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Università degli Studi di LecceFacoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Dipartimento di Fisica
Tesi di Laurea
Aspetti Perturbativi dellaCromodinamica Quantistica in presenza di
Supersimmetria
Laureando: Marco Guzzi
Relatore: Dr. Claudio Corianò
Anno Accademico 2001-2002
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Ringraziamenti
Un immenso grazie alla mia famiglia che mi ha dato la possibilità di continuare gli
studi.
Speciali ringraziamenti vanno al mio relatore Dott. Claudio Corianò per la sua
pazienza e per i suoi insegnamenti.
Ringrazio in particolar modo i miei colleghi Alessandro Cafarella, Andrea Ventura,
Tonio Moro per i loro preziosissimi consigli.
Infine un grazie spropositato a tutti i “Drughi” della saletta laureandi: Antonio
“Peto” Vergine, Alessandro “Il Furbastro” Cafarella, Giuseppe “Pagliarone” Pagliara,
Domenico “l’amico Zac” Zacà, Antonio “Botrugnaccio” Botrugno, Andrea Massafra,
Piero “il giocatore” De Falco, Giulio Landolfi, Piergiulio Tempesta. Senza di loro e
senza le loro performance non ce la avrei mai fatta!!!
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Contents
Introduzione al lavoro di tesi 1
0.1 Perchè supersimmetria e polarizzazione? . . . . . . . . . . . . . . . . 2
0.2 Parti originali della Tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
0.2.1 Un commmento: SQCD (o N=1 QCD) verso la vecchia “QCD
con dinamica supersimmetrica” . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
0.3 Sul ruolo degli scalari e sulle asimmetrie di stato iniziale . . . . . . . 5
0.4 Introduzione a QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
Capitolo 1. Teorie di gauge 91.1 Trasformazioni di gauge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.2 Simmetrie non abeliane e teorie di Yang-Mills . . . . . . . . . . . . . 13
1.3 La cromodinamica quantistica come teoria di Yang-Mills . . . . . . . 16
1.4 Regole di Feynman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Capitolo 2. Modello partonico 212.1 Il modello partonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.1.1 Diffusione profondamente anelastica elettrone-nucleone . . . . 22
2.1.2 Processo di Drell-Yan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.1.3 Formula di fattorizzazione e Running coupling . . . . . . . . . 30
2.1.4 Risoluzione dell’equazione di Altarelli-Parisi . . . . . . . . . . 34
2.2 Trasversità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.3 Polarizzazione longitudinale e trasversa . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
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Contents iii
2.3.1 Polarizzazione longitudinale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
2.3.2 Polarizzazione trasversa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
2.4 Analisi della evoluzione delle trasversità . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.4.1 Analisi della evoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.5 Condizioni iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
2.6 Grafici ottenuti dall’implementazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
2.7 Appendice A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
2.8 Appendice B . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Capitolo 3. Processi elementari 653.1 Processi di interazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
3.1.1 Processo qq −→ qq . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
3.1.2 Processo qg−→qg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
3.1.3 Il problema del ghost . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
3.1.4 Processo q q −→ q q . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
3.2 Analisi del processo qq−→qqg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
Capitolo 4. Introduzione alla supersimmetria 874.1 Gruppo di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4.2 Il gruppo di Poincarè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
4.3 SL(2,C), Algebra spinoriale, formalismo di Van der Warden . . . . . . 94
4.4 Connessione tra SL(2,C) e il gruppo di Lorentz ristretto . . . . . . . . 96
4.5 Spinori di Dirac e Majorana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
4.5.1 Coniugazione di carica, gli spinori di Majorana . . . . . . . . . 103
4.6 Teoremi di Coleman-Mandula e di Haag-Lopuszanski-Sohnius . . . . 104
4.7 Grading di un’algebra di Lie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
4.7.1 Z2 grading di un’algebra di Lie . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
4.8 Estensione supersimmetrica dell’algebra di Poincarè . . . . . . . . . . 110
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iv Contents
4.9 Rappresentazioni della super algebra di Poincarè . . . . . . . . . . . . 115
4.9.1 Classificazione delle rappresentazioni irriducibili, supersimme-
tria con N=1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
4.9.2 Supersimmetria con N>1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
4.10 Formalismo dei supercampi e superspazi . . . . . . . . . . . . . . . . 122
4.11 Trasformazioni finite di supersimmetria nel formalismo di Weyl . . . . 125
4.12 QCD Supersimmetrica: l’azione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
4.13 Calcolo di Processi Supersimmetrici: Formalismo Generale . . . . . . 133
4.14 Processi elementari in presenza di fermioni di Majorana . . . . . . . . 140
4.15 Esempi di calcolo per N = 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
4.16 Calcolo del processo q q → q̃ q̃ da principi primi . . . . . . . . . . . . 1494.17 Un nostro suggerimento: Asimmetrie in presenza di supersimmetria . 155
4.18 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
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Introduzione al lavoro di tesi
L’obbiettivo di questa tesi è quello di fornire una descrizione degli strumenti essenziali
che intervengono nello studio dei processi di collisione adronici ad alte energie.
La teoria che descrive le parti salienti di tali processi di interazione è denominata
Cromodinamica Quantistica (o Quantum Chromodynamics, QCD). Questa è la teo-
ria delle interazioni forti e non un modello, essendo stata verificata sperimentalmente
con grande accuratezza.
In oltre 30 anni di attivita’ teorica e sperimentale, QCD ha dimostrato di reggere a
tutti i test possibili e la descrizione delle interazioni forti che ne è conseguita ha rapp-
resentato una delle pietre miliari del pensiero scientifico. QCD è una teoria di campo
locale, rinormalizzabile e con simmetria di gauge basata sul gruppo di colore SU(3).
In questo lavoro di tesi discuteremo due aspetti principali di QCD che serviranno sia
come illustrazione dell’uso del modello partonico (cioè QCD nel regime perturbativo)
sia della sua estensione supersimmetrica.
Il primo aspetto riguarda lo studio di QCD in presenza di fenomeni di polarizzazione
degli urti adronici, mentre il secondo riguarda lo studio di processi d’urto partonico
in presenza sia di supersimmetria che di polarizzazione.
Entrambi gli studi sono originali e verranno discussi nella prima e nella seconda parte
rispettivamente della tesi. Come verrà illustrato più in dettaglio in seguito, esiste una
precisa formulazione di come avviene la descrizione di un processo di collisione adron-
ica ad alte energie. Il nostro obiettivo sarà quello di mostrare, in una applicazione
originale, quali sono le fasi salienti di questa descrizione, riassunte da una formula di
fattorizzazione delle sezioni d’urto adroniche sulla quale elaboreremo in dettaglio.
Abbiamo deciso di focalizzare la nostra descrizione nel contesto degli urti polarizzati,
intorno ai quali esiste una notevole attivita di ricerca sia teorica che sperimentale.
In particolare, uno degli interessi scientifici correnti in QCD investe lo studio di una
speciale funzione di struttura chiamata “trasversità” o, in gergo tecnico h1. Questa
funzione descrive la distribuzione di spin trasverso dei quark nel nucleone in funzione
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2 Introduzione al lavoro di tesi
di due variabili, la variabile di Bjorken (x) e la scala di fattorizzazione Q2. In parti-
colare illustreremo come risolvere le equazioni di evoluzione della funzione h1 usando
un metodo basato su relazioni di ricorrenza che formuleremo e giustificheremo.
La descrizione teorica di questa prima parte include sia una introduzione al modello
partonico, alle funzioni di struttura ed alle distribuzioni partoniche, sia uno studio
delle equazioni di evoluzione formulate con metodi di ricorrenza.
La nostra analisi è prima formulata all’ordine principale (leading order) in una espan-
sione in αs, la costante di struttura forte, e poi al second’ordine (next-to leading).
Determinate le relazioni di ricorrenza, presenteremo i risultati numerici di una im-
plementazione di queste relazioni che portano ad una predizione molto accurata della
evoluzione della funzione h1(x,Q2) al variare della scala di fattorizzazione Q. I risul-
tati numerici sono parte di un articolo in fase di ultimazione.
Dopo questa prima parte, in cui familiarizzeremo con alcuni dei concetti più avanzati
del modello partonico, passeremo ad uno studio di processi elementari in presenza sia
di supersimmetria che di polarizzazione. Gli strumenti formulati nella prima parte
risulteranno utili per tale analisi, ma vedremo che, in presenza di supersimmetria,
QCD è una teoria caratterizzata da una notevole complessità di calcolo, dovuta alla
presenza di nuovi vertici di interazione, alla comparsa di campi scalari ed alla com-
parsa di fermioni di Majorana. Illustreremo in vari calcoli di ampiezze elementari
alcuni di questi aspetti. L’esperienza acquisita nella prima parte della tesi, soprat-
tutto nello studio di processi chirali, ottenuti mediante l’introduzione di proiettori
di ampiezze chirali, sará cruciale per lo studio dei processi supersimmetrici, essendo
questi caratterizzati da interazioni chirali. Questo studio è parte di una analisi in
corso, riguardante l’uso di regolarizzazioni chirali appropriate nello studio delle for-
mule di fattorizzazione supersimmetriche.
0.1 Perchè supersimmetria e polarizzazione?
In questa tesi non affronteremo tutte le questioni riguardanti la supersimmetria nel
modello partonico, giacchè gli aspetti irrisolti nel campo sono ancora numerosi. Ab-
biamo preferito soltanto limitarci, nel nostro studio, a mettere assieme un metodo
d’indagine ed a preparare degli strumenti che speriamo saranno utili nel futuro per
una indagine accurata della questione. Vediamo brevemente quali ne sono le ragioni.
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0.1. Perchè supersimmetria e polarizzazione? 3
In QCD gli accoppiamenti della teoria sono di tipo vettoriale. Cioè parti destre e
sinistre dei fermioni di Dirac si accoppiano allo stesso modo ai campi di gauge (in
questo caso ai gluoni). Supponiamo, però di polarizzare lo stato iniziale in una colli-
sione adronica. In questo caso dobbiamo cominciare a preoccuparci del modo in cui le
divergenze della teoria si organizzano a livello perturbativo in presenza di interazioni
chirali, visto che le ampiezze partoniche si decompongono in basi di elicità. Essendo
i quarks leggeri senza massa, oltre alle usuali divergenze ultraviolette, la teoria com-
incia a presentare divergenze infrarosse ( e chirali) che sono difficili da regolarizzare.
