commesso i suoi predecessori fra il1947 e il 1949, quando si erano rifiutati di pre-stare credito e attenzione alla diplomazia [...].I sovietici non si resero conto, allora, dell’u-tilità per la diplomazia sovietica di un parti-to neutralista in seno alla borghesia italiana;e non si resero conto nel 1960 che qualchelusinga al nazional-pacifismo di Gronchi a-vrebbe garantito all’Urss un beneficio di-plomatico, sia pure marginale. Due ragioniprobabilmente dovettero indurli a non tene-re alcun conto dei segnali diplomatici chevenivano dall’Italia: in primo luogo la con-vinzione che la classe dirigente italiana fos-se troppo infeudata agli Stati Uniti per gode-re di una qualsiasi libertà di movimento; insecondo luogo il desiderio di lasciare al Par-tito comunista italiano il monopolio delle ini-ziative di pace. Questo atteggiamento cam-biò in occasione del viaggio che Fanfani,presidente del Consiglio dal luglio del 1960,fece a Mosca nell’agosto del 1961. Ma eranocambiate nel frattempo, con l’atteggiamen-to sovietico, le condizioni internazionali».

A questo punto si può passare alla trascri-zione del fascicoletto consegnato da Pellaall’archivio personale con il titolo di “Diariodel Viaggio in Russia (5-11 febbraio 1960)”.Lo scritto è composto da dieci paginette sciol-te e da una trascrizione dattiloscritta. Le ul-time battute delle conversazioni tra il presi-dente Gronchi e Kruscev si riportano quidalla bozza di un verbale ministeriale inter-no fatta pervenire a Pella il 29 febbraio 1960.

Le note autografe di Giuseppe Pella

«Viaggio Gronchi in Russia5-11 Febbraio 1960

Venerdì 5/2. h. 12,30 part. da Ciampino suDC6B tempo orribile.

Viaggio sorprendentemente ottimo versoCopenhagen.

Page 12: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 11

Ricevuti dal Ministro Esteri e funzionariprotocollo.

17,30 - Arrivo Hotel Angleterre18 - Incontro in albergo con Ministro Este-

ri. Esame generico problemi distensione. In-teressato al contenuto del viaggio.

Gli ho promesso che l’avrei immediata-mente fatto mettere al corrente, nel quadrodella politica italiana di solidarietà coi Paesi“minori” Nato.

Interessato a conoscere la data di resti-tuzione del viaggio da parte dei Russi. Glicomunico le ragioni per cui mi sembra nonpossibile 1960.

19,15 - Incontro in Ambasciata (Amb Mo-sca) [nostra?, nda] coi funzionari.

20,45 - Cena con Amb. e funzionari al Ri-storante Charlotten (?).

(Alle ore 20,30 Gronchi ed il Re si sonoincrociati - come stabilito - alle macchine alumi interni accesi scambiando saluti).

23 - Rientro in Albergo.

6 febbraio 19606 - Sveglia7 - Partenza dall’Albergo8,15 - Partenza dall’Aeroporto. Condizio-

ni viaggio molto buone. In Svezia, Baltico epoi su territorio russo. Tempo invernale.

Gronchi rivede i suoi discorsi odierni raf-forzandoli in senso... occidentale.

7 febbraio 19608,45 - Incontro con Padre Dion13 al Krem-

lino. È la prima volta, dopo tanti anni, cheun sacerdote cattolico entra al Cremlino.Prendiamo accordi per la “Preghiera ai Ca-duti”.

9-9,30 - Messa a S. Luigi dei Francesi, conpreghiera per tutti i defunti. In particolareper tutti i Caduti in guerra.

9,45-11 - Giro per la città (con me Zorin)per esaminare quartieri nuovi ed universi-tà. Prevale il “prefabbricato”.

11-12 - Visita alla Metropolitana. Percorsidiversi tragitti. Molto ben tenuta.

12,30 - Partenza per la Dacia di Krusciova mezz’ora dal Kremlino, sulla Moscova ge-lata. Molta neve.

13 circa - Arrivo ricevuti 1/km. prima daKrusciov e Consorte, Gromyko e Consorte,famigliari di Krusciov, Kossighin e Consor-te (Gronchi, Consorte e figlio Pella, Pietro-marchi e Consorte, Mano?).

13-13,35 - Passeggiata e conversazionecon Gromyko - tema: il disarmo. Deve esse-re affrontato integrale. Accenni a Berlino.

13,30-13,45 - Partita a biliardo con Gromy-ko (vinco 4 a 2...).

13,30-13,45 - Conversazione Gronchi/Kru-sciov. Gronchi mi ha poi comunicato che laconversazione è stata assorbita da frasi ge-neriche di K. sulla superiorità del partito co-munista, sulla necessità di buone relazionicoll’Italia. Toccato il problema degli aiuti aiPaesi sottosviluppati, senza tuttavia appro-fondirlo.

14-17 - Lunga colazione. Animata conver-sazione fra me e K. su aiuti che potrebbedare la Russia, spese militari italiane, impiantiper missili ecc. molte botte e risposte. Evi-dentemente K. mi considerava l’elementoduro del Governo. Suoi elogi a Del Bo.

Ritorno alla residenza al Cremlino.18,15 - Conf. Stampa di Gronchi. Accenni

di colore e generici. Su domanda Gronchidice che l’invito alla restituzione corrispon-de a regole di cortesia.

18,45-19 - Incontro con Gronchi a 2, suarelazione sulla conversazione con K.

19,30-22,45 Rappresentazione Balletto“Lago dei Cigni” al Bolshoi - Splendido. In-

13 Sacerdote canadese, cappellano all’ambasciata americana.

Page 13: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

12 l’impegno

contro con Cabot Lodge in arrivo da Samar-kanda.

La stampa italiana (parte) ha stigmatizza-to l’intervista concessa ieri da Pietromarchi.

8/2/60 [appunto in lapis su foglio forma-to protocollo, n. 2 pagine, fronte-retro]

Vorosciloff - Krusciov - Gromyko - Zorin- Kosijev...

Gronchi - Pella - Straneo - Pietromarchi -Borromeo - Remondino.

Convenevoli.G. Richiama posizioni in questo mom. pol.

internaz.le.Non siamo in posizione determinante.

Usa per arm. Generale. Germ. Più probl par-ticolare: ma possiamo adoperare tutta la nsinfluenza.

Questo spiega iniziati ital. per essere alvertice: non prestigio, ma responsabi... Nsposiz nel mediterraneo. Collo sviluppo del-le armi moderne tutti in prima linea.

Gli incontri al vertice non devono averefisionomia come Congresso di Vienna: gran-di pot. che si incontrano e decidono dei de-stini dei popoli senza consultarli - Una dich.di principi come questa sarebbe genuina e-spress. di democraz. nei rapp. Internazionali.

Presupposto: largo accordo sul disarmoCon che sarà più facile risolvere problemi

part. come Germania.Disarmo fondamentale, ma presuppone

prima una distensione. Disarmo negli spiritiancora prima che nelle armi. La vera cortinadi ferro è diff. reciproca.

Vorosc - Condividiamo in via di principioquanto è stato.

Urss parte da principio che tutti i Paesidebbono avere stessa importanza. Italia puòavere posiz determinante.

Gronchi - It può avere influenza, tant’è

vero che invitata può conf vertice.K. D’accordo con tutti problemi meritano

pronta sol valutaz e modo di affrontarli dif-ferente.

Liquidare residui problemi guerra mondiale.Perché non firmare trattato di pace colla

Germania.Noi procederemo alla firma del tratt. colla

Germ. Orientale anche se Germ. Occid siopporrà.

Perché mantenere situaz di guerra in Ber-lino?

G. K dice che se non si arriva a un trattcon GO si firmerà con GE?

K. Cerchiamo di firmare il trattato di pacecolla Ger. Orient quale è la parte che14.

G. Non si può pensare a mantenere divisala Germ. Bisogna arrivare all’unificazione.

G. Potete interpellare liberamente Germ E?K. No.K. Berlino».

A questo punto le note autografe di Giu-seppe Pella s’interrompono. Un sottofasci-colo a titolo “Discorso di Krusciov all’Am-basciata d’Italia” - Mosca , 8.2.1960 e scusedi K. per detto discorso” contiene una copiadattiloscritta di sei pagine e cinque righecomplete, intitolate “Discorso di Krusciovall’Ambasciata d’Italia in risposta a quellodi Gronchi (Mosca, 8 febbraio 1960)”:

«Signor Presidente, Signori, Amici,ho ascoltato il discorso pronunciato dal

Presidente della Repubblica Italiana, discor-so pieno di auguri, di buoni auguri. Io con-divido le parole e le espressioni che sonostate dette, e cioè che attualmente esiste ef-fettivamente un miglioramento delle relazio-ni internazionali. Questo è talvolta definito“intiepidimento”, altre volte lo definiscono“disgelo”. Poco importa il nome; sta di fatto

14 Frase interrotta.

Page 14: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 13

che c’è effettivamente un miglioramentonelle relazioni internazionali. Gli uomini dor-mono ormai tranquilli e non si attendonoche, mentre dormono, di notte possa capita-re loro qualcosa di spiacevole. Noi uominipolitici siamo come i medici, e cioè procedia-mo come i medici: quindi abbiamo stabilitola diagnosi (1) e sappiamo il male di cui soffreil paziente, dobbiamo anche stabilire i rime-di che possono curare questo male e dob-biamo fare somministrare qualche polverinao qualche mistura, oppure cercare di elimi-nare la piaga o il tumore in modo che si evitila diffusione in qualche altra parte del corpo.Se i medici andassero intorno all’ammalatoe pronunciassero delle parole e dicesserovarie cose (2) senza risolvere il problema,senza dargli una medicina, non lo risolvereb-bero certo. E così anche in politica i buoniauspici e gli auguri non bastano, Bisognaliquidare, eliminare quei problemi che pos-sono far germinare dei problemi internazio-nali. Quali sono le questioni da eliminare?(3) Innanzitutto noi riteniamo che fra gliostacoli possano essere annoverati la liqui-dazione dei residui della seconda guerramondiale e la conclusione del trattato di pa-ce con la Germania; e pertanto anche la liqui-dazione del regime di occupazione che si èstabilito nella parte occidentale di Berlino.

La persona mediamente saggia può capi-re (4) perfettamente che una di queste que-stioni consiste nel concludere il trattato dipace con la Germania: è così ovvio, (5) inmodo da stabilire una situazione tale che fissilo stato di fatto che si è verificato effettiva-mente dopo la seconda guerra mondiale.Questo stato di fatto lo dobbiamo rafforzareanche con un accordo de jure e in questomodo approvare anche de jure la spartizionedelle frontiere che si è verificata dopo laseconda guerra mondiale. Se non risolviamoquesti problemi sorgeranno o si organizze-ranno delle forze tali che vorranno far modi-

ficare la situazione che si è creata dopo laseconda guerra mondiale. La situazione cheviene cambiata con la guerra non può esse-re modificata senza guerra (6) e non è la Ce-coslovacchia né la Polonia che accetterannoche vi siano delle modifiche nelle loro fron-tiere. Noi, come loro alleati, li capiamo e pie-namente li sosteniamo. Ecco dunque de-scrittovi uno degli aspetti della mia opinio-ne (7) tale è dunque la situazione che si eracreata.

Come dobbiamo liquidare tale situazione?Cogli esorcismi non si riuscirà a curarla.Occorre affrontare il problema in modo rea-le. Noi abbiamo fatto una proposta, e cioèfirmare un trattato di pace con le due Ger-manie. Adenauer non lo vuol fare. Ma chiglielo chiede (8) se è d’accordo o no? Abbia-mo fatto la guerra con la Germania. Abbiamoperso milioni di uomini. I tedeschi sonogiunti a Stalingrado e alle porte di Mosca, enoi siamo giunti a Berlino. È ovvio che la si-tuazione si è trasformata rapidamente. Nonè ammissibile che coloro che sono stati com-pletamente battuti a Stalingrado e alle por-te di Mosca vengano oggi a dettarci legge.Io guardo questo problema dal punto di vi-sta molto realistico. Se gli uomini riconosco-no quelle modifiche che si sono verificatedopo la seconda guerra mondiale, se cioèle riconoscono, è ovvio che riconoscerannoanche la necessità di firmare un trattato dipace e liquidare (9) così questa situazione.È quello che noi cerchiamo di fare: liquidareil regime di occupazione a Berlino occiden-tale. Noi non vogliamo sopraffare la volon-tà di Berlino occidentale. Noi vogliamo ri-conoscere il regime lì esistente e vogliamocreare in questo modo una situazione chepossa essere accettabile. E cioè noi daremola possibilità a Berlino Ovest di avere tutti ipassaggi assicurati con tutti i passi che Ber-lino Occidentale vorrà avere (10).

Noi abbiamo proposto questo sistema e

Page 15: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

14 l’impegno

insistiamo su questo fatto, non già perchélo abbiamo proposto noi, ma poiché è l’uni-ca via ragionevole. Non vedo altra soluzio-ne. Se c’è un’altra proposta che sia ragione-vole noi saremo felicissimi di accogliere, esa-minare, esaminare, sottoscrivere una pro-posta che possa assicurare la pace. Ci sonoaltre proposte: liquidare l’edificazione delsocialismo nella Repubblica Democratica te-desca o pretendono che la Germania Orien-tale venga assorbita dalla Germania Occi-dentale. Se uno è saggio non può pensareseriamente che questa proposta possa es-sere ragionevole, allora noi potremmo fareun’altra proposta più equa, e che più rispon-desse ai tempi attuali. Noi viviamo attual-mente in un secolo di rapide trasformazionisociali e politiche, quando cioè il socialismova avanti o sta sostituendo il regime capi-talista. Sarebbe pertanto logico e utile - sa-rebbe dunque logico - ripeto - se nella Ger-mania Occidentale fosse eliminato il regimecapitalista e se tutta la Germania, sia Occi-dentale che Orientale, diventasse una Ger-mania socialista. Sarebbe la soluzione piùragionevole. Ma nessuno naturalmente vor-rà accettarla. Ed è per questo che noi non laproponiamo. Così i tedeschi occidentalicontinuino a vivere così come vivono e i te-deschi orientali continuino a vivere comevivono ora. E noi alleati che abbiamo fattola guerra contro la Germania dovremmo fir-mare e riconoscere questo stato di fatto?Con un trattato di pace è la cosa miglioreche ci possa essere. Se invece non risolvia-mo questo problema - poiché esso non riu-scirà a sbrogliarsi da solo - bisogna risol-vere questo problema. Noi non rinunciamoalla soluzione: l’affrontiamo. Noi la cerche-remo poiché vogliamo che la pace sia raf-forzata e che sia rafforzata l’amicizia fra tut-ti i popoli. Dato che questa questione nonpossiamo, Signor Presidente, risolverla noidue, allora noi possiamo solo esprimere de-

gli auguri, dei desideri. Noi abbiamo avan-zato delle proposte e noi siamo d’accordo.Non voglio domandare la sua opinione ver-so la mia proposta, vorrei però che anchevoi riconosceste lo stato di fatto che esistetuttora e che voi diate il vostro accordo aquesto stato di fatto.

Passiamo ora alle questioni che riguarda-no i rapporti tra i nostri due paesi. I nostrisoldati sono stati in terra d’Italia come allea-ti, voi invece avere tentato un pochino divenire qui come nostri nemici. Vogliamo ora,non dico dimenticare, perché non si puòdimenticare, ma vogliamo basare le nostrerelazioni non su questo, ma su altri punti.Vogliamo guardare anche questo problemain modo realistico. Chi è morto non potrà piùresuscitare, mentre noi vivi vogliamo vivere.E allora vogliamo sbarazzare la via della vitada tutti gli ostacoli che la ingombrano? Vo-gliamo comunicare? Noi siamo contenti diaver trovare un linguaggio comune per quan-to riguarda i rapporti commerciali, un’ottimabase sana e cerchiamo perciò di sviluppareanche gli scambi culturali: organizziamo unmaggior scambio di persone da un paese al-l’altro: facciamo tutto quanto può portare amigliorare la conoscenza di un paese e del-l’altro e tutto quello che può portare ad unosviluppo dei contatti di una parte e dell’altra.

Noi siamo molto contenti che abbiate de-ciso di venire qui da noi, signor Presidente,e che abbiate in questo modo superato tut-te le prevenzioni che esistono tuttora nelvostro Paese contro questo vostro viaggio.Noi lo apprezziamo moltissimo e rispettia-mo questo vostro coraggio, questo vostrocarattere. Voi vi siete elevato al di sopra ditutte queste prevenzioni, le avete superatee siete giunto qui. Guardate, anche noi sia-no degli uomini come voi, esattamente comevoi. Anche noi abbiamo le nostre mogli e inostri bambini e siamo felici quando questistanno bene e ci duole quando sono amma-

Page 16: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 15

lati: questi sono dei sentimenti umani, uni-versali. Noi siamo comunisti, voi siete de-mocratici cristiani. Sono delle fedi politiche.È una questione vostra interna, e anche pernoi comunisti è una questione interna, mavivere insieme su questa terra è una questio-ne generale di tutti i popoli che vivono sulglobo terrestre.

Edifichiamo allora questo mondo in mododa vivere non soltanto in un’atmosfera dipace ma anche in un’atmosfera di amicizia.Noi comunisti abbiamo dimostrato ciò chenessun uomo poteva neanche sognare. Loabbiamo dimostrato. Cioè una vecchia Rus-sia (11) in quarantadue anni è diventata ilprimo paese per quanto riguarda lo svilup-po culturale. La nostra bandiera sta sullaluna. Questo significa qualcosa. Questo si-gnifica che gli operai e i contadini hannocreato questa cosa e sono riusciti a lanciar-la sulla luna.

Forse questo non è sufficiente per dimo-strare che la superiorità sta effettivamentedalla parte del regime comunista? Siamo orala seconda potenza del mondo per quantoriguarda lo sviluppo dell’economia. Nel1965-67 diventeremo la prima potenza mon-diale. Scrivetelo pure, lo sarà. Lo sarà, lo di-co. Ora la nostra economia, la nostra cultu-ra e il livello di vita stanno crescendo conti-nuamente, senza nessuna crisi. Avremmo illivello già più alto del mondo nel nostro po-polo. Non abbiamo dei disoccupati, nonabbiamo dei mendicanti. Tutti gli uominisono uguali. Il regime più democratico deidemocratici è il nostro regime, il regime so-cialista. Nel regime capitalista è più intelli-gente colui che ha più dollari, mentre da noiè più intelligente colui che ha più intelligen-za. E forse, che questo è male? Riflettete epoi, dopo matura riflessione, passate al Par-tito comunista. È la migliore via che poteteprendere. Non restate indietro, non perde-te il vostro tempo. Non volete? Prego. Noi

possiamo vivere anche con voi: abbiamonove milioni di comunisti ed abbiamo 200milioni come popolazione e viviamo tuttaviain amicizia, tra comunisti e non comunisti.Noi siamo disposti a vivere con voi in amici-zia pur non essendo voi iscritti al Partito co-munista. Io credo di aver già parlato a suffi-cienza. Poiché non posso dire tutto. Biso-gna pensarci un po’. Il presidente non puòprendere una decisione senza aver primapensato, meditato un poco: se deve restareun Presidente democristiano oppure passa-re al Partito comunista. Dovete decidere, maindipendentemente dalla vostra decisione,il mio sentimento di rispetto verso di voi nonsarà modificato. Noi dobbiamo ugualmenteedificare le relazioni di amicizia e assicurarela pace e l’amicizia fra i nostri popoli.

Vi propongo di bere alla salute del moltorispettato Presidente della Repubblica Italia-na, propongo di bere alla salute della suaconsorte, alla salute del Ministro degli Affa-ri Esteri, alla salute dell’Ambasciatore d’Ita-lia e della consorte, alla salute di tutti gliuomini che sono per la pace e per l’amicizia.

(brindisi)Krusciov - Il Signor Pella può domandar-

si perché io propongo soltanto al Presiden-te della Repubblica Italiana di entrare nelpartito comunista. No, io ho pensato anchea lui. Lo propongo anche a voi.

Pella - Signor Presidente, sarà un po’ dif-ficile.

Krusciov - Lo so, ma io propongo di ri-solvere problemi difficili. Io non ve lo pro-pongo, io vi invito. Sono dei buoni auguriche io vi faccio. Nella Bibbia è detto: Nonfare agli altri ciò che non vorresti fosse fat-to a te stesso. Io sono comunista, voi sieteil mio prossimo, io auguro anche a voi di di-ventare comunista.

Gronchi - Vorrei fare un augurio al Presi-dente Krusciov e forse anche una previsio-ne per l’avvenire. Potrebbe darsi che fra

Page 17: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

16 l’impegno

qualche anno l’invito potesse essere rove-sciato e che anche voi, toccato dalla graziadi Dio, poteste essere annoverato fra le filedella Democrazia cristiana.

Krusciov - Io sostengo, io sono di quelpartito che dà i migliori beni alla popolazio-ne. Se voi mi dimostrate che il vostro parti-to è così, io entrerò a farne parte.

Gronchi - Ci conto, perché ho detto: “Fraqualche anno”.

Krusciov - Sperare si può. Ma ditemi daquanti secoli esiste l’Italia e da quanti anniesiste il partito democratico cristiano?

Gronchi - Molto meno di quanto esista ilPartito comunista sovietico.

Krusciov - Facciamo il confronto: che co-sa ha raggiunto l’Italia con la Democraziacristiana e che cosa ha raggiunto l’UnioneSovietica con il Partito comunista? La ban-diera che sta sulla luna a chi appartiene? Al-l’Italia o all’Unione Sovietica?

Gronchi - Vi ho già detto che può compe-rare un oggetto di gran prezzo chi ha moltodenaro non chi ne ha molto meno, quindi ilparagone non regge.

Krusciov - Noi vendiamo idee. Le idee bi-sogna capirle, e poi bisogna lottare per leidee, le idee non sono salami.

Gronchi - Ma le miniere e le risorse natu-rali sono i mezzi necessari per raggiungerecerti scopi.

Krusciov - Noi abbiamo tutte queste risor-se.

Gronchi - Ecco la ragione per cui...Pella - Le spiace però se Le dico che sulla

questione di Berlino per la Germania nonpossiamo essere d’accordo?

Krusciov - La vita vi insegnerà. La vita èuna maestra tale che anche gli alunni piùarretrati, senza speranza, vengono alla fineeducati. Io ho fiducia nell’uomo, egli finiràper capire il bene. Il bene dove sta? Il benesta nel volere la pace cioè nel firmare il trat-tato di pace. Voi siete contro la pace? Se non

siete contro la pace perché siete contro iltrattato di pace?

Pella - Ho sentito una così bella dimostra-zione da parte del Presidente Gronchi que-sta mattina contro questa tesi che io nonoserei dire una parola di più perché la gua-sterei.

Krusciov - Voi credete che questa raffigu-razione, questa pittura sia migliore di quellache abbiamo fatta noi?

Pella - Ci consenta di credere che è così, ecioè che la nostra descrizione...»

(pausa)A questo punto viene sostituito il nastro

di registrazione, mancano nel testo le battu-te che si riferiscono al confronto fra gli spa-ghetti e la bevanda russa kvas.

«Fracassi - Viva la pace!Krusciov - Lo capisco perfettamente, i di-

plomatici cercano di sottrarci ad una dispu-ta. È il loro mestiere».

[Ripresa del diario manoscritto di Pella -probabilmente il giorno dopo, il 9 febbraio1960]

«Accoglienze estremamente cordiali sal-vo discorso Amb.

Continuate anche dopo da K.. e suoi col-lab.

K. per far dimenticareColl perché - pur paurosi - erano preoccu-

patiPopolazione: Mosca, Leningrado, Mosca.Realizzazioni economicheNuovi quartieriMetropolitana(Richiesta di crediti)(Richieste di separazione di G. dal Governo?)K. ha mantenuto le sue posizioni, con qual-

che irrigidimento, forse però- vigilanza vertice- elezioni americaneIntersecaz linee ideologiche (comunisti-

che) ed imperialiste russe

Page 18: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 17

La certezza di sfrondare nel mondo capi-talista

(Forse preoccupato per Cina: rinvio)Apertura Gronchi: occorre vincere la dif-

fid.Niente Congressi di ViennaDobbiamo esaminare i diversi problemiNessuna decisione senza concorso po-

pol. InteressateVor. D’accordo, ma K. fa subito le riserve

per Berlino e GermaniaSono residuati di guerraOccorre firmare trattati di pace con G. o-

rientale e poi lasciare ai “governi di cercareformula unif (conf od altrimenti)

Per Berlino, come a GinevraLib di scelta regime sociale, ma non co-

stitut e politica.Niente tutta B. città liberaFirmerà trattato con GO.DisarmoIntegraleControlloDistensione e coesistenza pacificaGuerra ideologicaLotta di classe (appress [...] religiosa)».

Le ultime battute del colloquio conclusi-vo tra Gronchi e Krusciov.

«Gronchi: Voi conoscete la mia posizionecostituzionale. La questione che mi aveteposto è di competenza governativa. Essapotrebbe essere discussa dai nostri due ri-spettivi ministri degli Esteri, ma occorre os-servare che come voi non potete impegna-re i vostri alleati così non lo possiamo farenoi e una decisione particolare unilateralesu questo argomento mi sembra oltremododifficile. Tuttavia debbo dire, con franchez-za, che le varie ragioni dette dal Signor Kru-sciov mi sembrano apprezzabili, specialmen-te per quanto riguarda la posizione dellaCina nei confronti del disarmo.

Krusciov: La partecipazione cinese è ne-

cessaria non soltanto nelle questioni del di-sarmo, ma anche nell’Onu.

Gronchi: Certamente. Alludevo al disarmocome cosa principale.

Krusciov: quello cinese è un problemache è giunto a maturazione.

Gronchi: (fa un cenno di assenso)Krusciov: Non si può continuare a igno-

rare uno Stato che ha la popolazione piùgrande del mondo. Sono d’accordo con voiche non possiamo risolvere questo proble-ma in questa sede, ma possiamo esprimereun nostro parere e renderlo noto attraversoun comunicato. Siamo o non siamo indipen-denti?

Gronchi: Vi ho già fatto notare la posizio-ne costituzionale: è una questione che do-vrà essere esaminata dal Ministro Pella conil Ministro Gromyko».

Dopo uno scambio di vedute sopra le li-nee generali del comunicato e dopo averdeciso di incaricare un comitato di redazio-ne di prepararlo, si riprende la conversazio-ne.

«Krusciov: Lasciamo lavorare un po’ i no-stri Ministri degli Esteri.

Gronchi: Vorrei concludere questi nostricolloqui con un’osservazione: credo che ar-riveremo ad una sempre maggiore compren-sione dei nostri rispettivi punti di vista secontinueremo questi nostri contatti ancheattraverso i normali canali diplomatici. Possoassicurare che ogni volta che sorgesse unaquestione sulla quale il Governo sovieticodesiderasse conoscere il nostro parere, que-sto parere lo si potrebbe fare pervenire at-traverso il Vostro ambasciatore e vicever-sa. Mi parrebbe utile di cercare di renderesempre più possibile una certa collaborazio-ne fra i nostri due Paesi.

Voroscilov: Siamo perfettamente d’accor-do. Questa è proprio la coesistenza di cuiparlavamo poco fa. Sarebbe certamente me-glio se potessimo formulare un’esatta defi-

Page 19: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

18 l’impegno

nizione della coesistenza. Sono d’accordoche i nostri Ambasciatori possono risolve-re le questioni che sono rimaste in sospeso.

Gronchi: In verità vedo la cosa in modoun po’ differente. È naturale che tutti i Paesiabbiano fra di loro contatti attraverso i ri-spettivi Ambasciatori. Potremmo anche perquel tramite porre delle questioni confiden-ziali. Soprattutto attraverso di loro potrem-mo procedere a scambi di informazioni e dipareri sulle questioni che più ci interessa-no. Tuttavia per le questioni maggiori sonoessenziali contatti di un’altra natura ad al-tro livello. I nostri due Paesi hanno datoun’impostazione così diversa a varie que-stioni che occorre certamente molta buonavolontà da ambo le Parti e parecchio tempo.

Krusciov: Concordo pienamente conquanto avete detto, Signor Presidente Gron-chi. Qui a Mosca abbiamo apprezzato mol-to la vostra saggezza, perché, nonostanteovvie difficoltà nel Vostro paese, avete de-ciso di venirci a trovare. Siamo assai soddi-sfatti di questa vostra visita e di questo no-stro utile contatto.

Gronchi: Lo siamo anche noi, soprattuttoper le possibilità a venire. Se proseguiremosu questa via potremo stabilire una maggio-re fiducia fra le nostre due Nazioni. Deside-ro ancora una volta sottolineare che le opi-nioni da me espresse in questi nostri col-loqui sono opinioni personali e non messeinnanzi per servire interessi altrui.

Krusciov: Occorrerà molta pazienza ed unlavoro continuo, soprattutto io penso chebisognerebbe tra noi sviluppare le relazionicommerciali e gli scambi culturali, ma è cer-to che è assai utile mantenere contatti an-che attraverso visite reciproche di uominipolitici. Voi Signor Presidente siete il primoad avere preso questa iniziativa. Ciò vi faun onore particolare dato che comprendoche in Italia non vi sono condizioni favore-voli per questo vostro viaggio.

Gronchi: Forse voi drammatizzate un po’troppo la situazione.

Krusciov (allargando le braccia): Si vedeche ancora una volta ho detto una cosa sba-gliata.

Gronchi: No certo, ma dovete comprende-re che nel nostro Paese, retto a regime de-mocratico, vi sono vari pareri, perché abbia-mo vari partiti politici.

Krusciov: Vi sono anche pareri nel vostropartito democristiano.

Gronchi: Questa è la conseguenza dellalibertà.

Krusciov: La libertà c’è tra noi. Tra voi visono interessi di classe che dilaniano il vo-stro Paese. Ma non continuiamo con que-sta controversia. Finiamo piuttosto questonostro colloquio sottolineando le questio-ni che ci uniscono. I nostri due Paesi pos-sono vivere in pace fra loro. Possono com-merciare ed avere scambi culturali. Io miauguro che l’amicizia fra i nostri due Paesipossa generare amicizia anche tra altri Sta-ti. Un punto di contatto tra noi è che stiamoambedue cercando di migliorare il tenore divita delle nostre popolazioni. Circa la lottaideologica non abbiamo certo un punto divista uguale, ma, Signor Presidente, la sto-ria sarà il giudice principale.

Gronchi: Concordo. Nessuno può preve-dere l’avvenire, né io mi ritengo un profeta.

Krusciov: Nemmeno io, però vedo chia-ramente nell’avvenire».

Fine dei colloqui.

Una nota (allegata alla cartella del “Viag-gio”) a firma dell’ambasciatore C. Fracassi(Cerimoniale - 5/1506/C) aggiunge ancoraqualche notizia. Eccone il testo:

«Appunto - Dopo la firma dell’AccordoCulturale italo-sovietico avvenuta al Palaz-zo del Cremlino il 9 Febbraio 1960, e primache avesse inizio il ricevimento in onore delPresidente della Repubblica Italiana, il Mini-

Page 20: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 19

stro degli Esteri, On. Pella, alla presenzadell’On. Gronchi (al fianco del quale io mitrovavo), del Presidente del Soviet SupremoVoroscilov e dell’Ambasciatore Sovietico aRoma Kozirev, si è rivolto al Signor Kru-sciov con le seguenti parole: “Non so, Si-gnor Presidente, se Ella si è resa conto delgrave danno causato dal discorso da Leipronunciato all’Ambasciata d’Italia ieri po-meriggio, che nel nostro Paese è stato consi-derato offensivo”.

E poiché Krusciov interloquiva con e-spressioni di sorpresa, l’On. Pella di rincal-zo aggiunse: “Per farsene un’idea basta chelei domandi alla sua Ambasciata a Roma diriferirle quanto ha pubblicato in propositotutta la stampa italiana. In un solo momen-to Ella ha distrutto un paziente lavoro di dueanni per cercare di migliorare le relazioni ita-lo-sovietiche ed ha reso molto più difficileil mio compito di Ministro degli Esteri ed an-che quello dell’Ambasciatore Kozirev”. (Alche Kozirev servilmente osservava di nonessere d’accordo). Battendosi la testa conla mano, Krusciov rispose che spesso gliriusciva difficile comprendere i ragionamentidegli occidentali, l’On.le Gronchi subito glifece osservare che “talvolta fa molto como-do fingere di non capire”.

Allora Krusciov, assumendo un atteggia-mento volutamente dismesso e contrito,concluse il suo dire con le seguenti paroleripetute due volte: “Veramente non com-prendo, ma se ho sbagliato faccio le mie scu-se”, Roma, li 12 Febbraio 1960. C. Fracas-si».

Le memorie di Pietromarchi

Pur non essendo questa la sede per un’a-nalisi politico-diplomatica, di competenzaperaltro degli specialisti, corre l’obbligo diapprofondire alcuni aspetti dei non facilirapporti correnti tra il ministro degli EsteriGiuseppe Pella e l’ambasciatore a MoscaLuca Pietromarchi, ricorrendo ai diari di que-st’ultimo15, con specifico riguardo al viag-gio in Urss. Particolare rilevante è quelloche, prima del viaggio di Gronchi a Mosca,Pella aveva preparato il suo collocamento ariposo poiché Pietromarchi stava per tocca-re i limiti di età. Il provvedimento non ebbeperò la firma di Gronchi16, sicché Pietromar-chi terminò la carriera diplomatica per de-cisione del governo solo il 30 marzo del196117.

Due elementi segnalano le difficoltà pro-dotte dalle iniziative e dagli atteggiamentinei confronti di quella missione da parte diPietromarchi. Innanzitutto un protagonismoche dava l’impressione che egli fosse il verofautore della visita. Certo, non è confutabilequando afferma: «L’Italia è stata sorpresadalla distensione: non l’ha né prevista, néagevolata, né voluta»18; ma non approfon-disce le ragioni politiche di fondo della re-altà nazionale. Più avanti tuttavia annota:«Non meno falsa è l’affermazione secondocui l’Urss non ha mai avuto mire aggressi-ve. La Rivoluzione francese e poi l’imperonapoleonico sostenevano di apportare la li-bertà ai popoli che asservivano. La verità èche tanto il comunismo quanto i principi

15 BRUNA BAGNATO (a cura di), I diari di Luca Pietromarchi. Ambasciatore italiano aMosca (1958-1961), Firenze, Leo S. Olschki, 2002.

16 G. C. RE, op. cit., p. 382.17 B. BAGNATO (a cura di), op. cit., p. 438.18 Idem, p. 261.

Page 21: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

20 l’impegno

della Rivoluzione francese furono impostiai popoli dalle baionette delle armate di oc-cupazione. Là dove le forze sovietiche nonarrivarono non arrivò neppure il comuni-smo»19.

Poi, c’è da considerare l’atteggiamentopersonale verso Pella di Pietromarchi, chelo accusa di “insincerità”. Un esempio vieneda quanto l’ambasciatore osserva sul col-loquio tra Pella e Kosighyn (allora membrodel Praesidium incaricato di presiedere allapianificazione). Pietromarchi chiede a Pelladi quel colloquio, e Pella gli risponde: «Haparlato quasi sempre Kosighyn per illustrar-mi il piano settennale. Mi sono rimasti po-chi minuti per dargli qualche cenno sul mer-cato comune». Pietromarchi domanda all’ad-detto commerciale Spinelli, che ha accom-pagnato Pella al colloquio, il quale gli diceche Pella ha messo al corrente Kosighyn delfunzionamento del mercato comune, facen-do ben risaltare che si tratta di un’organiz-zazione aperta a terzi. «Anche a noi? - hachiesto Kosighyn. Certamente - ha rispostoil ministro»20. Seguono alcune battute deldialogo, poi: «Pella ha detto a Spinelli dinon far cenno di tali battute nell’appuntoche preparerà sul dialogo. E questo è un al-tro tipico esempio della sincerità di Pella»21.

L’11 febbraio, Pietromarchi annota: «Que-sto pomeriggio è terminata la visita. Anchequesta mattina Gronchi ha invitato Emmy eme a colazione. All’aeroporto, proprio al mo-mento di salire sull’aeroplano, Gronchi hainvitato Voroscilov a venire in Italia. Il pre-sidente del Praesidium del Soviet Supremo

[...]. All’aeroporto ho avuto un colloquiocon Vigorelli, il giornalista che ha scritto labiografia di Gronchi. Era furente contro Pel-la. Questi dinanzi ai giornalisti lo aveva sar-casticamente investito dicendo: “Dunquelei è l’autore di questa visita”. Vigorelli gliha risposto: “Non è un motivo per cui me lodica davanti a tutti”. “In regime democrati-co un ministro degli Esteri deve dire tuttoquello che sa”, ha detto incautamente Pella.“No - gli ha risposto seccamente Vigorelli -un ministro degli Esteri deve sempre sape-re quello che può dire e quello che non puòdire”, e gli ha voltato le spalle. È ormai notoche, mentre il presidente Gronchi cercava diridurre gl’incidenti alla loro esatta portata,Pella si è sforzato di drammatizzarli per im-pedire “l’apertura a sinistra” e cioè per unbasso calcolo di politica interna sulle que-stioni di politica estera.. [...]. Vigorelli mi hadetto ch’era chiara la manovra di Pella di aiz-zare la stampa contro di me per fare di me ilcapro espiatorio. [...] Ho salutato Gronchi egli ho detto: “Signor presidente sono nellesue mani”. Mi ha sorriso affettuosamen-te»22.

Fin dalle prime conversazioni al Cremlino,Luca Pietromarchi accusava Pella di dram-matizzare alcuni episodi negativi e di «far ri-cadere la responsabilità su di me che nonavevo sufficientemente informato Roma delpericolo al quale il presidente Gronchi e ladelegazione italiana si sarebbero esposti af-frontando una personalità come quella diKrusciov»23.

Fin da allora Pietromarchi aveva espres-

19 Idem, p. 283. L’inciso dell’annotazione del 30 gennaio 1960 si inserisce nel commentoche Pietromarchi fa della risposta di George Kennan a un articolo di Kruscev sulla “coesi-stenza pacifica” pubblicato da una rivista americana.

20 Idem, p. 323.21 Ibidem.22 Idem, pp. 327-328.23 Idem, p. 304.

Page 22: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 21

so giudizi pesanti su Giuseppe Pella, anno-tando: «Pella è uno strano personaggio. Piùperde terreno politicamente, più s’indebo-lisce fisicamente e moralmente e più fa ricor-so alle arti della doppiezza, della sfacciatamenzogna senza neppure circondarsi diquelle elementari cautele che appaiono in-dispensabili a nascondere questa sua falsi-tà. Il tipico esempio si è avuto quando, giun-to in Italia da New York dove aveva tenutoil famoso discorso sulla bomba atomica,smentì quanto aveva detto, ancorché vi fos-sero stati mille testimoni ad ascoltarlo e ildiscorso fosse stato registrato a nastro. Inqueste circostanze egli specula sugli avve-nimenti per bassi calcoli di politica interna.Egli vuol approfittare di quanto è avvenu-to, drammatizzandolo, per “chiudere a sini-stra” e cioè rendere impossibile una combi-nazione governativa coi socialisti. Ma tut-to si risà e quello che ho appreso io, lo sa-prà a breve scadenza anche Gronchi»24.

Sergio Romano - a sua volta ambasciato-re a Mosca - nel recensire i diari di Pietro-marchi, ne conferma in parte la versione,specie quando commenta l’infortunio dellacritica serata della delegazione italiana allamensa di Kruscev: «Terminato il ricevimen-to, Pella si affrettò ad informare i giornalistiitaliani e l’“infortunio” finì sulle prime pagi-ne dei quotidiani nazionali. La visita di Gron-chi in Unione Sovietica era dunque fallita.Poiché occorreva trovare un capro espia-torio fu detto che la responsabilità era del-l’ambasciatore d’Italia, Luca Pietromarchi,colpevole di avere malpreparato l’incontroe di non avere segnalato al governo le in-temperanze del leader sovietico. Molti gior-nali adottarono questa interpretazione e

qualcuno al Ministero degli Esteri (forse lostesso Pella) avrebbe voluto mandarlo im-mediatamente a riposo»25.

E, ancora, Pietromarchi, qualche giornoprima della visita, aveva concesso un’inter-vista non autorizzata al periodico moscovita“Russia sovietica”, che aveva destato qual-che malumore ed aveva accresciuto in Pellala diffidenza verso l’ambasciatore.

La querelle tra Pella e Pietromarchi non fi-nisce con la partenza da Mosca. Difatti il piùpreoccupato dei due si mostra il ministro,che incarica il professore avvocato RemoPannain, ordinario di diritto penale all’uni-versità, di esaminare gli articoli di alcuni gior-nali. Il 18 febbraio 1960 il professore comu-nica: «Nell’Avanti del 13 febbraio si leggo-no commenti e apprezzamenti di natura va-ria e generica, che non esulano dalla comunecritica politica. Lo stesso deve dirsi per ilPaese della stessa data, con l’aggiunta diuna vignetta dal titolo “Il ritorno da Mo-sca”, la cui volgarità riecheggia i più triti temidi banale impostazione politica. Per questigiornali, pertanto, certamente non è a parla-re di querela. Maggiore attenzione e rifles-sione ho dedicato all’Unità del 13 febbraioe al Paese Sera delli 12-13 febbraio. Nel pri-mo giornale si legge: “Non per caso le crona-che dei corrispondenti da Mosca ci dipingo-no il ministro Pella come il vero ispiratoredella velenosa campagna: diffusore di veli-ne polemiche, fautore di una interruzione delviaggio, ostile a un comunicato conclusivo,contrario perfino a contraccambiare l’invi-to ai dirigenti sovietici...”. Nel secondo èscritto: “Contemporaneamente o poco do-po, si è appreso che il grande stratega diquesta operazione di sabotaggio è stato lo

24 Ibidem.25 Mosca, brindisi al veleno e finì il sogno di Gronchi, in “Corriere della Sera”, 9 febbraio

2003, p. 27.

Page 23: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Marco Neiretti

22 l’impegno

stesso ministro degli Esteri, il quale noncontento di essere andato a Mosca più co-me rappresentante di Adenauer che del Go-verno d’Italia, ha fornito agli inviati di suafiducia il “la” e la velina per la loro campa-gna disfattista, autorizzandoli ad attaccareapertamente l’ambasciatore Pietromarchi evelatamente lo stesso Gronchi”.

In questi brani l’offesa è rappresentatanon dalla significazione di opposizione po-litica, della quale l’uomo politico dà contoalla propria coscienza e al suo partito, madall’accusa di sabotaggio sleale attraversola distribuzione di veline contenenti i moti-vi di attacco verso il Capo dello Stato. In-dubbiamente una querela proposta controi giornali citati sarebbe destinata al successoper ciò che attiene alla sussistenza degliestremi obiettivi del delitto di diffamazionee per la prova del fatto. Non lo stesso misento di poter dire sulla sussistenza del do-lo. Ormai è pacifico che l’indagine sul dolodeve essere molto più attenta in relazionealla stampa, specie quotidiana, che, perl’esercizio del diritto d’informazione e di cri-tica, non può non fruire una libertà assaimaggiore di quella che spetta a ogni altroindividuo. L’argomento poi diventa velifor-me (sic) quando l’informazione e la criticadiventano dialettica, polemica, battaglia po-litica. Nel caso nostro c’è da considerarenon solo che il motivo di contrasto politicoè particolarmente vivo e acceso, ma ancheche l’accusa si fonda su notizie correnti inRussia e, benché false, pubblicate dai gior-nali di quello Stato, sì che i responsabili deigiornali italiani potrebbero con successoeccepire la loro buona fede per avere attin-to e creduto a quei giornali.

Ormai è pacifico e consolidato nel nostrodiritto che per il dolo della diffamazione non

basta la coscienza e la volontà dell’azione -come un tempo si riteneva - ma è necessa-ria l’intenzione di offendere la reputazionealtrui. Se il fine cui gli autori degli scritti mi-rarono non fu quello di offendere, ma quel-lo di sostenere una battaglia di natura politi-ca, che, secondo il loro punto di vista eranecessaria, non c’è dolo - anche se di rifles-so vi fosse offesa della reputazione - perchél’obiettivo perseguito fu diverso da quelloche deve perseguirsi nel delitto di diffama-zione. Per queste ragioni, non potendo es-sere sicuro del successo per ciò che attieneal dolo, mi permetto di sconsigliare la pro-posizione della querela. Sempre a Sua dispo-sizione, Eccellenza, e con molti ossequi, Suodev.mo Remo Pannain».

Le schermaglie tra Pella e Pietromarchinon avevano certo rispettato le regole del-le buone maniere; tuttavia, se l’offensiva erapartita dalla stampa sovietica, non si puònon pensare che Pietromarchi vi fosse estra-neo, essendo - tra i due - colui che avevarapporti consueti con quei giornalisti.

Per qualche settimana i giornali tornaro-no sul viaggio a Mosca: se ne dibatté nelgoverno e in parlamento. Pietromarchi, nel-la nota del 1 marzo 1960, registrò che la cam-pagna stampa contro di lui continuava, dala “Nazione” a il “Messaggero” a il “Tempo”di Roma, e tornava sull’accusa di non averinformato con precisione il capo dello Sta-to e il governo sulla personalità di Kruscev:«La figura di Krusciov è nota in tutto il mon-do. Non è il sindaco di Roccacannuccia. Isuoi scatti, le sue violenze di linguaggio, isuoi attacchi improvvisi, la volgarità stessadelle sue locuzioni lo hanno reso popolaredovunque. Con Macmillan, con Nixon, conCabot Lodge si è mostrato scortese, brusco,grossolanamente polemico»26.

26 B. BAGNATO (a cura di), op. cit., p. 343.

Page 24: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Gronchi e Pella in uno sfortunato viaggio in Russia

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 23

Né le sorprese si sarebbero fermate, poi-ché - se già non era accaduto prima - Kru-scev all’Assemblea generale dell’Onu si sa-rebbe tolta una scarpa e l’avrebbe battutaripetutamente sulla tribuna oratoria.

Pietromarchi - sempre nella nota del 1 mar-zo - finalmente dà la sua interpretazione delfallimento della visita. Scrive: «In che modoquindi la preparazione è mancata? Nel pre-vedere che le discussioni sui problemi in-ternazionali più delicati dessero luogo aqualche contrasto troppo polemico. Sta difatto che avevo prevenuto tutto ciò e ne a-vevo fatto parola con il segretario generaledegli Esteri, ambasciatore Podresdov. Maavrei dovuto parlarne a Krusciov stesso.(Mi consigliai a più riprese coi miei collabo-ratori i quali ben si ricordano di queste mieperplessità). Prevalse però in me la decisio-ne di non farne nulla poiché già sentivogravare su di me l’atmosfera di sospetto, im-maginavo che una visita a Krusciov avreb-be creato in Italia un vero scalpore e si sa-rebbe prestata ad ogni sorta di supposizio-ni. [...] In realtà la vera accusa, che qualcu-no ha avuto il coraggio di formulare esplici-tamente, ma che ha motivato tutti gli attac-chi, è che io non mi sono opposto alla visi-ta del presidente, quando non l’abbia favo-rita. [...] Io sono tra coloro che pensano chel’Italia [...] deve essere in grado di rendersiconto, a mezzo di questi personali contatti,della situazione quale essa è e come accen-na ad evolversi e soprattutto di far sentirela sua voce, la voce della saggezza, dell’e-quilibrio. Questo l’Italia ha sempre fatto dalmomento in cui si è costituita a nazione»27.

Tra i settimanali, “Italia Domani”28, con iltitolo a piena pagina “Pella contro la pace”,riassumeva le posizioni negative del mini-

stro degli Esteri che contrastava la linea diGronchi, essendo Pella uomo da «dieci incondotta e di primo della classe», che «sicompiace di attuare sia in campo europei-sta come in quello atlantico». E, ancora, l’ar-ticolista (B. M.) asseriva che, appena giun-ti a Mosca, Pella aveva detto ad alcuni gior-nalisti italiani: «Io qui farò da freno», aggiun-gendo che «l’impressione sovietica che gliitaliani intendessero farsi interpreti di Ade-nauer, l’ha data infatti Pella nel suo collo-quio con Gromyko alla “dacia” di Kruscev»,il che aveva sollevato il problema di Berli-no, proprio a causa dell’impressione data daPella a Gromyko. Sulla reazione di Kruscevil giornale osservava tuttavia che doveva«essere vista dal punto più vasto e genera-le della politica estera sovietica (non va di-menticato che Kruscev ha parlato alla vigi-lia di iniziare il suo viaggio in India e nel-l’Estremo Oriente)».

La conclusione dell’articolista non eratuttavia pessimistica: «Malgrado tutto ciò,la visita non è stata priva di risultati [...]. Ildialogo - che andava iniziato e che va con-tinuato nonostante alcune battute interlo-cutorie negative - ha portato alla identifica-zione dei comuni punti di vista e delle po-sizioni divergenti. Per tracciare la stradadella pace - ideale comune - è utile che ciòsia avvenuto. La chiarificazione (non certoquella voluta da Pella quando a Mosca par-lando ai giornalisti ha detto “La polemicainterna provocata dalla visita, riuscirà utilealla chiarificazione”) si serve anche ponen-do sul tappeto delle discussioni internazio-nali i risultati dell’incontro Gronchi-Kruscev,due uomini che, in fondo, si sono compresiperché hanno avuto modo di misurare reci-procamente la buona fede e la sincerità».