Queste divergenze addizionali appaiono per emissione di radiazione collineare e sof-
fice. Il modo in cui avvengono le cancellazioni di queste divergenze è non ovvio e la
prova che il risultato di un certo calcolo perturbativo è finito (a posteriori) rimane,
ancora oggi, un puzzle. Ad esempio è noto che, in questi tipi di processi, una rego-
larizzazione chirale soddisfacente è quella di t’Hooft-Veltman. La regolarizzazione,
in particolare, viola la conservazione dell’elicità in contributi che non sono privi di
divergenze infrarosse. Proviamo a considerare un processo d’urto supersimmetrico
che, come vedremo, fa apparire vertici chirali. Assumiamo anche che le energie di
interazione in gioco siano molto alte, in modo che le masse di tutti gli stati interni
propaganti siano approssimativamente zero. In questo caso vedremo apparire gli stessi
tipi di divergenze soffici e collineari che erano presenti in una teoria chirale. Queste
semplici considerazioni sono sufficienti per stabilire un collegamento tra studi di re-
golarizzazioni perturbative in QCD polarizzata ed in QCD supersimmetrica. Nella
nostra analisi intendiamo sempre tenere distinti i contributi degli scalari sinistri e
destri. La ragione per cui siamo interessati allo studio di processi supersimmetrici in
questi tipi di regimi è legata al programma di studio degli aspetti astroparticellari
della radiazione supersimmetrica ed alla sua organizzazione angolare. Per ragioni di
spazio accenneremo solo brevemente a questo argomento. Gli ultimi capitoli della
tesi hanno come obbiettivo quello di analizzare il comportamento delle ampiezze par-
toniche in presenza di interazioni chirali con campi scalari sinistri e destri mantenuti
distinti. Formuleremo delle regole di calcolo molto semplici ispirate dallo studio di
diagrammi unitari sulla base di quanto appreso nella prima parte della tesi riguardo
i processi elementari.
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4 Introduzione al lavoro di tesi
0.2 Parti originali della Tesi
La parte originale della tesi e’ nello studio delle equazioni di evoluzione usando i
metodi di ricorsione, metodi che verranno illustrati nei capitoli successivi ed applicate
a distribuzioni di spin trasverso. Inoltre verra’ discusso un metodo di approssimazione
degli integrali generati dal metodo di ricorrenza che permette il controllo delle sin-
golarita’ presenti nel nuclei di evoluzione, che sono definiti in senso distribuzionale.
Mostreremo grafici delle funzioni di distribuzione di spin trasverso, ottenuti con questo
metodo, al secondo ordine nella costante di accoppiamento forte αs.
0.2.1 Un commmento: SQCD (o N=1 QCD) verso la vecchia “QCDcon dinamica supersimmetrica”
Passeremo poi ad una analisi degli aspetti supersimmetrci della cromodinamica quan-
tistica. Ricordiamo, a proposito, che aspetti di supersimmetria, specialmente nella
descrizione partonica, sono stati descritti in precedenza nella letteratura. Comunque,
facciamo presente, che tali risultati precedenti descrivono solo una versione di QCD in
cui i quark (di massa nulla) (left e right) vengono assegnati ad una rappresentazione
aggiunta invece che alla fondamentale, del gruppo di colore. E’ facile capire che tale
descrizione e’ molto vicina alla descrizione di QCD supersimmetrica di cui noi ci oc-
cuperemo, ma tale descrizione corrisponde, solo alla descrizione del multipletto di
gauge di N = 1 QCD o SQCD. In passato, a tale versione di QCD e’ stata data una
certa attenzione nello studio delle ampiezze di elicita’ di processi multipartonici.
Nel nostro caso, cioe’ in SQCD, avremo oltre al multipletto di gauge (gluone e
gluino), anche i quark scalari (left e right), che nella QCD supersimmetrica descritta
nel passato semplicemente non erano presenti. Il termine corretto per descrivere la
“vecchia” QCD supersimmetrica e’ “Supersymmetric Gluon dynamics”. Essendo il
gluino nella raprresentazione aggiunta di SU(3), ed essendo un fermione, si comporta
come un quark nella aggiunta. Per di piu’, se si lavora con una elicita’ sola (solo
Left, oppure solo Right), allora i gradi di liberta’ del fermione (L o R) e del gluone,
si bilanciano, e da qui emerge questa proprieta’ di supersimmetria di cui si parlava in
passato. Formuleremo delle regole efficienti per il calcolo di processi multipartonici e
ne forniremo degli esempi. Confrontremo il risultato ottenuto con le regole formali,
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0.3. Sul ruolo degli scalari e sulle asimmetrie di stato iniziale 5
con quello diretto che viene dalle contrazioni di Wick.
0.3 Sul ruolo degli scalari e sulle asimmetrie di stato iniziale
L’ultima parte della tesi vertera’ su questo argomento. Faremo una semplice appli-
cazione e cercheremo di convincere il lettore che asimmetrie di stato iniziale, quali
quelle misurate a collisori adronici polarizzati, possono essere utili per individuare
possibili contributi di supersimmetria in cima alle ordinarie asimmetrie di QCD.
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6 Introduzione al lavoro di tesi
0.4 Introduzione a QCD
Verso la fine degli anni ’50 e negli anni ’60, si pensava che le interazioni forti degli
adroni non potessero essere descritte in alcun modo con le tecniche perturbative della
teoria quantistica dei campi. Infatti, l’applicazione del metodo perturbativo con le
prescrizioni della Q.F.T. alla teoria del mesone e a processi dominati dalle interazioni
forti, si rivelò non adeguata. Si tentarono quindi nuovi approcci, indipendenti da
quello perturbativo. Gli studi in questa direzione portarono alla scoperta di nuove
tecniche, quali i metodi di riduzione per gli elementi di matrice S; relazioni di dis-
persione basate sulla analiticità delle ampiezze provenienti da scattering adronici; la
teoria dei poli di Regge ed il metodo della risonanza duale. Questi sviluppi si riv-
elarono soddisfacenti nel descrivere fenomenologicamente le reazioni adroniche, ma
non era chiaro come queste potessero dicendere da principi primi. La prima grande
svolta fù data nel 1973 da G. ’t Hooft, Gross e Politzer, i quali individuarono la pro-
prietà della libertà asintotica (Asymptotic Freedom) in teorie di campo di gauge non
abeliane. Secondo questa proprietà, la costante di accoppiamento forte diminuisce
al crescere dell’energia di interazione e tende asintoticamente a zero in modo logar-
itmico. La proprietà di libertà asintotica permise una trattazione perturbativa delle
interazioni forti a piccole distanze. Alla fine degli anni ’60, gli studi sulla classifi-
cazione degli adroni e sulle loro interazioni suggerirono che questi fossero composti
da componenti più elementari detti “quarks”.
Per lo studio della struttura adronica, è necessario disporre di alte energie e di elevati
momenti trasferiti negli urti per ottenere una accurata risoluzione.
Nel 1969, Bjorken riusćı a scoprire una importante proprietà delle funzioni di strut-
tura nello scattering elettrone-nucleone. Nella regione profondamente anelastica le
funzioni di struttura dipendono solo da q2/ν (dove q2 è il modulo quadro del mo-
mento trasferito nella collisione e ν è l’energia trasferita) e non da entrambe le vari-
abili (q2, ν). I fatti sperimentali gli diedero subito ragione. Questa proprietà è nota
come “Bjorken scaling”. Uno dei modi più semplici ed immediati per comprenderla,
è assumere che l’elettrone nella fase di interazione con il nucleone, urti con dei suoi
costituenti puntiformi e “quasi” liberi che chiamiamo partoni. Nello scattering pro-
fondamente anelastico elettrone-nucleone, il quadrato del momento trasferito è grande
e la risoluzione spaziale nell’ “osservazione” del bersaglio è quindi elevata.
Lo scaling di Bjorken implica che i costituenti del nucleone sono puntiformi e quasi
liberi quando sono “osservati” con elevata risoluzione spaziale.
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0.4. Introduzione a QCD 7
Accettando questa visione, la dinamica che governa il sistema di partoni deve avere
la proprietà che l’interazione tra essi diventa debole a piccole distanze.
I partoni sono oggi identificati con i quarks.
Una teoria quantistica appropriata che contiene le proprietà discusse sopra è una
teoria di campo di gauge non abeliana. Questa teoria è simile alla Q.E.D. (elettrodi-
namica quantistica o quantum electrodynamics), ma differisce da questa per il fatto
che la simmetria di gauge corrispondente è non abeliana (i generatori dell’algebra di
simmetria non commutano). Essa fu inizialmente introdotta da Yang e Mills, poi
’t Hooft, Gross, Wilczek, Politzer ne analizzarono le proprietà tramite il gruppo di
rinormalizzazione. Da qui si arrivò alla proprietà di libertà asintotica dei partoni.
In definitiva, la dinamica che governa un sistema di quarks è da cercarsi in teorie di
gauge non abeliane. Il fatto che queste teorie siano generate da simmetrie descritte
attraverso algebre non commutative, richiede che un sistema di quarks abbia una
simmmetria extra. Questo si traduce nell’assegnazione ai quarks di un nuovo numero
quantico chiamato colore, (si parla quindi di simmetria di colore) in modo da risolvere
alcuni problemi connessi con il modello a quarks.
Queste difficoltà possono essere elencate come segue:
- problemi di costruzione di una corretta funzione d’onda per i barioni,
- la non osservabilità di quarks isolati,
- discrepanza tra predizioni e fatti sperimentali sulla sezione d’urto totale del pro-
cesso: e+e− → adroni e frequenza di decadimento per il processo: π0 → 2γ.Fritzsch e Gell-Mann furono i primi a proporre che la simmetria extra di una teoria
di campo di gauge non abeliana potesse essre identificata con il colore.
Attraverso questa identificazione la maggior parte delle difficoltà connesse con il mod-
ello a quarks furono superate in modo naturale e la teoria della dinamica dei quarks
venne finalmente stabilita.
Questa teoria è oggi nota come cromodinamica quantistica QCD.
Come il fotone, che è un campo di gauge abeliano, media l’interazione elettromag-
netica tra particelle cariche in QED, i campi di gauge non abeliani mediano le inter-
azioni di colore tra i quarks in QCD. Essi sono chiamati gluoni e sono responsabili
dei legami tra i quarks. Mentre i fotoni non posseggono carica elettrica, e quindi non
possono interagire tra di loro, i gluoni posseggono carica di colore ed interagiscono
tra loro anche in assenza di quarks. Questa proprietà è un ingrediente essenziale per
la proprietà di asymptotic freedom. Nel modello a quark con simmetria di colore,
gli adroni appaiono come stati privi di colore. Si assume quindi che solo stati privi
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8 Introduzione al lavoro di tesi
di colore siano fisicamente realizzabili, dato che quarks isolati non si osservano mai.
Una possibilità per spiegare questa assunzione è di interpretarla come come un effetto
dinamico in QCD. Quindi abbiamo libertà asintotica a piccole distanze tra i quarks
e confinamento a grandi distanze. Per discutere reazioni a piccole distanze, grazie
all’asymptotic freedom, possiamo usare la teoria perturbativa (QCD perturbativa).
La tecnica perturbativa fu applicata per la prima volta nello scattering profondamente
anelastico di elettroni su nucleoni, riottenendo lo scaling di Bjorken, sebbene questo
fosse violato logaritmicamente da correzioni di QCD.
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Capitolo 1
Teorie di gauge
Il concetto di simmetria in teoria dei campi riveste un ruolo fondamentale, in quanto
sappiamo dal teorema di Noether che ad ogni simmetria esibita da un sistema fisico
corrisponde una legge di conservazione. Le simmetrie cui noi faremo riferimento
sono le simmetrie di gauge, che sono basate su particolari trasformazioni indotte da
particolari gruppi di simmetria (U(1), SU(2), SU(3)) sui campi. L’aspetto innovativo
delle teorie di gauge sta nel fatto che le interazioni vengono interpretate attraverso
lo scambio di particelle dette appunto di gauge. In particolare vedremo che la teoria
delle interazioni forti può essere descritta in modo accurato da una teoria di campo
di gauge del gruppo SU(3).
1.1 Trasformazioni di gauge
Una simmetria di gauge è basata sul concetto di trasformazione di gauge. Queste
sono delle trasformazioni che lasciano invariate le coordinate quadrimensionali (t, ~x)
ma cambiano la forma funzionale dei campi. Ad esempio su un fermione (spinore di
Dirac), assumono la forma
ψ′(x) = e−igθψ(x) , (1.1)
oppure in forma infinitesima θ ≪ 1:
ψ′(x) = (1 − igθ)ψ(x) , (1.2)
dove g è una costante di accoppiamento e θ un parametro reale che descrive la trasfor-
mazione. Se θ è l’unico parametro in gioco, questa trasformazione appartiene al
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10 Capitolo 1. Teorie di gauge
gruppo di simmetria U(1), (gruppo unitario unimodulare) il cui generico elemento è
della forma e−igθ. Possiamo avere due tipi di trasformazioni
θ =costante −→ globaliθ = θ(x) −→ locali
(1.3)
Le trasformazioni locali dipendono dal punto dello spazio tempo in cui sono effettuate,
mentre le globali no. Sui campi avremo dunque
ψ′(x) = e−igθ(x)ψ(x)
ψ′(x) = eigθ(x)ψ(x) . (1.4)
ψ(x) = ψ†γ0 è il campo coniugato di carica del campo ψ(x)
È facile vedere che il gruppo U(1) è un gruppo abeliano, ed è un esempio importante
di teoria di gauge abeliana, ovvero l’elettrodinamica quantistica. Consideriamo la
lagrangiana descrivente un elettrone libero di Dirac
L0 = ψ(x) (i∂/ −m)ψ(x) . (1.5)
È evidente che L0 possiede invarianza sotto trasformazioni globali del gruppo U(1),infatti
L′0 = ψ′(x) (i∂/ −m)ψ′(x) = L0 . (1.6)
Per il teorema di Noether la corrente sarà data da
Jµ = −ig
∂L0
∂ (∂µψ)ψ(x) + ψ(x)
∂L0∂(
∂µψ)
= g(
ψγµψ)
,
(1.7)
e sarà conservata
∂µJµ = 0 . (1.8)
La conservazione della carica è quindi una conseguenza della proprietà di invarianza.
Consideriamo ora trasformazioni di gauge locali. Sostituendo nella L0 la nuova formafunzionale ψ′, compare un termine che rompe l’invarianza e si ha
L′0 = L0 + Jµ∂µθ . (1.9)
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1.1. Trasformazioni di gauge 11
Questo accade perchè il termine contenente la derivata ha una legge di trasformazione
più complicata. Per ristabilire l’invarianza introduciamo in L0 un campo Aµ(x) inmodo opportuno
L̃0 = L0 −e
gJµAµ . (1.10)
Applicando la trasformazione su L̃0 ed imponendo che la variazione soddisfi δL̃0 = 0si ottiene
L̃′0 = L′0 −e
gJ ′µA′µ = L0 + Jµ∂µθ −
e
gJ ′µA′µ = L0 −
e
gJµAµ . (1.11)
Poichè J ′µ = Jµ si ha che la legge di trasformazione per il campo Aµ(x) è la seguente
A′µ = Aµ +g
e∂µθ(x) . (1.12)
Un modo più elegante di ottenere l’invarianza è quello di introdurre la derivata co-
variante, ossia un operatore che trasformi sotto il gruppo U(1) nel seguente modo
Dµψ(x) −→ [Dµψ(x)]′ = e−igθ(x)Dµψ(x) , (1.13)
in maniera tale che ψ(x)γµDµψ(x) sia invariante. L’azione della derivata covariante
sul campo ψ non cambia le proprietà di trasformazione di questo. La costruzione di
Dµ avviene includendo il campo di gauge Aµ(x) nell’azione della derivata ordinaria
Dµψ(x) = (∂µ + ieAµ)ψ(x) , (1.14)
dove e è un parametro libero identificabile con la carica elettrica. La legge di trasfor-
mazione della derivata covariante risulta quindi soddisfatta se Aµ trasforma come
abbiamo visto sopra
Aµ(x) −→ A′µ(x) = Aµ(x) +1
e∂µθ(x) , (1.15)
dove per semplicità abbiamo posto g = 1. Riscrivendo la densità di lagrangiana in
termini della nuova derivata otteniamo
L′0 = ψ(x)iγµ (∂µ + ieAµ) −mψ(x)ψ(x) . (1.16)
Per dare un significato di variabile dinamica al campo di gauge Aµ(x) includiamo
nella lagrangiana il termine
L̃A = −1
4FµνF
µν , (1.17)
-
12 Capitolo 1. Teorie di gauge
dove Fµν = ∂µAν − ∂νAµ, ed è il più semplice che si possa costruire rispettando irequisiti di invarianza per trasformazioni tipo Aµ −→ A′µ e richiedendo altres̀ı che lalagrangiana sia uno scalare di Lorentz. Il tensore di rango due antisimmetrico Fµν è
costruito tramite la derivata covariante nel seguente modo
(DµDν −DνDµ)ψ = ieFµνψ . (1.18)
La legge di trasformazione per Fµν è quindi data da
[(DµDν −DνDµ)ψ]′ = e−igθ(x) [(DµDν −DνDµ)ψ] , (1.19)
da cui si vede che
F ′µνψ′ = (Fµνψ) e
−igθ(x)
F ′µν = Fµν . (1.20)
Quindi Fµν è invariante. La lagrangiana di QED è quindi determinata completamente
dalla simmetria dinamica imposta
LQED = ψ(x)iD/ψ(x) −mψ(x)ψ(x) −1
4FµνF
µν . (1.21)
È importante fare a tal punto le seguenti considerazioni:
1) il fotone ha necessariamente massa nulla in quanto lo scalare AµAµ non è gauge in-
variante e pertanto un termine di massa m2AµAµ romperebbe la simmetria di gauge.
2) L’accoppiamento minimo del fotone all’elettrone è contenuto nella derivata co-
variante che è costruita dalle proprietà di trasformazione del campo dell’elettrone.
L’accoppiamento del fotone ad ogni campo di materia è determinato dalle proprietà
di trasformazione del gruppo di simmetria.
3) La lagrangiana di QED non ha termini di autoaccoppiamento perchè il fotone non
ha carica elettrica, o meglio numero quantico del gruppo U(1).
I primi due punti valgono ancora per teorie di gauge non abeliane, ma il terzo punto
non vale più. La presenza di autoaccoppiamenti rende le teorie di gauge non abeliane
altamente non lineari con proprietà fondamentalmente caratterizzanti, tra le quali
quella di libertà asintotica.
-
1.2. Simmetrie non abeliane e teorie di Yang-Mills 13
1.2 Simmetrie non abeliane e teorie di Yang-Mills
Vogliamo estendere il principio di gauge a gruppi di simmetria non abeliani in parti-
colare al gruppo SU(N). Il gruppo SU(N) è il gruppo delle matrici n × n unitarieU (U †U = UU † = I) con determinante detU = 1. Un generico elemento di questo
gruppo può essere scritto
U = eiH . (1.22)
dove H è una matrice hermitiana n × n. In base alla proprietà det eA = eTr[A] siha che Tr[H ] = 0. Poichè abbiamo n2 − 1 matrici hermitiane n × n a traccia nulla,scriviamo che
U = exp
n2−1∑
i
θiλi
, (1.23)
con λi matrici hermitiane a traccia nulla e θi parametri del gruppo. Le matrici λi
sono dette generatori del gruppo e formano una base dell’algebra di Lie del gruppo.
Esse soddisfano la seguente relazione di commutazione[
λi2,λj2
]
= ifijkλk2, (1.24)
che dà una realizzazione dell’algebra. Il simbolo totalmente antisimmetrico fijk rap-
presenta le costanti di struttura dell’algebra. Nel caso del gruppo SU(2) le matrici
λi coincidono con le matrici 2 × 2 di Pauli σi, mentre per il gruppo SU(3) sono le8 matrici di Gell-Mann. Supponiamo di considerare un campo fermionico ψ(x) che
abbia l gradi di libertà interni (ad esempio il colore). La densità di lagrangiana sarà
allora data da
L =∑
l
ψl (iγµ∂µ −m)ψl . (1.25)
Se definiamo
ψ(x) =
ψr
ψb
ψg
, (1.26)
dove con b, r, g sono identificati i gradi di libertà corrispondenti al numero quantico
di colore, possiamo compattare la scrittura e riavere la solita espressione
L = ψ (iγµ∂µ −m)ψ . (1.27)
-
14 Capitolo 1. Teorie di gauge
Imponendo per il campo ψ(x) una trasformazione del tipo
ψ′(x) = Uψ(x) , (1.28)
la simmetria in questione sarà quella di SU(3) dove U è una matrice 3×3 appartenenteal gruppo SU(3) di colore
U(θ) = e−ig2
λiθi(x) , (1.29)
dove le θi(x) sono i parametri di trasformazione del gruppo e λi sono i generatori.
Come abbiamo visto in precedenza per il caso abeliano della QED, è evidente che la
lagrangiana risulti invariante per trasformazioni di gauge globali, mentre per trasfor-
mazioni locali la simmetria è rotta a causa del termine contenente la derivata. Esso
ha infatti una legge di trasformazione più complicata
ψ(x)γµ∂µψ(x) −→ ψ′(x)γµ∂µψ′(x) = ψ(x)γµ∂µψ(x) + ψ(x)γµ[
U †∂µU]
ψ . (1.30)
Per costruire una lagrangiana invariante si esegue la stessa procedura del caso abeliano.