27 Idem, p. 344.28 “Italia Domani”, n. 8, 21 febbraio 1960, p. 5, in APB, cit.

Page 25: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

ENRICO MILETTO

Arrivare da lontano

L’esodo istriano, fiumano e dalmatanel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

2010, pp. 288, € 15,00

Il volume raccoglie un approfondito lavoro di ricerca che con rigore metodologicoe grande passione l’autore ha svolto attingendo sia alle fonti archivistiche e docu-mentarie, sia a un significativo numero di interviste raccolte presso i protagonistidell’esodo. Questa ricerca segue quella analoga che lo stesso autore aveva giàcondotto qualche anno fa, nel territorio torinese.Difficile riannodare i fili che hanno tessuto le storie di quanti da un lato si sonosentiti rifiutati da una terra improvvisamente non più patria e dall’altro sradicati dallaterra d’origine.Nei molti anni di silenzio sono emersi da un lato solo le memorie dolorose e perso-nali degli esuli, dall’altro solo contributi con un marcato taglio polemico-politico;in entrambi i casi tali documenti non hanno contribuito a creare una coscienza storicanel Paese.Il lavoro presentato è invece un equilibrato intreccio tra i ricordi personali, gli al-bum di famiglia e i documenti ufficiali, gli articoli di giornale, le illustrazioni dell’epoca,da cui emergono le condizioni degli esuli in un territorio in precario equilibrio trasentimenti di collettiva diffidenza e di soggettiva umanità. Una integrazione lentama effettiva, una progressiva conquista di legittimità ad essere un comune cittadino.Negli ultimi anni va detto che si è ricominciato a scrivere dell’esodo con un approc-cio più scientifico che, pur partendo dalla memoria dei singoli, cerca di collocare ilsentire soggettivo in un contesto di più ampio respiro, che affronta anche l’imba-razzo di una certa storiografia.È quanto viene evidenziato nella ricerca di Enrico Miletto, che nell’analisi della real-tà vercellese ritrova le dicotomie della più complessa storia dell’esodo costituita dadolore e gioia, disperazione e speranza, rifiuti e umiliazioni, accoglienza e solidarie-tà. Pagine di storia per alcuni aspetti ancora molto vicina a noi e per altri già lontana;proprio per questo è necessario dedicare spazio e tempo non solo per commemora-re, ma anche per rileggere e riflettere con maggiore oggettività, riprendendo il temaassai più ampio e sempre attuale dei confini e delle separazioni (Gianni Oliva).

Page 26: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

l’impegno 25

Cino Moscatelli organizzò i primi nuclei

di resistenti in Valsesia all’indomani dell’ar-

mistizio. Affiancato dal suo “primo collabo-

ratore” - Eraldo Gastone “Ciro”, comandan-

te militare - Cino guidò, assumendo il ruolo

di commissario politico, le formazioni valse-

siane, che dall’originario distaccamento

“Gramsci” - poi 6a brigata - si ingrossarono

fino ad arrivare a formare ben quattro divi-

sioni: la “Fratelli Varalli”, la “Pajetta”, la

“Redi” e la “Mario Flaim”, operanti nell’apri-

le del ’45 in tutto il Novarese-Vercellese e

sottoposte alla direzione di un unico coman-

do di raggruppamento1.

Nelle testimonianze dei contemporanei e

nei documenti coevi al periodo della guerra

partigiana, però, oltre a questi incarichi “uf-

ficiali” - formalizzati peraltro solo nel febbra-

STEFANO SALA

Morte di un mito*

La fine del “romanticismo partigiano” nella Resistenza novarese

* Il saggio è tratto dalla tesi di laurea Cino Moscatelli: antropologia e storia di un mitopartigiano, Milano, Università degli Studi, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 2006-2007,relatore prof. Luigi Bruti Liberati.

1 Sulle vicende generali della Resistenza valsesiana si veda PIETRO SECCHIA - CINO MO-SCATELLI, Il Monte Rosa è sceso a Milano, Torino, Einaudi, 1958, opportunamente integratoda CESARE BERMANI, Pagine di guerriglia. L’esperienza dei garibaldini della Valsesia,Borgosesia, Isrsc Bi-Vc, 4 voll., 1995-2000, e bibliografia ivi contenuta. Bibliografie aggiornatee molto materiale liberamente consultabile sull’argomento si trovano anche nel sito del-l’Isrsc Bi-Vc: www.storia900bivc.it.

2 ISRSC BI-VC, Comando raggruppamento, Biografie dei comandanti, commissari, politi-ci, capi di stato maggiore, ispettori ecc.: comandante del Raggruppamento capitano“Ciro”, senza data.

3 ISRSC BI-VC, Lettera di Marini [Giorgio Carretto] a Cino e Ciro, 15 febbraio 1945.

io del 1944 all’atto di costituzione della 6a

brigata2 - Moscatelli svolse mirabilmente

anche e soprattutto la funzione di “leggen-

dario” comandante partigiano.

Nelle testimonianze orali dei suoi uomini,

in quelle della popolazione civile della Val-

sesia e del Piemonte nord-orientale, nella

stampa partigiana e repubblichina diffusa in

quel territorio, nei documenti del raggrup-

pamento divisioni “Garibaldi” Valsesia-Ver-

bano-Cusio-Ossola e nelle canzoni partigia-

ne diffuse in quelle formazioni, Moscatelli

appare infatti il principale catalizzatore del

“meraviglioso” partigiano.

Insomma, come ebbe a scrivere in giorni

ancora “caldi” - siamo nel febbraio del 1945

- il poeta partigiano Giorgio Carretto “Mari-

ni”, «il mito Moscatelli affascina e trascina»3

Page 27: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

26 l’impegno

per tutto il corso della guerra partigiana. Unmese più tardi, nel marzo del ’45, anche “LaLotta”, organo del Pci novarese, testimonia-va del fatto che «intorno alla figura del capodei nostri Partigiani si è formata tutta unaleggenda»4.

Sembra infatti che buona parte del mate-riale favoloso sprigionato dalla guerra par-tigiana in quelle terre trovi un punto di con-vergenza nella sua figura: da semplici vocia notizie false, da attribuzioni tipicamenteeroiche fino a materiali più articolati che conqualche approssimazione si potrebberochiamare leggende.

Aspetti del genere - benché in questo ca-so visibili a molti, non fosse altro che per lanotorietà del personaggio - vennero descrit-ti principalmente da una storiografia localeche, trovandosi a contatto con le memoriedel territorio, sviluppò per prima un approc-cio alle fonti orali5 e, sensibile anche al con-tributo portato alla disciplina dall’antropo-logia, non poté non tener presente tutta unaserie di interessanti “distorsioni” della me-moria che nei racconti, spesso surclassan-

do l’aderenza ai “nudi” fatti, fecero emerge-re in primo piano dettagli favolosi e aspettimitici che non mancarono di destare l’inte-resse di quegli studiosi.

Ad ogni modo, tracce del mito di Mosca-telli si possono trovare anche nella “grande”storiografia - benché certamente interessatadi più a tener separati i due aspetti e a scor-gere, dietro il mito, l’uomo - e anche in alcu-ne celebri sintesi, malgrado per forza di coseesse debbano tenere maggiormente d’oc-chio lo sviluppo generale della guerra par-tigiana senza perdersi nella miriade di qua-dri regionali e poi locali in cui essa si scom-pose. Di «quei comunisti che si trasforma-no ora in capibanda», Moscatelli - scrisseSpriano nel volume dedicato alla Resisten-za della sua “Storia del Partito comunistaitaliano” - primeggerà assieme ad altre figuredi «leggendari commissari»6. Anche Bocca,nella sua “Storia dell’Italia partigiana”, an-noverò Moscatelli nel catalogo degli «eroileggendari» del «periodo ribellistico»7.

Bisogna subito dire però che Moscatellinon fu - o non fu soltanto - un Corbari8, la

4 In “La Lotta”, 17 marzo 1945.5 Per una panoramica sulla storia dell’utilizzo delle fonti orali nella storiografia si veda C.

BERMANI, Fonti orali e ricerca storica in Italia. Le origini e il presente, in ID (a cura di),Introduzione alla storia orale. Vol. I. Storia, conservazione delle fonti e problemi di metodo,Roma, Odradek, 1999, pp. 1-126. Su gruppi di ricercatori, riviste, istituti di ricerca e conserva-zione che nel Novarese, nel Vercellese e nel Biellese si sono occupati o si occupano di fontiorali si veda idem, pp. 42-43; 82-84 e la bibliografia ricavabile dalle opere citate nelle notedi quelle pagine.

6 PAOLO SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano. V. La Resistenza, Togliatti e ilpartito nuovo, Torino, Einaudi, 1975, p. 32.

7 GIORGIO BOCCA, Storia dell’Italia partigiana. Settembre 1943 - maggio 1945, Milano,Mondadori, 2000, p. 93. Vedi anche ID, Una repubblica partigiana. Ossola, 10 settembre- 23 ottobre 1944, Milano, Il Saggiatore, 2005, p. 46.

8 Su Sirio Corbari, meglio conosciuto come “Silvio” (1923-1944), celebre partigiano roma-gnolo attivo tra il Ravennate e il Forlivese, si vedano SERGIO FLAMIGNI - LUCIANO MARZOCCHI,Resistenza in Romagna. Antifascisti, partigiani e popolo in provincia di Forlì, Milano,La Pietra, 1969, e MASSIMO NOVELLI, Corbari, Iris, Casadei e gli altri. Un racconto dellaResistenza, Torino, Spoon River, 2002. Sul personaggio è stato anche realizzato il film Corbari,regia di Valentino Orsini; cast: Giuliano Gemma, Tina Aumont, Italia, 1970.

Page 28: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 27

«figura leggendaria della Resistenza roma-gnola tra Faenza e Forlì» sul quale venneallestita una «colorita vulgata popolare del-le azioni del [suo] gruppo, leggenda già natain tempo di guerra e usata sapientemente permettere il panico tra le fila nazifasciste»9. Ilpartigiano romagnolo infatti non si riconob-be mai «in nessun partito adducendo istan-ze di tipo autonomistico», come «il predo-minio dell’azione militare su quella politica»,ed ebbe «contatti faticosi con l’organizza-zione politica del Cln al quale non ha mai in-viato alcun rapporto»10. Corbari, anche perqueste caratteristiche che lo resero una «fi-gura singolare di combattente»11, manten-ne intatta la «fama di leggendario eroe, ine-sorabile contro ogni prepotenza ed oppres-sione»12, che si cristallizzò in questa formasia in vita, sia dopo la sua morte in combat-timento, fama della quale si trova traccia an-che nelle motivazioni per le onorificenzeufficiali. Una figura quindi dal sapore “pri-migenio”, più vicina ai moduli e agli stilemidella mitopoiesi popolare, anche per questasua peculiarità di aver sempre rifiutato d’es-sere incasellato in qualsivoglia forma di or-ganizzazione di tipo politico-militare o par-titica.

Da questo punto di vista, per quanto ri-guarda Moscatelli, ci troviamo di fronte aun personaggio del tutto differente: la mili-tanza comunista, l’ossequio alle direttive dipartito, così come l’attività resistenzialesvolta a stretto contatto coi centri dirigenti

della Resistenza sono invece un dettaglioimportante della biografia di Cino. Nel suomito convivono infatti l’uno accanto all’al-tro, spesso contaminandosi vicendevol-mente e compenetrandosi, l’inafferrabile ri-belle, definito secondo i codici e i gusti checontraddistinguono questa tipica figura de-gna di un’epopea popolare, e l’abile com-missario politico garibaldino, veicolo dellapolitica comunista e della visione del mondodi cui era portatore il Pci.

Sono dunque ben visibili nel “mito” diMoscatelli sia l’originaria spinta della fan-tasia popolare del periodo “spontaneo”, “ri-bellistico” o “romantico” che dir si vogliadella Resistenza, che costruì - spesso auto-nomamente quando non in rottura con latradizione dell’antifascismo storico - ad usoe consumo di una comunità in lotta il proprioprodotto mitico, sia l’emergere delle istanzedi organizzazione interne al movimento par-tigiano, che avviarono un vasto e generaleprocesso di ristrutturazione tendente a una«nuova istituzionalizzazione»13 del movi-mento stesso. Sia, infine, il rapporto sem-pre più organico intessuto coi partiti politi-ci che, se da un lato furono anch’essi agen-ti del processo di ristrutturazione sopra ri-cordato - del resto proprio i partiti politicifurono tra le “istituzioni” entro le quali ven-nero ricondotte le esperienze partigiane -dall’altro già si preparavano all’immediatofuturo, prefigurando negli adeguamenti or-ganizzativi (nel caso dei comunisti il “partito

9 ENZO COLLOTTI - RENATO SANDRI - FREDIANO SESSI (a cura di), Dizionario della Resistenza,Torino, Einaudi, 2006, p. 809.

10 Idem, p. 810.11 MASSIMO RENDINA, Dizionario della Resistenza italiana, Roma, Editori Riuniti, 1995,

p. 50.12 Si tratta di uno stralcio tratto dalle “motivazioni della ricompensa alla memoria” di Corbari

ripreso anche dal sito dell’Anpi: www.anpi.it/uomini/corbari_sirio.htm.13 CLAUDIO PAVONE, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza,

Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 124-168.

Page 29: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

28 l’impegno

nuovo”) gli orientamenti generali, come latogliattiana “democrazia progressiva”, chenecessariamente dovevano avere come con-testo di applicazione il dopoguerra.

Il Partito comunista infatti ebbe una im-portante funzione, che consentì all’origina-rio “mito” di Moscatelli - intessuto com’eradi richiami a forme elementari di ribellismopopolare - e al suo carisma - che per defini-zione è una caratteristica personale - di resi-stere alla fine del periodo “spontaneo” del-la Resistenza - fine che nel Novarese esaspe-rò il “romanticismo” di quella fase fino adesiti “tragici” - e venire traghettato, median-te anche un adeguamento dei suoi conte-nuti, su binari più “istituzionali” fino ad af-facciarsi, divenendo veicolo del “partitonuovo” togliattiano, sul dopoguerra.

Comunque, le tinte che descrivono il leg-gendario Moscatelli durante le varie fasidella Resistenza sono quelle eroiche. Egli -protagonista assoluto di una vicenda nar-rativa che può essere correttamente defini-ta come “epopea” - è descritto come dotatodi eccezionali virtù che sconfinano spessoin territori “magici” - o comunque più lette-rari che storici - e le sue gesta - compiute afavore di una comunità in lotta, di cui è eglistesso espressione - sono prodigiose: tan-to basterebbe a definirlo come un “eroe”.Esaminando inoltre la morfologia riguar-dante la caratterizzazione del “leggendario”Moscatelli, è possibile trovare anche unostereotipo eroico al quale la sua figura ven-ne fatta aderire: esso è la tipizzazione del“ribelle” tanto cara al mondo popolare e alsuo gusto.

L’utilizzo del termine “epica” per descri-vere il genere del materiale narrativo sullaResistenza - pervenutoci in forma orale o

scritta - trova riscontro anche nella consi-derazione che segue: Giulio Ferroni, nel di-scorrere di come l’epica appaia come «la for-ma narrativa più originaria», suggerisce che«nel canto delle gesta degli eroi la voce delpoeta riassume i valori di un’intera comuni-tà nazionale, identificandosi con un pubbli-co, che è totalmente solidale con la materia;rappresentando un mondo tutto proiettatoverso la realtà esterna, l’epica fa delle azio-ni degli eroi la sintesi suprema dello spiritocollettivo di grandi masse di uomini e costi-tuisce un’originaria affermazione di identi-tà nazionale»14.

La forma che assunse inizialmente il mitodi Moscatelli era ben collocata all’internodel “folklore” partigiano e la sua genesi ri-manda al sorgere spontaneo delle bandepartigiane e alle caratteristiche che esse as-sunsero. Se tutte queste peculiarità riman-dano alla categoria della “spontaneità”, èvero anche che nemmeno le prime fasi dellaguerra partigiana furono immuni da spinteall’“organizzazione”, le cui istanze in que-sto senso nel Novarese si fecero sentire ab-bastanza presto. Il Partito comunista colseal balzo l’occasione di avere tra le mani unpersonaggio che poteva tornare molto utilecome arma propagandistica in una guerranella quale simulazione e dissimulazione,teatralità, finzione e bluff erano di vitaleimportanza. Di sicuro il Pci intuì che un per-sonaggio del genere poteva rivelarsi in quelperiodo travagliato un importante strumen-to in grado di mobilitare e di orientare lemasse. Moscatelli del resto non si sottras-se a questo compito, a cui diede lui stessosviluppo, anche se fu sempre attento a nonfar sconfinare il suo mito - di cui era piena-

14 GIULIO FERRONI, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1996, p. L.

Page 30: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 29

mente consapevole - in un reale culto delcapo15.

In generale, però, l’investimento dell’ap-parato comunista in una gestione più diret-ta del “mito” Moscatelli fu effetto della pro-gressiva istituzionalizzazione delle bandepartigiane che si ebbe a partire dall’estatedel 194416. Nel giugno di quell’anno, infat-ti, la campagna d’Italia subì importanti svi-luppi militari e politici: la liberazione di Romae la successiva avanzata alleata - che conti-nuò senza sosta per tutta l’estate - unitaall’apertura di un nuovo fronte in Francia ealle nuove offensive sovietiche, diffuserodappertutto un grande entusiasmo, che ali-mentò la speranza che la guerra sarebbe fi-nita prima dell’inverno.

Fiaccate ma non travolte da un durissimoinverno e temprate dall’essere sopravvissu-te ai rastrellamenti nazisti, le forze partigia-ne conobbero nell’estate del 1944 un perio-

do di grande espansione. La rinnovata “pro-spettiva insurrezionale” che l’andamentodella guerra sembrava confortare favorì l’in-gresso di nuove reclute all’interno delleformazioni partigiane, che portò a un sensibi-le accrescimento degli effettivi. Le forzepartigiane attive a ridosso delle zone di o-perazione alleate riuscirono non solo a co-operare efficacemente con gli Alleati, soste-nendone l’avanzata, ma in alcuni casi anchea precederli nella liberazione di alcune im-portanti città come Terni e soprattutto Firen-ze. L’estate del 1944 segnò indubbiamenteil periodo di maggior vitalità del movimentopartigiano, ora in grado di liberare, seppurtemporaneamente, più o meno ampie porzio-ni di territorio e di amministrarle secondoforme di autogoverno popolare, come nelcaso delle “zone libere” e delle vere e proprie“Repubbliche partigiane” sorte in quel pe-riodo.

15 FILIPPO COLOMBARA, Il fascino del leggendario. Moscatelli e Beltrami: miti resistenti,in “l’impegno”, a. XXVI, n. 1, giugno 2006, p. 36. Forme di “culto del capo” saranno piùpresenti nella propaganda di partito che non in quella delle formazioni valsesiane.

16 Nel dibattito storiografico la questione dell’istituzionalizzazione delle bande partigianesi inserì nella discussione più generale sulla Resistenza intesa come “insorgenza dal basso”germinata in maniera spontanea o, viceversa, come movimento sorto in stretta dipendenzada forme di organizzazione legate ai partiti antifascisti, altra questione “classica” su cui sidibatté soprattutto negli anni settanta, spesso contrapponendo la “spontaneità” operaia,portatrice di istanze classiste radicali, e l’“organizzazione” di partito, impegnata invece adincasellare la spinta classista della base in disegni politici di vertice. Come si può vedere,queste tematiche si intrecciarono a quelle della continuità o della rottura dell’esperienzaresistenziale rispetto all’antifascismo del ventennio, ma anche alla tesi della “Resistenzatradita”, cioè di un movimento la cui radicalità e spinta innovatrice furono osteggiate nonsolo dalle forze conservatrici, ma anche da una sinistra pronta a sacrificare i propri obiettiviclassisti e “socialisti” al tavolo dell’alleanza coi moderati.

Sul nesso spontaneità/organizzazione vedi la ricostruzione presente in Operai e conta-dini nella crisi italiana del 1943-1944, Milano, Feltrinelli, 1974. Sulla storia del dibattitostoriografico sulla Resistenza, e in particolare sulla sua stretta connessione con la situa-zione politica via via determinatasi nel paese, si veda MASSIMO LEGNANI, Resistenza e Repub-blica: un dibattito ininterrotto, in “Italia contemporanea”, n. 213, dicembre 1998. Sempredi Legnani, nello stesso numero di “Italia contemporanea”, si veda anche La storiografiadella Resistenza ieri e oggi.

Page 31: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

30 l’impegno

La liberazione di Roma aveva avuto peròanche importanti risvolti dal punto di vistapolitico: con essa Vittorio Emanuele III ave-va affidato la luogotenenza generale del re-gno al principe ereditario Umberto; conte-stualmente si era insediato il primo gover-no emanazione diretta del Cln presieduto dalsuo presidente Bonomi, che aveva sostitui-to Badoglio: erano dunque usciti politica-mente di scena i due personaggi maggior-mente compromessi col fascismo.

Questa somma di fattori favorì enorme-mente un più stretto collegamento tra il nuo-vo governo dell’Italia liberata, finalmenteantifascista in senso più compiuto, e il movi-mento partigiano nel Nord ancora occupatodai nazifascisti, e tra questo e gli Alleati. Inqueste mutate condizioni politico-militariebbe fine anche la discussione sorta già daalcuni mesi in seno al Clnai riguardo all’uni-ficazione del movimento partigiano: vennecostituito, già a metà giugno, il Corpo volon-tari della libertà (Cvl).

Se da un lato la sua creazione assolse acompiti politici - dar vita a un organismounitario in grado di rappresentare il movi-mento partigiano presso il governo italiano- e militari - costituire un comando unificatoche fosse unico interlocutore del comandogenerale alleato e delle sue emanazioni -, es-sa rispose anche a obiettivi interni al movi-mento di Resistenza. Con la costituzione delCvl infatti si tentò di sanare la persistenteconflittualità esistente tra formazioni di di-verso colore mediante la creazione di un or-ganismo altamente rappresentativo di tuttele sue componenti. Inoltre, si cercò di sta-bilire un’unica direzione delle operazioni mi-litari, coordinando su più ampia scala le va-rie formazioni, limitandone l’autonomia cosìcome lo spirito “localistico”: per far questosi tentò di ristabilire collegamenti efficaci trale formazioni e i vari comitati regionali delCln che, opportunamente trasformati in co-

mandi generali del Cvl, funzionarono da“cinghia di trasmissione” degli ordini pro-venienti dal centro.

A livello generale, questo processo di ri-strutturazione che investì il movimento par-tigiano mise in crisi il “modello carismatico”operante nella genesi delle prime bande eche ancora perdurava, specie in piccole uni-tà attive in zone nelle quali i partigiani scon-tavano un isolamento anche fisico che ave-va contribuito a forgiare una forte coesioneinterna attorno alla figura del comandante.Già l’incremento degli effettivi metteva incrisi per molti versi il carisma del comandan-te che, sebbene potesse poggiare sul “noc-ciolo duro” dei vecchi combattenti, non ave-va certo lo stesso appeal per le giovani re-clute. Inoltre, le esigenze di coordinamentodelle azioni militari imponevano che le spin-te localistiche venissero riassorbite in dise-gni politico-militari di più ampio respiro.

La tendenza alla pressoché totale autono-mia dei primi mesi della lotta non poteva piùessere tollerata e venne ricondotta, a voltecon le buone e a volte con le cattive, a unpiù stretto rapporto coi centri dirigenti del-la Resistenza. Sorsero contrasti per il con-trollo o l’affiliazione di numerose bande,alcuni vecchi comandanti - che pure aveva-no la fiducia dei propri uomini - vennerosostituiti d’autorità proprio perché recalci-tranti a sottomettersi ai nuovi indirizzi: nel-l’estate del ’44 lo scenario si aprì a scontrianche molto aspri che contrapposero «co-mandanti “della prima ora” e nuovi quadridirigenti, ovvero capibanda che sono giuntial momento della grande espansione parti-giana superando alla testa dei propri uominile difficoltà del primo inverno, e nuove levepolitico-militari immesse nel corpo delle for-mazioni partigiane da istanze organizzativepiù vaste e complesse di quelle, tutto som-mato relegate sul piano locale (solo a volteprovinciale, quasi mai regionale), che hanno

Page 32: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 31

caratterizzato la prima fase della Resisten-za»17.

Come spesso accade nella memoria dei ter-ritori, un evento viene scelto come paradig-matico di un processo di ben maggiore com-plessità: nel Novarese, tradizionalmente, labattaglia di Megolo del 13 febbraio 1944 an-ticipò e nello stesso tempo riassunse nellasua drammaticità i caratteri del trapasso dal-la fase “spontanea” della Resistenza a quel-la contrassegnata da maggiore organizzazio-ne. Si tratta di una periodizzazione, arbitra-ria quanto tutte le periodizzazioni, che peròha il merito di cogliere i diversi piani su cuisi concentrò questa dinamica di cambiamen-to, che poi finì per esser assorbita nel gene-rale processo di riorganizzazione del movi-mento partigiano avvenuto in seguito allegrosse novità politico-militari sopravvenutenel frattempo.

A Megolo morì armi in pugno Filippo Ma-ria Beltrami, detto “il Capitano”18, anch’eglimitico comandante19 dei primi mesi della Re-sistenza. Già alla fine del 1943 la sua brigata- l’autonoma “Patrioti Valstrona” - si era in-grossata, anche in seguito ai disattesi ban-di di Graziani, fino a comprendere al propriointerno oltre quattrocento uomini, cifra chefaceva della formazione la più grande del

Novarese. Minata al proprio interno dallespinte disgreganti derivanti dall’afflusso dinuove reclute all’interno delle quali - accan-to ad elementi di indubbio valore che comun-que andavano addestrati, armati, e sfamati- si nascondevano giovani saliti in monta-gna per opportunismo - e quindi non di radoinclini all’“attesismo” - quando non «pessi-mi elementi» contigui alla delinquenza co-mune o addirittura provocatori e spie fasci-ste20, la “Patrioti Valstrona” non farà in tem-po a riconvertirsi - dalla piccola e vivace uni-tà guerrigliera che era - in qualcosa di piùsimile a un “esercito”, adeguamento orga-nizzativo richiesto dalla nuova fisionomiaassunta dalla brigata.

Inoltre, a partire dal gennaio del ’44, i te-deschi, allarmati dalla popolarità e dai colpisempre più audaci messi a segno dal Capita-no, occuparono stabilmente Omegna - dovei nazifascisti avevano già subito un pesantescacco il 30 novembre, quando la cittadinaera stata occupata per due ore dalle forma-zioni di Beltrami e Moscatelli, in una delleazioni più clamorose compiute fino ad alloradalle bande partigiane in Italia21 - preparan-do così il primo grande rastrellamento cheinvestì di lì a poco anche la Valsesia.

Beltrami, enormemente sfiduciato - lapi-

17 SANTO PELI, I contrasti tra i partigiani, in “l’impegno”, anno XVI, n. 1, aprile 1996.18 Su Beltrami si vedano GIULIANA GADOLA BELTRAMI, Il Capitano, Firenze, La Nuova Italia,

1979 e MAURO BEGOZZI, Il signore del ribelli. Filippo Maria Beltrami tra mito e storia. LaResistenza nel Cusio-Ossola dal settembre 1943 al febbraio 1944. Documenti e testimo-nianze, Milano, Lampi di Stampa, 2003 (ristampa anastatica dell’edizione, Novara, Isrn, 1991,con bibliografia aggiornata).

19 Sugli aspetti mitologici della figura di Beltrami si veda F. COLOMBARA, art. cit., pp. 47-57.

20 Testimonianza di Enrico Massara resa a Mauro Begozzi il 20 marzo 1988 a Novara, inM. BEGOZZI, op. cit., pp. 124-125.

21 Si veda, tra le tante testimonianze su quell’azione che si possono trovare nei testi giàcitati, anche quella, relativamente vicina ai fatti narrati, di un protagonista: ALBINO CALLETTI,I partigiani calarono ad Omegna guidati da Moscatelli e Beltrami, in “La Lotta”, 3 dicem-bre 1952.

Page 33: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

32 l’impegno

daria una sua affermazione sullo stato dellasua formazione in quel periodo: «Quandoc’è da nascondersi, da ricevere un pasto cal-do tutti i giorni, arrivano in duecento. Quan-do c’è da combattere rimangono in cinquan-ta»22 - ordinò allora lo spostamento in Os-sola, morfologicamente più adatta rispettoalla piccola Valstrona ad una brigata dallegrosse dimensioni.

Il 13 febbraio, durante il trasferimentoverso le valli ossolane, il grosso della forma-zione agli ordini di Beltrami venne sorpresadai nazisti nei dintorni di Megolo. Invece diripiegare, il Capitano accettò il combattimen-to, in omaggio a quelle doti “cavalleresche”di cui era portatore e su cui la voce popola-re allestì il mito di “comandante gentiluomo”che combatte alla luce del sole. Caddero armiin pugno, combattendo fino all’ultimo assie-me al proprio comandante, tredici uomini, tracui il commissario politico della “Patrioti Val-strona” Gianni Citterio “Redi”, comunista,Antonio Di Dio e il giovanissimo GasparePajetta23, fratelli rispettivamente di Alfredoe Gian Carlo.

Travolta e quasi annientata, la formazioneche fu di Beltrami sarebbe stata riorganiz-zata in Ossola dal tenente Bruno Rutto, chela rinominò distaccamento alpino d’assalto“Filippo Beltrami” - in seguito sarebbe di-

ventata divisione - recuperando così anchenel nome l’eredità del Capitano. Altri grup-pi dell’ormai disciolta “Patrioti Valstrona”,che erano altrove mentre il grosso della bri-gata veniva attaccata a Megolo, furono in-vece inquadrati nelle formazioni agli ordinidi Moscatelli. Se fino a quel momento le ban-de partigiane valsesiane erano un semplice“distaccamento” - il “Gramsci” - della 2a bri-gata Garibaldi “Biella”, proprio grazie all’im-missione delle forze fresche provenienti dal-la Valstrona venne decisa il 18 febbraio lacostituzione della 6a brigata Garibaldi “Gram-sci - Valsesia”24. Inoltre, vista la grande con-centrazione di partigiani nella piccola Val-sesia dopo la battaglia di Megolo, alcunireparti di garibaldini vennero trasferiti inOssola, ponendo così le basi della futura IIdivisione dei garibaldini novaresi, la “Redi”,nel cui nome anche in questo caso traspari-va la tragedia di Megolo, essendo intitola-ta alla memoria di un suo caduto.

Megolo rappresentò dunque una data im-portante per la Resistenza novarese sottoogni punto di vista. È stato scritto che quellabattaglia segnò emblematicamente la finedella “giovinezza” della Resistenza nova-rese, del suo periodo “romantico”, quandoil movimento era dominato dalle figure deicomandanti che ne erano alla testa, quan-

22 Testimonianza di Guido Weiller resa a Mauro Begozzi il 26 febbraio 1988 a Sesto SanGiovanni (Mi), in M. BEGOZZI, op. cit., p. 209.

23 Abbastanza celebre è la leggenda, diffusa anche da Secchia e Moscatelli, secondo laquale «sotto la blusa» del giovane Pajetta «venne trovato Stato e rivoluzione di Lenin, conle pagine perforate e intrise di sangue», in P. SECCHIA - C. MOSCATELLI, op. cit., p. 161. Stessodettaglio anche in GIAN CARLO PAJETTA, Il ragazzo rosso va alla guerra, Milano, Mondadori,1986, p. 43. Sempre stando alla versione “epica” del martirio del giovane Pajetta, egli «fu vistopiegarsi sul fianco, comprimerselo con le mani in uno spasimo di dolore, poi appoggiatoall’albero [lo stesso albero dove pochi minuti prima era stato colpito Beltrami, falciato dauna raffica alla gola] e raccolte le ultime forze sparare ancora sino a quando fu investito inpieno da una raffica dello stesso mitragliatore che aveva colpito il suo capitano», in P.SECCHIA - C. MOSCATELLI, op. cit., p. 161.

24 Idem, pp. 161-165.

Page 34: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 33

do le gesta di personaggi come Beltrami eMoscatelli davano corpo a un’epopea leg-gendaria. Chiusasi in “tragedia”, con la mor-te di Beltrami25, la fase “romantica” della Re-sistenza nel Novarese cedette il passo a unripensamento anche tattico e organizzativo,aprendo una nuova fase: «Siamo, se volete,in una fase che chiameremo “romantica” del-la lotta partigiana ed è proprio il modo concui è morto Beltrami, è la sua conclusione, èil significato della sua morte che diedero,direi, una ragione di più di avvio alla costi-tuzione del secondo tempo del partigiana-to. Il tempo dell’organizzazione, il tempo incui si forma un esercito partigiano, con lacoscienza di esser partigiano.

Beltrami e la sua banda, come altre bande,appartengono a questo primo tempo leg-gendario, direi eroico, epico, avventuroso,romantico, meraviglioso coi suoi limiti, coisuoi errori, coi suoi danni, del partigianato[...] Questa direi “giovinezza” della Resisten-za, questo pionierato, questo romanticismodella Resistenza prende senso proprio dalmotivo epico della morte di Beltrami e deisuoi»26.

Anche Gino Vermicelli “Edoardo”, uno deisopravvissuti di quella drammatica batta-glia, ricorda che «è finito qualcosa, con Bel-

trami, con Megolo, qualcosa di importan-te»27. Proprio “Edoardo” fornisce un più di-retto collegamento sul piano “mitologico”tra la tragedia di Megolo e il passaggio a unanuova fase della Resistenza. Per quanto ri-guarda Beltrami, Vermicelli fu abbastanzacategorico nel dire che «fu il [credere al pro-prio] mito che l’uccise»28.

Di questo mito, del fatto che «ad ogniimpresa la sua fama si allargava ancora, ac-quistava sapore e proporzione di leggen-da»29, Beltrami aveva piena consapevolez-za: egli infatti amava «giocare col favolosoche lo circondava»30 e decise di alimentarelui stesso quel mito. Sempre secondo Vermi-celli: «La cosa che differenziava quel gruppo[quello di Beltrami] dai tanti gruppetti disbandati che si erano rifugiati sulle monta-gne dopo l’8 settembre, era il fatto che nonsi nascondeva, che agiva alla luce del sole.Fu quello, credo, che creò il mito Beltrami, ilfatto, pubblico, che in montagna c’era Bel-trami. Certo occorre aggiungere che lui erauna persona nota, la quale, pur essendo mi-lanese, era di casa in quelle zone, era di Ci-reggio: “l’architetto milanese che ha casa aCireggio”, non so se mi spiego»31.

Effettivamente, la dimensione cavallere-sca del “comandante gentiluomo”32 che

25 Come per il giovane Pajetta, la voce popolare caratterizzò con elementi leggendari ancheil racconto della morte del Capitano; si veda F. COLOMBARA, art. cit., pp. 52-54.

26 Orazione tenuta a Omegna il 14 febbraio 1965 dal professor Franco Antonicelli in oc-casione del 21o anniversario della battaglia di Megolo e della presentazione del volume diGiuliana Gadola Beltrami Il Capitano, ora in Non c’è tenente né capitano... Li chiamavanobriganti, documentario di Claudio Cormio, Torino, Ancr; Novara, Isrn, 1994. Copia dell’ora-zione è conservata in ISRN, sez. 18, busta II, fascicolo 2.

27 Testimonianza di Gino Vermicelli “Edoardo” resa a Mauro Begozzi il 2 ottobre 1987 aVerbania, in M. BEGOZZI, op. cit., p. 166.

28 Idem, p. 148.29 G. GADOLA BELTRAMI, op. cit., p. 90.30 Idem, p. 91.31 Testimonianza di Gino Vermicelli “Edoardo”, cit., in M. BEGOZZI, op. cit., p. 148.32 F. COLOMBARA, art. cit., p. 47.

Page 35: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

34 l’impegno

combatte a viso aperto e alla luce del sole,senza nemmeno “darsi alla macchia”, fu unadelle caratteristiche del Capitano più sottoli-neate: «I tedeschi non osavano affrontarlo.I fascisti lo salutavano con rispetto: egli noncospirava. Combatteva a viso aperto»33.

Questa caratteristica fece di Beltrami l’«u-nica autorità efficiente nella zona»34, «unanuova autorità [...] che si contrappone ai te-deschi invasori e agli squalificati residui delfascismo. E si comporta di conseguenza,sognando ad esempio la creazione di unazona franca, di una zona più o meno liberasotto il suo controllo»35.

Effettivamente pare che la propria imma-gine pubblica di ribelle che non si nasconde,che combatte cavallerescamente, a viso a-perto, e che ingaggia sempre combattimen-to con l’avversario considerando infamantela fuga, abbia avuto un peso nella decisio-ne di Beltrami di resistere - contro ogni lo-gica militare - a Megolo: convergono suquesta ipotesi, tra le altre, anche le testimo-nianze di Pippo Coppo - «Lui [Beltrami] ha

voluto dimostrare che sapeva morire da e-roe, e ha affrontato il combattimento»36 - di“Aris” Marchetti - «Il Capitano accetta ilcombattimento. L’ha atteso»37 - fino a quel-la di Vermicelli, che è il più reciso nell’affer-mare: «Se Beltrami quella mattina invece didare ordine di resistere, avesse avuto il co-raggio di scappare... ma Beltrami era uno chenon voleva scappare. Beltrami era diventatoun mito e io credo che sia stato vittima del-l’aver creduto, lui stesso, a questo mito [...]Lui [...], credendo al proprio mito, è mor-to»38.

E questo sostanzialmente perché «Beltra-mi il mito lo accetta e lo considera un obbli-go morale verso la gente che l’ha costruito[...] lui crede nel suo mito e si comporta diconseguenza»39.

Siamo dunque a una fase delicata per laResistenza novarese. L’alone leggendarioche avvolgeva le imprese di Beltrami e diMoscatelli aveva certamente favorito la Re-sistenza novarese. Un ruolo importante nel-l’enorme affluenza in montagna dei giovani

33 PINA BALLARIO, Novara senza terra né pace, Torino, Società Editrice Internazionale,1959, p. 254.

34 G. GADOLA BELTRAMI, op. cit., p. 74.35 GINO VERMICELLI, Babeuf, Togliatti e gli altri. Racconto di una vita, Verbania, Tararà,

2000, p. 92. Sulla delicata questione della zona franca - per la quale il Capitano trattò coinazifascisti, cosa per la quale venne aspramente criticato dai garibaldini - si veda M. BEGOZZI,op. cit.

36 PIPPO COPPO, Conversazione sulla guerra partigiana, a cura di Filippo Colombara,Verbania, Fogli Sensibili, 1995, p. 23.

37 ARISTIDE MARCHETTI “ARIS”, Ribelle. Nell’Ossola insorta con Beltrami e Di Dio, Mi-lano, Stabilimento tipografico Toffaloni, 1947, p. 63.

38 Testimonianza di Gino Vermicelli “Edoardo”, cit., in M. BEGOZZI, op. cit., p. 164. Vermicelliè anche autore di una relazione su Megolo con tanto di schizzo del teatro della battaglia:Istituto Gramsci di Roma, Morte del Capitano Beltrame (sic) 13.2.1944, relazione firmatada Gino Vermicelli “Edoardo”, sd, allegata a Comando generale Brigate Garibaldi, Relazionesulla battaglia di Megolo, non firmata [probabilmente la stesura è opera di Vittorio Flecchia“Valbruna”], 4 marzo 1944, conservata nel fondo Brigate Garibaldi, sezione VII, cartella 1,fascicolo 2.

39 M. BEGOZZI, op. cit., p. 169.

Page 36: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 35

richiamati alle armi lo giocò sicuramente an-che il richiamo della dimensione da epopeache assumeva la “macchia” nelle fabulazionipopolari. Così come a livello propagandisti-co giovava enormemente al movimento par-tigiano l’avere a disposizione eroi e miti che,se da un lato rinfocolavano le speranze deiresistenti, dall’altro incutevano timore alnemico.

Ora però si è visto che questi stessi miti,questa dimensione romantica della Resi-stenza, potevano essere controproducenti,alimentare fantasie autodistruttive, nuoce-re al movimento.

Qualche tempo prima l’impreparazionetattico-militare aveva giocato brutti scherzianche ai garibaldini di Moscatelli. A metàgennaio, per fronteggiare il primo rastrella-mento in grande stile preparato dai nazisti -che avevano precedentemente spedito inValsesia il 63o battaglione “Tagliamento”della Gnr e potevano già contare sul presi-dio tedesco di Omegna - i garibaldini dispo-sero volontariamente una difesa rigida, fron-tale. Nella risposta militare da dare all’attac-co tedesco - che prefigurava il primo “scon-tro campale” tra forze partigiane e naziste -era in gioco il mito dell’“invincibilità” delleformazioni partigiane che la propagandagaribaldina ovviamente alimentava e che

trovava riscontro nelle storie che trasfigu-ravano l’esperienza partigiana in epopea:ripiegare di fronte al pur soverchiante ne-mico sarebbe stata una scelta rischiosa pro-prio in quanto contraddiceva la fama gua-dagnata, che rischiava di esser mandata infrantumi dall’ossequio alle “regole” dellaguerriglia.

Richiesto e ricevuto l’aiuto di Beltrami -che inviò in Valsesia ben tre distaccamentiagli ordini del capitano Alberto Li Gobbi, unufficiale dell’ex esercito regio in missione al-leata oltre le linee nemiche, soprannomina-to “il capitano mascherato” perché, per esi-genze di sicurezza, in azione celava semprela sua identità dietro una sciarpa calata sulvolto - ai primi scontri, vista l’impossibilitàdi tenere le posizioni, venne comunque or-dinato il ripiegamento. Moscatelli andò sututte le furie: Li Gobbi, già visto con sospet-to40, e in più ritenuto responsabile dell’or-dine di ritirata, venne accusato di “disfatti-smo”, disarmato, arrestato e minacciato diessere passato per le armi41. Anche questafrizione tra un militare di carriera esperto co-me Li Gobbi e un “politico” come Moscatelli- cioè più attento agli aspetti spiccatamen-te politici della guerra di liberazione: in que-sto caso l’importanza di non far vedere alnemico l’inferiorità militare - può essere in-

40 P. SECCHIA - C. MOSCATELLI, op. cit., p. 142.41 Testimonianza di Albino Calletti “Bruno” resa a Mauro Begozzi il 30 ottobre 1987 a

Novara, in M. BEGOZZI, op. cit., pp. 139-142. In Il Monte Rosa è sceso a Milano l’episodioè sottaciuto, benché si parli del malcelato sospetto con cui veniva guardato “il capitanomascherato” dai garibaldini, atteggiamento peraltro inizialmente comune anche agli uominidi Beltrami: «[Li Gobbi] venne accolto con molto sospetto: era veramente un ufficiale dicollegamento oppure era una spia? Dopo una riunione a porte chiuse, venne accolto: evi-dentemente aveva potuto presentare le sue credenziali» (Testimonianza di Guido Weiller,cit., in M. BEGOZZI, op. cit., p. 195). Ad ogni modo, anche tra le formazioni di Moscatelli questisospetti svanirono «rapidamente perché Li Gobbi dimostrò di esser un valoroso combat-tente» (P. SECCHIA - C. MOSCATELLI, op. cit., p. 142) e sarà infatti poi decorato per il suoimpegno nella Resistenza con la medaglia d’oro al valor militare.

Page 37: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

36 l’impegno

quadrato nello scontro tra un’ala pragmati-ca e un’altra “romantica”. Lo scontro diederagione a Li Gobbi, ed effettivamente i gari-baldini ripiegarono sganciandosi dalle po-sizioni che inizialmente dovevano tenereattaccando il nemico dove poterono, distur-bandone l’avanzata: grazie a questa strate-gia, più consona a delle bande guerrigliere,i nazisti fallirono completamente il compitoche si erano posti, cioè distruggere il movi-mento partigiano in Valsesia. La sicura ap-plicazione dell’“arte dello sganciamento” -cioè sfuggire a rastrellamenti ed accerchia-menti facendo trovare il vuoto al nemico,spostandosi continuamente e riorganizzan-dosi altrove, colpendo l’avversario distur-

bandone l’avanzata con puntate veloci, an-che attraverso la dispersione organizzata disquadre piccole ed agili - fu una delle piùimportanti acquisizioni tattico-militari per ilmovimento partigiano42.

Malgrado la vittoria delle ragioni militari -oltre al ripiegamento fu necessario evacuareda Castagneia, investita dal rastrellamento,il comando garibaldino, che sarebbe statoriorganizzato a Rimella - Moscatelli, puramareggiato43, suggellò la riuscita “tenuta”delle proprie formazioni di fronte al primo di-spiegamento di tutta la potenza tedesca im-piegata nel compito di “sradicare il banditi-smo” con un “comunicato straordinario” -il “numero due” - del Comando patrioti “Val-

42 Si sottolinea spesso che i militari italiani che avevano avuto esperienza diretta dellaguerriglia jugoslava e russa diedero, una volta diventati partigiani, un contributo militar-mente importante alla Resistenza proprio in quanto avevano appreso “sul campo” unatecnica altrimenti estranea a soldati di un esercito regolare, e in generale alla tradizionemilitare italiana. Per il contesto valsesiano, Albino Calletti “Bruno” - partigiano prima conBeltrami e poi con Moscatelli - conferma che «io, che ero un vecchio antifascista reduce dalcarcere, durante la guerra ero stato mandato, col “Savoia Cavalleria”, sul fronte russo edavevo avuto la fortuna di avere contatti coi partigiani sovietici in Ucraina e poi nella Bie-lorussia, dai quali avevo imparato tre cose importantissime; primo: che l’arma più importantedei partigiani erano le gambe, cioè il problema della mobilità, l’allenamento a camminare;secondo: colpire e sparire; terzo: non accettare mai il combattimento frontale in campoaperto, se non sei sicuro di esser superiore, e quindi di potere aver successo. Ed io, nelperiodo della lotta partigiana, ho sempre cercato di seguire questi concetti fondamentali edi insegnarli ai miei uomini» (Episodi della Resistenza valsesiana. Intervista ad AlbinoCalletti “Bruno”, in “l’impegno”, a. XII, n. 1, aprile 1992).

43 “Ciro” a proposito raccontò: «Il più depresso era Moscatelli il quale sembrava dispia-ciuto perché i mitraglieri non avevano tenuto le posizioni, che essendo dominanti rispettoal nemico, li ponevano in posizione di vantaggio. Il buon Cino, che non solo non aveva fattola guerra, ma non aveva neppure prestato il servizio militare, sembrava avesse fatto proprietutte le disquisizioni sulle posizioni offensive che il capitano Li Gobbi, io e Antonio Di Diogli avevamo ammannito nei giorni precedenti l’attacco. Proprio ora che io, e probabilmentetutti gli altri ufficiali che avevano vissuto con me quei giorni, capivamo l’inutilità di appre-stamenti difensivi, il nostro commissario politico recriminava il mancato impiego delle nostrepostazioni. Credo di averlo convinto dicendo che se si fossero tenute le postazioni ad ol-tranza queste sarebbero state aggirate e sopraffatte, avremmo avuto perdite dolorose chenon abbiamo avute e avremmo dovuto riprendere la lotta con meno armi e meno uomini diquanti contavamo» (Parlare e scrivere di Ciro, a cura della Cooperativa Gianfranco Bighin-zoli, Novara, Tipografia San Gaudenzio, 1987, p. 28).

Page 38: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 37

sesia” della brigata d’assalto “Garibaldi”,diffuso anche sotto forma di volantino44.

Il testo di quel comunicato, volutamente“napoleonico” a cominciare dall’intestazio-ne pomposa - che tra l’altro non rispettavale diciture ufficiali: a quei tempi le formazio-ni valsesiane erano un semplice “distacca-mento” - serviva in primo luogo a testimo-niare al nemico la consistenza numerica -intenzionalmente esagerata - e la perfettaorganizzazione militare delle formazioni par-tigiane, sottolineata contestualmente al ri-lievo dato del sostanziale fallimento del-l’operazione nemica. «E poi il partigianatoassumeva già un qualcosa di leggendario ei partigiani cominciavano a vederli dapper-tutto, non solo i nemici, ma anche la popo-lazione. Se i tedeschi e i fascisti si sentivanoinsidiati da ogni dove, la popolazione si sen-tiva invece rinfrancata»45.

Inoltre quel comunicato assolveva a sco-pi interni: la contrapposizione, schematicae manichea, tra i nazifascisti - «le valorose

truppe nazifasciste hanno sfogato la lorobile, per il completo fiasco dell’operazionedel rastrellamento, coi soliti atti di bestialevandalismo e di crudeltà»46 - e i partigiani -«i Patrioti, banditi della macchia, hannoosservato le leggi dell’onore, malgrado ledure esperienze patite, consentendo unatregua per il trasporto dei feriti nemici, nonsolo, ma recandosi all’ospedale a visitarli re-galando loro delle sigarette»47 - serviva arinfrancare le motivazioni dei combattentiattorno a un disprezzo morale per il nemico,

che sottendeva una netta distinzione tra“bene” e “male”.