Introduciamo tanti campi di gauge per quanti sono i generatori del gruppo di simme-
tria (nel caso di SU(3) sono otto), e costruiamo la derivata covariante che contiene
l’accoppiamento come segue
Dµψ(x) =(
∂µ −igs2λaAaµ
)
ψ , (1.31)
dove gs è la costante di accoppiamento e gli Aaµ con a = 1, ..., 8 sono i campi di
gauge. Per la trasformazione della derivata richiediamo che sia soddisfatta la solita
prescrizione
Dµψ(x) −→ [Dµψ(x)]′ = U(θ(x))Dµψ(x) . (1.32)
Questo implica che
(
∂µ −igs2λaA
′aµ
)
Uψ = U(
∂µ −igs2λaAaµ
)
ψ , (1.33)
cioè[
∂µU −igs2λaA
′aµ U
]
ψ =[
−igs2UλaAaµ
]
ψ , (1.34)
da cui si ottiene
λaA′aµ
2= U
(
λaAaµ2
)
U † − igs
(∂µU)U† . (1.35)
-
1.2. Simmetrie non abeliane e teorie di Yang-Mills 15
Per una trasformazione infinitesima con θ(x) ≪ 1 si ha
U(θ(x)) ∼= 1 − i
~λ · ~θ(x)2
, (1.36)
e si ha
~λ · ~A′µ(x)2
=~λ · ~Aµ(x)
2− iθaAbµ
[
λa
2,λb
2
]
− 1g
~λ
2· ∂µ~θ
=
~λ · ~Aµ(x)2
+1
2fabcλaθbAcµ −
1
g
~λ
2· ∂µ~θ
. (1.37)
Sfruttando la lineare indipendenza delle λa abbiamo la legge di trasformazione
A′aµ = A
aµ − fabcθbAcµ −
1
g∂µθ
a . (1.38)
I campi Aaµ al contrario del caso abeliano, hanno un indice a che indica la legge di
trasformazione, e si dice che quindi che portano “carica” (di colore). Rimane ora da
costruire il tensore di rango due antisimmetrico dei campi di gauge per completare la
costruzione della lagrangiana gauge invariante e dare significato dinamico alle variabili
Aaµ. Seguendo la strategia adottata in precedenza studiamo la consueta combinazione
di derivate covarianti ed osserviamo che
(DµDν −DνDµ)ψ ≡ ig(
λa
2F aµν
)
ψ , (1.39)
da cui scaturisce che
~λ · ~Fµν2
= ∂µ~λ · ~Aν
2− ∂ν
~λ · ~Aµ2
− ig
~λ · ~Aµ2
,~λ · ~Aν
2
. (1.40)
Scritta in forma più esplicita ci dà
F aµν = ∂µAaν − ∂νAaµ + gfabcAbµAcν . (1.41)
Poichè Dµψ ha la stessa legge di trasformazione di ψ non è difficile vedere che
[(DµDν −DνDµ)ψ]′ = U(θ(x)) [(DµDν −DνDµ)ψ] , (1.42)
quindi la legge di trasformazione per ~λ · ~Fµν sarà infine
~λ · ~F ′µν = U(θ(x))~λ · ~FµνU †(θ(x)) . (1.43)
-
16 Capitolo 1. Teorie di gauge
La quantità gauge invariante che comparirà nella lagrangiana finale sarà
Tr{(
~λ · ~Fµν) (
~λ · ~F µν)}
∝ F aµνF aµν . (1.44)
La lagrangiana gauge invariante è pertanto
L = −14F aµνF
aµν + ψiD/ψ −mψψ . (1.45)
Una lagrangiana di questo tipo è detta di Yang-Mills ed i campi di gauge Aaµ sono i
campi di Yang-Mills. Questa lagrangiana gauge invariante ben descrive l’interazione
tra i campi vettoriali Aaµ ed il tripletto di campi ψi(x) di SU(3). Ma questa non è
la fine della storia. Espandendo il termine di Yang-Mills puro F aµνFaµν , si nota la
presenza di termini che sono trilineari e quadrilineari in Aaµ che hanno forma del tipo
−gfabc∂µAaνAbµAcν −g2
4fabcfadeAbµA
cνA
dµAeν . (1.46)
Essi corrispondono ad auto accoppiamenti dei campi di gauge non abeliani che quindi
interagiscono tra di loro in quanto carichi. Questo discende dal fatto che la legge
di trasformazione degli Aaµ non è elementare, infatti l’indice a = 1, ..., 8 corre sulla
rappresentazione aggiunta di SU(3). I campi di gauge, come in QED, sono privi di
massa ed il loro accoppiamento ai campi di materia è tutto contenuto nella derivata
covariante. È doveroso a tale punto fare una considerazione sulla costante di accop-
piamento. Nel caso di teorie abeliane non vi sono restrizioni riguardo l’intensità della
costante di accoppiamento. In linea di principio si possono descrivere elettroni con
carica e o con carica ke. In teorie non abeliane come ad esempio SU(3) la situazione
è più restrittiva. Per esempio accoppiando i campi di gauge a particelle con carica kg,
la relazione di commutazione tra i generatori opera una restrizione su k e implica che
k2 = k ossia k = 1. Quindi in teorie non abeliane la normalizzazione dei generatori è
fissata dalle relazioni di commutazione.
1.3 La cromodinamica quantistica come teoria di Yang-Mills
Il successo del modello partonico a quarks nel descrivere lo scaling di Bjorken sug-
gerisce che la teoria delle interazioni forti deve esibire la proprietà di libertà asintotica
e studiando le equazioni del gruppo di rinormalizzazione si è visto che le teorie di
-
1.4. Regole di Feynman 17
Yang-Mills possiedono tale proprietà a grandi momenti trasferiti. Inoltre per sop-
perire alle difficoltà connesse con la costruzione di una funzione d’onda esibente una
corretta simmetria, in modo da rispettare il principio di esclusione, si è postulato che
i quarks devono avere un numero quantico aggiuntivo, detto colore, che può assumere
tre valori (blue, red, green). L’esistenza di questo nuovo numero quantico assegnato
allo spinore di Dirac che descrive il quark aggiunge un grado di libertà interno ad
esso, e la simmetria che regola la trasformazione è di tipo SU(3) detta simmetria di
colore. Essa è una simmetria esatta e lo si verifica sperimentalmente. Nel settore
elettrodebole invece la simmetria di gauge SU(2)×U(1)iper−carica viene rotta ad unasimmetria U(1) elettromagnetica. L’assunzione che tutte le particelle osservate si
presentino come prive di colore (o per meglio dire singoletti di colore), suggerisce che
le forze che intervengono tra i quarks, che hanno carica di colore, sono dipendenti dal
colore. Tutte queste proprietà sono descritte da una teoria di Yang-Mills di SU(3),
nota appunto come “cromodinamica quantistica” (o più brevemente QCD), la cui la-
grangiana è quella ricavata pocánzi in cui però si è tenuto conto del fatto che i quarks
posseggono anche un’altra simmetria, quella di SU(3) di sapore, che a differenza della
precedente non è una simmetria esatta. Tale simmetria è presente nella lagrangiana
solo se la somma dei quarks è presa uguale per tutti i sapori.
LQCD = −1
4F aµνF
aµν +nf∑
k=1
ψk (iD/ −m)ψk . (1.47)
Ricordiamo infine che in QCD le masse dei quarks sono dei parametri della teoria.
L’origine delle masse dei quarks è da ricercarsi nel settore elettrodebole delle inter-
azioni fondamentali e nella presenza di un valore di aspettazione non nullo del campo
di Higgs.
1.4 Regole di Feynman
La maggior parte delle regole di Feynman per una teoria di gauge non abeliana pos-
sono essere dedotte direttamente dalla lagrangiana di Yang-Mills seguendo il metodo
dell’integrale funzionale. L’integrale funzionale su un campo di gauge deve essere
definito molto accuratamente; nella nostra trattazione utilizzeremo solo i risultati più
importanti che ci permetteranno di affrontare subito i calcoli. Cominciamo con il
definire i propagatori della teoria. Si dimostra che il propagatore fermionico ha una
-
18 Capitolo 1. Teorie di gauge
espressione del tipo
〈ψiα(x)ψjβ(y)〉 =∫
d4k
(2π)4
(
i
k/ −m
)
αβ
δije−ik·(x−y) , (1.48)
dove α e β sono indici di Dirac, mentre i e j sono gli indici del gruppo di simmetria.
Il propagatore per il campo vettoriale di gauge è definito invece come segue
〈Aaµ(x)Abν(y)〉 =∫
d4k
(2π)4
(−igµνk2
)
δabe−ik·(x−y) . (1.49)
Per scrivere la struttura dei vertici espandiamo la lagrangiana ed osserviamo la forma
dei termini non lineari come segue
LQCD = L0 + gAaνψγνT aψ − gfabc∂µAaνAbµAcν −g2
4fabcfadeAbµA
cνA
dµAeν , (1.50)
dove con L0 abbiamo indicato la lagrangiana di campo libero, mentre T a = λa/2. Ilprimo dei termini non lineari, che rappresenta l’interazione tra il campo vettoriale di
gauge Aν e il campo fermionico, dà origine al vertice
igγνTa . (1.51)
Esso è una matrice che agisce sugli indici di Dirac e di gauge dei fermioni. Il secondo
termine nonlineare origina il vertice a tre gluoni. Per scrivere esplicitamente la forma
di questo vertice fissiamo una convenzione per il verso momenti che fluiscono in esso
e per gli indici di gauge e di Lorentz. Consideriamo prima la contrazione tra la
particella di gauge esterna con momento k al primo fattore di Aaµ, la paerticella di
gauge con momento p con il secondo e la particella di gauge con momento q al terzo.
La derivata contribuisce con un fattore −ikµ se il momento punta verso il diagramma.Il cotributo sarà infine
−igfabc(−iKν)gµρ . (1.52)
Ci sono in tutto tre possibili contrazioni che hanno segni alterni in accordo con il
simbolo totalmente antisimmetrico fabc. Procedendo con una strategia analoga pos-
siamo ricavare la struttura del vertice a quattro gluoni che deriva dall’ultimo termine
nonlineare. Il contributo di una delle quattro possibili contrazioni è
−ig2fabcfadegµρgνσ . (1.53)
Possiamo schematizzare le regole di Feynman graficamente come segue
-
1.4. Regole di Feynman 19
= igγµT a
= gfabc [gµν (k − p)ρ
+gνρ (p− q)µ + gρµ (q − k)ν ]
= −ig2[
fabef cde (gµρgνσ − gµσgνρ)
+facef bde (gµνgρσ − gµσgνρ)
+fadef bce (gµνgρσ − gµρgνσ)]
(1.54)
a,µ
b,ν
a,µ
c,ρ
q p
k
σd,
a,µ
c,ρ
b,ν
Per quanto riguarda i propagatori si ha
=
(
i
p/ −m
)
αβ
=−igµνp2
δab (1.55)
α βp
pb,νa, µ
-
20 Capitolo 1. Teorie di gauge
Nei capitoli successivi presenteremo delle implementazioni di queste regole per
illustrarne il loro valore pratico. Nel contempo, passeremo allo studio di semplici
processi multipartonici per i quali introdurremo un set di variabili che risulteranno
utili per l’identificazione delle singolarita’ delle emissioni reali allorquando si deve
integrare (parte che comunque non analizzeremo) sullo stato finale. Nei capitoli finali
passeremo ad estendere queste regole al caso di QCD supersimmetrica.
-
Capitolo 2
Modello partonico
2.1 Il modello partonico
Ad energie e momenti trasferiti molto alti, QCD è descritta da una formulazione per-
turbativa. A tale formulazione si dà il nome di “modello partonico”, essendo questo
modello dovuto a Feynman, antecedente a QCD. L’intuizione fisica che é alla base
del modello si puó riassumere in modo molto semplice.
Ad alte energie, un osservatore in quiete nel centro di massa di una collisione adronica
(ad esempio protone-fotone), vede gli adroni come dei dischi piatti, cioé contratti (per
contrazione di Lorentz relativistica) e stabilisce due scale nel processo:
1) l’intervallo di tempo (piccolo) della interazione tra fotone-virtuale e quark nel nu-
cleone;
2) l’intervallo di tempo (lungo) dell’interazione tra i quark all’interno del nucleone.