La stesura e la diffusione del “Comunica-to straordinario numero 2” dimostrano, oltrealla non comune attenzione posta da Mo-scatelli alle motivazioni psicologiche deicombattenti, anche e soprattutto una parti-colare rilevanza data alla dimensione “pub-blica” della guerra partigiana, che sarebbesfociato appunto nell’approntamento di unapparato di propaganda efficiente e strut-turato.

L’episodio del riuscito sganciamento conconseguente fallimento del primo rastrella-mento nazista in Valsesia dimostra inoltrecome Moscatelli, malgrado l’alone leggen-dario che già avvolgeva le sue imprese, fos-se dotato anche di un gran senso realistico.Solo dopo essersi piegato alle poco roman-tiche ragioni militari - che per forza di coseinfrangevano le voci sull’invincibilità delleforze partigiane, quantomeno in campo aper-to - Moscatelli recuperò l’intonazione epi-ca delle gesta partigiane diffondendo il suocomunicato, dove il “leggendario”, uscitodalla porta, rientrava dalla finestra.

Questa rinnovata dimensione “mitica”appariva però coerente con le ragioni mili-tari della guerra. Se il mito di Beltrami, peri-coloso appunto perché sganciato da qual-sivoglia logica militare, finiva per esser con-troproducente, Moscatelli fu sempre atten-to ad abbinare costruzione mitologica e sen-so realistico. Sempre secondo Vermicelli«Moscatelli, che lui pure [come Beltrami] era

44 ISRSC BI-VC, Brigata d’assalto “Garibaldi”, Comando patrioti “Valsesia”, Comunicatostraordinario n. 2, volantino, 21 gennaio 1944.

45 C. BERMANI, Pagine di guerriglia, cit., vol. I, tomo 1, 2000, p. 62, che qui cita una testi-monianza di Moscatelli.

46 ISRSC BI-VC, Brigata d’assalto “Garibaldi”, Comando patrioti “Valsesia”, Comunicatostraordinario n. 2, volantino, 21 gennaio 1944.

47 Ibidem.

Page 39: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Stefano Sala

38 l’impegno

un mito, ha avuto l’abilità di non credere nelsuo mito. Moscatelli lasciava credere, face-va credere, era contento che si costruisseun mito, ma lui non ci credeva. Questo fecesì che Moscatelli riuscì ad avere un ruoloanche dopo, mentre Beltrami fu stroncatosubito»48.

Questi ultimi sono tutti fattori importantiper capire come il mito di Moscatelli non siesaurisse con la fine della fase spontaneadella Resistenza, e anzi venisse traghettatograzie agli apparati di propaganda su binaripiù istituzionalizzati, più consoni alla nuo-va fase che avrebbe vissuto la Resistenza,meno “romantica” e più pragmatica.

Anche retrospettivamente, uno degli ele-menti che più sarebbero stati ricordati dellaguerriglia valsesiana fu proprio questa abi-lità “creativa” nello sfruttare la dimensionepubblica della guerra e quindi la propagan-da, compito nel quale Moscatelli effettiva-mente avrebbe eccelso, tant’è che sarebbestato anche ricordato come “il comunistacreativo”49.

Alcune delle trasfigurazioni mitiche chesubì la Resistenza valsesiana - al cui inter-no rifulgeva il suo comandante - ebbero delresto origine anche nelle esigenze propa-gandistiche di accrescere la propria fama enel contempo di terrorizzare i nemici. Eccoad esempio come Gian Carlo Pajetta ricordauno dei primi scontri a fuoco che avvenne-ro in Valsesia: «Ricordo uno dei primi com-battimenti: i suoi avevano teso un agguatoa due camion di camicie nere della Taglia-mento, e Moscatelli, in un bollettino di guer-ra rivolto alle popolazioni della Valsesia e diNovara, dopo aver annunciato le gravi perdi-

te del nemico in uomini e mezzi, concludevaaffermando che, da parte dei garibaldini, pro-seguiva “il rastrellamento” delle camicie ne-re fuggite. In un periodo nel quale eranosempre gli altri a cercarci e a costringerci aripiegare (di fuga non si doveva parlare innessun caso) quella frase faceva colpo»50.

Analoga attenzione alla propaganda sipercepisce nel racconto, sempre ad operadi Pajetta, di una nuova azione dei garibaldi-ni valsesiani, che occuparono per brevissi-mo tempo la stazione ferroviaria di Novaragiungendo in treno nel capoluogo: «Ci fusubito un comunicato - il “bollettino di guer-ra” di Moscatelli - e noi lo pubblicammo conun grosso titolo, in attesa che Moscatelli necombinasse un’altra delle sue»51.

Col sorgere di efficaci apparati di propa-ganda - effetto anche questo dell’istituzio-nalizzazione del movimento partigiano -l’originaria spinta della mitopoiesi popola-re sarebbe stata recuperata da questa nuo-va dimensione, che l’avrebbe aggiornata al-le nuove esigenze politico-militari della guer-riglia. Grazie a ciò il mito di Moscatelli so-pravvisse alla fine della fase spontanea dellaResistenza e alla conseguente messa in cri-si del modello carismatico fin lì operante.

La fantasia popolare, di fronte alla “mortedi un mito” come Beltrami, manifestò unacerta difficoltà ponendo alla testa della suaformazione la moglie Giuliana. In realtà quellavoce, quella notizia falsa, fu l’ultimo acutodi quel mito, che di lì a breve si esaurì com-pletamente, quantomeno nella sua funzionedi eroe vivente nel contesto della guerrapartigiana: in effetti la morte poneva neces-sariamente fine alla sua eroizzazione in que-

48 Testimonianza di Gino Vermicelli “Edoardo”, cit., in M. BEGOZZI, op. cit., p. 167.49 F. COLOMBARA, art. cit., p. 34.50 G. C. PAJETTA, op .cit., p. 51.51 Idem, p. 57.

Page 40: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Morte di un mito

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 39

sto senso, trasformando la sua figura inquella di martire, e così appunto sarebbestata recuperata nel dopoguerra52.

Il patrimonio mitologico attribuito a Bel-trami non andò comunque perduto: in quan-to eroe vivente, esso venne trasferito a Mo-scatelli. Se l’affermazione del leggendarioCino come unico polo di attrazione del “me-raviglioso” partigiano fu connesso ancheall’affermarsi delle istanze di organizzazionee al sorgere della propaganda - che riusci-rono a traghettare quel mito fuori dalla purae semplice mitopoiesi popolare, aggiornan-dolo quindi alla nuova fase in corso - Mo-scatelli comunque recuperò in sé anche gliattributi eroici di Beltrami.

È in questo contesto che riemerse l’attri-buto della macchina, alla cui guida, ne “I ca-

valieri della macchia”53, venne descritta Giu-liana Gadola Beltrami, che fu dunque una fi-gura di raccordo nella fase di trapasso delbagaglio mitologico tra due eroi viventi.

Quella macchina infatti ricomparve neiracconti diventando rossa proprio in omag-gio a Moscatelli: in questo attributo del leg-gendario Cino però ora convergono ele-menti che rimandano alla tradizionale mito-poiesi popolare assieme ad altri che invecesono più assimilabili alla categoria di “or-ganizzazione”, visto che essi ridaranno vitaa una vecchia leggenda socialista diffusadurante il biennio rosso, qui trasposta alMoscatelli percepito non più solo comegenerico “ribelle popolare”, ma compiuta-mente come “eroe comunista”.

52 F. COLOMBARA, art. cit., pp. 47-57, e M. BEGOZZI, op. cit.53 I cavalieri della macchia è il celebre articolo di Concetto Pettinato pubblicato ne “La

Stampa” il 29 dicembre del 1943. Si tratta dello scritto più precoce nel quale la figura diMoscatelli è già avvolta di leggenda, molto importante perché recepisce in sé tutta una seriedi caratterizzazioni e di attributi eroici , un vero e proprio “clima” che ci consente di supporreche il processo “mitopoietico” legato alla figura del comandante valsesiano sia da datareai giorni immediatamente seguenti all’8 settembre, o meglio ancora all’inizio dell’attivitàresistenziale di Moscatelli. Nell’articolo Pettinato descrive Giuliana Gadola Beltrami, mogliedel Capitano, «che scorrazza sola pei monti in automobile, chiome al vento e pipa fra i denti,con un fucile mitragliatore a portata di braccio». In questo caso l’automobile è da intenderecome «bolide a quattro ruote», che condensa in sé il mito della velocità e l’omaggio a unatradizione avventurosa ben presente in tutto il resto dell’articolo.

Page 41: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

PIERO AMBROSIO (a cura di)

“Il filo spinato ti lacera anche la mente”

Catalogo della mostra

2010, pp. 120, € 10,00

Il catalogo raccoglie i disegni del pittore Renzo Roncarolo, internato nei lager tede-

schi durante la seconda guerra mondiale, esposti nella nuova edizione della mostra

“Il filo spinato ti lacera anche la mente”.

Nei disegni realizzati per questa mostra, Renzo Roncarolo visualizzò drammatica-

mente la tragedia vissuta da una generazione di giovani soldati deportati nel 1943

nei campi di concentramento nazisti.

Il tragico espressionismo che permea i disegni va oltre le radici colte che richiama-

no gli espressionismi di Ensor, Nolde, Munch - anche se “L’urlo” di Munch, che

non ha suono, parrebbe emblema di questa rassegna - calato com’è, questo espres-

sionismo, nella tragica realtà del vissuto, fattosi cronaca, testimonianza di patimen-

ti e di morte.

Dal vuoto dei fogli, desolatamente bianchi, il segno nero, sostanziale nella resa del

vero come in Guttuso, impone alla ribalta, e alle coscienze, stati estremi di sofferen-

ze, sevizie, fame, oltraggi.

Insistono i primi piani di volti attoniti e disperati, a rimarcare la validità individuale

di persone, non di numeri. Totale è il senso di solitudine per ogni essere, negato

nella sua umanità, simbolo di solo dolore sottolineato anche dalla sommarietà del

segno.

Integrante, in quest’epopea di muto martirio, la straziante resa di spazi e silenzi,

specie recepibile nei disegni delle soste dei treni alle stazioni volute deserte, seque-

la di vagoni blindati, ammasso di giovani vite, primo tragico atto del programmato

genocidio (Stefania Stefani Perrone).

Renzo Roncarolo nacque a Vercelli l’8 settembre 1916. Professore di disegno, ri-

chiamato alle armi nel 1940, nel settembre 1943 fu catturato dai tedeschi a Verona e

deportato in Germania, dapprima nel lager di Fürstenberg (dove rifiutò di aderire

alla Repubblica sociale), poi in quello di Cottbus e infine in quello di Dreilinden.

Dopo le prime durissime settimane di fame e freddo, fu occupato come manovale in

una fabbrica a Teltow, poi, grazie alle sue capacità tecniche, fu destinato ad un re-

parto di disegnatori meccanici. Nel gennaio del 1945, avendo reagito ai soprusi di

un civile, fu incarcerato, rischiando di morire a causa delle angherie. Liberato, fu

nuovamente inviato al lager.

Page 42: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

l’impegno 41

Sin dal 1686 il canonico Torrotti promuo-ve il turismo al Sacro Monte, abbinandoanche la gastronomia valsesiana: «Sonospiragli di venti assidui, caldi l’inverno, ag-ghiacciati l’estate, che effetti bizzarri dellanatura fanno varie cantine, grotte e saledeliziose, ivi godere di vini prelibati, trottepoi come le più delicate, eccellenti selvati-cine, insomma per la squisitezza di ognicosa, che vi si trova per la gola, e il sensua-le, dovendo su tutti lodarsi i Piemontesi, checon cavalcate frequenti fino di venti a ven-ticinque persone sono d’un’edificazionedegna d’ogni beneditione, lasciando al San-to Luogo generose elemosine, ben lungi diquelli, che scarsi per Dio sono prodighi pergli hosti. Vetture d’ogni sorte s’accostano,e per il più sono i Milanesi, che si servonodi carrozze, equipaggi, e sono pomposi, esplendidi».

Nel Seicento e Settecento, quindi, vi sonovisitatori disposti a spendere sia per il corpoche per lo spirito e già si manifestano certicaratteri delle genti di città e regioni, anchenel turismo religioso. Varallo dimostra capa-cità di accoglienza con più di cinquanta lo-cande dalle insegne e dalle caratteristichepittoresche: “Hostaria del Falcone”, “al Liond’oro”, “alle tre colombe”, “al Bottale”, “delLupo”, ecc. I santuari sono fonti di affari, ipellegrini clienti mansueti e poco esigenti.

Il Sacro Monte riesce ad attirare pure un

turismo signorile, colto, attento alla religio-ne e all’arte. Nella prima metà dell’Ottocen-to si recano a Varallo e al Colle il re CarloAlberto di Savoia, scrittori romantici comeil francese Francois René De Chateaubriande l’italiano Silvio Pellico, entrambi estasiatidal viaggio in Valsesia. Quest’ultimo, intel-lettuale impegnato, liberale, patriota, carbo-naro, reduce da dure traversie per la sua fedepolitica, è talmente colpito dal Sacro Mon-te da scrivere un “Poemetto su tal peregri-nazione” (attuata insieme al marchese Tan-credi Falletti di Barolo) ricco di versi sincerie sofferti.

Nel corso dell’Ottocento un flusso turisti-co intelligente, dotto, teso a conoscere pae-si ed emozioni nuove, attraversa la Valsesia:quello dei viaggiatori inglesi. Costoro so-no soprattutto escursionisti, pionieri amantidell’avventura, spesso scienziati, esplora-tori del mondo sconosciuto e “primitivo”rappresentato dalle montagne e vallate del-le Alpi. Tra queste la Valsesia.

Un’aristocratica, romantica ed energicadonna inglese, Eliza Cole, nel suo “A lady’stour round Monte Rosa” così descrive, do-po un viaggio nel 1858, la val Mastallone ei suoi onirici anfratti: «Il corso d’acqua è unodei più straordinari del mondo. Le sue ac-que non sono di quel marrone, dalla tintatorba, che si osserva nei torrentelli dellaScozia, né ha la tonalità calcarea grigia che

ALESSANDRO ORSI

Il turismo in Valsesia

fino alla seconda guerra mondiale

Page 43: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alessandro Orsi

42 l’impegno

caratterizza la maggior parte dei torrenti ali-mentati dai ghiacciai della Svizzera. Anchela chiara acqua cristallina di un torrente in-glese da trote non può competere con quel-la del Mastallone. La sua tinta prevalente èun intenso blu ceruleo, con la più fantasti-ca trasparenza, e dopo essersi gettato e in-franto, con una cresta di bianca schiuma, nelproprio roccioso letto, talvolta forma sottobalze strapiombanti ampie e calme pozze. Inquesti punti l’occhio soggiace a un indescri-vibile incanto ed è riluttante a distogliere losguardo».

Tra i più famosi ospiti inglesi in valle si-curamente spicca lo scrittore Samuel Butler,giunto a Varallo nel 1871 e subito affascina-to dal Sacro Monte e dalla creatività valse-siana. Butler si occupa a fondo del santua-rio, cogliendo la qualità finissima dell’artedello spettacolo sacro del Colle, figlia di ori-ginali correnti culturali locali e nazionali edi scultori, pittori, artigiani, urbanisti ecce-zionali. Il turista Butler diventa il critico d’ar-te, adottato da maggiorenti varallesi, prontoa propagandare la Valsesia in terra stranieracome a calarsi nelle diatribe culturali delposto.

L’industrializzazione, il progresso, le mi-gliori condizioni di vita, ma anche la neces-sità di frenare l’emigrazione creando postidi lavoro, danno un buon impulso all’ondaturistica in Valsesia, negli ultimi decennidell’Ottocento. Il fenomeno investe moltefamiglie, orientate verso località montanedal clima salubre e dagli ambienti riposanti,non scevre però di spirito mondano. Si trat-ta di persone benestanti, in grado di farvacanze per l’intera estate, di pagare parec-chi quattrini per conciliare tranquillità, sva-ghi moderati e culturali, cure per la salute. Èun turismo per tutti: anziani e famiglie inmaggioranza, ma anche giovani bisognosidi rinforzare il fisico e lo spirito.

La Valsesia, meta in precedenza di pelle-

grini e alpinisti ed elitari intellettuali, orasembra presentare le caratteristiche richie-ste dal nuovo tipo di villeggianti: ambientequasi incontaminato, aria pura, acqua saluta-re, cibo genuino, vegetazione florida, pas-seggiate, arte, ecc. Anche dalle zone della“bassa”, la pianura del Piemonte orientalee della Lombardia occidentale, e dalla media-bassa Valsesia si avvia un flusso di famiglieverso l’alta valle, per le vacanze estive.

L’inedita commistione produce in valleeffetti positivi e quasi traumatici: lo svec-chiamento di mentalità e costumi, impresariuscita solo in minima parte agli emigrantidi ritorno, e lo sbocciare di una modernaimprenditorialità nel campo dell’accoglien-za. La forma mentis del valligiano, piuttostochiusa e fatalista nonché spesso bigottafino alla superstizione, si apre alle correntidall’esterno, dimostra intraprendenza nellosviluppare strutture di alloggio, impara atrattare con l’ospite, ormai spesso “cliente”,con minor diffidenza e scontrosità.

Gli effetti del fresco fiotto turistico, quin-di, si notano sulle strutture ricettive, nuoveo ristrutturate in tutta la Valsesia. Le vec-chie locande e osterie si trasformano o chiu-dono, lasciando il posto ad alberghi e risto-ranti dotati di comfort adeguati ai tempi. Ilturista non è più l’umile pellegrino, dispo-sto ad adattarsi a scadenti sistemazioni, maun cliente agiato ed esigente.

A cavallo dei due secoli Varallo presentauna situazione alberghiera d’eccellenza. Inquasi ogni paese della valle, inoltre, si puòtrovare dignitosa ospitalità in strutture divario livello. In val Grande come in val Pic-cola, la valletta del torrente Sermenza, comein val Mastallone, la valletta magica di Sil-vio Pellico e delle viaggiatrici anglosassoni.

Non sono pochi i valsesiani che compren-dono la fortuna arrecata dai “forestieri” e siimbarcano in attività nel settore turistico.Spesso viene impegnata un’intera famiglia

Page 44: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il turismo in Valsesia fino alla seconda guerra mondiale

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 43

a gestire la struttura ricettiva, risparmiandosul costo del personale ma soprattutto for-nendo un tocco di domestica cordialità nel-la cura, anche gastronomica, della clientela.

È la famiglia Guglielmina di Mollia a spo-stare decisamente il raggio d’azione, crean-do una rete di hotel in Valsesia e fuori dallecaratteristiche simili per il trattamento alber-ghiero e con possibilità di offerta varia, dal-la montagna ai laghi al mare, per le vacanze.Gli investimenti dei Guglielmina, in un bre-ve lasso di tempo, sono consistenti e fruttodi coraggio e perspicacia imprenditoriali.

Gli alberghi Guglielmina presentano unvolto forbito e accattivante: “Hotel d’Italia”a Varallo, raffinata continuazione del con-vento delle Orsoline, augusto verso il cen-tro della città e intimo nella parte interna;“Monte Rosa” ad Alagna e “Delle Alpi” aRiva Valdobbia; “Hotel Colle d’Olen” a 2.900metri, «il più alto d’Europa»; “Hotel Motta-rone”, raggiungibile con ferrovia elettrica daStresa; “Bellavista Alpino” a Gignese; “Ro-yal” a Ospedaletti Ligure e dal 1909 “EdenGrand Hotel” a Santa Margherita Ligure.

Un altro viaggiatore inglese, il medico Ed-win Miles, nel suo “Byways in the SouthernAlps”, valuta l’ospitalità di un albergo deiGuglielmina, provato durante la sua perma-nenza in Valsesia, nell’estate del 1889, conla figlia: «Alagna ha il vantaggio di avereun ottimo grande albergo, il “Monte Rosa”,ammirevolmente gestito in termini ragione-voli dai fratelli Guglielmina, che sono pro-prietari di altri buoni alberghi nel nord delPiemonte. Sebbene questa località risulti po-co conosciuta tra le persone di lingua ingle-se, trovammo l’Albergo affollato di famiglieitaliane di buon ceto, più di centoventi per-sone sedute ogni giorno ai tavoli dell’eccel-lente ristorante. Erano tutti italiani trannenoi e tre o quattro austriaci, e non v’è biso-gno di aggiungere che essi rappresentava-no compagnia assai vivace e piacevole. Le

sere erano generalmente trascorse ballan-do o facendo semplici giochi, essendovimolti giovani, e talvolta si combinavanopicnic nei boschi di faggi sulle pendici mon-tane».

Il turismo d’élite in Valsesia raggiungel’apice nel periodo chiamato “Belle épo-que”, tra fine Ottocento e primi tre lustri delNovecento. L’intreccio tra progresso, turi-smo e “Belle époque” sembra estrinsecarsiin valle allo “Splendid Park Hotel”, albergodi lusso con stabilimento termale situatonella zona del Rondotto di Varallo: aureisoggiorni con feste, musica, cure, suppor-tati da innovazioni tecnologiche in campotermale, turistico, ecc.

Lady Carolina Claud Hamilton rimane tal-mente soddisfatta del suo soggiorno a Va-rallo da inviare una lettera al “New YorkHerald”, tradotta dall’inglese dal cav. Riz-zetti, valente interprete degli scritti di Bu-tler, e riportata ne “Il Monte Rosa” dell’11agosto 1894: «A questo piccolo paradisoterrestre si arriva in tre ore circa da Milano.Allorché vi trovate nel cuore della monta-gna in ammirazione davanti alle più bellecreazioni di Dio, la prima impressione è quel-la di un senso generale di pace e di calma.Nessuna sorpresa adunque che la gente checerca riposo e sollievo dalle cure della vita,trovi sosta confacente in questi paraggi. LoStabilimento Idroterapico aperto soltantol’anno passato, è fornito alla perfezione ditutto il necessario per la cura. Ho visitatomolti altri stabilimenti, ma nulla vidi di cosìcompleto. Qui si trova rimedio a tutti i malidell’umanità. V’ha della gente che quandoscopre o sa una bella cosa se la tiene persé. Io non approvo questa malinconia e doconsiglio a queste persone di prendere una“buona doccia” per disfarsene; sarebbe as-sai meglio per loro e per l’umanità in gene-rale».

Il volgo di Varallo e quello dell’alta valle,

Page 45: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alessandro Orsi

44 l’impegno

quando scendono in città nel giorno di mer-cato, sfilano dinanzi allo stabilimento miran-do il mondo dorato che “passa le acque”, sicura, passeggia, si diverte. Il popolo valse-siano, vessato quotidianamente da miseria,malattie, denutrizione, emigrazione, accettalo stabilimento perché fonte di lavoro e didenari ma lo vede come un paradiso alienoe oligarchico. La “Belle époque”, d’altron-de, è privilegio elitario.

Il 1914 è anno tormentato per la Valsesia.Un’ondata di scioperi duri investe la Mani-fattura Lane e la città di Borgosesia, che èpraticamente “occupata” da squadroni dilancieri, fanteria, alpini, carabinieri, inviatiper reprimere le agitazioni operaie; i sociali-sti, guidati da Maria Giudice e Luigi Mila-naccio, cavalcano la protesta e la Valsesiavive il suo primo, aperto e violento, scon-tro di classe. Le elezioni provinciali e comu-nali confermano il trend ascendente dei so-cialisti, la cui bandiera rossa sale sul pen-none del municipio di Borgosesia.

Il “Corriere Valsesiano” presenta comun-que la stagione del 1914 allo “Splendid ParkHotel” con fidente entusiasmo: «Lo Stabi-limento Idroterapico ha riaperto in questigiorni i suoi battenti ed ospita già nei suoieleganti appartamenti qualche villeggiante.Sappiamo che la consueta schiera dei suoiestivi abitatori tornerà anche quest’anno aritemprarsi nelle fresche arie della nostracittà». L’omnibus bianco dello stabilimen-to, caricati i clienti giunti col treno serale,attraversa Varallo con i passeggeri seduti alpiano superiore scoperto a contemplare lacittà, mentre la gente ai lati segue con occhisempre sgranati lo spettacolo dei robusticavalli, del vociante cocchiere, del compas-sato portiere appeso al portellone posteriored’entrata, dei viaggiatori soddisfatti di sta-re al centro dell’attenzione.

Allo stabilimento la stagione sembra flui-re regolarmente. I clienti passeggiano nel

parco godendosi i cinguettii degli uccelli ca-nori annidati nelle gabbie tra le piante; i mat-tinieri si recano alla masseria a sorseggiareil latte appena munto e ad effettuare la curadel latte fresco; i signori De Montel volteg-giano sui loro splendidi cavalli da corsa tra-sferiti da Firenze.

La stagione, tuttavia, si chiude mestamen-te. Il proprietario Giovanni De Toma puòdialogare poco, quest’anno, in lingua tede-sca. La defezione di molti ospiti stranieri, perla prima volta dalla nascita dello stabilimen-to, abbassa il tono mondano del soggiornoallo “Splendid Park Hotel”. Sarajevo, la Mar-na, le trincee... L’Europa si sta inabissandoin una tragedia.

Nel 1915 la Valsesia ha ben altro a cui pen-sare che al turismo: l’intera valle è mobilitataper la guerra. L’ospedale di Varallo diventaospedale militare; il Collegio D’Adda ospe-dale ausiliario; una casa vicina allo stabili-mento una sorta di lazzaretto per l’isola-mento di malati infettivi; il Comitato varal-lese a sostegno dei soldati in guerra uno deipiù attivi comitati civili nazionali. Lo stessostabilimento, chiusi i battenti dell’hotel ter-male, alloggia nelle stanze malati e feriti, chesi affacciano con discrezione a finestre ebalconi attirando sguardi incuriositi dei pas-santi, abituati a osservare altri ospiti. Anchel’omnibus dello “Splendid Park Hotel” at-traversa ancora Varallo, trasportando peròsoldati in gravi condizioni, sotto gli occhiadesso commossi e preoccupati della popo-lazione, verso gli ospedali e verso lo stabi-limento.

La guerra porta in Valsesia, soprattutto aVarallo, persone di tipo assai diverso daisoliti turisti in cerca di vacanze e divertimen-ti. Il dopoguerra, di conseguenza, non puòche essere aspro e malinconico in valle,dominato dagli strascichi del conflitto.

Il De Toma mantiene fervore patriotticoanche nel dopoguerra. Appronta lo stabili-

Page 46: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il turismo in Valsesia fino alla seconda guerra mondiale

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 45

mento per una delle più grandi manifesta-zioni tenute a Varallo. Domenica 28 maggio1922 convergono da tutta la provincia di No-vara nella cittadina valsesiana, per la ceri-monia inaugurale di bandiere tricolori e digagliardetti militari, associazioni combatten-tistiche e di mutilati, picchetti militari, fan-fare musicali, madri e vedove di guerra, po-litici e amministratori, ecc.

Il “Corriere Valsesiano” dedica le prime trepagine all’evento: «Il corteo sfila lentamen-te, nel sole stupendo, italiano, ed è di un’im-ponenza che impressiona, con le sue 236bandiere spiegate al vento e il susseguirsidelle rappresentanze che marciano su fileordinate di 3 e 4, al comando dei propri capi.Percorsa la via principale fra acclamazionisotto i fiori e le bandiere, dopo il ponte sulMastallone, gira attorno all’isolato del pa-lazzo e del Collegio D’Adda e si dirige ver-so lo Stabilimento Idroterapico. È tanto lun-go che, quando la testa perviene allo Stabi-limento, in piazza Vittorio continuano a sfi-lare le rappresentanze. Allo Stabilimento,lindo nella sua verde bellezza, il sole ha giàinvaso il parco e la folla si ripara in parteall’ombra ristoratrice delle annose piante,mentre il vasto piazzale è occupato dallaschiera delle bandiere che, tutte adunate alsole, brillano in una meravigliosa policromia.Lo spettacolo dalla tribuna degli oratori,eretta sopra la tettoia dell’entrata principa-le dell’edificio, è superbo e prende l’animatuffandola nella commozione». Nel cortiledello stabilimento si tengono i discorsi del-le personalità politiche e militari, tra cui quel-lo ufficiale, “L’orazione del Calvario”, pro-nunciata dal prof. Emanuele Sella.

Conclusa la prolissa «mirabile rapsodiadel colto geniale scienziato-poeta» vienefatto «ad alta voce l’appello dei Caduti deidiversi paesi della Valsesia e della Provincia,che nella sua monotona tristezza riempiel’animo della più profonda commozione. Alla

lunga chiama rispondono Presente! per iMorti, i compagni combattenti dei loro pae-si. Nella grande folla quasi tutti hanno gliocchi umidi di pianto». Tra cortile, parco epalazzo dello stabilimento, cresciuti tra fe-ste e allegre musiche ma allertati negli ulti-mi anni dai passi dolenti di soldati sofferenti,deflagra un’emozione lunga, intensa, alluci-nante, unica: nomi di militari valsesiani, ver-cellesi, novaresi, delle valli ossolane, biel-lesi, nomi di figli, fratelli, padri, di ragazzi,migliaia di nomi di caduti scanditi in una re-torica e straziante cantilena, accompagnatidal convinto e iniziatico “Presente!” di mi-gliaia di voci. Lo stabilimento non ha maivissuto un momento tanto sconvolgente nélo vivrà più.

La guerra ha inferto una pugnalata ancheal turismo in Valsesia e agli alberghi tutti, tracui lo “Splendid Park Hotel” di Varallo, cheriapre ma in tono dimesso, con servizi ridottial minimo, soprattutto per la parte termale.La clientela è scarsa, selezionata, schiva. Laguerra ha spazzato via la voglia di feste.

Giovanni De Toma era nato a Vienna e inquesta città, dove il padre ottenne ambitiriconoscimenti per il suo lavoro, è rimastoun ramo della famiglia, attivo e stimato, comeda cronaca del “Corriere Valsesiano” del 15luglio 1922: «Il 22 giugno scorso il baroneing. De Toma, nostro convalligiano, diede,quale capo della Colonia Italiana, un gran-dioso ricevimento nei saloni della sua pa-lazzina. La bella villa, nascosta in un ridentegiardino, ha ospitato oltre cento invitati.Abbiamo notato S.E. Barone Orsini, Mini-stro d’Italia, con la sua signora; S.E. il Nun-zio Apostolico Marchetti Selvaggiani con iloro addetti, i Presidenti di tutte le Associa-zioni Italiane a Vienna coi loro Consigli, ilPrefetto della Chiesa italiana col direttorespirituale don Pasquaro dei Padri Giuseppinidi Asti; i maggiorenti della Colonia con leloro signore. Notammo pure qualche perso-

Page 47: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alessandro Orsi

46 l’impegno

nalità viennese della Finanza e dell’Indu-stria, e S.E. il conte Rumerskirch l’ex aiutantedell’Arciduca ucciso a Sarajevo. Nell’artisti-co trattenimento musicale, la gentile padro-na di casa ci offrì la gradita sorpresa di farciammirare la sua magnifica voce educata daun severo studio di modulazione e di stile».

Il De Toma, malgrado le premure e la sti-ma dei suoi clienti, si sente sempre più scol-lato dal suo stabilimento. La guerra ha fiac-cato anche il suo spirito di imprenditore tu-ristico. I problemi, ora, gli paiono inestrica-bili: i costi per la ristrutturazione dell’hotelsono elevatissimi, i suoi protettori liberalihanno meno potere, i suoi ospiti stranierinon vengono più. È stanco De Toma, delu-so, si chiede per chi lavora dato che non haeredi a cui lasciare il gioiello della sua vita.E l’ambiente nello stabilimento è così diver-so rispetto a prima della guerra...

Sabatino Lopez, cinquantacinquenne au-tore e critico drammatico, prova a divagaree a dilettare con uno “Scherzo letto la seradel 15 agosto 1922”, composto da ottantafrenetici versi e depositato sull’album d’o-nore: Chi cantò l’armi e chi gli amori/ Chi

l’alte imprese e chi dolci riposi/ Chi di ter-

re lontane i primi albori/ Chi le passioni

di poeti estrosi/ Chi i giochi, chi la scherma

o il ballo/ Io canto le delizie di Varallo, co-sì il proemio. Lo stabilimento per il comme-diografo è Luogo simpatico gradito a tutti

quanti/ A bianchi, a rossi e persino a de’

negri e Sorse per generosa iniziativa/ D’un

che non la voce del guadagno udiva/ Quan-

do insieme magnifico e cortese/ Innanzi al

Mastellone ed alle roccie/ Instaurò la cura

delle docce; ospita, a detta dell’insigne clien-te, Donne leggiadre, commercianti accor-

ti/ Signorine che ignorano il latino/ Gio-

vani che non fanno gli occhi smorti e offreTennis glorioso, vasca, magico salone/ Do-

ve il pocher ferve o lo scopone.L’intera proprietà dello stabilimento, par-

co compreso, viene venduta nel 1923 e ilnuovo proprietario, Pio Negri, trasforma lestanze d’albergo in piccoli appartamentiadatti a nuclei familiari. La struttura mantie-ne scopi turistici, aperta ad una clientelasempre abbastanza benestante. Ma gli in-trattenimenti sono ben diversi, densi di me-stizia e austerità.

Diluendosi gli strazi della guerra, gli ospititentano di ricollegarsi alle tradizioni deglispettacoli allo “Splendid Park Hotel”. Il “Cor-riere Valsesiano” del 22 agosto 1925 ripor-ta: «La sera di mercoledì 12 agosto, nel sa-lone dello Stabilimento Idroterapico, PadreSemeria ha tenuto una conferenza a benefi-cio della Colonia di Orfani di guerra da luifondata. La sera di venerdì 14 la Coloniavilleggiante allo Stabilimento ha dato nellostesso salone una festa danzante, che si èprotratta fino a tardissima ora in un ambien-te di signorilità e di eleganza. La sera suc-cessiva il salone dello Stabilimento è statosede di uno spettacolo di natura religiosa,rappresentato dalle giovani del Circolo Cat-tolico di Masserano, le quali si sono pro-dotte nel melodramma La Dama Celeste, cheriporta sulla scena la storia delle apparizio-ni della Madonna di Lourdes. Lo spettaco-lo ha avuto luogo sotto la direzione del can.teol. don Giuliboni, legato a Varallo da me-morie di gradita ospitalità, e le melodiosecantate delle giovani furono virtuosamen-te accompagnate al pianoforte dalla nobil-donna Adalgisa De Montel».

La musica e la beneficenza sembrano re-stare tra le principali caratteristiche dellostabilimento, secondo le cronache della“Gazzetta della Valsesia” dell’11 agosto1928: «Per gentile concessione del sig. PioNegri, e colla cooperazione di signore vil-leggianti allo Stabilimento, le fate benefiche,le Orfanelle del Regio Istituto Tellini di Asti,dirette dal celebre Maestro Can. Carlo Neb-bia, daranno un grande Concerto di musica

Page 48: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il turismo in Valsesia fino alla seconda guerra mondiale

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 47

vocale martedì alle ore 20.30 nel Salone del-lo Stabilimento Idroterapico con il seguenteprogramma: Prima Parte: La carità (4 voci)Rossini; Da così dotta man (3 voci) Palestri-na; Fiocchi di neve (4 voci) Gerosa; L’eco

(6 voci in due cori) Orlando di Lasso; Tra le

fronde (2 voci) Rubinstein; Ninna Nanna

(3 voci) Weber; Gluk gluk (scherzo a 4 voci)Thermignon; Seconda Parte: La Pentecoste

(4 voci) Gallotti; Alla Croce di Savoia (Innocoro) Magri; Barcarola (2 voci) Boito; Vi-

gilia di Pasqua (5 voci) Mondo; Il gatto

(scherzo a 2 voci) Pagella; I Martiri (4 voci)De Rillè; Inno ai Caduti (6 voci) Hegar; Le

campane di S. Marco (2 voci) Thermignon.L’entrata al Salone sarà libera non solo agliospiti dello Stabilimento, ma a quanti citta-dini vorranno colla loro presenza incorag-giare le ottime orfanelle che si vantano d’es-ser figlie dei gloriosi Caduti in guerra per lagrandezza d’Italia».

Non manca, comunque, nei primi anniventi un certo flusso di “villeggianti”, checercano quiete e riposo in valle, consenten-do a molti alberghetti di sopravvivere e spes-so scegliendo la soluzione della sistemazio-ne in case private o dell’acquisto di casevuote, soluzioni che danno meno apparen-za alla “vacanza” e iniziano il fenomeno delle“seconde case”, poi esploso negli anni cin-quanta e sessanta.

Si tratta sempre di “forestieri” benestan-ti, borghesi rimasti agiati malgrado la guer-ra o addirittura arricchiti grazie al conflitto,ufficiali in congedo, emigranti in visita esti-va, invalidi di guerra esentati dall’impostadi soggiorno. Un turismo comunque limita-to e assai riservato, visti i tempi.

Il presidente della sezione valsesiana dellaPro Piemonte, Felice Bracchi, scrive un lun-go articolo nel “Corriere Valsesiano” del di-cembre 1922, denunciando le pecche delsettore turistico in valle. Tra queste l’incu-ria in cui versa il Sacro Monte e la carenza

di promozione: «Non sono molti gli scritto-ri italiani che lo ricordano e fan conoscere.Uno straniero, il Butler, nel suo libro “ExVoto” lo descrisse egregiamente, sicché chivuol avere una buona e completa monogra-fia di quel monumento nazionale, onde noiValsesiani andiamo orgogliosi, dovrebbericorrere a quel libro, ma le edizioni sonoesaurite; il libro non si trova più sul merca-to. Ma chi fra noi si occupa e preoccupa peruna ristampa di esso? Nessuno che io misappia. Persino quella strada che per lasci-to del comm. Albertoni doveva spianarnel’accesso non fu costruita, e forse si atten-de che il capitale depositato si raddoppi, sitriplichi, per lasciare ai tardi nepoti la sod-disfazione di far costruire la strada quando,molto probabilmente, più non si ricorderà ilnome del benefattore». Poi l’abbandono diprogetti per l’alta valle: «Fu in passato ven-tilata l’idea di congiungere Varallo con Ala-gna mediante una ferrovia, apportatrice dimovimento e di commercio. Se ne studiò ilprogetto, ma venne la guerra e tutto rimasein sospeso. Notizie recenti ci assicurano chegli studi sono stati ripresi e speriamo chequesta volta approdino al desiderato por-to». Inoltre la mancanza di iniziativa degli«albergatori valsesiani, che si contentanodella loro affezionata clientela, né pensanoad ingrandire i loro locali, a provvederli dinuovi servizi». Ricordando anche la deca-denza dello “Splendid Park Hotel”: «Per ini-ziativa di gente ardita e lungimirante fu co-struito lo Stabilimento Idroterapico, che, perposizione, attrezzatura, comodità poteva ga-reggiare coi primari stabilimenti del generea noi vicini. Era un’attrattiva turistica e sa-lutare, che dava gran profitto alla città di Va-rallo ed alla Valle tutta; non fu curata, ed oraè scomparsa dal campo turistico e specula-tivo».

Utili suggerimenti giungono anche dal-l’estero al “Corriere Valsesiano”: «Chamo-

Page 49: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alessandro Orsi

48 l’impegno

nix, 22 gennaio 1926. On. Sig. Direttore, il ri-cordo che della mia terra nativa mi avviva-no continuamente il suo giornale e la nostal-gia, che è sempre grande nel cuore di noiemigranti, mi spinge a rivolgere la parola aquei convalligiani che per ragioni di lavorosovente vengono in Alta Savoia ad aggiun-gersi alla Colonia degli Italiani, che qui sonomolto stimati. Dal 1920 si è costituita a Cha-monix la “Colonia Italiana del Mutuo Soccor-so”, la quale conta 150 soci, ed il sottoscrit-to ha l’onore di esserne tuttora il presiden-te. Le nostre relazioni colle autorità conso-lari sono frequenti ed ottime. E siccome iovedo che questa regione, vicina alla nostrafrontiera, si afferma giorno dopo giorno piùnel campo turistico per la grande folla dituristi che la vengono a visitare, dal mio cuo-re di vecchio valsesiano si eleva alla pitto-resca, bella e ospitale Valsesia l’augurio cheanch’essa progredisca come queste vallatesavoiarde, che stanno mutando i rustici ca-solari in ville sontuose. Sono i miracoli del-l’industria del forestiero e del villeggiante!Bisogna tuttavia anche pensare di proteg-gere ed assistere i nostri emigranti. Epper-ciò quel convalligiano, di qualunque me-stiere egli sia, che volesse venire in questaregione, si rivolga liberamente a me sotto-scritto per ogni informazione. Io sono inte-ramente a sua disposizione. J. Rattone, en-treprise de platrerie et peinture».

Nel dopoguerra si assiste a consistentimutamenti istituzionali. Dal 1925 viene isti-tuita la figura del podestà al posto del sin-daco e i consigli comunali dei comuni sottoi cinquemila abitanti, quasi tutti quelli val-sesiani quindi, vengono aboliti.

Nel 1926 vengono istituite, su decreto delConsiglio dei ministri, diciassette nuoveprovince e tra le novantadue definite vi èanche la provincia di Vercelli, che si dividedalla provincia di Novara e comprende an-che Valsesia e Biellese.

Nel 1929 il regio decreto legge n. 121 sta-bilisce che i «Comuni di Camasco, Cervaro-lo, Civiasco, Crevola Sesia, Locarno, Mor-ca, Morondo, Parone, Rocca Pietra, Valmag-gia, Varallo e Vocca sono riuniti in un unicoComune con denominazione e capoluogoVarallo».

Nel 1926 il settore turismo comincia a es-sere riordinato, regolamentando le situazio-ni delle zone più vocate a un’economia ditipo turistico, coma la Valsesia. Il 15 aprile1926 viene emesso il Rdl n. 765 che prevede:«Provvedimenti per la tutela e lo sviluppodei luoghi di cura, di soggiorno e di turi-smo».

L’articolo 1 dispone: «I Comuni, le borga-te o frazioni e i gruppi di Comuni conterminio di loro frazioni, ai quali conferisce impor-tanza essenziale nell’economia locale il con-corso di forestieri in tutte o in alcune sta-gioni dell’anno a scopo di cura, di soggior-no o di svago, sono considerati, agli effettidel presente decreto, come stazioni di cura,di soggiorno o di turismo».

L’art. 5 dello stesso decreto recita: «È co-stituito presso il Ministero dell’Interno ilConsiglio centrale delle stazioni di cura. Inciascun comune, borgata o frazione o grup-pi di essi, riconosciuti come stazioni di cura,di soggiorno o di turismo è istituita un’azien-da autonoma per l’amministrazione della sta-zione stessa».

All’art. 8 si specifica: «L’Azienda autono-ma per l’amministrazione della stazione dicura, di soggiorno o di turismo è personagiuridica distinta dal comune. Essa è ammi-nistrata da un comitato composto: di un pre-sidente designato dal Prefetto della provin-cia; di un rappresentante dell’Ente nazionaleper le industrie turistiche e di altro del Tou-ring Club Italiano; di due membri, uno inge-gnere e l’altro medico, designati dal Consi-glio provinciale di sanità; di un rappresen-tante l’industria degli alberghi e delle pen-

Page 50: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il turismo in Valsesia fino alla seconda guerra mondiale

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 49

sioni e di un rappresentante la classe deicommercianti ed industriali locali, scelti dalPrefetto fra una terna di nomi designati, peril primo, dalle rispettive associazioni, ed inmancanza di queste dal Presidente della ca-mera di commercio e industria, fra i commer-cianti e gli industriali del luogo; di due per-sone designate dal Consiglio comunale,anche fuori dal proprio seno, o dal Podestà.Qualora la stazione comprenda più comunii componenti sono nominati per ciascunComune. I membri del comitato durano incarica 4 anni e sono rieleggibili. Assiste ilcomitato un segretario, da esso nominato».

Il dl è firmato dal re Vittorio Emanuele eda Mussolini, Fedezoni, Volpi con “visto”del guardasigilli Rocco. Il decreto viene tra-sformato dalla legge dello Stato n. 1.380 il 1luglio 1926.

Nell’estate del 1926 il podestà di VaralloGiulio Cesare Stainer, primo podestà dellacittà, stabilisce di aderire al Consorzio na-zionale delle stazioni di cura, soggiorno eturismo «allo scopo di conseguire la miglio-re organizzazione ospitale e turistico-ricet-tiva del proprio territorio». Fa poi approva-re lo statuto del Consorzio che, nelle dispo-sizioni transitorie, riporta: «Per la prima ap-plicazione del R.D.L. 15 aprile 1926 il Con-sorzio provvederà a promuovere, facilitareed assistere i Comuni aderenti nella costi-tuzione delle rispettive aziende autonome enella organizzazione dei servizi ad esse ine-renti».

Nell’autunno del 1926 lo stesso podestàStainer partecipa all’assemblea delle stazionidi cura del Piemonte, presso la Camera dicommercio di Torino, per preparare struttu-ra e attività del consorzio.

Nella primavera del 1927 il nuovo pode-stà di Varallo, Antonio De Marchi, formulala richiesta per il riconoscimento di Varallocome stazione di cura, soggiorno e turismo.La delibera è del 30 aprile 1927.

«Delibera n. 35 del 30/4/1927. Oggetto:Domanda diretta ad ottenere dal Ministerodell’Interno di concerto con quello delle Fi-nanze che voglia dichiarare questo Comunestazione di soggiorno di cura e di turismo.In virtù della facoltà dell’art. 5 della Legge 4febbraio 1926 n. 237;

Vedute le disposizioni del Testo unico del-la legge comunale e provinciale vigente edel regolamento relativo;

Tenute presenti le disposizione del R.D.Legge 15 Aprile 1926 n. 766 relativo all’og-getto: Stazioni di cura e climatiche;

Vista la circolare ministeriale del 19 giugno1926 n. 6600 diretta ai Prefetti del Regno;

Considerato che il capoluogo del Comunedi Varallo è situato all’altitudine di m. 453 sullivello del mare con le seguenti frazioni:Aniceti, Piane Belle, Dovesio, Arboerio, Ba-rattina, Folle, Versino, Gerbidi, Sacro Monte,Cucco, Riale, Mantegne, Proia, Sebrei, Sco-pelle;

Che i forestieri che nella primavera, nel-l’estate e nell’autunno vengono qui a scopodi soggiorno e di turismo si possono calco-lare nella cifra di duemila circa;

Fatto presente che, come risulta dagli an-nessi tipi planimetrici, specialmente il Capo-luogo si trova costrutto in maniera tale dafare affidamento che l’igiene pubblica èbuona;

Considerato che la mortalità nel Comunefu nell’ultimo decennio del 17 per mille circa;

Visto che come risulta dalla relazione del-l’Ufficiale Sanitario e come si può compro-vare il clima è qui adatto per una stazioneclimatica, la temperatura media è dai 22 ai 24gradi (massima 27, minima 15) consideratoche il Comune ha acqua potabile che vieneceduta alle famiglie mediante il compensodi un annuo canone;

Fatto presente che vi sono qui numerosialberghi e ristoranti con un buon numero dicamere sistemate secondo i regolamenti vi-

Page 51: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alessandro Orsi

50 l’impegno

genti sugli alberghi ed altre in via di siste-mazione;

Ricordato che a poca distanza dal capo-luogo del Comune vi è il Santuario SacroMonte, insigne monumento d’arte e di federicco di opere artistiche di pittura e di plasti-ca del celebre Gaudenzio Ferrari e della suascuola;

Che sul Sacro Monte stesso vi è un ot-timo albergo tenuto con cura diligentissimae una casa di proprietà dell’Amministrazionecon molti vani che si danno in locazione;

Considerato che vi è un passeggio pub-blico, bei viali alberati ed un ampio edificiocon un parco della superficie di m. 3500 chegià fu uno stabilimento idroterapico fre-quentato da scelta clientela, delibera di chie-dere che il Ministero dell’Interno, di concer-to con quello delle Finanze, voglia dichia-rare l’intero Comune di Varallo Sesia, stazio-ne di soggiorno e di cura».

L’ufficiale sanitario dr. Rossi relaziona suiservizi igienico-sanitari della città in data 30aprile 1927: «Vi è un medico condotto dellacittà, otto medici residenti dei quali duecondottati in consorzi di paesi limitrofi. Ilservizio di disinfezione è fatto per mezzo diun disinfettatore comunale che dispone diuna pompa Padova e di un apparecchio avapore fluente, presso l’ospedale, in un lo-cale apposito. L’ospedale, alla periferia del-la città con vari padiglioni, dei quali unomodernissimo in un area vasta ricca di ve-getazione e di sole, dispone di 100 letti. Inesso funzionano un dispensario antituber-colare, un ambulatorio medico ed uno chi-rurgico. L’ufficiale sanitario ha a sua dispo-sizione due vigili. Mentre l’acquedotto, contubatura metallica, porta un’acqua ottimasotto ogni punto di vista, non esiste fogna-tura per l’allontanamento dei materiali luri-di. Vige ancora il sistema dei pozzi a fondochiuso, che si scaricano con la botte a si-stema pneumatico. Per costruire una fogna-

tura nera si sono fatti studi nell’anteguerra,e vi è un progetto, non eseguibile, per man-canza di fondi».