Il termine “scala” proviene dall’uso di unità naturali (c = h̄ = 1) nella descrizione di
questi processi. In tali unità, una scala di tempo (t) è inversamente proporzionale ad
una corrispondente scala di energie (Q). Quindi, per momenti trasferiti (Q) molto alti,
i tempi di interazione tra fotone e quark sino dell’ordine t ≈ 1/Q. L’interazione deiquark nello stato legato nucleonico, sono caratterizzati da una seconda scala energet-
ica (e di tempo) che è quella tipica del confinamento (ΛQCD). Tale scala è dell’ordine
di circa 200− 400 MeV. Vedremo che tale scala appare in modo naturale nell’ambitodell’analisi perturbativa come componente essenziale dell’evoluzione della costante di
accoppiamento forte αs. In unità di energia (ad esempio in GeV), le due scale sono
notevolmente separate.
Avendo identificato le due scale caratterizzanti i due fenomeni fisici essenziali che ap-
paiono nella collisione fotone-virtuale nucleone, e cioè la scala dell’urto duro e quella
21
-
22 Capitolo 2. Modello partonico
del confinamento, quest’ultima descrivente lo stato legato dei quark e dei gluoni nel
nucleone, uno dei risultati principali del modello partonico può essere riassunto in
una formula di fattorizzazione delle collisioni adroniche che cercheremo di giustificare
in modo euristico.
Un importante processo i cui tests di QCD sono possibili è il processo inclusivo
e− N −→ e− X, dove N denota un nucleone ed X denota uno stato finale arbitrarionon osservabile. Ad alte energie e grandi momenti trasferiti, la collisione leptone-
nucleone esibisce l’importante fenomeno noto come “scaling di Bjorken”. Questa
correlazione tra energia e distribuzione angolare dei leptoni diffusi in questo processo
profondamente anelastico, può essere descritta in modo semplice attraverso il modello
partonico di Feynman, secondo il quale a piccole distanze gli adroni possono essere
visti come costituiti da particelle puntiformi di spin 1/2 “quasi libere” dette partoni.
I partoni sono oggi identificati con i quarks.
2.1.1 Diffusione profondamente anelastica elettrone-nucleone
Consideriamo il processo e− p −→ e− X, dove e− è un elettrone che collide con unnucleone a riposo nel sistema di riferimento del laboratorio. Il diagramma di Feynman
corrispondente è riportato in Fig. (??), dove l’interazione puramente elettromagnet-
ica, avviene in prima approssima zione tramite lo scambio di un fotone virtuale.
Figure 2.1: Diffusione profondamente anelastica elettrone-protone
Abbiamo tre variabili cinematiche indipendenti che identifichiamo con:
s = (P + k)2; q2 = (k − k′)2; W 2 = (P + q)2. (2.1)
-
2.1. Il modello partonico 23
La variabile s corrisponde al quadrato della energia totale disponibile nel centro di
massa del sistema e− p; q2 è il quadrato del momento trasferito; W 2 corrisponde alla
massa invariante del sistema. Nel sistema del laboratorio possiamo scrivere:
k = (E,~k); k = (E ′, ~k′);
P = (M,~0); q = (E − E ′, ~k − ~k′) = (ν, ~q) . (2.2)
Trascurando la massa a riposo dell’elettrone otteniamo per q2 la seguente espressione:
q2 = (k − k′)2 = −2kk′ = −2[
EE ′ − ~k · ~k′]
=
−2EE ′ (1 − cos θ) = −4EE ′sin2 θ2. (2.3)
Per lavorare con quantità definite positive denotiamo:
−q2 = Q2 (2.4)
Quindi esplicitando W 2 si ha:
W 2 = M2 + 2M (E −E ′) + q2 = M2 + 2Mν −Q2, ν = E − E ′ . (2.5)
A questo punto definiamo la variabile adimensionale di Bjorken come segue:
x =Q2
2Mν. (2.6)
Non è difficile notare che questa variabile ci dà una misura della anelasticità del
processo, infatti se x = 1 il processo è completamente anelastico (W 2 = M2); se
x < 1 abbiamo un urto anelastico (W 2 > M2).
La sezione d’urto non polarizzata per la distribuzione angolare e di energia degli
elettroni diffusi con adroni nello stato finale non osservati, è data da:
dσ
dΩdE ′=σM2M
{
W2(Q2, ν) + 2W1(Q
2, ν) tan2θ
2
}
, (2.7)
dove abbiamo denotato con sigma la sez. d’urto differenziale di Mott, mentre W1
e W2 sono funzioni relativisticamente invarianti dette funzioni di struttura. Esse
contengono tutte le informazioni riguardanti la struttura del protone nello scattering
e−-p. Studiamo più in dettaglio queste funzioni, analizzando la sez. d’urto del nostro
processo. L’ampiezza del processo è data dalla seguente espressione:
Tn = e2ū(k′, λ′)γµu(k, λ)
1
q2〈n|Jemµ (0)|p, σ〉 . (2.8)
-
24 Capitolo 2. Modello partonico
In questa espressione abbiamo denotato con Jemµ (0) la corrente elettromagnetica
adronica, con λ lo spin dell’elettrone, con |p, σ〉 lo stato di momento p e spin σin cui si trova il nucleone nello stato iniziale, e con |n〉 uno stato adronico finale in X.La sez. d’urto non polarizzata è data dalla formula di Fermi:
dσn =1
|~v|1
2M
1
2E
d3k′
(2π)32k′0
n∏
i=1
[
d3pi(2π)32pi0
]
× 14
∑
σλλ′| Tn|2(2π)4δ(p+ k − k′ + pn) ,
(2.9)
dove pn =∑n
i pi. Sommando su tutti i possibili stati adronici finali (che non sono
osservati) otteniamo la sez. d’urto inclusiva:
d2σ
dΩdE ′=e4
q4lµνWµν
E ′
E. . (2.10)
Il tensore leptonico corrisponde a:
lµν =1
2Tr [k′/γµk/γν ] = 2
(
kµk′ν + k
′µkν +
q2
2gµν
)
. (2.11)
Il tensore adronico è dato da:
Wµν =1
4M
∑
σ
∑
n
∫ n∏
i=1
[
d3pi(2π)32pi0
]
×
〈p, σ|Jemµ (0)|n〉〈n|Jemν (0)|p, σ〉(2π)3δ4(pn − p+ q) . (2.12)
Scrivendo in forma più compatta abbiamo che:
Wµν =1
4M
∑
σ
∫ d4x
2πeiq·x〈p, σ|Jemµ (x)Jemν (0)|p, σ〉 . (2.13)
È conveniente scrivere questa espressiopne in funzione del commutatore tra le due
correnti:
∫ d4x
2πeiq·x〈p, σ|Jemµ (x)Jemν (0)|p, σ〉 =
∑
n
∫d4x
2πei(pn−p+q)·x〈p, σ|Jemν (0)|n〉〈n|Jemµ (0)|p, σ〉 =
∑
n
(2π)3δ4(pn − p+ q)〈p, σ|Jemν (0)Jemµ (0)|p, σ〉 . (2.14)
-
2.1. Il modello partonico 25
Osserviamo ora che nel sistema di riferimento del laboratorio q0 = ν > 0 non c’è
alcun stato intermedio con energia En = M − ν ≤M che possa contribuire, quindi iltermine di sopra si annulla. Di conseguenza scriviamo:
Wµν =1
4M
∑
σ
∫d4x
2πeiq·x〈p, σ|
[
Jemµ (x), Jemν (0)
]
|p, σ〉 . (2.15)
Dalla conservazione ∂µJemµ = 0 della corrente segue che:
qµ〈p, σ|Jemµ |n〉 = 0
qµWµν = qνWµν = 0 . (2.16)
Da queste relazioni e dal fatto che W è un tensore di rango 2 dipendente da qν e pµ,
si può dedurre la seguente decomposizione covariante:
Wµν(p, q) =
[
−W1(
gµν −qµqνq2
)
+W2M2
(
pµ −p · qq2
qµ
)(
pν −p · qq2
qν
)]
. (2.17)
Abbiamo quindi dato una giustificazione alla formula di Rosenbluth. Passiamo ora
al calcolo delle funzioni di struttura nell’ambito del modello partonico di Feynman
e Bjorken. L’urto inclusivo è visto come uno scattering elastico incoerente da cos-
tituenti puntiformi quasi liberi (partoni) contenuti nel nucleone. I partoni nello stato
finale si ricombinano poi in uno stato adronico. Le assunzioni fisiche del modello
sono:
1) si ignora, durante l’interazione fotone partone, l’interzaione tra tra i partoni stessi
2) le interazioni nello stato finale (necessarie ai partoni per frammentare in adroni)
avvengono su una scala di tempo relativamente lunga e possono dunque essere igno-
rate nel alcolo della sez. d’urto inclusiva.
Specificatamente ogni partone di spin 1/2 si ipotizza trasporti una frazione del mo-
mento del nucleone ξp con 0 ≤ ξ ≤ 1 (consideriamo solo la componente longitudinaledei partoni e trascuriamo quelle trasverse). Il contributo al tensore adronico dato da
un partone di spin 1/2 si può subito scrivere come segue:
Kµν(ξ) =1
4ξM
∑
spin
d3p′
(2π)32p′0×
〈ξp, σ|Jemµ (0)|p′, σ′〉〈p′, σ′|Jemν (0)|ξp, σ〉(2π)3δ(p′ − ξp− q) =1
4ξM
∑
spin
ū(ξp)γµu(p′)ū(p′)γνu(ξp)δ(p
′0 − ξp0 − q0)/2p′0 . (2.18)
-
26 Capitolo 2. Modello partonico
La funzione delta di Dirac può essere riscritta come:
δ(p′0 − ξp0 − q0)/2p′0 = θ(p′0)δ[
p′20 − (ξp0 + q0)2
]
=
θ(p′0)δ[
p′2 − (ξp+ q)2
]
= θ(ξp0 + q0)δ(2Mνξ + q2) =
θ(ξp0 + q0)δ(ξ − x)
2Mν. (2.19)
Se ora sommiamo sullo spin otteniamo:
1
2
∑
spin
ū(ξp)γµu(ξp+ q)ū(ξp+ q)γνu(ξp) =
ξ
2Tr [p/γµ(ξp/ + q/)γν ] =
2ξ [pµ(ξp+ q)ν + (ξp+ q)µpν − p · (ξp+ q)gµν ] =
4M2ξ2(pµpν/M2) − 2Mνξgµν + .... (2.20)
dove abbiamo trascurato le masse dei partoni. Il tensore Kµν sarà dunque:
kµν(ξ) = δ(ξ − x)(
ξ
ν
pµpνM2
− 12M
gµν + ...
)
. (2.21)
Sia ora f(ξ)dξ il numero di partoni con momento compreso tra ξ e ξ + dξ. Possiamo
quindi calcolare il tensore adronico in termini di un integrale su Kµν(ξ):
Wµν =∫ 1
0f(ξ)Kµν(ξ)dξ =
xf(x)
ν
pµpνM2
− f(x)2M
gµν + ... (2.22)
In questo modo la funzione delta fa in modo che la funzione di struttura dipenda solo
da x = −q2/2Mν:
MW1 −→ F1(x) =1
2f(x)
νW2 −→ F2(x) = xf(x) (2.23)
Si può evincere da queste due ultime relazioni l’equazione di Callan-Gross:
2xF1(x) = F2(x) (2.24)
Per grandi valori di momento trasferito la loro dipendenza da Q2 è molto lieve,
mentre per piccoli valori di Q2 la sez. d’urto esibisce delle risonanze pronunciate. Ma
-
2.1. Il modello partonico 27
appena Q2 cresce le risonanze si attenuano drasticamente e rimane una parte continua
e persistente della sez. d’urto. Questo contributo continuo è apprezzabile solo per Q2
molto alti, e questo suggerisce l’esistenza di oggetti puntiformi nel protone.
Figure 2.2: andamento sez.d’urto
Osserviamo che se il protone fosse puntiforme, esibirebbe per il processo che ab-
biamo considerato una sez. d’urto di tipo Rosenbluth:
dσ
dΩ= σM
[
1 +Q2
2M2tan2
θ
2
]
E ′
E, (2.25)
in cui i fattori di forma GM e GE sono entrambi coincidenti con l’unità.
Questa eq. può essere riscritta come segue:
dσ
dΩdE ′= σM
[
1 +Q2
2M2tan2
θ
2
]
δ
(
ν − Q2
2M
)
. (2.26)
In questo modo le funzioni di struttura corrispondenti sarebbero:
W1(ν,Q2) =
Q2
2Mδ
(
ν − Q2
2M
)
W2(ν,Q2) = 2Mδ
(
ν − Q2
2M
)
. (2.27)
-
28 Capitolo 2. Modello partonico
Posto ξ = Q2/2Mν, si ha che:
W1(ν,Q2) = ξδ(1 − ξ)
νW2(ν,Q2) = 2Mδ(1 − ξ) (2.28)
Nella regione continua della sez. d’urto per le funzioni di struttura si osservò che
νW2(ν,Q2) ≃ 2MF2(ξ) (proprietà di scaling). Quindi le ultime due eq.ni ci dicono
che lo scaling di Bjorken è correlato alla presenza di costituenti puntiformi nel pro-
tone. Assumiamo ora che questi siano liberi. Nel limite di scattering profondamente
anelastico dove Q2 e ν sono grandi al punto tale da trascurare la massa del partone
ed il suo momento trasverso, l’i-mo partone porta con se una frazione ξi del momento
P del protone:
pi = ξiP . (2.29)
Dato che νi = pi · q/mi ≡ ν dove mi = ξiM ; la funzione di struttura dell’i-mo partonesarà:
W(i)1 (νi, Q
2) =e2iQ2
2miδ
(
νi −Q2
2mi
)
= e2i δ(ξi − ξ) , (2.30)
dove ei è la carica del partone in unità di carica del protone. Per W2 si ha un risultato
simile:
W(i)2 (νi, Q
2) = 2e2imiδ(ξi − ξ) . (2.31)
Assumendo ora che l’urto tra l’elettrone ed il partone sia incoerente, otteniamo per
la funzione di struttura del protone:
W1(ν,Q2) =
∑
N
P (N)N∑
i=1
∫ 1
0dξifN (ξi)W
(i)1 (νi, Q
2) , (2.32)
dove P (N) è la probabilità che un protone sia costituito da N partoni ed fN(ξi) è la
probabilità che un partone trasportila frazione di momento ξi nella configurazione ad
N partoni. Quindi integrando:
W1(ν,Q2) =
∑
N
P (N)N∑
i=1
e2i fN(ξi) = F1(ξ)
ν
2MW2(ν,Q
2) =∑
N
P (N)N∑
i=1
e2i fN (ξi) = F2(ξ) . (2.33)
-
2.1. Il modello partonico 29
È facile evincere che:
2ξF1(ξ) = F2(ξ) , (2.34)
nota come relazione di Callan-Gross. Essa è verificata sperimentalmente, e mette in
relazione la parte elettrica e la parte magnetica dell’interazione.
La nostra assunzione che il protone sia costituito da partoni puntiformi indipendenti
di spin 1/2 è dunque corretta.
2.1.2 Processo di Drell-Yan
Tra i processi che avvengono ad elevati momenti trasferiti, possiamo considerare colli-
sioni tra due adroni. Questo tipo di processi rappresentano una estensione del modello
partonico. Il processo di Drell-Yan consiste nell’urto di due nucleoni con la produzione
nello stato finale di una coppia leptone-antileptone (in genere muoni) e di uno stato
adronico X non osservato. La cinematica è mostrata nella figura seguente.
Figure 2.3: Cinematica del processo di Drell-Yan
La sez. d’urto totale all’ordine più basso è data da:
σ =1
2√
s(s− 4M2)1
4
∑
pol
∫ d3k
(2π)32k0
d3k′
(2π)32k′0×
∑
X
(2π)4δ4(k + k′ + pX − p− p′) | 〈l+l−X|T |NN〉|2 , (2.35)
dove s = (p + p′)2, M è la massa del nucleone, la prima sommatoria corre su tutti i
possibili stati di polarizzazione dei leptoni nello stato finale, mentre la seconda corre
-
30 Capitolo 2. Modello partonico
su quelli dei nucleoni nello stato iniziale. L’ampiezza per il processo è:
| 〈l+l−X|T |NN〉| = ū(k)eγµv(k′)gµν
(k + k′)2〈X|eJν(0)|NN〉 . (2.36)
Anche in questo caso nella sez. d’urto compariranno i tensori adronico W e leptonico
L.
σ =1
2√
s(s− 4M2)1
4
∑
pol
∫d3k
(2π)32k0
d3k′
(2π)32k′0
LµνWµν(k + k′)4
(2.37)
Il tensore adronico è qùı definito nel seguente modo:
Wµν =∑
X
(2π)4δ4(k + k′ + pX − p− p′)1
4
∑
pol
〈NN |Jµ(0)|X〉〈X|Jν(0)|NN〉
=∫
d4xe−i(k+k′)x〈pp′ | Jµ(x)Jν(0)|pp′〉 , (2.38)
dove la somma sulle polarizzazioni è eseguita solo sugli stati di polarizzazione dei
nucleoni. Questo tensore adronico differisce dal precedente in quanto il prodotto tra
le due correnti è preso tra stati non di singolo nucleone, ma tra stati di due nucleoni.
2.1.3 Formula di fattorizzazione e Running coupling
Giunti a questo punto si può dimostrare (ma non rientra nei nostri obbiettivi farlo)
tramite teoremi di fattorizzazione di QCD, che la sez. d’urto per questo tipo di
processi può essere decomposta in fattori nel modo seguente:
σT =∑
f
∫ 1
0dx1
∫ 1
0dx2fh1→f(x1, Q
2)fh2→f(x2, Q2)σ̂(x1, x2, ŝ, t̂) , (2.39)
dove con h1 e h2 indichiamo gli adroni che prendono parte alla collisione, mentre f
può essere un quark un anti-quark o un gluone. Le funzioni f(x,Q2) sono le funzioni
di distribuzione partoniche, che dipendono dalla variabile di Bjorken x, e in generale
dal fattore di scala Q2. Esse contengono informazioni sulla struttura interna del
nucleone e rappresentano la probabilità che un nucleone prepari per l’interazione con
il fotone, un partone di momento frazionario xP . In un certo senso le funzioni di
distribuzione partoniche mostrano come si “prepara” lo stato nucleonico per l’urto
e tengono conto dell’aspetto non perturbativo legato alla scala di tempo (lungo),
delle interazioni nel nucleone. Il termine σ̂ è detto termine di “hard scattering”, e
-
2.1. Il modello partonico 31
si determina dal diagramma di Feynman del processo in quanto è correlato con il
modulo quadro dell’elemento di matrice. Esso contiene la dipendenza dalle variabili
di Bjorken x1, x2 e dalle variabili di Mandelstam ŝ, t̂. Le variabili di Mandelstam
sono dei particolari invarianti cinematici tramite i quali descriviamo la dinamica del
processo. In generale, per un processo in cui ho due particelle nello stato iniziale e
due particelle nello stato finale, esse sono definite come segue:
ŝ = (P + P ′)2
t̂ = (P −K)2
û = (P − k′)2 (2.40)
Queste tre variabili sono legate dalla relazione:
ŝ+ t̂+ û = P 2 + P ′2+K2 +K ′
2(2.41)
P
P’
k
k’
Figure 2.4: Processo 2 −→ 2
Il termine σ̂ contiene a differenza dellefunzioni f , tutto l’aspetto perturbativo del
processo correlato alla scala di tempo (piccolo) dell’interazione tra fotone virtuale e
partone. Le formule di fattorizzazione in ultima analisi legano le due scale di tempo e
di energia che caratterizzano il processo. Si domostra che le funzioni di distribuzione
partoniche sono suscettibili di uno sviluppo in serie ed il loro andamento è determinato
da un set di equazioni differenziali dette di Altarelli-Parisi. Incrementando Q2 di una
quantità infinitesima dQ2:
Q2 −→ Q2 + dQ2 , (2.42)
-
32 Capitolo 2. Modello partonico
vale formalmente la seguente eq. di evoluzione per f:
f(x,Q2 + dQ2) = f(x,Q2) + PA,P ⊗ f(x,Q2)d ln(Q2) (2.43)
Le funzioni P sono dette nuclei di Altarelli Parisi, mentre ⊗ rappresenta un prodottodi convoluzione espresso analiticamente nell’equazione di evoluzione di Altarelli-Parisi
per la funzione f come segue:
df(x,Q2)
d ln(Q2)= P ⊗ f(x,Q2) =
∫ 1
xP (y)f
(
x
y
)
dy
y. (2.44)
Per la funzione f vale in generale il seguente sviluppo all’ordine principale:
f(x,Q2) =∞∑
n=0
An(x)
n!
[
ln
(
α(Q2)
α(Q20)
)]n
, (2.45)
dove gli An sono coefficienti che dipendono solo dalla variabile di Bjorken. I fenomeni
che avvengono per scale di tempo più piccole di 1/Q2 sono tenuti in considerazione
dalla “costante” di accoppiamento forte αs(Q2). Le fluttuazioni illustrate in Fig. (??)
possono essere riassorbite in questa costante, che descrive la probabilità che un quark
emetta un gluone.
Figure 2.5: Brevissime fluttuazioni nella propagazione del campo gluonico vengono
riassorbite nella costante d’accoppiamento forte
La dipendenza di αs(Q2) da Q2 è data da una particolare equazione differenziale
detta “equazione del gruppo di rinormalizzazione”:
dαs(Q2)
d(logQ2)
1
π= β(αs(Q
2)) = −β0(
αs(Q2)
π
)2
− β1(
αs(Q2)
π
)3
+ .... . (2.46)
La funzione β(αs(Q2)) è detta β-function di Politzer, ’t Hooft e Wilczek. La dipen-
denza della costante di accoppiamento da Q2 è tipica di teorie in cui le correzioni
logaritmiche ai vertici dell’interazione possono essere riassorbite consistentemente me-
diante una ridefinizione di questa che diventa quindi funzione del momento quadro.
-
2.1. Il modello partonico 33
Calcolando perturbativamente in QCD la funzione β(αs) si ottiene per il primo coef-
ficiente:
β0 = (33 − 2Nf)/12 , (2.47)
dove Nf è il numero di sapore dei quarks. L’equazione del gruppo di rinormalizzazione
“somma” gli effetti di fluttuazione in tempi piccoli, nel senso che se consideriamo la
soluzione dell’equazione con tutte le βi poste a zero tranne la β0, notiamo un fatto
cruciale:
αs(Q2) ≈ αs(Q
20)
1 + β04παs(Q20) ln
(Q2
Q20
) . (2.48)
che è all’ordine più basso e quindi detta a “Leading order”. Esiste un’altra soluzione
di questo tipo in cui compare la ΛQCD ed ha la seguente espressione:
αs(Q2) =
4π
β0 ln(
Q2
Λ2
) ×{
1 − β1β0
ln(ln (Q2/Λ2))
ln (Q2/Λ2)+ ...