Il podestà De Marchi, nel maggio 1927,trasmette al prefetto di Vercelli la delibera-zione, aggiungendo: «Espongo poi che lepersone che vengono nel territorio del Co-mune a scopo di soggiorno sono duemilaall’anno, che qui è applicata la tassa di sog-giorno in base alle disposizioni di legge 11dicembre 1910, dalla quale tassa il Comunericava dalle 12 alle 15mila lire annue, collaqual somma e colle altre che si ricavano dal-l’imposte sulle industrie, commerci e sullatassa di patenti e da altri cespiti attivi, qualiil dazio sui liquidi e sulle carni ed altre entratesi potrà far fronte ai presunti fabbisognidella stazione. Solo in caso di assoluto biso-gno questo Comune si riserva, occorrendo,di chiedere l’autorizzazione di applicare uncontributo di cura a carico di tutti coloroche, per l’esercizio di commercio, d’indu-stria, professioni, uffici traggono vantaggioeconomico particolare dall’esistenza dellastazione di cura, di soggiorno e di turismoche l’eccelso Ministero dell’Interno, di con-certo con quello delle Finanze, vorrà, consollecito provvedimento, degnarsi di rico-noscere. In caso di insufficienza dei duecespiti anzidetti questo Comune si riservapure la facoltà di chiedere alla Autorità com-petente di essere autorizzato a riscuoterespeciali contributi da corrispondersi da chisi giovi degli svaghi, dei trattamenti di que-sta stazione di cura e di soggiorno nonchédi turismo. Confido che la S.V. ill.ma vorràcompiacersi di dare il di Lei autorevole evalido appoggio perché questo Comunepossa ottenere dai Ministeri competentiquanto chiede».

Il 28 ottobre 1927 arriva il decreto ministe-riale che sanziona «il riconoscimento ad al-cuni Comuni del Regno, delle caratteristichedi cui all’art. 1 del Regio Decreto-Legge 15

Page 52: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il turismo in Valsesia fino alla seconda guerra mondiale

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 51

aprile 1926, n. 765, sui luoghi di cura, di sog-giorno o di turismo. Firmato: Mussolini e,come Ministro per le Finanze, Volpi».

Varallo è inserito tra i comuni del decreto,ottenendo quanto richiesto dopo circa unanno e mezzo dalla pubblicazione del regiodecreto n. 765. La città di Varallo viene rico-nosciuta istituzionalmente come luogo tu-ristico, dopo una guerra e oltre dieci anni dibasso profilo, e può sperare di tornare aglisplendori della “Belle époque”.

Nell’agosto del 1928 il podestà di VaralloDe Marchi procede, quindi, a costituire uf-ficialmente l’Azienda autonoma per l’ammi-nistrazione della stazione di cura, soggiornoe turismo nel Comune di Varallo. Nel mag-gio del 1929 il prefetto di Vercelli nomina ilprimo consiglio d’amministrazione del-l’Azienda soggiorno di Varallo

«Con mio provvedimento in data odiernaed in base alle designazioni fatte dalle or-ganizzazioni ed enti interessati, la Ammini-strazione di codesta stazione di cura, sog-giorno e turni, resta costituita come segue:cav. Vittorio De Marchi - Presidente; Caval-lini dr. Giuseppe, Valenti ing. Armando -Rappresentanti Consiglio sanitario provin-ciale; Sella cav. dott. Remo - Rappresentan-te del Touring Club Italiano; Fuselli Camillo- Rappresentante dei Commercianti; Balos-sini avv. Cesare - Rappresentante del Co-mune; Guglielmina Ulderico - Rappresentan-te del Comune; Durio Renato - Rappresen-tante Ente Nazionale Industrie Turistiche;Topini Tito - Rappresentante Industria Al-berghiera». Il primo presidente dell’aziendaè l’artista Vittorio De Marchi, sostituito co-me podestà di Varallo da Federico Sterna.

L’Azienda soggiorno si mette subito al-l’opera, iniziando con un rigoroso control-lo delle condizioni degli alberghi valsesianie promulgando severe disposizioni in meri-to. Si decide di partire subito ispezionando«coll’Ufficiale sanitario e col veterinario, i

locali degli Alberghi e, verbalmente, verran-no date quelle disposizioni che si riterran-no opportune per il sollecito miglioramentodegli alberghi, riferendo anche al sig. Com-missario perché esso, occorrendo, emettaquei provvedimenti che crederà opportuni».Il veterinario serve per i molti alberghi eosterie che offrono «alloggio e stallazzo».

L’Azienda soggiorno fa seguire al sopral-luogo una lettera agli alberghi cittadini in-dicando gli interventi da effettuare entrol’estate 1928. In caso contrario il «Commis-sario prefettizio avrebbe preso i provvedi-menti più opportuni».

Tra gli interventi più urgenti: far rivestirei recipienti di legno per la lavatura dei piattie delle posate, con zinco od altro; provvede-re alla verniciatura dello zoccolo della cuci-na; far sistemare il cesso a sistema turco econ acqua corrente e gli orinatoi con acquacorrente; tenere pulito il cortile dell’albergoe provvedere allo scarico dei rifiuti con unaconduttura sufficientemente ampia; provve-dere a fare nella stalla pavimenti impermea-bili e far mettere le reticelle di prescrizionealle finestre.

Gli albergatori locali debbono trasmette-re ogni settimana all’Azienda soggiornol’elenco dei clienti. Infine: «Si ricorda che èobbligo di tutti di dare incremento al movi-mento dei forestieri e di sviluppare l’indu-stria turistica, epperciò fa noto che chi tra-sgredisce all’invito di cui sopra, la sua ne-gligenza verrà denunciata alle Superiori au-torità ad incominciare dalla prima mancan-za».

Nel frattempo riprendono iniziative aper-te al territorio in chiave turistica. Nell’esta-te e autunno del 1925 la Società artisti edamici dell’Arte organizza la Quarta Bienna-le d’Arte moderna, presso l’Asilo Vietti diVarallo, con contorno di rinfreschi e di con-certi della banda musicale.

Nel luglio del 1927, di fronte ai podestà di

Page 53: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alessandro Orsi

52 l’impegno

tutti i comuni della Valsesia, il podestà diVarallo rilancia energicamente la propostadella strada per il Sacro Monte, necessariaper valorizzare il luogo. Qualche mese dopoinizia una pubblica sottoscrizione per rac-cogliere fondi.

Alcuni avvenimenti cattivano una parti-colare attenzione in questi anni, coinvolgen-do il settore turistico e quello ricreativo. Il27 ottobre 1926 il principe Umberto di Sa-voia, figlio del “re soldato”, visita la Valse-sia, sulla Lambda guidata da Vincenzo Lan-cia, trovando festose accoglienze da Sco-pello a Borgosesia e fermandosi a Varallo perinaugurare il monumento ai caduti, dareun’occhiata al Sacro Monte, pranzare. Lochef Moretti dell’“Albergo d’Italia” dispen-sa un menu reale: «Pastina all’uovo / Trotaall’italiana / Pasticcini alla Regina / Faraonae quaglie alla romana / Crema e biscotti Val-sesia / Frutta». Anche il principe ereditarioassaggia la trota del Mastallone, innalzataa un rango nazionale, dati i tempi. Ma il prin-cipe qualche anno fa, sospirano nostalgicii valsesiani, sarebbe stato ospitato con tut-ti gli onori allo “Splendid Park Hotel”, cometanti altri ottimati...

Il ricordo dello “Splendid Park Hotel” nonsi scuce dalle menti dei valsesiani attenti alturismo nobile e colto. Il decesso del mae-stro Enrico Toselli è stato ricordato dal “Cor-riere Valsesiano” del 30 gennaio 1926: «Larecente morte del maestro Enrico Toselli hafatto balenare sullo sfondo delle memorievarallesi, di quelle quasi ormai sbiadite daltempo, la figura del melodioso musico fio-rentino accanto a quella di Luisa di Sasso-nia, che egli aveva sposato e dalla quale siera poi divorziato, dopo aver portato il suoamore per la moglie divorziata di FedericoIII, Re di Sassonia, a fiorire tra gli splendorimondani del nostro Stabilimento Idrotera-pico, che oggi chiuso dal tempo della guer-ra, senza più il minimo segno di una prossi-

ma o lontana risurrezione ai vecchi fasti,sembra custodire nella sua severa imponen-za le ombre silenti di ricordi lontani».

In Valsesia la figura di Luisa di Sassoniaviene evocata dal “Corriere Valsesiano”, chedilaga sulla sua vicenda: «I coniugi Tosellivennero a Varallo, che il maestro diggià co-nosceva, e presero alloggio per la stagioneallo Stabilimento Idroterapico. La principes-sa veniva soventissimo in città. Non era ve-ramente bella, ma alta, complessa, formosa,dagli occhi fulgidi e la chioma lussuosa. Unimperioso, turbatore fascino femminile ema-nava da lei, ma, pur mai dimentica delle sueorigini auguste, ella amava sostare in qual-cuno dei negozi varallesi, e la sua conversa-zione aveva tonalità cordiali, che crearonoper lei della devozione accanto al rispettodi cui era circondata».

Toselli è scomparso, poco più che qua-rantenne, dopo aver lasciato un sussidioalla madre di suo figlio (che egli sa sul la-strico) e dopo aver rifinito, grazie ai versi diAlfredo Silvestri, e reso pubblica, grazie alleprestazioni sulla scena di Ersilia Sampieri,la composizione eseguita a Varallo in unanotte d’estate del 1909, quando solo i grilliosavano intonare musiche concorrenti as-sediando lo “Splendid Park Hotel”. La Se-renata Toselli, suonata nelle sale da concer-to come dagli strimpellatori di organetto agliangoli delle piazze, grazie a parole e melodiadi carezzevole malinconia, amata da nobil-donne languide come da fantesche sognantia occhi aperti, è entrata anche nei repertorimusicali in Valsesia e nell’immaginario col-lettivo dei valsesiani, con la storia romanti-ca della principessa e del musicista.

Nel settembre 1928 i paesi valsesiani por-tano i loro fascinosi costumi al raduno na-zionale dei costumi a Venezia. Il direttore delMuseo Correr coglie l’occasione per conse-gnare alla città di Varallo il braccio dell’eroi-co generale Antonini, che lo stesso fegatac-

Page 54: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il turismo in Valsesia fino alla seconda guerra mondiale

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 53

cio valsesiano aveva lasciato in battaglia,per la libertà di Venezia, recuperato e donatoalla città lagunare. Il cimelio, smozzicato esotto teca, viene esposto nel Museo Calde-rini a Varallo.

Gli anni trenta vedono una vera esplosio-ne nel campo degli sport, incoraggiata pe-raltro dal regime: gare di sci, di calcio, di ci-clismo, imprese alpinistiche e nascita del“Trofeo Mezzalama”, persino una corsa au-tomobilistica sul tratto Varallo-Alagna. Nelmaggio del 1937, in un convegno a Varallo,i podestà della valle, su spinta della direzio-ne generale del turismo presso il Ministeroper la Stampa e la Propaganda, mettono lebasi per la costituzione delle Pro Loco.

L’Azienda soggiorno negli anni trentasvolge soprattutto un utile compito di pro-mozione della valle, curando dépliant illu-strativi e inserzioni sui giornali italiani edesteri, ma si dedica a tanti aspetti relativi al-l’accoglienza, al folclore, all’arredo urbano:stanziamenti per sistemare il suggestivoponte della Gula, panchine nei viali e l’ori-natorio in angolo strategico a Varallo, lan-cio di concorsi e mostre sui balconi fioriti,bozzetti di neve, opere d’arte, costumi tipi-ci, ecc. Si punta a manifestazioni che ade-schino visitatori anche per brevi soggiornio per una giornata, visti i mezzi di trasportoche ormai consentono di raggiungere intempi brevi la valle.

Benché inizi un fenomeno di “villeggian-ti” che affittano o comprano, ristrutturan-dole, seconde case in valle per vacanze esti-

ve abitudinarie, sono ancora gli alberghi agarantire il centro dell’accoglienza. Nellasola Varallo funzionano, nel 1936, cinquehotel di 1a categoria, tre di 2a e venticinquedi 3a, con 279 camere e 500 letti. La città re-gistra, da giugno a settembre dello stessoanno, più di sessantamila0 presenze turisti-che, di cui però solo il 2 per cento di stranieri.Prima la guerra e poi la politica autarchicafascista hanno stroncato il tradizionale af-flusso turistico straniero in valle.

Ma lo slancio turistico più volitivo avvie-ne a Varallo nell’agosto 1935: debutta e fun-ziona, dopo anni di progetti e tentativi, laripida e aerea funivia per il Sacro Monte, benpresto una forte attrattiva per i visitatori. Ivalsesiani, abituati da secoli alla salita a piedial Monte, scrutano con un po’ di stupore lanovità e il poeta Arrigo Imazio Cliss, fluen-te continuatore della lirica in vernacolo delFrigiolini e del Massarotti, cerca di interpre-tare le sensazioni di valligiani/e: Va su Caiu,

ven giù Tiziu/ su e giù par la cùsèlla./ Pro-

vu tùcc a ’stu serviziu,/ l’à pruvà ’nca la

Rimella./ E la dicc: o che piasìi/ deghi din-

ti, nèe e gnìi.L’atteggiamento ironico e disincantato di

alcuni valsesiani trova purtroppo confermadopo pochi anni. L’Italia viene cacciata dalladittatura fascista in una tragica guerra, dacui esce con dignità solo grazie al coraggioe ai sacrifici degli italiani della Resistenza,particolarmente drammatica e gloriosa pro-prio in Valsesia. Si riparlerà di turismo solonegli anni cinquanta.

Page 55: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

ENZO BARBANO

Lo scontro a fuoco

di Varallo del 2 dicembre 1943

2008, pp. 96, € 8,00

Riedizione del volume di Enzo Barbano, già pubblicato dall’Istituto nel 1982, chericostruisce nei suoi più minuti dettagli il battesimo del fuoco dei partigiani dellaValsesia.Afferma Luciano Castaldi, presidente dell’Istituto: «A distanza di quasi trent’annidalla prima edizione, il libro di Enzo Barbano resta grandemente utile per chi vogliacapire la situazione di una cittadina che, dopo l’8 settembre 1943, si trova a caderenella drammaticità della lotta di liberazione.Varallo, come tutta l’Italia, nei mesi precedenti, aveva vissuto fatti di straordinariocambiamento. Però appare chiaro come la percezione di essere in una nuova e dram-matica situazione scoppi con lo scontro a fuoco del 2 dicembre. È questo fatto, aprima vista poco rilevante nell’insieme della dinamica bellica della Resistenza e dellaguerra civile, a determinare anche in Valsesia la consapevolezza che la vita reale staprendendo una piega diversa».Scrisse Guido Bodrato, autore della prefazione alla prima edizione del volume: «An-che se il libro fa parlare i protagonisti, i partigiani che hanno preso parte all’azione,la gente della valle che ha vissuto quelle giornate, le pagine esprimono un atteggia-mento sereno, che non cede alla passione ed alla retorica.Il fatto d’arme, inoltre, non mette in ombra il protagonista principale: la popolazionedella città di Varallo che si appresta in quei giorni ad affrontare due anni di terribilipreoccupazioni, di sofferenze, di sacrifici, di paure e di speranze».

Page 56: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

l’impegno 55

Chi avesse ancora delle perplessità, masincere, sulla validità della tesi della conti-nuità dello Stato tra fascismo e postfasci-smo, cara, mi sovviene, al nostro maestroGuido Quazza (che poi è la tesi affacciata daLutz Klinkhammer, responsabile dell’areadisciplinare di “storia del XIX e XX seco-lo” all’Istituto storico germanico di Roma eautore di “Stragi naziste in Italia 1943/44”,tra Reich e Germania federale) è servito. Un“accordo segreto” tra Italia e Germania con-sentì la scarcerazione dei criminali di guerratedeschi. Una storiaccia. Fanno breccia sen-timenti e pensieri difficili a vestire di parole.Una politica malata fa ammalare la lingua eviceversa.

Il patto scellerato - ennesima conferma diun’evidenza da cavare gli occhi della man-cata defascistizzazione dell’Italia dopo il 25aprile, cui allude il titolo del volume di Filip-po Focardi “Criminali di guerra in libertà. Unaccordo segreto tra Italia e Germania fede-rale, 1949-55” (Roma, Carocci, 2008), non èin effetti una novità storiografica. Lo resenoto lo studioso stesso nel 2003 in un con-vincente saggio in “Italia Contemporanea”,in cui, tra le altre cose, denunciava la que-stione del fondo H-8 sui crimini di guerra,conservato nell’archivio dell’Ufficio stori-co dello stato maggiore dell’esercito, in per-manente riordino da circa quattro anni, sot-traendo di fatto le carte agli studiosi dopo

FRANCESCO OMODEO ZORINI

Negare la storia: le stragi occultate

l’uscita del volume di Costantino Di Sante“Italiani senza onore”.

In sostanza, nel novembre 1950 HeinrichHöfler, Kamerad und Freund compagno dipartito e amico personale del cancelliereAdenauer, s’accordò in veste di suo emis-sario con il conte Vittorio Zoppi, segretariogenerale del Ministero degli Esteri, per ilproscioglimento dei criminali di guerra te-deschi condannati con sentenza definitiva.Nel volgere di alcuni mesi, con provvedi-menti di grazia firmati dal presidente dellaRepubblica Luigi Einaudi e controfirmati dalministro della Difesa Randolfo Pacciardi (exvolontario antifascista nella guerra di Spa-gna), costoro furono rimpatriati in Germaniain gran segreto. Tra loro, gli ufficiali del co-siddetto Gruppo di Rodi. In testa il Gene-

ralmajor Otto Wagener, il capitano HelmutMeeske, i maggiori Johann Koch e HerbertNicklas, responsabili dell’uccisione sul-l’isola greca di migliaia di prigionieri di guer-ra italiani. Ieri come oggi nazisti e fascisti inlibera uscita.

Il dossier straordinariamente accurato siconcentra con meticolosa acribia sulla cla-morosa vicenda. La certifica. Ne ricostrui-sce passo a passo le modalità di attuazionein cui giocò un ruolo primario la complicitàdel Vaticano. E ciò soprattutto per mezzodell’azione - avallata in alto loco pur nellosconcerto del segretario di Stato Montini -

Page 57: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Francesco Omodeo Zorini

56 l’impegno

del vescovo austriaco rettore del Collegioteutonico di Santa Maria dell’Anima in Ro-ma, Alois Hudal. Ordinato da Pacelli all’epo-ca della nunziatura apostolica nel Reich, erastato fin da allora fautore fanatico di un“nazionalsocialismo cristiano” incarnato daHitler “Sigfrido della grandezza tedesca”, epoi quinta colonna dell’organizzazione O-dessa per l’esfiltrazione dei criminali nazistiin America Latina, tanto da essere implica-to, parrebbe, addirittura nella fuga di Eich-mann (indefessa fu anche l’opera prodiga-ta in favore dei nazisti da parte del sacerdo-te cattolico J. W. Jurowsky).

L’autore si avvale di documentazione diprima mano, proveniente dall’Archivio delTribunale militare territoriale di Roma, daquello storico-diplomatico del Ministero de-gli Esteri, dall’Archivio centrale dello Stato,da quello federale tedesco di Coblenza e daquello politico del Ministero degli Esteri diBerlino. Per di più in appendice allega unasilloge della repertazione probatoria riprodu-cendo ventisei scottanti documenti: appun-ti, lettere, sentenze, decreti, rapporti, tutti delperiodo 1946-54, tra i quali compare in chia-ro persino la firma di Konrad Adenauer.

Nelle carceri italiane erano così rimastisoltanto Kappler e Reder, a far da specchiet-to per le allodole, nell’inveterata ambiguitàitaliana, alla negata giustizia contro i crimi-nali, a molti dei quali era stato dato comeescamotage il tempo e fornita l’occasionedi scappare, per così dire a risarcimento del-l’emanazione dei mandati di cattura. Unamano lava l’altra. Non si dice così nel cini-smo amorale del potere di casa nostra?

Armadi della vergogna

Sul tema degli eccidi occultati e dell’im-punità ai responsabili era già uscito nel 2002per Mondadori l’ampio e minuzioso saggiodi Mimmo Franzinelli “Le stragi nascoste.

L’armadio della vergogna: impunità e rimo-zione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001”. Il lavoro esplora a fondo, tra l’altro,il percorso di vessazioni, torture, patimentia catena, umiliazioni, prove disumane, atro-ci supplizi, connesso ai lager italiani di Fos-soli e Bolzano; qui l’ucraino Michael Seifertelimina di propria mano dodici dei cinquan-ta prigionieri, poi scappa in Canada, oveviene scoperto, estradato, processato e con-dannato all’ergastolo, che sta scontando nelcarcere di Santa Maria Capua Vetere.

Ma forse è stato cinque anni fa FrancoGiustolisi, giornalista emerito de “L’espres-so”, ad attirare l’attenzione non solo degliaddetti ai lavori, ma anche di una buona fettadi opinione pubblica, sulla spinosa questio-ne, col libro “L’armadio della vergogna”(edito a Roma da Nutrimenti), divenuto inqualche modo eponimo. Testimonianza erappresentazione del capitolo più infamedell’Italia postfascista e, insieme, del più i-gnorato: l’“amnistia per omissione e occul-tamento” nei confronti dei criminali di guer-ra tedeschi e dei criminali collaborazionistiitaliani.

Un tarlato mobile tinta testa di moro, alfondo di un corridoio defilato della Procuragenerale militare, andito seminascosto delcinquecentesco Palazzo Cesi, via Acqua-sparta, Roma - protetto da un cancello mu-nito di lucchetto, le ante serrate a chiave,voltate verso il muro - ha imboscato permezzo secolo, come un pozzo oscuro, un re-gistro di protocollo di 2.274 notizie di reatoe 709 faldoni di istruttorie, dei quali 415 connomi e cognomi, e tanto di grado e repartodi appartenenza dei responsabili, che ave-vano massacrato migliaia di civili, ebrei epartigiani.

Si tratta degli autori degli eccidi alle FosseArdeatine, a piazzale Loreto, Porta San Pao-lo, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto,Duomo di San Miniato, Certosa di Farneta,

Page 58: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Negare la storia: le stragi occultate

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 57

Casalecchio di Reno, Vinca, Bardine San Te-renzo, Vallucciole, Monchio, Branzolino,San Tomé, Barletta, Benedicta, Turchino,Matera, Pietransieri, Falzano di Cortona,Conca della Campania, Niccioleta, La Storta,Sarnano, Scarpanto, Leonessa, Valdobbia-dene, Capistrello, Gubbio, Godenzo, Fivizza-no, Sant’Angelo di Godigo, Biagioni, la stra-ge della famiglia Einstein, Borgo Ticino (inprovincia di Novara, dove l’amministrazionecomunale - curatore l’avvocato Andrea Spe-ranzoni - ha avviato le procedure di riaper-tura presso il Tribunale militare di Veronadell’iter processuale, affinché venga ricono-sciuto e ufficialmente sancito l’eccidio didodici martiri, il saccheggio e l’incendio delvillaggio, ora nel volume “Borgo Ticino tre-dici agosto”, 2009) e di militari italiani a Cefa-lonia, Corfù (già storicamente “chiave d’Ita-lia”), Coo, Korica, Lero, Santi Quaranta, Spa-lato, Rodi..., presumibilmente attorno allecinquantamila persone complessivamente.Giustamente l’Anpi nazionale chiede se nefaccia con precisione la macabra conta. Seci sarà bisogno ci si potrà rivolgere all’Equi-po de Antropologia Forense argentina, lapiù professionale forse al mondo, dopo l’im-probo esercizio sui trentamila desapareci-

dos, provocato dal delirio “occidentale cri-stiano” dei militari tra il 1976 e il 1983. Tant’èche l’hanno chiamato in Spagna per aiutarea riconoscere i resti dei morti nelle fosse co-muni della vendetta franchista alla fine dellaguerra civile. Nelle brume del silenzio appa-rente, cimiteri riempiti dall’odio e dalla vio-lenza.

Il procuratore Intelisano, nel forziere dicartari ingialliti slabbrati, foxing macchioli-ne color volpe per ferro rame ossidati e sal-nitro, polvere, pesciolini d’argento noti colnome lepisma saccarina, vi incespica qua-si casualmente nel 1994, nel corso del pro-cedimento di estradizione dall’Argentina diErich Priebke, il boia delle Ardeatine. Molti

nemmeno tradotti dal tedesco o dall’ingle-se; tali e quali erano arrivati dal comandodei servizi segreti britannici. Tre anni ci vo-gliono di instancabili, pressanti e reiteratesollecitazioni per arrivare alla desecretazio-ne dei documenti. Per farla breve, in quellasantabarbara del dimenticatoio, anzi dell’as-sassinio, era sepolta la catasta di incarta-menti residui dei pochi processi celebratiall’epoca del governo Parri e del primo go-verno De Gasperi contro criminali nazifasci-sti, tenuto altresì conto dell’“amnistia-am-nesia” Togliatti del ’46, che aveva inopina-tamente svuotato le galere della peggiorfeccia repubblichina, e al proposito si vedal’esemplare lavoro di Franzinelli, edito daMondadori nel 2006.

C’è un passo in “Antigone” di MariaZambrano che si impone alla nostra medita-zione mentre affrontiamo una materia tal-mente grave nel senso latino di gravitas: «Iltempo può esaurirsi e il sangue non scorrerepiù, se però sangue c’è stato ed è scorso, lastoria continua a trattenere il tempo, ad ag-grovigliarlo, a condannarlo». Le cose checi buttiamo alle spalle spesso ci inseguonocome fantasmi senza pace. Né possiamoarrenderci sogghignando insieme al Mefi-stofele di “Faust”: «Ed è come se non fossesuccesso nulla».

Se poi queste cose urlanti giustizia sonouna guerra perpetrata come “guerra ai civili”,diametralmente opposta al modello bellicodi due eserciti che si affrontano, dal “criminedi guerra” si passa di scala al massacro diinermi ossia al “crimine imprescrittibile con-tro l’umanità”. La nozione tradizionale diguerra si dà in quanto rapporto tra due forzemilitari che si scontrano, configurabile comerapporto tra due azioni contrapposte, men-tre il crimine contro l’umanità è l’esito del-l’incontro di un’azione e di una inazione.Strumenti di tale violenza non sono pura-mente quelli che provocano gli uccisi, ma

Page 59: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Francesco Omodeo Zorini

58 l’impegno

altresì quelli della tortura e dello stupro, dellaviolenza simbolica inferta a testimoni e super-stiti. Violenza anch’essa incancellabile. Cri-mine dalla ritualità esemplare e spettacolare.

Se l’Italia è stata in grado di comminaretre ergastoli in tutto (Kappler, Reder e Nie-dermayer), di cui uno in contumacia, duesole condanne a più di quindici anni di re-clusione (Wagener e Mair), ben dodici asso-luzioni su un totale di ventisei inquisiti, lapiccola Danimarca - dove l’occupazione te-desca è stata sicuramente meno cruenta -condusse in porto tra il 1948 e il 1950 settan-tasette processi, con settantuno condanne.Le cifre prodotte da Focardi sono impressio-nanti. In Belgio i processi espletati furonotrentuno contro una novantina di criminali,con pene molto pesanti, tra cui ventunocondanne a morte. Nella gentile Olanda icriminali di guerra processati furono nien-temeno che duecentotrentuno, con diciottocondanne a morte. Non diversamente inFrancia, dove i processi furono centinaia ecirca cinquanta i giustiziati. Né provvideroles boches (termine spregiativo francese perdire i tedeschi) a riscattare le vittime italia-ne. Tutti i fascicoli aperti in Germania allametà degli anni sessanta si conclusero conl’immancabile “non luogo a procedere”. Ret-

tung. Alles gerettet tutti salvi, senza biso-gno di Rehabilitierung di riabilitazione.

Da una certosina ricerca, a supplementoeffettuata da Manfred H. Teupen nella Juri-stische Datenbank, risulta che ad oggi nes-suna condanna per crimini di guerra com-messi a danno di cittadini italiani, civili opartigiani, è stata pronunciata nella Repub-blica federale tedesca. I procedimenti aper-ti, secondo Andreas Eichmuller dell’Institutfür Zeitgeschichte München-Berlin, sareb-bero stati complessivamente soltanto sei,conclusisi con l’assoluzione o col proscio-glimento, “abgesehen von Scheungraber”a prescindere dal caso di Scheungraber, che,

di recente condannato in prima istanza,potrebbe essere il primo caso in assoluto diuna sentenza definitiva. Ad eccezione diCaiazzo, nessuna strage di civili italiani hamai avuto un processo. Niente colpevoliper l’inflessibile giustizia germanica.

Un timbro del 14 gennaio 1960 di “archi-viazione provvisoria”, istituto sconosciutoin qualsiasi sistema giuridico democraticodel pianeta, fatto apporre dal procuratoregenerale Santacroce, aveva sancito l’igno-bile occultamento. Semplicistico tuttavia farrimprovero e accollare l’esclusiva responsa-bilità ai tre procuratori in stellette, Borsari(di nomina governativa fino al sottentrarenegli anni ottanta dell’organo di autogover-no della magistratura militare, e magistratoche tra le altre cose in un primo momentoaveva agito con lealtà e correttezza), Mira-bella e Santacroce, avvicendatisi nel periodoin esame.

L’ordine fu politico e non amministrativo.Di sicuro non un’operetta d’antan. Ragiondi stato della granitica nazione liberatasidalla dittatura e magnificamente incammina-ta sulla strada maestra della democrazia!

Da queste considerazioni, fatte propriedalla storiografia contemporanea più ag-giornata (Baldissara, Battini, Brunelli, DelBoca, Di Sante, Frei, Gentile, Goni, Klee,Klinkhammer, Oliva, Palla, Pellegrini, Pez-zino, Ricci, Rivello, Schreiber, Sanfilippo,Staron, Tognarini), prende l’avvio e tiene ilpunto fino in fondo il lavoro di Focardi, do-cumentando come le ragioni della negatagiustizia contro i criminali tedeschi risieda-no in precise intenzionali deliberazioni diordine politico piuttosto che in presuntecarenze della magistratura in divisa.

La mossa dell’affossamento - con quellacertezza mai assodata e sempre nebulosache avvolge i più mostruosi misfatti dell’in-tero arco della parabola repubblicana - fu deiministri Gaetano Martino e Paolo Emilio Ta-

Page 60: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Negare la storia: le stragi occultate

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 59

viani (il partigiano cattolico presidente del-l’Associazione volontari della libertà) delprimo governo Segni, il futuro presidentedella Repubblica “dimissionato” dopo lascoperta del piano eversivo “Solo” (quellodei cosiddetti “enucleandi”, gli oppositorida deportare in Sardegna!), il disegno di col-po di stato del generale in capo dei carabi-nieri De Lorenzo, denunciato nel 1964 daigiornalisti Scalfari e Jannuzzi. Ma diuturnaincombe sulla scena della “notte della veritàdella Repubblica”, così come per tutte le vi-cende di fiancheggiamento, depistaggi, a-zioni coperte e “deviate”, provocazioni allealte sfere decisionali tra mafia e politica, distrategia della tensione e stragismo terrori-stico fino al delitto Moro e oltre, e ancoradelle milizie segrete parallele di Gladio etc.,l’ombra s-bieca del lotofago Andreotti, sme-morato detentore di laticlavio a vita, nel casodi specie guarda caso sottosegretario allapresidenza del Consiglio all’epoca dell’ac-cordo bilaterale italo-tedesco, di cui trattasi,e ministro della Difesa all’epoca della “se-cretazione” delle carte processuali. In parti-colare, riferendosi alla corrispondenza traMartino e Taviani, che bloccarono l’inchie-sta sugli assassini di Cefalonia (fascicolo1188 dell’armadio della vergogna), sollecita-ta dal “cacciatore di nazisti” Simon Wiesen-thal, il “divo” Giulio - “andante con anima econ qualche licenza” - si è lasciato andarealla sfrontatezza beffarda di buttar lì che, do-potutto, si trattava di carteggio “privato”.

Tra revisionismo e rovescismo

Focardi individua almeno quattro nucleidi motivazioni che concorsero a perpetrarelo scandaloso vulnus al popolo italiano, allaResistenza, alla Repubblica e alla Costitu-zione in fieri. Anzitutto l’oggettiva impre-cisione e incompletezza di parte delle cartedegli atti processuali raccolti che, per con-

suetudine, è motivo prevalente dell’annulla-mento delle cause per vizio di forma. Secon-do, quello che maggiormente pesò, la reti-cenza del governo italiano ad istruire i pro-cessi - salvo quelli contro ignoti - per nonlegittimare il boomerang delle richieste di e-stradizione di criminali di guerra italiani, re-clamate - in base alle clausole del cosiddettolungo armistizio - dai paesi aggrediti dall’I-talia fascista: in particolare nei Balcani laJugoslavia, la Grecia e l’Albania, ma ancheLibia, Etiopia, Francia e Unione Sovietica.E, sia detto di passata, a proposito delleguerre coloniali esiste lo sterminato lavorodi scavo di Angelo Del Boca che ha fattoda battistrada per una folta “scuola” di stu-diosi, inizialmente contestato con pervica-cia fino alla resa davanti all’inoppugnabili-tà. In più, oggi, sul tema specifico della rimo-zione dei crimini italiani, delle nostre stragie dei nostri campi di concentramento e an-nientamento, c’è il volume curato da DelBoca, “La storia negata, il revisionismo e ilsuo uso politico” (Neri Pozza), con saggi diIsnenghi, Labanca, Tranfaglia, Rochat, Ceci,Franzinelli, Collotti, Agosti, De Luna, D’Orsi.L’epitome dei più importanti storici italianirisponde colpo su colpo all’offensiva revi-sionista dell’ultimo decennio, tesa a riscrive-re la storia contemporanea in Italia e in Eu-ropa, relativizzando le atrocità del nazismoe della Endlösung der Judenfrage, la solu-zione finale, depenalizzando il fascismo, de-legittimando la Resistenza e demonizzandoil comunismo.

Ma, per quanto concerne gli estradandi,ecco due nomi per tutti: Roatta e Bastianini(quest’ultimo assurto da cosegretario nazio-nale del Pnf e governatore fascista della Dal-mazia a segretario di Stato agli Esteri dellaRepubblica!). Tanto più se si considera cheil nostro Paese, alla faccia dell’epurazione,aveva preso in carico nelle istituzioni, par-lamento in primis, intruppati nel Movimen-

Page 61: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Francesco Omodeo Zorini

60 l’impegno

to sociale e nei partiti monarchici, ma anchenel maggioritario partito cattolico democri-stiano, una folta schiera di fascisti riciclatinei primi anni del dopoguerra.

Il terzo nucleo di motivazioni individuatoda Focardi ruota attorno al precipitare della“guerra fredda” con il disegno angloameri-cano di riarmo della Germania federale qua-le baluardo strategico a ridosso dell’Urss edei satelliti d’oltrecortina, dalla metà del ’47l’avvio del piano Marshall in Europa, e, acasa nostra, la contestuale estromissionedelle sinistre dal governo del Paese. Il nemi-co di prima diventa ora l’amico e viceversa.Macabro gioco a “guardie e ladri” che rap-presenta una costante nella storia del Paesedi Pulcinella. Infine, la creazione nel 1949 del-la Bundesrepublick è contrassegnata fin dalsorgere da stretti legami politici tra Italia eGermania federale e da una vision pienamen-te condivisa dei principali partiti moderatidei due paesi, fattori che consentono laspregiudicata offensiva diplomatica di Ade-nauer, questa volta servendosi del baronevon Planitz, contro la debole volontà puni-tiva italiana dalle frecce puntate a rovescio.

Il saggio di Focardi, attraverso una rigo-rosa disamina storiografica in certo sensocircoscritta, irradia un fascio di luce su unatematica fondante di snodo del secolo ven-tesimo e dalla gittata policentrica di dimen-sione europea. Dalla stiva delle questioni neporta alla ribalta almeno altre due dall’attua-lità pregnante. Primo: l’importanza del nes-so tra storia e politica e del loro serrato dia-logo, per cui l’una può e deve avvalersi de-gli apporti dell’altra nel suo agire nel presen-te, cosa che invece è stata vergognosamen-te disattesa dalla relazione conclusiva ap-provata a maggioranza dalla Commissioneparlamentare sulle stragi nazifasciste, pre-sidente Enzo Raisi, di Alleanza nazionale. Siè ben guardata infatti dal tener conto delleinconfutabili acquisizioni storiografiche, ha

fatto scaricabarile impugnando la ragion distato, ha posto sotto accusa di ogni respon-sabilità l’odiata magistratura e ha speculatosenza pudore appellandosi all’antititismo etirando in ballo, proprio come i cavoli a me-renda, il consunto (in questo caso) leitmo-

tiv delle foibe. Secondo: la necessità chel’ordine giudiziario rimanga indipendentedal potere esecutivo, principio costituziona-le oggi messo permanentemente in discus-sione dai governi di centrodestra.

Al proposito va sottolineato ad esempiocome “Le stragi nascoste” di Franzinelli ab-bia avuto quale retroterra, a detta dell’au-tore, il prezioso encomiabile lavoro esplica-to da giudici con le stellette, onesti e corag-giosi come Bartolomeo Costantini (Procuramilitare di Verona), Sergio Dini (Padova),Antonino Intelisano (Roma) e Pier Paolo Ri-vello (Torino), i quali hanno messo a sua di-sposizione la loro esperienza professionalee il materiale depositato - ovviamente a chiu-sura delle indagini - negli archivi dei tribu-nali militari dei rispettivi territori di compe-tenza. E come dire poi grazie, da semplici cit-tadini italiani, al diligente e coraggioso pro-curatore militare di La Spezia Marco De Pao-lis che riesce a condurre in porto, col mas-simo rigore, centinaia di testi escussi e u-dienze quotidiane, il processo per la carne-ficina di Sant’Anna di Stazzema? e quelle diMarzabotto e di Falzano? Perché mai il pro-curatore generale presso la Corte milita-re d’appello Fabrizio Fabretti deve ridursi alamentare che le sentenze non vengano ap-plicate? perché il giudice Agostino Quistel-li dopo la sentenza per la strage di Fivizza-no è costretto ad augurarsi che venga ese-guita? Giustolisi ha amaramente fatto nota-re come il numero uno della magistratura, ilpresidente Napolitano, che è intervenutoper esempio per l’estradizione del terroristarosso Cesare Battisti, non abbia mai fattosentire da par suo un monito severo sulla

Page 62: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Negare la storia: le stragi occultate

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 61

mancata applicazione delle sentenze controi crimini nazifascisti.

È decisivo soffermarsi inoltre su alcuniaspetti di natura tecnico-giuridica che han-no improntato l’azione penale di quel perio-do storico e che hanno mantenuto riflessifino a oggi. Sgombrato il campo dal fallacemito della Wehrmacht “pulita”, sfatato pe-raltro in modo indelebile dalle ricerche distudiosi tedeschi come Schminck-Gusta-vus, Schreiber e Klinkhammer, nonostantela cavillosa distinzione, vischiosa come latunica del bulbillo d’aglio, tra crimini nazi-sti di regime, ideologicamente motivati, e cri-mini individuali (si badi bene, mai di un in-tero apparato militare!) attuati in circostan-ze di guerra, è prevalsa comunque la logicadella legittimità della “guerra ai civili” all’in-terno di una lotta senza quartiere contro imovimenti partigiani.

Occorre poi osservare come nei procedi-menti si sia fatto abuso del principio in du-

bio pro reo ossia della clemenza verso il col-pevole nei casi non incontrovertibilmentecomprovati, così come nel processo penaletedesco si distingua il Täter, autore materia-le (di delitti), dall’Haupt-Täter, responsabi-le gerarchico in alto, e dal Gehilfen, compli-ce dell’esecutore, e come gli imputati abbia-no sistematicamente fatto ricorso all’arcino-to principio della Befehlsnotstand, ossiadell’impossibilità di disubbidire ad un ordi-ne superiore. E ancora come si faccia distin-zione tra Mord, omicidio volontario aggra-vato, e Totschlag, omicidio colposo sempli-ce, alla cui fattispecie venivano ascritti gliomicidi perpetrati per ordine superiore.

Cefalonia docet

Di questa capziosa tassonomia classifica-toria ne sa molto, ahinoi, Marcella De Ne-gri, figlia del capitano Francesco De Negri,trucidato insieme ad altri centotrentasei uf-

ficiali a Cefalonia alla Casetta Rossa, la qua-le, essendosi con quel coraggio civile ormaisbianchettato nel nostro Paese, costituita -a proprie esclusive forze - parte civile nelprocesso in Germania contro l’ultimo so-pravvissuto fucilatore del padre, il sottote-nente Otmar Mühlhauser, si è venuta a scon-trare, tramite gli avvocati, con la congiuradel silenzio e dell’insabbiamento, fino allasentenza di non luogo a procedere. Il tuttonell’indifferenza delle istituzioni e del Paesetra paura, imbarazzo e fastidio. E pensare chel’imputato era, come il suo camerata JohanDehm (deceduto nel 2005), reo confesso dallontano 1967 quando affermò: «Tra gli uffi-ciali si parlava  della divisione italiana solocome traditori... Al tradimento vi è una solarisposta: l’esecuzione». Il procuratore capodi Monaco, August Stern, nella sua ordinan-za di archiviazione del 27 luglio 2006 pro-scioglieva in istruttoria Mühlhauser, scri-vendo che i soldati italiani di Cefalonia era-no traditori e pertanto passibili di fucilazio-ne al pari dei disertori tedeschi. Mattanzaautorizzata quella della divisione “Acqui”.D’altronde le spoglie dell’amato cancellie-re Willy Brandt non hanno a tutt’oggi po-tuto essere traslate in Germania in quanto“disertore”, ist Verboten! poiché collabora-tore della Resistenza svedese.

Si deve al senso civile di un giornalistacome Mario Pirani se nel 1999, ne “la Repub-blica”, è stata riportata alla memoria la stra-ge rimossa di Cefalonia. Successivamenteall’inviata della “Süddeutsche Zeitung”,Christiane Kohl, l’aver rintracciato e inter-vistato, solo a patto che lo si citasse conun nome di copertura, l’ex Ordonnanzoffi-

zier dei Gebirgsjaeger (truppe speciali dimontagna), capo del plotone d’esecuzionedegli ufficiali italiani. Ancora ad Andrea Tar-quini, inviato de “la Repubblica”, l’avernedato risalto con l’articolo “Così massacra-rono i soldati italiani”, del 12 dicembre 2001.

Page 63: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Francesco Omodeo Zorini

62 l’impegno

A differenza della magistratura tedesca, inItalia si sarebbe dimostrato, è convinzionedi De Negri (e in un primo momento anchedel dottor Intelisano), che a Cefalonia pro-prio di omicidio plurimo aggravato si eratrattato e, quindi, di crimine contro l’umani-tà non soggetto a prescrizione. Tuttavia, nel1996 Intelisano non ha ancora dato seguitoalla scoperta da lui fatta due anni addietrodel fascicolo di Cefalonia, nemmeno dispo-nendo un supplemento d’indagine in Ger-mania. Si trincera dietro la giustificazioneche la sentenza del 14 giugno 1960 del giu-dice istruttore militare Carlo Del Prato ave-va ormai prosciolto, per non aver commes-so il fatto, il general Hubert Lanz, HansSpeidel e camerati. E l’obbligatorietà del-l’azione penale?

Non solo. C’è di più. La sentenza Del Pra-to è anche la ragione per cui Marcella DeNegri perde la causa intentata contro il Mi-nistero della Difesa per ottenere un risarci-mento, in virtù della legge Pinto, sulla ragio-nevole durata del processo: dalla Procuramilitare si comunica all’Avvocatura delloStato che nulla ha da pretendere la ricorren-te poiché il caso Cefalonia è stato definiti-vamente risolto nel 1960. De Negri dice cheno, Costituzione alla mano, no. Senza secon-di fini, dietrologie, tantomeno convenienzepartitiche o tentazioni elettorali, ma anchesenza cedere di un palmo, di un sol millime-tro, sempre sola, a proprie spese le traduzio-ni asseverate e autenticate dall’autorità con-solare di Monaco, delle interrogazioni resedavanti ai giudici di Dortmund da Mühl-hauser. Carte problematiche da acquisirenon essendo colà parte in causa e dovutesoltanto alla disponibilità del procuratorecapo Maass.

Con Paola Fioretti, figlia del capo di statomaggiore della “Acqui”, anch’egli fucilatoalla Casetta Rossa, decide quindi di presen-tare un esposto al procuratore Intelisano,

affinché apra finalmente, presso il Tribuna-le militare di Roma, un procedimento per lafucilazione degli ufficiali alla Casetta Rossail 24 settembre 1943, crimine di guerra percui era stato indagato e poi prosciolto inGermania il Mühlhauser. Seguono l’artico-lo del quotidiano “Il manifesto” dell’11 ago-sto 2007 “Una pietra sulla strage di Cefalo-nia”, e la “lettera aperta” al presidente dellaRepubblica e al ministro della Difesa del 22agosto a incutere alquanta preoccupazionenella magistratura militare di Roma.

Eterna commedia delle parti, di contrad-dizioni, ricatti, prese di distanza, fraintendi-menti della stampa, giri di parole, smentite,qui pro quo, annunci. Un colpo al cerchio euno alla botte, nel novembre dello stessoanno Intelisano in conferenza stampa an-nuncia di aver aperto il procedimento perCefalonia, che, meglio tardi che mai, con larichiesta di rinvio a giudizio del pubblicoministero Tornatore del 2 gennaio e l’udien-za preliminare del 5 maggio 2009, si concre-tizza (ma che la causa di un temping così di-latato sia il sovraccarico di lavoro dell’Uffi-cio? ci risulta abbia dato più di una rispostail servizio di Gabanelli in “Report”). Tutti iprecedenti procedimenti per Cefalonia sisono sempre risolti in Italia con prosciogli-menti in istruttoria. Ma che significa la bou-

tade del funzionario togato dinanzi ai gior-nalisti «noi magistrati, a differenza degli sto-rici, non possiamo processare i morti»? Eallora non sarebbe opportuno, proprio perquesto fondatissimo motivo, tentare di pro-cessare Mühlhauser finché è in vita? Primao poi morirà, basta agire con lentezza. Mo-rirà nel suo letto, indisturbato, come si con-viene ad un ufficiale della Wehrmacht, colsuo onore di assassino incontaminato. Lamorte estingue il reato. L’esito del procedi-mento, per quanto puramente simbolico, è,come volevasi dimostrare, vanificato col de-cesso dell’inquisito nel luglio 2009. Essì,

Page 64: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Negare la storia: le stragi occultate

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 63

spesso la tempistica giudiziaria mal si con-cilia con l’elaborazione del lutto. Suggestio-ni horror? Doveroso astenersi da commen-ti, signorimiei.

Alla sagace professionalità del gruppo deicarabinieri di Bolzano-Brunico, impegnatiora nell’impresa di scovare i responsabilidell’eccidio di Borgo Ticino su mandato del-la Procura militare, dobbiamo intanto l’indi-viduazione di altri due criminali fucilatori diCefalonia ancora in vita.

Ci informa infine Giustolisi che a PalazzoCesi esisterebbe un secondo armadio dellavergogna. La scoperta la si deve al procu-ratore militare di Padova Dini che, il 18 mar-zo 2008, ha scritto al Consiglio della magi-stratura militare, di cui è componente, chesi accerti, con riferimento ai crimini di guerraitaliani: «a. se nel corso del dopoguerra sia-no stati celebrati processi o comunque in-traprese indagini sulle vicende in discorso;b. nel caso che ciò non risulti (come in ef-fetti consta allo scrivente), per quali ragioniciò non sia mai avvenuto nonostante la ine-quivoca esistenza di vere e proprie notiziedi reato al riguardo risalenti già alla secondametà degli anni quaranta; c. per quali ragio-ni non abbiano avuto esiti processuali lerisultanze della commissione di inchiestanominata con D.M. 6 maggio 1946 (cosid-detta Commissione Gasparotto) che pureaveva individuato una serie di elementi e dinominativi sui quali si sarebbe ben potutainstaurare proficua attività processuale. Ciòanche al fine di individuare possibili profilidi responsabilità in capo ad appartenentiall’ordine giudiziario militare, o di chiarirel’esistenza di eventuali ragioni (estranee allaresponsabilità della Magistratura Militare)in ordine a questo macroscopico caso di de-negata giustizia».

Se è per questo, va tuttavia osservato chenessun tribunale alleato ha processato ipropri crimini di guerra. È poi del tutto de-

stituita di fondamento la leggenda degli“italiani brava gente”. Basterebbe richiama-re - nota Giustolisi - le circolari del generaleRoatta, nei Balcani, che ordinava di ripaga-re «testa per dente», e del generale Geloso,che in Grecia imponeva di dare fuoco ai vil-laggi da cui partivano gli attentati e di fuci-lare senza tanti complimenti gli ostaggi checapitavano a tiro. In fondo, tanto per riequi-librare i fatti e dare, come si dice, “a Cesarequel che è di Cesare”, le disposizioni cheimponevano ai nazisti la fucilazione di dieciostaggi per ogni tedesco ucciso, impartitedal Feldmarschall Albert Kesselring, co-mandante supremo per il Mediterraneo, innome del Führer, erano state formulate nel1943.

Vergeltunsmaßnahme rappresaglia ritor-sione. Si visioni il film omonimo diretto nel1973 dal regista George P. Cosmatos, che ri-costruisce attraverso il libro “Morte a Roma”di Robert Katz, che ha contribuito alla sce-neggiatura, gli eventi riguardanti l’eccidiodelle Fosse Ardeatine. Quindi, constata ilprocuratore Dini, tali aberranti disposizionierano assai successive rispetto a quelle deisuoi colleghi italiani, che si erano amman-tati del diritto di vita e di morte sin dal 1941.All’Italia spettano almeno altri quattro pri-mi posti nel Guinness dei primati: l’impiegodi aeroplani in guerra in Libia nel 1911; l’in-venzione del fascismo; l’aver fatto da batti-strada nelle leggi razziste alla Germania stes-sa; l’aver dato per prima il via alle rappresa-glie sui civili in Etiopia e poi ancora in Spa-gna (ci dice niente il bombardamento su Du-rango un anno prima di Guernica?). Il fa-scismo è stato guerra ininterrotta per diecianni dal 1935 al 1945: Libia, Etiopia, Dode-caneso, Spagna, Albania, Francia, Grecia,Jugoslavia, Russia.

A Liberazione avvenuta, il governo Parri,da subito nel 1945, fa iniziare le inchieste peraccertare le carneficine che nazisti e fasci-

Page 65: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Francesco Omodeo Zorini

64 l’impegno

sti hanno compiuto. In questo ambito c’èanche la necessità di accertare quel che gliinvasori italiani hanno commesso nei teatridi guerra aperti dal regime fascista. Per ca-pire e valutare con coscienza e scienza giu-ridica le accuse che vengono rivolte ai mili-tari italiani, i “nostri ragazzi”, - c’è una listadi oltre ottocento nominativi di cui vienerichiesta l’estradizione - viene insediata unacommissione d’inchiesta. A presiederla èchiamato Luigi Gasparotto, già ministro dellaguerra in epoca prefascista, esponente del-la Democrazia del Lavoro, successivamen-te, dopo la caduta del fascismo, più volteministro. Gasparotto, il cui figlio Leopoldoera stato assassinato il 22 giugno 1944 (al-tri sessantasette poveri cristi il 12 luglio) dafascisti e nazisti nel lager di Fossoli, pressoCarpi, si mette al lavoro, interroga, indaga,verifica, acquisisce documentazione, fa raf-fronti e confronti.

Oltre a Roatta e Geloso deve esaminare ilcomportamento del generale Robotti, quel-lo che sbraitava con i suoi uomini «qui sene uccidono troppo pochi»; del generaleGambara che spiegava ai sottoposti «cam-po di concentramento non significa campodi ingrassamento»; del generale Pirzio Bi-roli che in Etiopia, come ricorda AlessandraKersevan nel suo libro sui lager italiani, fa-ceva buttare nel lago Tana i capitribù conuna pietra legata al collo. E ancora, altri ge-nerali: Magaldi, Caruso, Sorrentino, Piazzo-ni, Baistrocchi... Ma anche molti ufficiali digrado inferiore che andavano proclamandocome tutti quei rappresentanti della sottou-

manità, che fossero sloveni, greci, albane-si, eccetera, andassero «uccisi senza pietà».C’erano, poi, gli alti funzionari civili, non me-no abietti dei loro colleghi in divisa, comeBastianini, Giunta, Grazioli...

Intorno alla fine del 1947 e ai primi mesidell’anno successivo la Commissione Ga-sparotto termina il suo lavoro. Dei tanti casiche ha esaminato risulta che, in poco menodi un’ottantina, le accuse sono provate. Sipensi ai fratelli Rosselli uccisi in Norman-dia dagli incappucciati Cagoulard, una sor-ta di Ku Klux Klan, mandante il genero delduce Costanzo Ciano, ministro degli Esteri,nella catena di comando attraverso FilippoAnfuso, capo di gabinetto, ambasciatoreRsi a Berlino, condannato a morte in contu-macia con sentenza definitiva dall’Alta Cor-te di giustizia, fuggito in Francia, ospitatodal Caudillo, incomprensibilmente prosciol-to dal Tribunale di Perugia nel 1949, parla-mentare Msi dal 1953 al 1963. Intanto il go-verno ha cambiato fisionomia: c’è sempreDe Gasperi, con al fianco il fido Andreotti,ma comunisti e socialisti non sono più nel-la maggioranza. Quindi la destra, come staaccadendo oggi, ha pieni poteri e può na-scondere le stragi commesse in Italia dai na-zifascisti e quelle perpetrate da Roatta e ca-merati sui campi “d’onore” insanguinatid’Europa e d’Africa.

È l’ora dunque di domandarsi - domandadelle domande - se, putacaso, nei sottosca-la e scantinati di Palazzo Cesi sia già iniziatala caccia al tesoro dell’“armadio della ver-gogna 2”.

Page 66: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 65

Una calda serata d’estate del 1944. Allastazione di Borgosesia una ronda tedescacontrolla i passeggeri appena scesi dal tre-no. Ci sono sempre movimenti sospetti suitreni che s’inerpicano su per le vallate alpi-ne: renitenti che cercano di raggiungere lamontagna, borsaneristi, staffette dei parti-giani. Un giovane prete arranca sudato, tra-scinando una pesante valigia. Il sottufficialetedesco coglie un guizzo di tensione nel suosguardo. «Cosa avere, cosa avere nella va-ligia?». Il giovane prete si ferma. Apre len-tamente la valigia. C’è una veste talare, ebiancheria, sotto. E riso. «Devo andare daimiei parenti, ho qui del riso da portare ai mieiparenti...», dice il prete. I documenti lo indi-cano abitante in un paese vicino al Ticino,dove ci sono le risaie. I soldati sorridono:anche i preti fanno un po’ di borsa nera...

Sono tempi difficili per tutti. «Bene, bene»,dice il sottufficiale. Lo guarda e aggiunge:«Stanco?». «Orpo, se sono stanco!». Unrapido ordine. Uno dei soldati prende la va-ligia e aiuta il giovane prete a portarla fuoridalla stazione. Il prete ringrazia. Saluta. Siallontana.

Quel prete è don Virginio Colzani, staffet-ta per conto del comando milanese dellebrigate “Garibaldi”. La sua valigia è pienadi armi smontate e di caricatori1.

Ci ha distrutto il fascismo, a noi

Virginio Colzani è nato a Giussano il 10giugno 1920, in una famiglia di modestaestrazione sociale, e numerosa. «Eravamoundici fratelli, undici». Il padre Angelo, clas-se 1897, è un operaio: comunista, antifasci-

ALBERTO MAGNANI - MASSIMILIANO TENCONI

“Ho fatto il prete e il partigiano”

1 Don Virginio Colzani ha rievocato questo episodio in una lunga intervista concessa aGiovanni Biancardi e Alberto Magnani, a Gallarate, nel 1994. Il testo, pressoché integrale,è stato pubblicato in GIOVANNI BIANCARDI - ALBERTO MAGNANI (a cura di), La Fiera di SanBiagio. Documenti e testimonianze della Resistenza nel Magentino, Magenta, Anpi, 1995,pp. 89-94. Salvo diversa indicazione, le testimonianze personali di don Virginio riportate neltesto provengono da tale fonte. In precedenza, don Virginio aveva mantenuto sempre uncerto riserbo, limitandosi a riassumere poche notizie in una lettera da Gallarate a GiovanniBarbareschi, in data 13 aprile 1985, conservata nell’Archivio storico diocesano di Milano,fondo Resistenza, fascicolo personale Colzani don Virginio. Nella lettera, i fatti qui espostisono sintetizzati nella frase: «Sono stato invitato, da inviati del Cln di Milano, ad aderire almovimento partigiano perché la mia famiglia ha sofferto molto per il fascismo. Io ho subitoaccettato».

Page 67: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alberto Magnani - Massimiliano Tenconi

66 l’impegno

sta convinto. «Son venuti una volta a cer-carlo, per dargli l’olio di ricino, e carezze, colmanganello. Avvisato, se n’è andato, ma do-po ci stavano addosso, continuamente. So-no anche venuti a casa, a bruciarci tutto. Noieravamo tutti piccoli».

Nel 1934 Angelo Colzani è arrestato. Il 7luglio viene condannato ad anni cinque diconfino per «attività antifascista». La Com-missione d’appello riduce la pena a tre anni,che Angelo trascorre in Basilicata. A quelperiodo risale uno dei ricordi più amari delfuturo sacerdote: «Io andavo a scuola, miarrangiavo abbastanza benino...». Infatti ilparroco di Giussano lo fa entrare nel colle-gio Ballerini di Seregno perché possa fre-quentarvi il ginnasio. Virginio si distingueanche nelle attività sportive, tanto care alregime. «Mi ricordo che una volta ho vintotre gare di fila. C’erano su, di premio, duelire. Allora, con due lire, noi potevamo man-giare forse per quindici giorni. Il segretariodel partito, quando s’è trattato di darmi ledue lire... Lui m’ha chiamato “figlio di cane”.E... plamm! Ho buttato via le due lire, e gliho sputato addosso. Gli ho detto forse qual-che parola brutta, io non dico mai parolebrutte, ma quando ci vuole, ci vuole!».

Allo scadere del periodo di confino, An-gelo Colzani non viene rilasciato. La com-missione di Potenza, con ordinanza dell’8aprile 1938, ve lo assegna di nuovo2. Sonoanni sempre più difficili per una famiglia tan-to numerosa. «Ci ha distrutto il fascismo, anoi». Virginio decide di prendere la via delsacerdozio, seguito da un fratello. Due so-

relle si fanno suore. Non sappiamo comeAngelo Colzani accolga la notizia che i suoifigli varchino le mura di seminari e conven-ti. Forse, realisticamente, ritiene che, alme-no, così non faranno la fame. Quanto a Vir-ginio, non avvertirà mai un’autentica con-traddizione fra la militanza comunista delpadre e la propria vocazione. «Il motto di miopadre, che poi è entrato nella mia vita, per-ché con mio papà c’era un’intesa meravi-gliosa, il suo motto era: “Per la giustizia, lottasino alla morte”. Era una frase biblica, cheio ho ereditato da mio padre»3.

Gli anni di seminario

Virginio entra nel seminario di San PietroMartire, a Seveso, all’inizio del 1936, quan-do non ha ancora compiuto 16 anni. Il fa-scismo da alcuni mesi si è lanciato nella con-quista dell’Etiopia e di lì a poco, per soste-nere il generale Francisco Franco, interver-rà militarmente anche in Spagna.

La Chiesa, riassorbite le tensioni affiora-te all’inizio degli anni trenta circa l’autono-mia dell’Azione cattolica, rinnova il suo so-stegno al regime mussoliniano. Il progres-sivo avvicinamento alla Germania nazional-socialista, tuttavia, preoccupa le gerarchievaticane e l’intero mondo cattolico. Sul gior-nale “La scuola cattolica”, diretto da mon-signor Carlo Figini, preside della facoltà teo-logica del seminario di Venegono, da cui di-pende anche quello di Seveso, compaiono,in linea con l’enciclica di Pio XI “Mit bren-nender Sorge”, alcuni «articoli di critica

2 ADRIANO DAL PONT - SIMONETTA CAROLINI, L’Italia al confino 1926-1943. Le ordinanzedi assegnazione al confino emesse dalle commissioni provinciali dal novembre 1926 alluglio 1943, vol. 1, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Milano, La Pietra, 1983, p. 260.

3 Nella stessa testimonianza, don Colzani dice anche: «Mio papà l’ho sempre consideratoun uomo invincibile. Non ha mai ceduto. Ha sempre aiutato gli altri». E ancora: «Lui mi hainsegnato ad avere coraggio nell’onestà».

Page 68: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

“Ho fatto il prete e il partigiano”

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 67

esplicita»4 ai nuovi orientamenti a sfondorazziale assunti dal fascismo. Anche all’in-terno dei seminari, nei quali fino a quel mo-mento si è sempre cercato di parlare il menopossibile del regime, il fascismo diventaquindi motivo di una prima, prudente rifles-sione.

In questo clima, Virginio, superato, gra-zie al suo ottimismo ed alla sua indole e-spansiva, l’impatto con la disciplina semi-nariale, prosegue senza alcun ripensamen-to il cammino religioso, mostrandosi brillan-te negli studi e «sempre appassionato nellediscussioni»5. Discussioni che, presumibil-mente, oltre alle questioni teologiche e agliargomenti scolastici, arrivano a toccare an-che temi di stretta attualità. Legatasi defini-tivamente al Reich germanico, l’Italia fasci-sta entra nella seconda guerra mondiale. LaChiesa, questa volta, appare più tiepida cir-ca l’impresa. Non sono più i tempi della guer-ra d’Abissinia, «divenuta necessaria per l’e-spansione di un popolo che aumenta di gior-no in giorno»6, o della guerra di Spagna,«ingaggiata contro l’insorgere di una nuo-va barbarie»7.

L’aggressione all’Unione Sovietica sem-bra riaccendere gli entusiasmi del mondocattolico, ma le sconfitte militari, i bombar-

damenti, le conseguenze di quella che, or-mai, si profila come una disfatta, accentua-no il distacco. I radiomessaggi natalizi di PioXII, nel 1942 e poi nel 1943, spingono defi-nitivamente i cattolici alla ricerca di unanuova identità. In pochi la trovano nellaRepubblica sociale. Gli sforzi del rinato fa-scismo per riguadagnare l’antico consensodelle gerarchie, pertanto, non ottengonograndi risultati. Nel gennaio del 1944 il cle-ro lombardo è giudicato dalle autorità diSalò «indubbiamente antifascista»; mentrequalche mese più tardi le stesse criticano ilcomportamento dei sacerdoti che, riservatiin pubblico, esprimono, durante la confes-sione dei fedeli, propaganda contraria agliindirizzi della Repubblica di Mussolini8.

Da lì a poco, il giovane abbandona le muradei seminari per iniziare la propria missione.Il 3 giugno del 1944 viene ordinato sacer-dote insieme ad altri sessanta diaconi. È unsabato. Proprio in quel giorno, il gerarcaRoberto Farinacci, dalle colonne del “Regi-me Fascista”, sferra un duro attacco allaChiesa. Don Virginio festeggia il ventiquat-tresimo compleanno nella sede che gli è sta-ta assegnata: Ponte Vecchio, una frazionedi Magenta in riva al Naviglio. Sarà coadiu-tore del parroco don Luigi Introini.

4 Seminario arcivescovile di Venegono, in GIOVANNI BARBARESCHI (a cura di), Memoriedi sacerdoti “ribelli per amore”, Milano, Centro ambrosiano di documentazione e studireligiosi, 1986, p. 361.

5 Testimonianza di don Peppino Catturini, in Don Virginio Colzani: da cinquant’anniSacerdote per il popolo di Dio, Gallarate, Parrocchia Sant’Alessandro, 1994, p. 22.

6 Citato in ALFONSO BOTTI, Guerre di religioni e crociata nella Spagna del 1936-1939,in MIMMO FRANZINELLI - RICCARDO BOTTONI (a cura di), Chiesa e guerra. Dalla “benedizionedelle armi” alla “pacem in terris”, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 367.

7 ENRICO ROSA, Grandezza cristiana della Spagna nella sua tragedia religiosa e sociale,in “Civiltà Cattolica”, a. LXXXIX, n. 3, 1938, p. 491.

8 LUIGI GANAPINI, La repubblica delle camicie nere, Milano, Garzanti, 2002, pp. 206-207,nota 160. In generale, sugli atteggiamenti del clero lombardo nel periodo in oggetto si vedaGIORGIO VECCHIO, Lombardia 1940-1945. Vescovi, preti e società alla prova della guerra,Brescia, Morcelliana, 2005. Don Colzani è citato alle pp. 369-370.

Page 69: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alberto Magnani - Massimiliano Tenconi

68 l’impegno

In quegli stessi giorni, il neosacerdote ri-ceve una strana visita: «Mi vedo capitarein casa un tizio, con una valigia, che mi dice:può tenermela per favore? Ho bisogno di unfavore. Può trattenermi questa valigia? Midice anche: qui non ci sono cose compro-mettenti per lei, si fidi. Io, come prete, pote-te immaginare se non mi fidassi delle perso-ne. Ho ricevuto la valigia. Lui m’ha detto:quando arriverà uno a ritirarla deve direquesta parola, me l’ha data lui la parola d’or-dine: “È fiorita la primavera”. Lo ricordo an-cora benissimo, è fiorita la primavera, e leila consegna. Difatti, dopo forse un quindi-ci giorni, diciassette giorni, arriva un tizio edice: son qui a prendere una valigia. È fiori-ta la primavera. Io consegno la valigia. E lui:vuol vedere cosa c’è dentro? E io: non so,mi han detto che non ci sono cose compro-mettenti, qui dentro non è ancora scoppia-ta nessuna bomba... Lui apre e... Era pienadi soldi, di mille lire di allora, piena zeppa.Mi dice: io faccio parte del Cln di Milano,sono un partigiano. Io conosco i trascorsidella sua famiglia, quindi son venuto da lei.Purtroppo ho usato questo mezzo. E ades-so le rivolgo l’invito, chiaro e preciso: leivuole fare parte dei partigiani? Io ho accet-tato subito. Sì. Nei limiti del possibile, macon entusiasmo».

«E così ho fatto il sacerdote e il partigia-no allo stesso tempo», conclude don Colza-ni, mezzo secolo dopo.

Uno scherzo da prete

«Non lamento, ma azione è il precettodell’ora», ha detto Pio XII un anno e mezzoprima. Don Virginio, dall’istante in cui arri-va nella nuova comunità, passa all’azione.

Vittorio Baroni, che lo conosce proprio al-l’inizio del suo magistero sacerdotale, halasciato del novello prete il seguente ritrat-to: «Moto perpetuo, dibattito continuo, at-tenzione premurosa, punto di riferimentosicuro per un consiglio ed un aiuto»9. L’at-tività di coadiutore va di pari passo conquella di partigiano. «Mi sentivo ribelle»,dirà, «ma ribelle per amore, amore della giu-stizia e della libertà. Quando c’è dell’ingiu-stizia non riesco ad accettarla».

Lo stesso emissario che si era presentatoa riprendere la valigia ricompare periodica-mente. Trasmette al sacerdote istruzioni emessaggi. A volte gli affida denaro e armi.Don Virginio deve raggiungere Borgosesia:qui, in un luogo prestabilito, c’è qualcunoad attenderlo. Il riconoscimento avvieneattraverso una parola d’ordine. Oppure gliviene indicato un indirizzo ove presentarsi:«Dovevano sembrare miei parenti...». Gli in-contri si svolgono di notte, «verso le due,le tre, magari anche con qualche attesa dipiù, sempre con un po’ di fifa...».

«Io potevo allontanarmi da Ponte Vec-chio, perché avevo degli impegni con l’Azio-ne cattolica, potevo star fuori anche qual-che sera». Il sacerdote viaggia in treno, in-dossando l’abito talare - «mai viaggiare sen-za veste, mai!» -, con un bagaglio pieno dimateriale compromettente. I rischi, natural-mente, non mancano. Come quella volta allastazione di Borgosesia. «In quel momentoio mi sono sentito veramente perso, deci-samente perso», ricorderà. «Però avevo an-che l’avvertimento di non lasciarmi prende-re alla sprovvista. Nella valigia, dove c’era-no le armi, io infatti avevo messo effetti per-sonali, con la mia vestina da prete sopra.Una l’avevo su, l’altra l’avevo dentro di ri-

9 Testimonianza di don Vittorio Baroni, in Don Virginio Colzani: da cinquant’anniSacerdote per il popolo di Dio, cit., p. 15.

Page 70: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

“Ho fatto il prete e il partigiano”

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 69

cambio. E avevo messo dentro anche del ri-so, perché Magenta è un po’ il posto del ri-so...».

In quella stessa estate del 1944, intanto,attorno a don Colzani sta prendendo formauna rete organizzativa legata al comandomilanese delle brigate “Garibaldi”. In luglioviene denominata, provvisoriamente, 4a bri-gata Garibaldi “Sap”. In settembre diventa168a brigata “Franco Parmigiani”: entro la fi-ne dell’anno, da essa verranno enucleate al-tre due brigate, una, la 169a, attiva nell’Ab-biatense, l’altra, la 170a, nelle campagne sinquasi alle porte di Pavia. Dalla 168a dipendeinoltre un distaccamento autonomo, che simuove nel Novarese e rappresenta un pon-te verso la Valsesia10.

Don Virginio viene messo in contatto coni vertici della 168a. «Solo allora mi sono ac-corto che da queste parti c’erano già dei par-tigiani», ricorda il sacerdote. Il comandantedella formazione è un operaio, AnselmoArioli. Ha praticamente la stessa età del pa-dre di don Virginio e anch’egli ha subito per-secuzione e confino. I due simpatizzano.«Lui era un comunista, convinto, ma non homai fatto questione di colore di partito, as-solutamente. Arioli m’ha sempre preso bene.Anselmo era una gran brava persona, dicola verità. Ho sempre avuto una stima immen-sa di Arioli».

Don Colzani viene inquadrato nella briga-ta. La canonica di Ponte Vecchio diventauna base d’appoggio, addirittura un depo-sito d’armi. I partigiani svolgono azioni dicontrollo, recupero armi, propaganda. Il sa-cerdote, intanto, continua a fare la spola con

la Valsesia. «Io ho sempre avuto i contatticon fuori: quando mi chiamavano, partivo».

Con l’avvicinarsi dell’autunno, però, aPonte Vecchio viene acquartierato un repar-to dell’esercito tedesco. È il 432o battaglio-ne del Genio, distribuito sulla sponda est delTicino anche ad Albairate, Bernate e Ozze-ro11. Nell’antica Villa Castiglioni si insediaun comando. I militari devono approntaredifese sulle rive del Ticino, lungo il qualel’esercito prevede di trincerarsi nell’even-tualità di uno sbarco in Liguria da parte degliangloamericani o di un loro attacco prove-niente dalla Francia. Ma svolgono ancheoperazioni di ricerca e repressione del mo-vimento partigiano.

Un giorno, ricorda don Colzani, «sono en-trati a casa mia e mi han trattato molto male,molto male. Mi hanno insultato, mi hannosputato addosso, mi han fatto una pelle».Evidentemente sospettano qualcosa: un de-latore ha denunciato i movimenti sospettidel sacerdote.

Una seconda irruzione è ancora peggio-re: «Un’altra volta son venuti a cercare learmi, che avevo, e non le hanno trovate, per-ché le avevo proprio lì, nel sottoscala, dovec’erano un po’ di pentole e della carta strac-cia. Loro sono andati lì dentro, in cucina,han dato una pedata, pim, pum, pam... Io mison sentito morto, perché m’han messo lì,con un capitano. M’ha messo contro un mu-ro con il revolver puntato, una Mauser. Sele trovavano, le armi, mi spacciavano subito.E invece non le han trovate. Quando sonousciti dalla cucina, io allora ho ripreso il miocoraggio. Ho fatto anche un po’ il baldan-

10 A questo distaccamento abbiamo dedicato il saggio La brigata “Ticino”. Un pugnodi partigiani tra Lombardia e Valsesia, in “l’impegno”, a. XXV, n. 2, dicembre 2005.

11 ALBERTO MAGNANI - MASSIMILIANO TENCONI, L’Est Ticino dal fascismo alla secondaguerra mondiale, Abbiategrasso, In Curia Picta, 2008, p. 135.

Page 71: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alberto Magnani - Massimiliano Tenconi

70 l’impegno

zoso, e rispondevo, rispondevo molto for-temente, a tono. Non avevo più paura. Ed èandata»12.

In ogni caso, il comando decide che alcu-ni militari alloggino in canonica. Don Col-zani deve pertanto ospitare due soldati e unsergente, oltre a un’infermiera. Quest’ulti-ma era l’unica a essere cortese con il sacer-dote: gli altri gli esprimevano disprezzo, ad-dirittura gli sputavano addosso, soprattut-to il sergente. «Mi è venuto allora uno sfi-zio - ho sbagliato! - lo sfizio di fregargli lapistola. Volevo vendicarmi un attimo con lui,perché era prepotente. Non potevo farlo di-versamente. Sono riuscito, una volta. Lui siera staccata la pistola dalla fondina, non soper che cosa, e io l’ho presa. Plamm! Per for-tuna l’ho gettata al di là del muro di cintadell’oratorio. Quando si è accorto, subito siè accorto, ha tentato di ammazzarmi. Me neha date, ma me ne ha date... Ma quante bot-te m’ha date! E pedate. Ero uno straccio, io,per terra. A lui gli bruciava che io gli avessifatto uno scherzo così, uno scherzo da pre-te. Però si è accorto che non era un Padre-terno. S’è accorto. E dopo, nei miei confron-ti... Ma m’ha conciato. Son stato quindicigiorni senza poter né muovermi, né niente».

Gli indesiderati ospiti ostacolano l’attivi-tà di don Colzani, ma non la paralizzano.

Anzi, con l’espansione del retroterra logi-stico della divisione Alto Milanese “Fratel-li Di Dio”, la più importante formazione cat-tolica della zona, don Colzani viene inseritoin una rete cui appartengono diversi coa-diutori dei paesi circostanti13. Alcuni sonostati con lui in seminario. Nella primaveradel 1945, alla vigilia dell’insurrezione, il gio-vane sacerdote è in grado di mobilitare unatrentina di giovani. Viene pertanto nomina-to da Arioli comandante del distaccamentodi Ponte Vecchio, guidando alcune azioni inpreparazione della fase finale. «Asportam-mo, proprio la mattina del 25 aprile - ricordaCarlo Baglio, uno dei partigiani del gruppo- da un locale di via Isonzo 47, occupato daitedeschi e lasciato incustodito, tutte le armipersonali e bombe a mano che vi si trova-vano»14.

A Magenta si segnalano combattimenti,ma, il 27 aprile, i partigiani hanno assunto ilcontrollo della cittadina. A Ponte Vecchio,la guarnigione tedesca rimane asserraglia-ta dentro le proprie caserme: gli uomini didon Colzani, rinforzati da elementi dellazona, li circondano e li tengono sotto tiro. Ilsacerdote mantiene uno stretto contattocon Magenta, dove si è installato Arioli. Lasituazione viene complicata dall’avanzata diuna forte colonna tedesca in ritirata, com-

12 Nella citata lettera a Giovanni Barbareschi, don Colzani così riassume questi fatti: «Forsesu soffiata di qualcuno sono stato selvaggiamente pestato e messo al muro due volte, in-tanto che un drappello di Ss tedesche cercava armi in casa mia, senza però riuscire a trovarle,drappello che si è stabilito nel mio studio, sputandomi addosso, insultandomi e minaccian-domi ogni volta che mi vedevano».

13 «Alla divisione Alto Milanese, col comando a Busto Arsizio, aderivano i coadiutori deglioratori della zona. A Ponte Vecchio c’era don Virginio Colzani, a Cuggiono don GiuseppeAlbeni, con un bel gruppo di giovani, quelli di Abbiategrasso, invece, guidati da don AmbrogioPalestra, erano aggregati alla Brigata Carroccio di Legnano». Testimonianza di GiuseppeCeruti, raccolta da Mario Comincini a Robecco sul Naviglio il 13 febbraio 2009.

14 Istituto milanese per la storia dell’età contemporanea (d’ora in poi ISEC), fondo Magnani,Relazione di Carlo Baglio stesa il 27 maggio 1971.

Page 72: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

“Ho fatto il prete e il partigiano”

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 71

posta da circa seimila soldati, provenientedal Piemonte.

I reparti più avanzati, circa seicento uo-mini, si attestano in prossimità del Ticino,in territorio novarese. Il loro armamento è«dovizioso»: trenta pezzi da 88, quindici mi-tragliere da 20, numerose mitragliatrici acanne multiple, svariati pezzi da 4715. L’arti-glieria spara alcuni colpi su Magenta, pun-tando i cannoni sulla ciminiera del Pigno-ne, da cui sventola una bandiera rossa. I re-parti di Boffalora e Ponte Vecchio si riani-mano e assumono un atteggiamento aggres-sivo. Arioli ordina di apprestare difese lun-go le strade e, temendo un accerchiamento,discute la possibilità di condurre un attac-co su Ponte Vecchio e su Boffalora. Intan-to, il 28 aprile, da Milano giungono a darmanforte duecento sappisti della brigata“Renato Mattei” con quattro mitragliatricied un carro armato.

La tensione, a Ponte Vecchio, è forte. «Itedeschi - ricorda ancora Baglio - all’ingres-so del paese piazzarono, oltre a mitragliatri-ci, due cannoni antiaerei da 88 con alzo zeroverso Magenta, a mo’ di rappresaglia per ilcaso di un attacco partigiano». Don Colzanidecide di informare immediatamente Arioli,spiegandogli che un attacco, in quelle cir-costanze, era assurdo: «Io mi sono oppostodecisamente, perché i tedeschi bruciavanotutto. Prima di cedere, quelli...». Scrive unmessaggio e incarica una giovane staffetta,Luigi Ferrario, di portarlo subito ad Arioli.

«Giunto al comando, situato nella scuolaBaracca - racconta Ferrario - mi hanno impe-dito di muovermi. Ma quando dissi che mimandava don Virginio, subito mi portaronodal comandante Anselmo, che, appena lettala missiva, diede ordine di sospendere ogniazione bellica»16. È il 29 aprile.

A Ponte Vecchio giunge Luigi Puricelli,uno dei comandanti partigiani della zona, esi apre una lunga trattativa con il comandotedesco di Villa Castiglioni. Il negoziato siprotrae per diverse ore. «Le nostre mamme,donne di fede - ricorda Sandra Nosotti, al-l’epoca bambina - in un angolo recitavanoil Santo Rosario. Verso le 22 vediamo entra-re nel palazzo don Luigi Introini, parroco, edon Virginio Colzani, coadiutore. Le nostrepaure crebbero, perché là dentro erano tut-ti armati. Dopo qualche ora si sentono i passidei nostri preti. I tedeschi depongono le ar-mi, ci dicono. Ponte Vecchio è salva»17.

Qualche timore riaffiora l’indomani, quan-do l’avamposto tedesco è raggiunto dal re-sto della colonna in ritirata. L’apprensione,però, dura poco: nel primo pomeriggio, il ge-nerale tedesco di corpo d’armata Jahn con-corda la resa di tutte le sue forze18. Le trup-pe americane, sopraggiunte la sera prima,procedono poi al disarmo.

Nelle settimane successive alla Liberazio-ne, don Virginio si defila: «Dopo la vittoriaio ho dovuto star fuori un momentino, per-ché come prete ci sono state delle ritorsioninei confronti di quella gente lì. Han pelato,

15 Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (d’ora in poi INSMLI),Cvl, b. 60, f. 144, Relazione sull’azione svolta dalla Brigata Mattei nella zona di Magenta,1 maggio 1945.

16 Testimonianza di Luigi Ferrario, in Don Virginio Colzani: da cinquant’anni Sacer-dote per il popolo di Dio, cit., p. 28.

17 Testimonianza di Sandra Nosotti, in ibidem. Cfr ISEC, relazione di Martino Versetti(senza data, ma risalente al 1945).

18 Cfr. INSMLI, Relazione sull’azione svolta dalla Brigata Mattei nella zona di Magenta, cit.

Page 73: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alberto Magnani - Massimiliano Tenconi

72 l’impegno

han sbeffeggiato... Cose che, insomma, ionon accettavo, non condividevo». A lui, co-munque, è affidata la responsabilità del cen-tro raccolta armi di Ponte Vecchio. Poi si aprela fase della ricostruzione e don Colzani ri-prende la sua attività in parrocchia.

I giovani protestano troppo poco!

Giorgio Vecchio, concludendo il suo stu-dio sul clero lombardo alla prova della guer-ra, osserva che sarebbe un argomento daapprofondire l’analisi della vita pastoraledei sacerdoti passati attraverso l’esperien-za della Resistenza: si tratta di verificare inche misura «un carattere fiero e libero (e unavivace passione sacerdotale)», li abbia con-traddistinti anche negli anni successivi19.Non sarà fuori luogo, dunque, seguire la vi-cenda di don Virginio nell’Italia del dopo-guerra.

In primo luogo, si può osservare che donColzani rimane legato al suo passato di parti-giano. Nel diario storico della 168a brigata“Garibaldi”, è indicato come cappellano del-la formazione nonché comandante del di-staccamento di Robecco. Il 16 dicembre del1947 ottiene la qualifica di “partigiano com-battente ferito”, in quanto, nel periodo in cuicomandava il centro raccolta, durante il re-cupero di alcune bombe era rimasto coin-volto in un’esplosione. Il 17 marzo 1972 ver-rà insignito della Croce al merito di guerra20.

Don Colzani rimane a Ponte Vecchio finoal 1952. In seguito è nominato parroco diBrunello, una piccola frazione del comunedi Azzate, in provincia di Varese. Vi rimarrà

sedici anni. Sotto la sua guida, che per l’at-tenzione al dialogo con la realtà del mondomoderno è ricordata come anticipatrice degliindirizzi assunti dalla Chiesa con il ConcilioVaticano II, la comunità si ricompatta. L’im-pegno di don Virginio nei confronti dei suoiparrocchiani è totale e non si limita alle que-stioni spirituali.

L’ingegnere Guido Mangano, primo sin-daco di Brunello, ricorda come don Virginiofosse in prima linea nel movimento che por-tò, nel 1956, a riconquistare l’autonomia co-munale. E sempre grazie a lui, tanto sorri-dente quanto battagliero, si deve anche lacostruzione prima dell’acquedotto, poi del-l’oratorio e infine della casa parrocchiale. Lacomunità si stringe attorno al suo sacerdo-te e ne sostiene i progetti tanto che, con leofferte dei suoi parrocchiani, don Virginio èin grado di raccogliere per le sue opere piùdenaro di quanto non riesca ad ottenere ilsindaco con le tasse comunali21.

Nel frattempo, diplomatosi in catechesi esociologia, si dedica anche all’insegnamen-to nelle scuole; un incarico che manterrà peri successivi venticinque anni. La forte atten-zione al sociale di don Colzani caratterizzeràanche gli anni successivi del suo operato.

Nel 1965 si colloca un episodio che sem-bra uscito dalla penna di Giovanni Guare-schi, anche se la conclusione non è, forse,quella che avrebbe preferito lo scrittore emi-liano. Anselmo Arioli, sul letto di morte,manda a chiamare il sacerdote con cui hafatto la Resistenza. Arioli è sempre rimastoun comunista convinto, simile, anche nell’a-spetto - baffi compresi - allo stereotipo dei

19 G. VECCHIO, op. cit., p. 604.20 La documentazione in oggetto in Archivio storico diocesano, fondo Resistenza, fasci-

colo personale Colzani don Virginio.21 Testimonianza di Guido Mangano, in Don Virginio Colzani: da cinquant’anni Sacer-

dote per il popolo di Dio, cit., p. 30.

Page 74: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

“Ho fatto il prete e il partigiano”

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 73

racconti di Guareschi. Don Colzani si recaal capezzale del suo comandante di brigata.Non è una conversione in extremis, Ariolinon vuole i sacramenti, desidera soltanto lapresenza dell’amico. E don Virginio gli è ac-canto nel momento supremo.

Alla fine del 1968, nel pieno della conte-stazione studentesca e delle lotte operaie,don Colzani viene trasferito in una parroc-chia nei pressi di Gallarate, a Cascinetta. Nelprimo incontro che ha con i giovani dellanuova comunità non esita ad esprimere conchiarezza il suo pensiero sugli avvenimentiin corso. «Fanno male - dice don Virginio inquell’occasione - i giovani a protestare...così poco!». A quasi cinquant’anni, la suaindole ribelle è ancora viva. Da quel momen-to, per le nuove generazioni di quell’ango-lo del Varesotto, il nuovo parroco diventaun simbolo e un punto di riferimento che nonverrà mai meno.

A Cascinetta, don Virginio svolge la suamissione per i successivi ventisette anni. Ilsuo impegno e le sue realizzazioni abbrac-ciano tutti i campi, spaziando dall’arte agliincontri teologici. Allo stesso tempo la par-rocchia diviene un cantiere perennementeaperto: ristrutturazioni, ampliamenti, acqui-sizioni di nuovi locali messi a disposizionedalla collettività. Un lungo magistero atten-to al dialogo con l’intera comunità, che, conla creazione dei Gruppi familiari e dell’As-semblea comunitaria, viene coinvolta inogni attività. Ma, soprattutto, la sua operasi caratterizza per il particolare impegno ri-servato ai meno fortunati, agli ultimi. Eccolo,così, nei primi anni settanta, recarsi per bre-vi periodi in Madagascar in sostegno deimissionari, mentre sul piano locale incorag-gia ed ispira le attività dei gruppi orientati

verso i problemi del Terzo mondo. Oppure,sempre in quegli anni, quando il territorio ècoinvolto in una profonda riorganizzazioneeconomica in favore del settore terziario, fasentire il suo appoggio morale e materialealle famiglie operaie che rischiano di perde-re lavoro e sostentamento. Don Virginio, inquesto trapasso non certo indolore, pro-muove raccolte di fondi e non è raro incon-trarlo negli stabilimenti che rischiano lachiusura, mentre celebra le funzioni religio-se e distribuisce l’eucarestia ai lavoratori.Tanto fervore fa sì che, all’inizio degli anniottanta, prendendo spunto da “I miserabi-li” di Victor Hugo, la sua canonica è addirit-tura paragonata a quella del vescovo fran-cese di Digne, Bienvenu Myriel, figura che,per l’autore francese, aveva nell’eccessod’amore il suo tratto distintivo.

Nel 1985 Giovanni Barbareschi contattadon Colzani per la stesura del suo diziona-rio biografico dei sacerdoti che hanno par-tecipato alla Resistenza. Don Virginio gliscrive la citata lettera del 13 aprile22, fornen-do un resoconto molto sintetico della suaesperienza, non volendo, afferma, «dilun-garmi nel racconto di fatti che appartengo-no alla mia vita personale». E conclude: «Adistanza di ben quarant’anni, mi rimane unricordo amaro fatto di grande sofferenza edi tanta rabbia, perché il sacrificio di alloraancora non ha operato l’unità degli italianinella vera libertà».

Nel cinquantesimo della Liberazione, ilsettantacinquenne sacerdote accoglie alcu-ni intervistatori con grande cordialità e, inquell’occasione, si apre di più, racconta indettaglio la propria infanzia, la figura del pa-dre, l’attività da partigiano. In quei giorni èimpegnato a organizzare camion di soccorsi

22 Vedi nota 1.

Page 75: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Alberto Magnani - Massimiliano Tenconi

74 l’impegno

per le vittime della guerra nella ex Jugosla-via23.

Don Virginio Colzani muore il 9 agosto del2001. Pochi mesi più tardi, il 21 dicembre, lacommissione comunale di Gallarate, in oc-casione della Giornata cittadina della Rico-noscenza, per il suo lungo impegno spesoin favore della comunità, lo nomina cittadi-no dell’anno usando queste parole: «E-sempio concreto e sincero di servizio, ac-coglienza, ascolto, aiuto e consolazione per

chiunque gli si rivolgesse: ha accolto tutticoloro che hanno bussato alla sua porta,poveri, nomadi, sbandati, di ogni fede e re-ligione, offrendo conforto e consolazione,oltre che cibo per chi aveva fame. In tutti èvivo il ricordo della sua vera e sincera ca-pacità di essere portatore di speranza so-prattutto per i più sofferenti: don Virginio èstato veramente un punto di riferimento,protagonista nella costruzione di una civil-tà della verità e dell’amore»24.

23 Ricordo personale di Alberto Magnani, che era uno degli intervistatori. Nella circostan-za, emerse anche che don Colzani, in zona, godeva fama di taumaturgo, tanto che venivarichiesto il suo aiuto da famiglie ove vi era un malato.

24 http://www2.varesenews.it/articoli/2001/dicembre/sud/18-12benemerenze.htm.

Page 76: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

documenti

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 75

PIERO AMBROSIO (a cura di)

Il maggio 1945 a Vercelli

Immagini dei Fotocronisti Baita*

* La selezione di immagini è tratta dalla mostra Dai sentieri della libertà a Vercelli libe-rata, realizzata dall’Istituto in collaborazione con l’Archivio fotograficoLuciano Giachetti- Fotocronisti Baita e con la compartecipazione della Regione Piemonte, nell’ambito delprogetto Interreg Italia-Svizzera IIIA “La memoria delle Alpi - I sentieri della libertà”. Espostaa Vercelli nell’aprile del 2006, con la compartecipazione dell’amministrazione comunale, comesezione vercellese della più ampia Città in guerra, città liberate. Novara e Vercelli, lamostra (di cui si auspica la possibilità di pubblicare il catalogo) è stata esposta anche aNovara, Varallo, Trino ed è disponibile per ulteriori esposizioni.

Il testo - ridotto da quello della mostra - ha il semplice scopo di inquadramento essenzialedella vicenda. Per approfondimenti si rinvia alla relazione Biellese e Vercellese presentataal convegno L’insurrezione in Piemonte, Torino, 18-20 aprile 1985, ed edita nel volumeomonimo, Milano, Angeli, 1987, pp. 475-488. Una riedizione della relazione, integrata dalladescrizione delle vicende valsesiane (in quel convegno ed in quel volume trattate da MauroBegozzi e Francesco Omodeo Zorini; cfr. Dalla Valsesia e dall’Alto Novarese a Milano,pp. 374-382), è consultabile nel sito web dell’Istituto.

Per una lettura delle immagini e un inquadramento sull’attività dei Fotocronisti Baita nel1945, a partire dalla fine di aprile, si rinvia al testo di Laura Manione nel numero1 del 2009della rivista, in occasione della pubblicazione di immagini della Liberazione di Vercelli.

Si ricorda che è in programma per i prossimi numeri la pubblicazione di immagini di resadi truppe tedesche e della fucilazione del capo della Provincia Michele Morsero.

Dopo la liberazione di Biella, di Vercelli e

dei paesi fu attuato il piano di normalizza-

zione della vita civile, messo a punto nei

mesi precedenti. Le formazioni partigiane e

le Sap assunsero, agli ordini dei vari comi-

tati di liberazione, il controllo delle zone li-

berate. I Cln emanarono disposizioni per

l’ordine pubblico e svolsero, tramite appo-

site commissioni, un notevole lavoro per

l’assistenza ai civili e per garantire l’approv-

vigionamento di generi alimentari. Iniziò

inoltre l’attività legale delle rappresentanze

sindacali.

Il 1 maggio, nonostante la minaccia anco-

ra rappresentata dalla colonna nazifascista

in ritirata, che aveva compiuto eccidi a Ca-

vaglià e Santhià nei due giorni precedenti,

si svolsero imponenti manifestazioni popo-

lari: a Biella vi parteciparono quindicimila

persone; a Vercelli le brigate partigiane sfi-

larono nelle vie del centro e novemila per-

sone assistettero al comizio dei dirigenti

della Resistenza in piazza Cavour; altre mi-

gliaia parteciparono alle manifestazioni in

molti paesi della provincia.

Iniziava il periodo della ricostruzione.

Page 77: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Piero Ambrosio

76 l’impegno

Domenica 13 maggio le formazioni parti-

giane sfilarono ancora una volta a Vercelli,

prima della smobilitazione. Alle 7.30 si radu-

narono in piazza d’armi, un’ora più tardi ini-

ziarono a marciare, percorrendo via XX set-

tembre, viale Garibaldi, via Galileo Ferraris

e confluendo in piazza Cavour. Lungo il viale

era disposta una tribuna su cui avevano

preso posto le autorità militari e cittadine.

In piazza presero la parola i rappresentanti

degli Alleati, comandanti partigiani ed espo-

nenti politici della rinascente democrazia.

Vercelli, piazza Cavour, 1 maggio 1945Per tutte le fotografie di Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita © Archivio fotografico LucianoGiachetti - Fotocronisti Baita (Vercelli). Riproduzione vietata.

l’impegno76

Page 78: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il maggio 1945 a Vercelli

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 77

Sfilata partigiana del 1 maggio 1945 nelle vie di Vercelli

Page 79: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Piero Ambrosio

78 l’impegno

1 maggio 1945: partigiani in piazza Cavour e discorso di Ermenegildo Bertola

Page 80: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il maggio 1945 a Vercelli

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 79

1 maggio 1945: piazza Cavour gremita di partigiani e folla

Page 81: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Piero Ambrosio

80 l’impegno

Maggio 1945: soldati e mezzi corazzati americani nelle vie di Vercelli

Page 82: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il maggio 1945 a Vercelli

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 81

Maggio 1945: folla e partigiani a Vercelli

Page 83: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Piero Ambrosio

82 l’impegno

Sfilata del 13 maggio 1945 a Vercelli

Page 84: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il maggio 1945 a Vercelli

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 83

13 maggio 1945: in piazza Cavour al termine della sfilata

Page 85: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Piero Ambrosio

84 l’impegno

13 maggio 1945: autorità militari e partigiani in piazza Cavour

Page 86: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

documenti

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 85

LAURA MANIONE (a cura di)

La diocesi eusebiana

nelle immagini dei Fotocronisti Baita

Le campagne di inventariazione e le ripe-

tute consultazioni dei fototipi conservati in

Archivio hanno permesso di evidenziare

l’ingenza del fondo Baita e la possibilità di

“estrarre” dall’imponente corpus di imma-

gini una straordinaria varietà di percorsi

tematici, suggerita tanto dal lavoro dei fo-

tografi che lo hanno prodotto, quanto dalle

intuizioni di chi vi si accosta con sguardo e

strumenti critici contemporanei.

Le fotografie che tratteggiano il volto della

diocesi vercellese, anche in virtù del siste-

ma organizzativo adottato dallo stesso Gia-

chetti, costituiscono uno dei gruppi più

compatti e cospicui del fondo Baita. Radu-

nate in due scatole sotto la denominazione

“clero”, superano le duemilacinquecento

unità e sono comprese entro un periodo che

si estende dal 1945 al 1990, ovvero dall’anno

di fondazione a quello di chiusura dell’agen-

zia fotocronistica.

Non tutti gli argomenti sondati dagli o-

biettivi dei “baitini” vantano una frequen-

tazione tanto approfondita e prolungata da

coprire un’intera vicenda professionale: un

numero così elevato di immagini riconduci-

bili ad un unico ambito d’indagine non po-

teva quindi essere sottovalutato. Quantità

e sistematicità non sono gli unici elementi

che hanno determinato la realizzazione di

esposizione e volume; fra le ragioni del pro-

getto sono compresi anche il ruolo signifi-

cativo - e per certi versi fondante - della real-

tà ecclesiale nella società vercellese, l’enor-

me popolarità di immagini che interpretano

il sentimento religioso di una comunità e la

capacità, connaturata a certa fotografia, di

favorire un approccio interdisciplinare con

la storia.

Le sezioni proposte, di cui si fornisce un

estratto nelle pagine seguenti, sono: chie-

sa eusebiana tra Liberazione e ricostruzio-

ne, vita diocesana, sacre rappresentazioni,

associazioni e volontariato, formazione sco-

lastica, cattolici e mondo del lavoro. I testi

a corredo dei diversi capitoli sono notazioni

volutamente sintetiche; com’è consuetudi-

ne dei progetti promossi dall’Archivio, lo

spazio maggiore è riservato alle immagini,

alla loro capacità di esprimersi attraverso

quel linguaggio immediato che è la cifra sti-

listica più autentica del lavoro dei Fotocro-

nisti Baita.

In questo caso è però doveroso segnalare

il prezioso contributo testuale appositamen-

te scritto dall’arcivescovo di Vercelli mons.

Enrico Masseroni, in cui si legge: «In quasi

mezzo secolo l’Archivio ci offre lo spacca-

to su un mondo che sta vivendo ora un pro-

fondo mutamento culturale e religioso. Le

immagini, che delineano i tratti della nostra

Chiesa eusebiana sotto gli episcopati dei

miei indimenticati predecessori, mons. Fran-

cesco Imberti e mons. Albino Mensa, ci par-

Page 87: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Laura Manione

86 l’impegno

lano di una realtà ecclesiale assai diversa da

quella attuale, ma già segnata dal mutamen-

to provocato dall’evento conciliare. Forse

non manca una vena di rimpianto osservan-

do la grande partecipazione agli appunta-

menti di fede e devozionali dei decenni pas-

sati, segno di un sentimento religioso molto

forte, di cui è intrisa la nostra Chiesa vercel-

lese che vanta diciassette secoli di storia».

Attualmente, la mostra, costituita di ripro-

duzioni digitali impaginate su materiali leg-

geri e maneggevoli, è a disposizione di co-

muni o enti che facciano richiesta di noleg-

gio, mentre il catalogo è acquistabile in Ar-

chivio, in Istituto e in varie librerie di Ver-

celli.

Il vicario mons. Pietro Aragnetti nei giorni della Liberazione, Vercelli, 1945Per tutte le fotografie di Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita © Archivio fotografico LucianoGiachetti - Fotocronisti Baita (Vercelli). Riproduzione vietata.