}
, (2.49)
in cui abbiamo incluso dei termini di ordine superiore. Il fenomeno cruciale è che
αs(Q2) decresce all’aumentare di Q2 e questo dà origine alla proprietà nota come
libertà asintotica. Il parametro ΛQCD è quel particolare valore di Λ per cui:
dΛ
d lnQ2= 0 , (2.50)
dove Λ ha la seguente espressione:
Λ = Qe− 2π
β0αs(Q2) (2.51)
Anche le funzioni P dette “nuclei” sono suscettibili di uno sviluppo in serie e si prova
che:
Pqq±(x) = Pqq(x)(0) +
α(Q2)
2πP
(1)qq±(x) , (2.52)
± indica che P è una distribuzione. Per un particolare nucleo ad esempio abbiamouna forma del tipo:
Pqq±(x) = CF
{
2x
(1 − x)++
3
2δ(1 − x)
}
(2.53)
dove per definizione si ha :
(1
1 − x
)
+=θ(x < 1)
(1 − x) − δ(1 − x)∫ 1−ε
0
dz
(1 − z) . (2.54)
-
34 Capitolo 2. Modello partonico
Studiamo ora delle semplici proprietà di cui gode la “plus distribution” scritta sopra
che ci serviranno per il futuro. Applicando una funzione f(x) ed integrando si ha
subito:∫ 1
0
f(x)
(1 − x)+dx =
∫ 1
0
f(x) − f(1)(1 − x) dx . (2.55)
Date due generiche funzioni reali di variabile reale f(x) e g(x) e convolvendole secondo
la definizione data prima si prova che:
f ⊗ g =∫ 1
x
dy
yf
(
x
y
)
g(y) =∫ 1
x
dy
yf(y)g
(
x
y
)
. (2.56)
Eseguiamo la seguente convoluzione:
1
(1 − z)+⊗ f =
∫ 1
x
dy
y
1
(1 − x/y)+f(y) =
∫ 1
x
dy
y
1
(1 − y)+f(x/y) =
∫ 1
x
dy
yf(x/y)
1
1 − y − f(x)∫ 1−ε
0
dz
1 − z =∫ 1
x
dy
y
1
(1 − x/y)f(y) − f(x)∫ x
0
dz
1 − z − f(x)∫ 1−ε
x
dy
1 − y . (2.57)
Abbiamo aggirato la singolarità infatti la somma del primo e del terzo integrale è non
singolare:∫ 1
x
dy
y
f(y)
(1 − x/y) + f(x) ln(1 − x) −∫ 1
x
dy
y
yf(x)
(1 − y) , (2.58)
sfruttando le proprietà della convoluzione, mando z in x/y ed ottengo:
∫ 1
x
dy
y
f(y)
(1 − x/y) −∫ 1
x
dy
y
(x/y)f(x)
(1 − x/y) − f(x) ln(1 − x) =
∫ 1
x
dy
y
f(y) − f(x)(x/y)(1 − x/y) + f(x) ln(1 − x) . (2.59)
In definitiva si ha che:
1
(1 − z)+⊗ f =
∫ 1
x
yf(y)− xf(x)(y − x)y dy + f(x) ln(1 − x) . (2.60)
2.1.4 Risoluzione dell’equazione di Altarelli-Parisi
In questa sezione ci occuperemo della risoluzione numerica dell’equazione di Altarelli-
Parisi mediante un metodo di espansione in elementi finiti. Il nostro punto di partenza
-
2.1. Il modello partonico 35
è lo sviluppo:
f(x,Q2) =∞∑
n=0
An(x)
n!
[
ln(α
α0
)]n
. (2.61)
Per ragioni di stabilità numerica è preferibile considerare la funzione f(x) definita
come segue:
f(x) = xf(x) =∞∑
n=0
xAn(x)
n!
[
ln(α
α0
)]n
. (2.62)
Osserviamo dunque che con questa nuova ansatz l’equazione diventa:
df(x,Q2)
d(logQ2)=dxf(x,Q2)
d(logQ2)=∫ 1
xxdy
yP
(
x
y
)
yf(y) =
∫ 1
x
dy
y
x
yP
(
x
y
)
yf(y) = P ⊗ f = x(P ⊗ f) = (xP ) ⊗ f (2.63)
Definiamo quindi:
f =∑
n
Ann!
[
ln(α
α0
)]n
. (2.64)
Per determinare i coefficienti An utilizziamo delle formule di ricorrenza:
A0 = f(x,Q20)
An+1 =
(
− 2β0
)
P ⊗An . (2.65)
Il nostro obbiettivo è quello di risolvere la seguente equazione:
∫ 1
x
dy
y
x
yP
(
x
y
)
A(y) = P ⊗ A . (2.66)
Utilizziamo il metodo di espansione in elementi finiti e suddividiamo l’intervallo (x, 1)
in tanti piccoli intervallini in modo tale che:
x0 = x xn+1 = 1
x < xi < 1 , (2.67)
di conseguenza il precedente integrale si può riscrivere come una sommatoria:
∫ 1
x
dy
y
x
yP
(
x
y
)
A(y) =n∑
i=0
∫ xi+1
xi
dy
y
x
yP
(
x
y
)
A(y) . (2.68)
-
36 Capitolo 2. Modello partonico
Effettuando una interpolazione lineare come segue:
A(y) −A(xi)A(xi+1) − A(xi)
=y − xixi+1 − xi
A(y) =
[
1 − y − xixi+1 − xi
]
A(xi) +
[
y − xixi+1 − xi
]
A(xi+1) . (2.69)
L’integrale diverrà quindi:
n∑
i=0
∫ xi+1
xi
dy
y
x
yP
(
x
y
){[
1 − y − xixi+1 − xi
]
A(xi) +
[
y − xixi+1 − xi
]
A(xi+1)
}
(2.70)
Fissato un indice i lavoriamo sulla i-ma combinazione. Teniamo conto dei seguenti
fatti:
∫ 1
x
dy
yP
(
x
y
)
f(y) =∫ 1
x
dy
yP (y)f
(
x
y
)
. (2.71)
Eseguendo il cambio di variabile x/y = y′ abbiamo:
y = x −→ y′ = 1y = 1 −→ y′ = x
(2.72)
da cui è facile evincere che:
−∫ x
1
dy′
y′P (y′)f
(
x
y′
)
=∫ 1
x
dy
yP (y)f
(
x
y
)
. (2.73)
Quando eseguiamo l’integrazione sull’intervallino di estremi (xi, xi+1) abbiamo che:
∫ xi+1
xi
dy
yf(y)P
(
x
y
)
= −∫ dy′
y′P (y′)f
(
x
y′
)
. (2.74)
Per valutare gli estremi del secondo integrale osserviamo come prima che:
y = xi −→ y′ = xxi = siy = xi+1 −→ y′ = xxi+1 = si+1
(2.75)
Di conseguenza si ha subito:
x
x0= 1 = s0
x
xn+1= x = sn+1 , (2.76)
-
2.1. Il modello partonico 37
da cui:∫ xi+1
xi
dy
yf(y)P
(
x
y
)
= −∫ si
si+1
dy′
y′P (y′)f
(
x
y′
)
. (2.77)
Con queste osservazioni, possiamo agevolmente scrivere∫ xi+1
xi
dy
y
x
yP
(
x
y
)
A(y) =
∫ xi+1
xi
dy
y
x
yP (x
y)
[
xi+1 − yxi+1 − xi
]
A(xi) +∫ si
si+1
dy
yyP (y)
[
x/y − xixi+1 − xi
]
A(xi+1) =
∫ si
si+1
dy
yyP (y)
[
xi+1 − x/yxi+1 − xi
]
A(xi) +∫ si
si+1
dy
yyP (y)
[
x/y − xixi+1 − xi
]
A(xi+1) =
A(xi)∫ si
si+1
dy
yyP (y)x
[
xi+1/x− 1/yxi+1 − xi
]
+ A(xi+1)∫ si
si+1
dy
yyP (y)
1
y
[
1 − y/si1/si+1 − 1/si
]
=
(2.78)
con semplici elaborazioni degli integrandi si perviene a
= A(xi)si
si − si+1
∫ si
si+1
dy
yP (y)(y − si+1) − A(xi+1)
si+1si − si+1
dy
yP (y)(y − si) .
(2.79)
Sommando su tutti gli indici i si ottiene in definitiva che:∫ 1
x
dy
y
x
yP
(
x
y
)
A(y) =
n∑
i=0
A(xi)si
si − si+1
∫ si
si+1
dy
yP (y)(y − si+1) −
n+1∑
i=1
A(xi)si
si−1 − si
∫ si−1
si
dy
yP (y)(y − si−1) (2.80)
Poniamo ora per brevità:
s0s0 − s1
∫ si
si+1
dy
yP (y)(y − s1) = I(x0)
sisi − si+1
∫ si
si+1
dy
yP (y)(y − si+1) = Jn(x)
sisi−1 − si
∫ si−1
si
dy
yP (y)(y − si−1) = Jn+1(x) .
(2.81)
-
38 Capitolo 2. Modello partonico
Torniamo ora a considerare la distribuzione:
P+(y) =(
1
1 − x
)
+
Avevamo trovato che:
x(P+ ⊗An) = x∫ 1
x
dy
y
yAn(y) − xAn(x)(y − x) + xAn(x) ln(1 − x) . (2.82)
Sfruttando il risultato precedentemente trovato:∫ 1
x
dy
y
yAn(y) − xAn(x)(y − x) = −An(x0) ln(1 − x0) + An(x0)I(x0) +
n∑
i=1
xixAn(xi)Jn(xi) −
n+1∑
i=1
xixAn(xi)Jn+1(xi) .
∫ 1
x
dy
y
yAn(y) − xAn(x)(y − x) + An(x) ln(1 − x) =
An(x)I(x) +n∑
i=1
An(xi)Jn(xi)
si−
n∑
i=1
An(xi)Jn+1(xi)
si. (2.83)
Poichè da evidenze sperimentali si osserva che An(xn+1) = An(1) è circa zero si è
assunto ragionevolmente che An(1) = 0. Ci serve dunque calcolare:
Jn(xi)
si=
1
si − si+1
∫ si
si+1
dy
y
(
1
1 − y
)
+
(y − si+1) a)
Jn+1(xi)
si=
1
si−1 − si
∫ si−1
si
dy
y
(
1
1 − y
)
+
(y − si−1) aa) (2.84)
Risolvendo la a) per i = 0 si trova:
1
1 − s1
∫ 1
s1
dy
y
(y − s1)(1 − y)+
=
1
1 − s1
∫ 1
s1
dy
y
(
y + 1 − 1 − s11 − y
)
−∫ s1
0
dy
1 − y −∫ 1
s1
ydy
y(1 − y) =
ln(s1)(
1
1 − s1
)
− ln(s1) + ln(1 − s1) (2.85)
Risolvendo per i 6= 0:
Jn(xi) =si
si − si+1
∫ si
si+1
dy
y
(y − si+1)(1 − y)+
=
sisi − si+1
∫ si
si+1
dy
y
{
1
1 − y − δ(1 − y)∫ 1
0
dz
1 − z
}
(y − si+1) , (2.86)
-
2.1. Il modello partonico 39
ma δ(1 − y) = 0 poichè y 6= 1∀y ∈ [si+1, si] perciò:
Jn(xi) =si
si − si+1
∫ si
si+1
dy
y
(y − si+1)(1 − y)+
=
sisi − si+1
∫ si
si+1
dy
y
(y − 1 + 1 − si+1)(1 − y) =
sisi − si+1
{
si+1 ln(si+1si
)
+ (1 − si+1) ln(si+1si
)}
. (2.87)
Risolviamo adesso la aa) per i 6= 0:
Jn+1(xi) =si
si−1 − si
∫ si−1
si
dy
y
(y − si−1)(1 − y)+
=
sisi−1 − si
∫ si−1
si
dy
y
(y − 1 + 1 − si+1)(1 − y) =
sisi−1 − si
{
si−1 ln
(
sisi−1
)
+ (1 − si−1) ln(
1 − si−11 − si
)}
. (2.88)
Per i = 1 abbiamo:
Jn+1(x1) =s1
1 − s1
∫ 1
s1
dy
y
(y − 1)(1 − y)+
=s1
1 − s1ln(s1). (2.89)
Per riassumere: abbiamo visto che e’ possibile analizzare le equazioni di evoluzione
direttamente nello spazio della variabile di Bjorken x, senza avere la necessita’ di
operare nello spazio dei momenti, ad esempio dei momenti di Mellin, come fatto in
genere negli studi fatti in precedenza. Come vedremo nella implementazione numerica
di queste formule, si raggiunge un buon grado di precisione ed in modo molto veloce.
Ricordiamo infatti che l’uso di altre tecniche comporta sempre l’implementazione
numerica di trasformate inverse, con la determinazione di percorsi nel piano complesso
(steepest descent) di massima discesa che non sono di facile implementazione. Il
vantaggio del metodo qui illustrato si fonda sulla validita’ di una espansione asintotica
della soluzione che e’ stata provata in precedenza da Rossi ([?]). Gli integrali, come
abbiamo visto, vengono espansi utilizzando il metodo degli elementi finiti, ponendo
pero’ massima attenzione alla presenza di singolarita’ nelle distribuzioni (+) in modo
da non generare instabilita’ numeriche. Ricordiamo che i risultati dell’evoluzione sono
funzioni finite, giacche’ i nuclei sono definiti in senso distribuzionale e l’equazione e’
una equazione integro-differenziale.
-
40 Capitolo 2. Modello partonico
2.2 Trasversità
A livello di leading-twist la struttura a quark degli adroni è descritta in generale da
tre tipi di funzioni di distribuzione partoniche che indichiamo come segue:
-)distribuzioni non polarizzate f(x),
-)distribuzioni di elicità o longitudinalmente polarizzate ∆f(x),
-)le trasversità o polarizzazioni trasverse ∆Tf(x) .
Le prime due sono quantità ben note: f(x) è la probabilità di trovare un quark con
una frazione x del momento longitudinale dell’ adrone; mentre ∆f(x) misura l’elicità
netta di un quark polarizzato longitudinalmente e rappresenta la densità in numero
di quarks che hanno frazione del momento x e spin parallelo a quello dell’adrone
meno la densità in numero di quarks con la stessa frazione di momento ma con spin
antiparallelo.
Se denotiamo con f±(x) le densità in numero di quarks con elicità ±1, allora abbiamoche:
f(x) = f+(x) + f−(x)
∆f(x) = f+(x) − f−(x) . (2.90)
La terza funzione di distribuzione è meno nota ma ha un significato semplice. In
un adrone trasversalmente polarizzato ∆T f(x) è la densità in numero di quarks con
frazione di momento x e polarizzazione parallela a quella dell’adrone meno la densità
in numero di quarks con la stessa frazione di momento e polarizzazione antiparallela:
∆Tf(x) = f↑(x) − f↓(x) (2.91)
In virtù della rinormalizzabilità della QCD le f(x), ∆f(x), ∆T f(x), assumono una
dipendenza da Q2. ∆Tf(x) è una quantità detta a leading-twist. Per bassi valori
di Q2 la modellistica ci dice che ∆Tf(x) ≤ ∆f(x), mentre l’evoluzione in QCD di∆T f(x) e ∆f(x) è molto diversa e per bassi x ∆T f(x) sembra essere soppressa.
Inoltre ∆T f(x) nella sua evoluzione non ha cotroparte gluonica ed evolve come una
quantità di non singoletto. Essa non appare in processi pienamente inclusivi come
la diffusione profondamente anelastica (DIS) e questo fatto si giustifica con delle
considerazioni sulla chiralità. Si ricorre quindi allo studio di processi di collisione
adrone-adrone, come il processo di Drell-Yan. Preparando ad esempio un protone per
l’urto, polarizzandolo trasversalmente, un quark al suo interno conserverà il “ricordo”
-
2.2. Trasversità 41
di questa polarizzazione trasversa. h1 che è una differenza di probabilità tiene conto
di questo effetto. Nella sezione che segue cercheremo di illustrare in modo dettagliato
il concetto di polarizzazione. Introduciamo a questo scopo le variabili di cono-luce che
risultano di notevole utilità. Definiamo due 4-vettori detti di cono-luce come segue:
n̂+ =1√2(1, 0⊥,+1)
n̂− =1√2(1, 0⊥,−1) (2.92)
Si può vedere facilmente che: n̂2+ = n̂2− = 0 e n̂+ · n̂− = 1. Ogni 4-vettore può quindi
essere riscritto come in termini di variabili di cono-luce nel modo seguente:
pµ = p+n̂+ + p−n̂− + p⊥ , (2.93)
dove:
p+ =1√2
(
p0 + p3)
p− =1√2
(
p0 − p3)
p⊥ = (0, ~p⊥, 0) , (2.94)
da cui:
pµ =(
p0, ~p⊥, p3)
(2.95)
Fatte queste premesse, guardiamo ora alla utilità del formalismo. Supponiamo di
avere un protone ad altissima energia. La condizione on-shell impone per il modulo
quadro del suo 4-momento:
pµpµ = p+p−n+n− + n−n+p−p+ + p2⊥ =
p+p−n+n− + n−n+p−p+ − ~p2⊥ = m2 , (2.96)
dove abbiamo denotato con m la massa del protone. Osserviamo ora che se supponi-
amo ragionevolmente che la parte trasversa p2⊥ sia sufficientemente piccola da essere
trascurata ad energie nell’ordine dei Tev, abbiamo che:
p− =m2
2p+≈ 0 (2.97)
-
42 Capitolo 2. Modello partonico
Ad alte energie e grandi momenti trasferiti si pone m2 = 0. Quindi in una collisione
frontale tra due protoni ad alte energie e grandi momenti trasferiti possiamo consid-
erare il primo protone avente componente di momento P+ = Qn+ con componente
P− trascurabile; mentre il secondo protone che viaggia in direzione opposta, avente
componente P− = Qn− con componente P+ trascurabile. Il coefficiente Q è chiamato
parametro di boosts da non confondere con il momento. Un quark preparato dal
protone nell’urto può però avere di per sè una componente trasversa del momento,
dovuta al suo moto all’interno del nucleone. Tale componente è detta di higher-twist
e nella nostra trattazione sarà trascurata. La funzione h1 non è correlata a questo
momento trasverso, ma si riferisce ad una trasversità dello spin. La differenza tra
questi due concetti è molto sottile ma netta, e nel corso degli anni ha generato molte
ambiguità.
Nella collisione quindi, il momento del fotone virtuale poichè soddisfa la condizione
−q2 6= 0, può essere riscritto in componenti di cono-luce
2.3 Polarizzazione longitudinale e trasversa
Le rappresentazioni del gruppo di Poincaré sono identificate attraverso gli autovalori
dei due operatori di Casimir, P 2 and W 2. P µ è l’operatore energia momento, W µ è
l’operatore di Pauli-Lubanski, costruito da P µ e dall’operatore di momento angolare
Jµν :
W µ = −12εµνρσJνρPσ . (2.98)
Gli autovalori di P 2 e W 2 sono m2 e −m2 s(s+1) rispettivamente, dove m è la massadella particella e s il suo spin. Gli stati di una particella di Dirac (s = 1/2) sono
autovettori di P µ e dell’operatore di polarizzazione Π ≡ −W ·s/m
P µ |p, s〉 = pµ |p, s〉 , (2.99)
−W ·sm
|p, s〉 = ±12|p, s〉 , (2.100)
dove sµ è lo spin o vettore di polarizzazione della particella, che soddisfa le seguenti
proprietà:
s2 = −1, s·p = 0 . (2.101)
-
2.3. Polarizzazione longitudinale e trasversa 43
In generale, si dimostra che sµ può essere scritto nel seguente modo:
sµ =
(
~p·~nm, ~n+
(~p·~n) ~pm(m+ p0)
)
, (2.102)
dove ~n è un vettore unitario che identifica una direzione generica nello spazio. L’operatore
di polarizzazione Π si può quindi esprimere come:
Π =1
2mγ5 S/ p/ . (2.103)
e se scriviamo le soluzioni in onde piane della eq. di Dirac nella forma:
ψ(x) =
ǫ−ip·x u(p) (energia positiva),
ǫ+ip·x v(p) (energia negativa),(2.104)
con la condizione p0 > 0, Π diventa:
Π = +1
2γ5 s/ (stati a energia positiva), (2.105)
quando agisce su stati ad energia positiva, (p/ −m) u(p) = 0, e
Π = −12γ5 s/ (stati ad energia negativa), (2.106)
quando agisce su stati ad energia negativa, (p/+m) v(p) = 0. In tal modo le equazioni
agli autovalori per l’operatore di polarizzazione dove(α = 1, 2)saranno:
Π u(α) = +1
2γ5 s/ u(α) = ±
1
2u(α) (energia positiva),
Π v(α) = −1
2γ5 s/ v(α) = ±
1
2v(α) (energia negativa). (2.107)
Consideriamo ora delle particelle a riposo in un dato sistema di riferimento. Lo spin
sµ sarà (con ~p = 0 nella eq. di sopra):
sµ = (0, ~n) , (2.108)
e nella rappr. di Dirac abbiamo l’operatore:
1
2γ5 s/ =
~σ·~n 00 −~σ·~n
, (2.109)
agente su
u(α) =
ϕ(α)
0
, v(α) =
0
χ(α)
. (2.110)
Di conseguenza gli spinori u(1) e v(1) rappresentano particelle con spin12~σ·~n = +1
2
nel loro sistema di riferimento a riposo, mentre gli spinori u(2) e v(2) rappresentano
particelle con spin 12~σ·~n = −1
2nel loro riferimento a riposo. Notiamo che l’operatore
Π, è ben definito anche per particelle non massive.
-
44 Capitolo 2. Modello partonico
2.3.1 Polarizzazione longitudinale