Page 88: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

La diocesi eusebiana nelle immagini dei Fotocronisti Baita

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 87

Insediamento di mons. Imberti, Vercelli, 1945. Visita del cardinal Fossati, Vercelli, 1946

Page 89: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Laura Manione

88 l’impegno

Festa del cero, Vercelli, 1947. Visita della Madonna d’Oropa, Vercelli, 1949

Page 90: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

La diocesi eusebiana nelle immagini dei Fotocronisti Baita

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 89

Visita del cardinal Montini, Vercelli, 1959. Visita della Madonna di Fatima, Vercelli, 1959

Page 91: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Laura Manione

90 l’impegno

Insediamento di mons. Mensa, Vercelli, 1967. Funerali di mons. Imberti, Vercelli, 1967

Page 92: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

La diocesi eusebiana nelle immagini dei Fotocronisti Baita

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 91

Visita del cardinale Pellegrino, Vercelli, 1970. Cerimonia con parroci, Vercelli, 1970

Page 93: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Laura Manione

92 l’impegno

Visita della Madonna d’Oropa, Vercelli, 1971. Sacerdoti in convegno, Vercelli, 1973

Page 94: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

La diocesi eusebiana nelle immagini dei Fotocronisti Baita

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 93

Congresso eucaristico, Vercelli, 1980. La funzione dell’“Entierro”, Vercelli, 1986

Page 95: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Laura Manione

94 l’impegno

Processione delle macchine. Le spoglie di Piergiorgio Frassati in duomo, Vercelli, 1990

Page 96: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 95

Nel 1996 partecipai in Spagna alle mani-

festazioni per il sessantesimo anniversario

dell’inizio della guerra civile e in quell’oc-

casione conobbi due ex partigiani monrega-

lesi e ne divenni amico. Amicizia che colti-

vammo in seguito, incontrandoci una volta

l’anno a Mondovì, appuntamenti che scher-

zosamente chiamavamo “raduno degli au-

tonomi”, formazione in cui avevano milita-

to nella Resistenza.

Durante gli incontri, a cui partecipava un

altro loro compagno d’armi, ricordavano

momenti della loro esperienza partigiana,

fatta anche di simpatici aneddoti come il mai

perdonato “attentato alla vita” di cui uno

accusava l’altro per averlo trasportato su

sentieri di montagna in moto, mezzo di cui

era totalmente inesperto nella guida essen-

do la prima volta che lo utilizzava. Ma i rac-

conti erano soprattutto drammatici, come

quando uno di loro, che era stato fatto pri-

gioniero, dopo aver conosciuto quattro car-

ceri fasciste, con il rischio di essere fucila-

to, fu scambiato con un repubblichino.

Uno degli argomenti fu la liberazione di

Mondovì nell’aprile 1945, che permise di

«regolare i conti con il tenente Farina». Que-

st’ultima frase rimase archiviata nella mia

memoria senza ulteriori chiarimenti fino a

quando, in un successivo incontro, uno di

loro espresse tutta la sua amarezza: «Hai sa-

puto che il tenente Farina è uno dei martiri

del libro di Giampaolo Pansa?»1. A questo

punto nacque in me il desiderio di appro-

fondire, di capire, e questa è la ragione del-

la mia ricerca.

I repubblichini, il 2 novembre 1944, rioc-

cupata Alba, conquistata e tenuta dalle for-

mazioni partigiane per ventitré giorni, deci-

sero di regolare i conti con i “ribelli” e di eli-

minarli una volta per tutte. Ai Cacciatori

degli Appennini, trasferiti dal Veneto nelle

Langhe e sulle Alpi monregalesi, fu ordina-

to di attaccare gli autonomi di Mauri, ma

l’iniziativa fu respinta dalla tenace resistenza

partigiana a Castellino Tanaro e al passo del-

la Pedaggera. I nazifascisti decisero allora

di attuare un rastrellamento con maggiori

forze e concentrarono in zona circa ventimi-

la uomini: la XXXIV divisione tedesca, do-

tata di carri armati e artiglieria pesante, mili-

ti delle brigate nere di Cuneo e Novara, i Cac-

ciatori degli Appennini e reparti della “San

Marco” e della legione “Muti”. Il loro piano

prevedeva una manovra a tenaglia articola-

ta su cinque colonne per chiudere in una

sacca le formazioni partigiane delle Langhe

sud-occidentali e annientarle. Il 13 novem-

PIETRO RAMELLA

Il sangue versato dai vinti

Mondovì, maggio 1945

1 GIAMPAOLO PANSA, Il sangue dei vinti, Milano, Sperling & Kupfer, 2003.

Page 97: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Pietro Ramella

96 l’impegno

bre ebbe inizio il rastrellamento, ma la tena-

ce resistenza delle retroguardie, che impedì

il congiungimento delle braccia della tena-

glia, permise alle forze partigiane di sfuggi-

re all’accerchiamento e di raggiungere la

piana di Mondovì-Torino o le valli alpine. I

partigiani ebbero diversi caduti e persero

parte del materiale che gli Alleati avevano

paracadutato, ma riuscirono a evitare l’an-

nientamento.

Le operazioni continuarono, anche se con

minore intensità, fino al 24 dicembre, dopo-

diché i reparti nazifascisti ritornarono alle

basi di partenza, ad eccezione dei Cacciatori

degli Appennini, che furono destinati a pre-

sidiare il Monregalese2. Questi, oltre alle

violenze compiute durante il rastrellamento,

quando molte erano state le vittime civili,

falciate senza motivo, quando cascine, stal-

le e baite erano state distrutte e bruciate e

diverse case saccheggiate, il 20 dicembre

collaborarono con i tedeschi, che avevano

ammassato a Mondovì, in locali freddi e

senza cibo, duemila uomini anziani, poi co-

stretti ad andare a piedi per 30 chilometri fino

a Cuneo, fotografandoli e filmandoli come

«una colonna di ribelli catturati in combat-

timento nelle valli monregalesi», sotto la

minaccia di deportarli tutti in Germania. Solo

l’intervento del vescovo di Mondovì pres-

so le autorità tedesche riuscì ad evitare che

a tragedia di unisse tragedia e alla vigilia di

Natale i prigionieri vennero in gran parte li-

berati3. I giornali riportarono la notizia del

conferimento di medaglie al valore agli uffi-

ciali dei reparti repubblichini, per l’eroico

comportamento durante il rastrellamento.

Al comando del distaccamento dei Cac-

ciatori degli Appennini di Mondovì fu as-

segnato il tenente Alberto Farina, che s’in-

sediò nel municipio della città seminando il

terrore con violenze, crudeltà e angherie

d’ogni genere. Numerose donne sospetta-

te di essere in contatto con i partigiani ven-

nero arrestate e rinchiuse nei piani superio-

ri del municipio. Il locale era stretto e fred-

do, due sole volte al giorno potevano sod-

disfare i bisogni personali e il cibo era scar-

so e cattivo. Gli interrogatori del tenente

Farina erano lunghi e ripetuti e, se anche

non subirono torture, furono continuamen-

te atterrite con minacce di morte, tanto che

molte attendevano da un momento all’altro

di essere fucilate.

In una sola occasione vennero malmena-

te, quando, appreso che alcuni partigiani

stavano per essere fucilati, inscenarono una

violenta protesta urlando, tirando calci con-

tro la porta e cantando “Bandiera Rossa”.

Furono allora legate dal milite Cremonini a

una sbarra di ferro che attraversava il sof-

fitto del locale dove erano tenute prigionie-

re. Quelle che per la piccola statura non toc-

cavano terra si produssero lussazioni e di-

storsioni dolorose.

I maltrattamenti riservati ai partigiani o ai

loro supposti fiancheggiatori, imprigionati

nella ex Casa del fascio, erano degni delle

tristemente famose prigioni fasciste, le se-

vizie erano all’ordine del giorno, inflitte ol-

tre che dal tenente Farina, dall’ausiliaria

Emma Osella, sua fidanzata, e dai militi Bian-

chini e Bonaccorsi, ex pugili. Sebastiano

Vinai, che non era un partigiano combatten-

te, ma un membro del Cln di Mondovì, per i

maltrattamenti subiti rimase invalido, con-

2 MARCO RUZZI, L’apparato militare della Rsi in provincia di Cuneo: le unità del Centroaddestramento reparti speciali (Cars), in “Il presente e la Storia”, n. 46, dicembre 1994.

3 GILDO FOSSATI ET AL., Caratteri della Resistenza Cuneese, Cuneo, Cassa di Risparmio,1994, pp. 197-198.

Page 98: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il sangue versato dai vinti

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 97

dizione poi riconosciutagli dopo la Libera-

zione ai fini pensionistici. Diversi partigiani,

tra i quali Boscaglia, Burdisso, Oreglia e i

fratelli Vaschetto, conobbero varie forme di

tortura, come quella detta “alla Bergerac”,

in cui il prigioniero era messo contro un mu-

ro e obbligato a recitare una poesia e alla fi-

ne di ogni frase, per tutta la durata della re-

cita, veniva colpito dal Bianchini con un pu-

gno allo stomaco e uno al viso. Un’altra tor-

tura, che avveniva di notte, era quella detta

“il martirio dei Santi”, in cui il prigioniero era

obbligato a pregare inginocchiato, di nor-

ma per due ore, sui ganci a X in ferro che

reggevano le brande.

Durante un interrogatorio, Gaetano Bo-

scaglia, picchiato in modo selvaggio, finì a

terra dolorante e sanguinante, quando entrò

nella stanza un sergente tedesco che, vista

la scena, sputò in faccia al Farina, il quale

aveva tentato di giustificarsi dicendo: «Ha

confessato», anche se non era vero. Altra

prerogativa del Farina era l’aver organizza-

to un sistema di spionaggio per catturare i

partigiani che, sbandatisi dopo il grande ra-

strellamento di dicembre, cercavano rifugio

in pianura, dimostrandosi sempre puntuale

nel pagamento dei premi (chili di sale e de-

naro); sarebbero stati oltre una decina i pa-

trioti catturati a seguito di delazioni e in gran

parte in seguito fucilati4. I delatori, per odio

verso i partigiani o per interesse personale,

non furono nella maggior parte dei casi in-

dividuati; solo una donna, dedita alla bor-

sa nera, fu giustiziata dopo la Liberazione,

mentre altri due riuscirono a eclissarsi.

Resi rabbiosi per non essere stati in gra-

do di eliminare in modo definitivo le forze

partigiane, i fascisti terrorizzarono la popo-

lazione civile accusandola di connivenza

con i ribelli. Oltre al continuo prelevamento

di ostaggi, alle perquisizioni nelle case e

negli stessi edifici religiosi con conseguenti

ruberie, infierivano sulla popolazione distri-

buendo a rilento i generi alimentari raziona-

ti, quando non se n’appropriavano, esclu-

dendo i centri da loro non controllati.

Conferma il clima di terrore instaurato dai

repubblichini nel Monregalese la lettera in-

dirizzata il 2 gennaio 1945 dal vescovo di

Mondovì, Sebastiano Briacca, al prefetto

Galardo per protestare contro tali continui

soprusi e angherie. L’atteggiamento del pre-

sule irritò il colonnello Languasco, coman-

dante dei Cacciatori degli Appennini, a tal

punto che si espresse nei suoi confronti con

le parole: «La regione non sarà domata, se

non dopo aver messo davanti ad un ploto-

ne di esecuzione il vescovo ed i suoi sacer-

doti, a noi ostili».

Con l’avvicinarsi della primavera i parti-

giani rioccuparono le zone collinari e, rior-

ganizzatisi, obbligarono i repubblichini a

sgomberare i piccoli presidi periferici e, sem-

pre più audacemente, insidiarono anche i

centri maggiori, fatti che fecero comprende-

re ai fascisti che la resa dei conti era vicina.

Nel frattempo, i partigiani prigionieri dei vari

reparti fascisti furono concentrati a Ceva,

nella caserma degli alpini, e ammassati in un

locale al pianoterra, buio e freddo, con poca

paglia disfatta per letto ed un cibo scarso e

a volte immangiabile. Le loro condizioni

peggiorarono, comparvero i parassiti e la

scabbia. Ma successe un fatto imprevisto:

con un audace colpo di mano la banda del

tenente Pietro Ferrara “Pierino”, delle for-

mazioni “Mauri”, aveva catturato l’intero

4 LUIGI TOZZI, Il contributo di Mondovì alla guerra di liberazione, Mondovì, TipografiaMartini, 1955.

Page 99: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Pietro Ramella

98 l’impegno

presidio fascista di Magliano Alpi compo-

sto da ventuno militari, e di qui la minaccia

fascista di fucilare altrettanti partigiani pri-

gionieri che indusse le parti a coordinare

uno scambio. La sequenza dei fatti fu parti-

colarmente atroce.

Circa venti partigiani in prigione a Ceva

furono trasferiti a Carrù, cittadina scelta per

lo scambio; erano sollevati, convinti che sa-

rebbero stati tutti scambiati. Ma tredici dei

ventuno repubblichini prigionieri si rifiuta-

rono di essere scambiati e chiesero di esse-

re arruolati tra i partigiani, per cui lo scam-

bio (effettuato il 1 marzo) fu possibile solo

per otto. Lo spargimento di sangue non ces-

sò; il 4 marzo il colonnello Languasco, rima-

sto ferito nel corso di un’imboscata al pas-

so della Pedaggera, in cui morirono quattro

dei suoi, ordinò per rappresaglia la fucila-

zione di dieci partigiani detenuti nelle car-

ceri fasciste, di cui tre a Mondovì: Andrea

Belvolto, Vincenzo Carasso e Giuseppe Fer-

reri, che furono fucilati il 5 marzo presso il

cimitero da militi agli ordini del tenente Fa-

rina. Il giorno dopo la rappresaglia prose-

guì e una corte marziale istituita a Carrù, a

cui parteciparono tedeschi, brigate nere e il

Farina, arrivato a Carrù con la Osella, Bian-

chini e Bonaccorsi, processò e condannò a

morte i partigiani non scambiati.

Prima del processo si era tenuta una cena

in cui erano stati serviti piatti ricercati e vini

pregiati, mentre un giradischi allietava la riu-

nione. Poiché l’ordine del Languasco dispo-

neva la fucilazione di dieci partigiani e tre

erano già stati uccisi a Mondovì, si proce-

dette a una drammatica estrazione di sette

prigionieri: Mario Comino, Giovanni Pane-

bianco, Giorgio Roggero, Remigio Ghisolfi,

Elia Sola e i fratelli Andrea e Mario Vaschet-

to. La sentenza ebbe effetto immediato; alle

22 i repubblichini, tra cui Farina e compa-

gni, trascinarono fuori i sette e li uccisero

in feroce sequenza: Sola e Panebianco lun-

go il muro della cattedrale, Mario Vaschetto,

Comino e Ghisolfi in piazza Nuova (dove era

avvenuto lo scambio) e Andrea Vaschetto

e Roggero in via Benevagienna. I fascisti or-

dinarono di non toccare i morti, che rimase-

ro per tutto il giorno distesi nella neve ar-

rossata dal loro sangue. Alcuni familiari ap-

presero della morte dei loro cari da manife-

sti fatti affiggere dal Languasco.

Il 2 aprile Farina incontrò a Niere di Villa-

nova il capitano Scimè, comandante della V

divisione “Alpi-Mondovì”, per concorda-

re le condizioni di resa del presidio ai suoi

ordini, chiedendo in cambio salva la vita per

sé e i suoi uomini: le parti si impegnarono

ad evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Ma gli accordi furono immediatamente vio-

lati dal Farina, tanto che lo stesso giorno fu-

rono uccisi a Mondovì i partigiani Lorenzo

Caviglia e Michele La Salvia, il 13 aprile a

Bastia Mondovì il milite Bonaccorsi freddò

il partigiano Antonio Avagnina, subito do-

po l’arresto a casa sua, il 14 vennero barba-

ramente trucidati in località Gosi di Frabosa

Giorgio Sottana Basso, Attilio Ciocca e Gio-

vanni Colombo.

L’elenco dei morti partigiani è molto più

lungo se si considerano i fucilati delle zone

limitrofe a Mondovì, sempre sotto il control-

lo dei Cacciatori degli Appennini: il 6 marzo,

a Dogliani, vennero fucilati Armando Me-

niciatti e i fratelli Waldem e Giuliano Cirelli,

il 27 marzo, a Sant’Albano Stura, Natale Fer-

rero, Gianmario Garelli, Emanuele Grisotto,

Nicola Sacco e Domenico Torta. A causa di

queste nuove uccisioni, il capitano Scimè

dichiarò privi di validità gli accordi presi con

il Farina, mentre il tribunale di guerra del I

Gruppo divisioni alpine “Mauri” condanna-

va a morte in contumacia i fascisti colpevo-

li di particolari atrocità, tra i quali Farina e

compagni.

I tribunali di guerra agivano nel pieno del-

la legalità, in quanto organismi istituiti con

Page 100: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il sangue versato dai vinti

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 99

decreto n. 20 del 15 ottobre 1944 del Cln, che

legiferava in delega al governo italiano le-

gittimo, «onde consentire la più immediata

punizione di quei reati che per la loro atro-

cità hanno profondamente colpito la pub-

blica coscienza». Decreto confermato dal

bando Crmp del 1 novembre 1944, che re-

golava i tribunali di guerra territoriali e quelli

di divisione, i quali «giudicano in nome del

popolo italiano ed applicano i codici penali

e le altre leggi in vigore alla data dell’8 set-

tembre 1943, con le modifiche risultanti dal

presente bando», stabilendo gli organici dei

tribunali.

Il Cln del Piemonte, nell’imminenza dell’in-

surrezione, aveva emanato drastiche dispo-

sizioni che prevedevano la pena capitale in

primo luogo nei confronti delle spie, quindi

dei tedeschi e dei fascisti che si fossero

macchiati di reati tali da configurarli come

criminali di guerra. Appresa la notizia della

cattura ed esecuzione di Mussolini, molti

fascisti, tra cui il colonnello Languasco, il

tenente Rizzo e altri, temendo la giustizia

partigiana, abbandonarono il Monregalese,

aggregandosi all’armata tedesca che si sta-

va ritirando dalla Liguria, con la quale rag-

giunsero il Canavese, da dove Languasco

riuscì a eclissarsi, evitando la giustizia par-

tigiana che colpì altri suoi commilitoni.

Il tenente Farina e l’ausiliaria Osella, con-

sci delle loro responsabilità, dismessa la di-

visa, tentarono di fuggire in abiti civili, con

i fidi Bianchini e Bonaccorsi (non si dimen-

tichi che la donna era di Alba e quindi con-

tava di trovare appoggi in zona), ma venne-

ro traditi da una recluta fascista che, timo-

rosa per la sua vita, li consegnò ai partigiani

quando erano già saliti su un camion pron-

to a partire. Non ci fu quindi alcuna trattati-

va di resa con promessa di aver salva la vita;

Farina sapeva benissimo che non aveva nul-

la da concedere, fu arrestato e basta.

Con loro fu catturata un’altra ausiliaria,

quella a cui Bianchini avrebbe affidato il suo

testamento, e che i partigiani lasciarono li-

bera perché nei suoi confronti non esiste-

vano accuse. Come avvenne d’altronde per

il repubblichino tenente Baldieri e i suoi, che

ricevettero un lasciapassare sulla strada tra

Mondovì e Villanova per raggiungere i luo-

ghi di concentramento.

Il 29 aprile i partigiani occuparono Mon-

dovì, la brigata “Ellero” della V divisione

“Alpi” prese il controllo della città e il capi-

tano Scimè installò il Comando piazza nel-

l’asilo di via San Francesco. Parteciparono

alla liberazione della città la 179a brigata

“Garibaldi” e la brigata “Castellino” della I

divisione “Langhe”, che occupò Mondovì

Breo. I militari fascisti fatti prigionieri ven-

nero rinchiusi nelle prigioni della caserma

Galliano. Il giorno dopo Farina e i suoi furo-

no trasferiti in città e per evitare che la po-

polazione, radunata nella piazza della stazio-

ne dopo essere stata avvertita dell’arrivo dei

prigionieri, si facesse giustizia da sola, lin-

ciandoli, i partigiani di scorta dovettero spa-

rare raffiche in aria per poter proseguire e

raggiungere Mondovì Piazza, dove furono

rinchiusi in prigione.

Secondo il disposto della circolare Crmp

n. 27 del l gennaio 1945, anche a Mondovì

era stato istituito un tribunale di guerra con

l’assistenza, per controllare la regolarità dei

procedimenti, del pretore Martelli e di un av-

vocato (Zappino?). Il tribunale di guerra di

Mondovì prese atto e confermò la condan-

na a morte a suo tempo emanata dal tribu-

nale partigiano per Farina, la Osella, Bonac-

corsi e Bianchini quali criminali di guerra. La

sentenza che, secondo il disposto del cita-

to decreto del Clnai, avrebbe dovuto essere

eseguita immediatamente, forse fu rimandata

di alcuni giorni perché l’avvocato Verzone,

prefetto di Cuneo, stava contattando i Cln

locali per comunicare che, per ordine del Co-

mando alleato, le esecuzioni capitali erano

Page 101: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Pietro Ramella

100 l’impegno

sospese. Ma nelle prime ore del 5 maggio i

quattro furono prelevati dalle carceri e por-

tati in piazza Ellero, presso il ponte distrutto

della ferrovia, e giustiziati. La sentenza fu

eseguita ugualmente perché non si ritenne-

ro applicabili le disposizioni del Comando

alleato, in quanto le truppe angloamericane

non erano ancora arrivate e la città conti-

nuava ad essere sotto giurisdizione del Cln

locale e del Comando piazza partigiano. La

prova che vi fu un regolare processo deri-

va dalla lettera testamento del Bianchini in

cui risulta che egli è cosciente della condan-

na e in attesa della stessa.

Giampaolo Pansa, sia nel libro ricordato,

che in un articolo apparso ne “La Bisalta”5,

sul filo di una pietas revisionista tace in

merito alle responsabilità dei fucilati e mette

soprattutto in evidenza la lettera che il Bian-

chini indirizza ai genitori prima di essere giu-

stiziato. Egli si rifà al destino, di cui si pro-

clama responsabile, chiede di pregare per lui

affinché Dio lo accolga nel suo regno, per-

dona quelli che lo uccideranno, chiede an-

che ai suoi di perdonarli, ma di non cercarli

né per vendicarsi, in quanto rifiuta la ven-

detta, né per conoscerli, perché loro non co-

noscono il perdono, anzi li definisce un’or-

da di gente desiderosa di vendetta. Anche

le madri dei morti dell’altra parte sono ac-

comunate nella vendetta, lascia a Dio il com-

pito di giudicarli. Quindi si richiama all’amor

di patria, come motivo della sua scelta e delle

sue azioni. Chiede a Dio la forza di gridare

davanti al plotone di esecuzione «Viva l’Ita-

lia». Nella lettera non si nota un qualsiasi

segno di pentimento per l’operato che ne

ha determinato la condanna a morte.

Nel libro si afferma genericamente che

«c’erano degli altri soldati, quasi tutti mol-

to giovani», senza precisare che gli altri era-

no due, mentre l’articolo fa rilevare che i due

militi non avevano ancora compiuto i diciot-

to anni, ma si dovrebbe anche ricordare che

dei ventitré partigiani la cui morte può es-

sere imputata al Farina e alla sua banda, dieci

avevano dai diciassette ai ventitré anni.

Il voler colpire l’emotività non fa parte del

compito degli storici, come il far passare i

partigiani monregalesi per vendicatori san-

guinari è spudoratamente falso. A quel tem-

po infatti erano trattenuti nelle prigioni altri

quindici Cacciatori degli Appennini, di cui

otto furono successivamente giudicati dal-

la Corte d’Assise straordinaria di Cuneo il

18 giugno 1946, «imputati del delitto di cui

agli art. 1 dll 22 aprile 1945 n.142 e art. 5 dll

27 luglio 1944 n. 159, in relazione all’art. 51

Cpmg, per avere quali appartenenti alle for-

ze armate repubblicane della divisione “Cac-

ciatori degli Appennini”, per favorire il ne-

mico, partecipato in territorio della provin-

cia di Cuneo a rastrellamenti durante i quali

furono commessi omicidi, saccheggi e cat-

ture di prigionieri, ed inoltre partecipato ad

arresti di patrioti e collaboratori, a requisi-

zioni illegali, al servizio di custodia e vigi-

lanza in carcere di detenuti politici ed infine

ad esecuzioni capitali nei confronti dei pa-

trioti dal 1944 alla Liberazione. In particola-

re essi hanno fatto parte di un reparto di po-

lizia fascista che, al comando del ten. Fari-

na, operò in Mondovì dal dicembre 1944 al-

l’aprile 1945 spargendo il terrore in città ed

in tutti i paesi della zona».

Furono tutti condannati: Vittorio Bidoli e

Paolo Zani a trent’anni di reclusione; Eligio

Santini a diciotto anni; Efisio Serra a dodici

5 ERNESTO ZUCCONI, Le donne dimenticate. Si chiamava Emma Osella era un’ausiliariadi 22 anni, in “La Bisalta”, 23 febbraio 2006.

Page 102: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il sangue versato dai vinti

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 101

anni; Germiniano Libbra, Pietro Malandrini

e Davide Vaccari a otto anni; Renzo Poli a

cinque anni.

Per effetto dell’amnistia Togliatti (dp 22

giugno 1946 n. 4) tutti gli imputati furono

liberati. Ai due imputati maggiori la Corte ri-

conobbe le attenuanti generiche previste

dall’art. 62 bis cp, al Bidoli «in considera-

zione del suo non elevato grado militare e

dal fatto che fu costretto da circostanze che

sfuggirono al suo controllo, come quelle che

travolsero lo stato italiano l’8 settembre

1943, ad essere indotto ad entrare nelle trup-

pe dell’illegittima formazione fascista», e

allo Zani per la stessa motivazione, giustifi-

cando inoltre il suo aver preso parte ad un

plotone di esecuzione in occasione della fu-

cilazione di quattro partigiani facendolo di-

pendere «da un suo stato di particolare ot-

tusità mentale e morale».

Da rilevare infine che la Corte diede un’in-

terpretazione tutta particolare dell’operato

degli imputati minori accusandoli tutti di fa-

voreggiamento al nemico, distinguendo pe-

rò le loro azioni tra le operazioni di polizia

politica e quelle propriamente militari (scontri

a fuoco o fucilazioni), dando quindi una di-

versa valutazione delle accuse loro rivolte.

Viene da chiedersi come fu possibile defini-

re azioni di polizia politica il partecipare a ra-

strellamenti, perquisizioni e arresti e conclu-

dere che se non spararono (fatto di difficile

prova) non parteciparono ad azioni dirette

intenzionalmente a fini militari. La stessa

Corte d’Assise ratificò la condanna a mor-

te dei quattro maggiori responsabili. Detto

tribunale, riunito in più sezioni, emise dopo

la Liberazione quarantatré condanne a mor-

te di cui una sola eseguita, tra queste quel-

la che il 13 novembre 1947 condannava a

morte in contumacia per gli stessi delitti at-

tribuiti a Farina e compagni, il tenente Atti-

lio Rizzo, il sergente Giovanni Vienna (il

boia) e il maggiore Guido Dal Piaz, tutti ap-

partenenti a reparti dei Cacciatori degli Ap-

pennini.

Page 103: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

ALESSANDRO ORSI

Il nostro Sessantotto

I movimenti studenteschi e operai in Valsesia e Valsessera

2008, pp. 240, € 12,00

Riedizione accresciuta, in occasione del quarantesimo anniversario del Sessantot-to, del volume di Alessandro Orsi, già pubblicato dall’Istituto nel 1990.Afferma l’autore: «Sono quarant’anni, dunque. Quarant’anni da quel 1968, mirabo-lante anno, diventato simbolo di avvenimenti e processi di cambiamento nel mon-do, maturati negli anni sessanta e generatori di effetti prolungatisi nei decenni suc-cessivi. Anni di ideali e di brame di libertà. L’anniversario può servire a riflettere,ridiscutere e congetturare su come riaprire un canale di trasmissione di storia au-tentica e di valori validi.Ecco un obiettivo, allora, del ripubblicare “Il nostro Sessantotto”: ci saranno purelettori, spero anche giovani, curiosi di avere notizie sulle vicende del Sessantottomagari in un’area periferica come la Valsesia. Cerchiamo, quindi, di informarli».Scrive Claudio Dellavalle, autore delle prefazioni di entrambe le edizioni del volu-me: «Per la nuova edizione de “Il nostro Sessantotto” Alessandro Orsi presenta al-cuni materiali e avvia una nuova fase di riflessione sull’attualità di quell’esperien-za. Opportuna l’integrazione, opportuna la pubblicazione del volume, che a mio av-viso resta tra i migliori risultati di conoscenza del movimento nelle sue articolazioniperiferiche.Venne allora posta in termini di movimento, di partecipazione di massa, la questionedell’ammodernamento della democrazia italiana, questione che fu accolta solo inminima parte in un riformismo di corto respiro e nelle sue richieste più impegnativevenne contrastata e deviata.È opportuno rileggere il Sessantotto senza paraocchi ideologici, con gli occhi di chil’ha vissuto, con tutte le complessità che l’accompagnarono, come il libro ci aiutaa fare».

Page 104: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

l’impegno 103

In tempi servili/ qui cercava rifugio/ nel-

la storia e nella poesia/ qui nell’attesa/ in-

segnava la dignità del cittadino/ Antonio

Giuriolo/ cresciuto e caduto per la religio-

ne/ della libertà.

Queste parole sono incise su una piccolalapide, murata sopra una porta interna dellaBiblioteca civica Bertoliana di Vicenza. Da-vanti ad esse, il 26 settembre 1948, Norber-to Bobbio, commemorando la figura di Giu-riolo, lo definì «un nobilissimo esempio dieducatore senza cattedra». Giuriolo «passa-va gran parte del tempo libero a studiare inbiblioteca, e un po’ a discutere di libri e diidee con qualche coetaneo amico», poiché,laureatosi in Lettere a Padova nel 1935, vi-veva dando lezioni private, dal momento chenon poteva insegnare nelle scuole, avendorifiutato l’iscrizione al Partito fascista, raroesempio nella società del tempo. Allora, in-fatti, Toni Giuriolo era tra i pochi antifasci-sti a Vicenza, insieme al cattolico GuglielmoCappelletti e ai socialisti Livio Bottazzi eMarcello De Maria.

«Era questa la cosa che per prima ci face-va sgranare gli occhi conoscendolo - scri-ve Gigi Meneghello - il primo segno di unaqualità ignota all’ambiente culturale in cuieravamo cresciuti».

Fin dal 1937 Giuriolo aveva aderito al li-beralsocialismo di Aldo Capitini e Guido Ca-logero, un percorso etico e filosofico che

portava al superamento del socialismo libe-rale di Carlo Rosselli e del binomio giusti-zia-libertà e che confluì in seguito nel Parti-to d’azione.

Attorno a Giuriolo, affascinata dalla suafigura, si raccolse una schiera di giovaniintellettuali, una generazione nata e cresciu-ta durante il regime fascista, un piccolo mon-do culturale venuto talvolta anche a patticon certi ambienti giornalistici del regime.

«Cominciò a interessarsi di noi proprionell’estate 1940 - scrive ancora Meneghel-lo - nei mesi del lutto e delle lagrime: forseanche per reazione a ciò che pareva l’ultimacatastrofe».

Giuriolo, con il suo “magistero”, è presen-te in tutto il libro di Gigi Meneghello, “I pic-coli maestri”, dedicato all’esperienza resi-stenziale sua e dei suoi amici: Lelio Spane-vello, Bene e Nello Galla, Enrico Melen,Dante Caneva, Rodino Fontana e RenzoGhiotto.

Lo incontriamo fin dal terzo capitolo,quando Meneghello, giovane ufficiale deglialpini, dopo l’8 settembre 1943, torna al suopaese natale, Malo, in provincia di Vicenza,e poiché sente il bisogno di “fare qualco-sa”, ne parla con l’amico Lelio: «“L’Italiavera - dicevo a Lelio nelle secche del nostroesilio militare - è rinchiusa nell’animo deglioppositori totalitari, come Antonio Giurio-lo. È uno di Vicenza, avrà trent’anni; è pro-

SONIA RESIDORI

Un maestro “sconosciuto”

Antonio Giuriolo, il “capitano con gli occhi di bambino”

Page 105: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Sonia Residori

104 l’impegno

fessore, ma non fa scuola perché non havoluto prendere la tessera.

“Credevo che non ce ne fossero più”, di-ceva Lelio.

“C’è lui”, dicevo io. “E si può dire che noisiamo i suoi discepoli”.

“Cosa vuoi discepolare?”, diceva Lelio;ma io gli spiegavo che chi frequentava ToniGiuriolo diventava fatalmente suo discepo-lo, e in fondo anche chi frequentava i suoidiscepoli. “Ormai sei suo discepolo anchetu”, gli dicevo.

“Quanti ce n’è di questi discepoli?”.“Saremo una dozzina”.“Come quelli di G. Cristo”.“Quelli erano gli apostoli”.Approfittavo per dargli una breve biblio-

grafia sull’argomento: Omodeo, Renan, lacritica storica. Lelio era colpito: “Come le saiqueste cose, tu?”.

“Da Giuriolo s’impara quello che si do-vrebbe imparare a scuola”».

L’8 settembre 1943 segnò per questi gio-vani intellettuali il passaggio all’antifasci-smo, non senza aver fatto i conti con l’“ere-dità” che si portavano appresso, quella diessere stati “i giovani di Mussolini”. Si trat-tò di una scelta a volte improvvisa, ma con-creta e non equivocabile, scelta avallata dauna sorta di “esame di coscienza”, testimo-ne delle posizioni faticosamente e intima-mente raggiunte.

Molti di quei giovani presero la via dellamontagna «senza particolari suggestionipolitiche, ma solo per far la guerra per la li-bertà, contro il nazifascismo». Il motore del-la presa di coscienza condivisa, infatti, erarappresentato dalla religione della libertà,così cara a Giuriolo, con la sua intransigen-te carica etica e con le sue ascendenze cro-ciane.

Dopo le prime prove di vita alla macchiacompiute non a caso in val del Mis, nel Bel-lunese, dove operava Toni Giuriolo, il grup-

po, presto chiamato “degli universitari”, os-sia dei “piccoli maestri”, tra la fine di aprilee i primi di maggio del 1944, si trasferì sul-l’altopiano di Asiago e costituì una esigua,ma indicativa componente della Resistenzavicentina.

“I piccoli maestri” non è esattamente unromanzo di formazione: si tratta di una cro-naca dal di dentro della Resistenza di estra-zione studentesca e borghese, estranea allatradizione politica rivoluzionaria del social-comunismo. È un racconto che si situa trala letteratura e la fonte storica, come preci-sa lo stesso autore nella postfazione all’edi-zione del 1986: «Il vecchio editore lo chia-mò “romanzo”, il secondo anche, e io nonho niente in contrario; ma non mi ero certoproposto di scrivere un romanzo (né del re-sto un non-romanzo). Ci tenevo bensì chesi potesse leggere come un racconto, cheavesse un costrutto narrativo. Ma ciò chemi premeva era di dare un resoconto veritierodei casi miei e dei miei compagni negli annidal ’43 al ’45: veritiero non all’incirca e all’in-grosso, ma strettamente e nei dettagli. Trop-po forse, dal punto di vista del garbo narra-tivo; ma il garbo m’importava assai meno.Mi ero imposto di tener fede a tutto, ognisingola data, le ore del giorno, i luoghi, ledistanze, le parole, i gesti, i singoli spari».

Meneghello scrive fatti reali della guerracivile così come li ha vissuti. È a tal puntoaderente alla realtà, alla “verità stessa dellecose”, che Emilio Franzina, in un suo sag-gio dell’ormai lontano 1987, ha dimostrato«l’effettiva meticolosità e l’autenticità del-la testimonianza che al pari di tutte le altrecertifica la riuscita di uno sforzo continuodi rievocazione persino minuta di particola-ri e di dettagli accaduti», affiancando unbrano de “I piccoli maestri” con il testo diun “mattinale” della Gnr. Le analogie tra lafonte letteraria e quella documentaria sonodavvero impressionanti.

Page 106: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Un maestro “sconosciuto”

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 105

La storia di quei giovani studenti è dun-que uno spaccato attendibile della Resi-stenza vicentina. Personaggi, luoghi ed e-venti narrati non sono frutto di un’“inven-zione” romanzesca, così come gli effetti co-mici non sono una ricerca per suscitare ilsorriso nel lettore, ma gettano fasci di lucesu verità nascoste tra le pieghe dei discorsie delle situazioni.

Il gruppo de “I piccoli maestri”, il gruppodi Toni Giuriolo, si scompaginò durante ilrastrellamento del 5 giugno 1944. L’autorescampò a stento e Toni Giuriolo, ferito a unamano che minacciava di incancrenire, si ri-fugiò dapprima a casa ad Arzignano, poi aBologna dai cugini. Guarito, dopo esserestato curato al centro ortopedico “Rizzoli”,assunse il comando della brigata “MatteottiMontagna”, che operava nell’alta valle delReno. Toni Giuriolo morì durante uno scon-tro a fuoco contro le truppe tedesche il 12dicembre 1944 a Lizzano di Belvedere e ilsuo corpo venne recuperato dai suoi uomi-ni soltanto la primavera successiva. Su pro-posta del comando americano, gli venneconferita la medaglia d’oro al valor militaree sul luogo della sua uccisione venne eret-to un cippo.

Il film di Daniele Luchetti si è rivelato unatrasposizione assai modesta del libro di Gigi

Meneghello. Ed è un gran peccato, un’oc-casione mancata per parlare ai giovani diResistenza, lontana dai toni epici della tra-dizione, una Resistenza senza retorica comeappunto era nelle intenzioni dell’autore stes-so. D’altra parte non era facile confrontarsicon un’opera letteraria così complessa: sitratta di un testo giocato sulla scrittura, ric-co di toni colloquiali, spesso tipicamenteveneti, innervato di ironia, rivolta soprattut-to a se stesso. Il risultato finale, comunque,è assai deludente e i “piccoli maestri”, ra-gazzi incoscienti come lo sono tutti i giova-ni combattenti di ogni guerra, risultano, adessere generosi, figure sempliciotte.

Storia e personaggi mancano di spessoree la breve, fugace apparizione di Giuriolo nelfilm, nei panni del bravo Marco Paolini, nonrende giustizia al racconto di Meneghello eneppure alla realtà dei fatti. L’errore dellatrasposizione cinematografica sta appuntonella marginalità della figura del comandanteToni, del “Maestro” per eccellenza, in quan-to: «Senza di lui non avevamo veramentesenso - riconosce lo stesso Meneghello nellibro - eravamo solo un gruppo di studentialla macchia, scrupolosi e malcontenti; conlui diventavamo un’altra cosa».

Il film senza Toni Giuriolo non ha veramen-te senso.

Page 107: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

LAURA MANIONE - PIERO AMBROSIO (a cura di)

1948: l’anno della Costituzione

Immagini dei Fotocronisti Baita

2008, pp. 84, € 10,00

Il catalogo raccoglie un’ampia selezione di immagini della mostra omonima, realiz-

zata dall’Archivio fotografico Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita e dall’Istituto,

con la compartecipazione del Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione

dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana.

Conclusi il 31 gennaio i lavori dell’Assemblea costituente, furono indette le prime

elezioni del parlamento repubblicano. Sulla scena politica vercellese - oltre ai costi-

tuenti Ermenegildo Bertola, democristiano, e Francesco Leone, comunista - si mos-

sero altri esponenti politici, alcuni dei quali saranno eletti. Si sviluppò ben presto

una campagna elettorale dai toni molto accesi; numerosi furono i comizi in città e in

molte località della provincia: tra i politici più noti fecero tappa a Vercelli il comuni-

sta Umberto Terracini, già presidente dell’Assemblea costituente; il presidente del

Consiglio dei ministri, il democristiano Alcide De Gasperi; il vicepresidente del

Consiglio e segretario del Partito socialista dei lavoratori italiani, Giuseppe Saragat;

il segretario del Partito socialista, Lelio Basso.

Il 18 e 19 aprile la Democrazia cristiana conquistò la maggioranza dei voti e dei seg-

gi alla Camera e al Senato; a Vercelli e complessivamente in provincia - pur aumen-

tando i consensi rispetto alle elezioni del 1946 - si collocò invece al secondo posto,

dopo il Fronte democratico popolare, comprendente comunisti e socialisti.

Nel corso di tutto l’anno la vita politica e associativa fu segnata da eventi e presen-

ze di rilievo: furono soprattutto i comunisti a organizzare varie iniziative, dalle feste

nei rioni e nelle frazioni del capoluogo (tra cui quella ai Cappuccini, a cui partecipa-

rono i figli di Antonio Gramsci, Delio e Giuliano, accompagnati dall’ex comandante

partigiano valsesiano Cino Moscatelli) e nei paesi del circondario, fino alla Festa

de “l’Unità”, la prima di una lunga serie, che si svolse ad ottobre, con corteo, sfilata

di carri allegorici, comizio, gare sportive, concerti, balli e fuochi artificiali.

Intanto procedeva la ricostruzione: il 5 settembre, alla presenza dei ministri Giusep-

pe Pella ed Ezio Vanoni, fu inaugurata la prima Mostra delle attività economiche,

organizzata dalla Camera di commercio; il 17 ottobre, con l’inaugurazione del rico-

struito ponte sulla Sesia (che era stato distrutto da bombardamenti aerei alleati nel

1944-45), venne finalmente riattivata la linea ferroviaria per Novara. Ci si avviava,

alacremente, alla normalità.

Page 108: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

saggi

l’impegno 107

SABRINA CONTINI

Il riordino dell’archivio dell’Istituto

Fin dalla sua costituzione nel 1974, unadelle finalità principali dell’Istituto è statala conservazione e la valorizzazione delladocumentazione relativa alla lotta di libera-zione nel territorio compreso tra Vercellese,Biellese e Valsesia.

Inizialmente depositario solo del fondoMoscatelli, l’archivio si è in seguito arric-chito con la donazione di fondi personali dialtri ex partigiani, che sono stati catalogatie ordinati e rappresentano ancora oggi laparte più significativa del materiale conser-vato.

Dagli anni ottanta tuttavia, con l’ampliar-si delle prospettive della ricerca storica con-temporanea e con il coinvolgimento del-l’Istituto in numerosi progetti di ricerca alivello locale e regionale, sono confluiti nel-l’archivio documenti di vario genere (nonsolo cartaceo, ma anche audiovisivo e fo-tografico), piccoli fondi personali, fondi diassociazioni e partiti politici, memorie e mi-scellanee varie, che hanno arricchito il pa-trimonio documentario originario conferen-dogli un carattere molto più vicino alle nuo-ve finalità, ovvero lo studio della societàcontemporanea, che andavano affiancan-dosi a quelle per le quali la rete degli istitutistorici fu creata.

Con l’inserimento dei dati relativi all’ar-chivio dell’Istituto nella banca dati Insmli(Guida agli archivi storici degli Istituti della

Resistenza) all’inizio degli anni novanta,molti di questi fondi sono stati catalogati eschedati e sono consultabili in Internet. Peraltri, invece, una schedatura più sistemati-ca e analitica è stata rimandata e realizzatasolo dopo il trasloco dell’Istituto nell’attua-le sede operativa di Varallo.

L’attività di riordino, iniziata nel luglio2007 a cura della scrivente e tuttora in cor-so, ha avuto come principali obiettivi primadi tutto la rilevazione dello stato dell’archi-vio, con l’individuazione e la verifica di tut-to il materiale presente, e in secondo luogola sistemazione e schedatura analitica deifondi rimasti esclusi dalle precedenti attivi-tà di riordino.

Sono state così integrate con le nuoveacquisizioni alcune serie già presenti nellastruttura originaria dell’archivio, come quel-la dei piccoli fondi e dei fondi personali, edè stata creata una serie nuova relativa ai par-titi politici. È stata, inoltre, riordinata e or-ganizzata in modo più sistematico e per temila serie, in parte già esistente, delle miscel-lanee.

Una parte importante dell’attività di rior-dino, infine, è stata dedicata all’archivio so-noro: è stato prodotto, infatti, un inventarioanalitico delle audiocassette conservatenell’audiofotocineteca, contenente anchel’elenco nominativo delle testimonianze ora-li raccolte negli anni settanta e ottanta.

Page 109: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Sabrina Contini

108 l’impegno

Fondi riordinati

Partiti politici (1949-2002)

Partito comunista italiano, sezione di Qua-

rona, 1960-1997.Consistenza: 6 serie, 10 sottoserie, 83 unità.

L’archivio della sezione del Pci di Quaro-na è stato individuato e recuperato nel cor-so di una ricerca condotta dall’Istituto nel2000 volta ad analizzare lo stato degli archi-vi dei partiti politici nelle province di Biellae Vercelli. Il materiale conservato al momentodel recupero era in buono stato di conser-vazione, ma in procinto di essere oggettodi divisioni e dispersioni, come è accadutoad altri fondi di partito della zona. Dispersaè stata sicuramente la parte antecedente glianni sessanta, considerato che sono rimastia disposizione solo alcuni documenti, perlo-più opuscoli, precedenti gli anni cinquanta.

Il materiale, che era stato già oggetto diuna prima schedatura al momento del ritro-vamento e del recupero, è stato rischedatoe organizzato in serie che riflettono gli am-biti di attività della sezione e la sua ammini-strazione. I singoli fascicoli rispecchiano ab-bastanza la struttura e il contenuto origina-rio, anche se in caso di materiale omogeneo,esso è stato raccolto in un’unica unità archi-vistica.Amministrazione della sezione 1965-1997

Attività della sezione 1960-1997

Elezioni e campagne elettorali 1960-1996Impegno politico e sindacale 1965-1991Attività dei gruppi consiliari 1965-1991Dibattito politico valsesiano 1970-1980Lavoro 1970-1975Scuola 1970-1974Sinistra giovanile 1991Opuscoli, volantini e ciclostili 1971-1974Impegno civile e sociale 1968-1997Festa della donna 1986-1997Festa dell’Unità 1968-1997Varie 1977-1988

Partito comunista italiano, sezione di Va-

rallo, 1949-2002

Consistenza: 7 serie, 5 sottoserie, 87 unità.L’archivio della sezione del Pci di Varallo

è stato individuato e recuperato nel corsodella ricerca già citata condotta dall’Istitutonel 2000. Il materiale conservato al momentodel recupero era in pessime condizioni esenza alcun ordinamento o organizzazione.La documentazione risale soprattutto aglianni settanta e ottanta, periodo che vide unapartecipazione attiva della componente co-munista al governo della città. Gran partedella documentazione riguarda, infatti, l’atti-vità amministrativa della città, mentre altradocumentazione più strettamente legata allavita della sezione, in particolare i verbali delleriunioni e i bilanci, è andata perduta; si è con-servato, infatti, solo un registro degli iscrit-ti per gli anni 1949-52. Il materiale non erastato oggetto di schedatura al momento delritrovamento e del recupero e, quindi, in fasedi riordino è stato schedato e organizzatoin serie che riflettono gli ambiti di attività del-la sezione e la sua amministrazione.Amministrazione della sezione 1949-1986

Attività della sezione 1964-2002

Elezioni e campagne elettorali 1970-1990Impegno politico e sindacale 1965-1991Attività amministrativa 1964-1982Federazione giovanile comunista italiana1975-1980Stampa e propaganda 1970-1989Impegno civile e sociale 1970-1985Festa dell’Unità 1975-1985Varie 1980-1998Manifesti 1980-1998Partito democratico della sinistra 1990-2002

Partito socialista italiano, sezione di Bor-

gosesia, 1973-1986.Consistenza: 2 serie, 1 sottoserie, 13 unità.

Il fondo, donato da Wanda Canna nel2007, rappresenta una parte residua del fon-

Page 110: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il riordino dell’archivio dell’Istituto

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 109

do del partito ed è costituito quasi esclusi-vamente da manifesti. Non sono presentidocumenti significativi relativi all’ammini-strazione della sezione e delle attività svolte.Amministrazione della sezione 1981-1986

Attività della sezione

Manifesti

Piccoli fondi

La serie è costituita da trenta piccoli fon-di personali, alcuni dei quali già segnalati edescritti nella banca dati Insmli, che sonostati però ricollocati in modo da renderne piùaccessibile la consultazione. La loro deno-minazione è legata o al soggetto produtto-re dei documenti (perlopiù ex partigiani),oppure a chi ha curato la conservazione ola donazione all’Istituto. Si tratta di docu-mentazione di diverso genere perlopiù rife-rita al periodo bellico e all’esperienza resi-stenziale.

Giovanni Barbone

Acquisito nel 1984, raccoglie documentidi Giovanni Barbone, ex partigiano, in ori-ginale, relativi alla formazione del comandodella 109a brigata e le motivazioni dell’asse-gnazione di medaglie d’oro alla memoria. 2unità.

Roselide Barcellini

Il fondo raccoglie materiali donati all’Isti-tuto da Roselide Barcellini, ex staffetta par-tigiana e compagna del partigiano Ferdinan-do Zampieri “Angin”. I materiali facenti par-te del fondo sono stati acquisiti in tempi di-versi dall’Istituto: nel 1986, per quanto ri-guarda i documenti relativi ad “Angin” tracui una lettera a Mimma Bonardo con la te-stimonianza sulla esperienza di lotta per laResistenza e in seno al Pci in Valsesia, e nel2006 per quanto riguarda quelli dell’Udi. Traquesti ultimi si rilevano per lo più corrispon-denza (presentazione attività della sezione,biglietti augurali a Palmiro Togliatti, ad El-vira Pajetta, inviti per manifestazioni varie),

tessere e cartoline dell’Udi appartenenti aRoselide Barcellini e Elisa Gilodi, opuscoli,fotografie relative ad attività varie (25 docc.;7 fotografie). 1947-1994; 2 unità

Cafiero Bianchi

Acquisito nel 1984, il fondo raccoglie fo-tocopie di documenti del fondo Carlo Giroldirelativo al battaglione “Romolo”. 1944-1945;7 unità.

Argante Bocchio

Acquisito nel 1986, il fondo raccoglie do-cumenti riguardanti la Resistenza nel Bielle-se, anche appartenenti alla Questura repub-blicana di Vercelli. Si evidenzia in particola-re una copia manoscritta di “Relazioni suprincipi di strategia militare partigiana”, cheraccoglie gli appunti di una lezione tenutada Bocchio alla scuola di partito di Praga suun episodio di guerriglia partigiana nel Biel-lese, il rastrellamento subito dalla 12a brigata“Nedo” all’inizio del 1945 (8 gennaio-26 feb-braio) e un altro manoscritto dal titolo “Pro-cesso alla Resistenza”. 1944-1946; 3 unità.

Walter Boero

Acquisito tramite Federico Bora, racco-glie carte riunite da Walter Boero, ex parti-giano e medico divisionale, che riguardanola Resistenza nel Biellese. 1944-1945; 3 unità.

Enrico Bonora

Acquisito per donazione nel 1999 dallafiglia Olga Bonora, il fondo raccoglie i do-cumenti personali ed alcune lettere relativeal periodo di confino politico alle isole Tre-miti. Bonora, operaio comunista e volonta-rio in Spagna, dopo la cattura da parte ditruppe italiane fasciste fu rimpatriato e con-dannato al confino politico fino al 1942.1937-1990; 5 unità.

Giuseppe Bussa

Il fondo raccoglie materiali riguardanti laResistenza in Valsesia. 1944-1945; 8 unità.

Wanda Canna

Donazione di Wanda Canna, ex staffettapartigiana, socialista, dirigente Anpi, il fon-

Page 111: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Sabrina Contini

110 l’impegno

do raccoglie carte riguardanti il padre Anto-nio, socialista, confinato politico e partigia-no e l’attività del Cln di Borgosesia. 1928-1946; 3 unità.

Matteo De Biasio

Acquisito per donazione nel 1985, il fon-do raccoglie i documenti personali di MatteoDe Biasio, ex partigiano. 1944-1972; 3 unità.

Antonio Fornari

Acquisito per donazione nel 1984, il fon-do raccoglie i documenti personali (tutte co-pie) di Antonio Fornari (Tom Mix), relativialla Valsesia. 1945-1984; 1 unità.

Teresio Gamaccio

Documenti provenienti da un anonimo nel1987. Il fondo raccoglie documenti fascistioriginali relativi a Biellese e Vercellese di va-ria natura tra cui fogli d’ordine, circolari, cor-rispondenza, bollettini, tessere e giornali.1925-1929; 3 unità.

Maria La Stella

Acquisito nel 1987, il fondo raccogliedocumenti in copia relativi alla Resistenzanel Biellese. 1944-1947; 3 unità.

Nenello Marabelli

Acquisito nel 1986, il fondo raccogliedocumenti relativi alla Resistenza nel Biel-lese. 1944-1945; 2 unità.

Giovanni Nigra

Acquisito nel 1985, il fondo raccogliedocumenti relativi alla Resistenza nel Biel-lese. 1944-1945; 5 unità.

Federico Reina

Acquisito nel 1985, il fondo raccogliedocumenti della Resistenza nel Biellese e nelVercellese. 1942-1946; 3 unità.

Pierantonio Riva

Dattiloscritto riguardante ricerche su epi-sodi della Resistenza e dell’antifascismo aCavaglià (Bi). 1914-1945; 1 unità.

Albino Roma

Acquisito nel 1991, il fondo raccoglie do-cumenti relativi al fascismo in Valsesia. Sitratta di documenti vari (tessere, ricevute,

documenti dell’Opera nazionale dopolavo-ro), tutti originali. 1938-1944; 1 unità.

Ugo Tondella

Acquisito nel 1985, il fondo raccolto daUgo Tondella, operaio comunista, membrodel Cln di Viverone (Bi) raccoglie documen-ti, tutti in copia, riguardanti la Resistenza nelBiellese. 1935-1947; 8 unità.

Massimo Turcato

Acquisito nel 1987, il fondo raccoglie do-cumenti relativi alla Resistenza in Valsesiae Valsessera. 1943-1987; 4 unità.

Tullio Zoia

Il fondo raccoglie documenti in copia rela-tivi alle forze armate alleate presenti sul terri-torio biellese e vercellese. 1943-1945; 3 unità.

Pasquale Reffo

Acquisito nel 2006. Essendo già organiz-zato con fascicoli coerenti con il contenutosi è lasciato l’ordine e la descrizione dei fa-scicoli e si è creato un fascicolo “Varie” peri documenti che non erano inerenti al Co-mando militare alleato, stanziato a Varallo, eche costituiscono la gran parte del fondo.1944-1946; 14 unità.

Marco Fanchini

Acquisito nel 2006, il fondo è interamen-te costituito da materiali inerenti la sua atti-vità politica di militante nel Partito comuni-sta (sezione di Quarona). Al momento del-l'acquisizione il fondo era già organizzato infascicoli così descritti: Anpi; Msi; Risultatielettorali 1972; Extraparlamentari; Psiup;Consiglio comunale; Politici vari; Pci; Listapopolare; Articoli sul funerale di Moscatel-li; Varie. Ad un esame più analitico dei sin-goli fascicoli, però, sono emerse alcune di-screpanze tra contenuto e segnatura del fa-scicolo. Si è ritenuto necessario perciò rior-dinare le carte fuori posto e, cercando dimantenere la struttura originaria dei fasci-coli, limitarsi a creare delle serie più ampieche raccogliessero i fascicoli, per esempiocon i fascicoli contenenti materiale di pro-

Page 112: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Il riordino dell’archivio dell’Istituto

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 111

paganda politica che costituisce la maggiorparte dei documenti conservati, che eranosuddivisi per partito. L’unico fascicolo nuo-vo introdotto è quello relativo al Movimen-to studentesco e alla Federazione giovani-le del Partito comunista di cui Fanchini haconservato diversi documenti sparsi nei varifascicoli. 1970 -1985; 6 unità.

Luigi Carrara

Acquisito nel 1997, contiene diverse let-tere risalenti agli anni dell’occupazione co-loniale italiana a Mogadiscio e materiali delPartito fascista-Fasci femminili di Grignasco.1926-1944; 3 unità.

Bruno Cremona

Acquisito nel 1996, il fondo raccoglie vo-lantini originali di “Noi giovani” e una copiadi “Gioventù biellese”, organo del fronte del-la Gioventù sezione di Biella. 1944; 1 unità.

Remo Sala

Carte e documenti in fotocopia e articoliriguardanti l’attività del partigiano nel Biel-lese. 1944 -1945; 1 unità.

Italo Tibaldi

Cartine del campo di eliminazione di Eben-see. sd; 1 unità.

Achille Campora

Documenti in fotocopia (congedo, rico-noscimento qualifica di partigiano, tesseri-no di riconoscimento) riguardanti AchilleCampora di Quarona, appartenente alla bri-gata “Nello”. 1944-1945; 1 unità

Paolo Fernando Jallaguier

Documenti in fotocopia e originale (con-gedo, riconoscimento qualifica di partigia-no, tesserino di riconoscimento, targhetta)riguardanti Paolo Fernando Jallaguier dettoLupone, francese militante nella II divisio-ne d’assalto Garibaldi a Villadossola. 1944-1945; 1 unità.

William Valsesia

Il fondo raccoglie un dattiloscritto (“Me-morie di William Valsesia”) e gli originali dialcuni disegni. 1944-1945; 2 unità.

Francesco Leale

Il fondo raccoglie alcuni dei disegni ori-ginali utilizzati per il volume curato dall’Isti-tuto “La staffetta garibaldina”, 1 unità.

Miscellanea (1851-2008)

Le miscellanee, raccolte negli anni, sonostate inventariate e catalogate in modo ana-litico e riordinate secondo un criterio tema-tico. Le carte risultano, dunque, organizza-te nelle seguenti serie:Miscellanea documenti guerra - Resistenza1927- 2005; 18 unità.Miscellanea documenti movimento opera-io 1910-1957; 4 unità.Miscellanea documenti emigrazione 1851-1916; 6 unità.Miscellanea documenti donne 1911-1980; 6unità.Miscellanea memorie diverse 1973-2008; 10unità.

Fondi personali

Nei fondi personali sono stati inseriti ifondi che si distinguono dai piccoli fondisia per la consistenza molto più significati-va sia per la qualità della documentazioneche interessa non solo un momento dellavita del soggetto produttore delle carte, mai suoi numerosi aspetti e momenti dall'atti-vità politica alla vita professionale, alla sto-ria famigliare.

Fondo Ezio Grassi

Il fondo è stato acquisito in due momentisuccessivi. Il primo versamento, avvenutonei primi anni novanta, era costituito da do-cumenti essenzialmente relativi all’esperien-za della Resistenza. Il secondo versamentodel 2005, invece, ha permesso di arricchireil fondo con documenti relativi all'attività delGrassi prima nel Cln cittadino, poi nell’Anpidi Varallo e al suo ruolo all’interno della Co-operativa di autotrasporti Valsesia, che harappresentato un’importante realtà occupa-

Page 113: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

Sabrina Contini

112 l’impegno

zionale nell’immediato dopoguerra per mol-ti ex partigiani varallesi e valsesiani. Il fon-do è organizzato nelle seguenti serie:Antifascismo, Resistenza, dopoguerra 1941-1974; 11 unità.Anpi Varallo 1945-1950; 4 unità.Cln Varallo 1944 -1946; 3 unità.Cooperativa autotrasporti Valsesia 1945-1957; 9 unità.

Fondo Annibale Giachetti

Annibale Giachetti detto “Danda”, natoa Tollegno nel 1923, comandante militaredella 50a brigata “Edis Valle”, formazionedella XII divisione “Nedo”, operaio, comu-nista, membro del direttivo Anpi di Biella, ètra i fondatori del Psiup biellese e ha rico-perto diversi incarichi nella segreteria pro-vinciale del partito. Il fondo è stato acquisi-to nel 2000. Al momento del versamento eragià stato ordinato dallo stesso Giachetti,che aveva suddiviso i documenti in cartel-line, indicando con note ed etichette all’e-sterno il contenuto, ma fu comunque sche-dato e risistemato seguendo un criterio diordine tematico più che cronologico. Nellasistemazione definitiva sono stati inventa-riati in modo analitico i singoli documentipresenti nei fascicoli, che rientrano nelleseguenti serie più ampie.

Resistenza - Anpi 1948-1998; 10 unità.La serie conserva documentazione, orga-

nizzata cronologicamente, che riguarda l’at-tività del Giachetti all’interno del Comitatoprovinciale dell’Anpi di Biella relativa so-prattutto ad alcuni congressi nazionali, pro-vinciali e sezionali a cui parteciparono rap-presentanti dell’Anpi Biella. Sono presentianche opuscoli e materiale propagandisti-co, stralci da riviste e memorie varie.Documenti della Resistenza 1943-1988; 3unità.

La serie conserva documentazione che ri-guarda prima di tutto l’attività di Giachettiall’interno della 50a brigata “Edis Valle” e poil’importanza dell’esperienza resistenzialenella sua vita dopo la guerra con una riccaserie di riconoscimenti e la corrispondenzacon ex partigiani.Documenti familiari 1772-1933; 2 unità.

La serie testimonia l’interesse di Giachettia ricostruire le vicende della sua famiglianell’ambito della comunità di Tollegno conla raccolta di diversi documenti appartenu-ti ai suoi ascendenti per lo più testamenti,atti vendita, fotografie e lettere che attraver-sano gli anni compresi tra la fine del Sette-cento e l’inizio degli anni trenta del Nove-cento.

Page 114: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

noterelle

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 113

Clementina Caligaris, una “vercellese” alla

Consulta nazionale

A Vercelli non vi è probabilmente memo-

ria alcuna di Clementina Caligaris, che nac-

que in città l’8 settembre 1882 e fece parte

della Consulta nazionale1.

Cercando sue tracce nel web ci siamo im-

battuti in un articolo comparso in una rivista

di Latina2 in cui la sua figura è ricordata, ac-

costata a quella più nota di Sibilla Aleramo.

Apprendiamo così che negli anni in cui la

scrittrice frequentava l’Agro Pontino orga-

nizzando, assieme ad altri intellettuali, le

capanne-scuola per i figli dei poverissimi,

Clementina Caligaris, maestra elementare,

era giunta nei “paesi della palude”, prove-

niente, come la Aleramo, dalla provincia di

Alessandria, precisamente da Cereseto

Monferrato, un paesino di mille anime. Di

sei anni più giovane della scrittrice, quan-

do giunse a Sezze, nel 1905, era «una ragaz-

za minuta, poco più che ventenne, che do-

veva suscitare una certa curiosità tra i cit-

tadini setini, all’inizio del secolo poco abi-

tuati a vedere una figura femminile così in-

dipendente».

Le analogie tra la nota scrittrice e la “mae-

strina” - come fu subito ribattezzata a Sezze

- non si limitavano alla provenienza geogra-

fica “dal lontano Nord”: entrambe erano cre-

sciute senza madre (mentre quella della Ale-

ramo era stata reclusa in manicomio, quella

della Caligaris aveva abbandonato la fami-

glia quando Clementina era ancora piccola).

Cancellata dalla sua vita la madre (da quel

giorno non la nominò mai più), fu cresciuta

dal padre, un piccolo commerciante, proprie-

tario di un emporio, che le trasmise ideali so-

cialisti. Dopo essersi diplomata, a 18 anni

aveva abbandonato la casa paterna per an-

dare ad insegnare in un paese tra le monta-

gne spezzine.

Pochi mesi dopo essere giunta a Sezze co-

nobbe il professor Temistocle Velletri, inse-

gnante di lettere e filosofia nel locale ginna-

sio, vedovo, più vecchio di quattordici anni.

Tra i due, che condividevano i medesimi

ideali politici, nacque subito una relazione

e «in paese si favoleggiava e chiacchiera-

va» su certe donne, “quelle del Nord”, un

po’ troppo libertine e senza Dio.

Il professor Velletri si era diplomato nel

1 Cfr. la “Navicella” dell’Istituto nazionale dell’Informazione, Repubblica Italiana. 1948-1998. 50 Anni di Parlamento, Governi, Istituzioni, Roma, Editoriale Italiana, 2000.

2 DARIO PETTI, Due donne e la Palude. Sibilla Aleramo e Clementina Caligaris, la “mae-strina rossa” di Sezze che entrò nella Consulta nazionale per la Costituente, 22 febbraio2008, p. 19.

Page 115: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

114 l’impegno

Clementina Caligaris, una “vercellese” alla Consulta nazionale

prestigioso liceo “Torricelli” di Faenza nel

1894, lo stesso dove sei anni dopo si sareb-

be diplomato il futuro poeta Dino Campa-

na, che con Sibilla Aleramo avrebbe vissu-

to un’intensa e drammatica storia d’amore.

«Le analogie finiscono qui - nota l’autore

dell’articolo - il socialismo umanitario, di

stampo deamicisiano della poetessa mal si

conciliava con quello rivoluzionario, classi-

sta, della maestra Caligaris».

E ricorda che «quando nel 1911 a Casal

delle Palme Sibilla Aleramo e Giovanni Cena

aprirono la prima capanna-scuola dell’Agro

Pontino, a Sezze i coniugi Velletri fondaro-

no la prima Lega di resistenza contadina».

«Fino a quell’epoca - rimarcò il sottoprefet-

to di Velletri - la pace e la concordia avevano

sempre regnato tra i proprietari e i coloni;

dopo la fondazione della Lega, insorse l’odio

contro il proprietario e le questioni, le ver-

tenze ed i conflitti fra le due parti avveniva-

no con un crescendo impressionante».

Il 6 gennaio del 1914 Clementina Caliga-

ris celebrò a Roccagorga, di fronte a una

massa imponente, il primo anniversario di

un eccidio e fece da madrina alla bandiera

della locale Lega di resistenza contadina.

Ma lasciamo ancora la parola a Dario Pet-

ti: «La Aleramo, introspettiva, libertaria, tol-

lerante, si affermò come intellettuale di livel-

lo nazionale, una tra le prime e più impor-

tanti voci del femminismo italiano.

La Caligaris, coriacea, sanguigna e mili-

tante, famosa per essersi messa provocato-

riamente alla testa delle processioni religio-

se con la bandiera rossa, continuerà la pro-

pria lotta per i contadini e le popolane della

montagna lepina e fonderà a Sezze, nell’ago-

sto del 1920, la prima Lega femminile socia-

lista.

Contemporaneamente Temistocle Velletri

divenne il primo sindaco socialista di Sez-

ze, ma due anni dopo, a pochi giorni dalla

marcia su Roma, i fascisti cacciarono lui e la

moglie dal paese. Il 4 maggio del 1923, Cle-

mentina Caligaris rientrava a Sezze con l’in-

tento di portare via le cose rimaste nella sua

vecchia casa, quella stessa notte i fascisti

fecero saltare in aria le vetrate dell’abitazio-

ne che la ospitava, l’indomani ripartì per

Velletri che divenne la sua nuova residenza

anche per gli anni a venire».

Nel 1925 Sibilla Aleramo firmava il “mani-

festo degli intellettuali antifascisti”, ma con

la promulgazione delle leggi eccezionali e la

nascita della dittatura mussoliniana «en-

trambe le donne pensarono alla propria so-

pravvivenza, evitando di entrare in urto di-

retto con la dittatura».

Dopo la Liberazione, Sibilla Aleramo ade-

rirà al Pci, iniziando un’intensa attività gior-

nalistica per “l’Unità”, mentre Clementina

Caligaris sarà una tra le prime tredici donne

italiane ad entrare in un’istituzione politica,

la Consulta nazionale, che precedette l’As-

semblea costituente, indicata dal Partito so-

cialista, cui si era iscritta sin dal 1910.

Clementina Caligaris, cui verrà conferita

la medaglia d’oro dal Ministero della Pub-

blica istruzione, morì nell’agosto del 1977.

«In quello stesso anno - ricorda l’articolo,

in conclusione - migliaia di ragazze sfileran-

no nelle piazze italiane al grido di “il corpo è

mio e lo gestisco io”, nel loro bagaglio cul-

turale c’era certamente Sibilla Aleramo, ma

un piccolo debito di riconoscenza lo dove-

vano anche a quelle donne come la Caliga-

ris che all’inizio del secolo scorso, al di fuo-

ri dei salotti borghesi, ebbero il coraggio nei

più piccoli villaggi rurali di andare contro-

corrente, di fare scelte anticonformiste, im-

prontate all’egualitarismo sociale e civile, at-

tirando su di sé un odio feroce ma iniziando

a scavare le fondamenta di uno Stato più

giusto».

p. a.

Page 116: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

attività dell’Istituto

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 115

Il Giorno della Memoria

Sabato 23 gennaio, a Varallo, nella sede

dell’Istituto, nell’ambito delle iniziative per

la celebrazione del Giorno della Memoria,

Elisa Malvestito, collaboratrice dell’Istitu-

to, ha tenuto la conferenza “Io so cosa vuol

dire non tornare. Fossoli Bolzano San Sab-

ba: in viaggio verso il fondo”, nella quale

ha presentato i più significativi luoghi della

memoria della deportazione in Italia, con

l’ausilio di testimonianze audio e video.

La legge n. 211 del 20 luglio 2000 ricono-

sce il 27 gennaio come “Giorno della Me-

moria” al fine di ricordare tutte le vittime che

hanno subito la deportazione e coloro che

si sono opposti al progetto di sterminio a

rischio della propria vita. Il punto centrale

della legge è dunque la necessità di ricor-

dare gli avvenimenti legati alle deportazio-

ni che hanno colpito diverse categorie so-

ciali, per evitare che simili eventi possano

ripetersi in futuro. Fino a pochi anni fa gli

strumenti privilegiati per lo studio e quindi

per la memoria di questo fenomeno erano

senza dubbio le testimonianze orali e scrit-

te di quanti avevano subito direttamente

quelle violenze.

Negli ultimi tempi, la scomparsa di testi-

moni diretti ha imposto la necessità di rior-

ganizzare il corpus di testimonianze raccol-

te e di trovare nuovi strumenti per consoli-

Incontri di storia contemporanea

dare la memoria. Il luogo di memoria da que-

sto punto di vista rappresenta un ottimo

strumento conoscitivo sia per la forte cari-

ca emozionale che è in grado di trasmettere,

sia per la sua permanenza nel tempo, se ade-

guatamente conservato.

Esempi significativi di luoghi della memo-

ria della deportazione italiana sono i tre

campi di concentramento di San Sabba, nel-

la periferia di Trieste, di Fossoli, vicino a

Carpi, e di Bolzano. Non sono gli unici luo-

ghi in Italia ad essere stati utilizzati per la

“depurazione della razza”, ma sono forse i

più significativi perché racchiudono le ca-

ratteristiche principali di un tipico campo di

concentramento su modello tedesco.

La Risiera di San Sabba, che sorge nel terri-

torio occupato dai tedeschi successivamen-

te all’armistizio del 1943, può essere consi-

derata non solo un campo di transito da cui

partirono numerosi convogli diretti nei prin-

cipali lager, ma una vera e propria “Ausch-

witz in miniatura”, fornita di un proprio for-

no crematorio tramite il quale veniva elimi-

nata la maggior parte dei prigionieri. A par-

tire dal 1970 fu avviato un processo contro

i responsabili del campo, nell’ambito del

quale si riscontrò la difficoltà di raccogliere

le testimonianze dei deportati e di far emer-

gere la verità storica, anche a causa delle

paure e delle reticenze di quanti all’epoca,

pur conoscendo i fatti, non si opposero.

Page 117: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

attività dell’Istituto

116 l’impegno

Fossoli fu scelto come luogo in cui edifica-

re un campo di concentramento sia per i

buoni collegamenti ferroviari presenti nella

vicina città di Carpi, sia per la sua lontanan-

za da grandi centri abitati, motivi che lo ren-

devano più facilmente controllabile. Durante

il suo periodo di attività fu utilizzato per di-

verse tipologie di prigionieri e rappresenta

un ottimo esempio di campo di transito, nel

quale i detenuti, destinati alla deportazione

nei campi tedeschi, non rimanevano a lun-

go. L’area di Fossoli fu attiva anche dopo

la fine della guerra, ospitando diverse strut-

ture, da una comunità di bambini orfani di

guerra ad un’associazione a sostegno dei

profughi provenienti dal confine orientale.

Proprio durante queste trasformazioni,

l’area del campo venne completamente mo-

dificata e ancora oggi è possibile notare le

varie fasi di utilizzo della zona.

Bolzano rappresenta un ulteriore esempio

di campo di transito, che iniziò la sua attivi-

tà successivamente allo smantellamento del

lager di Fossoli, area ormai considerata poco

sicura a causa dell’avanzata degli Alleati.

Nel dopoguerra l’area dell’ex campo fu com-

pletamente rasa al suolo e solo un muro oggi

ne testimonia l’esistenza. Anche gli ex de-

portati hanno difficoltà ad identificare il

campo nel quale furono rinchiusi per diver-

so tempo e questa è una prova inconfuta-

bile della necessità di conservazione dei

luoghi che furono teatro di avvenimenti così

tragici della nostra storia. Soltanto in que-

sto modo è possibile non dimenticare e so-

prattutto evitare il ripetersi di tali atrocità.

L’anniversario della Liberazione

Sabato 24 aprile, a Varallo, nella sede del-

l’Istituto, in occasione del 65o anniversario

della Liberazione, si è svolto il consueto

appuntamento con Tiziano Ziglioli, docen-

te del liceo “D’Adda” di Varallo e collabo-

ratore dell’Istituto, che ha presentato il libro

di Renata Viganò “L’Agnese va a morire”,

pubblicato nel 1949, e, con l’ausilio della

proiezione di alcune sequenze, il film che ne

è stato tratto da Giuliano Montaldo nel 1976.

Romanzo per lungo tempo considerato il li-

bro di lettura della Resistenza, ma poi clas-

sificato dalla critica come eccessivamente

schematico e didascalico, “L’Agnese va a

morire” merita secondo Ziglioli di essere re-

cuperato perché, analizzandolo in maniera

approfondita, rivela, al di sotto di uno stile

piano e uniforme, una inattesa complessità.

La protagonista, lavandaia di mezza età

della bassa valle di Comacchio, oppressa

dalla fatica e dalla stanchezza dei molti pesi,

reali e metaforici, dei quali la vita le ha riser-

vato di farsi carico, diventa il fulcro di una

molteplicità di vicende che, ricondotte al-

l’evoluzione del suo personaggio, acquisi-

scono linearità e compattezza.

Agnese, nella sua semplicità di donna del

popolo, svolge senza esitazione i compiti

che, dopo la morte del marito Palita, cattu-

rato dai tedeschi e deportato, le vengono

assegnati dalla brigata partigiana con cui

collabora. Porta con coraggio il pesante far-

dello della guerra, sopporta con testardag-

gine la spossatezza delle camminate nella

neve, nel fango, sotto la pioggia, facendo

in silenzio ciò che sente di dover fare, resa

fragile a volte solo dal timore di non essere

all’altezza del ruolo che le è stato assegnato

e dalla paura per la sorte dei giovani di cui

si sente responsabile. Ciò che Agnese fa,

lo fa per loro, per un futuro a cui sente che

non apparterrà, in un percorso di progres-

siva acquisizione di consapevolezza politi-

ca che va di pari passo con un processo di

annullamento personale, culminante in una

morte che si annuncia fin dal titolo.

Sarebbe però riduttivo, afferma Ziglioli,

vedere in Agnese una figura ideale, un mo-

dello edificante, un’astrazione ideologica,

Page 118: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

attività dell’Istituto

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 117

perché la concretezza, la sincerità e la verità

del personaggio sono tangibili nella natura-

lezza, spontaneità e semplicità con cui ab-

braccia un’idea di pace e di fratellanza pre-

sente nella cultura contadina da generazio-

ni, ben prima di qualsiasi ideologia o pro-

getto politico. I sentimenti che guidano A-

gnese nelle sue azioni sono quelli propri dei

poveri di ogni tempo, che mirano alla giusti-

zia e alla rigenerazione sociale pur senza

avere le parole per esprimere il proprio pen-

siero in maniera compiuta e consapevole.

Solo alla fine, a maturazione faticosamente

e lentamente avvenuta, Agnese riassume in

parole il senso del cammino percorso: un sa-

crificio compiuto affinché gli altri possano

vivere, tornare a casa e raccontare.

Si manifesta così in Agnese, nel suo com-

prendere e accettare con distacco il compi-

mento di un destino inesorabile, una gran-

dezza inaspettata, che ne fa un personag-

gio simbolico, quasi mitico, i cui gesti lenti,

solenni e definitivi (l’uccisione del soldato

tedesco in particolare) si rivestono della sa-

cralità del rito.

Secondo Sebastiano Vassalli, Agnese è in-

terpretabile come un’immagine collettiva e,

in quanto simbolo di tutti coloro che si sono

sacrificati perché altri potessero continua-

re a lottare per il cambiamento, è uno e molti

allo stesso tempo. Premettendo che ogni

interpretazione non esaurisce il discorso re-

lativo alla valenza simbolica della protago-

nista del romanzo, risiedendo la potenza del

simbolo nella sua inafferrabilità e indefini-

tezza, Ziglioli aggiunge un altro elemento di

riflessione, vedendo in Agnese le caratteri-

stiche del seme che, affondato nella terra e

nel fango, deve morire per dare i suoi frutti,

annullarsi per poi rinascere nella forma del-

l’idea. Descritta con un linguaggio evange-

lico come vittima sacrificale predestinata, A-

gnese emerge prepotentemente come un’im-

magine laicizzata del Cristo, come personag-

gio umanissimo radicato nella terra e nel suo

tempo, ma allo stesso tempo disumano nel

suo essere personificazione del sacrificio,

potente figura di morte e resurrezione.

Il film di Montaldo, grazie alla recitazione

degli attori, misurata e realistica, e a una

fotografia che, con le sue luci smorzate, ben

rappresenta l’atmosfera densa e plumbea

del racconto, evita le sbavature melodram-

matiche e traduce con sobrietà e fedeltà gli

eventi narrati nel romanzo, non riuscendo

tuttavia sempre a mantenere l’unità narrati-

va e la tensione drammatica della vicenda,

prova ulteriore della complessità di un’ope-

ra letteraria in cui i numerosi episodi del rac-

conto, tenuti insieme sulla pagina scritta

dall’uniformità dello stile dell’autrice e dal-

la forte personalità della protagonista, ripro-

dotti sullo schermo perdono di compattezza.

Page 119: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

LAURA MANIONE - PIERO AMBROSIO (a cura di)

1947: l’anno della Costituente

Immagini dei Fotocronisti Baita

2007, pp. 72, € 10,00

Il catalogo raccoglie un’ampia selezione di immagini che compongono la mostraomonima, realizzata dall’Archivio fotografico Luciano Giachetti - Fotocronisti Bai-ta e dall’Istituto, con la compartecipazione del Comitato della Regione Piemonteper l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione re-pubblicana e l’Amministrazione comunale di Vercelli.A ridosso della tragica esperienza dittatoriale e bellica italiana, i fotografi ravvisa-rono l’urgenza - civile oltre che autoriale - di edificare la loro pratica su nuove basi,libere da ogni repressione di regime e strutturate unicamente intorno al desiderio ditrascrivere con realismo le condizioni dell’Italia. Anche Luciano Giachetti e Adria-no Ferraris, ex partigiani e da due anni titolari dell’agenzia Fotocronisti Baita a Ver-celli, avvertirono uguali pulsioni espressive, anche se parzialmente soffocate dalleesigenze commerciali di uno studio di provincia e da un lavoro che spesso si rive-lava ripetitivo.L’idea stessa della costruzione, o meglio della ri-costruzione, è interpretata da di-verse immagini: in maniera più didascalica negli esempi dedicati ai manifesti o ailavori di ripristino del ponte ferroviario sulla Sesia, bombardato durante la guerra.In forma più evocativa, nella documentazione del rinnovato e spontaneo ripopola-mento delle piazze, dell’istituzione di nuovi simboli politici e della ripresa lavorativa.Appurato che il secondo dopoguerra portò a una complessa ridefinizione del lin-guaggio fotografico, ciò che interessa maggiormente, in questo frangente, è pro-prio il rapporto grammaticale fra i singoli scatti e le varie sequenze. Certe immaginiriescono a vivere e comunicare anche isolate dai nuclei tematici a cui sono statesottratte, comportandosi come parole chiave, titoli, a volte esclamazioni. Altre, in-vece, manifestano appieno il loro valore se riproposte a gruppi, nella progressioneoriginale di ripresa, quasi fossero pensieri o racconti brevi. È il caso dei servizi rea-lizzati in occasione della partenza per le colonie marine o all’interno delle casermemilitari presenti nel Vercellese, soggetti che appartengono tanto alla storia del Pae-se quanto a quella della città. Due paragrafi “traducibili” indifferentemente in italia-no o in dialetto, ovvero in quella lingua piena di contaminazioni territoriali, parlatada un popolo impegnato nell’organizzazione della propria identità.Le immagini, in larga parte inedite, rivelano ulteriormente la ricchezza dei materialiconservati in Archivio, principale fonte della memoria fotografica vercellese.

Page 120: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

lutti

l’impegno 119

Lutti

Gustavo Buratti

Il 20 dicembre scorso è morto, all’età di

77 anni, Gustavo Buratti (Tavo Burat), prota-

gonista della vita culturale e politica biellese.

Pubblicista, direttore di “Alp” dal 1974, ha

svolto attività politica nel Psi fino al 1984 e

successivamente nei Verdi. Autore di saggi

e libri giuridici, storici e letterari, con parti-

colare attenzione alla storia delle eresie, alla

cultura e alle lingue delle Alpi, è stato tra i

fondatori dell’Associazione internazionale

per la difesa delle lingue e delle culture mi-

nacciate, coordinatore del Centro studi dol-

ciniani e fiduciario dell’Opera nomadi per il

Biellese.

Come consigliere scientifico dell’Istituto,

partecipava alle attività con la sua voce cri-

tica e tuttavia mai pregiudiziale, rendendo-

si disponibile alle richieste di partecipazio-

ne a varie iniziative. In particolare, tra le più

recenti, ricordiamo il suo contributo al con-

vegno promosso in occasione del Giorno

della Memoria 2007, sul tema dello stermi-

nio di rom e sinti nei Lager nazisti e, nell’am-

bito delle iniziative per il sessantesimo an-

niversario della Costituzione, la relazione

dedicata a due socialisti biellesi, Virgilio

Luisetti ed Ernesto Carpano Maglioli, eletti

deputati all’Assemblea costituente. Due

temi che gli erano particolarmente cari, lo

studio della persecuzione delle minoranze

e l’antica militanza socialista, apparentemen-

te lontani ma unificati in quella straordina-

ria sintesi che era il suo pensiero, così ver-

satile, così ricco, così umano e affascinante.

In un passato meno recente, dal 1977 al

1982, era stato vicepresidente dell’Istituto

e fino al 1988 aveva fatto parte del Consi-

glio direttivo; importante anche la sua col-

laborazione a questa rivista, nella quale so-

no pubblicati sedici suoi articoli, il primo del

1983 sulla prigionia di alcuni civili tedeschi

nella 2a brigata “Pensiero”, l’ultimo nel nu-

mero di giugno del 2009, intitolato “La som-

mossa biellese del 27 e 28 luglio 1797 e la

repressione regia”.

Page 121: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

PIERO AMBROSIO (a cura di)

“Oggi ricomincia la vita”

Il ritorno dalla Germania degli ex internati militari vercellesi,

biellesi e valsesiani

2007, pp. 84, € 10,00

Negli ultimi decenni si è assistito ad un crescente interesse per la storia degli inter-

nati militari nella Germania nazista dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Questo

catalogo, che raccoglie le immagini della mostra omonima, anziché delle loro dram-

matiche esperienze di prigionia e di lavoratori “schiavi di Hitler”, si occupa del ri-

torno di quanti riuscirono a sopravvivere.

La memorialistica ha consentito di ricostruire in parte una storia a lungo dimenticata.

A centinaia di migliaia di ex combattenti al ritorno in patria toccò il trattamento riser-

vato ai prigionieri di guerra, ai perdenti, a coloro che nel momento della lotta parti-

giana e della liberazione dal nazifascismo non c’erano.

Gli ex internati nelle loro memorie ricordano il senso di isolamento, le difficoltà a

trovare un impiego dopo tanti anni di assenza dall’Italia, il disinteresse di un Paese

che voleva solo dimenticare, il rapporto talvolta conflittuale con le associazioni par-

tigiane. Solo negli anni ottanta, la concessione della qualifica di “volontari della

libertà” e un rinnovato interesse degli storici nei confronti dei prigionieri di guerra

hanno assunto il significato di ridare dignità alla loro scelta di rifiutare di aderire

alla Repubblica sociale italiana e di combattere per il nazifascismo.

La maggior parte degli ex internati militari rientrò in Italia tra maggio e novembre

1945, non senza problemi: molti erano malati; la scarsità di mezzi di trasporto e l’ina-

gibilità di tratti ferroviari, ponti e strade bombardati dagli Alleati, li costrinsero spesso

a percorrere lunghi tratti a piedi, o in convogli sovraffollati, e il loro viaggio di ritor-

no durò talvolta parecchie settimane.

Mentre l’assistenza prestata dalle istituzioni statali fu piuttosto precaria, le istitu-

zioni ecclesiastiche, con l’aiuto della Croce rossa, organizzarono una fitta rete di

interventi in favore degli ex internati a Bolzano e a Pescantina, nei pressi di Verona,

dove fu allestito un campo di smistamento.

Luciano Giachetti e Adriano Ferraris, i partigiani “Lucien” e “Musik” divenuti i “Fo-

tocronisti Baita” di Vercelli, si recarono a Pescantina, con uno dei convogli di auto-

carri, e documentarono l’arrivo di un gruppo di ex internati della provincia di Vercelli.

Le pagine d’album riprodotte nel catalogo vogliono onorare il loro sacrificio.

Page 122: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

l’impegno 121

Recensioni e segnalazioni

Filippo ColombaraVesti la giubba di battagliaMiti, riti e simboli della guerra partigianaRoma, DeriveApprodi, 2009, pp. 252, € 17,00.

“Vesti la giubba di battaglia”, la locuzioneche Filippo Colombara ha scelto per intito-lare il suo libro, è un verso che compare inalcune versioni della canzone partigiana“Valsesia Valsesia”, per molti versi canzone-simbolo delle formazioni garibaldine. Ma lericerche di Colombara mostrano che questoverso ritorna sostanzialmente identico nonsolo in altre canzoni partigiane, ma anche indue canzoni cantate abitualmente dagli ap-partenenti alla Decima Mas: “Arma la prora”e “San Marco San Marco”. Queste somi-glianze dipendono dalla comune origine ditutti questi canti, che hanno come modello,in modo particolare per ciò che riguarda lapartitura musicale, il canto irredentista “Dal-mazia Dalmazia”. Canto sulla cui melodianasceranno, nel corso dei venti mesi dellaguerra partigiana, numerose canzoni milita-ri, tanto fasciste, quanto partigiane.

Così, se il sottotitolo denotativo “Miti, ritie simboli della guerra partigiana” definiscel’oggetto delle ricerche di Colombara, il tito-lo non solo evoca la dimensione antropolo-gica che è al centro dello studio, ma connotaanche il metodo utilizzato per confrontarsicon i materiali selezionati per sostanziare leipotesi di lavoro. Metodo che è definito dalconfronto con i fatti, la cui ricostruzione pun-tuale diventa il punto di partenza di qual-siasi lettura interpretativa, senza piegarli in

funzione del sostegno di tesi precostituite.Il libro è il risultato di un lavoro di largo

respiro, le cui tappe sono state segnate dallastesura di numerosi saggi preparatori, partepubblicati proprio in questa rivista, partenella rivista dell’Istituto di Novara, “IeriNovara oggi”, e parte nella sezione dedicataalla Resistenza della rivista diretta da Ange-lo Del Boca, “I sentieri della ricerca”, curatadall’Istituto novarese dopo la cessazione del-la pubblicazione della propria rivista.

Il primo di questi saggi, pubblicato in “IeriNovara oggi”, risale al 1996 e contiene l’ab-bozzo generale del lavoro, che si è dunquesviluppato lungo l’arco di tredici anni e sipuò dire rappresenti un passaggio decisivonel percorso di studioso di Colombara, se-gnandone l’approdo alla dimensione dellamaturità. La sollecitazione principale pren-de forma dalla lunga consuetudine con lefonti orali, che lo ha ripetutamente messo difronte all’esistenza di memorie diverse dellaResistenza e della vicenda partigiana, noncoincidenti tra di loro, che, in particolare, hagenerato una tensione permanente tra la ri-costruzione degli avvenimenti veicolata daisoggetti istituzionali e quella che permanequasi nascosta nel vissuto delle esistenzeindividuali e delle comunità. Tensione che,secondo l’autore, può essere risolta soltan-to all’interno di un quadro interpretativosorretto da un puntiglioso lavoro di ricercastorica, senza il quale le memorie istituziona-li sono destinate a perdere progressivamen-te la capacità di comunicare al di fuori delmondo che le ha generate.

Page 123: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

122 l’impegno

Così, Colombara enuclea una serie di nodiproblematici intorno ai quali ricostruisce unavisione che mi sento di definire “rasoterra”dell’esperienza partigiana, mettendola co-stantemente in relazione con le visioni co-struite dai soggetti istituzionali, mostrando-ne le interazioni e i reciproci adattamenti, cosìcome i punti di frattura e di conflitto non ri-composto. Ne esce un’immagine molto sug-gestiva del vissuto partigiano, che mette con-tinuamente in evidenza l’assoluta non ricon-ducibilità dei mondi che partecipano alla Re-sistenza ai progetti politici definiti con i qualivengono inquadrate le formazioni. Permaneuno scarto, che viene assorbito dalla comu-ne voglia di cambiare, dalla condivisione del-la necessità che niente sia più come prima.Ma codici culturali e corsi d’azione restanoirriducibili. Nella ricostruzione di questa vi-sione “rasoterra”, Colombara ha utilizzatodue strumenti principali, tra i più adatti pertrattare il tipo di materiali con i quali ha lavo-rato. Il primo è rappresentato dalle fonti ora-li, del cui uso ormai è diventato un maestro,la maggior parte raccolte direttamente - o dachi con lui ha collaborato nella ricerca spe-cifica - in anni di ricerche nelle comunità delNovarese, del Cusio, dell’Ossola e della bas-sa Valsesia, quasi sempre nella forma dellaricostruzione della biografia dell’intervista-to, altre desunte dalla memorialistica. Il se-condo è rappresentato dalla letteratura an-tropologica, dalla quale, più che da quellastrettamente storica, ha mutuato la maggiorparte degli schemi interpretativi con i qualiha organizzato il materiale raccolto.

Il libro ha una struttura circolare, che gliconferisce una pregnanza particolare e an-che, non so quanto voluta, una certa riso-nanza con l’attualità un poco inquietante.Diviso in cinque capitoli, infatti, solo i trecentrali sono dedicati esplicitamente ai miti,ai riti e ai simboli dell’esperienza partigiana.Il primo e l’ultimo, invece, sono dedicati allafigura di Mussolini, come dire da lì si parte,ma lì, non illudiamoci, si torna. Nel primo,Colombara analizza le reazioni popolari al 25luglio, rintracciandone la struttura profon-da nella dimensione antropologica delle ce-

lebrazioni carnevalesche e in altri codici dicomportamento affini. In questo modo riescea mettere in luce quanto la figura del duce siariuscita a penetrare nell’immaginario collet-tivo, finendo per condizionarlo, risultato pe-raltro conseguito con determinazione dallapropaganda fascista. E, infatti, nel quinto eultimo capitolo abbiamo la dimostrazione diquanto quei condizionamenti siano statiprofondi, sopravvivendo fino a oggi, senzache né la tragedia della guerra, né sessant’an-ni di democrazia siano riusciti a scalfirli.

In mezzo si sviluppa l’analisi del vissutopartigiano, che prende l’avvio da un’attentaricostruzione delle dimensioni dell’identitàpartigiana, attraverso lo studio dei riti chene segnano lo scorrere della vita: i riti attra-verso cui si entra a far parte di una banda, iriti con cui si celebrano i matrimoni durantela permanenza nella banda e i riti con cui siaccompagnano i compagni caduti alla sepol-tura, che portano alla luce, con più intensitàdegli altri, i valori culturali profondi, chepreesistono alla scelta partigiana che su diessi si stratifica. Identità che trova un veicolodi espressione particolarmente vistoso - co-me non ricordare la straordinaria descrizionedi Fenoglio dell’abbigliamento dei partigianiche fanno il loro ingresso in un’Alba appenaliberata che li guarda attoniti - nell’abbiglia-mento, che diventerà fonte di conflitto coni comandi, dopo che nell’estate del 1944 ilCln incomincerà a inquadrare le bande in unvero esercito, con relativa divisa. Conflittoche non si risolverà mai completamente, conla permanenza di ampie zone di refrattari aindossare l’uniforme, che non accettano difarsi riassorbire in logiche organizzative chepercepiscono come comunque limitative diuna individualità appena ritrovata.

Ma qualsiasi identità si definisce anchenell’opposizione a ciò che percepisce comealtro e nel caso dell’identità partigiana que-sto “altro” sono soprattutto i saloini. Co-lombara entra qui, in pagine convincenti,nella delicata disputa sulla dimensione diguerra civile della guerra partigiana che, or-mai sufficientemente delineata in ambitostoriografico, dove le tesi che sostengono

Page 124: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

recensioni e segnalazioni

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 123

questa prospettiva hanno cessato di dar luo-go a controversie, continua a suscitare vi-vaci prese di posizione ostili negli ambientivicini alle associazioni partigiane. L’autorericostruisce con precisione, seppur succin-tamente, la svolta che avviene in coinciden-za con il ventennale della Resistenza, quan-do il mutamento di quadro politico, con lanascita del centrosinistra e la fine del centri-smo senza De Gasperi dopo il fallimentareesito del governo Tambroni, poggia la sualegittimità sull’interpretazione della Resi-stenza come guerra di liberazione nazionale.Così, nel discorso pubblico scompare l’usodel riferimento alla guerra civile, che inveceera corrente durante la guerra all’interno ditutte le forze antifasciste. Ma, e da qui na-scono i contrasti e le incomprensioni attuali,della categoria di guerra civile si appropriacontemporaneamente la pubblicistica vici-na alla destra neofascista per sostenere l’e-quivalenza della parti in lotta. Resta il fatto,come Colombara documenta abbondante-mente, che durante i venti mesi che seguonol’8 settembre si accende tra partigiani e sa-loini un conflitto che ha come oggetto la de-finizione di chi rappresenta legittimamentela nazione. Si scontrano due diverse idee diItalia, ciascuna delle quali non è disposta ariconoscere all’altra alcuna ragione di essere.L’insistenza sulla sola categoria della guerradi liberazione nazionale espungendo il fasci-smo saloino dalla storia nazionale, finisce,quindi, per non riuscire a dar conto di nume-rosi processi che strutturano il dopoguerra,a cominciare dalle continuità che attraver-sano il ventennio e l’Italia repubblicana.

Il lavoro prosegue esaminando alcune ma-nifestazioni cruciali della dimensione simbo-lica della lotta, mediante le quali è possibilecomprendere più a fondo le dinamiche dellaguerra partigiana. È attraverso l’elaborazio-ne di simboli, infatti, che gli uomini attribui-scono significato alle loro azioni; dunquel’analisi dei simboli permette di gettare lucesul significato profondo delle azioni. Così,Colombara prende in considerazione le vi-cende del colore rosso, a lungo osteggiatodurante il fascismo per la sua carica simbo-

lica, tanto da rendere difficile la circolazionedella stoffa di quel colore; le sfide combattu-te attraverso le scritte sui muri dei paesi, chehanno come oggetto il consenso dell’opinio-ne pubblica, oltre a mostrare tangibilmentel’evanescenza del controllo del territorio delletruppe di occupazione; gli atteggiamenti chericorrono durante le battaglie e la funzionesvolta dalle canzoni nella vita delle bandepartigiane, che gettano luce su alcuni trattifondamentali della mentalità dei resistenti.

Particolare attenzione, poi, è riservata a duequestioni che permettono di entrare all’in-terno della dimensione della guerra civile.La prima riguarda gli oltraggi inflitti ai cada-veri dei nemici uccisi. Le brutalità commessedalle formazioni saloine, oltre a rientrare inuna strategia di controllo del territorio, osten-tando le conseguenze della ribellione all’au-torità, testimoniano il processo di disumaniz-zazione dell’avversario, cui non viene rico-nosciuta alcuna ragione di esistere. Soltantoponendo la vittima al di fuori della comuneappartenenza alla condizione umana, infatti,è possibile infierire sul suo cadavere. Ma Co-lombara ricorda anche alcuni episodi in cui,contro le regole e la prassi delle formazioniresistenziali, furono i partigiani a infliggereinutili crudeltà ai nemici catturati, mettendoin evidenza come l’atteggiamento reticentecon il quale si è cercato di occultarli ha finitoper ritorcersi contro la memoria partigiana,alimentando campagne di delegittimazione.La seconda riguarda l’uso di tagliare a zeroi capelli delle ragazze che avevano avutorelazioni con soldati tedeschi o con militi fa-scisti, che ebbe larga diffusione soprattuttoa guerra appena terminata. Colombara nonprende in considerazione il caso delle donneche furono coinvolte in attività collabora-zioniste, ma soltanto quello delle donne cheintrattennero relazioni sia di carattere senti-mentale, sia mosse da altre motivazioni, qualila prostituzione o semplicemente lo spiritodi avventura. Caso, come si può ben capire,molto più emblematico, perché affonda le sueradici nell’idea arcaica della proprietà maschi-le del corpo femminile. Che durante una guer-ra non è più esercitata dal marito, dal padre

Page 125: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

124 l’impegno

o dal fratello, ma dalla nazione, cui spetta,dunque, ripristinare l’ordine infranto, attra-verso, sì, lo sfregio alla bellezza che testimo-nia il disprezzo, ma uno sfregio simbolico etemporaneo - i capelli ricrescono, la memoriadel taglio svanisce, anche se lascia segni chepossono essere indelebili - che comunquesegna un passo in avanti rispetto all’uso e-splicito della violenza. Una pratica, quindi,dai significati ambigui, in cui si intreccianodimensioni antropologiche profonde, chesono la cifra, del resto, con cui l’autore af-fronta lo studio del mondo popolare.

Infine, Colombara analizza la dimensionemitica, prendendo in considerazione l’epo-pea di due figure emblematiche della nostraResistenza, Cino Moscatelli e Filippo MariaBeltrami, il militante comunista che organiz-za le formazioni garibaldine e il romanticogentiluomo di estrazione borghese che si im-provvisa comandante partigiano per reagirealla bancarotta delle classi dirigenti che seguela proclamazione dell’armistizio. Due figuremolto diverse, ma accomunate dalla costru-zione consapevole, attraverso l’uso accortodi segni e simboli, del proprio mito, utilizzatocome strumento per dare visibilità e forza allalotta partigiana. Mito che sopravviverà inentrambi i casi alla fine della guerra, anche seattraverso vicende diverse. Moscatelli devesopportare la routinizzazione del carisma, cuiè sottoposto dalla partecipazione alla vitapolitica del dopoguerra, da cui si affrancasoltanto nella parte finale della sua esisten-za, quando ritorna a essere il comandantepartigiano. Beltrami, invece, muore in batta-glia a Megolo il 13 febbraio 1944 a soli tren-tasei anni, entrando, così, nel mito senza so-luzione di continuità. Mito che è stato alimen-tato dalle commemorazioni pubbliche dellabattaglia che hanno continuato ad avere luo-go anno dopo anno fino a oggi, radicandosinella memoria collettiva. Memoria che, però,si è strutturata all’interno di un quadro di ri-ferimento politico e culturale che riesce consempre più difficoltà a entrare in relazionecon le dinamiche della società contempora-nea. Ci troviamo, così, a confrontarci con laforma più emblematica, quella delle comme-

morazioni pubbliche, che assume il nodo pro-blematico da cui muove la ricerca di Colom-bara. Di fronte al quale non resta che tornarealle fonti, interrogandole con nuove doman-de e con nuove sensibilità. È questa la fun-zione insostituibile della storia, è questo chefa Colombara con questo prezioso lavoro.

Giovanni A. Cerutti

Gian Luigi Banfi - Julia BanfiAmore e speranzaCorrispondenza tra Julia e Giangio dalcampo di Fossoli aprile-luglio 1944A cura di Susanna Sala MassariMilano, Archinto, 2009, pp. 205, € 18,00.

Mi è presente la sera alla Triennale di Mi-lano quando nell’aula gremita all’inverosi-mile, stretto tra due autentici “giganti” di unparterre intellettuale di prim’ordine qualiVincenzo Consolo e il mio concittadino Vit-torio Gregotti, ascoltavo Giuliano Banfi pre-sentare con pudore e commozione questopiccolo grande libro. Vinto l’incomprimibileimpulso affettivo di rimozione, senza dribbla-re i sentimenti, annunciava d’essersi risolu-to a dare alle stampe il carteggio di intima etrepidante tenerezza, intercorso tra i suoi ge-nitori, Julia Bertolotti e Giangio. Corrispon-denza, seppur in senso letterale, mai come inquesto caso “d’amorosi sensi” e, insiemepathos di speranza, allorché quest’ultimo sitrovava internato a San Vittore e poi al cam-po di concentramento di Fossoli, nel lassotemporale che, per esattezza, va dal 9 aprileal 4 agosto 1944. Il percorso di morte di Gian-gio si consumerà nelle tappe della traduzionea Bolzano e definitivamente a Mauthausen,nel cui sottocampo di Gusen II si spegneràall’alba della Liberazione il 10 aprile 1945.

Un epistolario di ottantasette messaggi:“Toi et moi”. Bigliettini fitti fitti di microscopi-ca grafia filiforme, ripiegati a strisce sottilicome appunti proibiti di studenti per il compi-to in classe. Pizzini clandestini scambiati inmanciate di attimi tra ansia e sgomento, negliintermittenti contatti strappati al destino. Epi-stolario di straordinaria completezza giacché,

Page 126: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

recensioni e segnalazioni

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 125

al momento della spedizione in Germania, apremonizione forse del definitivo congedo,Giangio ha la prontezza di mettere in salvo,facendoli scivolare tra le mani di quell’ado-rata moglie, di superiore intelligenza e berg-maniano charme, tanto amata fin dall’acer-bezza adolescenziale, quelli da lei ricevuti.

Se l’averli conservati si deve al culto di ri-sarcimento dell’assenza, dapprima di Julia epoi della famiglia, ora il renderli pubblici èmerito della consapevolezza civile di tradurliin testimonianza da condividere per farnevero riconoscimento e renderne vera ricono-scenza a chi ha sofferto l’atrocità estremaper la libertà di noi tutti, in un tempo ormailontano eppure mai passato. La morte non ènon essere più, ma essere ancora, nella me-moria e nella considerazione degli altri. Ope-razione di conoscenza, preziosa e necessaria,che ci sottopone uno spaccato inusuale del-la cospirazione antifascista, della tragediadella deportazione e dei suoi protagonistidall’esistenza sinistrata e perigliosa nella Mi-lano occupata dai tedeschi. Quando ci vo-levano cinquecentomila euro odierni per ri-scattare la vita di un antifascista destinatoall’eliminazione.

Missive d’amore intenso, di passione ac-cesa e di delicata vicendevole cura che, purnella fuggevole apprensività della penna enella forzosa cripticità, sono anche d’inesti-mabile valore culturale e tangenzialmente po-litico, e non soltanto morale ed affettivo,perché riflettono la comunione d’intenti e diprogettualità di due lucidi intellettuali tra-volti dalla guerra.

L’architetto Gian Luigi Banfi, fratello diArialdo, è un brillante intellettuale trentaquat-trenne, affermato professionista, “spaval-do e colto” nel pieno delle facoltà creative.Nel 1932 ha fondato, con Lodovico Barbianodi Belgiojoso, Enrico Peressutti ed ErnestoNathan Rogers, lo storico studio di architet-tura urbanistica Bbpr. Nel 1942 stringe lega-mi con il Partito d’azione e si dedica intensa-mente all’attività cospirativa nel movimento“Giustizia e Libertà” dei federalisti europeiErnesto Rossi, Altiero Spinelli, Eugenio Co-lorni, di Riccardo Lombardi, Leopoldo Gaspa-

rotto, Brenno Cavallari, Arturo Martinelli,Peppino Pugliesi. Il 21 marzo 1944 è arresta-to con Lodo Belgiojoso, l’amico di sempre.Vengono condannati senza processo alladeportazione per spionaggio e distribuzionedi stampa clandestina. Lodo, smistato a Gu-sen I, avrà la fortuna di far ritorno e di darcitestimonianza, specie in “Notte, nebbia” e“Frammenti di una vita”, insieme ad AldoCarpi in “Diario di Gusen”, delle ultime sta-zioni del calvario di Giangio. Mi sia consen-tito, a proposito di Belgiojoso, notare comela rivista del nostro Istituto“Ieri Novara oggi”(n. 5, 1981) si sia potuta fregiare, a corredodel “Diario da un lager” di Enrico Piccalugae Otello Vecchio, dei clichés di suoi disegnioriginali dal campo di Gusen, della serie diquelli raffigurati in questo libro.

Julia si è laureata in Lettere con un taglioestetico figurativo, allieva di Rogers, Anto-nio Banfi ed Enzo Paci, fenomenologi hus-serliani. È entrata nell’entourage di GilloDorfles, Raffaele De Grada, Gio Ponti e Vit-torio Sereni. Ha lavorato a “Domus” occu-pandosi di design, grafica, architettura. Spo-satisi nel 1939, l’anno successivo ha messoal mondo Giuliano. La sua poliedrica forma-zione la porta ad interagire con ottica auto-noma in dialettica complementare con Gian-gio. Un sodalizio di vita e di lavoro trauma-ticamente interrotto. Da quando Giangio èstato razziato per la Germania, ella tiene undiario fino al marzo 1945, qui pubblicato inappendice alle lettere, in cui ce la mette tuttaper tenere la barra a dritta.

Grazie alla «puntigliosa sollecitazione diSusanna Sala Massari, che ha compiuto undifficile lavoro, non solo di lettura, decritta-zione, trascrizione, datazione, ma anche diidentificazione di tutte le persone che sonocitate in modo assai prudente per il pericolodi intercettazioni», nelle postille alle lettereè ospitata la folta galleria dei personaggi del-l’intellighenzia, dell’imprenditoria e dell’an-tifascismo dei ceti emergenti quando Milanoera a pieno titolo “capitale della Resistenza”.

Dal parergo di Maria Vittoria Capitanuccisi evince infine una puntuale sistematizza-zione del contesto specialistico in cui ope-

Page 127: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

126 l’impegno

rano i protagonisti. Caratterizzato dalla di-mensione civile che si stanno dando questiarchitetti, dall’apporto collegiale come prin-cipio metodologico, dalla matrice razionali-stica proiettata, alla libertà innovativa fon-data sull’analisi del territorio per la pianifi-cazione urbanistica, guardando a Le Corbu-sier. Dall’autonomia espressiva tesa al su-peramento dei vincoli più schematici dellestrettoie della scuola di provenienza alimen-tata dalla modernità di regime, dal tema per-vasivo dell’abitare in cui ci si imbatte nellapersonalità eclettica di Adriano Olivetti.

Avamposti culturali di una “generazionetradita”, che hanno cementato l’antifasci-smo nel pensiero e nell’azione, proseguen-do negli anni della ricostruzione l’impegnoispirato ai Congrés Internationaux d’Archi-tecture Moderne, ai principi radicati sia neicontenuti sociali e culturali dell’esperienzasia nella memoria storica, per la disarticola-zione della città monocentrica e nella conte-stazione dello «sfruttamento delle aree a van-taggio di pochi e contro il benessere collet-tivo». Ma per fare ancora un po’ di quellamalvoluta memoria storica, della quale oggipar bellamente si voglia fare a meno, un nomeancora dei sodali di Julissa e Giangio, deside-ro spendere. Quello dell’architetto GiuseppePagano, passato da Villa Triste della BandaKoch di sadici tossici come Valenti e Ferida,anche lui a Fossoli e poi a Mauthausen, dovelascia la vita sotto il bastone di un guardianoil 22 aprile 1945.

Francesco Omodeo Zorini

Giovanni De LunaLe ragioni di un decennio1969-1979Militanza, violenza, sconfitta, memoriaMilano, Feltrinelli, 2009, pp. 253, € 17,00.

«Questo è un libro di storia molto partico-lare», così Giovanni De Luna apre il suoultimo lavoro “Le ragioni di un decennio.1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, me-moria”. L’oggetto dell’indagine è il movimen-to del Sessantotto: i suoi presupposti, i suoi

contenuti, la sua evoluzione, la sua fine, l’im-pronta che comunque ha lasciato, le lettureche se ne danno oggi. È un passato che inItalia non riesce ancora a passare, ma su cuinon si riesce a costruire una memoria pub-blica condivisa. L’intento dell’autore nonsembra essere quello di difendere il decen-nio dai suoi detrattori. Piuttosto, il tentativoè quello di smontarlo, di sottrarlo a immaginitroppo univoche.

Nell’analizzare il decennio1969-1979 l’au-tore distingue due metà: la prima caratteriz-zata dagli esordi di un movimento di conte-stazione onnicomprensiva, che parte dai gio-vani nelle scuole per dilagare e incontrarequello delle lotte operaie nelle fabbriche, ac-comunati da un’idea di necessaria rivoluzio-ne permanente; la seconda identificata dalpassaggio da una militanza agita in primapersona, alla successiva delega ai partiti,specchio di un netto calo di partecipazionee di una scelta largamente condivisa di smet-tere di essere militanti e di diventare cittadi-ni, iscritti ai partiti ed elettori. L’indagine ruo-ta attorno a Lotta continua, alla sua opposi-zione alle Brigate rosse, che si orienta dap-prima verso una concezione “offensiva” incui si cerca di contrapporre la violenza dimassa a quella di avanguardia, per poi do-versi arrendere a tale sfida e sfociare neltentativo di porre tutte le proprie forze in unadirezione opposta e alternativa a quella del-le Br. Tentativo che risulterà fallimentare eporterà alla disintegrazione di Lotta conti-nua come organizzazione e al suo approdopolitico nella formula impotente “né con leBr né con lo Stato”. Resta però irrisolto unquesito a cui l’autore non sembra voler darerisposta. Nella teorizzazione della violenzadi massa e nelle derive terroristiche esisto-no o meno delle responsabilità soggettive epolitiche all’interno del movimento del Ses-santotto? È giusto ridurre il problema ad unasemplice acquisizione esterna, a una sorta direazione alla repressione? Su questo pareche l’autore resti in superficie.

Il punto di vista dal quale si guarda è, adun tempo, circoscritto ed ampio. Circoscrit-to, perché «c’è molta Lotta continua e c’è

Page 128: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

recensioni e segnalazioni

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 127

molto Torino», ampio, perché è un libro cheutilizza tutte le fonti disponibili: gli archivi,i documenti e i media. Ricostruisce la storiacon una pluralità di materiali: dal raccontodelle morti di singoli militanti, ai film, alle can-zoni e ai libri di quegli anni. Si allontana cioèdal genere “memorialistico”, pur utilizzandoanche la posizione e il punto di vista del te-stimone. L’autore lo definisce «un libro so-speso tra lo sguardo del testimone e il sennodi poi dello storico». Sì, perché Giovanni DeLuna, docente di Storia contemporanea al-l’Università di Torino, è stato un dirigente diLotta continua a Torino fino al congressoche, nel novembre del 1976 a Rimini, ne av-viò lo scioglimento. Il libro quindi coniugapassione politica e lavoro storico, con la con-siderazione del “senno di poi”, il quale “sen-no” è un tenere conto criticamente degli studiad ampio raggio che sono stati fatti non solosul decennio settanta, ma su tutta la storiadella Repubblica dal dopoguerra a oggi.

De Luna non dimentica di affrontare legrandi problematiche che ha dovuto attra-versare il nostro Paese. Paese del doppio Sta-to, o della continuità dello Stato (fascista)malgrado l’antifascismo; della Resistenza edella lotta partigiana; della guerra fredda edell’atlantismo; di una collocazione strategi-ca delicata e critica nello scacchiere interna-zionale come paese cerniera; della presenzaattiva del più grande Partito comunista delmondo occidentale, vissuto dagli uni comesegno di speranza e strumento di emancipa-zione, dagli altri come intollerabile minaccia.Insomma, un lavoro storico approfondito eserio, un libro ricco e stimolante, che pre-senta forse ancora qualche parzialità nellavisione, ma utile da consultare, sia per chi havissuto dentro quegli anni che, ancora di più,per le generazioni successive, non solo perricordare ma anche per rielaborare un perio-do difficile della nostra storia recente.

«Con la sconfitta tutto fu schiacciato dalpeso esorbitante del terrorismo e delle suevittime. Un intero decennio fu riassunto nelladefinizione spettrale di “anni di piombo”. Igruppi in cui avevano militato si erano sciol-ti, i loro compagni di un tempo si erano smar-

riti. L’oblio e il silenzio furono la prima rispo-sta alla delusione».

Marta Nicolo

Virginia ParavatiQuello che siamo stateStoria e memoria di donne in fabbricaLo iutificio di Villadossola (1900-1950)Gravellona Toce, Grafiche Fovana & Caccia,2009, pp. 250.

L’edizione è stata assai meritoriamente pro-mossa dalla consigliera di Parità e dall’As-sessorato alle Pari opportunità della Provin-cia del Verbano-Cusio-Ossola.

L’autrice, ampliando l’elaborato della pro-pria tesi di laurea, ricostruisce mezzo secolodella Sasa, acronimo di Società anonimasaccherie agricole. ’L fabricùn, tetti a dentedi sega, per due terzi maestranze al femmini-le, supererà le cinquecento unità all’indo-mani della Liberazione, rappresentando undecimo della popolazione operaia della “pic-cola Manchester” della val d’Ossola: Villa-dossola (di appena diecimila abitanti), «pri-mo fuoco che si accese» alla guerriglia an-tifascista e antinazista del nostro Paese conla cruenta insurrezione popolare, operaia epartigiana del 7 novembre 1943.

D’un fiato s’è inquadrato l’oggetto e loscenario del saggio, la cui garanzia di qualitàè data dalla continuità tematica con la prece-dente apprezzata prova dell’autrice: “Aspet-tando la luna nuova. Dialoghi sul sapere delledonne a Ornavasso nella prima metà delNovecento” (Verbania, Alberti, 2007). Scien-tificità ancor più validata dalla molteplicitàdelle fonti archivistiche, bibliografiche e oralicompulsate, così come dal peso del tutor cheha avuto negli studi Virginia Paravati: il pro-fessor Claudio Dellavalle, una delle massi-me autorità accademiche in materia, docentedi storia contemporanea all’Università diTorino e presidente del confratello Istitutopiemontese per la storia della Resistenza, non-ché vicepresidente dell’Istituto nazionaleper la storia del movimento di liberazione inItalia.

Page 129: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

128 l’impegno

L’autrice ripercorre sinteticamente le coor-dinate del processo d’industrializzazione inOssola nel volgere di due secoli, restringen-do via via l’obiettivo su quell’unicum - in undistretto di metallurgia (Sisma e Ceretti) echimica (Set, poi Montecatini, e DistillerieItaliane) - costituito dalla saccheria per teled’imballaggi, teloni, cordami, sacchi e tappeti,che fu la Sasa. Si concentra con efficacia sullecardatrici addette alla scarpinatura della juta,sulle filatrici, tessitrici, scaricatrici, bobina-trici, aspatrici, sulle cops addette alle spole,sulle mezzanti dal basso profilo di mestiere.Ascolta i loro affanni, le loro aspirazioni e leloro conquiste. L’attenzione si focalizza quin-di sull’ultimo decennio di funzionamento del-la fabbrica, coincidente con il periodo dellaseconda guerra mondiale e il lustro successi-vo, soffermandosi con acutezza infine sultormentato ultimo anno di aspre battaglie sin-dacali e di definitiva irreparabile capitolazio-ne, sancita nel clima di riflusso postresisten-ziale. Arrivano congiunture, ahinoi, nel ro-tolio dei tempi, nelle quali si collassa fino aregressioni in cui si assiste allo scambio delgoverno con il comando, del comando conil potere, del potere con il dominio. Più cheper forza altrui per incapacità nostra.

È una memoria celata quella che l’autriceva a disvelare. Interrogando il silenzio par divederle affiorare dal buio fondale di unanegazione irriducibile, riapparse, per il solomomento della parola viva (come la cento-duenne Giacomina Toni), dall’opacità del re-cinto domestico: una turba di operaie-mon-tanare autoctone e immigrate (trenta sono ledeposizioni testimoniali), il cui legame conla Storia segue un andamento carsico di in-fossamenti e risalite tra privato e pubblico.E in paritempo emerge il nondetto soffocato,represso. Come annegate gonfie di annulla-mento, vengono a noi dall’alveo di gelo not-turno dell’Ovesca, murate nella loro icasticadiversità, un’identità lavica con tracciati e-sistenziali di sacrificio e riscatto, pericolo eautonomia, e, da un limo profondo, sembra-no mandarci il messaggio che la Storia stessanon è tutto. Perché «la differenza femminile- ha notato Wanda Tommasi - eccede anche,

in parte, la storicità, e allude a una trascen-denza del femminile, all’apertura di quest’ul-timo verso possibilità inesplorate e non pre-viste dalla prospettiva androcentrica».

La specificità della donna, delle donne, diqueste donne operaie, ci sta dicendo l’autri-ce, non è riducibile al genere, né alla condi-zione sociale ed economica, né all’insieme divalori qualità ruoli che si sono storicamentein loro sedimentati, quando afferma cheobiettivo della ricerca è mantenere viva lamemoria e mettere in luce il travaglio indivi-duale e collettivo in cui esse hanno abitato,per dar forma e moto al cammino di trasforma-zione della comunità. Vicende che s’innesta-no al sommitale dell’albero grande della Re-sistenza e dell’antifascismo. È il noi che vin-ce, non la singola grama vita della persona.

Donne che, dopo aver retto l’homefront ilfronte casalingo di ben due guerre mondiali,vengono umiliate nel 1950 con lo smantella-mento della fabbrica (ma è pur storia del pre-sente) dopo sette mesi di lotta e occupazio-ne, documentati nel libro con eloquenti foto-grafie d’epoca, e relegate all’angolo del foco-lare. In tal modo si disperde irrimediabilmen-te un patrimonio comune di socialità e citta-dinanza politica, di itinerari di emancipazionedal girone dei dannati, che costituisce l’es-senza della democrazia, dell’etica pubblica,dell’educazione a tuttotondo. Di qui l’amarariflessione in esergo di Maria che dà il titoloal volume: «Mi dispiace di una cosa. Noi nonsiamo state capaci di trasmettere quello cheabbiamo fatto, quello che siamo state». Scon-fitta che brucia, per chi è stato titolare delproprio io desiderante. Muro che sbarra lavista. Impedisce il passaggio di testimonetra generazioni.

E questo potrebbe bastare.Tuttavia per contrasto, è dovere osserva-

re come la nobiltà di queste proletarie chemisero a investimento la grande forza segretadelle loro anime e dei loro corpi logorati findall’età infantile dalla polvere del telaio, damalnutrizione e spossamento, da broncopol-moniti, asme e tisi, dai cosiddetti aborti spon-tanei, risalti maggiormente oggi, in un pano-rama da regime mascherato, dominato dalla

Page 130: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

recensioni e segnalazioni

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 129

scontornata galassia del mercimonio, tantosfavillante quanto impudente, della femmi-nilità. Panorama ributtante, nel quale, persi-no baldracche in tenuta da combattimentosono abilitate a posare sugli scranni dellarappresentanza democratica il loro più co-spicuo e ambito tesoretto, quello perineale.

No, non si dovrebbero mai mélanger lestorchons et les serviettes, mescolare gli strac-ci con le salviette, raccomandavano i vecchidelle nostre parti, insomma non bisognaconfondere i valori.

f.o.z.

Cesare Bermani“Filopanti”Anarchico, ferroviere, comunista, partigianoRoma, Odradek, 2010, pp. 122, € 14,00.

Emilio Colombo “Oreste Filopanti” avevapreso il nome “Filopanti” da Quirico Filopan-ti, estensore del decreto di proclamazionedella Repubblica romana del 1849, e il nome“Oreste” dal vendicatore dell’assassinio delpadre Agamennone sulla madre Clitemnestrae il drudo Egisto, di cui all’“Orestea”, di ven-ticinque secoli addietro, eschiliana prima pie-tra della tragedia greca. Scelta che da sola dàla dimensione della cultura dell’autodidattamilitante della classe operaia; dell’anarchicoferroviere, sindacalista rivoluzionario sore-liano e proudhoniano, antidogmatico e anti-borghese: sciopero generale proletario anti-parlamentare, autorganizzazione e autono-mia operaia, azione diretta esperita nella pras-si, sabotaggio studiato e guerriglia metropo-litana (ostruzionismo con barricate e persi-no spargimento di cipolle anticavalleria!), ma-turato sulle “Rèflexions sur la violence” le-vatrice della storia. Colui che, ricevuto neo-nato il battesimo massonico del vino passan-do sotto la forca caudina di spade sguaina-te, conserva la sciarpa verde e l’archipenzodel padre, maestro di loggia radicale.

Espatriato adolescente in Egitto, protago-nista a Milano d’inarrestabili agitazioni distrada contro la guerra 1914-18, durante losciopero internazionale del luglio 1919 pro

Soviet, ferma l’Orient Express ad Arona, inuna mano il segnale rosso d’arresto, nell’al-tra il revolver. Licenziato, segue percorsi inu-suali che danno la complessità di una con-dizione umana convissuta inestricabilmen-te con la lotta politica: combattere e battere,portandovi dentro l’immagine improbabiledell’“urto decisivo” in cui si ritrova la net-tezza dello scontro e lo spazio della casualitàe del fantastico ma anche della vittoria. Cor-so senza sponde e senza bandiere intrise diretorica.

Era diventato comunista, a ingaggiare lotteimpari: gappista a Milano e poi “inventore”stratega dell’insurrezione di Villadossola del7 novembre 1943, capostipite nel paese. Quin-di ispettore delle brigate “Garibaldi”, a diri-mere questioni scabrose e contese tra forma-zioni, consapevole che compito della politi-ca è pensare l’impossibile, solo se pensi l’im-possibile hai la misura di quello che puoicambiare. Avendo chiaro che il nuovo ha unlimite: non può ripetersi all’infinito. La pra-tica del dubbio come criterio per il fare, metrodi realismo nell’agire.

Si era permesso lui, misero proletario, diessere, accanto al pacato Terracini, l’animadalla strabiliante lucidità della Repubblicadell’Ossola: inflessibile commissario allapolizia e alla giustizia, sostenitore dell’ideache nella compagine di governo dovesse es-serci, per la prima volta nella storia d’Italia,una donna, Gisella Floreanini “Amelia ValliEdvige”, una musicista temprata nella co-spirazione clandestina. Filopanti a proporreEzio Vigorelli quale giudice straordinario,autonomo dalla Giunta, vale a dire l’organogiudiziario disgiunto dall’esecutivo, ahinoidimenticata lezione di Montesquieu. Lui,ateo, nello stupore del canonico Pellanda, araccomandare che ai bambini trasferiti inSvizzera fosse garantito il conforto della lororeligione, là in un mélange di calvinismo eluteranesimo. E qui si manda un monito anchea noi, liftati sensali dello stato di cose pre-sente, ostaggi della nostra nullità, mentre unmondo muore e un altro ci si para davanti,inesplicabile eppure ancora necessitato adattingere all’età prematuramente immemore

Page 131: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

130 l’impegno

dei Filopanti “amanti di tutti”, ingoiata dallastoria, ridotta al silenzio.

Acquistare coscienza dei doveri grazie allaconquista dei diritti.

Filopanti è colui che, requisita la villa alpadrone della ferriera, consentendogli peròdi mantenere la fuoriserie in garage «evitan-do la sorte infausta toccata alle moltissimeauto requisite dai partigiani che, al momentodella fuga in Svizzera in ottobre, furono ab-bandonate nelle valli, danneggiate o distrut-te», come ricorda il dottor Ceretti, gli ricon-segna le chiavi al ritorno dall’esodo accom-pagnate da una scatola di cioccolatini.

Promotore della Lega per la difesa dellaRepubblica e del Comitato provinciale disolidarietà popolare, all’indomani della Li-berazione, è anche quello che cita Stalin dopoil XX Congresso, perché nessuno - dopol’immancabile contrordine compagni - ha piùl’ardire di farlo. Ancora lo stesso che si tes-sera a Italia-Cina (con noi giuovani preses-santotto) nell’acme dello scontro tra il par-tito di Mao e Togliatti, a fendersi gli uni congli altri.

Fortunati coloro che si sono sentiti “figlid’anima” di uomini di taglia del tutto horsligne come il protagonista di questa esem-plare inedita storia di vita. Interamente resada Cesare Bermani grazie al puro sapientemontaggio di documenti della più completagamma d’archivio e d’emeroteca e deposizio-ni testimoniali, alla Enzensberger di Durrutine “La breve estate dell’anarchia”.

E chi scrive, nei suoi vent’anni, per il pocoche gli è stato dato d’ascoltarlo al Circolodella Resistenza XXV aprile, ha fatto in tem-po ad afferire idealmente al discepolato diquel compagno esausto ma invitto, austero,schivo e duro, privo di tatto, tanto da rimaner-gli in qualche modo debitore di un’indismes-

sa anima impulsionale dal gesto risolutivoelementare equo-etico-eretico. Abbracci con-cettuali fanno ressa nella mente e nel cuore.

Era ormai vicino alla fine della vita, insie-me campo di battaglia e cella di privazioni.Un peregrinare di traslochi e precarie occu-pazioni pur di dar sostentamento alla fami-glia, sorretto dal principio “non convenien-ze ma convinzioni”, fino all’inverosimile votodi castità orfica, dopo la separazione dallacompagna che in quattordici anni di liberaunione gli aveva dato tre figli, tenuti con sé.«La guardia è stanca», proferisce il marinaionel requisire il Palazzo d’Inverno. Ma Filo-panti aveva purtuttavia mantenuto i trattiattribuitigli dai poliziotti fascisti nella sche-da segnaletica al casellario politico centrale:basso di statura, colorito terreo, sguardo tru-ce. Borse di gonfiore gli bordavano le oc-chiaie e una voce gutturale raschiata s’im-poneva all’interlocutore per assoluto carismada leader naturale. Inseparabile canna anima-ta. Non si ha coraggio se non si ha paura. Te-stimoniare sempre il proprio essere ma mai lanon verità. Non a qualunque costo, non aqualsiasi prezzo. Più che ottimismo da tresoldi, oggi volgarmente à la page, fiducia elealtà.

Questo si tira su a piene mani dal livre depoche, il “romanzo impossibile” di Cesare,imperdibile affascinante mixage del dj Ber-mani. Traiettoria esistenziale, intellettuale,morale e politica di un rivoluzionario delNovecento, protopadre della bistrattata Re-pubblica italiana. Invito perentorio a rinasce-re a se stessi, per se stessi, da se stessi. Senon altro per render conto, ciascuno nellasua onesta dimensione, della propria biogra-fia, quasi un secondo parto operato da unostetrico di sé.

f.o.z.

Page 132: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 131

Libri ricevuti

ALES, STEFANO - VIOTTI, ANDREA

Le uniformi e i distintivi del Corpo Truppe Volon-tarie Italiane in Spagna 1936-1939

Roma, Sme-Ufficio storico, 2005, pp. 282.

ALLOISIO, MIRELLA

Inseguendo un sognoFoligno, Editoriale Umbra; Perugia, Isuc, 2009,pp. 85.

BALLERINO, ALBERTO

L’idea e la ciminieraRiformismo, Cultura e Futurismo ad Alessandria1899-1922Recco (Ge), Le Mani-Microart’s, 2010, pp. 221.

BARTOLINI, SIMONETTA - GANAPINI, LUIGI - GIAN-NULI, ALDO - PARLATO, GIUSEPPE - RICCI, ALDO G. -TARCHI, MARCO

Le fonti per la storia della RsiA cura di Aldo G. RicciVenezia, Marsilio, 2005, pp. 95.

BEGOZZI, MAURO (a cura di)Il rosso, l’azzurro e il verdePiccolo manuale delle bandiere della Resistenzasl, Centro rete per la storia del ’900, 2009, pp. 63.

BON, SILVA

Le Comunità ebraiche della Provincia italiana delCarnaro: Fiume e Abbazia1924-1945Trieste, Società di studi fiumani, 2004, pp. 129.

BOTTI, FERRUCCIO

Il pensiero militare e navale italiano dalla Rivo-luzione francese alla prima guerra mondiale(1979-1915)Volume terzo: Dalla guerra franco-prussiana allaprima guerra mondiale (1870-1915)Tomo primo: La guerra terrestre e i problemidell’esercitoRoma, Sme-Ufficio storico, 2006, pp. 1.255.

BOVIO, ORESTE

Storia dell’arte militareRoma, Sme-Ufficio storico, 2008, pp. 276.

BRAGA, ANTONELLA (a cura di)Il valore di un’ideaCarlo Torelli (Arona, 1904-1994)Novara, Isrn, 2010, pp. 287.

CAPPELLANO, FILIPPO - ORLANDO, SALVATORE (a curadi)L’esercito italiano dall’armistizio alla Guerra diLiberazione8 settembre 1943 - 25 aprile 1945Roma, Sme-Ufficio storico, 2005, pp. 214.

CAPPELLETTO, FRANCESCA

Dall’autobiografia alla storiaLe memorie delle atrocità di guerra in Toscanaa cura di Fabio Dei e Caterina Di PasqualePisa, Pacini, 2010, pp. 206.

CARETTI, STEFANO (a cura di)Sandro PertiniAnni di guerra freddaScritti e discorsi: 1947-1949Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita, 2010, pp. 331.

CECCHINI, EZIO

Dizionario della seconda guerra mondialeRoma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 647.

CHIARINI, ROBERTO (a cura di)L’intellettuale antisemitaVenezia, Marsilio, 2008, pp. XI, 229.

CHIARINI, ROBERTO (a cura di)Mussolini ultimo attoI luoghi della Repubblica di SalòSalò, Centro studi e documentazione Rsi-Comu-ne, 2004, pp. 113.

CHIARINI, ROBERTO

L’ultimo fascismoStoria e memoria della Repubblica di SalòVenezia, Marsilio, 2009, pp. 143.

COCCIA, SERGIO

Le uniformi metropolitane del regio esercito dal-la riforma Baistrocchi all’inizio della secondaguerra mondiale 1933-1930Roma, Sme-Ufficio storico, 2005, pp. 534.

CORBINO, EPICARMO

L’emigrazione in AugustaA cura di Rosario MangiameliAcireale-Roma, Bonanno, 2009, pp. 90.

COSMACINI, GIUSEPPE - SCOTTI, GIUSEPPE

Francesco Scotti1910-1973Politica per amoreMilano, Franco Angeli, 2010, pp. 293.

CROSIO, FRANCO - FERRAROTTI, BRUNO

Trino risorgimentaleTrino, Associazione culturale Gruppo senza sede,2009, pp. 187.

D’ASCIA, RENATO

Storia dell’Arma del GenioVolume VII, tomo I: Dalla campagna in AfricaOrientale alla vigilia della seconda guerra mon-diale (1935-1939)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 590.

Page 133: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

132 l’impegno

DE COURTEN, LUDOVICA - SARGERI, GIOVANNI

Le regie truppe in Estremo Oriente 1900-1901Roma, Sme-Ufficio storico, 2005, pp. 571.

DE HOOG, WALTER

Tulipano. Un partigiano olandese ricorda la Re-sistenza e Ferruccio ParriRoma, Carocci, 2009, pp. 173.

DELLA VOLPE, NICOLA

Esercito e propaganda nella guerra di liberazione(1943-1945)Roma, Sme-Ufficio storico, 2005, pp. 276.

DI MARTINO, BASILIO - CAPPELLANO, FILIPPO

I reparti d’assalto italiani nella grande guerra(1915-1918)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 1.022.

DI PASQUALE, CATERINA

Il ricordo dopo l’oblioSant’Anna di Stazzema, la strage, la memoriaRoma, Donzelli, 2010, pp. X, 180.

FIOCCONE, ALEARDO

I giorni e le storieAlmanacco del Canavese dall’Unità d’Italia adoggiSalassa (To), Cumbe, 2010, pp. 398.

GRAMOLA, BENITO

La 25a brigata nera “A. Capanni” e il suo Co-mandante Giulio BedeschiStoria di una ricercaSommacampagna (Vr), Cierre-Vicenza, Istrevi,2005, pp. 164.

GRECO, PATRIZIA

Nome di battaglia TarBiografia resistenziale di Ferruccio Manea, co-mandante della brigata IsmeneSommacampagna (Vr), Cierre; Vicenza, Istrevi,2010, pp. 323.

IVALDI, NICO

Non mi sono mai arresoIntervista all’avvocato Bruno SegreTorino, Lupieri, 2009, pp. 212.

LEVI, FABIO

La persecuzione antiebraicaDal fascismo al dopoguerraTorino, Silvio Zamorani editore, 2009, pp. 203.

LONGO, EMILIO LUIGI

Immagini della seconda guerra mondialeLa campagna di Tunisia (1942-1943)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 228.

MAGGIOLI, LIDIA - MAZZONI, ANTONIO

Con foglio di viaStorie di internamento in Alta Valmarecchia1940-1944Cesena, Il Ponte Vecchio, 2009, pp. 300.

MARZANI, PAOLO

La diga di cartaLa parabola del settimanale Centro Italia nel-l’“Umbria rossa” degli anni CinquantaFoligno, Editoriale Umbra; Perugia, Isuc, 2010,pp. 254.

MASTROSANTI, MARCELLO

Ricordi degli italianiGli scampatiFiumani, istriani, dalmati nella provincia di AnconaAncona, sn, 2008, pp. 191.

MOIOLI, ANGELO (a cura di)Con la vanga e col moschettoRuralità, ruralismo e vita quotidiana nella RsiVenezia, Marsilio, 2006, pp. XVIII, 243.

MONTANARI, MARIO

Politica e strategia in cento anni di guerre italianeVolume terzo: Il periodo fascistaTomo primo: Le guerre degli anni trentaRoma, Sme-Ufficio storico, 2005, pp. 827.

MONTANARI, MARIO

Politica e strategia in cento anni di guerre italianeVolume terzo: Il periodo fascistaTomo secondo: La seconda guerra mondialeRoma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 891.

MONTANARI, MARIO

The Three Battles of El Alamein(June-November 1942)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 564.

NARDELLI, DINO RENATO - STELLI, GIOVANNI (a curadi)Istria Fiume Dalmazia laboratorio d’EuropaParole chiave per la cittadinanzaFoligno, Editoriale Umbra-Perugia, Isuc, 2009, pp.209.

PAOLETTI, CIRO

Capitani di Casa SavoiaRoma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 526.

PARAVATI, VIRGINIA

Quello che siamo stateStoria e memoria di donne in fabbricaLo iutificio di Villadossola (1900-1950)Gravellona Toce, Grafiche Fovana & Caccia,2009, pp. 250.

PELLEGRINO, MANUELA

Ucraina: “invenzione geografica” o “stato sovrano”?La rivoluzione del 1917 nella documentazionemilitare italianaRoma, Sme-Ufficio storico, 2006, pp. 263.

PIGNATO, NICOLA - CAPPELLANO, FILIPPO

Gli autoveicoli da combattimento dell’esercitoitaliano. Volume terzo (1945-1955)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 556.

Page 134: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

recensioni e segnalazioni

a. XXX, n. s., n. 1, giugno 2010 133

PUPILLO, GIUSEPPE (a cura di)L’insegnamento di Ettore GalloSommacampagna (Vr), Cierre-Vicenza, Istrevi,2004, pp. 287.

RAINERO, ROMAIN H.I reparti arabi e indiani dell’esercito italiano nellaseconda guerra mondiale (“le frecce rosse”)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 276.

RENZI, MARCO

Appennino 1944: “Arrivano i lupi!”Atti e misfatti del IV Battaglione di volontari na-zifascisti fra Toscana, Marche e RomagnaCesena, Il Ponte Vecchio, 2008, pp. 180.

RENZI, MARCO

Tavolicci 22 luglio 1944Protagonisti e retroscena di una strage nascostaCesena, Il Ponte Vecchio, 2008, pp. 215.

SABATINI, CARLO

Motti militariRoma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 377.

SALE, ILARIA MARIA

La missione militare italiana in Transcaucasia1919-1920Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 187.

SCHIPSI, DOMENICO

L’occupazione italiana dei territori metropolita-ni francesi (1940-1943)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 861.

SCRINALI, ANTONIO - SCRINALI, FURIO

Graffiti e iscrizioni della grande guerraDal Carso alle Alpi Giulie-Carniche“Le pietre parlano”Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 301.

SHELAH, MENACHEM

Un debito di gratitudineStoria dei rapporti tra l’Esercito Italiano e gliEbrei in Dalmazia (1941-1943)Roma, Sme-Ufficio storico, 2009, pp. 190.

SORBINI, ALBERTO - TIRABASSI, MADDALENA (a curadi)Racconti dal mondoNarrazioni, memorie e saggi delle migrazioniTorino, Rosenberg & Sellier, 2009, pp. 221.

STORARI, GIANNI

“Aufstehen!” “Alzarsi”Diario di guerra e di prigionia del soldato Ar-mando Gandini 1941-1945Cologna Veneta (Vr), Tip. Ambrosini, 2010, pp.VI, 150.

TEJA, ANGELA - GIUNTINI, SERGIO

L’addestramento ginnico-militare nell’esercitoitaliano (1946-1990)Roma, Sme-Ufficio storico, 2007, pp. 350.

TROMBONI, DELFINA

Per amore, solo per amoreDiario di una magliaia del Soccorso rosso(1937-1938)Ferrara, Nuove Carte, 2008, pp. 109.

VALLINO, VANNI - BEGOZZI, MAURO

Novara MillenovecentoventidueNovara, Immagina-Italgrafica, 2009, pp. 71.

VENTIMIGLIA, GRAZIELLA (a cura di)La Guerra di Spagna: un paradigma del NovecentoAsti, Israt, 2008, pp. 77.

VERONICA, GIUSEPPE (a cura di)Novara anni trentaImmagini dall’Archivio dei fratelli LavatelliNovara, Interlinea, 2008, pp. 109.

VERONICA, GIUSEPPE (a cura di)Una vita in forma di dialogoMarcella Balconi (1919-1999)Novara, Isrn, 2009, pp. 153.

VERRILLO, ANGELO

Pochi grammi di plasticaNocera Inferiore, E. Orlando, 2007, pp. 101.

VESSICHELLI, GIANCARLO

Un punto della linea verdePistoia, Isrpt, 2008, pp. 215.

ZAPPATERRA, PAOLA

Loro venivano armati ma noi non stavamo zitteMondine a Bentivoglio nelle lotte del dopoguerraBologna, Aspasia, 2008, pp. 73.

ZIRUOLO, LUCIANA (a cura di)I luoghi, la storia, la memoriaRecco, Le Mani; Alessandria, Isral, 2007, pp. 189.

Album MuzzanoPaesaggi, persone, avvenimenti tra ’800 e ’900Biella, Eventi&Progetti, 2009, pp. 239.

A noi fu dato in sorte questo tempo1938-1947Mostra multimediale interattivaA cura di Alessandra ChiappanoFirenze, Giuntina, 2010, pp. 75.

Conoscenza, innovazione & sviluppoUn futuro possibile per il sistema-territorio dellaProvincia di GrossetoGrosseto, Isgrec, 2009, pp. 251.

La Costituzione disegnataImpara la Costituzione narrando e disegnandostorieReggio Emilia, Istoreco, 2009, pp. 28.

Dal Brenta al Piave 1943-1945Documentario a cura del Cln di Bassano D.GEdito nel 1946Bassano, Tassotti, 2008, pp. 142.

Page 135: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

in biblioteca

134 l’impegno

L’emigrazione trevigiana e veneta nel mondosl, sn, 2008, pp. 95.

I fascicoli del Tribunale Speciale per la Difesa delloStato della R.S.I. concernenti il BielleseInventarioA cura di Marina CoppeVercelli, Associazione Amici degli archivi piemon-tesi, 2009, pp. 107.

I giovani e la CostituzioneRicerca sul rapporto, la conoscenza, il giudizio,l’attualità e le valutazoini dei giovani sulla no-stra Carta fondamentaleTrieste, Swg, sd, pp. 112.

Grazie MarcellaRaccolta di testimonianze in onore di MarcellaBalconi medico, pioniera della psicoanalisi in-fantile in Italia (1919-1999)Torino, ArsDiapason, 2009, pp. 232.

In ricordo di Carlo Dionisotti (1908-1998)Romagnano Sesia, Romanianum, 2008, pp. 46.

Manifestando il SessantottoMostra di manifesti degli anni 68-69Pistoia, Associazione Centro di Documentazione,2008, pp. 43.

Millenovecento61Ventinovesima rassegna di cinema e storiaIl cinema italiano del 1961Torino, Ancr, 2008, pp. 317.

Il mio diario di guerraArtigliere Gorini Nello (1893-1976)Pistoia, Isrpt, 2008, pp. 155.

Per la libertà dei popoli. Memorie garibaldinePenne nere allo sbaraglioDiario di guerra di Carlo Vittorio Mussosl, Anvrg, 2008, pp. 126.

1o convegno internazionale sui Sacri montiVarallo, 14-20 aprile 1980Bergamo, Atlas-Centro di documentazione dei Sa-cri monti, calvari e complessi devozionali euro-pei, 2009, pp. 332.

I segni e la memoriasl, sn, 2008, pp. 60.

Torino che cambiaDalle Ferriere alla Spina 3Una difficile transizioneTorino, Angolo Manzoni, 2009, pp. 384.

L’ultima battaglia federalista di Altiero SpinelliTorino, Consiglio regionale del Piemonte-Celid,2008.

La vita continuaTrino dal primo dopoguerra alla LiberazioneTrent’anni di immaginiTrino, Anpi, 2009, pp. 23.

Ringraziamenti

L’Istituto ringrazia Roselide Barcellini e Bru-

no Baltaro per la cospicua donazione di vo-

lumi ad arricchimento della biblioteca. Il ma-

teriale, che si sta procedendo ad inventariare

rispettivamente nel “Fondo Roselide Bar-

cellini e Ferdinando Zampieri” e nel “Fon-

do Giovanni Baltaro”, sarà a breve messo a

disposizione degli utenti.

Page 136: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

PAOLO CEOLA

Armi e democrazia

Per una teoria riformista della guerra

2006, pp. 80, € 5,00

Nell’ambito delle relazioni internazionali, i sistemi democratici devono fronteggiare

quattro cavalieri dell’Apocalisse che potrebbero, in un prossimo futuro, causarne la

fine. Le dittature, il terrorismo fondamentalista, di matrice islamica e non, la crisi del

sistema internazionale quale lo conosciamo, nei suoi aspetti giuridici e istituzionali

dalla fine del secondo conflitto mondiale, e infine la guerra stessa, costituiscono mi-

nacce sempre più gravi ed immediate.

Il libro tenta, dopo aver gettato uno sguardo sulle caratteristiche della guerra futura,

di indicare delle soluzioni alternative sia all’ideologia neoconservatrice che al pacifi-

smo più radicale, ponendosi nell’ottica di una teoria della guerra che possa risultare

praticabile ed effettiva e in grado di salvare la pace senza sacrificare ad essa le ragioni

della libertà e della giustizia.

Page 137: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

biografie

136 l’impegno

Gli autori

Sabrina ContiniArchivista diplomata all’Archivio di Statodi Torino e storica di formazione, dal 2004coniuga l’attività di ricerca e la partecipazio-ne a progetti di riordino di archivi storici evalorizzazione del patrimonio culturale all’at-tività di insegnante di storia e filosofia neilicei. Collabora con l’Isrsc Bi-Vc come re-sponsabile dei servizi archivistici.

Alberto MagnaniLaureato a Pavia in Storia del movimentooperaio, collabora con enti e istituti storiciin Italia e in Spagna ad attività di ricerca suiprincipali eventi del Novecento.

Laura ManioneLaureata alla Facoltà di Magistero di Torinocon una tesi sperimentale sulla storia dellafotografia, svolge attività di storica e criticadella fotografia. Ha scritto diversi testi cri-tici e curato esposizioni per istituzioni e gal-lerie in Italia e in Francia. Direttrice dell’Ar-chivio fotografico Luciano Giachetti - Foto-cronisti Baita di Vercelli.

Marco NeirettiLaureato in Materie letterarie all’Universitàdegli Studi di Torino, con una tesi in Storiaeconomica, è autore di alcuni volumi di sto-ria biellese e di monografie sul movimentocattolico e sul movimento operaio. Pubblici-sta, ha collaborato a importanti testate na-zionali e diretto periodici, politici e culturali.Curatore dell’Archivio Giuseppe Pella Biella.

Francesco Omodeo ZoriniDal 1998 presidente del Consorzio Istitutostorico Resistenza e società contemporaneanel Novarese e Vco “Piero Fornara”. Dirigen-te scolastico in quiescenza. Dal 1967 histo-rian freelance. Autore di saggi in riviste lo-cali, nazionali e in opere collettive e, tra glialtri, dei volumi: “Una scrittura morale” (1996),“Piero Fornara, il pediatra delle libertà” (2005),“1967 l’anno prima” (2007).

Alessandro Orsi Per un ventennio insegnante di Letteraturaitaliana e Storia nelle scuole medie superiori,dal 1993 è dirigente scolastico dell’Istitutoalberghiero “Pastore” di Varallo-Gattinara.Autore, tra l’altro, di “Il nostro Sessantot-to” (1990; 20082); “Un paese in guerra” (1994;20012); “Splendid Park Hotel” (1995; 20032),“Il Sottile lume dell’Ospizio” (2007).

Pietro RamellaLaureato in Economia e Commercio all’Uni-versità di Torino e in Scienze politiche al-l’Università di Pavia. Tra le sue pubblicazio-ni: “La retirada. L’odissea di 500.000 repub-blicani spagnoli esuli dopo la guerra civile1939-1945”; “Francesco Fausto Nitti. L’uo-mo che beffò Hitler e Mussolini”.

Sonia ResidoriStorica e bibliotecaria, laureata in Lettereall’Università degli Studi di Venezia, è mem-bro del comitato scientifico dell’Istrevi “E.Gallo” di Vicenza. Da alcuni anni si occupadi storia delle donne e di tematiche legatealle vicende della seconda guerra mondiale.Tra le sue pubblicazioni: “Il massacro delGrappa. Vittime e carnefici del rastrellamento”(2007); “Il guerriero giusto e l’anima bella:l’identità femminile nella Resistenza vicen-tina” (2008).

Stefano SalaLaureato in Lettere moderne all’Universitàdegli Studi di Milano con una tesi su CinoMoscatelli. Lavoratore precario e attivistadel Centro sociale Sos Fornace di Rho (Mi).

Massimiliano TenconiLaureato in Storia contemporanea all’Uni-versita degli Studi di Milano con la tesi“Mondo cattolico e politiche sociali fra do-poguerra e fascismo”, svolge attività di ri-cerca sui temi dell’antifascismo, della Resi-stenza e della deportazione.

Page 138: aspetti politici, economici, sociali e culturali del …del Vercellese, del Biellese e della Valsesia l’impegno Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea