ASPETTANDO LA RIVOLUZIONE la rivoluzione... · sofi » del 1925-1926, Henri Lefebvre, Georges...

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ASPETTANDO LA RIVOLUZIONE CONVERSAZIONI CON MICHEL FOUCAULT, HERBERT MARCUSE, GILLES DELEUZE, FELIX GUATTARI, ALAIN TOURAINE, HENRY LEFEBVRE, HANS MAGNUS ENZENSBERGER Res Gestae

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ASPETTANDO LA RIVOLUZIONECONVERSAZIONI CONMICHEL FOUCAULT, HERBERT MARCUSE,GILLES DELEUZE, FELIX GUATTARI,ALAIN TOURAINE, HENRY LEFEBVRE, HANS MAGNUS ENZENSBERGER

Res Gestae

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Il cambiamento radicale della società è stato il sogno di molti intellettuali e filosofi. In questo libro, i grandi maitre à penser Foucault, Marcuse, Deleuze... vengono interrogati, in una serie di interviste immaginarie, sul tema della rivoluzione.Tutti conoscono e utilizzano l'opera di Marx, ma non più come corpo dottrinale da illustrare, arricchire o abbattere, semplicemente come materiale essenziale per la riflessione da cui bisogna essere pronti a prendere le distanze. Il rispetto religioso non fa più presa.Il risultato è un pensiero nuovo - ognuno a suo modo - e finalmente contemporaneo. Un percorso nell'immaginario dell'eresia marxista che può insegnarci ad allenare il nostro spirito critico e ad acuire lo sguardo sulla società contemporanea.

Res Gestae Edizioni

14,00 euro

ISBN 978-88-6697-125-2

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Scansione a cura di Natjus, Ladri di Biblioteche

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ASPETTANDO LA RIVOLUZIONE

Conversazioni con M ichel Foucault, H erbert Marcuse,

G illes D eleuze, Felix Guattari, Alain T ouraine, H enry L efebvre,

H ans Magnus Enzensberger

^ Res Gestae

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Titolo originale dell’opera: C ’e s t dem ain la velile.

© 2015 - Edizioni Rbs Gestae via Pichi 3, 20143, Milano Per informazioni: [email protected]

www.edizioniresgestae.it ISBN: 9788866971252

L’editore ha effettuato, senza successo, tutte le ricerche necessarie al fine di identificare gli aventi titolo rispetto ai diritti dell’opera. Pertanto resta disponibile ad assolvere le proprie obbligazioni.

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Indice

Premessa 7

M ic h e l F o u c a u lt 1 9

H e r b e r t M a rc u se 3 9

R o e l V a n D u y n 6 1

H e n r i L e fe b v r e 7 7

cfdt, J e a n n e t te L a o t e F r e d o K r u m n o w 9 3

G il le s D e le u z e , F é l ix G u a t ta r i 1 1 3

A la in T o u ra in e 1 3 3

C h a r le s F o u r ie r 1 3 1

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Premessa

Le rivolte nate a Berkeley, Amsterdam, Berlino, Nanterre... ancora si ammantano, talvolta, con la baldanza di un marxi­smo poco rinnovato e, si rifacciano al trotskjsmo oppure al maoismo, esaltano ancora più volentieri l ’organizzazione e il risorgente attivismo di quanto non contribuiscano a rinnova- vare i concetti e i comportamenti. Questo da un lato. Ma dall'altro lato accade anche che esse riscoprano — e con for­za — i temi di un socialismo utopistico, di quell’anarchismo che la critica di Marx aveva oscurato, il gusto della sponta­neità o della vita comunitaria. Altrove vanno a ricercare il messaggio dell’Altro — i mistici dell'Oriente — per trovare una garanzia al proprio esilio dalla civiltà occidentale. E in­fine, ovunque e in tutte le gioventù, una ro c k m u s ic diffu­sa dai m e d ia plasma il nuovo linguaggio di una generazione internazionale. Scoperte brusche o lente: e tuttavia, sparse e contraddittorie, forse più profonde, fanno la loro comparsa delle idee, o meglio riemergono, attraverso i sedimenti suc­cessivi degli antichi sistemi.

Esse rivelano innanzitutto, e per contraccolpo, la sbalor­ditiva sterilità del pensiero rivoluzionario e della riflessione sociale da più di mezzo secolo a questa parte. Un marxismo ufficiale logorato fino allo schematismo, si impantanava a mezza strada fra un affarismo elettorale e la ripetizione dei settarismi, suggellati dai compromessi, da terrori e rinnega­menti, da ragioni di partito e di stato. Insensibile a qualun­que avvenimento, sensibile soltanto agli avvenimenti costi­tuiti dalle proprie « svolte », ignorando quegli innovatori che avevano la pretesa di coinvolgerlo in qualche modo per smuo­

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verlo, esso occupò a sinistra la maggior parte dello spazio intellettuale per alcuni decenni e giunse, ancora alla metà degli anni sessanta, ad intimidire quegli stessi che l’avevano abbandonato o che ancora esitavano a dargli la propria ade­sione.

È una lunga storia. In Francia, fin dall’inizio del secolo, la povertà del pensiero era stupefacente. Un positivismo ed un razionalismo indolenti tenevano banco già con cento anni di ritardo. La Sorbona non aveva imparato nulla dopo Kant. Peggio ancora: essa credeva di saper tutto con una soddisfazione beota. Hegel era assolutamente ignorato-. nel­l’Università non se ne faceva parola; Marx, raramente, veniva letto attraverso il filtro del settarismo primitivo di Guesde; e poi Nietzsche, Freud, la fenomenologia... Dopo la fine del­la prima guerra mondiale alcuni giovani arrabbiati ne presero coscienza. Si sbarazzarono finalmente di Brunschvicg e si mise­ro a sghignazzare davanti a quella platea che si abbandonava alle buffonate dolciastre di Bergson. La collera era sacrosanta e ci ha portato, fra le altre, le migliori pagine di Nizan. Ma non ci ha portato una nuova riflessione: soltanto una critica di quell’ideologia ignorante e pomposa che si nascondeva dal­l’uomo e si nascondeva dalla società. Ma a partire da questo punto, tutto avrebbe ancor dovuto essere scoperto.

Un pìccolo gruppo ci provò per un istante-, erano i « filo­sofi » del 1925-1926, Henri Lefebvre, Georges Politzer, Geor­ges Friedmann, Pierre Morhange e la loro R e v u e m a r x is te . Nizan li frequentò con un certo riserbo. Il gruppo inseguì le piste di Hegel e di Marx, si infarinò con la psicanalisi, restò gomito a gomito col surreliasmo: la Storia, il sogno ed il linguaggio, una miscela sovversiva. Ma se ne allontanò pre­sto : V abbagliamento tardivo provocato dai principi del- Vhe gelo-marxismo, le pesanti certezze del partito comunista adolescente, l’appello all'azione ebbero la meglio. Dopo l’i­gnoranza reazionaria della Sorbona, tenendosi lontano dalle grossolane furberie di Alain o di Valéry, quel che allora si spacciava per marxismo apparve loro come una filosofia in-

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teramente compiuta, tanto più vera in confronto con gli idea­lismi che essi professavano. Lefebvre dice: « Questi marxi­sti si trovarono ben presto di fronte ad un marxismo già interpretato, rielaborato, “ ripresentato ”, e non solo da Le­nin, ma ancor più da Stalin. Il marxismo-leninismo del pe­riodo di Stalin non veniva presentato storicamente nella sua formazione, ma già imposto e arci-imposto. Ancora in­compiuto corrispondeva effettivamente a certe aspirazioni intellettuali, ma non le chiariva, non le penetrava, non le fe­condava. Coloro che giunsero al marxismo in quegli anni, vi si aggrapparono come naufragi ad un’asse dopo un naufra­gio ( . . . ) . Giunsero al marxismo sulle rovine della loro gio­vinezza »

Come tanti intellettuali che li seguirono, i « filosofi » ebbero brutalmente l ’impressione di passare dal non-sapere al sapere : quel che resterebbe da fare è soltanto illustrare i princi­pi e battersi per essi. Per altri, come Sartre, sarà necessario un lungo e faticoso cammino attraverso la fenomenologia e l ’he- gelismo per arrivare, trenta anni più tardi, a ritrovare il pro­blema al punto in cui Marx ed Engels l’avevano lasciato. In Francia, fra il 1920 e il 1930, si evita l’ostacolo oppure lo si salta a piè pari; non c’è nessuno che giunga ad abbracciare la Storia e la società in un’analisi innovatrice: quasi che la debolezza e il ritardo dell’ideologia borghese rimbalzassero sulla filosofia rivoluzionaria.

In questo periodo, il pensiero sociale progrediva. In Ger­mania e in Europa occidentale, nutrite della dialettica e di un marxismo più familiare già scavato dalla tradizione tede­sca, Kautsky o Rosa Luxemburg, gli anni venti e trenta fu­rono permeati da una creatività straordinaria: Reich, Kor sch, Lukacs, Pannekoek... un nuovo rilancio della filosofia della storia e della teoria politica, una seconda tappa della psica­nalisi, la giovinezza di Marcuse e di Adorno 1 2. È più stimo-

1 Henri Lefebre, ha Somme et le Reste, tome n , p. 404, La Nef de Paris.2 Cfr. a questo proposito il libro di Richard Gombin, Les origines du gau­

chismo, Le Seuil, Parigi.

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laute dibattere con Lenin o scontrarsi con Freud che batta­gliare col signor Bergson. Ma questa reinterpretazione del marxismo scomparirà a sua volta sotto i colpi congiunti del nazismo e dello stalinismo. L ’opera di Gramsci non conosce una sorte migliore. Prigione, esili negli Stati Uniti o sottomis­sioni al comuniSmo, e la scintilla si spegne. Bisognerà aspet­tare la destalinizzazione, e più spesso il 1968, perché un in­teresse nasca nuovamente e per ripartire tenendo conto di questo varco decisivo. Nel frattempo, rimasto solo di fronte all’ideologia borghese, Vhegelo-marxismo incastonato nello stalinismo s ’era insediato solidamente. Attraverso semplifi­cazioni successive, esso nella prova politica ben presto tende­va soltanto a ridar vita ad un positivismo radicato ed incon­scio, mettendogli il cappello di un sommario messìanesimo proletario. Nizan e Lefebvre abbandonano la riflessione per la politica; e Politzer, per ordine del Partito, abbandona la psicologia per consacrarsi ad un’economìa politica utilitaria.

Seconda e terza ondata di manicheismo, la guerra mondiale e la guerra fredda: esse sommergono il mondo di antinomie ancora più fruste. Le scienze umane che si sviluppano empi­ricamente — soprattutto negli Stati Uniti — per i marxisti sanno lontano un miglio di sociologia poliziesca, e può così accadere addirittura che semplicemente le si ignori. È per dieci anni il regno, postumo, dello zdanovismo. Ed è già mol­to tardi quando la morsa si allenta, nel 1956, con il permes­so del rapporto Chruscev. L ’innesto Lenin-Stalin era stato fatto ad un livello troppo basso-, impossibile ripartire dai pie­di rianimando il giovane Marx oppure, al contrario, il socia­lismo scientifico delle maturità. Di volta in volta condannato dall’ufficio politico nonostante le loro rispettose prudenze, gli scrittori di Althusser e di Garaudy, fra loro contrapposti, rap­presentano la duplice impasse. E ]ean-Paul Sartre, la cui opera si è in parte sfiancata in dispute col comuniSmo, fornisce, con la C r it ic a d e lla ra g io n e d ia le t t ic a , l ’ultimo rampollo — geniale, incompiuto e non conducibile a compiutezza — dell’hegelo-marxismo.

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Che si occupassero di cosmogonie oppure di analisi par­ziali, tutti avevano lasciato che l’evidenza diventasse esclu­sivo patrimonio del pensiero conservatore, per il solo fatto di aver scansato le domande originarie, semplicissime e per ciò stesso totem e tabù: perché la teoria del proletariato di Marx, fondamento dell’azione rivoluzionaria, non ha per nul­la funzionato fino in fondo negli stati industriali dell’Occi­dente, che hanno finora impedito l’avvento al potere di quel­la classe che la dottrina designava come soggetto della Sto­ria? Perché la schiacciante maggioranza delle ricerche e delle scoperte nelle scienze umane si sono verificate al di fuori del marxismo, e persino di esso, ed il marxismo è stato contro di loro? E che nome dare a quella prodigiosa alienazione che instaura l’oppressione negli stati che si richiamano al so­cialismo? Porre queste domande, anche senza ancora rispon­dervi, significava uscire dalla « Volgata », smettere di giudi­care il marxismo in base alle sue promesse ed al suo discor­so — esorbitante privilegio che arroga a se stesso e rifiuta alle teorie ad esso vicine —, confrontare finalmente il comuni­Smo con la realtà della sua analisi e con l’analisi della sua realtà, come direbbero graziosamente i nostri hegeliani. Ben pochi vi si sono arrischiati, all’infuori di Merleau-Ponty e di Marcuse !.

Anche se corrosa, oggi, dalle sue disavventure politiche, la « Volgata » è sempre presente nel sottofondo: consiste nell’ambizione filosofica e politica di dar coronamento ad un sistema ordinato delle scienze dell'uomo e delle scienze della natura — e, secondo i vari progetti, con Vannessione forzata di Freud o dello strutturalismo —: sistema che abbraccerebbe tutto lo scibile umano e che offrirebbe la chiave, nello stes­so momento, dell’azione e della Storia. Vecchia libido che ispirò dapprima le religioni, e poi, sul loro esempio, lo stesso razionalismo; formula universale e quanto mai rassicurante che mette ogni cosa al suo posto, integra il Male e garantisce

1 Maurice Merleau-Ponty, Les Aventures de la dialectiijue, Gallimard; Herbert Marcuse, Le marxisme soviétìque, Gallimard, coll. ‘ Idées

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una felice finalità alla Storia; che esaudisce i voti del suo testimone divenuto suo agente. Nata sulle fondamenta del­l’idea borghese di progresso, la Storia cosiddetta dialetti­ca viene concepita sulla falsa misura degli ultimi sviluppi del­la civiltà occidentale. Dall’età primitiva ai nostri giorni, dal­la rivoluzione borghese alla rivoluzione proletaria, attraverso un’evoluzione ineluttabile alla quale i più avvertiti concedono qualche sfasatura di funzionamento, l’uomo si realizzerebbe per tappe successive in insiemi sempre più complessi, il cui significato diverrebbe agevolmente decifrabile non appena si venga a prender parte al movimento in considerazione, e non appena si venga a conoscenza del suo tautologico principio di trasformazione. Tutto qui è meraviglia-, la schiavitù eco- nomico-sociale concede pure alla libertà la parte che le spet­ta; la negatività è al servizio di ciò che è positivo; lo sfrut­tamento del proletariato è l’annuncio del suo trionfo così co­me un tempo la morte del Cristo annunciava la Redenzione; il passato che è stato abolito si conserva in una sintesi supe­riore e la rivoluzione riconcilierà l ’uomo con se stesso e con la natura distruggendo V'alienazione per sempre; essa è, come la grazia, allo stesso tempo necessaria — il capitalismo si con­danna alla rivoluzione —, contingente — anche la libertà del­l’uomo deve concorrere ad essa —, e perfino sufficiente... Ri­voluzione sempre sognata e mai fatta, proiettata in un av­venire immaginario ed esotico senz’altra preoccupazione se non quella di ridare al mondo e all’uomo quel senso della trascendenza che essi avevano perduto con la morte dì Dio. Si tratta, molto precisamente, di una filo so fia o c c id e n ta le d e l­la S to r ia , ultimo sbocco del pensiero europeo che si guarda bene dal rappresentare, pur magnificandoli, l ’evoluzione, i ri­sultati e i desideri di un continente preciso e privilegiato: in una parola, e malgrado tutte le smentite, l ’apoteosi del- Vid e a hegeliana.

A partire dagli anni cinquanta tuttavia, al di là delle ideo­logie liberali e tecnocratiche, era nata un’obiezione, primor­diale e discreta, a proposito di quello che è convenzione chia-

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mare strutturalismo. Per un’antropologia nascente c soprat­tutto per l’etnologia, a meno che non si voglia assumere l'at­teggiamento del missionario o del colono, non esiste una sto­ria universale: la magia non è meno complessa della scienza ed ognuna di esse si articola nella ricchezza del sistema cui essa corrisponde. Non ci sono popoli primitivi e popoli evo­luti, bensì delle strutture diverse, in sé perfettamente con­nesse, disseminate in diversi punti dello spazio e del tempo-, si tratta di descriverle in se stesse, nel sistema di significati e di riferimenti che è loro proprio, di scoprire il loro senso nascosto e di concepire semplicemente il fatto che è stori­camente possibile, in determinate circostanze, passare da un sistema ad un altro in seguito ad un mutamento del codice genetico delle società. Credere alla storia universale, inter­pretare i « primitivi » in funzione di un futuro che non sa­rebbe poi altro che il nostro presente, significa per Lévi- Strauss proiettare sulle altre società il sistema di pensiero che caratterizza noi stessi ed interpretare ogni cosa secondo quelli che sono i nostri miti. La prima, l ’etnologia, si rifiuta di considerare i nostri valori come la perorazione dello spiri­to umano e la misura di tutte le cose. L ’analisi era chiara e solida. E dal momento che per definizione essa non aveva né supporto né mire politiche, per molto tempo è restata argomento di discussione a livello specialistico.

Ma le rivolte della gioventù occidentale, contrapponendosi frontalmente alle istituzioni ed all’ideologia borghesi, si do­vevano necessariamente imbattere in un marxismo che dava di esse l’immagine riflessa e rovesciata. L ’atteggiamento dei partiti comunisti di fronte ai movimenti studenteschi, così come i carri armati di Praga, ebbero un grande peso-, è vero del resto che le migliori dimostrazioni a c o n tr a r io sono spes­so basate sui fatti, e talvolta su fatti militari. Dopo di al­lora, i movimenti sono divampati e gli sconvolgimenti non hanno più avuto limiti-, negli Stati Uniti e in Europa, le no­zioni stesse di politica, di organizzazione, di insegnamento, di cultura, di famiglia, di lavoro, di tecnologia, di civiltà

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vengono messe in discussione da una formidabile ondata di utopia. Dai creatori dei gruppi di rock o di comunità alle fondatrici dei movimenti di liberazione della donna, dall’eco­logia all’uso degli allucinogeni, passando attraverso la vita della strada, viene elaborata una contro-cultura che non è più gran che debitrice aU’hegelo-marxismo. I rifiuti sono massicci, assoluti e sommari, in proporzione alle frustrazioni da cui sono scaturiti. Non è un caso se, ben al di là della politica, la rock music si è imposta come l’unico denomina­tore comune di tutte le manifestazioni, dalle più individua­li alle più concertate-, essa esprime un nuovo comporta­mento ed una nuova sensibilità piuttosto che una nuova ideo­logia, tanto più violenti quanto meno sono discorsivi. Come avrebbe potuto la « Volgata » sfuggire a questo scrollone che colpiva direttamente quella che è la sua molla centrale: il principio di autorità?

L ’utopia non è sempre data. Al contrario essa fa la sua comparsa in momenti precisi dell’evoluzione delle società, per sottolinearne le rotture più profonde: rousseauismo nel x v i i i secolo, socialismi pre-marxisti all’inizio del x i x , onda­ta anti-autoritaria alla fine del x x secolo. Denunciando la so­cietà dominante in contrapposizione al progetto di una so­cietà futura, l ’utopia preannuncia e rende possibili i nuovi modi di pensiero e di azione. Oggi, conosciamo le grida, il ritmo e ì miti; siamo ancora in attesa del linguaggio arti­colato che, in un secondo tempo, dovrebbe conferire al mo­vimento tutta la sua dimensione storica.

Alcuni elementi tuttavia già esistono, anche se stanno un po’ indietro rispetto al fronte della rivolta che è, occupa­to a fronteggiare i compiti più urgenti senza molto curarsi delle proprie retrovie. Alcuni vengono da lontano, scampati allo stalinismo nascente; altri da correnti autonome che so­no comparse non senza fatica in disparte tanto dal marxismo che dall’ideologia tecnocratica e che rifioriscono ormai a con­tatto con la rivolta; altri ancora sono stati generati più di­rettamente dai movimenti di contestazione attuali. Ne pre-

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sentiamo qui un primo panorama, anche se un po’ arbitrario-, fra tanti altri, Foucault, Marcuse, Roel Van Duyn, Lefeb- vre, la cfdt, Deleuze, Guattari, Touraine espongono un pensiero nuovo — ognuno a modo suo — e, finalmente, c o n ­te m p o ra n e o . Tutti conoscono e utilizzano l’opera di Marx e dei suoi epigoni, ma non più come un corpo dottrinale da illustrare, da arricchire o da abbattere: semplicemente come materiale essenziale per la riflessione, da cui bisogna esser pronti a prendere le distanze. Il rispetto religioso non fa più presa. Si tratta, in gradi diversi, dell’inizio di un’analisi so­ciale: per la nostra società, così come per l ’individuo psica­nalizzato, la cosa può andar bene o può andar male. È troppo tardi per rimpiangere i miti o le rimozioni del passato.

Ciascuno di questi uomini, più moderato o più radica­le — e in sensi diversi — contesta naturalmente l ’analisi del vicino, e ancor più probabilmente, questa vicinanza stessa e le opinioni qui sopra espresse. Se di una corrente di idee si tratta, essa è evidentemente altrettanto condivisa da altri quanto lo furono la filosofia dei Lumi, da Voltaire a Ros- seau, oppure le teorie socialiste dell’inizio del xix secolo. Ma queste analisi sono costrette alla coesistenza, anche se ognuna si vuol presentare come la sola vera (cosa che del resto non accade sempre, ed anche questa è una novità). Fortuna­tamente incapaci di suscitare corti di discepoli abbastanza in­condizionati da semplificarle subito in precetti settari, esse incominciano ad influenzare simultaneamente e contraddito­riamente un movimento che è esso stesso diversificato e con­fuso : il che è la condizione stessa della creatività. Per un anno, A c tu e l ha regolarmente pubblicato le conversazio­ni qui sotto riportate. Le uniamo adesso in questa raccolta.

MICHEL-ANTOINE BURNIER

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Aspettando la

RIVOLUZIONE

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Michel Foucault

M ic h e l F o u c a u lt , p r o fe s so r e ch e s i p o n e v a p r o b le m i m a a p o lit ic o , a u to re d i u n a n o te v o le Histoìre de la folle à Vage classique, e ra p o c o c o n o sc iu to a llo rc h é c o m p a rv e Les Mots et les choses n e lla p r im a v e ra d e l 1 9 6 6 . F u u n f r a g o r e , il p r i­m o su c c e s so f i lo s o f ic o in F r a n c ia d o p o L ’Essere e il Nulla d i Je a n - P a u l S a r t r e . F o u c a u lt re sp in g e co n fo rz a il d is c o r so

g e n e ra le ch e c e rc a d i ra c c h iu d e re tu t t a l ’a t t iv i tà u m a n a in u n a s in te s i m e ta f is ic a , d ia le t t ic a , s to r ic a . V u o le sc o p r ire il r e t r o te r r a d e l sa p e re , i c o d ic i fo n d a m e n ta li d i u n a c u ltu ra . E g l i s p ie g a : « Q u e llo a cu i p e n s ia m o è l ’in t im ità d i u n p e n ­s ie ro a n o n im o e c o s t r it t iv o ch e è il p e n s ie r o d i u n ’e p o c a e d i u n l in g u a g g io . P e n s ie r o e l in g u a g g io h a n n o le lo r o le g g i d i t r a s fo rm a z io n e . I l c o m p ito d e lla f i lo s o f ia a t tu a le ( . . . ) è q u e llo d i r ip o r ta r e a lla lu ce q u e s to p e n s ie r o ch e è p re c e ­d e n te al p e n s ie r o , q u e s to s is te m a ch e v ie n e p r im a d i o g n i s i s te m a .. . È q u e s to il fo n d o d a l q u a le il n o s t r o p e n s ie ro “ l ib e r o ” e m e rg e e b r i lla p e r u n is ta n te » '. E a g g iu n g e — e q u i s ta tu t to lo s c a n d a lo : « L ’e r e d ità p iù p e sa n te ch e c i g iu n g e d a l x i x se c o lo - e d i cu i è d a v v e r o o r a d i s b a r a z ­z a r s i — è l ’u m a n e s im o . ( . . . ) S a lv a re l ’u o m o , r isc o p r ire l ’u o m o d e n tro l ’u o m o , ecc ., q u e s to è lo sc o p o u lt im o d i tu t te le im ­p r e s e f a t t e d i c h ia cc h ie re , te o r ic h e e p ra t ic h e , p e r r ic o n c ilia ­re , a d e se m p io , M a r x e T e ilh a rd d e C h a r d in : im p re se in tr ise

d i u m a n e s im o ch e h an n o c o n d a n n a to a lla s te r i l i tà d a m o lt i an n i a q u e s ta p a r te , tu tto il la v o r o in te lle ttu a le . ( . . . ) T u t t i i r e g im i d e l l ’E s t e d e l l ’O v e s t e sp o n g o n o la lo r o m e rc e sea-

1 Quinzaine littéraire, n. 5, 5 maggio 1966.

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d e n te n e llo s ta n d d e l l ’u m a n e s im o » « C o n fo r to e p r o fo n ­d o so l l ie v o , d ic o n o tu t ta v ia Les mots et les choses, n e l p e n ­sa re ch e l ’u o m o è so lta n to u n ’in v en z io n e re c e n te , u n a f ig u r a

ch e n o n h a a n c o ra d u e se c o li , u n se m p lic e p u n to n e l n o s t r o s a p e r e , e c h e e s s o sc o m p a r irà n o n a p p e n a ta le sa p e r e a v rà t r o v a to u n a fo r m a n u o v a » .

A s in is t r a , a d e ccez io n e d i q u a lc h e p r o fe s s o r e in f lu e n z a ­to d a L é v i- S t r a u s s , d a L a c a n o A lth u s s e r , s i v a in c o lle ra c re d e n d o d i sc o p r ire d ie tr o q u e s te a ffe rm a z io n i u n a r i fo r ­m u la z io n e s is te m a t ic a d e lla f i lo s o f ia d i G i s c a r d d ’E s ta in g . A llo r a S a r t r e è c a te g o r ic o : « S i v u o le d a r v ita a d u n a n u o v a id e o lo g ia u lt im o sb a r ra m e n to ch e la b o r g h e s ia p o s s a a n c o ra

in a lz a re c o n tro M a r x » 1 2.

P a s s a il m o v im e n to d i M a g g io . N e l l ’a u tu n n o 1 9 6 8 , F o u ­c a u lt in se g n a a V in c e n n e s in m ezzo a l l ’a g ita z io n e d i q u e sta

n u o v a b a s e r o s s a d e ll ’U n iv e r s ità . U n g io rn o d e l fe b b r a io

1 9 6 9 , e g li s p u n tò a lla tr ib u n a d e lla M u tu a l it é a f ia n c o d i Je a n - P a u l S a r t r e . S o r p r e sa p e r i m ilita n t i : l ’ in te lle ttu a le d i­s ta c c a to s i è b u t ta to n e lla p o lit ic a r iv o lu z io n a r ia . C i s i d o m a n ­d a v o le n t ie r i co m e e g li p o s s a co n c ilia re il g a u c h ism o co n la s u a f i lo s o f ia g e l id a d e l s is te m a d e l l ’Archeologia del sapere3, ch e p u b b lic a lo s te s s o an n o su lla s te s s a l in e a r e t ta d e i Mots et des choses. L a sp ie g a z io n e tu t ta v ia è se m p lic e a fo rz a d i g r a t ta r e le ra d ic i d e l sa p e re e d e l l ’u m a n e s im o , g li è v e n u ta

la v o g lia d i s t r a p p a r le . A q u e s to l iv e llo , n e s su n o è p iù e s t r e ­m o d i lu i : è il n o s t r o « p e n s ie ro ch e v ie n e p r im a d e l p e n ­s ie ro » ch e F o u c a u lt v u o le d is tr u g g e r e , e in s ie m e a l c a p ita ­l ism o i l « s is te m a ch e v ie n e p r im a d e l s is te m a » : ro v e sc ia re tu t te le is t i tu z io n i p e r ca n c e lla re le g r a n d i r ip a r t iz io n i c o s t i­tu t iv e d e lla c iv iltà o c c id e n ta le , il b e n e e il m a le , il n o rm a le e il p a to lo g ic o , l ’in n o c e n z a e la c o lp e v o le z z a , il so g g e tto e l ’o g g e t to .. . S e c o n v e rg e c o s ì co n l ’u l tr a s in is tr a p iù a r r a b b ia ­ta , p o l it ic a e n o , F o u c a u lt d iv e n ta tu t ta v ia il c o m p a g n o d i

1 Ibid.2 L'Arc, n. 30, 1966.3 Michel Foucault, L'archeologia del sapere, ed. Rizzoli, Milano 1971.

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s t r a d a c r it ic o d e i m a o is t i : n o n ta n to p e r a c c o rd o su i p r in ­c ip i — è p r o b a b ile ch e e g li n o n a p p re z z i m o lto il v o c a b o la ­r io m ilita re n é le v ir tù d e l l ’o rg a n iz z a z io n e m a rx is ta - le n in i­

s ta — q u a n to p e r so s te n e re u n a v io le n z a m ilita n te ch e sv e la e d a f fr o n ta le fo n d a m e n ta d e i p o te r i so c ia li. L ’o f fe n s iv a d e v e se c o n d o lu i a n d a re b e n a l d i là d e i p u r i e se m p lic i sc o n ­tr i p o lit ic i , a su o p a re re se m p re in v isc h ia t i n e l l ’u m a n e s im o e in u n a p re o c c u p a z io n e d i r ic o s tru z io n e d i cu i e g li n o n v u o l c u ra r s i . P r e c iso e o s t in a to , F o u c a u lt la v o r a co n il G r u p p o d ’in fo r m a z io n e su lle p r ig io n i (gip) e d a p p r e s ta u n a s sa lto

c o n tro la p s ic h ia tr ia . Q u i d e i r e d a t to r i e d e i le t to r i d i Actuel c o n v e rsa n o co n lu i.

michel foucault Q u a l è la fo r m a d i r e p re s s io n e p iù in ­

s o p p o r ta b ile p e r u n l ic e a le d e l g io rn o d ’o g g i : l ’ a u to r ità fa m i­lia re , il c o n tro llo q u o t id ia n o ch e la p o liz ia e se rc ita su lla v i ta d i o g n i u o m o , l ’o rg a n iz z a z io n e e la d isc ip lin a d e i l ic e i, o p p u ­re q u e lla p a s s iv i tà ch e v i è im p o s ta d a lla s ta m p a , iv i c o m ­

p r e so fo r se u n g io rn a le c o m e Actuel?serge L a r e p re s s io n e n e i l ic e i : e s s a è e v id e n te d a l m o m e n ­

to ch e v ie n e u s a t a c o n tro u n g r u p p o ch e s i s fo rz a d i a g ire . È p iù v io le n ta e la s i se n te p iù a c u ta m e n te .

Alain N o n b iso g n a d im e n tic a re la s t r a d a , le isp e z io n i al Q u a r t ie r e L a t in o , i flic ch e b lo c c a n o il v o s t r o so le x co n la lo ro m ac ch in a p e r v e d e r e se n o n a v e te d e lla d r o g a . È u n a p re se n za c o n tin u a : io n o n p o s s o se d e rm i p e r te r ra sen z a ch e u n u o m o in d iv is a m i c o s t r in g a a r ia lz a rm i. D e t t o c iò , la re p re s s io n e n e l l ’in se g n a m e n to , l ’in fo rm a z io n e o r ie n ta ta , è

fo r se p e g g io ...serge B iso g n a d is t in g u e r e : in n a n z itu tto l ’az io n e d e i g e n i­

to r i , ch e v i im p o n g o n o i l l ic e o co m e u n a t a p p a v e r s o u n a d e ­te rm in a ta s itu a z io n e p r o fe s s io n a le e ch e s i s fo rz a n o d i a llo n ­ta n a re d a s u b i to c iò ch e p o t r e b b e n u o c e re a q u e s ta s i tu a ­z io n e ; p o i l ’a m m in is tra z io n e , ch e v ie ta o g n i a z io n e l ib e r a e c o lle t t iv a , p e r q u a n to a n o d in a p o s s a e s s e r e ; in fin e , l ’in se ­g n am e n to s te s s o , m a q u i la q u e st io n e è p iù c o n fu sa ...

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Jean-Pierre I n numerosi casi, l ’insegnamento del professo­re non è vissuto immediatamente come repressivo, ma lo è profondamente.

michel foucault C e r ta m e n te , il s a p e re tr a sm e s so a s su m e se m p re u n ’a p p a re n z a p o s it iv a . In r e a ltà , e s so fu n z io n a s e ­c o n d o tu tto u n g io c o d i r e p re s s io n e e d i e sc lu s io n e ; il m o ­v im e n to d i M a g g io in F r a n c ia h a fa t t o p re n d e r c o sc ie n z a , co n fo rz a , d i c e rti su o i a sp e t t i : e sc lu s io n e d i c o lo ro ch e n o n h a n n o d ir i t to al s a p e r e , o ch e n o n h a n n o d ir i t to se n o n a u n c e r to t ip o d i s a p e r e ; im p o s iz io n e d i u n a c e r ta n o rm a , d i u n c e r to f i l t r o d e l sa p e re ch e si n a sc o n d e so t to l ’a p p a re n z a d is in te r e s s a ta , u n iv e r sa le , o b b ie t t iv a d e lla c o n o sc e n z a ; e s i s t e n ­za d i q u e lli ch e si p o t r e b b e r o c h ia m are « c irc u iti r is e rv a t i d e l sa p e re » , ch e s i fo r m a n o a l l ’in te rn o d i u n a p p a r a to a m ­

m in is tr a t iv o o g o v e r n a t iv o , d i u n a p p a r a to p r o d u t t iv o , e d a i q u a li n o n è p o s s ib i le a v e re a c c e sso d a l l ’e s te rn o .

Philippe S e c o n d o le i , il n o s tr o s is te m a d ’in se g n a m e n ­to , p iu t to s to ch e tr a sm e tte r e u n v e r o sa p e re , te n d e re b b e p r im a d i tu t to a fa r e u n a d is t in z io n e fr a i b u o n i e i c a t t i­v i e le m e n ti se c o n d o i c r ite r i d e l c o n fo rm ism o so c ia le .

michel foucault L a c u ltu r a a c c a d e m ic a , q u a le v ie n e d i­s tr ib u ita d a l s is te m a sc o la s t ic o , im p lic a e v id e n te m e n te u n a c o n fo rm ità p o l it ic a : in s to r ia , v i v ie n e c h ie s to d i sa p e re u n c e r to n u m e ro d i c o se , e d i n o n sa p e re le a lt r e ; o , m e g lio , u n c e r to n u m e ro d i c o se c o s t itu is c o n o i l s a p e re n e l su o c o n ­te n u to e n e lle su e n o rm e . D u e e se m p i. L a cu ltu ra u f f ic ia le h a se m p re r a p p re se n ta to il p o te r e p o l it ic o co m e la p o s ta d i u n a lo t ta a l l ’in te rn o d i u n a c la s se so c ia le (d is p u te d in a st ic h e n e l l ’a r is to c ra z ia , c o n flit t i p a r la m e n ta r i n e lla b o r g h e s ia ) ; o a n ­c o ra co m e la p o s ta d i u n a lo t t a f r a l ’a r is to c ra z ia e la b o r ­g h e s ia . Q u a n to a i m o v im e n ti p o p o la r i , e s s i so n o s ta t i p r e ­

se n ta t i co m e c a u sa t i d a lle c a r e s t ie , d a lle im p o s te , d a lla d i ­so c c u p a z io n e ; m a i c o m e u n a lo t t a p e r il p o te r e , co m e se le m a s se p o te s s e r o so g n a re d i m a n g ia r b e n e , m a c e r ta m e n te n o n d i e se rc ita re il p o te r e . L a s to r ia d e lle lo t t e p e r il p o te r e , e q u in d i d e lle co n d iz io n i r e a li d e l su o e se rc iz io e d e l su o m a n ­

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te n im e n to , r e s t a p re s so c h é in te ra m e n te im m e rsa . L a c u ltu ra n o n v i f a n e p p u re ce n n o : s i t r a t ta d i c o se ch e n o n d e v o n o

e s s e r e s a p u te . A lt r o e se m p io : q u e llo d i u n a c u ltu ra o p e r a ia . E s i s t e d a u n la to tu tto u n sa p e re te cn ic o d e g li o p e ra i ch e è s t a to o g g e t to d i u n ’in c e ssa n te e s t r a z io n e , tr a s la z io n e , t r a s fo r ­m a z io n e d a p a r te d e l p a d r o n a to e co n la m e d ia z io n e d i c o lo ro ch e c o s t itu is c o n o « i q u a d r i te cn ic i » d e l s is te m a in d u str ia le : d ie t r o la d iv is io n e d e l la v o r o , a t t r a v e r so e s s a e g ra z ie a d e s s a , tu t to u n m e c ca n ism o d i a p p ro p r ia z io n e d e l s a p e r e , ch e m a ­sc h e ra , c o n fisc a e sc re d ita il s a p e re o p e r a io (o c c o r re re b b e a n a liz z a re in q u e s ta o t t ic a le « g ra n d i sc u o le sc ie n tif ic h e » ) .

E s i s t e p o i tu tto il s a p e re p o lit ic o d e g li o p e r a i (c o n o sc e n ­za d e lla lo ro co n d iz io n e , m e m o ria d e lle lo r o lo t te , e sp e r ie n ­z e d i s t r a te g ie ) . È il s a p e re ch e è s t a to u n o s tru m e n to d e lla lo t t a d e lla c la s se o p e ra ia e ch e s i è v e n u to e la b o ra n d o a t t r a ­v e r s o q u e s ta lo t ta . N e l p r im o e se m p io ch e c i ta v o , s i t r a t t a v a d i p r o c e s s i re a li ch e v e n iv a n o te n u t i lo n ta n i d a l s a p e r e ac­c a d e m ic o . N e l se c o n d o , s i t r a t t a d i u n sa p e re ch e è s ia d i ­s a p p r o p r ia to , s ia e sc lu so d a p a r te d e l sa p e r e a c ca d e m ico .

jean-francois N e l tu o l ic e o , a d e se m p io , c ’è u n a fo r te

p e rc e n tu a le d i a ll ie v i d i o r ig in e o p e r a ia ?

Alain U n p o ’ m e n o d e l 5 0 % .jE A N -FR A N gois N e l le lez io n i d i s to r ia v i h an n o p a r la to d e i

s in d a c a t i?

Alain N e lla m ia c la s se no.serge N e lla m ia n e p p u re . G u a r d a t e c o m e so n o o rg a n iz ­

z a t i g li s tu d i : n e i p r im i an n i d i s c u o la , c i s i o c c u p a s o lta n to d e l p a s s a to . B iso g n a a v e re 1 6 o 17 an n i p e r a r r iv a re f in a l­m e n te a i m o v im e n ti e d a lle d o t tr in e m o d e rn e , i so li ch e p o s ­sa n o e s se r e u n p o ’ s o v v e r s iv i. A n ch e in te rz a , i p r o fe s so r i d i f r a n c e se s i r i f iu ta n o a sso lu ta m e n te d i a f fr o n ta r e g li a u to r i c o n te m p o ra n e i: m a i u n a p a r o la su i p r o b le m i d e lla v i ta r e a ­le . Q u a n d o f in a lm e n te li s i s f io ra , in p r im a o n e l l ’u lt im o a n ­n o , la g e n te è g ià c o n d iz io n a ta d a tu t to l ’in se g n a m e n to p r e ­

ce d e n te .

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Michel foucault S i tr a tta d i u n p r in c ip io d i le t tu r a - e q u in d i d i sc e lta e d i e sc lu s io n e — p e r tu tto q u a n to o g g i a cce ­d e , o v ie n e d e tto o fa t t o . « D i tu t to q u e l ch e a c c a d e , tu n o n c a p ire i n é p e rc e p ira i se n o n c iò ch e v ie n e r e so in te lle g ib ile d a q u a n to è s ta to a c c u ra ta m e n te p r e le v a to n e l p a s s a t o ; e

ch e , a d ire il v e ro , è s ta to p r e le v a to s o lta n to p e r r e n d e re in in- te l le g ib ile il r e s to » . S o t to le sp e c ie d i q u e llo ch e d i v o lt a in v o lt a è s ta to c h ia m a to v e r ità , u o m o , c u ltu r a , s c r it tu ra , e cc ., s i t r a t ta s e m p re d i sc o n g iu ra re c iò ch e a c c a d e : l ’a v v e n i­m e n to . L e fa m o se c o n tin u ità s to r ic h e h a n n o la fu n z io n e a p p a ­re n te d i s p ie g a re ; g li e te rn i « r ito rn i » a F r e u d , a M a r x , ecc , h a n n o la fu n z io n e a p p a re n te d i fo n d a r e ; n e l l ’u n o c o m e n e l­l ’a lt ro c a s o , v ie n e e sc lu so il m o m e n to d i r o t tu r a d a to d a l­

l ’a v v e n im e n to . P e r d ir la g ro s so la n a m e n te , l ’a v v e n im e n to e d il p o te r e so n o le c o se ch e v e n g o n o e sc lu se d a l sa p e re e ch e so n o o rg a n iz z a te n e lla n o s tra so c ie tà . I l ch e n o n fa m e r a ­v ig l ia : il p o te r e d i c la s se (ch e d e te rm in a q u e s t o s a p e r e ) d e v e

a p p a r ire in a c c e s s ib ile a l l ’a v v e n im e n to ; e l ’a v v e n im e n to in

c iò ch e e s s o h a d i p e r ic o lo so d e v e v e n ire s o t to m e s s o e d i s ­s o l to n e lla c o n tin u ità d i u n p o te r e d i c la s s e ch e n o n v ie n e n o m in a to . I l p r o le ta r ia to , a l c o n tra r io sv ilu p p a u n sa p e re c e n tra to su lla q u e st io n e d e lla lo t t a p e r il p o te r e , su l m o d o

in c u i b iso g n a su sc ita r e l ’a v v e n im e n to , r isp o n d e r e a d e s s o e v it a r lo , e c c .; u n sa p e re a s so lu ta m e n te in a m m iss ib ile p e r l ’a lt r o p e rc h é im p e rn ia to a t to r n o a lle q u e s t io n i d e l p o te r e e d e l l ’a v v e n im e n to .

È q u e s ta la ra g io n e p e r cu i n o n b iso g n a fa r s i i l lu s io n i su lla m o d e rn iz z a z io n e d e l l ’in se g n a m e n to , su lla s u a p o s s ib i l i­tà d i a p r ir s i su l m o n d o a t tu a le : il s ig n if ic a to d i u n a s im ile o p e ra z io n e s a re b b e q u e llo d i m a n te n e re il v e cc h io s u b s t r a to tra d iz io n a le d e l l ’« u m a n e s im o » , e d i f a v o r ir e , p o i , l ’a p p re n ­d im e n to r a p id o e d e ff ic a c e d i u n c e r to n u m e ro d i te cn ich e m o d e rn e f in o r a tr a sc u ra te . L ’u m a n e s im o g a r a n t isc e i l m a n te ­n im e n to d e l l ’o rg a n iz z a z io n e so c ia le , la te c n ic a p e rm e tte a q u e s ta so c ie tà d i sv i lu p p a r s i , m a su lla l in e a ch e le è p r o p r ia .

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j e a n -f r a n £ O IS Q u a l è la v o s t r a c r it ic a d e l l ’u m a n e s im o ? E c o n q u a li v a lo r i p u ò e s s e r e s o s t i t u it o in u n a ltro s is te m a d i tr a sm is s io n e d e l s a p e r e ?

m i c h e l f o u c a u l t P e r u m a n e s im o io in te n d o l ’in s ie m e d i

q u e i d is c o r s i c o n i q u a li è s ta to d e t to a l l ’u o m o o c c id e n ta le : « P e r q u a n to tu n o n e se rc it i il p o te r e , p u o i u g u a lm e n te e s ­se re so v ra n o . M e g lio a n c o ra : p iù tu r in u n c e ra i a d e se rc ita re il p o te r e e m e g lio t i sa ra i so t to m e sso a c iò ch e ti v ie n e im p o s to , p iù tu s a r a i so v ra n o » . L ’u m a n e s im o c o n s is te n e l l ’in ­v e n z io n e s u c c e s s iv a d i q u e lle s o v ra n ità a s s o g g e t ta te ch e s o ­n o l ’a n im a ( so v r a n a su l c o rp o , s o t t o p o s t a a D io ) , la c o sc ie n ­z a ( so v r a n a n e l l ’o rd in e d e l g iu d iz io , s o t to m e ssa a l l ’o rd in e

d e lla v e r it à ) , l ’in d iv id u o (so v r a n o t ito la re d e i s u o i d ir i t t i ,

so t to m e sso a lle le g g i d e lla n a tu ra o a lle re g o le d e lla so c ie tà ) ,

la l ib e r tà fo n d a m e n ta le ( in te r io rm e n te s o v ra n a , e s te r io rm e n ­te co n se n z ie n te e « c o n c o rd a n te c o l su o d e s t in o » ) . I n b r e ­v e , l ’u m a n e s im o è tu t to c iò g ra z ie a l q u a le in O c c id e n te è stato bloccato il desiderio del potere, p r o ib ito v o le re il p o te r e , e sc lu sa la p o s s ib i l i t à d i p re n d e r lo . I l c u o re d e l l ’u m a ­n e s im o è la te o r ia d e l soggetto (n e l d u p lic e s e n so d e lla p a r o la ') • E c c o p e rc h é l ’O c c id e n te re sp in g e co n ta n to a cca n i­m e n to tu tto q u a n to p u ò fa r sa lta re q u e s to c h ia v is te l lo . C h ia ­v is te l lo ch e p u ò e s s e r e a tta c c a to in d u e m o d i. O a t t r a v e r so u n « d is a s s o g g e t ta m e n to » d e lla v o lo n tà d i p o te r e (c io è co n la lo t t a p o l it ic a in te sa co m e lo t t a d i c la s se ) , o co n u n la v o r o d i d is tru z io n e d e l s o g g e t to co m e p se u d o - so v ra n o (c io è co n l ’a tta c c o « c u ltu ra le » : s o p p r e s s io n e d e i ta b ù , d e lle l im ita z io ­n i e d e lle d iv is io n i s e s su a li ; p ra t ic a d e l l ’e s is te n z a c o m u n ita ­

r ia ; d is in ib iz io n e n e i c o n fro n ti d e lla d r o g a ; r o t tu r a d i tu t t i i d v ie t i e d i tu t t e le c h iu su re m e d ia n te le q u a li s i r ic o s t i­tu isc e e s i r ip r o d u c e l ’in d iv id u a lità n o rm a t iv a ) . P e n so q u i a tu t te le e sp e r ie n z e ch e la n o s tr a c iv iltà h a re sp in to o ch e h a a m m e sso so lta n to p e r q u a n to co n cern e l ’e le m e n to d e lla

le t te ra tu ra .

1 I due sensi sono più espliciti in francese, dove sujet significa anche “ sud­dito ” (NdT),

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jE A N -FR A N gois A p a r t ir e d a l R in a sc im e n to ? michel foucault A p a r t ir e d a l d ir it to ro m a n o , q u e s ta

a rm a tu ra d e lla n o s tr a c iv iltà ch e è g ià u n a d e fin iz io n e d e l­l ’in d iv id u a lità c o m e so v r a n ità a s s o g g e t ta ta . I l s is te m a d e lla p r o p r ie tà p r iv a ta im p lic a u n a s im ile co n cez io n e : il p r o p r ie ­ta r io è so lo lu i p a d ro n e d e l su o b e n e , n e u sa e n e a b u s a , e tu t ta v ia s i s o t to m e tte a l l ’in s ie m e d e lle le g g i ch e s ta n n o a fo n d a m e n to d e lla su a p r o p r ie tà . I l s is te m a ro m a n o s t r u t tu ­ra v a lo S ta to e d a v a i fo n d a m e n ti d e lla p r o p r ie tà . S o t t o m e t­te v a la v o lo n tà d i p o te r e co l f i s s a r e u n « d ir i t to so v r a n o d i p r o p r ie tà » ch e n o n p o te v a v e n ire e se rc ita to se n o n d a c o lo ­ro ch e d e te n e v a n o i l p o te r e . I n q u e s to g io c o a in c a s tr o l ’u ­m a n e s im o s i è is t itu z io n a liz z a to .

jean-pierre L a so c ie tà c o s t itu is c e u n tu t to b e n c o n g e ­g n a to . E s s a è p e r n a tu ra r e p r e s s iv a , d a l m o m e n to ch e cerca

d i r ip r o d u r s i e d i p e r se v e r a r e n e l su o e sse re . C o m e lo t t a r e : a b b ia m o a ch e fa r e co n u n o rg a n ism o g lo b a le , in d is so c ia b ile , r e tto d a u n a le g g e g e n e ra le d i co n se rv a z io n e e d i e v o lu z io n e , o p p u re co n u n in s ie m e p iù d if fe r e n z ia to n e l q u a le u n a c la s se a v re b b e a m a n te n e re l ’o rd in e d e lle c o se e d u n ’a lt r a a r o v e ­s c ia r lo ? P e r m e la r i s p o s ta n o n è a f fa t t o e v id e n te : n o n m i se n to d i s o t to sc r iv e r e la p r im a ip o te s i , m a la s e c o n d a m i se m b ra tr o p p o se m p lic is t ic a . E s i s t e e f fe tt iv a m e n te u n ’in te r ­d ip e n d e n z a d e l c o r p o so c ia le ch e s i p e rp e tu a d a sé .

michel foucault I I M a g g io o f fre u n a p r im a r i s p o s ta : g li in d iv id u i s o t t o m e s s i a l l ’in se g n a m e n to , su i q u a li p e sa v a n o le fo rm e p iù c o s t r it t iv e d e l c o n se rv a to r ism o e d e llo sp ir ito r ip e t i t iv o , h a n n o c o n d o t to u n a b a t ta g l ia r iv o lu z io n a r ia . I n q u e s to s e n so , l a c r is i d i p e n s ie ro a p e r ta in m a g g io è s t r a o r ­d in a r ia m e n te p r o fo n d a . E s s a la sc ia la so c ie tà in u n a p e r p le s ­s ità e in u n a d if f ic o lt à d a cu i è b e n lo n ta n a d a l l ’u sc ire .

jean-pierre L ’in se g n a m e n to n o n è l ’u n ico v e ic o lo d e l l ’u ­m an e s im o e d e lla r e p r e s s io n e so c ia le ; v i so n o an z i b e n a ltr i m e c c a n ism i, p iù e s se n z ia l i , p r im a an co ra d e lla s c u o la o a l d i fu o r i d i e s sa .

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Michel foucault S o n o m o lto d ’a c c o rd o . A g ir e a l l ’in ­te rn o o a l l ’e s te rn o d e l l ’U n iv e r s it à : q u e s to è un d ile m m a p e r u n u o m o co m e m e ch e p e r lu n g o te m p o h a in se g n a to . D o b ­

b ia m o r ite n e re ch e l ’U n iv e r s ità è sp ro fo n d a ta in m a g g io , ch e i c o n ti so n o s ta t i r e g o la t i , e p a s s a r e ad a ltro co m e fa n n o a t­tu a lm e n te d e i g r u p p i in s ie m e a i q u a li io la v o r o : lo t t a c o n tro la r e p re s s io n e n e l s is te m a c a rc e ra r io , n e g li o s p e d a l i p s ic h ia ­tr ic i, n e l s is te m a g iu d iz ia r io , n e lla p o l iz ia ? O p p u r e n o n si t r a t ta ch e d i u n e sp e d ie n te p e r s fu g g ire a l l ’e v id e n z a — ch e a n c o ra m i tu rb a — ch e la s t r u t tu ra u n iv e r s ita r ia s i m an tie n e in p ie d i e ch e o c c o rre c o n tin u a re a m ilita re su q u e s t o te r ­r e n o ?

jE A N -FR A N gois P e r so n a lm e n te , n o n p e n so c h e l ’U n iv e r ­s ità s ia s ta ta v e ra m e n te d e m o lita . C re d o ch e i m a o is t i a b b ia ­n o c o m m e sso u n e r ro re c o n l ’u sc ita d a l c a m p o u n iv e r s ita r io , ch e a v re b b e p o t u t o c o s t itu ir e u n a b a s e s o l id a , p e r ce rca re n e lle fa b b r ic h e u n ra d ic a m e n to d if f ic i le e r e la t iv a m e n te a r t i­

f ic ia le . L ’U n iv e r s it à sc r ic c h io la v a : s i s a re b b e p o t u t o a p p r o ­fo n d ire la fa l la e p r o v o c a re u n a r o t tu ra ir r im e d ia b ile n e l s i­s te m a d i tr a sm is s io n e d e l sa p e re . L a sc u o la , l ’U n iv e r s it à r i­m a n g o n o s e t to r i d e te rm in a n ti . N o n tu tto è d e c iso a l l ’e tà d i c in q u e a n n i, an ch e se s i h a u n p a d re a lc o liz z a to e d u n a m a ­

d re ch e s t ir a n e lla c a m e ra d a le t to .jean-pierre L a r iv o lta u n iv e r s ita r ia s i è p r e s t i s s im o sc o n ­

tr a ta co n u n p r o b le m a , se m p re Io s te s s o : n o i - c io è i r iv o lu ­z io n a r i o c o lo ro a i q u a li n o n g lien e fr e g a v a u n g ra n ch e d e l l ’in se g n a m e n to - e ra v a m o b lo c c a ti d a lla g e n te ch e v o le v a la ­v o r a r e e im p a ra re u n m e st ie re . C h e c o sa b iso g n a v a f a r e ? C e r ­ca re le s t r a d e d i u n n u o v o in se g n a m e n to , d i n u o v i m e to d i e

c o n te n u ti?Jean-frantoi s C o s a ch e a v re b b e , in u lt im a a n a lis i , m i­

g lio r a to il r e n d im e n to d e lle s t r u t tu re e s is te n t i e fo r m a to

d e lle p e r so n e p e r il s is te m a .Philippe A ss o lu ta m e n te n o . S i p u ò im p a ra re u n a c u ltu ra

d iv e r sa in u n m o d o d iv e r s o sen z a r ic a sc a re n e l s is te m a . S e s i a b b a n d o n a l ’U n iv e r s it à d o p o a v e r le d a to u n p o ’ d i sco s-

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so n i, s i la s c ia in p ie d i u n ’o rg a n iz z a z io n e ch e c o n tin u e rà a fu n z io n a re e d a r ip r o d u r s i p e r fo r z a d ’in e rz ia f in ta n to c h é n o n s i p r o p o r r à n u lla d i a b b a s ta n z a c o n c re to ch e p e rm e tta d i c o n q u is ta r e l ’a d e s io n e d i c o lo ro ch e n e so n o le v i t t im e .

michel foucault L ’U n iv e r s ità r a p p re se n ta v a l ’a p p a r a to is t i tu z io n a le ch e p e rm e tte v a a lla so c ie tà d i a s s ic u r a r s i il r i­c a m b io , tr a n q u il la m e n te e co n c o st i m in im i. I l d iso r d in e n e l­

l ’is t i tu z io n e u n iv e r s ita r ia , la s u a c o n d a n n a a m o r te — re a le o a p p a r e n te , p o c o im p o r ta — n o n h a n n o a f f a t t o le s o la v o ­lo n tà d i c o n se rv a z io n e d e lla so c ie tà la v o lo n tà d i r im a n e re se m p re u g u a le , d i r ip e te r s i . C h ie d e v a te ch e c o sa o c c o r re ­r e b b e fa r e p e r sp e z z a re q u e s to c ic lo d i r ip ro d u z io n e so c ia le d e l s is te m a . N o n s a r e b b e su ff ic ie n te s o p p r im e re l ’U n iv e r s i­tà o g e t ta r la n e l c a o s : o c c o rre re b b e q u in d i r iv o lg e r s i an ch e a lle a lt re fo r m e d i re p re s s io n e .

jean-pierre A l c o n tra r io d i P h il ip p e , io n o n c re d o m o l­to a d u n t ip o d i in se g n a m e n to « d iv e r so » . M i in te r e s s e r e b ­b e , a l c o n tra r io , ch e l ’U n iv e r s ità in v e r t is se la p r o p r ia fu n z io ­

n e s o t to la p r e s s io n e d e i r iv o lu z io n a r i, ch e c o n tr ib u is s e c o s ì a d e c o n d iz io n a re , a d is tr u g g e r e i v a lo r i e le co n o sc e n z e a c ­q u is ite . C ’è d ’a lt r a p a r te u n n u m e ro c re sc e n te d i p r o fe s so r i d a p o t e r in se r ire in q u e s to t ip o d i a t t iv i tà .

frédéric S e an ch e v a n n o in p o r t o , le e sp e r ie n z e d i q u e ­s to t ip o r im a n g o n o p e r ò iso la te . N o n c o n o sc o a lt r i s e n o n

S é n ik , q u a n d o in se g n a v a f i lo s o f ia a B e r g so n n e l 1 9 6 9 , ch e s ia r iu sc ito a f a r s a l ta r e il ru o lo s te s so d e l l ’in se g n a n te e d e l

s a p e re . M a è s t a to ra p id a m e n te is o la to , ta g lia to fu o r i . L ’i ­s t itu z io n e u n iv e r s ita r ia p o s s ie d e a n co ra d e i m e c c a n ism i d i d ife s a p o te n t i . R im a n e in g r a d o d i a s s im ila re m o lte c o se e d i e lim in a re i c o r p i e s t r a n e i n o n in te g ra b il i .

V o i p a r la te c o m e se l ’U n iv e r s ità fr a n c e se p r im a d e l m a g ­g io 1 9 6 8 f o s s e s t a t a a d a t ta a d u n a so c ie tà in d u s t r ia le co m e la n o s tr a . A m io a v v is o , n o n e ra a f fa t t o c o s ì r e d d it iz ia , c o s ì fu n z io n a le , e ra a n c o ra tr o p p o a rca ica . I l m a g g io h a e f f e t t i ­v a m e n te sp a z z a to v ia i v e cc h i q u a d r i is t i tu z io n a li d e l l ’in se ­g n a m e n to su p e r io r e : m a il b ila n c io è p o i c o s ì n e g a t iv o p e r

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la c la s se d ir ig e n te ? L e h a p e rm e ss o d i r ic o s tru ire un m m c ih .i m o lto p iù a d e g u a to . D i te n e r fu o r i le « G r a n d e s I s o l e . - ,

p e zz o fo r te d e lla se le z io n e te c n o c ra t ic a . D i c re a re un e m i r o co m e D a u p h in e , la p r im a b u s in e s s sc h o o l a l l ’am eric im .i .ipet ta in F ra n c ia . In f in e , d a tre an n i a q u e s ta p a r te , la c o n te s ta z io n e v ie n e c o n fin a ta a V in c e n n e s e in a lcu n i d ip a r t im e n ti d i N a n te r r e , sac ch e u n iv e r s ita r ie se n z a a lc u n a in flu e n z a su l s is te m a e se n z a sb o c c h i: u n a m a s s a e n tro cu i so n o s ta t i in ­tr a p p o la t i i p e sc io lin i g a u c h is te s . L ’U n iv e r s ità e lim in a le p r o p r ie s t r u t tu re a rca ich e e s i a d e g u a c o n c re ta m e n te a lle e sig e n z e d e l n e o c a p ita l ism o ; s a r e b b e q u e s to il m o m e n to d i sc e n d e re d i n u o v o in c a m p o .

michel foucault M o r te d e l l ’U n iv e r s it à : io p r e n d e v o l ’e sp r e s s io n e n e l s u o s ig n if ic a to p iù su p e r f ic ia le . I l m a g g io 1 9 6 8 h a u c c iso l ’in se g n a m e n to su p e r io re n a to n e l l ’8 0 0 , q u e ­s to s tra n o in s ie m e d i is t i tu z io n i ch e tr a s fo r m a v a u n a p ic c o la p a r te d i g io v a n i in é lite so c ia le . R im a n g o n o i g ra n d i m e c c a ­n ism i s e g re t i , m e d ia n te i q u a li u n a so c ie tà t r a sm e tte il p r o ­p r io sa p e re e si t r a m a n d a e s s a s te s s a s o t to le se m b ia n z e d e l sa p e re : so n o se m p re là , g io r n a li , te le v is io n e , sc u o le te cn ic h e ed i lic e i a n c o r p iù d e l l ’U n iv e r s ità .

serge N e i lic e i l ’o rg a n iz z a z io n e r e p r e s s iv a n o n è s ta ta in ­tacc a ta . L a s c u o la è m a la ta . M a c ’è so lo u n a m in o ra n z a

ch e se n e re n d e c o n to e lo r if iu ta .ALAIN E n e l n o s t r o lic e o la m in o ra n z a p o lit ic iz z a ta d i d u e

0 tre an n i f a o g g i è s c o m p a r sa .jean-francJOIS E i capelli lunghi hanno ancora un qual­

ch e significato?Alain A ss o lu ta m e n te n o ; an ch e i d a m e r in i s i so n o la sc ia t i

c re sc ere i c a p e lli .jE A N -FR A N gois E la d r o g a ?

serge N o n r a p p re s e n ta u n fe n o m e n o di p e r se s te s s a . P e r1 lic e a li ch e la p r e n d o n o ra p p re se n ta u n a b b a n d o n o to ta le d e ll ’id e a d e lla c a r r ie ra . I l ic e a li p o lit ic iz z a t i p ro se g u o n o g li s tu d i , q u e ll i ch e s i d r o g a n o n e e sco n o c o m p le ta m e n te .

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Michel foucault L a lo t t a a n tid ro g a è un p r e t e s t o p e r a u m e n ta re la r e p re s s io n e so c ia le : o p e ra z io n e d i p o liz ia , m a an ch e e sa lta z io n e d e l l ’u o m o n o rm a le , ra z io n a le , c o sc ie n te e in se r ito . S i r it r o v a q u e s ta im m a g in e t ip o a tu tt i i l iv e ll i . D a te u n ’o c c h ia ta a France-Soir d i o g g i ch e r ip o r ta q u e s to t i to lo : il 5 3 % d e i F r a n c e s i fa v o r e v o le a lla p e n a d i m o rte , c o n tro il 3 8 % d e l m e se sc o r so .

j e a n -f r A N fo i s P u ò d a r s i ch e d ip e n d a an ch e d a lla r iv o lta

n e l carce re d i C la ir v a u x ?michel foucault E v id e n te m e n te . S i c o lt iv a il te r ro re

d e l c r im in a le , s i u s a la m in a c c ia d e l m o s tr o p e r r a f fo r z a r e q u e s ta id e o lo g ia d e l b e n e e d e l m a le , d e l le c ito e d e l l ’i l le c ito ch e la sc u o la d i o g g i n o n o sa t r a sm e tte re co n la s te s s a s ic u ­rezza d i u n a v o lt a . L e s te s s e c o se ch e il p r o fe s so r e d i f i lo ­s o f ia n o n o s a p iù a f fe r m a r e n e l su o lin g u a g g io c o n to r to , v e n ­g o n o p ro c la m a te se n z a c o m p le s s i d a l g io rn a lis ta . V o i m i d ir e ­te : è se m p re s ta to c o s ì , i g io r n a lis t i e i p r o fe s so r i d i filo s- f ia so n o se m p re s ta t i f a t t i p e r d ire le s te s se c o se . M a o g g i i g io rn a lis t i so n o sp in t i , so n o in v ita t i , so n o o b b lig a t i a d ir le , co n se m p re m a g g io r fo r z a e co n se m p re m a g g io r in s is te n z a , d i p a r i p a s s o c o l f a t t o ch e i p r o fe s so r i p o s so n o d ir le se m p re

m en o .

V o g lio r a c c o n ta rv i u n a s to r ia . L a r iv o lta d i C la ir v a u x h a p ro v o c a to u n a se t t im a n a d i r a p p re sa g l ie in tu tte le ca rc e r i. Q u a e là i se c o n d in i h a n n o r o t to il m u so a i d e te n u ti , in p a r ­tic o la re a F le u ry -M é ro g is , il c a rc e re g io v a n ile . L a m a d re d i u n d e te n u to è v e n u ta a c e rc a rc i; so n o s ta to con le i a l l ’RTL p e r ce rcare d i fa r p u b b lic a r e la su a te s tim o n ia n z a . C i h a r ic e v u ti u n g io r n a lis ta , ch e c i h a d e t to : « N o n m i s tu p isc o , p e rc h é i seco n d in i so n o g iu n t i p r e s s ’a p o c o a llo s te s so l iv e llo d i d e ­g en e raz io n e d e i d e te n u t i » . S e u n p r o fe s so r e p a r la s s e c o s ì in u n lice o p r o v o c h e r e b b e u n a p ic c o la so m m o ssa o s i p r e n d e ­

re b b e u n c e ffo n e .

Philippe E ffe t t iv a m e n te u n p r o fe s so r e n o n p a r le r e b b e c o s ì : m a è p e rc h é n o n p u ò p iù fa r lo , o p p u re p e rc h é lo d ir e b ­b e in altro modo, ch e è p o i il su o r u o lo ? S e c o n d o le i , co m e

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b iso g n a lo t t a r e c o n tro q u e s ta id e o lo g ia , e c o n tro i m ec ca ­n ism i d e lla r e p r e s s io n e , a l d i là d e lle p e t iz io n i e d e lle az io n i r i fo r m is te ?

m i c h e l f o u c a u l t P e n so ch e a z io n i sp e c if ic h e e lo c a li p o s s a n o a n d a re m o lto lo n ta n o . C o n s id e r a te l ’a z io n e d e l g i p

(G r u p p o d ’in fo r m a z io n e su lle p r ig io n i) d u ra n te l ’u lt im o a n ­n o . I su o i in te rv e n ti n o n si p r o p o n e v a n o co m e sc o p o s o l­ta n to ch e le v i s i te a i c a rc e ra t i p o te s s e r o d u ra re tr e n ta m i­

n u t i, o ch e le ce lle v e n is se ro d o ta te d i sc ia c q u o n e . M a s i p r o p o n e v a n o d i m e tte re in d isc u ss io n e la d is t in z io n e s te s s a , so c ia le e m o ra le , fr a in n o c en ti e c o lp e v o li . P e r f a r sì ch e q u e s ta p r o p o s ta n o n r im a n g a su l p ia n o f i lo s o f ic o o p u r a ­m e n te u m a n ita r io , o c c o rre co n cre t iz z ar la n e l l ’a z io n e , in s i­tu a z io n i b e n d e te rm in a te . A p r o p o s i to d e l s is te m a c a rc e ra ­r io , l ’u m a n is ta d ir e b b e : « i c o lp e v o li so n o c o lp e v o li e g li in ­n o c e n ti in n o c e n ti. R e s ta tu t ta v ia ch e il c o n d a n n a to è u n u o m o c o m e tu tt i g li a lt r i e ch e la so c ie tà d e v e q u in d i r i­

sp e t ta r e q u a n to d i u m a n o v i è in lu i : d i c o n se g u e n z a , sc ia c ­

q u o n i! » L a n o s t r a a z io n e in v ece n o n ce rca l ’a n im a o l ’u o m o dietro il c o n d a n n a to , m a ce rca d i c a n c e lla re q u e s to so lc o

p r o fo n d o f r a l ’in n o c en z a e la c o lp e v o le z z a . È la d o m a n d a ch e p o n e v a G e n e t a p r o p o s i to d e lla m o rte d e l g iu d ic e d i S o le d a d o d i q u e l l ’a e re o d ir o t ta to d a i P a le s t in e s i in G io r d a n ia . I g io r ­n a li v e r sa v a n o la c r im e su l g iu d ic e e su q u e g li s fo r tu n a t i t u ­r is t i s e q u e s t r a t i in p ie n o d e se r to sen z a u n a ra g io n e a p p a r e n ­

te ; G e n e t d ic e v a : « U n g iu d ic e s a r e b b e in n o c e n te ? e u n a s i­g n o ra a m e ric a n a ch e h a d e n a ro su ffic ie n te p e r fa r e la tu r is ta in q u e l m o d o ? »

P h i l i p p e C iò s ig n if ic a ch e v o i c e rc a te p r im a d i tu t to d i c a m b ia re la c o sc ie n z a d e lle p e r so n e e t r a sc u r a te , p e r a d e s ­so , la lo t t a c o n tro le is t i tu z io n i p o lit ic h e e d e c o n o m ic h e ?

m i c h e l f o u c a u l t M i a v e te c a p ito m a le . S e s i t r a t t a s s e se m p lic e m e n te d i to c c a re la co sc ien z a d e lla g e n te , b a s te re - b e p u b b lic a re d e i g io r n a li e d e i l ib r i , o lu s in g a re u n r e g is ta d e lla r a d io o d e lla te le v is io n e . N o i v o g lia m o a tta c c a re l ’i s t i ­tu z io n e f in o a l p u n to in cu i e s s a c u lm in a e s ’in c a rn a in

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u n ’id e o lo g ia se m p lic e e fo n d a m e n ta le c o m e le n o z io n i d i

b e n e , d i m a le , d i in n o c en z a , d i co lp e v o le z z a . V o g l ia m o c a m ­b ia r e q u e s ta id e o lo g ia v i s s u ta a t t r a v e r so lo s p e s s o r e d e l f i l t r o is t i tu z io n a le d i c u i è r iv e s t i ta , e g ra z ie a l q u a le s i è c r is ta l liz z a ta e r ip r o d o t ta . P e r se m p lif ic a re , l ’u m a n e s im o c o n ­s is te n e l v o le r c a m b ia re il s is te m a id e o lo g ic o se n z a to cca re l ’ i s t i tu z io n e ; il r i fo rm ism o n e l c a m b ia re l ’is t i tu z io n e sen za to c c a re il s is te m a id e o lo g ic o . L ’az io n e r iv o lu z io n a r ia s i d e f i­n isc e a l c o n tra r io co m e u n o sc u o tim e n to s im u lta n e o d e lla c o ­

sc ie n z a e d e l l ’is t i tu z io n e ; il ch e p r e su p p o n e ch e s i c o lp isc a n o i r a p p o r t i d i p o te r e d i c u i e s s e so n o lo s tr u m e n to , l ’a rm a ­tu ra , l ’in te la ia tu ra . C r e d e te fo r s e ch e s i p o t r à in se g n a re la f i lo s o f ia n e llo s te s s o m o d o , e c o s ì p u re il s u o c o d ic e m o ra le ,

se s p r o fo n d a il s is te m a p e n a le ?

j e a n -p i e r r e E in v e r sa m e n te , s i p o t r e b b e r o m e tte re le

p e r so n e in g a le ra a llo s te s s o m o d o d i a d e s s o , s e l ’in se g n a ­m e n to fo s s e in te ra m e n te s c o n v o lto ? È im p o r ta n te n o n r e s t a ­re l im ita t i a d u n so lo se t to re , se n o l ’az io n e r isc h ia a lla fin e

d i im p a n ta n a r s i n e l r ifo r m ism o ; b e n s ì p a s s a r e d a lla s c u o la a lle ca rc e r i, d a lle ca rc e r i a g li o sp e d a li p s ic h ia tr ic i .. . D ’a ltro n d e è an ch e q u e s ta la v o s t r a in te n z io n e ?

michel foucault A b b ia m o e ffe t t iv a m e n te in iz ia to a

in te rv e n ire n e g li o s p e d a l i p s ic h ia tr ic i. C o n m e to d i s im ili a q u e ll i u t il iz z a t i p e r le c a rc e r i: u n a so r ta d i in c h ie s ta - lo tta re a liz z a ta , p e r lo m e n o in p a r te , d a q u e ll i s t e s s i cu i l ’in c h ie s ta è r iv o lta . I l ru o lo r e p r e s s iv o d e ll ’o sp e d a le p s ic h ia tr ic o è c o ­n o sc iu to : v i s i r in c h iu d e la g e n te e la s i s o t to p o n e a u n a te ­r a p ia — ch im ic a o p s ic o lo g ic a — su lla q u a le e s s a n o n h a a lcu n c o n tro llo , o p p u r e a u n a n o n -te ra p ia , ch e s i c h ia m a c a m ic ia d i fo rz a . M a la p s ic h ia tr ia sp in g e le su e r a m ific a z io n i b e n p iù lo n ta n o , ra m if ic a z io n i ch e r it ro v ia m o n e g li a s s is te n t i so c ia li, n e g li sp e c ia l is t i d e l l ’o r ie n ta m e n to p r o fe s s io n a le , n eg li p s ic o ­lo g i s c o la s t ic i , n e i m e d ic i ch e s i o c c u p a n o d i p s ic h ia tr ia s e t ­to r ia le : tu t t a q u e s ta p s ic h ia tr ia d e lla v i ta q u o t id ia n a ch e c o s t itu is c e u n a sp e c ie d i s tru m e n to d i r in c a lz o d e lla r e p r e s ­s io n e e d e lia p o liz ia . Q u e s ta in filtraz io n e s i e ste n d e n e lle n o ­

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s tr e so c ie tà , se n z a c o n ta re l ’in flu e n z a d e g li p s ic h ia tr i d e lle ru b r ic h e d e i g io rn a li , ch e d if fo n d o n o i lo r o c o n sig li. L a p sico - p a to lo g ia d e lla v i ta q u o t id ia n a r iv e la fo r se l ’in c o n sc io d e l d e ­s id e r io ; la p s ic h ia tr iz z a z io n e d e lla v i ta q u o t id ia n a , se la s i a n a liz z a sse d a v ic in o , r iv e le re b b e fo r s e l ’in v is ib i l i t à d e l p o ­te re .

j e a n -f r a n <j o i s A q u a le l iv e llo c o n ta te d i a g ir e ? V e la

p re n d e re te co n g li a s s is te n t i so c ia l i?mchel foucault N o .. . V o rre m m o la v o ra re co n d e i l i ­

c e a li, d e g li s tu d e n t i , d e lla g e n te d e lla s c u o la v ig i la ta , tu t t i in d iv id u i ch e so n o s ta t i s o t t o p o s t i a lla r e p re s s io n e p s ic o lo ­g ic a o p s ic h ia tr ic a n e lla sc e lta d e i lo r o s tu d i , n e i lo r o r a p ­p o r t i co n la fa m ig lia , n e lla s e s su a lit à o a p r o p o s i to d e lla d ro g a . C o s to r o co m e so n o s ta t i r ip a r t i t i , in q u a d r a t i , se le z io ­n a ti, e sc lu s i in n o m e d e lla p s ic h ia tr ia e d e l l ’u o m o n o rm a le , v a le a d ire in n o m e d e l l ’u m a n e s im o ?

jEAN-FRANgois E l ’antipsichiatria, il lavoro all’interno del­l’ospedale psichiatrico assieme agli psichiatri, è cosa che non vi interessa?

michel FOUCAULT È q u e s to u n c o m p ito ch e g li p s ic h ia ­

tr i so n o i so l i a p o t e r s v o lg e re n e lla m isu ra in cu i l ’in g r e s so n e ll ’o sp e d a le n o n è l ib e r o . B iso g n a tu t ta v ia fa r e a tte n z io n e : il m o v im e n to d e l l ’a n t ip s ic h ia t r ia , ch e s i c o n tra p p o n e a lla n o ­

z io n e d i « a sy lu m » , n o n d e v e p o r ta r e ad e sp o r ta r e la p s i ­c h ia tr ia a l l ’e s te rn o c o n la m o ltip lic a z io n e d e g li in te rv e n ti n e l­la v i ta q u o tid ia n a .

frédéric L a s itu a z io n e n e lle p r ig io n i è a p p a re n te m e n te p e g g io re , d a l m o m e n to ch e n o n v i e s is to n o a ltr i r a p p o r t i se n o n q u e llo d e l c o n f li t to f r a le v it t im e e g li a g e n ti d e lla r e ­p re s s io n e : « p r o g r e s s is t i » d a a ttra r re v e r so il m o v im e n to n o n so n o re p e r ib il i . N e l l ’o sp e d a le p s ic h ia tr ic o a l c o n tra r io

d e lla lo t t a n o n s i so b b a r c a n o le v i t t im e b e n s ì g li p s ic h ia tr i : g li a g e n ti d e lla r e p r e s s io n e lo t ta n o c o n tro la re p re s s io n e . M a q u e s to è re a lm e n te u n v a n ta g g io ?

michel foucault N o n n e so n o s ic u ro . A d if fe re n z a d e lle r iv o lte d i p r ig io n ie r i , il r i f iu to d e l l ’o sp e d a le p s ic h ia tr i­

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c o d a p a r te d e l m a la to tr o v e r à sen z a d u b b io m o lta d if f ic o lt à a d a f fe r m a r s i co m e u n r if iu to c o lle t t iv o e p o lit ic o . I l p r o b le ­m a è q u e llo d i s a p e r e se d e i m a la t i s o t t o p o s t i a lla s e g r e g a ­z io n e d e l m a n ic o m io p o s s o n o r iv o lta r s i c o n tro l ’is t i tu z io n e e f in a lm e n te d e n u n c ia re la d isc r im in a z io n e s te s s a ch e l i h a d e s ig n a t i e d e sc lu s i co m e m a la t i m e n ta li. L o p s ic h ia tr a B a ­sa g lia h a te n ta to in I t a l ia e sp e r im e n ti d i q u e s to g e n e re : e g li r iu n iv a a m m a la t i , m e d ic i e p e r so n a le o s p e d a lie ro . N o n si t r a t­ta v a d i r ifa re u n so c io d ra m m a d u ra n te il q u a le o g n u n o a- v r e b b e fa t t o u sc ire i su o i fa n ta sm i e r e in te rp re ta to la sc e n a p r im it iv a , b e n s ì d i p o r r e la d o m a n d a : le v it t im e d e l m a n ic o ­m io in tra p re n d e ra n n o u n a lo t t a p o lit ic a c o n tro la s t r u t tu r a so c ia le ch e li d e n u n c ia c o m e p a z z i? G l i e sp e r im e n ti d i B a ­

sa g l ia so n o s ta t i b ru ta lm e n te v ie ta t i .

frédéric L a distinzione fra normale e patologico è ancora più forte di quella fra colpevole e innocente.

Michel foucault O g n u n a ra ffo rz a l ’a lt ra . Q u a n d o n o n è p iù p o s s ib i le e n u n c ia re u n g iu d iz io in te rm in i d i b e n e e d i m a le , lo s i e sp r im e in te rm in i d i n o rm a le e d i a n o rm a le . E q u a n d o s i d e v e d a re u n a g iu s t if ic a z io n e a q u e s t ’u lt im a d i­s tin z io n e , s i r ito rn a a d e lle c o n sid e ra z io n i su c iò ch e è b u o ­n o o n o c iv o p e r l ’in d iv id u o . S i t r a t ta d i m a n ife s ta z io n i d i u n d u a lism o ch e è c o st itu z io n a le n e lla co sc ie n z a o c c id e n ta le .

P iù in g e n e ra le , c iò s ig n if ic a ch e il s is te m a n o n lo s i c o m ­b a t te u n p e z z e tto a lla v o lt a : n o i d o b b ia m o e s se r e p r e se n t i su tu tt i i f r o n t i , U n iv e r s it à , p r ig io n i, p s ic h ia tr ia , n o n c e r to n e llo s te s so is ta n te ( le n o s t r e fo rz e n o n so n o a n c o ra s u f f i ­c ie n ti) , m a d i v o lt a in v o lta . S i b a t te , s i p e s ta c o n tro g li o s t a ­co li p iù so l id i : il s is te m a s i s c re p o la in u n a lt ro p u n to , s i in s is te , s i c re d e d i a v e r v in to e l ’is t i tu z io n e s i r ic o s t itu is c e p iù lo n ta n o , a llo ra c i s i r ip r o v a . È u n a lo t t a lu n g a , r ip e t i t iv a , in co e re n te in a p p a r e n z a : la su a u n ità le v ie n e d a ta p r o p r io d a l s is te m a e d a l p o te r e ch e a t t r a v e r so d i e s so s i e sp r im e .

Alain D o m a n d a b a n a le , ch e p e rò n o n si p o tr à e te r n a ­m e n te s c a n sa re : ch e c o sa m e tte re a l p o s to d i q u e s to s i s t e m a ?

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M i c h e l f o u c a u l t I o p e n so ch e im m a g in a re un a ltro s is te m a è c o sa ch e a ttu a lm e n te f a a n c o ra p a r te d e l s is te m a F o r s e è p r o p r io q u a n to è a c c a d u to n e lla s to r ia d e l l ’U n io n e s o ­v ie t ic a : le is t i tu z io n i a p p a re n te m e n te n u o v e so n o s ta te d i f a t ­to c o n c e p ite a p a r t ir e d a e le m e n ti p r e s i in p r e s t i to d a l s i­s te m a p re c e d e n te . R ic o s t itu z io n e d i u n e se rc ito r o s s o r i­c a lc a to su l m o d e llo z a r is ta , r ito rn o al r e a lism o a r t is t ic o , ad

u n a m o ra le fa m il ia re t ra d iz io n a le : l ’U n io n e so v ie t ic a è r ic a ­sc a ta in n o rm e is p ir a te a lla so c ie tà b o r g h e se d e l x i x s e c o lo , p iù p e r u to p is m o , fo r se , ch e n o n p e r ad e re n z a a lle re a ltà .

FRÉDÉRic L e i n o n h a ra g io n e in te ra m e n te . I l m a r x ism o si e ra d e f in ito , co m e so c ia l ism o sc ie n tif ic o in c o n tr a p p o s iz io ­n e a l so c ia l ism o u to p is t ic o . E s s o s i e ra r i f iu ta to d i p a r la r e d e lla so c ie tà fu tu r a . I l p o te r e so v ie t ic o è s ta to tr a sc in a to d a i p r o b le m i co n c re t i, d a lla g u e r ra c iv ile . B iso g n a v a v in c e re la g u e r r a , f a r fu n z io n a re le fa b b r ic h e : s i fe c e r ic o r so a i so li m o d e lli d isp o n ib il i e im m e d ia ta m e n te e ff ic a c i, la g e ra rc h ia m ilita re , il s is te m a T a y lo r . S e l ’U n io n e so v ie t ic a h a co sì p r o ­

g re s s iv a m e n te a s s im ila to le n o rm e d e l m o n d o b o r g h e se , è p r o b a b ilm e n te p e rc h é n o n n e a v e v a d i a lt re a d isp o s iz io n e . Q u i n o n è in g io c o l ’u to p ia , m a p r o p r io la su a a sse n z a . L ’u t o ­p ia h a fo r s e u n ru o lo d i fo rz a m o tr ic e ch e d e v ’e s se r e m e s sa in c a m p o .

JE A N -F r a n c o i s L ’a t tu a le m o v im e n to a v re b b e b iso g n o d i u n ’u to p ia , e d i u n a r if le s s io n e te o r ic a , ch e o ltr e p a s s in o l ’a m ­b ito d e lle e sp e r ie n z e v i s s u t e , in d iv id u a li e r e p re s se .

m i c h e l f o u c a u l t E se s i d ic e s se il c o n tra r io : ch e o c c o r­

re r in u n c ia re a lla te o r ia e a l d is c o r so g e n e ra le . Q u e s to b i s o ­g n o d i te o r ia f a a n c o ra p a r te d i q u e s to s is te m a co n c u i si v u o le ch iu d e re la p a r t i t a .

j e a n -f r a n ^ o i s L e i c re d e ch e il se m p lice fa t t o d i f a r r i­c o r so a lla te o r ia h a a n c o ra a ch e v e d e re co n la d in a m ic a d e lla c u ltu ra b o r g h e se ?

m i c h e l f o u c a u l t S i , fo r se . I n c a m b io , io c o n tra p p o rre i l ’e sp e r ie n z a a l l ’u to p ia . L a so c ie tà fu tu r a s i p u ò f o r s e t r a t te g ­g ia re a t t r a v e r s o e sp e r ie n z e co m e la d r o g a , i l s e s so , la v i ta

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c o m u n ita r ia , u n ’a lt r a c o sc ie n z a , un a ltro t ip o d i in d iv id u a l i­tà . . . S e il s o c ia l ism o sc ie n tif ic o è sc a tu r ito d a l su p e ra m e n to d e lle utopie d e l x i x s e c o lo , la so c ia liz z a z io n e re a le sc a tu r irà fo r se , n e l x x s e c o lo , d a lle esperienze.

jEAN-PRANgois E l ’esperienza del maggio ’68, indubbia­mente, l’esperienza di un potere. M a essa già presupponeva un discorso utopistico: il maggio significava occupare uno spazio con un certo discorso...

Philippe . . .D isc o r so ch e r e s ta v a in su ff ic ie n te . L a r if le s s io ­n e g a u c h is te a n te c e d e n te n o n c o r r isp o n d e v a se n o n in m a n ie ­ra s u p e r f ic ia le a lle a sp ir a z io n i ch e v e n iv a n o l ib e r a n d o s i . I l m o v im e n to s a r e b b e fo r s e a n d a to m o lto p iù lo n ta n o s e fo s s e s ta to so s te n u to d a u n a r if le s s io n e ch e g li a v e s s e fo r n i to le su e p r o s p e t t iv e .

michel foucault N o n n e so n o p e r su a so . M a Je a n -F ra n - p o is h a ra g io n e d i p a r la r e d e l l ’e sp e r ie n z a d i u n p o te r e . È d i

im p o r ta n z a c a p ita le il f a t t o ch e d e c in e d i m ig lia ia d i p e r s o ­

n e a b b ia n o e se r c it a to u n p o te r e ch e n o n a v e v a a s s u n to la fo r m a d e l l ’o rg a n iz z a z io n e g e ra rc h ic a . E s s e n d o il p o te r e so l­ta n to , e p e r d e f in iz io n e , c iò ch e la c la s se a l p o te r e a b b a n ­d o n a m en o fa c i lm e n te e tie n e a r e c u p e ra re p r im a d i o g n i a l­tra c o sa , l ’e sp e r ie n z a h a p o tu to re g g e re , p e r q u e s ta v o lt a , n o n p iù d i q u a lc h e se t t im a n a .

Philippe S e h o b e n c a p ito , le i p e n sa an ch e ch e è in u tile o p r e m a tu r o r ic re a re d e i c irc u it i p a r a l le li , c o m e le u n iv e r s i­tà l ib e re n e g li S t a t i U n it i , sp e c ie d i d o p p io n i ch e a ff ia n c a n o le is t i tu z io n i c o n tro c u i s i c o m b a tte .

michel foucault S e v o i v o le te ch e a l p o s to d e lla s te s s a is t i tu z io n e u f f ic ia le u n ’a ltr a is t i tu z io n e p o s s a a d e m p i­re a lle s te s s e fu n z io n i, m e g lio e in m o d o d iv e r s o , v o i s ie te g ià r ia s s o r b it i n e lla s t r u t tu r a d o m in a n te .

jEAN-FRANgois Io non arrivo a credere che il movimento debba arrestarsi alla tappa attuale, a questa ideologia del- l'underground così vaga, così slegata, che si rifiuta di addos­sarsi il più piccolo lavoro sociale ed il più piccolo servizio comune a partire dal momento in cui essi vanno al di là

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d e l l ’im m e d ia to a m b ie n te c irc o s ta n te . A q u e s to l iv e llo , i g r u p ­

p i r e s ta n o in c a p a c i d i a s su m e re l ’in s ie m e d e lla so c ie tà , o p e r ­f in o d i co n c e p ire la so c ie tà c o m e u n in s ie m e .

michel foucault V o i v i ch ie d e te se u n a so c ie tà g lo b a ­le p o t r e b b e fu n z io n a re p a r te n d o d a e sp e r ie n z e c o s ì d iv e r g e n ­t i e d is p e r s e , p r iv e d i u n d is c o r s o g e n e ra le d ie tr o . I o c re d o a l c o n tra r io ch e s ia l ’id e a s t e s s a d i u n « in s ie m e d e lla so c ie ­tà » a tra rre la p r o p r ia o r ig in e d a l l ’u to p ia . Q u e s ta id e a è n a ta n e l m o n d o o c c id e n ta le d e n tro q u e lla lin e a s to r ic a b e n sp e c if ic a ch e h a a v u to c o m e sb o c c o il c a p ita l ism o . P a r la r e d i u n « in s ie m e d e lla so c ie tà » a l d i fu o r i d e l l ’u n ic a fo r m a

in cu i n o i lo c o n o sc ia m o , s ig n if ic a so g n a re p a r te n d o d a g l i e le ­m e n ti d e lla v e g lia . S i c re d e fa c i lm e n te ch e ch ie d e re a d e lle e sp e r ie n z e , a z io n i, s t r a te g ie , p r o g e t t i d i te n e r c o n to d e l l ’ « in ­

sie m e d e lla so c ie tà » , s ia i l m in im o ch e p o s s a e s s e r e lo r o ch ie s to . I l m in im o r ic h ie s to p e r e s is te re . I o p e n so in v e c e ch e

s ig n ific h i c h ie d e r lo r o il m a s s im o ; ch e s ig n ific h i p e r f in o im ­

p o r r e lo r o u n a co n d iz io n e im p o s s ib i le : « l ’in s ie m e d e lla s o ­c ie tà » fu n z io n a in fa t t i p re c isa m e n te e p r o p r io in m a n ie ra ta le e d a llo s c o p o ch e e s s i n o n p o s s a n o n é a v e r lu o g o , n é r iu sc ire , n é p e rp e tu a r s i . « L ’in s ie m e d e lla so c ie tà » è c iò d i cu i a p p u n to n o n b iso g n a te n e re c o n to , se n o n c o m e d e l l ’ob-

b ie t t iv o ch e s i d e v e d is tr u g g e r e . P o i , sp e r ia m o b e n e ch e n o n e s is te r à p iù n u lla ch e a s so m ig l i a ll ’in s ie m e d e lla so c ie tà .

frédéric I I m o d e llo so c ia le d e l l ’O c c id e n te s i è u n iv e r­sa liz z a to c o m e u n « in s ie m e d e lla so c ie tà » in c a rn a to d a llo s ta to : n o n p e rc h é fo s s e i l m ig lio re , m a se m p lic e m e n te p e r ­ch é e ra d o ta to d i u n a p o te n z a m a te r ia le e d i u n ’e ff ic a c ia

su p e r io r i. I l p r o b le m a è ch e f in o a d o g g i tu tte le r iv o lte v i t ­to r io se c o n tro q u e s t o s is te m a n o n so n o p o tu te r iu sc ire se n o n fa c e n d o r ic o r so a d e i t ip i d i o rg a n iz z az io n e a d e s s o p a ­ra g o n a b il i , o rg a n iz z a z io n i p a r t ig ia n e o s ta ta l i , ch e s i c o n tra p ­p o n e v a n o p u n to p e r p u n to a lle s t r u t tu re d o m in a n ti e p e r ­m e tte v a n o c o s ì d i p o r r e la q u e st io n e c e n tra le d e l p o te r e . V ie ­n e m e sso in c a u sa n o n so lo il le n in ism o , m a an ch e il m a o i­sm o : o rg a n iz z a z io n e e d e se rc ito p o p o la r i c o n tro o rg an izzaz io -

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n e e d e se rc ito b o r g h e s i , d it ta tu r a e s ta to p r o le ta r io .. . Q u e s t i s t ru m e n ti c o n c e p it i p e r la p r e s a d e l p o te re s i r it ie n e s c o m p a ­r ira n n o d o p o u n a t a p p a d i tra n s iz io n e . M a n o n è v e r o n u lla , c o m e h a d im o s t ra to l ’e sp e r ie n z a b o lsc e v ic a ; e la r iv o lu z io n e c u ltu ra le c in e se n o n li h a d is s o lt i to ta lm e n te . C o n d iz io n i d e l­la v i t to r ia , e s s i c o n se rv a n o u n a d in a m ic a lo ro p r o p r ia ch e si r iv o lta b e n p r e s to c o n tro q u e lle sp o n ta n e ità ch e e s s i c o n tr i­b u isc o n o a l ib e r a re . È q u e s ta u n a co n tra d d iz io n e ch e è fo r se la c o n tra d d iz io n e fo n d a m e n ta le d e l l ’az io n e r iv o lu z io n a r ia .

michel foucault C iò ch e m i c o lp isc e n e l v o s t r o r a ­g io n a m e n to è ch e e s s o v ie n e te n u to n e lla fo rm a d e l « f in o ad o g g i » . M a u n ’im p re sa r iv o lu z io n a r ia è ta le p re c isa m e n te in q u a n to d ir e t t a n o n so lta n to c o n tro il p re se n te , l ’o g g i , b e n s ì c o n tro la le g g e d e l « f in o a d o g g i » .

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Herbert Marcuse

H e r b e r t M a rc u se h a v i s s u t o le b a r r ic a te s p a r ta k is te d e l 1 9 1 9 e l ’a s s a s s in io d e lla C o m u n e d i B e r lin o d a p a r te d i u n g o v e rn o s o c ia l is ta , s i è sc o n tra to co l n a z ism o , h a g ir a to a t ­to rn o a llo s ta lin ism o sen z a p e r ò m a i ce d e re a d u n a f fa sc in a ­m e n to ch e h a tr a sc in a to , p e r p o i tr a v o lg e r le , t r e g e n e ra ­z io n i d i in te lle ttu a li m a r x is t i . N o n o s ta n te l ’e s ilio n e g li S ta t i U n it i e la g u e r ra f r e d d a , e g li s a lv a g u a r d a l ’id e a d i u n p e n ­s ie ro r iv o lu z io n a r io in d ip e n d e n te a lla c o n flu e n z a t r a M a r x e F r e u d , ch e v a a f fe r m a n d o s i a p a r t ir e d a g l i an n i c in ­q u a n ta : Eros e civiltà1 (B o s t o n 1 9 5 5 ) , Il marxismo sovieti­co'1 2 3 (N e w Y o r k 1 9 5 8 ) , L’uomo a una dimensione3 (B o s t o n 1 9 6 4 ) . M a rc u se fu u n o d e i p r im i a r iv a lu ta r e in u n a p r o s p e t ­tiv a ra d ic a le l ’a n a lis i d e i m e c c a n ism i e d e lle c o n tra d d iz io n i d e lle so c ie tà in d u s tr ia li a v a n z a te . D a l l ’a lt ro la to , m o lto p r i­m a d e lle d is il lu s io n i d e l c o n f li t to c in o -so v ie t ic o , d e l m a g g io 1 9 6 8 e d e lla C e c o s lo v a c c h ia , e g li an a lizza la m isu ra d e lla d e ­g e n e raz io n e d e l c o m u n iS m o p o s t- s ta l in ia n o : Il marxismo so­vietico sv e la il se n so e d il fu n z io n a m e n to d i u n s is te m a ch e r ico n d u ce il d is c o r s o r iv o lu z io n a r io al ra n g o d e l l ’id e o ­lo g ia : r a p p re se n ta z io n i e m e n z o g n e su llo s fo n d o d e l l ’o p p r e s ­s io n e .

N e l m a g g io 1 9 6 8 s i b isb ig l ia n e lle r e d a z io n i p a r ig in e ch e R u d i D u tsc h k e e D a n ie l C o h n -B e n d it h a n n o le t to u n c e r to H e r b e r t M a rc u se . « O s c u r o p r o fe s so r e d i f i lo s o f ia am eri-

1 Editore Einaudi, 1967.2 Guanda, 1968.3 Editore Einaudi, « Nuovo Politecnico », 1968.

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c a n o d i o r ig in e te d e sc a » , a g g iu n g e co n a r ia d i s u ff ic ie n z a F r a n c o is P o n c e t , m e m b ro d e l l ’A c c a d e m ia d i F r a n c ia . M a ce n ’è a b b a s ta n z a tu t ta v ia p e rc h é la F ra n c ia sc o p ra a s u a v o l­ta u n u o m o g ià c e le b re o v u n q u e , e g li a t t r ib u isc a — q u a s i p e r r ip a ra re a lla p re c e d e n te d is a t te n z io n e — u n ru o lo n e lla g e n e s i d e lle r iv o lte s tu d e n te sc h e ch e e g li s te s s o re sp in g e .

M a r c u s h a c o n d o tto n u m e r o s i d ib a t t i t i co n i r a p p re s e n ­ta n t i d e l g a u c h ism o te d e sc o . I n q u e llo ch e r ip o r t ia m o q u i s o t t o , H a n s M a g n u s E n z e n sb e r g e r , g io v a n e sc r it to re e m ili­ta n te , g li c o n tra p p o n e tu t to i l v ig o re d e lla su a o r to d o s s ia .

hans magnus Enzensberger D a l l ’E u r o p a , n o i a b b ia m o

a v u to l ’im p re ss io n e ch e la s itu a z io n e p o l it ic a a m e r ic a n a s i s ia p r o fo n d a m e n te a v v e le n a ta n e l c o r so d e g li u lt im i a n n i. C i r i fe r ia m o a lla d e te n z io n e p r e v e n t iv a e d a i p o l iz io t t i m an iac i

d e l g r i l le t to ; la s in is tr a a m e ric a n a h a p u b b lic a to d e lle l is te d i c a m p i d i co n c e n tra m e n to ch e n o n a sp e tte r e b b e r o a lt r o se n o n i lo r o « v is i ta to r i » ; q u a e là s i so s t ie n e ch e il D ip a r t i ­m e n to d i S ta to a v re b b e p e n s a to d i s o p p r im e re l ’e le z io n e p r e ­s id e n z ia le d e l 1 9 7 2 , e p e r f in o i l p r in c ip io s t e s s o d e ll ’e le z io n e ,

e ch e v i s a r e b b e r o s ta t i d e i s o n d a g g i in q u e s to s e n so p e r s a g g ia r e le re a z io n i d e l l ’o p in io n e p u b b lic a . I l s is te m a d i L a w a n d O r d e r s i id e n tif ic a p r o g r e s s iv a m e n te n e l su o c o n tra r io a p p a r e n te : la le g a lità s i c o n fo n d e co n il g a n g s te r ism o e l ’o r ­d in e co n l ’a r b it r io . È p o s s ib i le a l g io rn o d ’o g g i d is t in g u e re al p o l i t ic a d a l c r im in e , la m a f ia d a l g o v e r n o ? C o m e c a ra tte r iz ­z a re u n a s im ile e v o lu z io n e ?

Herbert MARCUSE G l i e se m p i ch e le i c i ta so n o in fa t t i m o lto s ig n ific a t iv i . P e r q u a n to r ig u a r d a i c a m p i d i c o n c e n tra ­m e n to , n o n m i se n to in g r a d o d i d a re u n g iu s id z io : io n o n l i h o v is t i . E n e p p u re s o se l ’a m m in is tr a z io n e accarezza l ’id e a d i so p p r im e re le e le z io n i. L a c o sa è a m io a v v iso p o c o p r o ­b a b ile : q u e s to g o v e rn o n o n h a n u lla d a te m e re d a lle u rn e . D i f a t t o , q u e l ch e s i t r a t t a d i s a p e r e è se il fa s c ism o re gn a n e g li S ta t i U n it i . S e c o n e s s o s i in te n d e la s c o m p a r sa , r a p id a o p r o g r e s s iv a , d e l l ’e r e d ità c o s t itu z io n a le , la fo rm a z io n e d i

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g r u p p i p a ra -m ilita r i q u a li i « M in u te m e n » , l ’a t tr ib u z io n e d i p o t e r i e c ce z io n a li a lla p o liz ia , in p a r t ic o la r e co n la « n o k n o c k

la w » , q u e s ta le g g e sc e lle ra ta ch e a b o lisc e l ’a n tic a in v io la b i­l i tà d e l d o m ic il io ; se s i e sa m in a n o le se n te n z e e m a n a te d a i t r ib u n a li n e l c o r so d e g li u lt im i a n n i, q u a n d o s i v ien e a s a ­p e re ch e tr u p p e sp e c ia l i , i « co u n te r- in su rg e ry c o r p s » , v e n ­g o n o a p p o s ita m e n te a d d e s tr a te in v is t a d i u n ’e v e n tu a le g u e r ­ra c iv i le ; se s i p re n d e in c o n s id e ra z io n e la c e n su ra q u a s i d i­re t ta ch e g ià p e s a su lla s ta m p a , la r a d io e l a te le v is io n e , a l­lo r a s i p u ò a g iu s to t i to lo p a r la r e d i u n fa s c is m o m o n ta n te . C e r to , io c o n o sc o l ’o b ie z io n e : le c r it ic h e r a d ic a li d e l s is te m a so n o m o lto m e g lio to lle ra te n eg li S t a t i U n it i ch e in a ltr i p a e s i , in F r a n c ia in p a r t ic o la re . I l f a t t o è ch e p r o v v is o r ia ­m e n te la so c ie tà a m e ric an a p u ò a n c o ra s o p p o r ta r e q u e s to t ip o d i c r it ic h e n e l m o m e n to in cu i e s se r e s ta n o p r iv e d i e f f e t t i im m e d ia t i.

hans magnus Enzensberger C e r t i e le m e n ti c o s t itu t iv i d e l fa sc ism o - p e r lo m e n o n e lla s u a fo r m a c la s s ic a - m an c an o

a n c o ra : a d e se m p io , u n « F ü h r e r » c a r ism a t ic o . P e n sa ch e g e n te c o m e N ix o n , A g n e w o R e a g a n a b b ia n o la s to f fa d e l p e r s o n a g g io ? F in o a d o ra , l ’a p p e llo d ir e t to a lle m a sse n on h a a s s u n to g li a sp e tt i ch e a b b ia m o c o n o sc iu to n e lla G e r m a ­n ia h it le r ia n a o n e l l ’I ta l ia m u sso lin ia n a .

Herbert marcuse N o n p e n s o ch e u n « F ü h r e r » s ia in ­d isp e n sa b i le a l fa s c is m o c o n te m p o ra n e o . C o s ì c o m e o g n i m o ­v im e n to e d o g n i o p p r e s s io n e , il fe n o m e n o fa s c is ta d ip e n d e

d a llo s ta to d e lla so c ie tà g lo b a le . I l f a s c is m o a m e r ic a n o si d i­s t in g u e r à d a l fa s c is m o te d e sc o n e lla s t e s s a m is u r a in cu i la

so c ie tà a m e ric an a d i o g g i d if fe r isc e d a lla so c ie tà te d e sc a d e l

1 9 3 3 . I l so rg e re d i u n « F ü h r e r » c a r ism a t ic o n o n è ip ù n e c e s sa r io . R ic o rd ia m o c i q u e lla f r a se d i W ill ia m S h ire r il q u a le p e r c a r ità , è b e n lo n ta n o d a l l ’e s s e r e u n a u to re so c ia l i­s t a : S h ire r d ic e ch e il fa s c ism o a m e r ic a n o s a rà p ro b a b ilm e n ­te i l p r im o a d a r r iv a re a l p o te r e a t t r a v e r s o le s tr a d e d e lla d e m o c ra z ia , e d a p p o g g ia n d o s i su d i e s s a .

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HANS magnus Enzensbeuger C o m e sv ilu p p a la su a a n a l is i d e l fa sc ism o a m e r ic a n o ? G e n e ra lm e n te s i sp ie g a il

n a z ism o in r ife r im e n to a lla c r is i e co n o m ica d e l 1 9 2 9 . G l i S t a t i U n it i a ttra v e r se r e b b e r o d u n q u e a ttu a lm e n te u n a c r is i p a r a g o n a b i le a q u e lla , an ch e se le c o n tra d d iz io n i e co n o m ich e

e so c ia l i so n o a d e s s o v io le n te ?

Herbert marcuse C r e d o ch e e s i s t a u n fa s c is m o p r e ­

v e n t iv o . N e l c o r so d e g li u lt im i d e c e n n i, n o i a b b ia m o c o n o ­sc iu to u n a c o n tro -r iv o lu z io n e p r e v e n t iv a : u n a re a z io n e ch e m ir a v a a d a llo n ta n a re il p e r ic o lo d i u n a r iv o lu z io n e ch e si te m e v a , ch e n o n v i è s ta ta e ch e n o n è n e p p u r e su l p u n to d i sc o p p ia r e o g g i. N e l lo s te s s o m o d o s i a r r iv a a l fa s c ism o p r e ­v e n t iv o . I l d e p e r im e n to d e llo s ta to c o st itu z io n a le è d ire tta - m e n te in fu n z io n e d e l c re sc e re d e lle c o n tra d d iz io n i d e l l ’im - p e r ia l is m o a m e ric a n o . N e l l ’im m e d ia to , il s is te m a c o n tro lla a n c o ra le su e c o n tra d d iz io n i — m a p e r q u a n to te m p o ? m a q u e s t e m in a cc ia n o d i a p p a r ire in p ie n a lu c e , an ch e p e r le m e n ti p iù in d o ttr in a te . Q u e s te c o n tra d d iz io n i, le c o n o sc ia m o b e n e : la c o n tra d d iz io n e fr a l ’e n o rm e r icch ezza so c ia le e l ’u so p e n o so e d is t r u t t iv o ch e se n e f a ; f r a la p o s s ib i l i t à d i r i ­d u r r e g li a sp e tt i p iù a lien a n ti d e l la v o r o e d il lo r o s is te m a ­tico m a n te n im e n to ; f r a il p e r s is te r e d e lla p o v e r tà e d e lla m i­se r ia e d u n o sp re c o fa n ta s t ic o . A lla f in e , l ’e sp r e s s io n e d i q u e s t e c o n tra d d iz io n i v e r rà r e p r e s sa n e lla v io le n z a . I v a lo r i n e c e s sa r i a lla so p ra v v iv e n z a d e l c a p ita l ism o te n d o n o a d i­s g r e g a r s i : e d an ch e la d isc ip lin a n e l la v o r o . O v u n q u e s i sv e la l ’a s s u r d i tà — g u e r ra n e l V ie tn a m , d it ta tu r a in G r e c ia e in A m e r ic a L a t in a so s te n u te d a g li S ta t i U n it i — a ta l p u n to ch e i c a m u ffa m e n t i e le m en z o g n e p e rd o n o q u a ls ia s i e ff ic a c ia . I l s is te m a s i ir r ig id isc e ed o g n u n o d e i su o i a t t i d iv e n ta un m e s s a g g io r iv o lto a g li o p p o s i to r i : se v o i d iv e n ta te p e r ic o lo s i p e r n o i , n o i v i r in c h iu d e re m o p e r e lim in a rv i.

hans magnus Enzensberger È p o s s ib i le , se c o n d o le i, t r a d u r r e le c o n tra d d iz io n i d e lla so c ie tà a m e ric an a in te rm i­

n i d i lo t t a d i c la s s e ?

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Herbert m ercuse E s s e v a n n o b e n al d i là . M a r x n o n

h a m a i p r e te so ch e le c o n tra d d iz io n i d e l s is te m a c a p ita l is ta c o lp is se ro la so la c la s se d e g li o p e r a i d e l l ’in d u s tr ia . E s s e d o m i­n a n o a l c o n tra r io la so c ie tà n e l su o in s ie m e , la s u a in fr a ­s tr u t tu ra a lt r e t ta n to q u a n to la su a so v r a s t r u t tu r a . I l lo ro im ­p a t to è d iv e r so a se c o n d a d e lle c la s s i m a s i t r a t ta p u r se m ­p re d i c o n tra d d iz io n i d e lla so c ie tà g lo b a le .

hans magnus Enzensberger N o n p e n sa ch e q u e s t e c o n ­tra d d iz io n i si e sp r im a n o in n a n z itu tto n e llo sc o n tro f r a c a p i­ta le e la v o r o ?

HERBERT marcuse Q u e s to è u n a sp e tto . M a il m a r x i­sm o n o n d e v e c o n d u rre a d u n fe t ic ism o d e l c o n c e tto d i c la s ­se . I l c a p ita l ism o h a c o m p iu to u n ’e v o lu z io n e e co n e s s o a n ­ch e le c la s s i so c ia l i. È in a m m iss ib ile e p e r ic o lo so f i s s a r s i su d i u n ’id e a re if ic a ta d e lla c la s se o p e ra ia .

hans magnus enzensberger V o rr e i c ita re un p a s s o dell’Uomo a una dimensione ch e è s ta to v io le n te m e n te c r it i­ca to d a lla s in is tr a e u ro p e a . L e i sc r iv e v a : « S e s i c o n s id e ra la s itu a z io n e a t tu a le d e lle c la s s i la v o ra tr ic i n e lla so c ie tà in ­d u s tr ia le a v a n z a ta , s i p u ò d ire ch e il c o n c e tto m a rx ia n o d i “ p r o le ta r ia to ” è u n c o n c e tto m ito lo g ic o » .

C h e c o sa in te n d e d ire co n c iò ? Q u a le a n a lis i c o n c re ta d e l p r o le ta r ia to c o n tr a p p o r r e b b e a l c o n c e tto fe t ic c io ?

Herbert marcuse I I p r o le ta r io d i M a r x h a le c a r a t te ­r is t ic h e d e l l ’o p e r a io in g le se d e lla m e tà d e l x i x s e c o lo . C o n l ’in n a lz a m e n to d e l l iv e llo d e i s a la r i e la c o s t itu z io n e d i s in d a ­ca ti p o te n t i , il p r o le ta r ia to s i è t r a s fo rm a to p e r d iv e n ta re la c la s se o p e ra ia d e lle n o s tr e so c ie tà c a p ita l is t ic h e a v a n z a te . U n a c la s se s e m p re o p p r e s s a , m a n o n p iù in m o d o c o s ì m a n i­fe s to e b r u ta le co m e a l te m p o d i M a r x . P a r la r e o g g i d e l p ro le ta r ia to se n z a a n a liz z a re la s itu a z io n e c o n c re ta d e g li o p e ­ra i, s ig n if ic a re if ic a re il c o n c e tto m a rx is ta .

hans magnus enzensberger Q u e s ta e v o lu z io n e n o n m i

se m b ra u n a c o sa fo n d a m e n ta le . C e r to , n o n s i p u ò p iù p a r la re d i im p o v e r im e n to a s s o lu t o n e lle so c ie tà ch e s i p o n g o n o « a l­l ’a v a n g u a rd ia d e l p r o g r e s s o te cn ic o » ; m a l ’im p o v e r im e n to

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r e la t iv o r im a n e e s i a g g ra v a . L o s fru t ta m e n to d e l la c la s se o p e r a ia n o n s i p u ò g iu d ic a re so lo in te rm in i d i l iv e llo d i v i t a — i f r ig o r i fe r i e le a u to m o b ili n o n c a m b ia n o a f f a t t o i te rm in i d e lla q u e s t io n e —, m a e s so è a i g io rn i n o s t r i a n c o ra p iù v iv o , an ch e a tte n e n d o c i a i c r ite r i d e f in it i d a M a r x . L a c o n tra d d iz io n e fo n d a m e n ta le h a a s su n to a ltre fo r m e ; m a c o n tin u a a d e s is te r e e r im a n e , co m e se m p re , il m o to r e d e lla lo t t a d i c la s se .

HERBERT marcuse L e i h a ra g io n e su u n p u n to : il c o n ­

c e tto d i im p o v e r im e n to re la t iv o r iv e s te u n ’im p o r ta n z a d e c i­s iv a n e l p r o c e s so r iv o lu z io n a r io d e lle so c ie tà in d u s t r ia l i a v a n ­z a te . N e l le m e tro p o li c a p ita l is te , q u e s ta r iv o lu z io n e n o n p u ò n a sc e re d a lla so la m ise r ia f i s ic a ; an ch e n e lle su e a sp ira z io n i p iù e le m e n ta r i, e s s a v a g ià m o lto al d i là d i u n a p u r a e se m ­p lic e a b o liz io n e d e lla p o v e r tà . I l ch e s ig n ific a ch e n o n si p u ò l im ita r e l ’a n a lis i e la s t r a te g ia a lla c la s se d e g li o p e r a i d e l l ’in ­

d u s tr ia . O c c o r re c o n te m p o ra n e a m e n te r ip e n sa re la s itu a z io ­n e d i q u e s ta c la s se e te n e r c o n to d e l l ’e s is te n z a d i a lt r i g r u p p i so c ia li.

hans magnus enzensberger L e i p a r la v a p o c o f a d i a n a lis i d i c la s se . A q u e s ta la v o r a l ’e s tre m a s in is t r a e u ro p e a .

N o i a b b ia m o d ’a lt ro n d e c o n c lu so ch e u n s im ile c o m p ito n o n p o te v a p o r t a r s i a b u o n f in e n e l se n o d e l l ’U n iv e r s ità , m a ch e e ra n e c e s sa r io in v e c e d ib a t te r e co n la c la s se o p e r a ia le su e co n d iz io n i d i e s is te n z a , m a te r ia l i e in te lle ttu a li . L ’a n a lis i d e ­v e a llo ra in te g r a r s i c o n u n ’az io n e p o lit ic a . N u m e r o s i c o m p a ­g n i so n o a n d a t i a la v o ra re in fa b b r ic a o in a ltr i lu o g h i d i la v o r o : p e r lo r o , u n la v o r o te o r ic o n o n p o r ta d a n e s su n a

p a r te s e s i d is ta c c a d a lle lo t te ch e s i s v ilu p p a n o n e lla p r o ­

d u z io n e .■Herbert marcuse N o n è c e r to a n d a n d o a la v o r a r e

ch e c i s i m e t te in g r a d o d i v e d e re e d i c o m p re n d e re le c o n ­tra d d iz io n i ch e n a sc o n o d a i r a p p o r t i d i p ro d u z io n e . C e r to , l ’a n a lis i d e lla c la s s e o p e r a ia d e v e e sse re il p iù c o n c re ta p o s ­s ib ile . M a io te m o ch e i l la v o r o in fa b b r ic a c o n d u c a n e llo s te s so te m p o i m il ita n t i g a u c h is te s a d isp re z z a re o a re sp in -

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g e re la te o r ia , d a l m o m e n to ch e s i se n to n o d a e s s a s o r p a s ­sa t i . S i r ic a d e a l lo ra in p ie n a so c io lo g ia b o rg h e se . È n e c e s­

sa r io c o n se rv a re u n ’a m b iz io n e te o r ic a , s fo r z a s i d i d e lin e a re i c o n c e tti , r i f iu ta r e u n ’id e a fe t ic c io d e l p r o le ta r ia to , e d a n ­d a re an ch e n e lle fa b b r ic h e . M a se q u e s t o fa r s i a s su m e re v ie ­n e c o m p iu to a s p e s e d i u n p r o g r e s s o te o r ic o , s i r ic a d e nel- l ’e m p ir ism o e in u n se n so fa ls i f ic a to d e l l ’im m e d ia to .

hans magnus Enzensberger I g r u p p i ch e v a n n o n e lle fa b b r ic h e s i r ife r isc o n o su tu t t i i p u n t i a d u n a te o r ia , la

te o r ia d i L e n in .Herbert marcuse C h e m i fa c c ia n o d u n q u e v e d e re d o ­

v e L e n in h a m ai p o tu to s c r iv e re c o se s im ili: io n o n n e h o m ai v i s t o la m in im a tra c c ia n e lle su e o p e re .

hans magnus Enzensberger L a d it ta tu r a d e l p r o le ta ­

r ia to r e s ta l ’o b ie t t iv o d i tu t t i i v e r i m a r x is t i . L e i n e è a n c o ra

p e r s u a s o ?

Herbert marcuse S e i l te rm in e d i p r o le ta r ia to d e s ig n a g li « o p e ra i d e l l ’in d u s t r ia » q u a li M a r x l i h a d e sc r i t t i — il l a ­

v o ro v iv o n e l p r o c e s so d i p ro d u z io n e — io r ite n g o ch e n e lla n o s tra e p o c a q u e s ta fo rm u la z io n e è d e l tu t to in su ff ic ie n te . P e r M a r x , la d it ta tu r a d e l p r o le ta r ia to e ra — lo s i d im e n tic a t ro p p o fa c i lm e n te — la d it ta tu r a d i u n a sch ia c c ia n te m a g g io ­ran za su u n a m in o ra n z a . I l « p r o le ta r ia to » d e f in ito d a M a r x

ra p p re se n ta fo r s e u n a m a g g io ra n z a n e i p a e s i in d u s tr ia li a v a n ­z a t i? È fo r se la s o la c la s se ch e s ia v i t t im a d e llo s fr u t ta m e n to n e lla n o s tr a so c ie tà m o d e r n a ?

HANS MAGNUS ENZENSBERGER E ch i a lt ro a l lo r a ?Herbert marcuse G l i o p e r a i d e l l ’in d u str ia n o n r a p p re ­

se n ta n o p iù la m a g g io ra n z a d e lla p o p o la z io n e , n o n s o n o i so li a d e sse re s f r u t ta t i . U n e se m p io : s i è sp e s so d is c u sso p e r sa p e re se i m ilio n i d i im p ie g a t i d e l l ’in d u s tr ia p u b b lic i­ta r ia a m e ric an a c re a n o o p p u r e n o u n p lu sv a lo r e , c io è se e s s i s ia n o o p p u re n o d e g li s f r u t ta t i n e l s e n so m a r x is t a d e l te r ­m in e . D a p a r te m ia , io r ite n g o d i s ì . Q u e lle p e r so n e v e n d o ­n o d ire tta m e n te la lo r o fo rz a - la v o ro , il ch e c o r r isp o n d e a l­la n o z io n e m a r x is ta d i s f r u t ta m e n to . I lo ro s a la r i n o n ra p p re -

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se n ta n o se m p lic e m e n te u n c a p ito lo d e lle s p e se g e n e ra li . E s s i so n o a sso lu ta m e n te n e c e s sa r i a l p ro c e s so d i p ro d u z io n e c a ­

p ita l is t ic o .

HANS magnus Enzensberger N e c e s sa r i a l l ’e s tr a z io n e d e l

p lu sv a lo r e .. .Herbert marcuse N o n u n ic a m e n te . S o n o g ià n e c e s sa r i

a l l iv e llo d e lla p ro d u z io n e : l ’im p ie g a to d e l l ’in d u s tr ia p u b b l i­c ita r ia d e te rm in a in a n tic ip o la fo r m a d e lla m erce (p e n s a te s o l­ta n to a l l ’a u to m o b ile ) , la su a q u a li tà , e d an ch e la su a q u a n t ità . C iò v a le u g u a lm e n te p e r i te cn ic i, g li in g e g n e r i, g l i sc ie n z ia ti, g l i p s ic o lo g i e d i so c io lo g i in te g r a t i n e l p ro c e s so d i p r o d u ­z io n e , tu tte c a te g o r ie in p ie n a e sp a n s io n e . Q u e s t i fe n o m e n i c o m p o rta n o co m e c o n tra c c o lp o d e lle m o d if ic a z io n i n e lle s t r u t ­

tu r e s te s se d e lla c la s se o p e r a ia . S a p p ia m o a d e s so ch e il n u ­m e ro d e i « c o lle tt i b ia n c h i » a u m e n te rà p ro g re s s iv a m e n te a s c a p ito d e i « c o lle t t i b lu » , ch e l ’e q u il ib r io n u m e ric o f r a la v o r a to r i m a n u a li e la v o r a to r i in te lle ttu a li s i m o d if ic h e rà

a v a n ta g g io d i q u e s t i u lt im i, i q u a li v e d ra n n o a u m e n ta re la p r o p r ia p a r te a l l ’in te rn o d e l p r o c e s so p ro d u tt iv o . E tu tto c iò d o v re b b e in c ita re a d u n a g ra n d e p ru d e n z a q u a n d o n o i m a n e g g ia m o i c o n c e tti d i p r o le ta r ia to e d i d it ta tu r a d e l p r o ­

le ta r ia to .hans magnus Enzensberger S e c o n d o il m io p u n to d i

v i s t a , c iò s ig n if ic a se m p lic e m e n te ch e c e ti so c ia li p r o v e ­n ie n ti d a lla b o r g h e s ia v e n g o n o a d e sse re ra p id a m e n te p r o le ­ta r iz z a ti in se g u ito a llo s v ilu p p o d e l c a p ita l ism o .

Herbert marcuse L a p a r o la p ro le ta r iz z a z io n e m i se m b ra q u i in e sa t ta . N o n è p o s s ib i le s e p a r a re il c o n c e tto d i p r o le ­ta r ia to d a lle n o z io n i ch e lo a c c o m p a g n a n o , e in p r im o lu o g o il d e p a u p e ra m e n to m a te r ia le .

hans magnus enzensberger P re n d a il c a so d e i g r a n ­d i s tu d i d i a rc h ite tt i c o m e o rm a i n e e s is to n o in G e rm a n ia . V i s i tro v e ra n n o d e lle p e r so n e ch e , q u a n d o e ra n o s tu d e n t i , so g n a v a n o a n c o ra u n e se rc iz io lib e ra le e d a u to n o m o d e l l ’a r ­c h ite t tu ra , c io è la p r o s p e t t iv a d i u n a p r o fe s s io n e b o rg h e se . S i so n o r it r o v a t i d e n t r o u n ’im p r e sa in d u s tr ia le , s e d u t i a i lo ro

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ta v o li d a d ise g n o a c c a n to a d o z z in e d i a ltr i g io v a n i a rc h ite tt i. I l la v o r o s i è sp e c ia liz z a to e d e s s i p o s s o n o c o n s ta ta r lo tu tt i i g io r n i : o g n u n o s i a p p lic a a d u n s o lo p a r t ic o la r e a rc h ite t to ­n ic o — le f in e s t r e a d e se m p io — se n z a a v e re a lcu n d ir i t to d i

d e c is io n e . S i t r a t t a d i u n b u o n e se m p io d i p ro le ta r iz z a z io n e .Herbert marcuse M i p a r li u n p o ’ d i q u e s t o g io v a n e

a rc h ite tto q u a n d o la s e r a r ie n tra in c a sa . D o v e a b ita : in u n a p p a r ta m e n tin o d i u n a o d u e s ta n z e sp o rc h e e m a l m e s s e ? N o n p o s s ie d e l ’a u to m o b ile ? N o n h a fo r se a c c e sso a i d iv e r s i p r o d o tt i d i lu s s o c a ra t te r is t ic i d e lla p ro d u z io n e d e l c a p it a l i­sm o p o s t- in d u s tr ia le ?

HANS MAGNUS ENZENSBERGER S ì , certo...Herbert marcuse A llo r a s ig n if ic a fa r s i b e f f e d e l v e ro

p r o le ta r io d e s ig n a re q u e s t i la v o r a to r i co m e fa c e n ti p a r te d e l p r o le ta r ia to .

hans magnus Enzensberger B e n e , d ’a c c o rd o . S e le i d e ­fin isc e il p r o le ta r ia to in b a s e a d u n r a p p o r to d i c o n su m o p iu t to s to ch e in b a s e a d u n r a p p o r to d i p r o d u z io n e , se , in fo n d o , v a lu ta o sc u ra m e n te il su o liv e llo d i v i ta p a r a g o n a n d o ­lo a q u e llo d e l 1 8 5 0 , le i d e v e e ffe t t iv a m e n te a m m e tte re ch e il p r o le t a r ia t o e u ro p e o e a m e ric an o è in v ia d i e st in z io n e . M a s i p u ò d ire ch e q u e lla s ia u n a b u o n a d e f in iz io n e ? N o n e s is t e fo r se , p iu t to s to , u n a d if fe re n z a ch e se m p re p iù s i c a n ­ce lla f r a le c o n d iz io n i d i v ita d i q u e l l ’a r c h ite tto e , a d e se m ­p io , q u e lle d i u n m ec ca n ico a d d e t to a lle r ip a ra z io n i in u n a fa b b r ic a a u to m a t iz z a ta ?

Herbert marcuse Q u e s ta d is ta n z a d im in u isc e in fa t t i . M a in se n so in v e r s o : è il v e cc h io p r o le ta r ia to ch e s i t ro v a « d e p ro le ta r iz z a to » . C o n l ’a u to m a z io n e , il la v o r o d iv e n ta e s te n u a n te e fa t ic o s o su l p ia n o n e r v o so : c iò n o n è su ff ic ie n te p e r fa r e d e l l ’o p e r a io ch e lo e se g u e u n p r o le ta r io . L ’a u to m a ­

z io n e s o s t itu is c e l ’e n e rg ia f is ic a co n u n a te n s io n e m e n ta le , e d e s ig e a lt r e s ì u n a q u a lif ic a z io n e . L ’o p e r a io q u a lif ic a to t r a ­d iz io n a le — ch e in c e r to q u a l m o d o r e s ta v a v ic in o a l l ’a r t i­g ia n o — sc o m p a r iv a a p o c o a p o c o . M a lo s v ilu p p o d e lla p r o ­d u t t iv it à e s ig e u n a ltro t ip o d i q u a lif ic a z io n e , d e i tecn ic i,

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d e g li in g e g e n e r i, d e i « c o lle t t i b ia n c h i » in n u m e ro c re sc e n te ,

e n o n il c o n tra r io .

hans magnus Enzensberger L e s ta t is t ic h e p e r p r o fe s ­s io n e r ig u a r d a n t i g li u lt im i q u in d ic i an n i c i d im o s tra n o ch e il n u m e ro d e i la v o r a to r i m a n u a li d im in u isc e in m o d o e s t r e ­m a m e n te le n to , a m m e sso ch e d im in u isc a .

Herbert marcuse E p e rc h é ? N e l la m a g g io r p a r te d e i c a s i i s in d a c a t i f r e n a n o il m o v im e n to , p e r lo m e n o n eg li S ta t i U n it i . È a lt r e t ta n to v e ro ch e la g e n e ra liz z a z io n e d e l l ’a u to ­m a z io n e p o n e d e i p r o b le m i te cn ic i, se b b e n e e s s i v e n g a n o p r o g r e s s iv a m e n te r is o lt i . L a te n d e n z a è tu t t a v ia n e t t i s s im a : g li in v e s t im e n ti e f fe t tu a t i n e i ra m i p iù m o d e rn i e p iù a u to ­m atiz z a ti d iv e n ta n o se m p re p iù re d d it iz i , i te rm in i d e l r a p ­p o r t o c a p ita le c o s ta n te — c a p ita le v a r ia b ile s i s p o s ta n o .

HANS MAGNUS enzensberger P r o s e g u a n e l su o r a g io n a ­

m e n to . Q u a l è , n e lla su a o t t ic a , la c la s se d ’a v a n g u a r d ia , il g r u p p o so c ia le c a p a c e d i a v v ia re e d i g u id a re u n a lo t t a r iv o ­lu z io n a r ia ? S u q u a li in te re ss i si fo n d a u n a s t r a te g ia r iv o lu z io ­n a r ia , se g li in te r e s s i d ire t t i d e lla c la s se o p e r a ia — in te sa n e l se n so a m p io — d iv e rg o n o fra d i lo ro a lm e n o p a rz ia lm e n te ?

N o n s p e t ta fo r s e , co m e se m p re , a l p r o le ta r ia to in d u s tr ia le d i d ir ig e re il m o v im e n to ?

Herbert marcuse D o v e h a v is to u n a c o sa s im ile ? I n u n lib ro e , q u e l ch e c o n ta , in u n l ib r o sc r it to an n i fa .

hans magnus enzensberger S e p re fe r isc e , io r in u n c io p e r a d e s s o a lla r is p o s ta c la ss ic a d e l m a rx ism o . R e s ta il p r o ­b le m a : q u a l è la fo r z a ch e d e v e p re n d e re la d ire z io n e d e l m o v im e n to ?

Herbert marcuse M o lto fra n c a m e n te — e p a r lo co m e m a r x is t a — n o n m i p ia c e m o lto q u e s to m o d o d i p o r re la q u e ­s t io n e . A lla f in f in e n o n c ’è n é u n D io n é u n a f a ta l ità n é u n l ib r o c h e p o s s a a c o lp o s ic u ro d e s ig n a re l ’a v a n g u a rd ia d i u n m o v im e n to . A lt r im e n t i s i c a d e in u n m a r x ism o re if ic a to . D o v e n a sc e rà la c o sc ie n z a s to r ic a e l ’a z io n e p iù r a d ic a le ? È im p o s s ib i le d e c id e r lo m a n ip o la n d o se n z a p iù r if le t te r e d e lle se d ic e n t i c a te g o r ie , g l i « s tu d e n t i » , la « n u o v a c la s se op e-

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ra ia » , l a « c la s se o p e r a ia » . T u t t o d ip e n d e d a l l iv e llo d i s v i­lu p p o d i u n p a e se e d a g l i a s p e t t i d e l su o c a p ita l ism o .

hans magnus Enzensberger I n s i s t o su l c o n tra r io : q u e ­s ta q u e s t io n e è fo n d a m e n ta le , e d i g r u p p i r iv o lu z io n a r i d e l­

la G e r m a n ia F e d e r a le , ch e a t t r a v e r s a n o u n a fa s e d i a u to c r it i­ca , l a p o n g o n o n e l m o d o p iù a c c e n tu a to . N o i v o g lia m o tr a r re la le z io n e d a g li e r ro r i c o m m e ss i d a l m o v im e n to s tu d e n te sc o , d a l su o fa ll im e n to . L e fo r m e d i o rg a n iz z a z io n e ch e s i e ra n o sp o n ta n e a m e n te m e s se in p ie d i h a n n o p a le se m e n te c o n d o tto a l l ’im p a sse . O g g i i g r u p p i c o n d a n n a n o a s t r a t ta m e n te il lo ro p a s s a to , s c o n fe s sa n o g li a s p e t t i a n ti- a u to r ita r i d e lla lo r o a z io ­n e , s p e s so p e r p u r a e se m p lic e re a z io n e d i r ig e t to . L a n u o v a p r a t ic a r iv o lu z io n a r ia s i d e f in is c e in n a n z itu tto co n u n la v o r o n e lle fa b b r ic h e , co n i te n ta t iv i d i c o st itu z io n e d i u n p a r t ito c o m u n is ta s t r u t tu ra to se c o n d o i p r in c ip i d e l c e n tra lism o d e ­m o c ra tic o q u a li so n o e n u n c ia t i n e l Che fare? L e i c re d e a n ­co ra a l l ’e ff ic a c ia d i ta l i p r in c ip i? E se n o , ch e c o sa m e t te r e b ­b e a l lo ro p o s t o ?

Herbert marcuse I I s u o r a g io n a m e n to p a r te d a lle in ­su ffic ie n z e e d a g li e r ro r i d e l m o v im e n to s tu d e n te sc o . Q u a l i s o n o ?

HANS MAGNUS Enzensberger I I m o v im e n to s tu d e n te ­

sco è s ta to d e te rm in a to d a lla s itu a z io n e d i c la s se d i c o lo ro ch e lo c o m p o n e v a n o , d a i lo r o in te re ss i e d a lla co sc ie n z a ch e e s s i a v e v a n o d e lla lo ro s itu a z io n e . I n G e rm a n ia F e d e ra le , g li s tu d e n ti so n o p e r la m a g g io r p a r te d i o r ig in e b o rg h e se .

Herbert marcuse S c u s i, m a s i t r a t ta d i u n m a r x ism o p a re cc h io v o lg a re . C h e u n m o v im e n to s ia d e te rm in a to d a

u n o s ta to d i c o sc ie n z a ...HANS MAGNUS enzensberger . . .M a an ch e d a una situa­

zione materiale. L a classe operaia è sotto-rappresentata nelle università tedesche...

Herbert marcuse ... I l ch e n o n v u o l d ire ch e n o n s i p o s s a t ra sc e n d e re u n o s t a to d i c o sc ien z a s o g g e tt iv o , a n a liz ­z a re l ’in s ie m e d e i r a p p o r t i so c ia l i e d e f in ire la lo r o a r t ic o ­laz io n e . C o sa c ’e n tra q u e s t o co l f a t t o ch e s i p ro v e n g a o p p u re

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n o d a lla b o r g h e s ia ? A n c h e M a r x e d E n g e ls e ra n o d e i b o r ­g h e s i.

Hans magnus Enzensberger N o n s i tr a tta d i u n ’a n a li­s i p e r so n a le e m o lt i l ’h a n n o c o n s ta ta to co m e m e : s i t r a t ta d e l c a ra t te r e d i c la s se d i u n m o v im e n to , d i u n a r e a ltà o g g e t­t iv a . G l i s tu d e n t i d i o r ig in e o p e r a ia r a p p re se n ta n o d a l 6 al- l ’8 p e r c e n to d e lla p o p o la z io n e u n iv e r s ita r ia te d e sc a . Q u e s to è u n fa t to .

Herbert marcuse M a ch i le h a d e tto ch e u n B u o n D io

o u n b u o n D e s t in o a b b ia n o s c e lto la c la s se o p e r a ia p e rc h é e s s a a c c o lg a in sé la V e r ità ! Q u e s to è fe t ic ism o !

HANS MAGNUS enzensberger È un elemento fondamen­tale della teoria marxista.

Herbert marcuse N o n è la te o r ia m a r x is t a . I l m a r ­

x is m o — p e r lo m e n o f in o a q u a n d o e s s o è r im a s to la te o r ia d i M a r x — h a se m p re d is t in to la c la s se o p e ra ia c o n c re ta d a l p r o le ta r ia to o rg a n iz z a to , i f a t t o r i o g g e t t iv i d a i f a t t o r i s o g ­

g e t t iv i . I l m a rx ism o n o n h a m a i c o n s id e ra to la c la s se o p e ­ra ia co m e u n ’e n t ità ch e in c a rn e re b b e p e r s u a n a tu r a e in tu t te le c irc o sta n z e la V e r ità e la L ib e ra z io n e .

HANS magnus Enzensberger M a la c la s se o p e r a ia c o n ­

c re ta è a llo s te s s o te m p o u n a c la s se ch e è c o s t r e t ta a t r a ­s fo r m a r s i in p r o le ta r ia to o rg a n iz z a to : a d e m p ie c o s ì a l su o r u o lo s to r ic o te n d e n d o a lla p r o r p ia lib e ra z io n e .

Herbert marcuse P u ò a lt r e t ta n to e s se r e c o s t r e t ta a r e p r im e re le su e p u ls io n i l ib e ra tr ic i . C i s t ia m o a llo n ta n a n d o d a lla su a a ffe rm a z io n e : g li e r ro r i d e l m o v im e n to s tu d e n te ­sc o ...

hans magnus enzensberger Q u e s t i e r ro r i so n o e v id e n ­ti. A p p a io n o in n a n z itu tto n e l f a t t o ch e i l m o v im e n to n o n è p o t u t o u sc ire d a se s t e s s o p e r m o b ilita re le c la s s i la v o r a ­tric i.

Herbert marcuse M a s i t r a t ta d e l l ’e r ro re d e g li s t u ­d e n t i, o p p u r e d e lla s itu a z io n e o g g e t t iv a d e lla c la s se o p e ­r a ia ? L e c ite rò u n e se m p io a m e r ic a n o , d a l m o m e n to ch e co n o sc o m e g lio g li S t a t i U n it i . L e i m i d ir à d o p o se c iò p u ò

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a p p lic a r s i a d a lt r i p a e s i , in p a r t ic o la r e a lla G e r m a n ia F e d e r a ­le . N e g l i S ta t i U n it i è il m o v im e n to s tu d e n te sc o ch e h a m o b i­

l ita to u n a p a r te d e l l ’o p in io n e p u b b lic a c o n tro la g u e r r a d e l V ie tn a m , e d è a n c o ra ta le m o v im e n to ch e h a sv o lto u n ru o lo p r o p u ls o r e n e lla lo t t a p e r i d ir i t t i c iv ili . Q u e s te a z io n i a n d a ­

v a n o o ltre - d i g ra n lu n g a — a g li in te r e s s i p e r so n a li d e g l i s tu ­d e n t i, e p e r s in o a n d a v a n o c o n tro a d e s s i in u n c e r to n u m e ro d i c a s i. T a l i a z io n i h a n n o p o r ta to l ’a tta c c o al c u o re s te s s o d e l s is te m a im p e r ia lis ta . S e la c la s se o p e ra ia n o n è a n d a ta d ie tro , n o n è p r o p r io , D io m io , c o lp a d e g li s tu d e n t i , m a si sp ie g a co n la s itu a z io n e m a te r ia le e so g g e tt iv a d e g li o p e r a i am e rican i.

hans magnus enzens berger P e rc h é n o n s a r e b b e c o lp a d e l m o v im e n to s tu d e n te s c o ? P e rc h é la c la s se o p e r a ia s a r e b ­b e s tru t tu ra lm e n te in c a p a c e d i c a p ire la r iv o lu z io n e v ie t ­n a m ita ?

Herbert marcuse N o n è ch e s ia in c a p a c e . E s s a s a d o v e sta n n o i su o i in te r e s s i im m e d ia t i e q u a l è q u i la p o s ta in g io ­

co . S a ch e la fin e d e lla g u e r ra d e l V ie tn a m s ig n if ic h e rà la d iso c c u p a z io n e p e r un g ra n d e n u m e ro d i o p e ra i. H a v is to b e n iss im o d a q u a le p a r te la fe t t a d i p a n e e ra im b u rra ta . M i se m b ra m o lto p r e s u n tu o so n o n fa r e a tte n z io n e a c iò e d i­re ag li o p e ra i: a b b a n d o n a te tu t to e se g u ite m i p e r fa r e la r i­v o lu z io n e .

hans magnus enzensberger M a n o n è fo r se a n c o r p iù p r e su n tu o so a sp e t ta r e ch e la c la s se o p e r a ia ra g g iu n g a il p u n ­to d i v i s t a d e g li s tu d e n t i? F in o a q u a n d o s i r im a n e n e l l ’a m ­b ie n te u n iv e r s ita r io , e n o n s i c o n o sc e e n o n s i v u o l v e ­d e re a lt r i se n o n la p r o p r ia c la s se , f in ta n to c h é c i s i a s t r a e d a i r a p p o r t i d i p r o d u z io n e c o n tro i q u a li v a n n o a s c o n ­tra r s i g li o p e r a i , n o n s i p u ò sp e ra re d i m o b ilita re i la v o r a ­

to ri.Herbert marcuse I o n o n p o s s o c re d e re ch e s ia n e c e s­

sa r io a n d a re in fa b b r ic a e la v o ra rv i p e r d e lle se t t im a n e e d e i m e s i p e r c a p ire q u a n to s ia n o p e n o s i il la v o ro e la c o n d i­z io n e o p e r a ia . G l i s tu d e n t i n o n ig n o ra n o ch e la lo ro e s is te n z a

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è in fin ita m e n te p iù p ia c e v o le d i q u e lla d i u n o p e r a io . M a c o n o sc o an ch e c e n tin a ia d i s tu d e n t i la cu i e s is te n z a n o n s a ­re b b e in v id ia b ile p e r n e s su n o p e r a io . È fa ls o p re te n d e re ch e g li s tu d e n ti ra p p re se n t in o u n ’é lite p r iv ile g ia ta ch e fa r e b b e la b e l la v ita m e n tre l ’o p e r a io c o n o sc e re b b e so lta n to u n a v ita o r r ib ile . C iò n a sc e d a u n a t te g g ia m e n to in te lle ttu a le , e n u lla p iù .

HANS MAGNUS Enzensberger È p o s s ib i le ch e lo s t u ­d e n te p o lit ic iz z a to r in u n c i a c e r t i v a n ta g g i ch e g li p ro v e n g o n o d a lla s u a c la s se , m a s i t r a t t a a n c o ra u n a v o lta d i u n a m a n i­

fe s ta z io n e d e lla s u a l ib e r tà , c io è d i u n p r iv ile g io . E g l i p u ò sce g lie re , e lo fa c o sc ie n te m e n te .

Herbert marcuse È fo r se u n a ra g io n e p e r a b o lir e q u e ­

s to p r iv ile g io e co n c iò s t e s s o u n a c a p a c ità d i c o m p re n sio n e e d i d e n u n c ia ch e n o n è d a ta a g li a l t r i? L e i d im e n tic a la c o n ­tr o p a r t ita : il d o v e re e la r e sp o n sa b il ità d i fa r e tu tto p e r t r a s fo r m a r e q u e s ta so c ie tà , c o sa n o n p r iv a d i p e r ic o li a l g io r ­

n o d ’o g g i. R in u n c ia re a q u e s to t ip o d i p r iv ile g io s a r e b b e g ià tra d ire .

HANS MAGNUS enzensberger N o n si t r a t ta d i q u e s to . I l m o v im e n to s tu d e n te sc o s i è p re o c c u p a to in p r im o lu o g o d e g li in te re ss i d e g li s tu d e n t i , il ch e è n a tu ra le . H a p o r ta to

a v a n ti u n a c r it ic a d e l l ’is t i tu z io n e u n iv e r s ita r ia e s i è s fo r z a to d i c a m b ia r la .

HERBERT marcuse N o n è v e r o : n e g li S ta t i U n it i , il m o ­v im e n to s tu d e n te sc o s i è p r e o c c u p a to d e g li in te r e s s i d e i N e r i

n e i g h e tt i , e n o n d e i p r o p r i .hans magnus enzesberger N e llo s te s so te m p o il m o ­

v im e n to h a p r e te so , e co n r a g io n e , la d e s t itu z io n e d e i m a n ­d a r in i u n iv e r s ita r i e la t r a s fo rm a z io n e r a d ic a le d e l l ’U n iv e r ­

s ità .Herbert marcuse L e su e a ffe rm a z io n i n o n si a p p lic a n o

s e n o n e sc lu s iv a m e n te a lla s itu a z io n e te d e sc a . I t i to la r i d i c a t te d r e n o n sv o lg o n o lo s t e s s o r u o lo n e g li S t a t i U n it i . Q u a n ­to a g li s tu d e n t i , lo r ip e to , h a n n o lo t t a t o p e r il « C iv il-r ig h ts M o v e m e n t » e c o n tro la g u e r r a d e l V ie tn a m . I l r e s to è

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se c o n d a r io . S e h a n n o in g a g g ia to u n a b a t ta g l ia c o n tro l ’a m m i­

n is tr a z io n e u n iv e r s ita r ia , c iò a v v e n iv a n e lla m isu r a in cu i ta le o rg a n iz z a z io n e s i f a c e v a c o m p lic e d e lla g u e r ra d e l V ie t ­n a m , sp e c ia lm e n te a t t r a v e r s o p r o g ra m m i d i r ic e rc a m ilita re .

L e i c re d e ch e s i t r a t t i in q u e s t o c a so d e lle re a z io n i c o r p o r a ­tiv e d i u n ’é l i t e ? S e n o n p e n s a ch e fo s s e in g io c o u n in te ­

r e sse d i o rd in e g e n e ra le , g r a d ir e i ch e le i p r e c is a s se il se n so d e lle p a ro le .

hans magnus Enzensberger A n ch e q u a n d o si r iv o lta n o , g li s tu d e n t i c o n ta n o s u lla m e d ia z io n e d e l p u b b lic o b o r g h e se .

L a lo ro d is p u t a c o n il p o te r e s ta ta le è a p p e n a in te lle g ib ile p e r il r e s to d e lla p o p o la z io n e . L ’a sp e tto a n ti- a u to r ita r io d e l m o v im e n to n a sc e in p a r te d a i p r o c e s s i d i so c ia liz z a z io n e d e l­la b o r g h e s ia , e in q u e s t a m isu r a n o n h a a lcu n se n so p e r u n

o p e ra io .Herbert MARCUSE N u lla è m e n o b o rg h e se d e l m o v i­

m en to s tu d e n te sc o a m e r ic a n o , n u lla è p iù b o r g h e se d i u n o p e ra io a m e ric a n o . I o e sa g e r o so lo u n p o ’ . L e i u t il iz z a d e i cliché p r iv i d i v a lo r e . C r e d e s in c e ra m e n te ch e s ia « b o r g h e ­se » fo n d a r e d e lle c o m u n i, m a n ife s ta re p e r s tr a d a , o c c u p a re d e g li e d if ic i?

hans magnus Enzensberger N o n o b b lig a to r ia m e n te . I n c o m p e n so la se d ic e n te « p r o te s t sce n e » o p p u re la « h ip- p ie -scen e » , tu t te q u e s te « sce n e » m i a p p a io n o co m e fe n o ­m en i b o rg h e s i .

Herbert marcuse I o p e n so p e rso n a lm e n te ch e g li h ip p ie s e d i d ro p -o u t n o n a d e m p io n o p iù a d a lcu n a fu n z io n e p o lit ic a .

hans magnus enzensberger I n tu tt i i c a s i q u e s t i m o ­v im e n ti so n o s t a t i b e n p r e s to re c u p e ra t i d a lla c u ltu ra d o ­

m in an te .Herbert marcuse P e r c e r t i a sp e tt i , e s s i so n o an ch e d i­

v e n ta ti r e a z io n a r i. A l l ’ o r ig in e e s is te v a q u e s ta c o n fu s io n e

f r a u n a lib e ra z io n e in d iv id u a le e l a l ib e ra z io n e so c ia le .. .hans magnus enzensberger S i t r a t ta p re c isa m e n te d i

u n lim ite c a r a t te r is t ic o d e l m o v im e n to s tu d e n te sc o .

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Herbert marcuse N o . G l i e le m e n ti p iù p o lit ic iz z a t i r if iu ta n o q u e s ta c o n fu s io n e . E s s i n o n so n o p iù s o l ta n to d e ­g li h ip p ie s , o n o n lo so n o p iù a sso lu ta m e n te .

HANS MAGNUS Enzensberger L a g e n te p o lit ic iz z a ta s tu ­

d ia L e n in .

Herbert marcuse L e n in , m a an ch e H e rm a n n H e s s e . O g ­g i n e g li S ta t i U n it i , Steppenwolf, Il lupo della steppa \ d i H e s s e , è u n l ib r o ch e h a u n a g ra n d e in flu e n z a .

HANS MAGNUS Enzensberger A p p u n to : il p ro b le m a p o ­s to d a l Lupo della steppa è u n p ro b le m a in te rn o a lla b o r ­g h e s ia . Q u e s to l ib r o n o n h a n u lla d a d ire a d u n o p e r a io .

HERBERT marcuse A c a u sa d e l l ib r o o a c a u sa d e l l ’o p e ­r a io ? V u o le in s in u a re ch e F a u s t o D o n C a r lo s n o n r a p p r e ­se n ta n o a lt ro ch e d e lle m e rd e b o r g h e s i? O p p u r e si t r a t t a a n c o ra d i o p e re ch e d o v r e b b e r o a v e re u n se n so p e r u n o p e r a io ?

hans magnus enzensberger N e lle c o n d iz io n i p r e se n t i , n o n n e h a n n o a lc u n o p e r lu i.

Herbert marcuse Q u e s ta è u n ’a ltr a c o sa . E io so n o

d ’a c c o rd o co n le i. M a so n o q u e s te co n d iz io n i ch e b iso g n a c a m b iare .

hans magnus enzensberger R ito rn ia m o a i p r o b le m i o rg a n iz z a t iv i. A n c h e su q u e s to p ia n o a b b ia m o p o t u t o c o n ­s ta ta r e le in su ff ic ie n z e d e l m o v im e n to s tu d e n te sc o . L e s t r u t ­tu re p r o d o t te d a lla so la s p o n ta n e ità s i so n o r iv e la te in s ta b i l i e p o c o s ic u re . P e r m o lt i d i n o i, n o n s i t r a t ta v a n ie n t ’a ltro ch e d i u n a te r a p ia p e r so n a le . C e r t i te s t i a v e v a n o p r e v is to la d is in te g ra z io n e d e l m o v im e n to ; I’sd s , la so la o rg a n iz z a ­z io n e s tu d e n te sc a , è sc o m p a r sa . In se g u ito a c iò s i è im p o ­s ta l ’id e a ch e n o i a v e v a m o b iso g n o d i u n p a r t ito . L a c o s t r u ­z io n e d i u n a s im ile o rg a n iz z a z io n e è u n ’im p r e sa d i lu n g o r e ­s p iro e , c o m e a b b ia m o c o n s ta ta to , co n d e i p r o g r e s s i e d e i r e g re ss i ch e c o m p o r ta n o fr a z io n a m e n ti e sc is s io n i. T u t t i i te n ta t iv i a t tu a li s i r i fe r is c o n o a i p r in c ip i le n in ist i d i o rg an iz-

'Hermann Hesse, Il lupo della steppa, Milano, Club degli Editori, 1973.

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za z io n e . S i p a r la d i « b o lsc e v iz z a re » il p a r t i t o , s i p ro c la m a la n e c e s s ità d e l « c e n tra lism o d e m o c ra t ic o » . A l l ’a m b ig u ità d e l m o v im e n to s tu d e n te sc o , n u m e ro s i m ilita n ti c o n tr a p p o n ­g o n o u n n u o v o d o g m a tism o . I n c e r t i g r u p p i c iò p u ò a n d a ­re f in o a l cu lto d i S ta l in , il ch e è a s s u r d o . Q u a l è la su a

o p in io n e su q u e s ta e v o lu z io n e ?

HERBERT MARCUSE I I p a r t i t o c o m p o sto d a r iv o lu z io n a r i

d i p r o fe s s io n e , q u a le è s ta to c o n c e p ito d a L e n in , h a p o r ­ta to a llo s ta lin ism o f in d a g li a n n i v e n t i e l ’in iz io d e g li an n i tre n ta , p o i a i p r o c e s s i d i M o s c a , e in s e g u ito d a S ta lin a K r u ­sc io v , d a K r u sc io v a B re z n e v e K o s s y g in , i q u a li n o n h a n n o p iù a sso lu ta m e n te n u lla a ch e fa r e co n la r iv o lu z io n e . Q u e s to s v ilu p p o e ra d o v u to al c a s o , o e ra g ià c o n te n u to - p e r lo ­m en o v ir tu a lm e n te — n e lla s t r u t tu r a s te s s a d e l p a r t ito le n i­n is t a ? I o p o n g o la d o m a n d a se n z a e s se r e in g r a d o d i r is p o n ­d e re . M a ad o g n i m o d o il p a r t i t o d i t ip o le n in is ta h a tr o v a to la s u a ra g io n d ’e s se r e e la s u a fo rz a u t iliz z a n d o la d is f a t t a m ilita re d e llo z a r ism o p e r so lle v a re l ’im m e n so p o te n z ia le r iv o lu z io n a r io d e lle m a s s e in a rm i. L à d o v e ta l i m a s se m a n ­

ca n o , u n p a r t ito d i t ip o le n in is ta p e rd e m o lto d e l su o in te ­re sse . N o n p u ò a llo ra f a r a lt ro ch e p o r ta r e e v e n tu a lm e n te a lla d it ta tu r a d i u n p ic c o lo g r u p p o ch e b a t te z z a se s te s s o r i­v o lu z io n a r io — d e i r iv o lu z io n a r i d i P r isu n ic — e s i im p o n e a l­le m a sse . I l ch e n o n s ig n if ic a , a n z i, ch e l ’e s tre m a s in is tr a d e b b a re sp in g e re la q u e s t io n e d e l l ’o rg a n iz z a z io n e : d i l ì b i s o ­g n e rà p u r p a s s a r e e r iso lv e r e il p ro b le m a . I te m p i d e lla fe l i ­ce sp o n ta n e ità so n o f in i t i : la c o n tro -r iv o lu z io n e o rg a n iz z a ta h a p o s to lo ro fin e . U n a co n tro -o rg a n iz z a z io n e s i im p o n e a

su a v o lta . M a s o t to q u a le fo r m a ?

U n p a r t ito d i m a s s a c o n u n ’o rg a n iz z a z io n e n a z io n a le e d u n a d ire z io n e c e n tra le m i a p p a r e im p o s s ib i le n e g li S ta t i U n i­

ti : l ’ a p p a ra to g o v e r n a t iv o p o t r e b b e l iq u id a r lo in v en ti- q u a t t r ’o re . D o b b ia m o tr o v a r e n u o v e fo r m e m o lto d e c e n tra ­te , lo c a li e re g io n a li. C o m e c o o rd in a re i d iv e r s i g r u p p i ? N o n n e so n u lla . M a n o n s i p o t r à p e r l ’e te rn ità fa re a m e ­n o d e l l ’o rg a n iz z a z io n e e d e lla d is c ip lin a . C o m e h a d e tto

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Scansione a cura di Natjus, Ladri di Biblioteche

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E n g e l s , u n a r iv o lu z io n e è la c o sa p iù a u to r it a r ia ch e e s i s t a . D isc ip lin a r iv o lu z io n a r ia n o n v u o l d ire d it ta tu r a , b e n s ì a u ­to d isc ip l in a ra z io n a le , i l ch e e sc lu d e le te n d e n z e h ip p ie s o y ip p ie s ch e n o n n e v o g lio n o n ea n ch e se n tir p a r la re .

Hans magnus Enzensberger C i r it ro v ia m o a l n o s t r o d ib a t t i to d i p o c o f a : q u e s ta o rg a n iz z a z io n e d e v e r a d ic a r s i n e lla p r o d u z io n e ? O p p u r e s i t r a t ta d i u n ’a sso c ia z io n e d i p e r ­so n e ch e s i b a t to n o p e r le lo r o id e e a l l ’u sc ita d e l la v o r o s e n ­z a a v e re le g a m i c o m u n i n e l se n o d e l p r o c e s so d i p r o d u z io ­n e ? U n ’o rg a n iz z a z io n e c o m u n is ta n o n d e v e f o r s e c o llo c a re le p r o p r ie c e llu le in tu tte le i s t i tu z io n i d e lla so c ie tà , d i c u i la p iù im p o r ta n te è a n c o ra e se m p re la f a b b r ic a ?

Herbert marcuse L a fa b b r ic a r im a n e , b e n in te so , u n

lu o g o p e r il la v o r o p o lit ic o , in p a r t ic o la r e n e i c o n fro n ti d e lla g io v e n tù o p e ra ia . M a n o n p e r q u e s t o b i so g n a re c a rv is i p o r ­ta n d o i p r o p r i chiché, q u e lle id e e re if ic a te ch e so n o c a p ita ­

l ism o , im p e r ia lism o , r e v is io n ism o .. . S i t r a t t a a l c o n tra r io d i

f a r v e d e re ch e c o sa d iv e n ta n o g li u o m in i s o t t o p o s t i a l l ’in ­flu e n za d e l c a p ita l ism o , e ch e c o sa s i p u ò v e ra m e n te c a m ­b ia re . D e t t o c iò , b iso g n a d is c u te r e a lt r e t ta n to co n le c a sa lin ­g h e , g li in te lle ttu a li o i te cn ic i.

Hans magnus enzensberger L a s to r ia d e l m o v im e n to

o p e r a io d im o s tra ch e si d e v e o rg a n iz z a re la g e n te se c o n d o il c r ite r io d e i r a p p o r t i d i p ro d u z io n e , e n o n co m e in d iv id u i ch e m e t te re b b e ro in s ie m e d e lle id e e o d e g li in te re ss i c o m u n i. N o n s i r iu n isc o n o i r iv o lu z io n a r i co n i m e to d i d e lle so c ie tà

d i le t tu r a b ib lic a . E io n o n v e d o co m e s ia p o s s ib i le o r g a ­n iz z a re la c a sa lin g h e in q u a n to c a sa lin g h e .

Herbert marcuse N o n v e d e ? L e se m b ra in c o n c e p ib ile o rg a n iz z a re u n m o v im e n to d e lle c a sa lin g h e a m e ric an e ch e lo t ­ti c o n tro la g u e r r a d e l V ie tn a m , s o s te n g a g li sc io p e r i, fa c c ia tr io n fa re i b o ic o tta g g i d e i g r a n d i m a g a z z in i?

hans magnus enzensberger V a b e n e , m a so lo p e r c a m ­p a g n e s im ili. N o n d i c e r to su d i u n v e ro p r o g e t to c o m u n is ta .

Herbert marcuse L a lo t t a p e r u n a so c ie tà c o m u n is ta è u n a q u e st io n e d e l l ’a v v e n ire . E s s a p r e s u p p o n e in n a n z itu tto

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u n lu n g o la v o r o d i e d u c a z io n e , u n c a m m in o p a z ie n te e d i f ­f ic ile . R u d d i D u tsc h k e h a tr o v a to a q u e s t o p r o p o s i to u n a fo r m u la e c c e lle n te : la n e c e s s ità d i u n a lu n g a m a rc ia a t t r a ­

v e r so le is t i tu z io n i.HANS magnus Enzensberger L a p ie g a ch e p re n d o n o g li

a v v e n im e n ti n e g li S ta t i U n it i v i la s c e rà il te m p o d i o rg a n iz ­z a re q u e s ta lu n g a m a r c ia ?

Herbert marcuse È p e rc h é n o n s i h a il d ir i t to d i a r ­r isc h ia re a lla le g g e ra fo rz e a n c o ra r is t r e t te . S a c r if ic i e m a r ­tir i se r v ir e b b e r o so lta n to a lP e s ta b lish m e n t. B i so g n a r ic o n o ­

scere ch e l ’a v v e r sa r io è s t r a o r d in a r ia m e n te o rg a n iz z a to .hans magnus enzensberger L e su e p r o p o s te t r a g g o ­

n o o r ig in e q u a s i e sc lu s iv a m e n te d a lla p e d a g o g ia , r im a n g o n o m o lto d ife n s iv e .

Herbert marcuse S fo r tu n a ta m e n te io n o n v e d o a ltre p r o sp e t t iv e .

hans magnus enzensberger Q u a n d o s i p a r la d i a v v e ­n ire n e g li S ta t i U n it i , n o n s i p o s s o n o sc a r ta re c e r te ip o te s i : n o i a b b ia m o g ià p ro n u n c ia to l ’e sp r e s s io n e g u e r r a c iv ile . S u p ­

p o n g a ch e u n s im ile c o n f li t to s c o p p i: co m e s a r e b b e p o s s i ­b ile a t te n e r s i a q u e lla s t r a te g ia p r u d e n te e d ife n s iv a ch e m ira p r im a d i tu t to a f a r e v o lv e re le c o sc ie n z e ? L e c o n tra d ­d iz io n i d e lla so c ie tà a m e ric a n a r isc h ia n o d i e sp lo d e r e u n g io rn o , n o ?

Herbert marcuse I n q u e s t o c a so , c o n o sc e re m o p r o b a ­

b ilm e n te la v i t to r ia d i u n n u o v o fa sc ism o .hans magnus enzensberger N o n u n a g u e r r a c iv ile ?Herbert marcuse N o n lo c re d o p r o p r io . U n a g u e rra

ra z z ia le , fo r se , m a n o n u n a lo t t a d i c la s s e a p e r ta m e n te p o l i­t ica . L a lo t t a d i c la s se r im a n e a l l iv e llo e c o n o m ic o , e n o n v e d o co m e p o t r e b b e a ttu a lm e n te u sc irn e . Q u a n to a lla lo t ta d e i N e r i , le B la c k P a n th e rs s i so n o d isp e ra ta m e n te s fo rz a te d i d a r e a d e s s a u n c o n te n u to p o l it ic o . M a il p o te r e h a fa t t o ta c e re i lo r o d ir ig e n t i q u a n d o n o n l i h a se m p lic e m e n te s o p ­p r e s s i . D ’a ltro n d e , i m ilita n ti n e r i r e s ta n o m in o r ita r i , a n ­ch e n e i g h e tt i .

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HANS magnus Enzensberger L e i n o n p e n sa ch e la lo t t a

r a z z ia le s ia u n a fo r m a , a n c o ra m is t if ic a ta , d e lla lo t t a d i c la s s e ?

Herbert marcuse L a lo t t a ra zz ia le n o n p u ò t r a s fo r ­

m a r s i c o s ì , se n z ’a lt r a fo r m a d i p r o c e s so , in lo t t a d i c la s se P e n s i a l l ’o d io ch e p r o v a n o a n c o ra ta n ti o p e ra i b ia n c h i p e r g l i o p e r a i n eri.

hans magnus Enzensberger Q u e s to s te s s o o d io s i s p ie ­g a co n u n ’a n a lis i d i c la s se , h a i su o i fo n d a m e n ti e c o n o m ic i...

Herbert marcuse B e lla lo t t a d i c la s se , in c u i s i c o n ­

tr a p p o n g o n o o p e ra i b ia n c h i e o p e ra i n e r i!hans magnus enzensberger I n q u e s ta ip o te s i , g li o p e ­

ra i b ia n c h i r a p p re se n te re b b e ro u n a fo rz a d i so s te g n o ch e a c c o rre in a iu to d e l c a p ita le .. .

HERBERT marcuse È lei che l ’ha detto, non io.hans magnus enzensberger S ig n o r M a rc u se , co m e v e ­

d e l ’e v o lu z io n e d e lla v ita p o lit ic a a m e ric a n a n e l c o r so d e i p r o s s im i d ie c i a n n i? Q u a l è il su o c a n o v a c c io , p e r u s a r e la p a r o la d i m o d a p r e s s o i fu tu r o lo g i?

Herbert marcuse S i p o s s o n o d e sc r iv e re a lcu n e g r a n ­d i te n d e n z e . L a re p re s s io n e s i v a a g g r a v a n d o , q u e s t o è c e r­to . L ’o p p o s iz io n e si sc o n te rà co n d e i p r o b le m i d if f ic i l i d a r iso lv e r e : il ru o lo e d i l im it i p re c is i d e l l ’a z io n e p o l it ic a , d e l­la co n tro -v io le n z a , ecc . L e c o n tra d d iz io n i, in te rn e e in te rn a ­z io n a li , d e l c a p ita l ism o a m e ric a n o s i e sa c e rb e ra n n o e a n d ra n ­n o c o s ì a d a lim e n ta re l ’az io n e r e p r e s s iv a e le te n d e n z e fa s c i­s te . L ’o p p o s iz io n e d o v rà m o b ilita re tu tte le p r o p r ie fo rz e p e r e v ita r e , a t t ra v e r so la sp ie g a z io n e , l ’e d u c a z io n e e l ’e se m ­p io , ch e la m a g g io ra n z a d e lla c la s se o p e r a ia n o n c a d a n e lle m a n i d e l fa sc ism o .

L ’e v o lu z io n e d e l l ’im p e r ia lism o v e r s o il n e o - fa sc ism o n o n è in e lu tta b ile : le fo r z e d i o p p o s iz io n e c i so n o . N o i n o n a b ­b ia m o p a r la to d i u n fa t to r e d e c is iv o , l ’e c o n o m ia p o l it ic a . È d if f ic i le d isc u te rn e q u i ra p id a m e n te . I n d u e p a r o le : n e lla s o ­c ie tà c o s id d e t ta « d e i c o n su m i » , il m o d o d i p ro d u z io n e ca ­p it a l i s ta s i sc o n tra co n q u e lle ch e so n o le p r o p r ie fro n t ie re ,

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sa tu ra z io n e d e g li in v e s t im e n ti e d e l m e rc a to d e i b e n i d i c o n ­

su m o . L a m a s s a d e l la v o r o « n o n p r o d u t t iv o » c re sc e p r o ­p o rz io n a lm e n te p iù in fr e t t a d i q u e lla d e l la v o r o p r o d u t t i­v o . L ’in f la z io n e c io è l ’a b b a s sa m e n to d e l s a la r io r e a le , è u n d a to p e rm a n e n te d e l s is te m a . L ’im p e r ia lism o a m e r ic a n o p e r ­se g u e la p r o p r ia e sp a n s io n e in a lcu n i p a e s i c a p it a l is t i m en o sv ilu p p a t i — C a n a d a , F r a n c ia , G r a n B r e ta g n a —, e in co n tra u n a re s is te n z a se m p re p iù g ra n d e in A m e r ic a L a t in a , in C ile , P e r ù , B o liv ia . L a C in a s i im p o n e c o m e u n a g ra n d e p o te n z a c o m u n is ta . L e g u e r re d i l ib e ra z io n e d e l V ie tn a m e d e lla C a m ­

b o g ia d im o s tra n o ch e è u m a n a m e n te e m ilita rm e n te p o s s i­b ile a r r e s ta r e l a m ac ch in a d i g u e r ra p iù d is t r u t t iv a d i tu t t i i te m p i. L a d is in te g ra z io n e d e lle m o ra li d e l la v o r o m in a c ­c ia il fu n z io n a m e n to s te s s o d e l c a p ita l ism o . M a n e g li S ta t i U n it i , la so la o p p o s iz io n e su sc e t t ib ile d i s b a r r a r e il p a s s o a lla c o n tro -r iv o lu z io n e r e s ta q u e lla d e lla g io v e n tù d i e s t re m a s in i­s tra e d e i g h e tt i . È u rg e n te so sp e n d e re le d is p u te su lla s t r a ­te g ia e su lla ta t t ic a , r if iu ta r e le a z io n i c o n d a n n a te in p a r te n ­za , su p e ra re tu t te le im p a z ie n z e e tu t t i i d is fa t t i s m i , in n o m e d e lla lo t t a c o m u n e : n o n è l ’o ra d i a n d a re a l l ’a s s a lt o , m a d i fa re d i tu t to p e r m a n te n e re il m o v im e n to c o m e fo r z a d i c o n ­te s ta z io n e r a d ic a le .

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Roel Van Duyn

Con lo sguardo curioso dietro i piccoli occhiali, quasi ango­sciato e con la testa troppo piena, Roel Van Duyn è il fondato­re di Provo. Sei anni fa, insieme a Roel Stolk, Jasper Groot- weld e qualche altro, ha strappato Amsterdam al suo torpore, inondandola di bombe fumogene, ridicolizzando le abitudi­ni da svizzeri dei suoi abitanti. Meglio ancora: ha dato l’av­vio al movimento underground. I Digger a San Francisco, It e Oz in Inghilterra, lo stesso maggio ’68 hanno tratto degli insegnamenti e tradotto il messaggio di questo movi­mento-. colpire l’opinione pubblica con idee immediate e bril­lanti che sintetizzino gli odi più profondi. Per la prima volta dopo la guerra, metteva in ridicolo l’autorità, poneva degli interrogativi alla democrazia in quanto tale, per scuoterne i limiti, e poneva sul tappeto i problemi fin qui taciuti-, ur­banistica, comuniSmo, potere, contro-cultura...

Già un tempo rifugio di Cartesio, oggi di beatniks di­sorientati, Amsterdam ha capito in parte la morale di Pro­vo. Tre anni dopo, i Rabouters, Provo passati al rifor­mismo e all’azione sociale, ottengono il 15% dei voti nelle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale. Cinque di loro vi entrano, con una serie di azioni simboliche: impedisco­no al sindaco di usare il proprio automezzo, occupando il suo parcheggio; dichiarano gli alberi monumenti storici; rie­scono a strappare il permesso di costruire edifici in uno stile nuovo, o il divieto di circolazione alle auto nel centro cit­tadino.

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I Kabouters hanno fortuna: vengono un po’ ascoltati. Il pregio di una vera democrazia è quello di prestare orecchio al grido delle minoranze, senza soffocarle sotto una bruta­le valanga di sfollagenti. La democrazia, un’impressione biz­zarra, quando si arriva da Parigi. La televisione, per esem­pio-. c’è un monopolio, ma si vota per i programmi. Se li spartiscono sette gruppi d’opinioni diverse. Uno di loro, il v p r o d’origine protestante, oscilla fra pop e nuova sinistra. I centomila abbonati, in maggior parte studenti e profes­sori, sono la garanzia per un 10% delle trasmissioni. Hanno aperto la porta agli emarginati, ai contestatari. Si gira il bot­tone: ecco un sorprendente dibattito fra Michel Foucault e il linguista americano Noam Chomsky. Altra nostalgia oscu­ra, che una lunga passeggiata basta a chiarire: la città manca di uniformi. Un agente ogni mille abitanti, contro quelli cinque volte più numerosi di Parigi. E quando appare la polizia a cavallo è il più delle volte per aprire la strada ad una manifestazione di studenti che reclamano dei nuovi lo­cali.

Nel cuore della città c’è un dibattito permanente. Un pia­no urbanistico minaccia dei vecchi quartieri? Ecco i Kabou­ters occupare centinaia di vecchie case abbandonate e restau­rarle. Non vengono sfrattati; il primo ministro in persona li assolve. Cinque comitati di quartiere stampano giornali; ne­gozi alimentari servono come luogo di riunione. Non tutti i giorni la macchina burocratica arretra in questo modo, ma il compromesso è possibile, e, talvolta, anche un’apertura.

Oggi il movimento passa un momento di crisi. Lo stato simbolico che i Kabouters avevano creato, Orange free state, s’è sfasciato con le elezioni parlamentari del luglio 1971. Fun­zionano ancora alcuni servizi isolati, aiuti ai vecchi o comi­tati di quartiere. La città sovvenziona il Paradiso, una vec­chia chiesa che serve da luogo di raccolta ai beatniks infred­doliti. I marxisti puri e duri ne traggono degli insegnamenti amari: « I Kabouters, dicono, non hanno in fin dei conti cambiato nulla. Partiti in venti, hanno fatto parlare di sé

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come fossero centomila, per poi estinguersi, come la fiamma di una candela senz’aria. Tutto ciò non meriterebbe un di­scorso più lungo di quello per la chiusura di una fabbrica o per licenziamenti abusivi. Non è un caso se la stampa borghese ha aperto loro le sue colonne... »

Significa, ci sembra, andare un po’ troppo in fretta al dunque. Occorre sempre scambiare il surrealismo per uno sciopero? È molto bello vivere ad Amsterdam e ciò non è, oggi, una vittoria così meschina. Ecco perché Actuel si è re­cata da Roel Van Duyn, uno dei primi provos, il primo dei Kabouters. Egli rifiuta di assumere la leadership, ma ne par­la bene. Anarchico sul punto di intraprendere altre scelte, conosce bene i suoi classici, Marx, Kropotkine, Paul Good­man, Dada. Ma, in modo curioso, ha poco praticato i suoi emuli dell’underground americano o del gauchismo francese. Amsterdam lo assorbe completamente. Indirizza i senza tet­to verso gli appartamenti ospitali, organizza la lotta giorno per giorno, si mobilita, come molti altri sui problemi del­l’ecologia. Non è mai sicuro di niente e per questo soprat­tutto merita di essere ascoltato.

a c t u e l Dove sono i Kabouters?r o e l v a n d u y n Calma. La nostra organizzazione princi­

pale, l ’Orange free state, è scoppiata l’anno scorso. Molti militanti si nutrivano di illusioni: credevano che andasse cam­biato tutto nella vita dell’Olanda.

a c t u e l Anche t u ?r o e l v a n d u y n No io non avevo le stesse motivazioni

degli altri. Per me, la lotta conduce alla piena compiutezza di sé, vi si verificano le proprie possibilità e i propri limiti. Ma, in generale, un movimento politico ha bisogno di suc­cessi concreti; altrimenti deperisce e i suoi militanti si bru­ciano.

a c t u e l Voi apparivate come uno dei rari movimenti ef­ficaci.

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r o e l v a n d u y n Tu conosci le nostre conquiste più dure­voli: occupazione di palazzi vuoti, creazione di comitati di quartiere, di fattorie modello in campagna e sei o sette ne­gozi di prodotti genuini che servono anche i centri di agita­zione. Questi negozi vendono prodotti sani e funzionano co­me cooperative autogestite: primi pilastri di una contro- cultura, costituiscono una spina nel fianco della società domi­nante. C’è un punto sul quale vorrei insistere: è fondamen­tale trovare un punto di contatto fra controcultura e società dominante, ed è bene distinguere fra controcultura e sotto- cultura. Per me, la sottocultura è, troppo spesso, soltanto una scappatoia disperata. Si spara a zero ed è tutto.

a c t u e l Come ha fatto a scomparire l’Orange free state?r o e l v a n d u y n Le sue istituzioni ci sono sempre, nego­

zi, servizi di assistenza agli anziani, fattorie e i cinque con­siglieri comunali, polemisti e scrittori come me, ma il mo­vimento non ha più una testa. Occorre riorganizzarlo. Ci siamo spaccati sull’elettoralismo, nelle elezioni del 1971. Alcuni Kabouters, fra cui anch’io, volevano partecipare alla competizione, altri no. Personalmente, penso che si possa ottenere qualche riforma attraverso il sistema democratico tradizionale. Ne ho avuto l’esperienza sedendo nel consiglio comunale di Amsterdam in due riprese, quest’anno e due anni fa.

a c t u e l E allora?r o e l v a n d u y n Ho anche potuto rivolgermi ad un pu­

blia) vasto, avere accesso alla stampa, esporre i problemi che più ci stanno a cuore. È bene sfruttare i media, soprat­tutto se si ha il dono del teatro. Mi spiego: il sistema de­mocratico non è altro che una cortina di fumo, si registrano in pubblico le decisioni che altri prendono, altrove. Nessu­na spiegazione sulle motivazioni segrete dell’esecutivo: ci lasciano soltanto un bla-bla-bla inutile. Si tratta dunque so­lo di una rappresentazione: io mi sono deliberatamente po­sto su questo terreno dello spettacolo. Ho giocato all’am­basciatore mitico di Orange free state: il simbolo di un’au-

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torità è già un inizio di autorità. Detto questo, non avremmo però dovuto, a conti fatti, partecipare alle elezioni al prezzo di una divisione del movimento. Di colpo, i candidati han­no messo su pancia: trentamila voti per i Kabouters in tutta l ’Olanda, contro quarantamila nella sola Amsterdam nel 1970.

a c t u e l Come si può distinguere il movimento dei pro­vo da quello dei Kabouters?

r o e l v a n d u y n Provo è la morte della non costruzione. Apparve in una società bloccata, come uno scoppio dispe­rato. Desideravamo la rivoluzione, ma la credevamo impos­sibile. Allora abbiamo scelto di scuotere l ’opinione pubbli­ca, facendo vedere come l’autorità può e deve essere attac­cata, che non è infallibile. Urlare è una cosa fondamentale in una società autoritaria. Ma la rivoluzione non si costrui­sce sul nulla. È necessario preparare l ’opinione pubblica, farla riflettere: è questo il senso delle nostre scuole e delle nostre piccole unità produttive. Provocazione e realizzazio­ne: io la chiamo la teoria delle due mani; con la sinistra in­seriamo l’utopia nel vecchio mondo, come un fungo sano su un ceppo putrido. Con la destra, attizziamo il fuoco, at­tacchiamo il nemico e ci infiltriamo nelle sue istituzioni. Tutto ciò si avvicina un po’ alla strategia dei repubblicani spagnoli all’inizio della guerra civile: autogestire le fabbriche e le fattorie, e contemporaneamente combattere militar­mente il fascismo. Gli stalinisti hanno posto fine a quest’e­sperienza, eliminando gli anarchici.

a c t u e l I vostri organismi paralleli possono sopravvivere e conservare la loro autonomia? Le comunità, per esempio, reggono sovente per sei mesi o per un anno, poi, su un pro­blema economico, scoppiano. E i loro membri rientrano nel sistema per procurarsi denaro.

r o e l v a n d u y n In Olanda, il movimento è ancora in una fase ascendente. I negozi e le fattorie si sviluppano; avvo­cati danno consigli alle persone minacciate di espulsione. Ma la contro-cultura non ha senso di esistere se non per il fatto

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che riesce a convincere dei membri della società dominante, che riesce a trovare alleati fra i tecnocrati e certi borghesi, che possono sviluppare nei nostri confronti una politica di tolleranza che ci è utile. Tutto è relativo, in fondo.

a c t u e l Voi beneficiate della tolleranza democratica che prevale in Olanda. Non rischiate di chiudervi in un ghetto: l ’underground si sviluppa ai margini della società e, come in Inghilterra, finisce per bruciarvisi.

ROEL VAN d u y n Mi sono recato a Londra l’estate scorsa, durante il processo di Oz; in effetti sono rimasto colpito nel vedere l’isolamento del movimento undergroun inglese: lo si direbbe un gruppo di hippies eccentrici, smarriti in una società vittoriana, quasi immobile. Il contrasto era enorme, l ’abisso incolmabile. Ma non è il nostro caso.

a c t u e l Voi Kabouters avete solo un piede nell’under­ground e l ’altro nel gouchisme. Quali sono i vostri rappor­ti con gli hippies e gli emarginati in genere?

r o e l v a n d u y n Li vediamo soprattutto in estate, quan­do affluiscono dall’estero e non abbiamo dei veri e propri rapporti con loro. Si divertono, vivono nella merda, dormo­no all’aperto, ma non fanno quasi mai nulla. È proprio que­sta la differenza fra la contro-cultura e la sotto-cultura. Gli hippies sono molto simpatici, ma rimangono completamente alla mercè della società capitalista: si nutrono dei suoi avanzi. Perché no? Ma ciò non rappresenta la lusinga di un contro-potere. La contro-cultura può costruirsi soltanto con un minimo di lavoro e di disciplina e, in fondo, non è suf­ficiente essere un homo ludens...

a c t u e l Al tempo di Provo, tuttavia, avevate avanzato l’ipotesi di una nuova classe, il « provotariato », composto da una gioventù studentesca e di emarginati, che collocavate all’avanguardia del movimento...

r o e l v a n d u y n II provotariato è sfruttato economica­mente, perché non ha salario regolare, psicologicamente, per­ché non crede ai valori tradizionali: è l ’avanguardia della rivoluzione. Può creare situazioni esplosive e provocare l’a-

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zione operaia, come nel maggio del ’68 in Francia. I Ka- bouters si intestardiscono ad organizzare il provotariato. Compito difficile: sono persone indifferenti, lunatiche e in­disciplinate — tutte caratterisiche queste che spingono il provotariato contro la società dominante, ma lo rendono inadatto al lavoro politico. Opponendosi alla disciplina im­posta dalle istituzioni, rifiutano ogni disciplina, ivi compre­sa la disciplina che la lotta di ogni giorno rende necessaria. È per questo che numerosi progetti si arenano o falliscono.

Da un certo punto di vista non siamo che uno specchio delle istituzioni, anche se uno specchio che le deforma. Ma ciò non è sufficiente a creare una forma sociale distinta da quella ufficiale. Il provotariato è esso stesso diviso in apolitici e politicizzati, e i politicizzati sono a loro volta frazionati in tendenze diverse, molte delle quali, di fatto servono il regime. Solo una piccola minoranza, forse qual­che miglio di persone, costituisce realmente una contro-cul­tura.

a c t u e l A che cosa porterà tutto questo fra 25 anni? r o e l v a n d u y n Se la contro cultura è effettivamente

una realtà, il provotariato potrà mantenersi perché avrà po­sto le basi di un’economia di cui vivrà.

a c t u e l E sì, è il problema dell’underground, che ha at­tirato migliaia di giovani, si è costituito in movimento so­ciale, ma non ha quasi mai raggiunto altro che un piccolo numero di realizzazioni marginali, senza potere, o volere, pas­sare alla fase dell’organizzazione. L ’underground mobilita, ma non utilizza molto le sue forze. Un milione di individui battono la campagna, dove diecimila si inseriscono, mentre gli altri servono come attrazione...

r o e l v a n d u y n T u e s a g e r i, c i so n o d e lle s t r u t tu r e , d e l­le « fre e -c lin ic s » , d e i n e g o z i-c o o p e ra tiv e .

a c t u e l Si tratta sovente del lavoro dei militant poli­tici. Il problema di fondo è altrove: fino a che punto si può lasciar andare tutto, e fino a quando? Ci si può anche chiedere fino a che punto le strutture di cui tu parlavi pri­

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ma, le free-clinics e i negozi gratuiti non servano come co­modo sostituto alle istituzioni del sistema...

r o e l v a n DUYN ... Salvo quando quando si inseriscono in un progetto politico come il nostro servizio di aiuto ai vecchi.

a c t u e l D’accordo, non si può p iù calunniarvi e tacciare di nichilismo.

r o e l VAN d u y n Più ancora; abbiamo mobilitato un cer­to numero di vecchi, ciò che ha contribuito al nostro suc­cesso elettorale. L ’Orange free state ha beneficiato di una serie di circostanze favorevoli: molta militanza, la simpatia d’una parte della stampa e dell’opinione pubblica. Quando si ripresenterà una nuova situazione del genere e come provo­carla: questo è il mio problema attuale.

a c t u e l Dunque, come prendere il potere, o distinguerlo? In Francia rimangono al centro del dibattito le concezioni ri­voluzionarie marxiste della dittatura del proletariato; le vo­stre intenzioni non sono più le stesse?

r o e l v a n d u y n I o non intendo affatto la rivoluzione co­me un colpo di stato. Spero che in Olanda si produrrà un’evoluzione molto rapida, uno sviluppo della centro-cultu­ra accompagnato da un cambiamento nell’atteggiamento dei socialisti, dei comunisti e di certi centristi. Sarà necessario contare anche su una rivolta dei consumatori: l ’uomo della strada potrà ben presto rifiutarsi di avallare una cosa qual­siasi. Non sarà probabilmente un domani molto vicino, e tuttavia, qualunque sia l ’opinione dei tecnocrati che vivo­no nelle loro isole verdeggianti, la situazione è già terri­ficante. Noi abbiamo lanciato il giornale Panique: fra dieci anni non ci sarà più acqua potabile e la gente prenderà paura; si renderà conto del legame intimo che assoggetta l ’ambien­te naturale alle realtà di potere. Nel sistema gerarchico e autoritario, l’irresponsabilità è un valore importante e gene­ralizzato. I comportamenti sociali divengono strordinaria- mente distruttivi. Preso per il naso, l ’uomo non accetta più nulla, soprattutto riguardo alla natura. Sì, ben presto vi sa­ranno delle sommosse per difendere l ’ambiente naturale e io

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vedo in questo una delle ultime molle della rivoluzione... Occorre suscitare il panico...

a c t u e l Questo panico dunque alimenterebbe il cambia­mento sociale. Fin’ora le rivoluzioni nascevano da crisi eco­nomiche o da errori della classe al potere...

r o e l v a n d u y n Questo tipo di rivoluzione non ha più un avvenire ai giorni nostri. Lo stato è ormai molto meglio organizzato, la sua polizia perfettamente equipaggiata. Le ultime rivoluzioni contemporanee sono scoppiate in occasione di guerre che avevano indebolito il potere costituito: Iu­goslavia, Cina, Vietnam...

a c t u e l Allora la violenza è necessaria... r o e l v a n d u y n Per me la violenza non è un’arma: ci con­

durrebbe dritti alla disfatta.a c t u e l Negli Stati Uniti, i Weathermen non sono stati

fermati, ma è vero che hanno perso il loro credito.r o e l v a n d u y n Un rivoluzionario ha bisogno dell’appog­

gio e della simpatia del popolo minuto. Personalmente, non amo la violenza e non credo alle sue virtù tattiche.

a c t u e l I governi tuttavia non fanno complimenti nel lo­ro ricorso alla violenza: violenza subdola o violenza poli­ziesca.

r o e l v a n d u y n Si può anche smorzare la repressione. Senz’altro il governo usa la violenza per assicurarsi la con­tinuità del potere. Ma se va troppo oltre su questa strada si ridicolizza e provoca un’indignazione nell’opinione pubbli­ca che gli si rivolta. Il movimento Provo l ’ha ben dimo­strato: usavamo il giornale come esca e vi parlavamo di bom­be. La polizia è venuta ad interrogarci e a sequestrare il giornale. Ci hanno riso tutti.

a c t u e l Non c’è potere senza violenza, né rivolte r o e l v a n d u y n Sì, c’è tutto un sistema subdolo, al di

là del poliziotto. E, nello stesso modo, un giornale d’oppo­sizione è anch’esso una forma di violenza. Credo pertanto che si possa limitare la violenza brutale, confinarla per gli ultimi momenti. Ma siamo ancora ben lontani...

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a c t u e l Non è 1 Impressione che dà l’Olanda: non si ve­rifica qui nessun tipo di violenza fisica.

r o e l VAN d u y n L ’Olanda coltiva la grande virtù della tolleranza, ma è una tolleranza repressiva. Ieri, per esempio, i dirigenti della Shell ci hanno invitato: erano tutto miele. Mi hanno detto: « È bene tutto ciò che fate, continuate ». E intanto continuano anche loro. Ai loro occhi, la cortesia cancella la realtà dello sfruttamento.

a c t u e l Come funziona questa tolleranza repressiva? r o e l v a n d u y n Con il sorriso sulle labbra. Ai tempi di

Provo, questo ci bloccava. Oggi non più. Ma il sistema con­tinua imperturbabile ad esercitare la sua repressione. Prima di tutto contro la natura: il 93% delle specie vegetali sono ormai scomparse. La stessa cosa si verifica per gli animali: solo gli uccelli, in particolare i piccioni, non ci lasciono le penne. L ’acqua è così inquinata, che quella del Reno diventa imbevibile a Rotterdam, e che si potrebbero sviluppare del­le pellicole fotografiche immergendole nei fiumi. Importia­mo l ’acqua potabile dalla Norvegia: a settantacinque cente­simi il litro. Secondo tipo di repressione fondamentale, il sistema pompa senza vergogna alcuna le materie prime di tutto il mondo. Infine, distrugge l’individuo e lo trasforma in un perfetto irresponsabile: dominato, comandato, inqua­drato, l ’individuo si beffa del proprio simile e della natura.

a c t u e l Ritieni che la vostra mancanza di organizzazione abbia avuto un suo ruolo nel recente indebolimento del movimento Kabouter?

r o e l v a n d u y n È probabile. Eravamo organizzati, ave­vamo le nostre riunioni, le nostre commissioni di lavoro, ma rimanevamo fondamentalmente antiautoritari. Di fronte al­l’ampiezza della crisi, penso che dobbiamo aderire ora a delle soluzioni autoritarie. Solo una rigidissima pianificazione dell’economia, può limitare i danni. Occorre proibire d ’ur­genza gli inquinamenti più gravi. È un tragico dilemma per il potere: deve infierire contro i suoi alleati, attaccare se stesso. Contraddizione interessante. Il quadro della democra­

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zia borghese rischia di saltare. Una volta di più lo Stato do­vrà rinforzare il suo controllo sull’economia e gli individui e compiere un altro passo verso il sistema dittatoriale.

a c t u e l Per poter lottare, è necessario per un momento dimenticare l ’anarchia...

r o e l v a n d u y n Prevenire la catastrofe è in questo mo­mento la cosa più importante e questo passa avanti anche al­la realizzazione dell’utopia. Consigli operai e federazione di consigli dovranno attendere.

a c t u e l È d i f f ic ile p e r u n p o r ta b a n d ie r a d e l l ’id e o lo g ia a n t ia u to r ita r ia a m m e tte re u n sim ile c e n tra lism o ...

r o e l VAN d u y n Esatto, ed è proprio su questo proble­ma che si inserisce la mia personale contraddizione: mi ritro­vo ad essere un leader perché ho scritto che ora mi metto in disparte... I giornali mi intervistano — e sono i giornali che creano i leader.

a c t u e l Rimane da risolvere il problema del potere e dell’organizzazione... Il rafforzamento dello Stato contempo­raneo esige un contro-potere d’acciaio.

r o e l v a n d u y n Non ne sono affatto convinto. Soltanto la base può opporsi al centralismo, deviarlo, affossarlo. In questa prospettiva, un funzionamento aperto, una semplici­tà calcolata e il decentralismo dell’azione sono armi eccel­lenti. Il potere costituito non c’è abituato, si lascia sorpren­dere, non sa troppo bene chi battere, e la brava gente si diverte. Detto ciò, un contro potere deve però avere una sua facciata, offrire una continuità tangibile. Questa continuità si esprime nelle istituzioni economiche autonome, le fattorie e i negozi.

a c t u e l Torniamo al problema del potere: si tratta di prenderlo.

r o e l v a n d u y n Sì, ma non soltanto con lo scopo di mantenerlo. Gli anarco-sindacalisti furono i primi a capire lo sbocco del marxismo autoritario: un sistema in cui i mezzi e l’autorità hanno il sopravvento sui loro stessi fini. Non oc­corre oltrepassare questo punto critico che vede i mezzi im­

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piegati per prendere e soprattutto per mantenere il potere essere in contraddizione con l ’obbiettivo rivoluzionario. È meglio perdere una battaglia che lasciarsi corrompere uti­lizzando le armi del nemico. Se no, perché si lotta?

a c t u e l Una organizzazione p u ò evitare la burocratizza­zione?

r o e l v a n d u y n Deve osare sacrificare una parte della sua efficacia alla democrazia interna, deve aprirsi all’esterno e decentralizzarsi fin dagli inizi; se poi non sarà in grado di prendere il potere, tanto peggio.

a c t u e l Gli anarchici sono anticomunisti per definizione? r o e l v a n d u y n Nei paesi capitalisti in cui i comunisti

non hanno alcun potere reale, si può parlare di unità con loro nella lotta, se sono d’accordo. Ma, in generale, lo rifiu­tano perché ci detestano. In ogni modo è necessaria una severa critica alla struttura del loro partito, in Olanda, co­me altrove. Non vedo differenze sostanziali fra l ’organizza­zione del partito comunista e quella del potere costituito. Il comuniSmo ha anche lui un assoluto rispetto per la crescita dell’economia, pratica una specie di manipolazione autorita­ria degli individui e sogna di dominare la natura. Tutto ciò ci riporta molto lontano e io preferisco Kropotkin a Marx: la sua filosofia era una filosofia della natura, quella di Marx poggiava sulla cultura dell’uomo contro una natura nemica che occorreva domare. Kropotkin aveva idee profetiche sulla pianificazione; proponeva una decentralizzazione « dei giardini alle porte delle fabbriche »; Marx preferiva il cen­tralismo, grandi masse operaie concentrate nelle grandi città: ciò favoriva, secondo lui, la coscienza di classe, ed era quindi la prima tappa verso la presa del potere. Oggi ab­biamo grandi città, e siamo ancor sempre senza potere.

a c t u e l Che ruolo svolge, secondo te, la classe operaia? r o e l v a n d u y n Siamo per l ’autogestione e per i consigli

operai. Ma per interessare i lavoratori all’autogestione, oc­corre che essi ne abbiano un’esperienza. Noi organizziamo comitati di quartiere ad Amsterdam: il loro successo di-

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mostra che noi siamo sulla buona strada. Gli abitanti costri- scono giardinetti e nidi d ’infanzia, occupano e restaurano locali sfitti. La nostra segreta speranza è che essi portino questo stesso stato d’animo nella fabbrica. Ma qui abbiamo l’impressione di ripartire da zero: la società olandese vive, come le altre una contraddizione fra operai e padronato, ma da qui non deriva però nessuna diveregnza di fondo sui fini dell’economia. Ovunque c’è lo stesso materialismo e la stessa filosofia del progresso industriale.

Secondo me, a lunga scadenza, il solo progresso possi­bile si definisce come il miglioramento delle relazioni fra gli uomini. Il che significa: come trovare un regime poli­tico più onesto? e come aprire il ventaglio della comunica­bilità?

a c t u e l Se ti ritrovassi al potere — o utopia — che ne faresti?

r o e l v a n d u y n In Olanda, come in tutto l ’Occidente, bisognerebbe avere il coraggio di proclamare: « Fermiamo lo sviluppo ». Per ragioni politiche evidenti: l ’automazione, è chiaro, non sarà affatto sufficiente a liberare la classe ope­raia. Per produrre più in fretta è stato necessario frazionare ancor più il lavoro. Occorre quindi sviluppare l’economia nell’altro significato del termine, decentralizzarla, disindustria­lizzarla, mantenere soltanto i settori vitali; eliminare le pro­duzioni nocive o inutili...

a c t u e l Che ne faresti della città? Occorre rinnovarla? Distruggerla in parte o del tutto?

r o e l v a n d u y n Con i suoi milioni di individui, Am­sterdam conta già troppi abitanti e troppi pochi alloggi. Il milione è un limite. Al rinnovamento, preferisco la restaura­zione. Perciò incoraggeremo i pionieri. Una volta risolto il problema degli alloggi, mediante una ridistribuzione degli edifici, occorrerà reintrodurre una separazione fra i quartieri, impiantare dei parchi. Lo so, non è natura vera questa, ma la vera natura impiega troppo tempo a riapparire. Credo sa­rebbe bene coltivare ortaggi in città. Il cittadino vi ritro-

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verebbe il contatto con altre specie e un aria più pura. Sei mesi fa, sorridendo, avevo proposto in consiglio comunale di interrare la carreggiata delle strade e di mettere degli ortaggi sui tetti delle macchine: la strada sarebbe stata un giardino. Uno dei miei amici ha seguito il mio consiglio: l ’ossido di carbonio ha ucciso gli ortaggi. Un giorno sarà pur necessario organizzare un ambiente città-campagna.

Credo che occorra modificare le priorità dell’educazione. Le scuole sperimentali, come quelle Montessori, in cui io ho studiato, tendono a privilegiare la creatività: molto bene, anche troppo bene. La creatività individuale in sé e per sé di­venta una tara del capitalismo, che ne fa un tragico spreco. Mi piacerebbe che l’educazione incoraggiasse almeno altret­tanto lo spirito di solidarietà. Si impone anche una critica dello scientismo. Non credo affatto al positivismo: si co­mincia col conoscere ciò che è fuori di noi, per manipolarlo, ma si trascura la coscienza di sé. È così che l’uomo si abban­dona al potere costituito e partecipa alla grande corsa ad ostacoli del capitalismo competitivo, allo sprint verso il pro­gresso.

a c t u e l Quali sono i pensatori che hanno lasciato un se­gno su di te?

r o e l v a n d u y n Marx, Kropotkin, Marcuse, m a anche l ’anarchico americano Paul Goodman, Dada, i situazionisti, per mezzo di Constant.

a c t u e l Constant?r o e l v a n d u y n Un pittore olandese del gruppo Cobra,

che viveva a Parigi dopo la guerra e ha partecipato alla fondazione dell’is . Non ha fatto molta strada: è stato esclu­so. I situazionisti sono molto arroganti. Me li ricordo: sono venuti a trovarmi nel periodo di Provo, era una delegazione ultra-borghese, che ci ha a lungo spiegato le nostre devia­zioni, per poi escluderci preventivamente.

Non accettavano che noi prendessimo in considerazione di agire nel seno delle istituzioni. In breve, Constant, divenu­to architetto, aveva concepito un grande piano di utopia ur­

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banistica, quello della nuova Babilonia. Descrivere l 'homo ludens che avrebbe abitato la città del futuro. Ci ho cre­duto per un momento. Ho pensato di vedere, come lui, l ’av­vento di una società post-automazione, e che l’uomo la vi­vrebbe giocando II lavoro dovrebbe sparire. Bella illusione: era dieci anni fa.

a c t u e l È anche la fine di una bella utopia: l ’uomo do­minatore dell’Universo, scienza e vita...

r o e l v a n d u y n Occorre innanzi tutto riprendere il dia­logo con la natura, le altre specie, le piante, gli animali. I Kabouters lo fanno. Ho deciso — ride — di parlare agli al­beri del parco. Non erano molto loquaci. Sono tornato tutti i giorni davanti ad uno di loro. Alla fine abbiamo molto di­scusso. Il mio ultimo libro, Journal de panique, racconta questo dialogo.

a c t u e l Che diceva l’albero?r o e l v a n d u y n Molte cose... la storia del suo parco, le

abitudini della gente d’altri tempi (era un albero molto vec­chio). Non parlava come te. Rifletteva i miei pensieri, le mie intuizioni. L ’albero è un bell’esempio: un tronco solido e stabile, una chioma che si adatta alla luce e agli eleménti.

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Henry Lefebvre

In una Francia rimbecillita, che sognava ancora Voltaire, l’indomani di Verdun, Henri Lefebvre rivolge lo sguardo, dagli anni venti, all’avvenire del nostro secolo. Con Geor­ges Friedmann, Georges Politzer, Paul Nizan e alcuni altri, fonda il gruppo Philosophie, poi la Revue marxiste, la pri­ma con quel nome, ed è un successo per l’epoca. Ma se in un primo tempo rasentava la psicanalisi e il surrealismo, gli preferisce poi l ’adesione al partito comunista francese: come la maggior parte dei suoi amici, Lefebvre dimentica allora la ribellione per le istituzioni rivoluzionarie. Settarismo, politi­ca, Marx come Stalin: è un militante intellettuale, per la di­fesa e l ’illustrazione d’una filosofia imposta dal Komintern e dall’ufficio politico. Ma Lefebvre riflette sempre su Niet­zsche e parla della vita di tutti i giorni. Gli « ortodossi » in un giorno del 1958 si irritano di questa situazione: Lefeb­vre perde la tessera del Partito e ritrova, con il gusto della ricerca, il senso della provocazione.

Per primo ricerca una sociologia della vita quotidiana e riflette sulla Comune di Parigi. Dopo la sua esperienza di militante, che gli dà il senso della politica, vaccinandolo con­temporaneamente contro i miti, riscopre l’importanza della festa rivoluzionaria e si sforza di avvicinare Marx a Nietz­sche. Nel 1966, incontra un gruppetto, che si chiama situa- zionista e che lancia qui e là punggenti critiche premoni­trici. Ne nasce dapprima un’amicizia, poi forti contrasti. Oggi non sappiamo più molto bene che cosa dobbiamo esatta­mente all’uno e agli altri.

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Profondo, rigoroso, cartesiano, dialettico, poetico, Lefeb­vre porta avanti un insegnamento insolente, porta il suo pen­siero e i suoi studenti su strade traverse, che per lui vanno più lontano di quelle ben tracciate. Dal 1967 lascia a Nan­terre delle idee che ben presto assumeranno tutto il loro pe­so; scrive nei Prénées una serie di opere e di articoli, interroga persone e fatti, da Varsavia a New York. Lefeb­vre è un inesuaribile “ revisionista ” del pensiero: supera sem­pre i concetti degli altri e trasgradisce le ideologie, dopo averle esaminate. Oggi dice di aver trovato una lotta d’avanguar­dia e il nodo delle contraddizioni presenti e future: lo spazio e la città come il tessuto stesso della nostra vita sociale, delle sue contraddizioni e di una rivoluzione fin qui rifiutata, nel­la quale egli spera.

Questo è divenuto l’argomento di ben quattro libri. Il quinto, la Production de l’espace \ è in preparazione e vuole esserne una sintesi. Lefebvre ci dà qui le sue prime con­clusioni.

H e n r i l e f e b v r e Al di là delle mode e dei movimenti, in Europa come negli Stati Uniti, credo nell’avvenire dell’un­derground. Occorre prendere questo termine nel suo signifi­cato letterario e simbolico: la vita clandestina. Le attuali espe­rienze non sono forse il segno premonitore di un fuuro te­mibile? Guardiamo i conflitti asiatici, fino agii ultimi film cinesi sulla guerra sotterranea: la superficie è in mano al po­tere, affidata alla sua polizia, alle sue bombe, ai suoi apparec­chi da guerra; la resistenza e la rivoluzione passano per la clandestinità. Ritroveremo, attraverso queste vie impreviste e tragiche, ciò che Nietzsche chiamava « il senso della ter­ra », forme straordinarie e fin qui sconosciute di vita socia­le? Il problema dello spazio si pone fin da ora in tutta la sua ampiezza.

La domanda oltrepassa di gran lunga le preoccupazioni sul destino della natura e dell’ambiente, e si esprime dappri-

1 Edition Anthropos.

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ma come un verbale di fallimento. Ho ben visto negli Stati Uniti: i fallimenti si succedono, sia che si tratti di rinnova­menti, che di esperienze di città nuove o di progetti. Il fal­limento è contemporaneamente intellettuale e pratico. Lo sfruttamento dello spazio ha fatto invano il giro dei vari rami delle scienze, demografia, economia politica, semiologia, linguistica...

a c t u e l E la cibernetica?He n r i l e f e b v r e Anche la cibernetica. Gli sforzi di mate-

matizzazione integrale della realtà urbana negli Stati Uniti si sono impantanati: nessun risultato da un punto di vista ope­rativo, nessuna previsione seria, anche se in Francia queste cose ancora ci si sognano.

a c t u e l Pensa che non si possa programmare né lo spazio, né la vita?

HENRI l e f e b v r e Esatto. Noi viviamo in società bloc­cate; blocco dell’immaginazione, blocco del pensiero. I pro­getti degli architetti e degli urbanisti manifestano questo fe­nomeno: si assomigliano tutti all’Est come all’Ovest e in tutto il mondo. Ovunque figurine graziose e futili si anima­no sullo sfondo di uno spazio monotono. Poi viene il di­scorso, caricatura scientifica, che pretende di animare questo spazio. Questa pseudo-disciplina si chiama urbanistica.

Società bloccate, su scala mondiale: la sociologia, che lan­ciò il termine rasenta ancora l’essenziale — la caduta degli impulsi rivoluzionarsi, come un paraurti davanti agli attuali sistemi. Non è la società, ma, al momento, è la rivoluzione ad essere bloccata e, con lei, l ’immaginazione sociale. Per abbattere questo muro invisibile, teorico e pratico contem­poraneamente, occorrerà mettere tutto in movimento, ri­mettere tutto in discussione, concetti e concezioni, la filoso­fia, la storia, l ’analisi e le propsettive di questa società, fino alle categorie del pensiero. Ancora dobbiamo sottrarci al dilemma a cui la situazione ci costringe: per cambiare una qualunque cosa, occorre cambiare tutto, ma bisogna pur co­

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minciare da qualche cosa. C ’è sempre un senso di blocco, questo cerchio d’impotenza, che ci rimanda continuamente dalla parte al tutto, e dal tutto alla parte.

Non si varcherà la soglia di questo circolo vizioso, se non con un’esperienza pratica. Per me, si tratta dell’architettu­ra e dell’urbanistica, con le quali mi sono confrontato in anni di insegnamento, di dibattiti, di contatti in tutto il mondo. Ho ritrovato la stessa ossessione in tutte le scuole, in tutti i progetti: il disegno. Studenti, architetti e urbani­sti si definiscono esclusivamente come « visualizzatori », si soffermano in una pignola perfezione del tratto, in uno spa­zio unicamente disegnato che animano con le figurine e la retorica. Strano tipo di specializzazione pedagogica e socia­le. Circa un secolo fa, Ruskin spiegava la decadenza dell’ar­te con la mania del piano, l ’abitudine della carta, una per­cezione unidimensionale.

Oggi occorre, in modo più approfondito, tirare in ballo la visualizzazione sistematica che riguarda l’insieme della vi­ta sociale e urbana. Se il piano è un modo di « scrivere » lo spazio, ciò richiede l ’analisi e la critica, esattamente come le altre forme di linguaggio che hanno fin qui monopoliz­zato la riflessione letteraria e filosofica. Guardate un archi­tetto, mentre immagina un rialzo o progetta una facciata: per lui si tratta soltanto di un piano drizzato che subisce una rotazione di 90°, un intero volume visualizzato, un’iscri­zione mortuaria, che nega l’azione concreta e vissuta nello spazio. Lo spazio che si costituisce è visuale e fallico. Ogni elemento si erge al di sopra del suolo, la sua funzione è di farsi vedere e di essere visto, è partecipe di uno spazio del potere realizzato mediante delle strutture verticali, la loro virilità, la loro durezza — un controllo visuale permanente, la dittatura dell’occhio e del fallo.

a c t u e l Direi anche che l ’architetto si trasforma in un fabbricante, che noi siamo sommersi da una tecnica ripetiti­va, da un disegno in serie...

He n r i l e f e b v r e C’è sempre, nella monotonia e nella

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ripetitività, la dittatura dell’occhio. Le tecniche prendono il loro posto naturale in questo spazio dominatore e domi­nato, il disegno contribuisce a depauperare questo universo, riducendone la forma alla funzione. Prima conseguenza — e fondamentale: la scomparsa del corpo. Tutto si riduce ad una visualizzazione intensa, cioè ad un rifiuto dell’esperienza e delle cose vissute. Se ha gli occhi, il corpo non si esaurisce però nel visibile, nel leggibile o nello scrittibile; rimane opa­co e carnale. Svanisce sotto questa lettura, che non è innocen­te o estetica, ma politica e ideologica, è restituito alla terra, agli spazi sotterranei, alle funzioni oscure e simboliche del­la sessualità e della deiezione, che una certa psicanalisi gli riserva. È anche lui profondamente attaccato e negato.

Si trovano già i preludi di questa analisi nella grande me­ditazione politica di Nietzsche. Michel Foucault ci ha ricor­dato di recente che Nietzsche aveva una teoria del linguag­gio, anteriore di un mezzo secolo a quella di Saussure, e, per me, molto più profonda. Nietzsche denuncia l’ipertrofia del­la visualizzazione, che traspare da tutte le metafore della fi­losofia. L ’idea è la visione: prospettiva, punto di vista, oriz­zonte, queste metafore visuali assorbono l’elemento fonda- mentale del pensiero che fino ai presocratici era una realtà inseparabile dell’esistenza fisica del corpo. Ed è così, pro­babilmente, che Ü linguaggio è divenuto linguaggio di pote­re: il potere è stato stabilito attraverso il visibile e sul visi­bile. La tragedia e la musica hanno espresso il corpo, la fi­losofia, come rivincita, si è legata ad una gigantesca opera­zione di sostituzione e di trasferta, ha abbandonato la verità del corpo a vantagggio di una visualizzazione esclusiva, fan­tasma astratto di uno spazio astratto,, ottico e geometrico. Questo è il pensiero di Nietzsche nelle sue meravigliose ope­re sul linguaggio, paradossalmente riunite sotto il titolo di Libro del filosofo, mentre istruiscono il processo alla filo­sofia nel suo complesso. Se è necessario tornare sul pensiero di Nietzsche — come molti hanno la pretesa di fare, fer­mandosi però a metà strada — è però necessario andare fino

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in fondo a capire con lui che quelli che disprezzano il corpo sono gli uomini di potere.

E il corpo è trascurato, il corpo è negato, o, più esatta­mente, è rifiutato da questa specie di escrescenza visuale, si riduce a una rete di segni astratti, scompare... Non solo merce, ma merce venduta nello spazio visuale, l’ambiente dei mercanti che lo controlla, lo sorveglia, lo domina. Marx descriveva un mondo opposto a questo, in cui gli interme­diari prevalevano sui produttori e sui creatori. Bisogna an­dare ancor più lontano: rivoltare questo mondo, e l ’altro che oggi lo comprende e lo dirige, l ’universo della dittatura del­l’occhio.

Con un senso ben diverso, MacLuhan nella Galaxie Gu- temberg, Debord nella Société du spectacle hanno messo in evidenza questa importuna preminenza del visuale. Mac Luhan tuttavia si è messo a sognare una nuova società de­risoria che si costruirebbe attorno alla televisione. Più per­spicaci, Debord e i situazionisti si sono fermati ai fenomeni spettacolari, senza cogliere realmente la scomparsa del corpo nel visuale. Questi tentativi mancano, a mio avviso, di un substrato filosofico, ignorano Nietzsche al di là di Marx.

a c t u e l Dalla Generazione Beat, Ginsberg, Kerouac, nel complesso dei movimenti paralleli e underground, il vissuto prevale sull’intelletto, l ’esperienza sull’organizzazione. Ed è il momento di una rock music che trascina tutta una gene­razione, cui serve da linguaggio comune, con una forza mai più raggiunta nelle società occidentali.

He n r i l e f e b v r e Sì: la musica è una restituzione del corpo, vi ci riconduce costantemente attraverso il ritmo. È una riabilitazione: l ’estasi, la voluttà, il piacere, la danza, un altro tipo di comunicazione. Nietzsche era anche riguardo a questo argomento un precursore. Marx non pensava niente a proposito della musica. Mi ricordo di un testo di Engels su La Flûte enchantée: Engels identifica la musica con l’ideologia francomaçonne di Mozart, e condanna la prima, perché l’altra non gli piace. È lo stesso straordinario!

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a c t u e l Come si traduce la dittatura dell’occhio nell’or­ganizzazione urbana?

He n r i l e f e b v r e II rapporto spazio-società non è un rap­porto semplice, ma variabile e conflittuale. L ’assalto contro la società, per esempio, conquista o rivoluzione che sia, parte da una ridefinizione dello spazio. Prendiamo il caso del Ma­rais, spazio dell’aristocrazia nel xvm secolo, con i suoi par­chi, i suoi giardini i suoi alberghi. La borghesia ascendente insudicia e mette sottosopra questo spazio, vi traccia delle strade, apre i suoi negozi, i suoi laboratori, piccole mani­fatture. Ci si lamenta oggi del deterioramento del Marais, si dimentica che è il risultato di un’intensa lotta di classe. Co­me lo fu l’azione di Haussmann, che sventò il doppio com­plotto — strade con circolazione e transito senza macchine — che si costituiva spontaneamente in Parigi. Nello stesso mo­do i conquistatori trasformano la morfologia di uno spazio, per prendere possesso di una società: vedi i romani o la penetrazione spagnola nell’impero inca.

a c t u e l Lei parlava dei conquistatori e dei rivoluzionari... He n r i l e f e b v r e Ciò vale per la rivoluzione borghese.

Fino ad oggi la rivoluzione proletaria non ha potuto creare un suo spazio, per ragioni che rimangono da analizzare.

a c t u e l Non pensa che a diverse forme sociali corrispon­dano diverse forme di città? C ’è un’urbanistica nazista, un’urbanistica staliniana, che, ahimè, non sono del tutto estranee Luna all’altra. Si può sviluppare questo tipo di ana­lisi?

h e n r i l e f e b v r e Perché no. La città islamica è , probabil­mente, come dice Berque, una città della giustizia e della testimonianza, molto più che il labirinto uterino che vuole vedervi la psicanalisi. Organizza i suoi spazi attorno ad un centro, in cui siede il giudice. E poi le città italiane, il Rina­scimento, le città-monumento...

a c t u e l È l a bellezza. Bisogna rinunciare per sempre a creare nuove città come Siena, cinquantamila abitanti suddi­

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visi in una decina di spazi collettivi superbamente equilibrati nell’ambito di un tessuto urbano densissimo.

He n r i l e f e b v r e L ’equilibrio di Siena derivava dalla con­correnza fra i quartieri, una separazione armoniosa dei gruppi e delle professioni che gli attuali sistemi di comunicazione e i continui cambiamenti della società industriale non ci per­mettono più. Ci sono altre esperienze. Mi hanno citato il caso di una piccola città californiana, creata di recente e de­stinata ai Negri. Questa città ha conosciuto una vita intensa. Alcuni Bianchi l ’hanno saputo e vi si sono fermati, per sfug­gire alla noia, o per divertirsi addirittura. Si è trattato, si di­ce, di un sorprendente superamento dell’odio razziale: Bian­chi che si integrano con i Negri attraverso un processo or­giastico, mentre in generale si cerca di integrare i Negri con i Bianchi e si fallisce. L ’esperienza è interessante, se non pro­prio convincente.

a c t u e l Ma in Francia? Per me, Avignon o Aix sono cit­tà equilibrate. Lo so: queste città hanno impiegato secoli a organizzarsi ed è un regalo che la storia non ci farà più.

HENRI l e f e b v r e L ’equilibrio di Aix o di Avignon si è mantenuto a tal punto che queste città hanno potuto resi­stere all’industrializzazione. Ma sta cominciando a venir me­no e non penso si possa ricomporlo. È necessario chiedersi: in che modo è stato prodotto questo spazio? Da chi e per chi? È la prima domanda che pongo agli Americani che cer­cano di creare una città sperimentale. Ogni città corri­sponde ad un’epoca e ad una storia.

Le società possono stabilire un doppio rapporto con lo spa­zio: talvolta ne perdono il controllo e si perdono esse stesse, tal altra — ed è il caso della società borghese — impongono il loro spazio e tentano di regolare per suo tramite i pro­cessi economici e i movimenti sociali. Come Haussmann re­spinse fuori dalle mura le popolazioni pericolose, ai giorni nostri la pianificazione territoriale si sforza di dominare il fenomeno industriale. Lo « spazio strumentale » non dipen­de affatto dalla tecnica pura, contrariamente alle afferma­

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zioni di un urbanistica compiacente: strumento, certo, ma al servizio del capitalismo e della borghesia. La società nel suo insieme, dominata da una classe, manipola il suo spazio per orientare a suo vantaggio le realtà demografiche, eco­nomiche e politiche.

a c t u e l Lei non crede ai benefici della pianificazione u r ­

bana?H e n r i l e f e b v r e Ne critico con forza lo stesso principio.

La pianificazione urbana mira a regolare strategicamente lo spazio della borghesia, come si delinea fin da Haussmann. Essa rimane impotente di fronte al compito di creare, di equi­librare o di armonizzare la città moderna. Il problema è al­trove: si tratta di superare la contraddizione fra lo spazio e la società, di trovare tra i due termini un’articolazione tale che i loro rapporti non si concepiscano più, in un senso o nell’altro, in termini di asservimento, di dominazione o di lotta. Ciò implica una serie di superamenti a tutti livelli. Per esempio, quello dell’opposizione fra monumento ed edi­ficio - il monumento aristocratico, opera di potere, l ’edi­ficio destinato al popolo, serie di telai e scomparti spaziali e morfologici. E quello del pubblico e del privato, dell’in­dividuale e del sociale, che incarna a suo modo l’antagoni­smo fra lo spazio della casetta e quello dei grandi complessi. La Fondazione Ford di New York rappresenta, riguardo a questo, una prima esperienza. La si potrebbe considerare una realtà monumentale se la semplicità delle masse e l ’assenza della facciata non si opponessero a questa definizione. Giar­dini esterni, giardino tropicale e centrale dalle pareti di ve­tro montate su cemento, che assicurano l ’unità dello spazio esterno ed interno, e che strutturano il mondo urbano degli uffici, aprendo contemporaneamente alla città un passag­gio fra la 42° e la 43° strada: né monumento, né edificio, la Fondazione Ford abolisce il pubblico e il privato nella sin­tesi di continuità di uno spazio che non ha diritto e rovescio. Si tratta di un sintomo, ancora di un caso isolato, appena un esempio. La società futura dovrà pur capovolgere la pro­

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spettiva spaziale: una sostituzione rivoluzionaria, un nuovo incontro, sovvertito, con il corpo.

a c t u e l Come definire un nuovo tessuto urbano in que­sta prospettiva?

He n r i l e f e b v r e È necessario qui fare appello ad una nozione fondamentale: quella di creazione o produzione di spazio. Soprattutto in Francia le esperienze rimangono asso­lutamente insufficienti, a cominciare dalla più interessante, quella delle Halles. Si trattava semplicemente di uno spazio vuoto, in cui si riversò per un certo tempo un’attività ludica sotto l’effimera copertura degli ombrelli di Baltard. Vi eb­be luogo l’utilizzazione e la trasformazione di uno spazio preesistente, non la creazione di uno spazio. Altrove, i tec­nocrati ci propongono uno spazio-oggetto, senza confessare chi lo manipola e a vantaggio di chi. La società burocratica produce ineluttabilmente uno « spazio ad albero », secondo l ’espressione di Christopher Alexander, cioè una struttura in cui il tronco domina e dirige ogni ramo.

Nella Germania degli anni trenta, gli architetti del Bau- haus hanno capito intuitivamente che, invece di continuare a creare oggetti isolati, separati gli uni dagli altri nello spa­zio, la società moderna permetteva di creare lo stesso spa­zio. Si ritrova questa stessa idea, ma su un piano meno teo­rico, in Le Corbusier, come negli urbanisti russi del periodo prestaliniano. Bisogna razionalizzare l’intuizione e introdurre la nozione di produzione dello spazio come concetto fonda- mentale.

Questo concetto ricade su tutta la storia delle nostre società e le rischiara. Ogni sistema sociale ha avuto il suo modo di produrre lo spazio. Nel xvii secolo la Francia e l ’Europa si coprirono di una rete di fiumi e di canali navi­gabili, si aprirono porti sul mare. Lo spazio acquatico così prodotto crea e dà forma a città lungo i fiumi, Orléans, Tours, Parigi naturalmente, tutto commercio e architettura. Allo stesso modo lo spazio determinato dalle ferrovie strut­tura la società del xix secolo, l ’industrializzazione, fino ai

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cambiamenti e alle migrazioni sociali. Nel xx secolo, grazie allo straordinario sviluppo delle forze produttive, l ’uomo potrebbe assumere e controllare coscientemente nuove forme di produzione dello spazio, invece di arrestarsi nella ripeti­zione di moduli stereotipati tipici delle abitazioni a basso canone e delle autostrade.

a c t u e l Riducendone la singolarità e controllandone re­lativamente l’aspetto economico, la borghesia del xx secolo giunge a riprodurre nel campo spaziale la contraddizione che affliggeva nel xix secolo il mercato dei beni e dei servizi. Si traspone qui la distorsione e la padronanza completa del­l’economia ingenera un’anarchia dello spazio che non hanno conosciuto né l’Ancien Regime né il capitalismo liberale. È questa, forse, la temibile contropartita dell’industrializzazione.

He n r i l e f e b v r e Come Marx ai suoi tempi con la pro­duzione industriale, la riflessione sociale contemporanea è oggi confrontata con la nozione di produzione dello spazio; essa deve compiere una seconda rivoluzione su se stessa. Prima di Marx, economisti e ideologi contavano e studiava­no le merci, cercavano un legame psicologico fra le cose pro­dotte e i bisogni, elaboravano una teoria commerciale della vita economica. Restavano prigionieri del discorso sulle cose, un pensiero quotidiano e banale. Marx capisce che la merce contiene e dissimula i rapporti di produzione, e che a un certo livello questi rapporti sono generati dalle forze pro­duttive. È questa, secondo me, la profonda originalità del marxismo. Oggi, urbanisti e sociologi descrivono ancora tri­vialmente lo spazio e le cose nello spazio. Anche qui il pen­siero deve giungere ad una completa inversione di punti di vista: dal discorso sullo spazio al concetto stesso di spazio e della sua produzione. I rapporti di produzione capitalistici hanno ostacolato lo sviluppo delle forze produttive; allo stesso modo, inducono, ostacolano, utilizzano e sviluppano nella loro logica la capacità di produzione dello spazio. Nel momento in cui questa diviene un fatto universale, la borghe­

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sia in quanto soggetto storico sminuzza lo spazio e lo rivende all’ingrosso e al dettaglio.

a c t u e l Lei non crede che il rinnovamento di Parigi, p e r prendere una città fra le tante, possa rappresentare una produzione complessiva dello spazio, quali che siano le in­tenzioni e gli intoppi?

He n r i l e f e b v r e È solo una tendenza, sono tentativi, sem­pre frenati e scalzati dagli interessi particolaristici, dalla spe­culazione, dai promotori, dal peso del passato — in una pa­rola, dalla pratica sociale del capitalismo. Teoricamente e praticamente la strutturazione del territorio è un fallimento. Le classi sociali impegnano la loro lotta nello spazio, ma al di là delle contraddizioni della produzione e della socializza­zione, lo spazio è esso stesso luogo di contraddizioni speci­fiche e di fondo, al primo posto fra questa percezione glo­bale e questa frammentazione che gli impone il sistema do­minante. Le tecniche moderne allargano indefinitamente lo spazio — possibile sfruttamento dei mari, dei deserti, dei cieli o dei pianeti — mentre lo spazio commerciale si fà sem­pre più raro, in una penuria organizzata e provocata.

a c t u e l Come concepisce lo spazio fu t u r o ? Più concreta­mente, che cosa ne farebbe delle Halles?

HENRI l e f e b v r e La sua domanda è inaccettabile. Lei pre­tende di far penetrare il ragionamento nel futuro. Potrei a rigore rispondere, se mi si dessero cento milioni, e ancora: forse li regalerei ai Black Panthers. Non studio lo spa­zio-cosa, o lo spazio-oggetto, non più comunque di quanto Marx si sia soffermato a dissertare sull’industria tessile o metallurgica, prima di aver stabilito i concetti e le leggi che regolano la produzione industriale nel suo complesso. Io ana­lizzo la nozione di produzione dello spazio, ma non uno spa­zio particolare: invertire il problema, significa annullarlo.

Lei può sempre chiedermi a che cosa serve il mio concetto, o, per usare un gergo moderno, qual è il suo valore opera­tivo immediato. Mutatis mutandis, a Marx e al suo Capita­le si chiederebbe la stessa cosa. No, tutto ciò non porta a

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niente, ora come ora, questa riflessione è un’arma critica che mira ai tempi lunghi. Io non lavoro per gli architetti delle Halles.

a c t u e l D’accordo, capisco che lei rifiuti di descrivere in modo autoritario uno spazio, prima di aver messo in luce i meccanismi generali della sua produzione. Ma il vissuto, le aspirazioni degli utenti: non bisogna partire da qui?

HENRI l e f e b v r e Non bisogna fare un feticcio dello spa­zio vissuto, più di quanto non lo si faccia con lo spazio-og­getto. La produzione di uno spazio globale non si riduce alle aspirazioni dei suoi utenti. Le ultime dispute in corso a Var­savia sono molto significative al riguardo. Alcuni urbanisti intelligenti avevano presentato un progetto realmente nuo­vo e innovatore, una struttura della città che rispettava i giardini e orientava il corso dei venti. Il Parlamento, le or­ganizzazioni cosiddette di massa e la popolazione stessa han­no fatto di tutto per bloccare l’iniziativa. Esigevano case popolari al posto dei parchi e dei giardini. Come se si vo­lessero costruire degli edifici al centro del Luxembourg, o riempire il vuoto delle Halles con scatole di cemento - ciò che, d’altra parte era nei piani del partito comunista. Si de­ve tener conto delle aspirazioni e delle rivendicazioni degli abitanti, e ritrovarle alla fine del percorso; non si può pren­derle come punto di partenza, senza andare a finire nelle peg­giori catastrofi.

a c t u e l C’è a n c o ra u n a c o n tra d d iz io n e d e llo sp a z io ?He n r i l e f e b v r e Sì. Bisogna oggi ricollegare l’analisi a

quella della ristrutturazione dei rapporti di produzione ca­pitalistici. Messi in crisi ben tre volte in un mezzo secolo - dopo la prima guerra mondiale, alla Liberazione, nel mag­gio 1968 — i rapporti di produzione capitalista si sono rico­stituiti. Sapere come? Io credo attraverso lo spazio. La sto­ria del tempo sociale è inscindibile dalla storia dello spazio sociale, con tutte le implicazioni biologiche, antropologiche, la vita vissuta animale e psicanalitica. Lo spazio sociale si inserisce nel tempo. È sempre stato prodotto; nella nostra

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società, bloccata, si riproduce. Non c’è più immaginazione né creatività: è il riscatto del blocco rivoluzionario. Pren­diamo in considerazione questa enorme commedia, l ’incre­dibile ripetitività borghese. Da decenni è stato rigurgitato il passato — il regno del neo-arcaico: ripresa, rinnovamento dei secoli passati con la copertura di un discorso modernista, quasi in un ordine cronologico.

Tutto è passato su questa scena: il primo, il secondo Im­pero, la Belle Epoque, gli Anni folli... Ciò che si chiama cul­tura è un rimandare indietro su vasta scala, un gusto del vomito, per qualcosa che è già stato mangiato e deglutito. Quale cumulo di segni, e i segni della novità rivestono di lustrini tutto il vecchio che consumiamo. Tutto accade co­me se il tempo si invischiasse, si impantanasse nel ripetitivo, ivi compreso quello politico — lo Stato, la burocrazia, l ’as­soggettamento. Nell’architettura e nell’urbanistica non c’è al­tro che la sistemazione del ripetitivo. Gigantesca parodia storica, che già Nietzsche imputava. Ci sono cose finite, esau­rite: del composito, un tempo conosciuto e riconosciuto in quanto tale, rimangono solo varianti che finiscono per diven­tare insignificanti. Allora tra la soddisfazione e il disagio, imputridisce una grande palude stagnante, infarcita di vio­lenza, che serve come distrazione.

Questa società assomiglia sempre di più ad un enorme cono di deiezione alla base della montagna. I torrenti han­no consumato gli spigoli: è la storia. I rigurgiti del passato si stendono in strati leggeri e successivi. La morte del Dio, la morte della Storia, la morte dell’uomo, la morte del tem­po, la morte del corpo, la cultura... tutto è consumato. Sal­vo non so bene quali piccoli aggeggi che si presentano come sogni e rivoluzioni. Rivoluzione nella purezza sintetica o nel rasoio a pile. E in fondo, nascosto e turgido, un nichi­lismo latente, straordinario.

Oltre il nichilismo, dov’è l ’alternativa? Si intravedono del­le possibilità attraverso il processo dominante: superamento del pubblico e del privato, del monumento e dell’edificio,

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della contraddizione fra spazio e società, questa visione di uno spazio concepito, percepito e realizzato globalmente, sistemato sul vissuto e sull’universale. Io mi ripeto: riprodu­zione, da un secolo, dei rapporti di produzione capitalistica, estensione di questi rapporti a tutto lo spazio, ripetizione immanente alla loro produzione, e pertanto non c’è riprodu­zione assoluta. Appaiono differenze — non è facile distin­guerle — nel quotidiano, nell’urbano, nello spazio. La diffe­renza punta sull’omogeneità e comincia la sua lotta. Arri­viamo ad un limite: sotto la spinta delle forze produttive, la società tende alla rottura - il crollo, la guerra mondiale o la rivoluzione.

E sono tutti all’ultimo respiro, compresi gli Americani. La riproduzione dei rapporti sociali è sempre più fragile, co­me mostra la contestazione generalizzata, il malcontento ipo­crita, le scintille che scoccano qua e là. Le nuove società dei nostri governanti sono solo burle, a rigore una coscienza ancora confusa della ripetizione.

a c t u e l Ma come credere nel socialismo?He n r i l e f e b v r e II socialismo di Stato si arena, perché

uno Stato è in grado di produrre soltanto uno spazio statico, cioè controllato e gerarchizzato, all’immagine dello spazio vecchio. L ’etichetta e l ’ideologia non cambiano niente in questo stato di cose. Varcherà la soglia chi passerà ad un altro modo di produrre, produzione dello spazio e non produ­zione delle cose nello spazio. Così potrebbe sbloccarsi anche l’immaginazione. È l’ipotesi favorevole, l’alternativa o nichi­lismo. Non ne vedo altre. Tutte le categorie riflettono in funzione di questa apertura. Si parla oggi di autogestione delle aziende. Secondo me, la società rivoluzionaria sarà l’autogestione dello spazio.

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cfdt, Jeannette Laot e Fredo Krumnow

Ponendosi alla sinistra della sinistra tradizionale, o scar­tandola, si trova soltanto un interlocutore, la c f d t . Il par­tito comunista, impegolato nel suo revisionismo disciplinare, bolla preventivamente la concorrenza, e taccia tutti di pro­vocatori. Per mimetismo e per convinzione, la CGT calca le tinte. Il partito socialista vorrebbe recuperare a distanza, ma il suo aspetto sparuto e rugoso, i suoi vecchi burocrati non hanno niente a che vedere con il nostro discorso. Il p s u pone dei problemi: numerose linee, fra cui bisogne­rebbe saper scegliere. Organizzazione operaia di massa che ha sulle altre il vantaggio di lottare dall’interno delle fab­briche, la c f d t rimane in contatto con i gruppi minoritari e cerca anche di esprimerli. Ha accolto, senza troppo repri­merle, le generazioni nate dal maggio 1968, reduci dal maoi­smo e dal trotskysmo, giovani lavoratori o gauchistes senza occupazione, che ricercano l’efficacia dell’azione quotidia­na. I dirigenti stessi della c f d t riprendono talvolta i temi dell’estrema sinistra e lo fanno con sincerità. Il sindacato mormora: aperto, democratico, antistalinista, è un sorpren­dente centro di ricerca in cui si mettono a punto concetti nuovi, in cui si logora la burocrazia, e si tormenta il capita­lismo.

Sviluppi: il piccolo sindacato cristiano, moderato e com­plessato da un comuniSmo un tempo ben più energico di oggi, è divenuto una grande centrale combattiva, temuta dal padronato ed esposta alla repressione. Il vocabolario cattolico, generoso e vago, si è trasformato nel corso degli

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anni, in una pratica precisa. Si parla ormai di lotta di classe, di abolizione della proprietà privata dei beni di produzione, di autogestione e, da poco tempo, di rivoluzione. Sotto la spinta del movimento di Maggio, la c f d t ha saputo e s te n ­dere le proprie preoccupazioni ai problemi della vita sociale complessivamente, come alle nuove correnti di idee che tra­spaiono qua e là, a dispetto del normale settarismo.

L ’autogestione, idea chiave, rimane un concetto ancora vago della società futura. Ma da oggi la c f d t rispetta l’au­tonomia operaia nelle lotte e rifiuta di dare parole d’ordine verticistiche. Il suo anticapitalismo non ha nulla a che ve­dere con le voglie buroratiche del comuniSmo europeo: si diffida tanto del leninismo e delle sue deviazioni che del riformismo socialdemocratico e trade-unionista.

Ovunque, alla direzione, si ricerca e si dibatte, si ricevono gauchistes o uomini politici del tutto tradizionali, si lavora con équipes di sociologhi e di esperti in scienze umane. Ri­mane un equivoco: fra polemiche violente, la c f d t pratica un’unità d’azione con la c g t e mantiene una simpatia ri­servata per gli sforzi unitari della sinistra parlamentare, p s e p c f . Ideologicamente più vicina al gauchisme, rifiuta tuttavia di lascirsi trascinare nella dispersione delle dispute fra gruppuscoli e nell’isolamento. Aperta a tutti, ma mai divisa, la c f d t paga questa sua ambiguità: il suo eclettismo nasconde una solitudine più profonda.

Actuel ha intervistato Fredo Krumnow e Jeannette Laot. Il primo fu operaio, poi impiegato nel settore tessile, alla Mulhouse, per poi essere eletto nel 1970 membro del co­mitato esecutivo della Confederazione. È considerato uno dei responsabili più “ gauchistes ” della direzione. La secon­da, vecchia os dei tabacchi, è responsabile del settore Azio­ne sociale, anche lei membro della c e . Dal 1967, si occupa in modo particolare delle lotte del settore femminile.

a c t u e l Cinquantamila manifestanti a Charonne il 28 feb­braio 1972, più di centomila ai funerali di Overney il

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4 marzo: siete stati sorpresi da questa rinascita politica di un gauchisme che segnava il passo ormai da quattro anni?

f r e d o k r u m n o w C’è sempre stata una forza contesta­trice spontanea in questo paese, e ne eravamo coscienti fino in fondo già prima del maggio ’68. Era normale che l ’assas­sinio di un operaio da parte di un poliziotto padronale pro­vocasse una simile mobilitazione.

Meno naturale è stata l’unità che i gruppi d’estrema sini­stra sono riusciti a trovare su questo fatto. Non bisogna neppure dimenticare l ’indifferenza della classe operaia della Renault, questa incomprensione dei lavoratori di fronte all’azione politica dei gruppi. Le pressioni della c g t e del padronato non sono le sole in causa: nella fabbrica, il maoi­smo è rimasto come un corpo estraneo.

Le giovani generazioni, — soprattutto la parte di loro più impegnata — capiscono male che la classe operaia ha le sue tradizioni di lotta, molto vecchie, ma pur sempre presenti nella reazione collettiva. Così si spiega la reticenza dei lavo­ratori di fronte ad un intervento esterno, qualunque sia — anche quello del partito comunista là dove ha la maggioran­za, al punto che il PC si trattiene, sovente, dall’utilizzare i militanti della CGT all’interno di una fabbrica, anche solo per distribuire un volantino. Questo riflesso dell’autonomia del­la classe operaia si manifesta ovunque, ma in modo partico­lare alla Renault.

j e a n n e t t e LAOT La classe operaia accetta molto rara­mente le azioni minoritarie. Più ancora: la coscienza di clas­se stessa non va sempre oltre la cerchia dei militanti politici o sindacali. E se così non fosse, ci sarebbero le condizioni per una rivoluzione. Noi sappiamo alla c f d t che i gruppi gauchi­stes portano una ribellione e un’esigenza che sono anche nostre. Ma noi siamo un’organizzazione di massa, non cre­diamo si possano cambiare i rapporti di forza in questo paese, senza emancipare i lavoratori nel loro complesso: noi non vogliamo fare la rivoluzione senza di loro; — e d’altron-

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de, lo potremmo? Capiamo molto bene l ’impazienza dei giovani, che non sono forse ancora alienati quanto noi nella condizione di operai, che sfuggono contemporaneamente al peso del passato e alle responsabilità di una organizzazione sindacale, ma non possiamo sempre seguirli fino in fondo. È un problema di generazioni: i giovani lavoratori rifiutano con forza lo sfruttamento le condizioni di lavoro e la vita che vien loro fatta subire, a differenza dei lavoratori più anziani, più oppressi, più sottomessi, e in parte integrati nella società dei consumi. La gioventù operaia ha manife­stato in occasione dei funerali di Overney, con la gioventù studentesca e liceale. Alla Renault, una classe operaia più tradizionale non ha reagito.

a c t u e l In che modo avvertite le conseguenze, voi in quanto sindacato, dell’intervento dei gruppi gauchistes sulle fabbriche?

f r e d o k r u m n o w Ci vuole molto tempo per inserirsi in una collettività operaia, anche se si appartiene all’ambiente operaio — e noi ne sappiamo qualche cosa. Io capisco molto bene quei giovani che scalpitano e vogliono precipitare le cose...

a c t u e l La rivoluzione è precipitare le cose.f r e d o k r u m n o w No, la rivoluzione non è precipitare

le cose, ma condurle fino in fondo; mettere il giogo abba­stanza robusto ai cavalli, per giungervi un giorno. Come in­tegrarsi nella fabbrica prima di mesi e mesi di lavoro e di amicizia? Bisogna prendervi piede, se no ogni intervento può sembrare venga dall’esterno e sortisce l ’effetto di un rigetto. Non c’è come la Renault. Le donne dell’Ugeco hanno con­dotto uno sciopero di sei settimane, molto organizzate, con un’assemblea dei lavoratori ogni giorno. Alla fine del quin­dicesimo giorno, alcuni gruppi hanno cominciato a distri­buire volantini attorno alla fabbrica per presentare l ’analisi della situazione. Le operaie li hanno trovati molto simpatici, li hanno anche inviati al ballo con tutta la popolazione, ma si sono chieste seriamente: « di che cosa si immischiano? »

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Di contro, durante lo sciopero alla Pennaroya, i Cahjers de mai sono venuti a girare un film. Si trattava qui di un ap­porto positivo, un modo di far conoscere lo sciopero. Ma l’intervento diretto durante i momenti decisivi dell’azione della classe e di massa è sovente molto mal sopportato.

j e a n n e t t e LAOT Certo, alcuni gauchistes che sono en­trati in fabbrica per lavorare sono stati accettati dai loro compagni di lavoro. Talvolta sono anche riusciti a mobili­tare la loro fabbrica che altrimenti non si sarebbe mossa. Il loro atteggiamento non è allora molto diverso da quello dei militanti sindacali. Devono essere i lavoratori a decidere il momento e la forma dell’azione: si può credere che ci siano tutte le condizioni più favorevoli per uno sciopero — la fabbrica è senza scorte o i registri delle commesse sono stra­pieni — e tuttavia quel giorno gli operai rifiutano di battersi. In altre circostanze meno favorevoli, decideranno invece di lottare perché la situazione appare loro intollerabile. Nessu­no ha diritto di ergersi a maestro.

f r e d o k r u m n o w Io assisto a numerose assemblee di lavoratori, di natura e di livelli molto diversi. Alla c f d t non abbiamo mai messo alla porta un compagno che vuole espri­mersi politicamente. Quando interviene un trotskysta, più o meno fa un discorso di questo genere: « Bene compagni, la lotta è cominciata, ecc. » E ne ha per un buon venti - qua­ranta minuti e, se non lo si ferma, anche per un’ora. Il trot­skysta spiega all’assemblea quel che bisogna fare, come biso­gna farlo, la realtà della lotta di classe e i metodi di una mobilitazione rivoluzionaria. Il miglior modo di disorien­tarlo è ancora di aspettare il momento in cui rivendica il diritto di parola per le masse, e di fargli notare che parla da ventidue minuti, che nessun altro potrà dir più nulla e che farebbe bene a cedere il posto. Cosa che in generale egli accetta, in attesa che qualche altro compagno trotskysta si alzi e gli dia il cambio. Io metto la cosa in ridicolo, ma av­viene realmente così. Non c’è comunicazione e l ’intervento rimane estraneo. Il maoista, dal canto suo, non fa interventi

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fiume, ma il risultato è lo stesso. Dice: « ascoltate, compa­gni, un lavoratore immigrato s’è rotto la testa la settimana scorsa, nel cantiere x. Che cosa ha fatto la c f d t ? » È mol­to più abile e molto più incomodo. Ci si domanda: dov’è il cantiere x? Abbiamo una sezione sindacale sul cantiere? C ’è stata qualche carenza da parte nostra, o addirittura assenza? « Allora, conclude il maoista, in ogni modo, ecco il volan­tino che distribuiamo; siete d ’accordo? » Quando si arriva alle proposte operative, se il delegato sindacale suggerisce di fare un’ora di sciopero, il gauchista, trotskysta o maoista che sia, si precipita a rincarare la dose: « Bisogna fare uno sciopero di ventiquattro ore, e non di un’ora come ha detto il compagno ». Se la proposta era di ventiquattro ore, egli chiede lo sciopero a oltranza. Se era lo sciopero a oltranza, l ’occupazione della fabbrica. E se anche questa era stata già proposta, chiede il sequestro del padrone. Questo salire via via è facile, ma non sempre è adatto all’atteggiamento collet­tivo dell’assemblea. Per praticare la lotta di classe e di massa, bisognerebbe invece giungere a rompere lo schema tradizio­nale che separa quelli “ che sanno ” da quelli che “ non san­no. ” Il militante politico ha troppo spesso l ’impressione di essere la coscienza della classe operaia, oltre la classe operaia.

a c t u e l Uno schema opposto a quello leninista? f r e d o k r u m n o w Esatto. Noi riteniamo che ogni lavo­

ratore abbia qualche cosa da dire e che l’azione sindacale deb­ba precisamente facilitare questo esprimersi da parte di tutti. Nella loro stragrande maggioranza i lavoratori subiscono la propria condizione, la loro ribellione è latente e individuale. Il ruolo di un’organizzazione sindacale è contemporaneamen­te quello di far prendere coscienza della realtà di fatto e di fornire l’informazione complementare che permetterà lo­ro di capire e di dominare la situazione, poi di entrare in lotta. Un esempio molto semplice: nel maggio del 1968, in una città del nord, gli operai hanno proseguito il loro scio­pero, prolungandolo di otto giorni, soltanto perché noi ave­vamo rilevato la crescita a dismisura dei salari dei direttori,

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che guadagnavano settecento, ottocento o novecentomila franchi e pitoccavano su 10 centesimi. Ho sentito della rivolta dei lavoratori di un maglificio, quando hanno saputo che la loro ditta sborsava ogni anno in media 300.000 vecchi fran­chi per pagare una pubblicità di slip, mentre rifiutava un aumento orario di 20 centesimi. C’è anche la storia dì quel­la macchina, in una fabbrica di 15.000 operai, in cui la­voravo: la macchina era costata qualche cosa come 18 mi­lioni, non era mai servita, marciva nel cortile. Un giorno un ragazzo ci scrive sopra: « avete pagato diecimila franchi per uno per questo ferrovecchi ». Strappare questo tipo di informazioni, diffonderle, è un tipo di contestazone diret­ta del potere padronale sull’investimento.

a c t u e l Non credete che, da qualche anno, una parte del­la ribellione operaia sfugga all’azione sindacale? Penso ai giovani operai o di origine operaia, che si rifiutano di en­trare in fabbrica, o vi passano solo qualche mese all’anno per farsi un po’ di soldi e vagabondare.

f r e d o k r u m n o w Solo fino al momento in cui molti di loro ritrovano i canoni dominanti della società, quando si fan­no una loro vita, si sposano dopo una scappatella contesta­taria. Il fenomeno del rifiuto del lavoro è molto più vasto, ed è sempre presente nella classe operaia. Il successo delle campagne sull’abbassamento dell’età pensionabile ne è la prima manifestazione: lasciare un lavoro che è un’imposizio­ne, il più presto possibile e nelle migliori condizioni possi­bili. La lotta per la riduzione dell’orario di lavoro è della stessa natura, e così l ’opposizione al farsi inquadrare, alla gerarchia e alla repressione. Questo rifiuto è direttamente legato allo sviluppo del processo industriale, che esige il più gran numero di movimenti possibili in un minimo di tem­po, calpestando ogni possibilità di libertà intellettuale e di riflessione, in nome del rendimento e della produttività. Parcellizzazione, disumanizzazione e si arriva ad un limite. Il capitalismo lo avverte e. cerca il recupero di questa con­testazione del lavoro, favorendo qua e là una ristruttura-

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zione o accordando ad alcune ditte una certa autonomia, che in pratica riporta l’autodisciplina.

a c t u e l La situazione del sindacalismo in fabbrica è mi­gliorata dopo la legge del dicembre 1968 sulla sezione sinda­cale aziendale?

p r e d o k r u m n o w La legge ha riconosciuto come prin­cipio l’esistenza della sezione sindacale aziendale, e i dele­gati sindacali possono ora disporre di un numero d’ore più o meno uguale a quello del delegato operaio o del comitato di fabbrica. Si accettano la raccolta delle quote e le riunioni sindacali a condizione che abbiano luogo fuori della fabbri­ca e fuori dell’orario di lavoro. Le concessioni legali si fer­mano qui. Vengono riconosciuti i sindacati nell’interno delle fabbriche, ma si rifiuta di farli entrare come organizzazione. Di recente, nei Vosgi, uno dei nostri funzionari ha saltato un muretto di cinquanta centimetri, per andare a discutere con dei compagni in sciopero. È stato condannato a 300 franchi di ammenda per violazione di domicilio, in virtù della legge antiscasso. Ecco dov’è la libertà sindacale. Saltare un muretto senza autorizzazione è altrettanto grave che ne­trare nella camera da letto della signora padrona. Abbiamo vissuto nella clandestinità prima del 1968, e continuiamo a vivere nella semiclandestinità.

a c t u e l Come si esercita la repressione?f r e d o k r u m n o w Salvo che in qualche grande industria,

in cui la forza del sindacato induce il padrone a venire a patti, l’insediamento o lo sviluppo di una sezione sindaca­le non va ma da sé. Perché un’azione abbia uno sbocco, bisogna preparatisi come ad una guerra segreta, sovente bisogna fingersi morti per dei mesi per assicurarsi l ’appog­gio e la protezione a livello di massa. Il numero delle se­zioni sindacali distrutte prima ancora che si fossero effetti­vamente costituite è immenso.

Nelle grandi fabbriche, — non parlo semplicemente della Simca, della Citroen, della Renault - si esige un certificato di lavoro al momento dell’assunzione. Il nuovo padrone può

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così telefonare a quello precedente, per prendere informa­zioni e rifiutare così l’assunzione a tutti coloro che hanno precedenti sindacali o politici. Oggi, la CNPF si sforza di istituire uno schedario completo del sindacalismo. Ogni pa­drone potrà consultarlo e confrontare le proprie informa­zioni con quelle dei Renseignements généraux, collaboratori fraterni ed efficaci. Si ricordi la questione di Cambrai: un rapporto delle RG diffuso pubblicamente all’interno della fab­brica, per screditare un quadro sindacale, esibendo la sua vita privata.

E poi il continuo mettere i militanti con le spalle al muro, sotto i più diversi pretesti, scarso rendimento, riduzione del personale o negligenza nel lavoro. Il che sta diventando sem­pre più frequente dal maggio del ’68. Ogni volta che pos­siamo, intraprendiamo un’azione legale, per ottenere una rein­tegrazione, perché è teoricamente vietato licenziare una per­sona per ragioni politiche o sindacali. Constatiamo anche in questa materia una piccola evoluzione: qualche anno fa, un padrone che si rifiutava di reintegrare un operaio abusi­vamente licenziato se la cavava con un’ammenda di 500 franchi; recentemente, abbiamo invece ottenuto una condan­na a 15 giorni di prigione — naturalmente con il beneficio della condizionale - e questo potrebbe far riflettere.

je a n n e t t e LAOT La scala di valori di alcuni magistrati comincia a cambiare, non si confonde assolutamente più con quella dei padroni.

f r e d o k r u m n o w Rimangono quei tipi di repressioni co­perti dalle stesse leggi. Tanto per cominciare, la serrata o il licenziamento collettivo per rifiuto del lavoro: le 43 scio­peranti della Zigazag hanno ricevuto tutte la lettera di li­cenziamento. In effetti il diritto di sciopero non è un di­ritto positivo, ma una concessione formale e di principio. Il diritto positivo è quello del padrone a gestire la società come la intende lui, a rescindere il contratto di lavoro, secondo il suo comodo: tutto il resto rappresenta soltanto alcune pre­cauzioni teoriche e limitate riguardo a questa affermazione

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fondamentale: i lavoratori che occupano la propria fabbri­ca commettono un reato e la direzione può farli anche man­dar via dalla polizia, come accadde a Pennaroya, La proprietà privata è il domicilio coniugale della fabbrica.

a c t u e l E i gruppi armati?j e a n n e t t e LAOT La combattività operaia dal maggio in

poi, comporta un indurimento dell’atteggiamento padronale. Le direzioni aziendali hanno la tendenza a reclutare vecchi militari e poliziotti: i criteri autoritari hanno il sopravven­to sulle competenze tecniche. Per ora, tolta qualche ecce­zione, si tratta di poliziotti privati e di spie più che di veri e propri gruppi armati. Salvo in caso di incidente o di delitto, rimane molto difficile ottenere informazioni precise su un soggetto. Ben inteso i poliziotti privati non compaiono mai nell’organico di una ditta. Arriviamo talvolta a saperne un po’ di più, grazie alle confidenze di un quadro sindacale.

a c t u e l Quali sono le fabbriche in cui la repressione è più dura? Simca, Peugeot, Michelin?

j e a n n e t t e LAOT L ’industria dell’automobile, senz’altro. Alla Michelin è diverso. L ’attività sindacale è molto viva­ce. Si rende la vita dura ai militanti, ma non si giunge al licenziamento. Come in molte altre fabbriche, anche qui vengono dati agli attivisti i posti che li isolano dagli altri lavoratori; vengono declassati; viene loro rifiutata ogni pro­mozione.

f r e d o k r u m n o w II presidente della Federazione dei la­voratori chimici della c f d t lavora alla Michelin. È un operaio specializzato è d’altronde pagato come tale — ma lavora co­me manovale da quindici anni. Io stesso, in tutta la mia vita professionale, mi sono visto constantemente attribuire posti, in cui mi si teneva in disparte dai miei compagni, mi si isolava o mi si potevano far commettere errori.

j e a n n e t t e LAOT La re p r e s s io n e a c q u is ta il su o s ig n if ic a to

p o lit ic o ; v i so n o s e t to r i in cu i la lo t ta s i fa p iù d u ra , m a in cu i n o n e ra m a i s t a t o f in q u i m e ss o in d is c u s s io n e il d ir i t to

s in d a ca le .

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Si trattano ormai i militanti che lavorano alle p t t come quelli delle ditte private. Un po’ dappertutto, compreso il ministero dell’Educazione nazionale, l ’amministrazione prefe­risce assumere lavoratori con contratto a termine, che non beneficiano delle garanzie statutarie e della protezione cui hanno diritto i titolari.

a c t u e l In Germania un lavoratore immigrato è preso in forza dall’organizzazione sindacale. È protetto contro la poli­zia politica del proprio paese e contro la pressione delle au­torità tedesche.

I due milioni di lavoratori immigrati in Francia sono in­vece abbandonati all’arbitrio padronale e amministrativo: supersfruttamento, insicurezza assoluta del posto di lavoro, bidonvilles, razzismo, sorveglianza e manganellate da parte della polizia. Non è questa la più grave carenza del sindaca­lismo nel nostro paese?

j e a n n e t t e LAOT È effettivamente un problema. Il sin­dacalismo tedesco è contemporaneamente più forte e più integrato nel sistema, con il quale scende a compromessi continui, per ottenerne in cambio vantaggi reali. La legisla­zione del lavoro nella Repubblica Federale è nettamente più avanzata che in Francia, i licenziamenti sono resi più diffi­cili, il potere poliziesco molto meno sviluppato. Come po­tremmo noi garantire ai lavoratori immigrati una protezio­ne di cui non beneficiano neanche i lavoratori francesi? Se giungessimo ad ottenere la parità fra immigrati e francesi, sarebbe già un bel successo e noi ci stiamo lavorando. Quan­to poi a far paura alla polizia portoghese (o a qualunque altra), come facciamo a ottenere un simile risultato, quando non riusciamo a intimidire neanche la nostra?

a c t u e l Parallelamente alla lotta nelle fabbriche, potreb­be esserci una generalizzazione dell’azione sindacale anche fuori delle fabbriche?

j e a n n e t t e LAOT Certo: lo sfruttamento dei lavoratori si estende anche al complesso della vita urbana. Il frutto delle lotte nella fabbrica, viene recuperato nella città mo­

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derna. La diminuzione dell’orario di lavoro è annullata dai tempi dei trasporti, l ’aumento del potere d’acquisto, dal­l ’aumento delle necessità della vita, gli acquisti di acqua minerale, gli svaghi artificiali, l ’automobile troppo sovente indispensabile, gli affitti esorbitanti. Produttore, consuma­tore, utente dei trasporti pubblici, abitante in città o villeg­giante, il lavoratore è atomizzato dall’organizzazione della società contemporanea.

f r e d o k r u m n o w II capitalismo respinge fuori della fabbrica le conseguenze delle condizioni di lavoro. Se la vede la società se le operaie dell’elettronica o delle confezioni sono logorate a 40 anni, e se soffrono di depressione ner­vosa. Un manovale o un os possono sperare di vivere dai 59 ai 61 anni, mentre un professionista può arrivare a 74. Ciò significa, in media, 12 anni rubati ad un lavoratore manuale. Le statistiche sulla mortalità, sulle malattie profes­sionali e sugli incidenti sul lavoro — 3800 in un anno — non tengono conto dell’invecchiamento precoce dei lavoratori, di una fatica fisica e nervosa difficilmente calcolabile. Come fare per avere un’esatta visione del problema: anche alle s n c f , i medici specializzati hanno dovuto rientrare clande­stinamente nell’azienda per condurre a fondo un’inchiesta sulle condizioni dei conducenti di locomotive.

a c t u e l L ’evidente discriminazione di cui sono oggetto le donne nella società e nelle fabbriche ha provocato un’azione sindacale specifica?

j e a n n e t t e LAOT Condannate per la maggior parte del tempo a lavori esecutivi, retribuiti meno bene degli uomini, costrette ad una doppia giornata lavorativa — sul posto di lavoro e in casa — le operaie si esprimono poco nell’organiz­zazione sindacale. Alienate nel loro ruolo di donne, non so­gnano affatto di mobilitare sui propri problemi un’organiz­zazione che rimane essenzialmente maschile e ignorante su questi problemi. Siamo rimaste in poche militanti a lottare da una decina d’anni a questa parte. Per molto tempo non ab­biamo posto la questione pubblicamente, per paura di su­

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scitare un fenomeno di rigetto da parte del sindacato e di essere allontanate dai posti di responsabilità, per il gioco in­conscio e naturale della democrazia maschile.

a c t u e l Quante eravate?j e a n n e t t e LAOT Tre o quattro nelle istanze dirigenti,

appena il 10% nei posti di responsabilità, esposte alla cri­tica degli uomini e della maggioranza delle altre donne. Verso gli anni 1964-65, le donne rappresentavano il 40% degli aderenti della centrale, una percentuale più alta di quella della mano d’opera femminile nel paese — per ché il vecchio c f t c era un’organizzazione cattolica, più rassicurante in caso di necessità. Oggi, con la crescita degli iscritti, la pro­porzione si è avvicinata alla media nazionale del lavoro, circa, cioè, il 33%.

Dagli anni sessanta, ci siamo servite di una commissione femminile interfederale, che già esisteva. Era un residuo dei sindacati femminili d’anteguerra, assorbiti dal sindacato mi­sto — e, nei fatti, maschile — che si era riorganizzato dopo la Liberazione.

Allora alcune donne avevano profetizzato che alla scom­parsa di un’organizzazione femminile autonoma sarebbe se­guito il completo disinteresse per i problemi femminili. Non avevano affatto torto. La commissione femminile, messa in piedi allora, rappresentava una piccola concessione; in pra­tica un gruppo di lavoro più sensibile ai problemi della fami­glia operaia che a quelli delle operaie. La c f t c prendeva co­me ideale femminile la donna davanti al focolare; la donna lavoratrice era considerata un caso sociale, una sventurata obbligata a guadagnarsi la vita, nella migliore delle ipotesi se non addirittura come una cattiva madre, una cattiva mo­glie, o una scapolona. Dalla Liberazione fino agli anni ses­santa, la commissione ha lavorato senza porre problemi, sen­za mai far sentire la sua voce, limitandosi a fornire un para­grafo nel rapporto d’attività di ogni congresso.

Io non avevo allora assolutamente coscienza della situa­zione delle donne. Ero giunta a compiti di responsabilità,

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difficili e mal remunerati, che nessun uomo voleva. Non ren­dendomi conto della realtà dei fatti, attribuivo la mia ele­zione al senso di democrazia e l ’assenza di altre donne ad una loro colpevole negligenza.

La minoranza di sinistra, cui appartenevo, mi spingeva ad entrare in quella commissione per mettere in crisi una maggioranza conservatrice. Ho allora preso coscienza delle condizioni specifiche del lavoro femminile, della sua dequali­ficazione e dell’esclusione delle donne dal dibattito sindacale. Negli anni 1962-63 siamo intervenute su due temi: contro la generalizzazione del lavoro a metà tempo per le donne e contro la concessione di un salario unico, tutte proposte che tendevano a legare la donna al focolare domestico. Sia­mo riuscite a vincere soltanto al congresso del 1970: il te­sto votato è probabilmente uno dei più avanzati della sini­stra francese, benché non si sia ancora affatto trasformato in un profondo cambiamento dell’atteggiamento pratico.

Da due anni l ’organizzazione ristagna sul problema e la commissione femminile è stata sostituita da una commissione « mista ». Noi avevamo detto che la liberazione della donna condiziona quella dell’uomo, che quest’ultimo si chiudeva nel suo ruolo di dominatore, che l’autogestione non aveva al­cun senso, tanto che la discriminazione dei sessi rischiava di esistere anche in una società senza classi. Era stato parlare troppo in fretta: gli uomini si sono rassicurati approvando il principio di un’emancipazione comune, le donne hanno preso la cosa sul serio, e gli uni aspettano le altre per inco­minciare una lotta concreta, sempre rimandata a più tardi. Ma, a mio avviso, le lotte che si sviluppano nelle fabbriche a mano d’opera femminile rilanceranno fra poco il movi­mento su questo aspetto.

a c t u e l Quel è lo scarto fra il salario di una donna e quello di un uomo?

j e a n n e t t e LAOT La differenza è meno forte per le os, pagate al minimo contrattuale, del 7-8% a parità di lavoro. Ma lo scarto reale si approfondisce già a questo livello. Le

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donne sono sovente meno qualificate, rifiutano di solito gli straordinari, perché già hanno un doppio lavoro. La diffe­renza aumenta via via che si sale la scala gerarchica, fino ad essere di circa il 30% per i quadri intermedi e superiori. E si tratta ancor sempre del salario minimo controllato dal sindacato e non del salario reale che varia in funzione di au­menti e di premi lasciati alla bontà del padrone.

a c t u e l Da prima del 1968, e soprattutto dopo, la c f d t

ha reso più dure le proprie posizioni, ponendosi all’avan­guardia delle lotte sociali. Al di là delle lotte rivendicative, avete approfondito il vostro rifiuto della società capitalista e avete avanzato con forza l’idea dell’autogestione delle fab­briche: era già assumere responsabilità politiche. Ma se si trat­ta di rovesciare il potere dello Stato, come protrarre l ’azio­ne dei lavoratori che organizzate? Negoziando con un car­tello delle sinistre — comunisti e socialisti - di cui si conosce in anticipo l ’elettoralismo, la moderazione e la fragilità, per non dire il vecchiume? O alleandosi con gruppi gauchistes, instabili e divisi, che rimangono in gran parte estranei alla classe operaia? Ho l ’impressione che né l’una né l ’altra delle due vie d’uscita possa soddisfarvi. Nella ricerca di una so­cietà nuova, vi viene a mancare all’improvviso un ripetito­re che riprenda ed esprima le vostre aspirazioni attraverso una lotta politica e rivoluzionaria. All’infuori della difesa dei lavoratori nelle fabbriche in cui siete forti, non credete di mobilitarvi troppo poco? A meno che non intendiate tenervi fino alla fine un ruolo più propriamente politico?

p r e d o k r u m n o w Prima di tutto una certezza: il gior­no in cui un’organizzazione sindacale si allontana dai proble­mi concreti, perde la sua stessa ragione d’essere e diventa una specie di scuola politica. Sono d’accordo che un piccolo gruppo politicizzato progetti la società di domani e respin­ga il compromesso. È un modo di affrontare i problemi che non è assolutamente inutile. Un’organizzazione sindacale di massa non può prescindere così dai problemi immediati. Ma la realizzazione completa dei nostri obbiettivi di fondo — pie­

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na occupazione, libertà in fabbrica, disalienazione degli ope­rai — esige il rovesciamento di questa società, quindi, in fin dei conti, una coscienza politica e una scelta strategica. Tutti i lavoratori dovrebbero quindi trovare un posto nella lotta politica. E ci si trova di fronte qui al dilemma della sinistra francese: via elettorale e maggioritaria o processo rivoluzio­nario — e né gli uni né gli altri hanno fin qui dato una defi­nizione rigorosa.

ACTUEL C’è un secondo divario, sull’essenza stessa del potere dopo un’eventuale vittoria; dittatura del proleta­riato o distruzione immediata dei rapporti gerarchici?

p r e d o k r u m n o w Si potrebbe discutere a lungo sulla natura del processo rivoluzionario. In un paese industrializ­zato non credo all’efficacia dei cliché della rivoluzione rus­sa o della rivoluzione cinese. La classe operaia possiede le proprie armi, prima di tutto la capacità di produrre, condi­zione necessaria, ma insufficiente se, come nel maggio ’68, i collegamenti politici non funzionano. Non possiamo nem­meno rimanere indifferenti di frnte ad una possibile stra­tegia elettorale: dobbiamo definire le nostre esigenze verso i partiti che aspirano al potere per evitare che se ne appro­prino a detrimento della maggioranza dei lavoratori. Ciò presuppone già fin da ora la costituzione di una forte co­scienza di classe.

a c t u e l Capisco bene che vogliate mantenere una vo­stra autonomia sindacale di fronte ad un eventuale governo di sinistra, sia come tutela che come stimolo. Ma teorica­mente, le vostre ambizioni non si fermano qui: tendere al l ’autogestione significa tentare di riorganizzare i rapporti so­ciali complessivamente, una società diversa che dovrebbe abo­lire perfino la distinzione tra il pubblico e il privato, tra il lavoratore e il cittadino, che dovrebbe sconvolgere perfino il concetto stesso di Stato. Su questo piano siete più avan­zati, ma non avete interlocutori.

j e a n n e t t e l a o t Effettivamente questo è il nostro pro­blema da diversi anni. Non è affatto facile prefigurare le

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Scansione a cura di Natjus, Ladri di Biblioteche

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strutture di un’autogestione generalizzata, né i mezzi per realizzarla. Se i rapporti di forza si evolveranno a nostro fa­vore, occorrerà fare affidamento sulla creatività di ogni la­voratore.

I piani dell’autogestione non vengono decisi al vertice, a meno che non ci sia una contraddizione nel principio stesso. È su questo problema che bisogna stimolare il dibattito in tutta la sinistra, facendo appello ad una immaginazione fin qui bloccata. La partita si gioca già fin da adesso nelle lotte concrete. Noi non abbiamo l’atteggiamento della c g t di credere di essere i depositari della verità e di avere quindi a portata di mano soluzioni adatte in ogni circostanza. Da ciò deriva l’importanza dell’informazione: il sindacato non deve assumersi i problemi dei lavoratori, ma deve dare loro i mezzi per risolverli da soli. L ’evoluzione degli scioperi dal ’67 a oggi è su questo punto molto positiva. Piuttosto di starsene a casa in modo passivo, gli scioperanti decidono molto più di frequentare lo sciopero come momento attivo con occupazione della fabbrica e discussione collettiva.

f r e d o KRUMNOW In questo modo si prepara il control­lo del potere. Questa democrazia operaia messa in pratica già fin da ora, rappresenta la sola molla e una garanzia defini­tiva ed essenziale. Ci sembra intollerabile che uno o più partiti si accaparrino il potere, sia pur in nome della classe operaia e sia pure provvisoriamente. Ripensiamo alla storia delle rivoluzioni: a partire dal momento in cui è stato posto un coperchio sulla pentola che bolliva, s’è poi dovuto man­tenerlo con le pietre. Dopo le pietre, le auto blindate, e reticolati tutt’attorno. Il coperchio non è mai più stato tol­to, né a Praga, né a Varsavia, né in altro posto. Non ci piac­ciono molto i coperchi: la pentola deve poter bollire; una tensione continua come riscatto e motore del progresso.

a c t u e l Come collocate la lotta della classe operaia nel contesto dei conflitti sociali? Ci si può fermare ad una con cezione marxista del proletariato?

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j e a n n e t t e LAOT Per noi la classe operaia comprende tutti coloro che subiscono lo sfruttamento e l ’oppressione nel la­voro industriale. Ma noi non pensiamo che soltanto la classe operaia sia rivoluzionaria, che soltanto la condizione prole­taria conduca alla ribellione e, al di là della ribellione, ad una coscienza ed a un’organizzazione capace di rovesciare le strutture sociali. Gli altri ceti sociali emarginati dal potere non sono semplicemente degli alleati della classe operaia, co­me si dice di solito. Giovani, emarginati, immigrati, donne, tecnici, studenti, sono altrettante categorie sociali che pos­sono ugualmente nutrire proposito rivoluzionari perché su­biscono, in altre condizioni, lo sfruttamento, l’alienazione, l’oppressione di una società che essi rimettono in discus­sione fino in fondo. La gerarchia dell’ordine costituito, l ’in­tolleranza e l ’ordine morale si impongono ben oltre la classe operaia: lo si vede in generale nei paesi sviluppati.

f r e d o k r u m n o w I dirigenti della c g t rimangono ad una concezione restrittiva della classe operaia, il lavoratore manuale sfruttato, affiancato dai suoi alleati potenziali, tec­nici, impiegati e quadri. La nostra analisi è diversa: noi non viviamo soltanto un processo di sfruttamento, ma più in ge­nerale un processo di oppressione che va oltre il campo del lavoro fino a raggiungere ogni aspetto della vita collettiva e individuale: la famiglia, la scuola, la vita pubblica, i fenome­ni culturali. Sviluppando le proprie contraddizioni, la borghe­sia ha provocato l’allargamento del fronte della ribellione e dei motivi per fare la rivoluzione.

a c t u e l Apparentemente, e ascoltandovi, si ha perfino l’impressione che la direzione della c f d t si colleghi alla sini­stra della massa dei suoi iscritti...

j e a n n e t t e LAOT Non è esattamente vero. La base, so­vente molto giovane, si riconosce in genere nelle posizioni della direzione confederale. Altri militanti manifestano tal­volta meno entusiasmo. Fra loro, quelli che hanno costruito questa organizzazione. A diverse riprese, hanno avuto la pro­va di potersi mettere in mezzo: si deve ancora prendere tem­

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po e trovare i mezzi, Come è naturale, i diversi atteggia­menti dipendono nella stessa misura da differenze regionali, industriali e culturali. Per poter essere accettabili per tutti, le scelte di fondo della Confederazione sovente si trovano ad essere arretrate rispetto alle ispirazioni di alcuni e avan­zate per altri.

a c t u e l Si può ritenere che la c f d t sia ancora un’organiz­zazione gerarchica e burocratica?

j e a n n e t t e LAOT Gerarchica, è probabile: nonostante un desiderio di uguaglianza, alcuni dibattiti, per esempio quel­lo sulla condizione della donna circolano a fatica fra la base e il vertice. Burocratica, molto poco: l ’organizzazione è mol­to viva, molto mobile, ha così cambiato nel corso degli ulti­mi dieci anni, che i dirigenti non hanno avuto affatto il tem­po di spartirsi un feudo. Attraverso una tensione e una de­mocrazia permanenti, l ’informazione e le responsabilità cir­colano con molta larghezza nell’organizzazione.

a c t u e l La c f d t praticherà l ’autogestione? j e a n n e t t e LAOT Non ancora: si tenta. Non è sufficien­

te volere una cosa, bisogna prima prepararne le condizioni.

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Gilles Deleuze, Félix Guattari

Si può ridurre il nazismo, la guerra del Vietnam, il capi­talismo, lo sfruttamento, l’alienazione, la rivoluzione alla spar­tizione di interessi e allo scontro delle ideologie? E se la rivoluzione apparisse come la liberazione di un impulso po­tente, senza un metro comune alle semplici rivendicazioni della classe oppressa, come spiegare che gli uomini abbiano potuto combattere per il proprio asservimento, con lo stesso accanimento che per la propria felicità? In fondo ai meccani­smi sociali e ai rapporti logici, Gilles Deleuze e Félix Guat­tari individuano un enorme flusso inconscio e irrazionale, la spartizione e la repressione del desiderio come uno straordi­nario delirio individuale e collettivo.

Singolare incontro, siglato dal movimento del Maggio, fra Gilles Deleuze — filosofo che, fino ad allora, aveva dedi­cato la sua opera a Hume, Nietzsche, Proust, Sacher-Masoch, Kant o Spinoza — e Félix Guattari — fondatore di una clinica psichiatrica innovatrice e militante fin dagli anni cinquanta, presto giunto alle prime manifestazioni del gauchisme, dove ha incontrato il trotskysmo per poi avvicinarsi all’opposi­zione di sinistra al p c f , e, infine, al movimento 2 2 Marzo. Dalla loro collaborazione nasce un libro, VAnti-œdipe, ca­pitalisme et schizophrénie (ed. de Minuit) cui si deve il pri­mo grande dibattito teorico del dopo-maggio in Francia.

Nella tradizione di Reich, VAnti-œdipe precipita la psi­canalisi al fondo della realtà politica e sociale. Attacca la psichiatria ufficiale nei suoi luoghi comuni reazionari - padre, madre, Edipo, castrazione - come nella sua funzione più o

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meno confessata dì riadattare l ’individuo al sistema repres­sivo. La pazzia è legata alla storia, alla società e alle sue costrizioni: come si può dissertare sul padre se si ignora il concetto di Stato e di potere, nella loro genealogia e il loro peso sull’ individuo ? Alla maniera dell’ antipsichiatria in­glese — Laing e Cooper — Deleuze e Guattari ritornano sul­l’analisi della schizofrenia, che per loro è la malattia pecu­liare del capitalismo, definito esso stesso come una prima fuga. Ma più ancora di Laing e Cooper, essi collocano l’ori­gine del delirio nel campo sociale, più ancora che nella fami­glia: il métro, l ’urbanistica, il lavoro, l ’oppressione, l ’impe­rialismo alimentano la schizofrenia, in ciò rivelatrice del si­stema; il suo caso limite è pertanto inassimilabile.

L ’ Ariti - OEdipe propone una reinterpretazione radicale dell’insieme dei fenomeni sociali: compito « violento e bru­tale » che, parallelamente a quello di Michel Foucault, deve scoprire e inaridire le fonti del sistema e degli uomini che questo produce, ma anche quelle dei gruppi istituzionali politici e rivoluzionari resi nei loro stereotipi, nelle loro immagini e nelle loro embrionali strutture costrittive. Libe­razione dal desiderio e desiderio di rivoluzione, il libro rag­giunge il tono più empirico d’un nuovo gauchisme che si avventura ormai fuori dalla strada tracciata dal marxismo- leninismo. Non si tratta qui di organizzare né di prevedere, ma di togliere dai luoghi dell’esplosione tutto il materiale sociale che potrebbe, in un secondo tempo ricoprirli. « Il mo­vimento 22 Marzo rimane esemplare a questo proposito, scri­ve Gilles Deleuze nella prefazione di un libro di Guattari perché se fu una macchina da guerra del tutto insufficiente, quanto meno funzionò in modo mirabile come gruppo anali­tico e di desiderio, che non solo discuteva in modo vera­mente libero, ma si è potuto costituire analizzatore di una massa considerevole di studenti e di giovani lavoratori, senza alcuna pretesa d’avanguardia o di egemonia, ma semplice

1 Félix Guattari, P sych an alyse e t tran sversilité , ed. Maspero.

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supporto che permette il transfert e la perdita delle inibi­zioni ». Ma e in caso di rivoluzione, di durata nel tempo, o in caso di presa del potere?

a c t u e l Quando descrivete il capitalismo, voi dite: « Qua­lunque operazione, anche la più piccola, qualunque meccani­smo industriale o finanziario, anche minimo, manifestano la pazzia della macchina capitalista e il carattere patologico della sua razionalità (razionalità assolutamente non illuso­ria, ma vera razionalità di questo patologico, di questa follia, perché la macchina funziona, siatene pur certi). Non c’è il rischio che divenga folle da un momento all’altro, perché lo è già fin dall’inizio, ed è proprio qui che nasce la sua razionalità ».

Ciò significa che dopo questa società « anormale», o al di fuori di essa, possa esservi una società « normale »?

g x l l e s d e l e u z e Noi non usiamo i termini « normale » e « anormale ». Ogni società è contemporaneamente razio­nale e irrazionale. Ogni società è forzosamente razionale per i suoi meccanismi, i suoi ingranaggi, i suoi sistemi di col- legamento e anche per il posto che attribuisce all’irraziona­le. Pertanto tutto ciò presuppone delle codificazioni o degli assiomi che non sono frutto del caso, ma che non hanno una razionalità intrinseca. È come in teologia: tutto è assoluta- mente razionale se si danno il peccato, l’immacolata conce­zione, l’incarnazione. La ragione, è sempre una zona ricavata dall’irrazionale. Per niente al riparo dell’irrazionale, ma una zona attraversata dall’irrazionale, e definita soltanto da un certo tipo di rapporti fra fattori irrazionali. In fondo ad ogni ragione, il delirio, la rovina. Tutto è razionale nel capi talismo, salvo il capitale o il capitalismo. Un meccanismo ili borsa è veramente razionale, si può capirlo, impararlo, i capi talisti se ne sanno servire, e nondimeno è compleiamcnlc de lirante, è demente. È in questo senso che noi diciamo: il ni zionale è sempre la razionalità di un irrazionale < IN quali he cosa che non è stata sufficientemente sottolineata nel ( api

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tale di Marx: fino a qual punto egli sia affascinato dai mec­canismi capitalistici, precisamente perché, contemporanea­mente, essi sono assurdi e pure funzionano molto bene. Al­lora, qual è il razionale nella società? Dato che gli interessi sono definiti nel quadro di questa società, il razionale è la maniera in cui le persone li perseguono, per realizzarli. Ma al riguardo, ci sono desideri, investimenti dei desideri da non confondersi con gli investimenti d’interesse, e da cui gli in­teressi dipendono nella loro determinazione e nella loro di­stribuzione stessa: un enorme flusso, ogni sorta di libidine-in­conscia che costituisce il delirio di questa società. La vera storia è la storia del desiderio. Un capitalista, un tecnocrate di oggi non hanno gli stessi desideri di un mercante di schia­vi, o di un funzionario dell’antico impero cinese. Che le per­sone in una società desiderino la repressione, per gli altri e per sé; che ci siano sempre persone che vogliono smerdare gli altri, e che abbiano la possibilità di farlo, il « diritto » di farlo, è questo che rende manifesto il problema di un le­game profondo tra la libidine e il campo sociale. Un amo­re « disinteressato » per la macchina oppressiva: Nietzsche ha detto delle cose interessanti su questo trionfo continuo degli schiavi, sul modo con cui gli inaspriti, i depressi, i deboli, ci impongono il loro modo di vita.

a c t u e l Giusto, in tutto ciò che cosa è veramente pro­prio del capitalismo?

Gi l l e s d e l e u z e Forse che nel capitalismo il delirio e l ’in­teresse, o il desiderio e la ragione, si distribuiscono in modo del tutto nuovo, particolarmente « anomalo »? Io credo di sì. Il denaro, il capitale-denaro, è un punto di follia tale che ce n’è in psichiatria solo uno uguale: quello che viene definito lo stato finale. È troppo complicato, ma è giusto una nota di dettaglio. Nelle altre società, c’è sfruttamento, ci sono anche scandali e segreti, ma ciò fà parte di un « co­dice », ci sono anche codici esplicitamente segreti. Nel capi­talismo è molto diverso: niente è segreto, almeno all’inizio e alla fine del codice (perché il capitalismo è « democratico »

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e invoca « pubblicità » anche in senso giuridico). E pertan­to niente è confessabile. È la legalità stessa che non è con­fessarle. In opposizione agli altri tipi di società, è il regime contemporaneamente del pubblico e dell’incoffessabile. E questo è proprio del regime del denaro, un delirio del tutto particolare. Vedete quelli che attualmente si chiamano scan­dali: i giornali ne parlano molto, tutti fanno finta di difen­dersi o di attaccare, ma si cerca invano ciò che è illegale là dentro, tenuto conto che siamo in regime capitalista. La bol­letta delle tasse di Chaban, le operazioni immobiliari, i grup­pi di pressione, e più in generale i meccanismi economici e finanziari del capitale, tutto è legale, a grandi linee, salvo piccole sbavature; ancor meglio, tutto è pubblico, soltanto che niente è confessabile. Se la sinistra fosse stata « ragio­nevole », non si sarebbe contentata di fare una banale vol­garizzazione dei meccanismi economici e finanziari. Per ne­cessità di rendere pubblico il privato, ci si accontenterebbe di far confessare ciò che è già pubblico. Ci si troverebbe in una forma di pazzia che non ha l ’equivalente negli ospe­dali. Al posto, ci parlano di « ideologia ». Ma l ’ideologia non ha alcuna importanza: ciò che conta, non è l’ideologia, non è neanche la distinzione o l’opposizione « economia-ideo­logia », è Vorganizzazione del potere. Perché Vorganizzazio­ne del potere è il modo in cui il desiderio è già nell’economia, la cui libido investe l ’economia, ossessiona l ’economia e ali­menta le forme politiche della repressione.

a c t u e l L ’ideologia è una falsa prospettiva?G ILLES DELEUZE Non del tutto. Dire « l ’ideologia è una

falsa prospettiva » , è ancora sostenere una tesi tradizionale. Si mette da una parte l ’infrastruttura, l ’economico, il serio, e poi dall’altra parte si mette la sovrastruttura, di cui fa parte l ’ideologia, e si rifiutano i fenomeni di desiderio nel­l’ideologia. È un buon sistema per non vedere come il de­siderio travagli l ’infrastruttura, come la investa, come ne faccia parte, come a questo titolo organizzi il potere, come il sistema repressivo si organizzi. Noi non diciamo: l ’ideo-

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logia è una falsa prospettiva (o un concetto che indica de­terminate illusioni). Noi diciamo: non c’è ideologia, c’è un concetto illusorio. È perché fa così comodo al PC, al marxi­smo ortodosso. Il marxismo ha dato tanta importanza al tema dell’ideologia per meglio nascondere ciò che si verifica in U R SS la nuova organizzazione di potere repressivo.

Non c’è ideologia, ci sono soltanto organizzazioni di po­tere, una volta detto che l’organizzazione di potere è l ’unità del desiderio e dell’infrastruttura economica. Prenda due esempi. L ’insegnamento: i gauchistes nel maggio ’68 hanno perduto parecchio tempo a pretendere che i professori si facessero l’autocritica come agenti dell’ideologia borghese. È stupido e lusinga gli impulsi masochisti dei professori. La lotta contro i concorsi è stata abbandonata a vantaggio delle dispute o della grande confessione pubblica anti-ideo- logica. Allora, i professori più duri hanno riorganizzato il loro potere senza difficoltà. Il problema dell’insegnamento non è un problema ideologico, ma un problema di organiz­zazione di potere: è la specificità del potere insegnante che appare come un’ideologia, ma è una pura illusione. Il potere nella scuola primaria ha un suo significato, si esercita su tutti i bambini. Secondo esempio: il cristianesimo. La Chiesa è as­solutamente felice quando la si tratta come un’ideologia. Può discutere e ciò alimenta l ’ecumenismo. Ma il cristianesimo non è mai stato un’ideologia, è un’organizzazione di potere molto originale, molto specifica, che ha prodotto forme di­versissime, dall’impero romano e dal Medio Evo, e che ha saputo inventare l ’idea di un potere internazionale. È ben altrimenti importante dell’ideologia.

F é l i x Gu a t t a r i Accade la stessa cosa nelle strutture po­litiche tradizionali. Ovunque si ritrova la stessa astuzia: gran­de dibattito ideologico in assemblea generale, e i problemi organizzativi riservati a commissioni particolari. Queste ap­paiono come dipendenti dalle scelte politiche e da esse de­terminate. Mentre invece, i problemi principali sono quelli organizzativi, mai resi espliciti né razionalizzati, ma poi

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proiettati in termini ideologici. Qui sorgono le vere sfalda­ture: un trattamento del desiderio e del potere, degli in­vestimenti, degli Edipo di gruppo, dei « super-io » di gruppo, dei fenomeni di perversione... ecc. Poi le opposizioni poli­tiche si costruiscono; l ’individuo prende la tale opinione con­tro la tal altra, perché sul piano dell’organizzazione e del po­tere, ha già scelto e odiato il suo avversario.

a c t u e l La vostra analisi è convincente nel caso dell’Unio­ne sovietica o del capitalismo. Ma nel particolare? Se tutte le opposizioni ideologiche nascondono per definizione con­flitti di desiderio, come analizzereste, per esempio, le diver­genze di tre gruppuscoli trotskysti? Di quale conflitto di desiderio può trattarsi in questo caso? Malgrado le dispute politiche, ogni gruppo sembra ricoprire la stessa funzione di fronte ai suoi militanti: una gerarchia rassicurante, la rico­struzione di un piccolo ambito sociale, una spiegazione defi­nitiva dei problemi del mondo... Non vedo la differenza.

F é l i x g u a t t a r i Dal momento che ogni somiglianza a gruppi esistenti è fortuita, si può immaginare che uno dei gruppi si definisca per la sua fedeltà alle posizioni della sini­stra comunista nella terza Internazionale. È tutta un’assio­matica, ivi compreso, su un piano puramente fonetico — il modo di articolare certe parole, il gesto che le accompa­gna - e poi le strutture organizzative, la concezione dei rap­porti da tenere con i propri alleati, il centro, i nemici...

Ciò può corrispondere ad una certa immagine di edipiz- zazione, un universo intangibile e rassicurante, come quello del maniaco che perde ogni sua possibilità se si cambia di posto anche uno solo degli oggetti a lui familiari. Attraverso questa identificazione a delle figure e a delle immagini ri­correnti, si tratta di giungere ad un tipo di efficacia che fu quella dello stalinismo — vicino all’ideologia, giustamente. Altre volte, si guarda il quadro generale del metodo ma si cerca di adattarlo: « Bisogna pur vedere, compagni, che se il nemico rimane lo stesso, le condizioni sono cambiate ». Si ha in quel caso un gruppuscolo più aperto. È un compromes­

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so: s ’è depennata la prima immagine, pur mantenendola e si sono introdotte altre nozioni. Si moltiplicano le riunioni e le scuole quadri, ma anche le invenzioni esteriori. C ’è in questa volontà di desiderio, come dice Zazie, un certo modo di far cacare gli allievi, o come dicono altri, un certo modo di far cacare i militanti.

Quanto alla sostanza dei problemi, tutti questi gruppi dicono più o meno la stessa cosa. Ma hanno posizioni radi­calmente opposte su un loro stile: la definizione del leader, della propaganda, una concezione della disciplina, della fedel­tà, della modestia, dell’ascetismo del militante. Come ren­der conto di questi aspetti, senza frugare nell’economia di desiderio della macchina sociale? Dagli anarchici ai maoisti l ’arco è molto ampio, sia politico che analitico. Senza con­tare, oltre la frangia limitata dei gruppuscoli, la massa di gente che non sa molto bene come comportarsi fra lo slan­cio gauchista, l ’attrattiva dell’azione sindacale, la ribellione, l ’aspettativa, il disinteresse... Bisognerebbe descrivere il ruo­lo di queste macchine scacci adesideri che sono i gruppuscoli, questo lavoro di mola e di setaccio. Ê un dilemma: essere spezzato dal sistema sociale o integrarsi nel quadro presta­bilito di queste piccole chiese. In questo senso il maggio ’68 fu una sorprendente rivelazione. La potenza del desiderio giunse ad una tale accellerazione che fece esplodere i grup­puscoli. In seguito si sono ripresi, hanno partecipato alla riorganizzazione insieme alle altre forze repressive, c g t , p c , c r s o Edgar Faure. Non lo dico per fare il provocatore. Na­turalmente i militanti si sono battuti coraggiosamente con­tro la polizia. Ma se si lascia il campo della lotta d’interesse, per considerare la funzione del desiderio, bisogna riconoscere che l ’impostazione di certi gruppi affrontava i giovani in uno spirito repressivo: contenere il desiderio liberato, per indiriz­zarlo.

a c t u e l Che cos’è un desiderio liberato? Vedo chiaramen­te come questo possa esprimersi a livello di un individuo o di un gruppetto: una creazione artistica, o rompere le ve­

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trine, bruciare tutto, o, più semplicemente, il rilassamento in una pigrizia vegetale. Ma poi? Che cosa potrebbe essere un desiderio liberato collettivamente a livello di gruppo so­ciale? Ci sono esempi precisi? E che cosa significa in rap­porto alla « società nel suo complesso », se voi non rifiu­tate, come Michel Foucault, questo termine?

Fé l i x g u a t t a r i Abbiamo preso come punto di riferi­mento il desiderio in una delle condizioni più critiche, più acute, quella della schizofrenia. E lo schizofrenico che può produrre qualcosa, oltre lo schizofrenico ricoverato, aggre­dito dalla chimica e dalla repressione sociale. Ci sembra che certi schizofrenici esprimano direttamente un tipo di decifra­zione libera dal desiderio. Ma come concepire una forma col­lettiva di economia del desiderio? Certo non limitatamen­te a singole situazioni locali. Ho molta difficoltà a immagina­re una piccola comunità che si mantenga sulle energie della società repressiva, come somma di individui di volta in vol­ta liberati. Se il desiderio costituisce in compenso la strut­tura stessa della società nel suo insieme, anche nei mecca­nismi di riproduzione, un movimento di liberazione può « cri­stallizzarsi » nel complesso della società. Nel maggio ’68, da scintille in scontri locali, la scossa s’è trasmessa in modo brutale a tutta la società. Compresi dei gruppi che non ave­vano niente a che vedere né da vicino né da lontano con il movimento rivoluzionario, medici, avvocati o bottegai. È sta­to tuttavia l ’interesse ad avere il sopravvento, ma dopo un mese di fuoco. Andiamo verso posizioni di questo tipo, ma ancora più profonde.

a c t u e l Ci sarebbe già stata nella storia una liberazio­ne potente e duratura del desiderio, all’infuori di brevi pe­riodi di feste, di carneficina, di guerre, o di giornate rivolu­zionarie? Oppure credete ad una fine della Storia: dopo millenni di alienazione, l ’evoluzione sociale s ’invertirebbe di colpo in una rivoluzione che sarebbe l’ultima e che liberebbe per sempre il desiderio?

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F É L IX GUATTARI Né l’uno né l ’altro: né la fine definiti­va della storia, né un eccesso provvisorio. Ogni tipo di civil­tà, ogni periodo ha conosciuto la fine della sua storia; non è necessariamente probante, né necessariamente liberatorio. Quanto agli eccessi, nei momenti di festa, non è nemmeno rassicurante. Ci sono militanti rivoluzionari, preoccupati di sentirsi responsabili, che dicono: sì, eccessi, « nel primo sta­dio della rivoluzione », ma c’è una seconda fase, l ’organiz­zazione, il funzionamento, le cose serie... Ora non c’è affat­to desiderio liberato in semplici momenti di festa. Guardi la discussione di Victor con Foucault, nel numero di Temps modernes sui M aoistil. Victor ammette gli eccessi, ma nella « prima fase ». Quanto al resto, quanto alle cose serie, Vic­tor si appella ad un nuovo apparato statale, a nuove regole, ad una giustizia popolare con tribunale, ad un’istanza ester­na alle masse, ad una terza persona in grado di risolvere le contraddizioni delle masse. Si ritrova sempre il vecchio sche­ma: distacco d’una pseudoavanguardia in grado di operare le sintesi, di formare un partito che sia l’embrione dell’ap­parato statale; prelievo di una classe operaia educata; e il resto, è un residuo, un lumpen-proletariat di cui bisogna dif­fidare (sempre la vecchia condanna del desiderio). Ma queste distinzioni stesse, sono un modo di intrappolare il desiderio a favore di una casta burocratica. Foucault reagisce denun­ciando la terza persona, dicendo che, se c’è giustizia popo­lare, non passa per un tribunale. Fa vedere chiaramente che la distinzione « avanguardia proletariato-popolo non pro­letarizzato » è una distinzione che la borghesia introduce essa stessa nelle masse, e di cui si serve per schiacciare i fe­nomeni di desiderio, per emarginare il desiderio. Ogni pro­blema è quello dell’apparato statale. Sarebbe buffo contare su un partito o su un apparato statale per liberare i desideri. Reclamare una migliore giustizia, equivale a reclamare buoni giudici, buoni poliziotti, buoni padroni, una Francia più pu-

1 Cf. L e s tem p s m odern es, « Nouveau Fascisme, Nouvelle Démocratie » , n. 310 bis.

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li ta, ecc. A questo proposito ci dicono: come volete unificare le miriadi di lotte senza un partito? Come far andare ava- ti la macchina statale senza un apparato adatto? Che la ri­voluzione abbia bisogno di una macchina di guerra, è evi­dente; ma non si tratta di un apparato statale. Che abbia bisogno anche di un’istanza d’analisi, analisi dei desideri di massa, è certo, ma non si tratta di un apparato di sintesi esteriore. Desiderio liberato vuol dire desiderio nato dall’im­passe del fantasma individuale privato; non si tratta di adattarlo, di socializzarlo, di disciplinarlo, ma di inserirlo in tal modo che il suo processo non sia interrotto in un corpo sociale, e produca dichiarazioni collettive. Ciò che conta non è l ’unificazione autoritaria, ma piuttosto una specie di scia­matura all’infinito : i desideri nelle scuole, nelle fabbriche, nei quartieri, nelle case, nelle prigioni, ecc. Non si tratta di coprire, di sommare, ma di porre sullo stesso piatto della bilancia. Fin che si rimane ad una alternativa fra lo spontanei­smo impotente dell’anarchia e la codificazione burocratica e gerarchica di un’organizzazione di partito, non ci sarà libe­razione di desiderio.

a c t u e l Si può ritenere che ai suoi inizi il capitalismo sia giunto ad assumere desideri sociali?

Gi l l e s d e l e u z e Senz’altro, il capitalismo è stato ed è sempre una formidabile macchina di desiderio. I flussi di de­naro, di mezzi di produzione, di mano d ’opera, di nuovi mercati, tutto ciò è desiderio che scorre. È sufficiente con­siderare la serie di fatti contingenti che sono all’origine del capitalismo, per vedere fino a qual punto sia stato un incro­co di desideri, e come la sua infrastruttura, la sua economia stessa siano inscindibili da fenomeni di desiderio. E così il fascismo; bisogna dire che esso ha « assunto i desideri so­ciali », compresi quelli di repressione e di morte.

La gente teneva per Hitler, per la bella macchina fascista. Ma se la sua domanda vuol dire: il capitalismo ai suoi inizi è stato rivoluzionario? la rivoluzione industriale ha mai coin­ciso con una rivoluzione sociale? — no, non mi sembra. Il

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capitalismo è stato legato, fin dalla sua nascita, ad una re­pressione selvaggia, ha avuto poi la sua organizzazione di potere e il suo apparato statale. Che il capitalismo abbia implicato una disgregazione dei codici e dei tipi di potere precedenti, questo sì. Ma la rotazione di potere era già im­plicita nella caduta dei regimi precedenti compreso il potere dello Stato. Ed è sempre così: le cose non sono molto pro­gressive; ancor prima che si stabilisca una struttura sociale, i suoi strumenti di sfruttamento e di repressione sono già pronti, girano ancora a vuoto, ma son già pronti a funzionare a pieno ritmo. I primi capitalisti sono come uccelli da preda che aspettano. Aspettano il loro incontro con i lavoratori; questo avviene a seguito della caduta del sistema preceden­te. È tutto il significato che si attribuisce a quella che chia­miamo accumulazione primitiva.

a c t u e l Io penso invece che la borghesia nascente abbia immaginato e preparato la sua rivoluzione durante tutto il secolo dei Lumi. Dal suo punto di vista, è stata una classe « rivoluzionaria fino in fondo » perché ha rovesciato l ’An­cien Régime ed è andata al potere. Nonostante i contempo­ranei movimenti dei contadini e degli operai, la rivoluzione borghese è una rivoluzione fatta dalla borghesia — i due ter­mini non sono affatto distinti — e giudicarla secondo le uto­pie socialiste del xix o del xx secolo, porta ad introdurre, in modo anacronistico, una categoria che non esisteva affat­to.

Gi l l e s d e l e u z e II suo discorso, ancora una volta, risen­te dello schema di un certo tipo di marxismo. Ad un deter­minato momento della Storia, la borghesia sarebbe rivolu­zionaria, e questo sarebbe stato anche necessario, sarebbe necessario passare attraverso la fase del capitalismo, attra­verso una fase di rivoluzione borghese.

Ê stalinista, ma non serio. Quando una struttura sociale diviene sterile e vien meno poco a poco, tutta una serie di cose si decifra, ogni flusso incontrollato si mette a fluire, per esempio la fuga dei contadini nell’Europa feudale, i fe-

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nomeni di « deterritorializzazione ». La borghesia impone un nuovo codice, economico e politico; allora la si può credere rivoluzionaria. Niente affatto. A proposito della rivoluzione del 1789, Daniel Guérin ha detto cose molto profonde. La borghesia non ha mai avuto dubbi sul suo vero nemico. Il suo vero nemico non era il sistema precedente, ma quello che sfuggiva al controllo del sistema precedente e che essa si poneva il compito di dominare a sua volta. Essa stessa doveva il proprio potere alla rovina del sistema precedente; ma que­sto potere lo poteva esercitare solo nella misura in cui as­sumeva come nemici tutti i rivoluzionari del sistema prece­dente. La borghesia non è mai stata rivoluzionaria. Essa ha manipolato, incanalato, represso un’enorme pulsione del desi­derio popolare. La gente è andata a farsi ammazzare a Valmy.

a c t u e l Sono anche andati a farsi ammazzare a Verdun.F É L IX g u a t t a r i Esatto, ed è quello che ci interessa.

Da dove vengono queste spinte, queste sollevazioni, questi entusiasmi che non si spiegano con una razionalità sociale e che sono deviati, catturati dal potere via via che nascono? Non si può render conto di una situazione rivoluzionaria, con la semplice analisi degli interessi presenti. Nel 1903, il partito socialdemocratico russo discute sulle alleanze, sul­l ’organizzazione del proletariato, sul ruolo dell’avanguardia. Mentre ha la pretesa di preparare la rivoluzione, è sorpreso dagli avvenimenti del 1905 e deve buttarsi su un treno già in movimento. Il fatto è che s ’è prodotta un cristallizzazione del desiderio sul piano sociale, sulla base di situazioni ancora incomprensibili. Stessa cosa nel 1917. E i politici anche que­sta volta hanno dovuto riprendere il treno in corsa, e hanno finito per riacciuffarlo. Ma nessuna tendenza rivoluzionaria ha saputo, o voluto, assumersi le necessità di una organiz­zazione sovietica che avrebbe potuto permettere alle masse di assumersi realmente la responsabilità dei propri interessi e dei propri desideri. Sono state istituite delle macchine, det­te organizzazioni politiche, che funzionano sul modello ela­borato da Dimitrov al vii congresso dell’Internazionale - av­

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vicendamento di fronti popolari e di ritrazioni settarie — e che giungono sempre allo stesso risultato repressivo. L ’abbia­mo visto nel 1936, nel 1945, nel 1968. Per la loro stessa assiomatica, queste macchine di massa si rifiutano di libe­rare l ’energia rivoluzionaria. È, in modo subdolo, una poli­tica paragonabile a quella del presidente della Repubblica o dei preti, ma con la bandiera rossa in mano. Noi pensiamo che ciò corrisponda ad una precisa posizione di fronte al desiderio, un modo di considerare l’io, la persona, la fami­glia. Di qui sorge un problema semplicissimo: o si giunge ad un nuovo tipo di strutture, che possano portare alla fusione del desiderio collettivo con l’organizzazione rivolu­zionaria, o si continua sullo slancio di ora, e, di repressione in repressione, si andrà verso una forma di fascismo, al cui confronto Hitler e Mussolini sembreranno uno scherzo.

a c t u e l Ma qual è la vera natura di questo desiderio pro­fondo, essenziale, che vediamo essere la componente di fon­do dell’uomo e dell’uomo sociale, e che si lascia continua- mente tradire? Perché va sempre a intrappolarsi in macchine antinomiche di quella dominante, e tuttavia a questa somi­glianti? Ciò vuol forse dire che questo desiderio è condan­nato all’esplosione pura e senza domani, o all’eterno tradi­mento? Mi intestardisco: potrà esserci nella storia un bel giorno in cui avrà luogo un’attuazione collettiva e durevole del desiderio liberato, e come?

Gi l l e s d e l e u z e Se lo sapessimo, non staremmo a par­larne, lo attueremmo. Tuttavia, Félix ne ha appena parlato: l’organizzazione rivoluzionaria deve essere quella d’una mac­china da guerra e non d’un apparato statale, di un analizza­tore di desideri e non di una sintesi esteriore. In ogni siste­ma sociale ci sono sempre state delle linee di fuga; e poi an­che degli irrigidimenti per impedire queste fughe, o (ma non è la stessa cosa) degli strumenti ancora embrionali per inte­grarle, per sviarle, fermarle, in un nuovo sistema in prepara­zione. Bisognerebbe analizzare le crociate da questo punto di vista. Ma a questo riguardo, il capitalismo ha delle caratteri-

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stiche molto particolari: le sue linee di fuga, per lui, non sono soltanto difficoltà sopraggiunte, ma sono condizioni del suo funzionamento. Si è costituito sull’individuazione gene­ralizzata di tutti i tipi di flusso, sul fluire della ricchezza, fluire del lavoro, del linguaggio, dell’arte, ecc. Non ha ri­fatto un altro codice, ma ha costituito una specie di conta­bilità, di assiomatica dei flussi già decifrati e l’ha posta al­la base della sua economia. Allaccia i vari punti di fuga e riparte in avanti. Allarga sempre i propri confini e si trova sempre nella situazione di dover privvedere a nuove fughe su nuovi confini. Non ha risolto nessuno dei suoi problemi fon­damentali; giunge a non saper neanche prevedere l ’aumento monetario in un paese in un anno. Non smette di superare i suoi limiti, che ricompaiono un po’ oltre. Si pone in situa­zioni incredibili, per quanto riguarda la produzione, la sua vita sociale, i problemi demografici, il terzo mondo, i suoi problemi interni, ecc. Fughe, ce n’è dappertutto, che rina­scono dai confini, via via che questi vengono spostati dal capitalismo. E senza dubbio la fuga rivoluzionaria (la fuga attiva, quella di cui parla Jackson quando dice: io non smetto mai di fuggire ma mentre fuggo cerco un’arma...) è una co­sa del tutto diversa dagli altri tipi di fuga, la fuga dello schizofrenico, la fuga del tossicomane. Ma c’è anche un altro problema: fare in modo che tutte le linee di fuga si ricolle­ghino su un piano rivoluzionario. Nel capitalismo c’è dunque un aspetto nuovo, preso dalle linee di fuga e da una poten­zialità rivoluzionaria di tipo nuovo. Come vede, c’è spe­ranza.

a c t u e l Parlate continuamente delle crociate: secondo voi si tratta di una delle prime manifestazioni di schizofrenia col­lettiva in occidente...

F é l i x Gu a t t a r i Si trattò certo di uno straordinario mo­vimento schizofrenico. All’improvviso, in un periodo già of­fuscato da scismi migliaia e migliaia di persone ne ebbero abbastanza della vita che conducevano, si levarono predi­catori improvvisati, individui partirono, a villaggi interi. Fu

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solo in seguito che il papato, sconvolto, ha cercato di dare uno scopo a tutto questo movimento, sforzandosi di condur­lo in Terra Santa. Due vantaggi: sbarazzarsi di bande vagan­ti e rafforzare le basi cristiane del Medio Oriente, minac­ciate dai Turchi. La cosa non sempre è riuscita: la crociata dei Veneziani s’è ritrovata a Costantinopoli; la crociata dei fan­ciulli s’è rivoltata nel sud della Francia e ha ben presto smes­so di commuovere. Città intere sono state prese e bruciate da questi fanciulli « crociati » che le truppe regolari hanno finito per sterminare; uccisi o venduti come schiavi...

a c t u e l Si può fare un parallelo con i movimenti contem­poranei: le comunità e la strada per fuggire la fabbrica e l ’ufficio? e ci sarà un papa per dare la copertura? Gesù-ri- voluzione?

F é l i x g u a t t a r i Un recupero da parte del cristianesimo non è impensabile. Fino ad un certo punto è già una realtà negli Stati Uniti, molto meno in Europa o in Francia. Ma c’è già un tentativo latente di prendere in mano la situazio­ne, sotto forma di tendenza naturista; l’idea che ci si po­trebbe ritirare dalla produzione e ricostruire una piccola so­cietà isolata, come se il sistema capitalista ci lasciasse facil­mente andare via.

a c t u e l Attribuite ancora un qualche ruolo alla Chiesa in un paese come il nostro? La Chiesa è stata al centro del potere nella società occidentale fino al xvm secolo, il vincolo e la struttura portante della macchina sociale fino al sorgere degli Stati nazionali.

Oggi, privata dalla tecnocrazia di questa funzione essen­ziale, appare essa stessa trascinata alla deriva, senza punto d ’appoggio e divisa. C ’è da chiedersi se la Chiesa, trava­gliata dalle correnti del cattolicesimo progressista, non di­venga meno confessionale di certe organizzazioni politiche.

F é l i x g u a t t a r i E l ’ecumenismo? Non è forse un modo per cavarsela sempre? La Chiesa non è mai stata più forte. Non c’è ragione alcuna di opporre Chiesa e tecnocrazia; c’è una tecnocrazia ecclesiastica. Storicamente, il cristianesimo e il

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positivismo sono sempre andati d’accordo. Lo sviluppo delle scienze positive ha una matrice cristiana. Non si può dire che lo psichiatra abbia sostituito il prete; come non si può dire che il poliziotto abbia sostituito anche lui il prete. C ’è sempre bisogno del contributo di tutti nella repressione. Ciò che nel cristianesimo si può dire invecchiato è la sua ideo­logia, non certo la sua organizzazione di potere.

a c t u e l Veniamo all’altro aspetto del vostro libro: la critica alla psichiatria. Si può dire che la Francia sia già pro­grammata per la psichiatria di settore — e fino a che punto si intende questo tipo di autorità?

F É L IX GUATTARI La struttura degli ospedali psichiatrici è essenzialmente statale e gli psichiatri sono dei funzionari. Lo stato si è a lungo accontentato di una politica coercitiva e per un buon secolo non ha fatto niente. C ’è voluta la Li­berazione perché cominciasse a trasparire una certa speran­za: la prima rivoluzione psichiatrica, l’apertura degli ospedali, i servizi liberi, la psicoterapia istituzionale. Tutto ciò ha portato a quella grande utopia della politica di settore, che consisteva nel limitare il numero dei ricoveri e nel mandare équipe di psichiatri tra la popolazione, come i missionari nel­la savana. Errore di fiducia e di volontà, la riforma si è im­pantanata: qualche servizio modello per le visite ufficiali e, qui e là, qualche ospedale nelle regioni meno sviluppate. Stia­mo andando verso una crisi più profonda, del tipo della crisi dell’Università, un vero e proprio disastro a tutti i li­velli, attrezzature, formazione del personale, terapie, ecc.

Le istituzioni per l’infanzia sono invece in condizioni mol­to migliori. L ’iniziativa è sfuggita di mano allo stato e al suo finanziamento, per tornare poi in mano ad associazioni di tutti i tipi, per la protezione dell’infanzia, o associazione di genitori... Le istituzioni hanno proliferato in questo settore, sovvenzionate dalla Sécurité Sociale. Il bambino è preso in carico da tutta una rete di psicologi, schedato fin dall’età di tre anni, seguito per tutta la vita. Bisogna aspettarsi solu­zioni di questo genere anche per la psichiatria degli adulti.

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Di fronte all’attuale impasse, lo Stato deciderà di denazio­nalizzare le sue istituzioni a vantaggio esclusivo di istituzioni regolate dalla legge del 1901 e abilmente manipolate da grup­pi politici e da associazioni di famiglie reazionarie. Noi stia­mo andando effettivamente verso una ripartizione psichia­trica della Francia, se la crisi attuale non libera le sue poten­zialità rivoluzionarie. Ovunque sorge l ’ideologia più reazio­naria, una piatta trasposizione dei concetti edipici. Nelle isti­tuzioni per bambini si chiama il direttore « tonton », l ’infer­miera « maman »; ho sentito anche fare distinzioni di que­sto genere: i gruppi di gioco derivano da un principio ma­terno, quelli di lavoro da un principio paterno. La psichiatria di settore ha l’aria progressista, perché apre gli aspedali. Ma se questo consiste nello schedare i quartieri, si rim­piangerà ben presto il manicomio chiuso di un tempo. È co­me la psicanalisi: funziona all’aperto, ma è ancora peggio, come forza repressiva è ancora più dannosa.

Gi l l e s d e l e u z e Un caso: una donna arriva ad un con­sultorio. Spiega che prende dei tranquillanti. Chiede un bic­chier d’acqua. Poi dice: « Lei capisce, ho una certa cultura, ho studiato, mi piace molto leggere ed ecco che ora mi suc­cede di passare il tempo a piangere. Non sopporto più il métro... E poi piango ogni volta che leggo qualcosa... Vedo la televisione, vedo le immagini del Vietnam: non posso sop­portarlo... » Il medico non risponde un gran che. La donna prosegue: « Ho fatto la Resistenza... un po’ : ero una buca delle lettere ». Il medico chiede una spiegazione. « Beh sì, non capisce dottore? Andavo in un bar e domandavo, per esempio: c’è qualche cosa per René? E mi davano una lette­ra da trasmettere... » Il dottore sente « René » e si scuote: « Perché dice René? » È la prima volta che si impegna in una domanda. Fin qui lei aveva parlato del métro, di Hiro­shima, del Vietnam, dell’effetto che queste cose produceva­no sul suo corpo, della voglia che aveva di piangere. Ma il medico domanda solo: « Guarda guarda René... che cosa rievoca questo René? Renato, qualcuno che è ri-nato? Il

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rinascimento? La resistenza non dice nulla al medico; ma il rinascimento sì perché si rientra nello schema generale, nel­l’archetipo: « Lei vuole rinascere ». Il medico vi si ritrova: questo è il suo circuito. E la spinge a parlare di suo padre e di sua madre.

È un aspetto fondamentale del nostro libro, molto con­creto. Gli psichiatri e gli psicanalisti non hanno mai prestato attenzione ad un delirio; a loro basta ascoltare qualcuno che delira: possono essere i Russi a tormentarlo, i Cinesi; non ho più saliva, qualcuno nel métro mi ha inculato, ci sono microbi e spermatozoi che brulicano dappertutto. La colpa è di Franco, degli Ebrei, dei Maoisti: è tutto un delirio in campo sociale. Perché non potrebbe riguardare la sessualità di un soggetto, i suoi rapporti con l’idea di Cinese, di Bian­co, di Negro? Con la civiltà, le crociate, il métro? Psichiatri e psicanalisti non ci capiscono niente; deformano il conte­nuto dell’inconscio, per addomesticarlo a degli enunciati-ba­se prefissati: « Lei mi parla di Cinesi, ma suo padre? — No, non è cinese. — Allora lei ha un amante cinese? » Ê al livello dell’istinto repressivo del giudice di Angela Davis che ga­rantiva: « Il suo comportamento non si spiega in altro modo se non col fatto che era innamorata ». E se la libido di An­gela Davis fosse stata invece una libido sociale, rivoluzio­naria? E se fosse stata innamorata perché era rivoluzionaria?

Ecco quel che diciamo agli psichiatri e agli psicanalisti: non sapete che cos’è un delirio, non avete capito niente. Se il nostro libro ha un senso, è che arriva proprio nel momento in cui molti si rendono conto che la macchina psicanalitica non funziona più, una intera generazione comincia ad averne abbastanza degli schemi prefissati — Edipo e castrazione, im­maginario e simbolico — che mascherano sistematicamente il contenuto sociale, politico e culturale di ogni turba psichica.

a c t u e l Voi associate la schizofrenia al capitalismo; que­sto è il fondo del vostro libro Ci sono casi di schizofrenia in qualche altro tipo di società?

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f é l i x Gu a t t a r i La schizofrenia è inscindibile dal sistema capitalistico, concepito esso stesso come un primo tipo di fuga: una malattia precipua. Negli altri tipi di società, la fu­ga e l’ermarginazione assumono altri aspetti. L ’individuo asociale delle società cosiddette primitive non si fà rinchiu­dere. La prigione e il manicomio sono nozioni più recenti. Lo si scaccia, ed egli si ritira ai margini del villaggio, dove muo­re, a meno che non gli succeda di integrarsi nel villaggio vi­cino. Ogni sistema ha, d’altra parte, la sua malattia partico­lare: l ’isterismo nelle società primitive, le manie depressi- ve-paranoiche nei grandi imperi... L ’economia capitalista parte dalla decodificazione e dalla deterritorializzazione: ha i suoi mali estremi, cioè la schizofrenia che si decodifica e si deterritorializza fino in fondo, ma ha anche le sue estreme conseguenze, le rivoluzioni.

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Alain Touraine

Alain Touraine fu professore di sociologia a Nanterre. Ha dunque visto molto da vicino, attorno a Cohn-Bendit suo allievo, nascere ed espandersi il movimento che cono­sciamo. Dal momento che egli aveva dedicato i suoi lavori all’analisi della coscienza operaia e del lavoro industriale, si è rifiutato di considerare la rivolta studentesca e le lotte del Maggio come un sussulto intellettuale e piccoloborghese op­pure come la rigenerazione per procura di un proletariato tra­dizionale che scuote il giogo riformista. Se noi abbiamo ab­bandonato l’era della società mercantile e del capitalismo liberale per un capitalismo « post-industriale », lo scrollone annunciava nuovi conflitti sociali, e nuove contraddizioni: la comparsa di un movimento nuovo, irriducibile ai suoi pre­decessori. Alain Touraine ne propone una prima descrizione nella Société post-industrielle (Denoël-Gonthier, « Média­tion »), nel Communisme utopique (Le Seuil, coll. « Poli­tique ») e nel suo ultimo libro, Université et Société aux États-Unis (Le Seuil), in attesa di un’opera più teorica sulla produzione della società.

Per quanto influenzato da Sartre — verso il quale non è più debitore di molto, se non per il suo rifiuto del positivismo — e sebbene abbia frequentato l 'Union progressiste di Emma­nuel d’Astier e Pierre Cot, e in seguito il p s u , Alain Tou­raine non è un militante. Ma non concepisce sociologia che non respinga l’ideologia dominante per costituirsi in scienza dell’azione e dei conflitti. In lui è un atteggiamento di par­tenza: per consacrarsi alle scienze umane, Touraine ha ab­bandonato l’École normale supérieure in piena età scolasti­ca. Fino alla metà del secolo, la scuola francese aveva con-

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siderato la sociologia come del cattivo giornalismo, qualcosa che non esisteva al di fuori di un magro attestato di « mo­rale et socio ».

Rifiutando le arringhe della filosofia tradizionale della Sorbona — «la sociologia è l ’insieme di ciò che sfugge al si­stema universitario » —, lo studente Alain Touraine era par­tito per l ’Europa centrale a studiare la riforma agraria un­gherese, e poi le miniere di carbone: di qui datano i suoi esordi nella sociologia industriale. Lavorò poi negli Stati Uniti, prestando attenzione ai metodi e ai risultati, senza tuttavia accettare i fondamenti delle scienze sociali ameri­cane, ancora legate all’establishment.

Alla fine degli anni cinquanta, la prima generazione dei sociologi francesi si riuniva attorno al c n r s e ad alcuni isti­tuti di ricerca e di insegnamento progressivamente strappati alla letteratura o alle scienze amministrative. Autodidatti per necessità tutti con l’impronta del loro apprendistato fat­to negli Stati Uniti, solidali fra loro nei confronti dei pezzi grossi della Sorbona che contendevano loro i posti e i crediti, questi uomini si ripartirono delle specialità ancora vaghe e moltiplicarono le ricerche sul campo. Poiché erano sfuggiti al­le intelaiature dottrinali dell’intelligenza francese e parlava­no uno strano linguaggio con bei riferimenti sconosciuti, all’inizio non vennero per nulla ascoltati e vennero per lungo tempo confusi fra di loro, trovando in essi, non senza ragione, un’aria di famiglia. Con la notorietà, le sfaldature incomin­ciarono tuttavia a intravedersi: da un lato una sociologia dell’organizzazione — come quella di Michel Crozier 1 —, se­dotta da quegli stessi apparati sociali che essa descrive e che, naturalmente, sognerà di migliorare; dall’altro lato una sociologia dei conflitti — simbolizzata da Alain Touraine — che si vedrà ugualmente trascinata a collocarsi nel campo so­ciale, ma dalla parte opposta dei conformismi.

1 Michel Crozier, autore di I I fen om en o bu rocratico , 1969, Milano, Etas Kompass, « Scienze politiche e sociali », del M on de d e s em ployés d e bu reau e della Société b loqu ée (ed. Le Seuil).

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Oggi, l ’esperienza di Nanterre ha storto verso sinistra il vocabolario del sociologo Alain Touraine. Tecnici, giovani la­voratori, studenti, liceali si ribellano contro l’influenza e le manipolazioni dei grandi apparati tecnocratici: ne potrebbe nascere una nuova sociologia.

a c t u e l Al di là dell’espressione equivoca di società in­dustriale, come si potrebbe definire la fase attuale del ca­pitalismo occidentale, tecnocratico e programmato?

A l a i n t o u r a i n e Sotto l’aspetto più semplice, e in un grado infinitamente maggiore che in ogni altra epoca, diciamo che noi siamo passati da una società di trasmissione ad una società di acquisizione-, ormai l ’avvenire ha la meglio sul­le eredità del passato. Ed è questo cambiamento globale del­la società ciò che deve determinare l’atteggiamento che noi assumiamo nel guardare ad essa e nel comprenderla.

Nella fase « liberale » del capitalismo - quel xix secolo che si prolunga quasi fino ai nostri giorni — noi ci trovava­mo ancora nelle società tradizionali a economia industriale. Le si potevano analizzare in due modi diversi. Gli uni vede­vano in esse un sistema, un insieme congegnato di funzioni e di bisogni che rispondevano fra di loro, con i suoi valori ed i suoi riti: il corpo sociale concepito come un focolare familiare. Gli altri — progressisti e socialisti - ammettevano ugualmente l’esistenza di un ordine sociale, ma ne contende­vano i propositi: sistema diabolico piuttosto che angelico, esso esprimeva una dominazione assai più che un’architet­tura dei valori e dei bisogni. In questa ottica, la società si doveva leggere come un’ideologia, un gioco di maschere che nascondevano la vera ripartizione del potere. Per quan­to conservino una validità, queste analisi insieme simili e contrapposte si riferiscono a delle società che hanno la pos­sibilità di apparire come un ordine, cioè società in cui le mort saisit le vif 1 attraverso l’eredità e la trasmissione. 1

1 Manteniamo l’espressione letterale per l ’evidente reminiscenza marxiana {N d T ).

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Ma non è più questo l’essenziale. La caratteristica princi­pale delle nostre società risiede nella loro infinita capacità di azione su se stesse. Tutto in esse è oggetto di trasfor inazione, compresi i fatti sociali, i rapporti degli uomini fra di loro e, in fondo, l ’uomo stesso. Se l ’uomo può arrivare fino al punto di sopprimere l’uomo, o a renderlo irricono­scibile attraverso una manipolazione generalizzata delle isti­tuzioni, dei valori e dei gruppi, allora non esiste più una natura umana o una natura sociale. La società sarà domani quel che essa fa oggi, a nulla serve interrogarsi sulle leggi o sulla sua assenza: essa ha perso ogni invariante insieme alla scomparsa della natura umana. L ’avvenire determina il presente più di quanto il presente non sia determinato dal passato. Il tronco comune di ogni riflessione sociologica risiede ormai nella società riguardo a ciò che essa fa di se stessa.

Da ciò scaturiscono sempre due analisi. Secondo la prima, dal momento che non esistono più né valori né antivalori, né grandi complotti, noi siamo quel che noi facevamo in un mondo governato dal tirocinio, da un passo dietro l’altro, dalle strategie, dai conflitti certo, ma anche da un perpetuo negoziato e da un adattamento permanente e provvisorio ad un ambiente mutevole. Ê questa, più ancora che un’ideolo­gia, la pratica dominante: una sociologia reale, quella dei grandi centri decisionali e delle grandi imprese o organiz­zazioni. Questo pragmatismo neo-liberale parla sempre in termini di mercato, ma di un mercato tanto socio-politico quanto economico, e liquida in tal modo tutti i problemi del contenuto e dell’orientamento sociale.

Di fronte a questo neo-liberalismo c’è quello che è il se­condo atteggiamento, che consiste nell'interrogarsi sugli ar­gomenti, i dibattiti e gli scontri di una società che è diretta verso il cambiamento, che è definita dal suo cambiamento stesso e non dai suoi principi o dal suo ordine.

a c t u e l Si pone il problema del potere?A l a i n t o u r a i n e Se si tratta di designare — per così dire

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per afferrarlo — una sorta di nucleo centrale denominato potere, proprietà, le pretese leve dell’indipendenza, tutto ciò non ha più senso alcuno; oppure ha un senso rituale che ci proviene da conflitti antichi che sono oggi più verbali che reali. In questa accezione, la rivendicazione del potere è un allettamento illusorio: sono gli stessi centri dirigenti che definiscono in termini di decisioni e di processi politici una società la cui realtà si colloca più lontano e ben altrove. Occorre vedere, al di là dell’apparato dello stato, la domina­zione dei grandi apparati che dirigono la società e che esclu­dono o disorganizzano quanto è loro estraneo o contrario, gigantesca zona d’ombra che non trova espressione, che re­sta ricacciata indietro e proibita. Il dibattito politico cade in un formidabile errore di prospettiva quando dà più impor­tanza alla presa del potere che non alla liberazione sociale.

Questa questione assume in Francia un rilievo eccezionale. Dalla fine del xvm secolo, noi abbiamo avuto la tendenza ad identificare la società e lo Stato. E di fatto la vita poli­tica francese costituita, ufficiale, si definisce oggi ancora in rapporto al sistema statale, tanto nei gollisti che nel partito comunista: le divergenze e gli scontri avvengono sul ruolo dello stato, non sulla concezione della società, checché ne dicano le varie propagande. Questo privilegio concesso allo stato può concepirsi nelle società molto eterogenee in cui strutture moderne coesistono con le strutture antiche. Quan­do l ’industrializzazione viene compiuta non dalla borghesia mercantile, ma dalle antiche classi dominanti, come in Ger­mania o in Giappone, lo stato svolge un ruolo centrale. Ruolo che è ancora più importante quando le antiche forme di dominazione resistono e non vengono attaccate se non perifericamente da enclavi coloniali. Qui l ’opposizione po­polare assume la forma di un assalto diretto contro l’appa­rato dello stato.

Ma oggi noi viviamo in una società industriale che, nono­stante la permanenza di settori arcaici talvolta ancora consi­derevoli, tende ad affermarsi come una società omogenea

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moderna. Improntata a tutti i livelli dalla scienza, dalla tec­nica e dall’urbanizzazione generalizzata, essa si distingue ra­dicalmente dalle società di industrializzazione che l’hanno preceduta o che vediamo lentamente emergere dal mondo sottosviluppato. Mutamento essenziale che dissolve l’auto­nomia del fenomeno politico a profitto dei grandi centri di organizzazione economica e sociale e di manipolazione cul­turale. Dopo alcuni anni, al di là delle dispute politiche, si ricomincia a porsi il problema della società.

Nonostante la confusione inerente ai periodi di transizio­ne, nuove forze si delineano: un padronato moderno che si afferma in quanto classe strutturata e, da parte popolare, il sorgere di movimenti sociali che non possono venir ridotti al­la loro espressione politica attuale, ammesso anche che ne trovino una. È un grande rivolgimento per il pensiero socio­logico. La società mercantile poteva esser colta attraverso le categorie dell’ analisi giuridica. L ’ industrializzazione ha creato una coscienza storica: senso della storia, evoluzione, tendenza alla trasformazione sociale. Oggi si apre l’era della sociologia.

a c t u e l Tappe giuridica, storica, sociologica: dove collo­ca il marxismo?

A l a i n t o u r a i n e Non credo, in un primo tempo, che si possa dissociare il marxismo dal momento storicistico del pensiero. Da esso nasce e lo esprime a modo suo anche se si distingue per la qualità e la logica della sua architettura intel­lettuale. Ma — come ogni pensiero molto importante — il marxismo apporta anche qualcos’altro: l ’analisi del capitali­smo in quanto sistema. A questo livello, il marxismo ha gio­cato un ruolo primordiale e modernizzatore del pensiero so­ciale facendo apparire — contro lo storicismo della borghesia liberale e, per una parte, contro i suoi stessi miti — la società come un sistema che risponde ad una contraldizione fonda- mentale. Si tratta, lo dicevo poco fa, dell’analisi della società del passato. Ma il principio conserva metodologicamente tut­to il suo valore per il presente e per l’avvenire.

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In compenso, la frattura epistemologica non passa, come aveva detto Althusser, in mezzo all’opera di Marx, fra la filosofia della storia degli scritti giovanili ed il socialismo scientifico della maturità, all’incirca verso il 1844. Essa ar­riva ben più tardi, in mezzo al xx secolo, quando la so­cietà acquisisce una padronanza di se stessa, e con ciò ren­de possibile la sociologia. Fintantoché la società resta intoc­cabile, si rimane nell’ambito dell’interpretazione. Il sociale viene allora spiegato con le leggi degli dei, dei principi o del mercato. A partire dal momento in cui esso può agire sulle proprie strutture, ed al limite distruggersi con l’arma nucleare, diventa oggetto di esperimenti. Ecco perché io penso che le nostre società non possono analizzarsi se non in termini sociologici. Ma, all’inverso, ciò vuol dire anche che la sociologia è coinvolta in questa società, che essa si ca­rica di ideologia nel momento stesso in cui progredisce come conoscenza positiva. Non si può ridurre la conoscenza all’i­deologia — come fanno certi gauchistes - , ma non si può nep­pure concepire una conoscenza sociologica senza una critica ed un ribaltamento dell’ideologia dominante. Non riusciremo a capire questa società se non spezzando l’immagine che ne viene imposta, quella della razionalità delle decisioni, del ri­spetto della domanda sociale, della concertazione generalizza­ta. Bisogna ritrovare la natura della dominazione.

a c t u e l Come si p u ò definire la realtà della nuova clas­se dirigente?

Al a i n t o u r a i n e Essa non è soltanto dirigente, ma do­minante, e non soltanto mobilitante, ma repressiva ed esclu­siva. Si tratta di vedere come questa classe serve alla società, si serve di essa, la sviluppa, la deforma, la limita, la co­stringe. Cercare altresì la reazione: quali sono le contraddi­zioni ed i conflitti sociali centrali del giorno d’oggi, che non si confondono più soltanto con lo scontro fra borghesi e proletari quale viene descritto dal socialismo?

Certo, non siamo ancora molto lontani da una classe diri­gente puramente commerciale e finanziaria. E lo slittamen-

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to verso nuove strutture non è sempre facile da svelare, soprattutto in Francia dove esso si compie in maniera re­lativamente efficace e progressiva attraverso il regime gol­lista. Ma se noi non siamo ancora usciti dal capitalismo pro­priamente industriale, quel mondo dell’antico capitalismo vie­ne ricoperto da un’altra tappa del capitalismo, quella delle grandi imprese e delle grandi organizzazioni. In questo qua­dro, la massimizzazione degli interessi dell’impresa ha la meglio sulla massimizzazione del profitto del capitale. Le due tendenze si mescolano, ma una tende a prendere il so­pravvento sull’altra.

Non è possibile confondere i conglomerati del capitalismo finanziario più classico, oppure le holdings dell’America degli anni venti, con un’azienda come la i b m oppure le in­dustrie nucleari o spaziali, gestite dalle imprese pubbliche. Chiamatele neo-capitaliste, tecnocratiche, monopoli di sta­to: in tutti i modi, si tratta di un’altra realtà. E lì si mani­festa una classe dirigente, incentrata sui grandi apparati, la cui area di controllo sociale è infinitamente più vasta che non una volta. L ’area di comando della classe dirigente si è straordinariamente estesa, la quadrettatura del suo scacchiere operativo è evidentemente più fitta: ruolo dirigente nella produzione, ma anche controllo del consumo, dell’urbaniz­zazione, dell’informazione, di tutti gli elementi del processo sociale.

a c t u e l Che cosa significa tutto questo al livello della struttura interna della classe dominante?

A l a i n t o u r a i n e Innanzitutto che la continuità e la tra­smissione hanno qui un posto secondario. Senza comunque trascurare gli uomini o le fortune, è necessario concepire gli apparati come gli elementi centrali del sistema, vere struttu­re di comando della vita sociale, di accumulazione e di con­trollo dell’accumulazione, di orientamento dell’investimento in funzione della massimizzazione dei loro stessi interessi. Occorre qui distinguere tipo storico e tipo sociologico. Sto­ricamente, nessuno può confondere gli ambienti dirigenti

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degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. I primi sono fon­damentalmente legati al sistema capitalista, i secondi hanno avuto radice in un movimento sociale ed in una rivoluzione operaia. Ma sociologicamente, io non esito a dire che il parti­to comunista dell’Unione Sovietica è una classe dirigente, dal momento che esso rappresenta quell’apparato che determina la natura dell’accumulazione e l’uso delle risorse accumulate in funzione di uno sviluppo di cui esso solo è giudice. Esiste classe dirigente a partire dal momento in cui vi è controllo degli investimenti da parte di un gruppo sociale strutturato, e nelle nostre società ciò non esiste separatamente da un controllo dell’insieme della vita sociale concepito come un sistema.

Il mondo in sé dell’economia è scomparso. Nella società di industrializzazione del xix secolo, vi era il mondo del capi­tale ed il suo contrapposto, il mondo del lavoro, l ’impresa, le istituzioni dell’insegnamento e poi, al di fuori, ampie pla­ghe della vita sociale relativamente indeterminate, salvo che per le forme culturali mantenute dalla famiglia, dalla Chiesa, dai costumi. Guardando con la prospettiva, noi constatia­mo che l’inquadramento della gente nel passato restava mol­to leggero, ad eccezione che nel lavoro. Oggi gli uomini ri­spondono a sistemi di comando, di incitamento, di gerarchia che diventano onnipresenti. Prendete anche il campo della sessualità. Si può anche dire che un movimento di liberazio­ne distrugge le regole e i divieti, ma questo ottimismo è pericoloso se non vede anche il crearsi di nuove norme, l’estendersi del campo della scolarizzazione e quindi del controllo sociale.

a c t u e l E la scuola?Al a i n t o u r a i n e Qui siamo passati da un sistema univer­

sitario che trasmetteva la disuguaglianza ad un sistema che crea la disuguaglianza. In società improntate dalla scienza e dalla tecnica, la conoscenza diventa un dato essenziale. E l’ideologia subito esagera. Guardate lo slogan del SICOB: « Sapere è potere ». Ammirevole definizione del pensiero

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e della mistificazione tecnocratica, dal momento che non è proprio un sapere qualsiasi quello che porta al potere. Dinan­zi aIVaspirazione generale al sapere, il potere rifluisce: la funzione della scuola, oggi più ancora di una volta, è di far sì che vi siano dei non diplomati. Oppure, di fronte alla « democratizzazione » dell’insegnamento, di mantenere la ge­rarchia. Così le nobili facoltà di Lettere sono un traboc­chetto in cui scompare — senza un grande avvenire — una gran parte di coloro che aspirano al sapere, mentre in disparte l ’élite dirigente si costituisce nel suo ambito ri­servato le grandes écoles. Gli allievi elle grandes écoles non ne sanno né più né meno degli altri, ma essi sono stati selezionati: ecco quanto basta per assicurar loro una posi­zione preponderante nel sistema.

Tutto ciò non significa affatto che noi viviamo una dit­tatura tecnocratica assoluta. In Francia in ogni caso, conser­viamo una società liberale, cioè una società in cui il proces­so politico conserva una certa autonomia nei confronti dei poteri socio-economici, con la parte di illusorietà e di liber­tà che ciò comporta. Ma il potere si esercita ormai al livello della società intera, non si identifica esclusivamente con il gioco politico; e ciò comporta, a tutti i livelli, dei contrac­colpi, delle resistenze e dei conflitti.

Se esiste, da ieri a oggi, una differenza profonda nella na­tura del dominio sociale, nella sua radice, nel suo principio e nella sua estensione, allora immmensi settori della vita sociale un tempo al di fuori del conflitto diventano oggetto di scelta, cioè di conflitto. La parte delle costrizioni natu­rali o meccaniche tende a ridursi, i problemi di crescita e di modo di vita prendono il sopravvento su quelli della sus­sistenza: quello che verrà messo in causa sarà, più che le leggi del destino o dell’universo, il sistema stesso. La manipo­lazione, l ’oppressione, la sottomissione o la rivolta non riguar­dano più soltanto l ’uomo considerato nel suo lavoro ma l ’insieme degli individui e dei gruppi nel loro rapporto glo­bale con il processo di mutamento. Dopo la lenta evolu­

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zione, la debole differenziazione e la forte riproduzione del­le società tradizionali, l’uomo attuale cambia di mestiere, di situazione, di consumi, di valori nell’intero corso della sua vita, è gettato in un sistema che tollera e richiede persino il moltiplicarsi delle parole e dei segni, la proliferazione del­le norme e delle informazioni, un sistema di guida più ela­stico e nello stesso tempo più serrato. A1P« Arricchitevi! » della società liberale è succeduto lo « Scegliete! » delle no­stre società. Ma queste scelte non sono libere. Non è il con­sumatore che sceglie gli investimenti, e quindi il tipo di con­sumo. Le antiche disuguaglianze diminuiscono molto lenta­mente e vengono sostituite da altre che sono in crescita. Gli apparati ributtano nel silenzio e nella disciplina coloro che devono soltanto far girare la macchina e che sono costretti a girare insieme ad essa sempre più in fretta.

a c t u e l In un periodo di transizione ancora segnato dalle lotte del passato, possiamo già riconoscere ed analizza­re i meccanismi e le contraddizioni della società in gestazione prima che queste ultime si siano manifestate sotto forma di conflitti centrali?

A l a i n t o u r a i n e Chi avrebbe potuto dire nel 1820, o an­che nel 1830, che il conflitto centrale del secolo sarebbe stato quello fra salariati e padronato? Come convalidare le ipotesi in altro modo che non sia quello della pratica socia­le? Tuttavia noi possiamo far meglio che aspettare. Innanzi­tutto spiare dentro i nuovi conflitti sociali ciò che non è ri­ducibile a delle lotte di influenza o di rivendicazioni quan­titative, riconoscere nel contempo le aspirazioni profonde dei gruppi dominati e quanto viene assolutamente rigettato dal sistema dominante. Si può distinguere nelle nostre società l ’apparato e le persone che si identificano in esso, le persone che vengono consumate dall’apparato - la classe operaia per esempio — e le persone che stanno al di fuori dell’apparato. I vecchi stanno al di fuori dell’apparato: perché non dovreb­bero esistere anche dei movimenti di vecchi? Detto ciò, la contraddizione si proietta innanzitutto su scala mondiale nel­

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l ’enorme dislivello che separa i paesi accumulatori dai paesi dominati. Quello che viene a torto chiamato Terzo Mondo rappresenta un universo sottoposto alla logica della accumu­lazione dei centri decisionali dominanti in Occidente. Là si incontra il vero impoverimento relativo, e talvolta assoluto. I conflitti sociali fondamentali della nostra epoca oltrepas­sano di gran lunga le frontiere di una società come la Francia.

a c t u e l II c o rp o so c ia le è tu t ta v ia s c o s so d a c o n f lit t i in te r n i : co m e d isc e rn e re i lo r o p r o ta g o n is t i?

Al a i n t o u r a i n e Ogni rapporto sociale essenziale susci­ta nei suoi protagonisti un comportamento corrispondente alla situazione: se mi parlate di classe, è perché esiste co­scienza di classe. Tuttavia questa coscienza non appare mai allo stato puro nelle sue prime manifestazioni. Essa è fran­tumata dall’alienazione oppure ossidata dai modelli del pas­sato. Tutto il xix secolo ha parlato il linguaggio della Rivo­luzione francese ed una grande parte del movimento operaio il linguaggio repubblicano. È inevitabile che un movimento sociale in formazione usi l ’ideologia delle forze che l ’hanno preceduto. Così accade per rivolte culturali che conosciamo nell’Occidente contemporaneo e che si ammantano ancora per gran parte del linguaggio delle rivoluzioni condotte nel e per il lavoro.

Su quale piano bisogna attualmente collocarsi? Nelle so­cietà cosiddette primitive fondate sulla caccia, sembra pro­prio che il conflitto di classe sia quello che contrappone gli uomini alle donne. Nel mondo mercantile, esso si esprime in termini di stato e di categorie politico-giuridiche. Nella socie­tà dell’industrializzazione, che si basa direttamente sul la­voro produttivo, la fabbrica diventa la porta in gioco, e l ’o­peraio qualificato, relativamente privilegiato, si contrappo­ne più direttamente al capitalismo. In una società caratteriz­zata dal cambiamento, quella che si solleva più direttamen­te contro la tecnocrazia è la categoria che è più aperta al cambiamento, quella che è da esso più favorita e più scon­volta. Nel maggio del 1968, i gruppi più sensibili — gli stu­

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denti, i giovani tecnici e quadri — erano quelli che più vio­lentemente sono stati aspirati e, nello stesso tempo, ricaccia­ti indietro dal sistema, in particolare nell’apparato universi­tario. Questa contestazione culturale della gioventù, o di al­tre categorie sociali, si è poi estesa; essa non è altro che l’avanguardia di nuovi conflitti sociali, passa nel cuore del sistema scolastico perché la conoscenza è diventata una for­za di produzione essenziale, passa attraverso quelle strutture fondamentali della vita sociale che sono ormai diventate l ’e­ducazione l ’informazione, il consumo.

a c t u e l II che equivale ad affermare che il conflitto cen­trale delle nostre società non è più quello fra proletariato e padronato.

ALA IN T o u r a i n e Io non penso che la classe operaia ri­manga un attore storico privilegiato nella società post-indu­striale verso la quale stiamo andando. Diciamo subito che non si tratta di far ricorso a dei temi privi di senso come quelli della fine dello sfruttamento, della scomparsa della classe operaia o della morte del sindacalismo. Semplicemente, nei nostri tipi di società, il conflitto specifico fondato sul ruolo che si ha nell’ambito della produzione industriale ten­de a non poter più essere isolato. Cessa di essere un cardine, ed è decentrato in rapporto a dei modi di produzione e di dominazione più vasti e più recenti. La battaglia operaia non si cancella a beneficio di non so quale concentrazione, ma i nuovi movimenti sociali non possono venir concepiti come un prolungamento o un ringiovanimento del movimento ope­raio tradizionale.

Il movimento del Maggio ha dimostrato che la contesta­zione più viva non è scoppiata nei settori più organizzati del­la classe operaia. Gli obiettivi puramente rivendicativi non sono per nulla stati oltrepassati dai ferrovieri o dagli scari­catori. È al contrario nei settori economicamente più avan­zati, negli uffici-studi o fra i quadri che esercitavano funzioni di competenza, e non di autorità, e naturalmente nell’Uni­versità e nei licei, che si sono manifestati gli scontri più in-

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novatori e più radicali. Non perché il movimento operaio si sarebbe indebolito, o avrebbe dato le dimissioni nelle mani di cattivi partiti o di cattivi capi, ma perché l’eser­cizio del potere capitalista all’interno dell’impresa non è più la molla principale del sistema attuale, e dunque della lotta sociale.

Al limitare del mondo industriale, ci fu il sorgere presso­ché puro di una coscienza di classe, difficile da distinguersi da un’utopia di classe. Venne poi l ’azione di classe del pro­letariato, fenomeno centrale della società dell’industrializza­zione. Negli Stati Uniti e nei paesi di socialdemocrazia occi­dentale, questo conflitto fra salariati e padronato si è isti­tuzionalizzato, in modo più o meno completo. In Italia o in Francia, società nelle quali gli ostacoli all’industrializzazione e gli arcaismi furono maggiori che altrove, il movimento ope­raio ha conservato in parte l’orientamento rivoluzionario che aveva acquistato nel xix secolo. E nonostante ciò tan­to il suo comportamento che le sue espressioni politiche ci mostrano che esso è molto lontano dall'ingaggiare una lotta frontale contro il potere. Oggi, alla fine della tappa dell’in­dustrializzazione, assistiamo nuovamente ad un fuoco d ’arti­ficio della soggettività di classe, ivi compresi, e soprattutto, gli elementi finora meno coscienti e meno organizzati, gli o s, i giovani, le donne. Il mondo operaio si sente sempre intensamente sfruttato, ma anche marginalizzato. Eia perdu­to il suo mestiere nella specializzazione e nella divisione del lavoro, ed ogni padronanza sul processo di produzione. La gente non vuole più vivere la domenica come degli individui normali per ritrovarsi prigioniera il lunedì di un autoritari­smo e di ritmi incredibili. La coscienza di classe rivive qua e là, ma altresì i molteplici rifiuti individuali della condizione operaia nell’ambito della gioventù. Questa coscienza di clas­se è esplosa, ma non riguarda l ’insieme e neppure il cuore della classe, ma piuttosto la sua periferia. In rapporto a ciò che abbiamo conosciuto in tutta l ’Europa del xix secolo, il fenomeno è stato socialmente e politicamente messo fuori

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centro, sebbene resti soggettivamente di primaria importanza.Possiamo vedere una combattività operaia abbastanza gran­

de: essa è fatta in parte di quella coscienza di classe dispera­ta, in parte anche da una pressione che nasce basandosi su dei vantaggi materiali e su di una maggiore istituzionalizza­zione dei conflitti del lavoro. Ma questi fatti, per quanto im­portanti siano, non devono mascherare l’essenziale: il con­flitto di classe si rinnova e non sarà più la classe operaia, in quanto tale, ad animarlo. Ciò è già molto evidente negli Stati Uniti e in Germania, senza parlare dell’Unione Sovie­tica.

Bisogna soprattutto fare attenzione al significato nuovo delle rivendicazioni e della lotta operaia. Non si può infatti dire che il mondo dell’alienazione culturale sia succeduto a quello dello sfruttamento economico. Quest’ultimo si tra­sforma e diventa un aspetto particolare della dominazione sociale e culturale. Una volta il tema centrale della lotta operaia era la coscienza del produttore che si sentiva espro­priato di una parte delle ricchezze che egli creava Oggi l ’o­peraio si sente manipolato da un sistema semre più denso di costrizioni: i ritmi, gli orari, il rumore. È per questo fat­to che gli os che non partecipavano attivamente alla difesa dei « produttori » sono adesso in prima fila nelle nuove lotte.

a c t u e l Questo per quanto riguarda i protagonisti. Ma quale è la posta in gioco, se non si tratta più soltanto del potere politico o del potere nell’impresa : l ’autogestione ge­neralizzata?

A LA IN t o u r a i n e La parola resta carica di confusione. E- sprime cionondimeno abbastanza bene quella che è la sola rivendicazione da contrapporsi al potere moderno. In una società che è ciò che essa fa, la massa dei dominanti aspira a fare ciò che essa è, cioè trovare un’autonomia di decisione attraverso una comunicazione fra gli stessi interessati, al ri­paro dalla retorica degli apparati.

È la rivendicazione di una nuova collettività assunta di­

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rettamente. Un tempo, il collettivo era un dato. Il villaggio contadino, il quartiere di Siena, il faubourg Saint-Antoine, il gruppo operaio e la sua cultura forgiavano ed inquadra­vano i gruppi sociali fin dalla loro origine. La società post-in­dustriale ha disperso gli individui mettendoli alla mercé del­le manipolazioni e del cambiamento: questa è la vera prole­tarizzazione di oggigiorno, così come il suo contrario, la vo­lontà di ritrovare una collettività e di controllarla, nella cit­tà, nel lavoro, neH’informazione, nella vita quotidiana... In seno ad un sistema che spezza i rapporti sociali elementari, non resta altro, al limite, che un Io isolato. Non è forse un caso se i movimenti più vigorosi di questi ultimi anni hanno avuto una base quasi biologica — la gioventù, la razza, le don­ne — come se questa identità restasse l ’unico bene e l ’unico legame che non è stato ancora loro tolto dall’apparato.

a c t u e l Come valuta all’interno di questa analisi quelli che si chiamano i movimenti « underground » o la con­tro-cultura?

Al a i n t o u r a i n e Attenzione: qui tutto non dipende da un conflitto sociale. Le nostre società sono contraddittoriamente delle società di investimento e di consumo. Valorizzano la scienza, la tecnologia, la produttività, la conoscenza, la ge­stione dei sistemi ed altresì il consumo, fino a quello che è il suo aspetto più intenso: l ’espressione. Questa situazione ingenera ad ogni istante una sorta di esplosione: è l’utopia. L ’utopia sorge allorquando una categoria sociale si identifica con una parte dell’orientamento culturale, la generalizza e la magnifica. L ’utopia tecnocratica si racchiude nella nozione di progresso tecnico e l ’idealizza. L ’utopia contraria consiste nell’identificarsi con l’espressione, con una certa idea della natura rappresentata dal pensiero ecologico, nel rinchiudersi in un mondo in cui — al contrario del mondo dominante — la totalità delle risorse umane si mobiliterebbe per mantenere gli equilibri interni della società o del pianeta. Nelle comu­nità che conosciamo da poco, tutta l ’energia viene dispensata nello sforzo di vivere insieme e la comunità, come un tem­

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po i conventi, si esaurisce semplicemente nel fatto di costi­tuirsi e di mantenersi tale, senza alcuna azione sull’esterno.

L ’esperienza comunitaria è importante, ma è neutra nei confronti dei rapporti di dominazione sociale. Non bisogna confondere crisi culturale e conflitto sociale. Come il roman­ticismo del 1830, politicamente a destra, socialmente con­traddittorio, l ’underground inteso nel senso ampio resta poli­ticamente e socialmente indeterminato. Può servire alle for­me nascenti dei conflitti sociali futuri o, al contrario, può mascherarli e distogliere i loro protagonisti più radicali: funzionare cioè come un rivelatore o come un alibi.

a c t u e l Come può affermare che esiste una neutralità in politica o in sociologia, e negare ogni forza di impatto ad un movimento e a degli individui?

ALAIN T o u r a i n e Non dico che questo movimento non conti nulla, così come non contesto la forza o l’influen­za del romanticismo. Ma bisogna ammettere che il roman­ticismo non ha niente a che vedere con il conflitto socia­le del xix secolo — salariati contro padronato — senza che con ciò si voglia tuttavia ridurre l ’insieme delle manifestazioni della vita sociale del xix secolo al fronteggiarsi dei capita­listi e degli operai. La questione che si pone in ogni situazio­ne è quella dei rapporti fra crisi culturale e conflitti sociale. Non contrapporrò mai così nettamente come nel 1968 la Sorbona a Nanterre, la vanità arcaica della crisi culturale al­l’interesse per il conflitto sociale. La crisi e la rivolta cultu­rale sono in se stesse diventate un fenomeno sociale di ca­pitale importanza. Ma io non posso fare astrazione dalla loro indeterminatezza originaria.

Il conflitto sociale non può collocarsi totalmente al di fuori del sistema. Esso presuppone, come si è visto poco fa, che esista aspirazione e ricacciane ento: che il consumo di massa sia una realtà, ma vissuta come una frustrazione, la possibilità di consumare come l’impossibilità di concorrere alla creazione culturale, la manipolazione e l ’integrazione co­me una non-partecipazione ed una solitudine. Esso presup­

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pone soprattutto non il rifiuto dell’ordine tecnocratico, ben­sì la sua contestazione, il farsi carico dei mezzi d’azione che la società ha su se stessa, nell’interesse del popolo.

Questa risposta non può essere sufficiente. Non è una spiegazione. In che cosa consistono esattamente oggi i rap­porti di classe? Quali sono la o le classi in formazione do­minate dalla nuova classe dirigente? Incominciamo a perce­pire la posta in gioco e l ’agitarsi dei primi protagonisti, ma ancora non abbiamo la risposta. Non esiste alcun motivo per pensare che le rivolte originarie ci diano immediatamente l ’immagine preformata di un movimento sodale che non avrebbe più altro da fare che preservare se stesso nel suo essere. Siamo ancora in un momento in cui la pratica deve predominare sull’analisi. Ecco perché, per impazienza, vi so­no tante ideologie e tante utopie.

a c t u e l 1830?

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Charles Fourier

Nato da un padre negoziante di tessuti e da una signo­rina Muguet, rigido e manierato come un notaio di borgata in provincia, strangolato di dignità da una lunga cravatta bianca, Cnarìes Fourier non ha la faccia dei suoi pensieri. E tuttavia indoviniamo sotto quella fronte larga come una penisola tutto un mondo agitato di amarezza e di gioia, su­perba cosmogonia in cui l ’anti-leone dall’affettuosa zampa felpata convive con il cornuto o il portatore di corna, il ban­carottiere pasticcione, le giovincelle fragolaie e le piccole orde addette ai lavori ripugnanti.

Un triste inizio della vita: una madre imbecille e bigotta che pratica più volentieri la sculacciata che non le belle lettere, un padre che troneggia nella boutique così come nel tribunale di commercio di Besançon, il giovane Charles recalcitra fin dall’infanzia: « A sette anni feci il giuramento che Annibaie fece a nove contro Roma: giurai odio eterno al commercio ». Un ceffone. Ed alcuni anni di latino in col­legio. Bisognerà rimettercelo tre volte per poterlo buttare finalmente negli affari, commesso viaggiatore di un negozian­te lionese nella Francia rivoluzionaria del 1789. Se ben pre­sto eredita da suo padre devotamente e prematuramente scomparso, è per investire il peculio in qualche speculazione di cotone e di riso, ahimè requisiti dagli insorti realisti di Lione che lo arruolano a forza. Rovinato, prigioniero della Convenzione, sfugge alla ghigliottina solo per ritrovarsi, que­sta volta soldato rivoluzionario, nell’8° reggimento dei cac­ciatori a cavallo, e per tre anni. Finalmente riformato, corre

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a Parigi a proporre al Direttore gli innumerevoli piani di mo­dernizzazione che ha concepito nelle lunghe serate di bivacco sugli argomenti più diversi. Messo educatamente alla porta, ritrova il suo punto di partenza tanto disprezzato: un posto di viaggiatore di commercio. Una grande collera lo prende contro queste rivoluzioni borghesi che tagliano le teste per mantenere il matrimonio ed il commercio. E come imporre con la violenza una società priva della costrizione?

Mediatore non autorizzato, impiegato di municipio, conta­bile, cassiere, Fourier si mette in una doppia vita: lo stare a tu per tu con i campionari di tessuto o gli orari di uffi­cio, e un sognare potente e preciso sulla società futura. Nei momenti liberi dal commercio, scrive pamplets, articoli e trattati che sviluppano il suo grande sistema: La Théorie des quatres mouvements, Le nouveau Monde industriel et so­ciétaire, Le nouveau Monde amoreux, La théorie de l’unité universelle h.. lotta contro la civiltà, liberazione del desiderio ed esaltazione del falansterio: comunità esemplare, quest’ul­timo, in cui il lavoro si svolge in gioco nell’utilizzazione di tutte le competenze, nella fine delle costrizioni e dei ruoli specializzati. Visionario ma non teorico, vuole che i suoi scritti siano « pratici », e la probazione di dettagli che dà sul falansterio sa più del reportage immaginario che non del progetto politico. Al diavolo le riforme dell’economia e del potere: si tratta al contrario di una piccola rivoluzione cul­turale: « Dimenticare ciò che abbiamo imparato, riprende­re le nostre idee all’origine, e rifare l ’intelletto umano ». Newton non era che un gattino cieco: Fourier scopre il mo­vimento universale delle attrazioni della natura e dell’uomo verso l’unità e l ’armonia. « Io solo avrei mescolato venti secoli di imbecillità politica, ed è soltanto a me che le ge­nerazioni presenti e future dovranno l ’iniziativa della loro immensa felicità. Prima di me, l ’umanità ha perso diverse

! Charles Fourier, T e o ria d e i q u a ttro m ovim en ti, i l n u ovo m ondo am oroso e a ltr i s c r itt i su l lavoro , l'ed u cazion e , l ’a rch ite ttu ra n ella so c ietà d i A rm on ia , Torino, 1971, Einaudi, « Nuova universale Einaudi ».

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migliaia di anni per lottare follemente contro la natura. Io, per primo, mi sono piegato dinanzi ad essa studiando l’at­trazione, strumento dei suoi decreti. Essa si è degnata di sorridere all’unico mortale che l’abbia incensata, mi ha affi­dato tutti i suoi tesori. Possessore del libro dei destini, io vengo per dissipare le tenebre politiche e morali, e, sulle rovine delle scienze incerte, io innalzo la teoria dell’armo­nia universale ». C ’è tutto: le comunità, l ’ecologia e la ga­stronomia gaudente, la liberazione della donna, l ’eliminazio­ne dei divieti sessuali, il surrealismo ed un approvcio del­l’inconscio in una generosità prolissa, liberale e libertaria; c’è tutto, ed anche un po’ di più: anche una buona dose di conformismo, perfino una nera reazione nel cuore stesso del­la sovversione: l ’antisemitismo innanzitutto, e quella cre­denza che la nuova società avrà come l’antica i suoi ricchi, i suoi poveri e i suoi re.

Così va l’uomo Faurier: dalle mezze maniche alle libe­razioni epiche, dal profetismo ai pranzi raffinati, dalle bet­tole agli amori venali. Un piccolo gruppo ormai lo circonda, che sguazza nell’eccitazione intellettuale di questa fine-regno di Luigi Filippo, distribuisce dappertutto i suoi giornali e libelli e non sfugge sempre alle dispute gruppuscolari dei socialismi nascenti. Ma la realtà è ingrata e i discepoli infe­deli. Quando questi creano un primo falansterio, nel 1832 a Condé-sur-Vesgre, Fourier li sconfessa: sfiducia negli uo­mini o reticenza ultima dinanzi a quella sperimentazione fi­no ad allora tanto desiderata? Allora comincia il vero tradi­mento dei discepoli che temono la lubricità del maestro, ed amputano la teoria sociale del suo radicalismo e di ogni vo­lontà di esplosione sessuale. Fourier si ritiene irrimediabil­mente incompreso quando muore nel 1837 e, settatori misti­ci contro laici, si litigherà anche davanti al suo catafalco.

Per più di un mezzo secolo, nasceranno tuttavia falansteri qua e là, che Fourier avrebbe giudicati, quasi tutti, un po’ troppo saggi. In Romania, una comune di quattrocento fami­glie contadine verrà dispersa dopo resistenza armata. Fra il

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1845 ed il 1860, dal Massachussets al Wisconsin, una trenti­na di esperimenti societari si sparpagliano negli Stati Uniti. La tradizione prosegue fino alla Comune di Parigi, prima che i pesanti omaggi del « socialismo scientifico » ne facciano una icona ingenua nel Pantheon pre-rivoluzionario. Era par­lare troppo presto e troppo affrettatamente. Charles Fou- rier ha ancora molte cose da dirci.

a c t u e l Charles Fourier, sebbene lei sia nato nel 1772 e morto nel 1837, lei resta il più contemporaneo degli uto­pisti. Ma la stampa borghese l ’accusa volentieri di uno stile ridondante e di un pensiero complesso. Potrebbe confon­dere i calunniatori e definire in due frasi i fondamenti della sua teoria? Si tratta appunto di sesso?

Ch a r l e s f o u r i e r Io annuncio l’avvento di una società insaziabile e che, provvista di mezzi inconcepibili nell’ordine attuale, saprà ricavare delle perle da quel letamaio passio­nale che si chiama Civiltà, dal momento che essa agirà su quelle stesse passioni che ingenerano in noi tante infamie. Non si tratta di cambiare le passioni, ma di cambiare il loro corso, le loro vie di uscita trovando un mezzo per utilizzare i gusti, anche immondi, che la natura ci dona.

a c t u e l Non si possono comunque lasciare in l ib e r tà dei pericolosi maniaci?

Ch a r l e s f o u r i e r Non esistono passioni viziose, esistono soltanto viziosi svolgimenti.

a c t u e l Parliamone! Lei non rischia di favorire il libero corso delle perversioni sessuali? La maggior parte dei gruppi gauchistes obiettano che lo scatenamento delle passioni libidi­nose costituisce un’irragionevole perdita di energia ed una smobilitazione di fronte alla classe dominante...

Ch a r l e s f o u r i e r Ciò che fa piacere a diverse persone e che non porta pregiudizio ad alcuna di esse è sempre un bene, sul quale è doveroso speculare in Armonia, dove è necessario variare i piaceri all’infinito. Si speculerà dunque sulle innumerevoli manie lubriche, ed invece di farsi beffe

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delle manie di ciascuno, ci si applicherà ad incoraggiarle e ad associarle per gruppi. Si dimentica che l’amore è la sfera dell’irragionevolezza, e che, più una cosa è irragionevole, me­glio esso si allea con l’amore. Sotto questo rapporto, le manie gli convengono eminentemente e, in Armonia, dove esse saranno di alta utilità, verranno provocate metodicamente fra la gioventù che oggi le sdegna perché vengono ridicoliz­zate, per l ’impossibilità di farne uso.

a c t u e l Non pretenderà anche che la vita di famiglia co­stituisca in modo puro e semplice un germe di falsità e di cattivi costumi?

C h a r l e s f o u r i e r Sì. La vita della famiglia civilizzata sna­tura tutti i caratteri, spinge al crimine i tre quarti della popo­lazione, immerge l’altro quarto in un labirinto di visi obbli­gati o speculativi, o nascosti. Per parlar chiaro, il volersi bene in famiglia, in regime di civiltà, spinge i padri a desi­derare la morte dei figli, ed i figli a desiderare la morte dei padri. È molto peggio che con i parenti collaterali: si po­trebbe immaginare un risultato più infame?

a c t u e l Ma le sue orge passionali non sembrano somigliare maledettamente a quelle borghesi?

C h a r l e s f o u r i e r Alcune persone civilizzate, molto ma­teriali, vorrebbero limitare alle parti per bene le loro ricer­che e pretendono che questo intruglio sia per loro ampia­mente sufficiente. È necessario dimostrare che la concupi­scenza, l’orgia amorosa, la comunità delle donne e degli uo­mini è il sentiero della morale naturale? Senza eccezione al­cuna, nel mondo attuale, si cade nel dispotismo in politica e nella monotonia nel piacere. Ma nessuna presupposta nor­malità deve venire ad imbrigliare le possibilità erotiche del corpo. In Armonia, gli individui valgono più, gli uni per gli altri, per le loro differenze che non per quanto essi pos­siedono in comune. Non esiste dunque maggiore giustizia verso gli altri che andare, se stessi, fino alla fine del pro­prio desiderio e realizzare le proprie peculiarità più segrete. L ’orgia ci ricollega con la felice fase orale dell’umanità, dà

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accesso all’integrità della natura ed alla coesione delle for­ze sotterranee che tengono realmente unite tutte le cose. La libera sessualità è una passione potente e preziosa, dal mo­mento che essa permette anche di fuggire i propri limiti.

a c t u e l La sua teoria contempla una liberazione della donna?

C h a r l e s f o u r i e r Come tesi generale, i progressi sociali ed i cambiamenti di periodi si compiono nella misura del grado di progresso delle donne verso la libertà, ed i decadi­menti di ordine sociale si compiono nella misura del decre­scere delle libertà delle donne. È sulle donne che la civiltà pesa. Era compito delle donne attaccarla. Si può forse vedere un’ombra di giustizia nella sorte che è loro riservata? La ragazza non è forse una merce esposta in vendita a chi vuol negoziare l ’acquisto e la proprietà esclusiva? Il consenso che essa dà al legame coniugale non è forse derisorio e for­zato dalla tirannia dei pregiudizi che l’ossessionano fin dall’infanzia? La si vuol persuadere di portare delle catene in­tessute di fiori; ma può farsi illusioni sul suo avvilimento, anche nelle regioni magniloquenti nella filosofia, come l’In­ghilterra, in cui gli uomini godono del diritto di portare la loro donna al mercato, con la corda al collo, e di cederla come una bestia da soma a chi vuole pagarne il prezzo? Su questo punto possiamo forse dire che il nostro spirito pub­blico sia più avanzato che in quei secoli barbari in cui un certo concilio di Mâcon, autentico concilio di vandali, mise in deliberazione se le donne avessero un’anima? E l’affer­mativa passò soltanto con una maggioranza di tre voti.

a c t u e l Lei è il cognato del gastronomo Brillat-Savarin, ed ha sviluppato una teoria passionale del mangiar bene, la gastrosofia. Questa passione le sembra conciliabile con la sua concezione della sessualità?

Ch a r l e s f o u r i e r Un coito moderato prima dei pasti favorisce l ’appetito e la digestione.

a c t u e l Quali specie di giochi sessuali proporrebbe per raggiungere quelle estasi che preconizza?

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Scansione a cura di Natjus, Ladri di Biblioteche

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CHARLES FOURIER Le possibilità lussuriose sono illimi­tate. Fra le altre raffinatezze, io raccomando il « coadju- rariat » che consiste, per gli uomini, nell’intromettersi ad aiutare i piaceri saffici e per le donne nell’intromettersi per favorire i piaceri pederasti; i concili gastrosofici nel corso dei quali un areopago delibera solennemente su delle complicate presentazioni dei piatti secondo dei criteri di degustazione; il manierismo di Armonia il cui postulato è favorire lo svol­gimento estatico delle manie lubriche di ciascuno; i semi-bac­canali di preludio a lavori collettivi colossali di lungo re­spiro...

a c t u e l Che c o sa in te n d e d ire co n q u e s t o ?

Ch a r l e s f o u r i e r Questi semi-baccanali farebbero da pendant ai comitati di fate, a cui è attribuito il diritto pe­riodico di assegnare secondo la simpatia dei soci che visibil­mente si adattano reciprocamente per assortirli galantemen­te. Al segnale dato dalla bacchetta della fata, ci si getta in un mezzo baccanale. Le due schiere si precipitano l’una nelle braccia dell’altra, la mischia è generale e ciascuno ri­ceve e distribuisce confusamente le carezze, e ciascuno percor­re le forme che gli capitano sotto le mani e si abbandona agli spontanei impulsi della semplice natura. Si svolazza dall’uno all’altro. Si baciano le formosità di tutti i campioni, attori dall’uno aH’altoro. Si baciano le formosità di tutti i campioni, attori o attrici, con altrettanta sollecitudine quan­ta celerità. Si cerca di visitare, nella mischia, tutti i personag­gi sui quali si è fissata l ’attenzione precedentemente.

a c t u e l Lei pretende che la cosa sia del tutto diversa per quanto riguarda gli amori inciviliti, ai quali lei dà come orizzonte più sicuro le corna le quali, a ben analizzarle, sono forse altrettanto ridicole nel borghese che nel militante.

Ch a r l e s f o u r i e r Avete ragione. Io mi sono in special modo dedicato allo studio di questo delicato problema. Si possono distinguere nel mondo cornuto nove gradi di corni- ficazione, si fra gli uomini che fra le donne. Mi limiterò a citare le tre classi più distinte, e cioè: la destra, dei becchi

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contenti; il centro dei cornuti propriamente detti, la sinistra dei becchi e bastonati. Il quadro completo ne contiene ses- santaquattro specie progressivamente distribuite in classi, or­dini e generi, a partire dal cornuto in erba fino al cornuto postumo. Ne descriverò qui soltanto tre specie, volendo su questo argomento, come su tanti altri, sondare quali svilup­pi mi converrà dare alla mia opera. Il cornuto è un geloso onorevole che ignora la sua disgrazia e si crede il solo pos­sessore di sua moglie. Il becco contento è un marito sazio degli amori domestici e che, volendo prendersi altrove i suoi trastulli, chiude gli occhi sulla condotta di sua moglie e l ’abbandona senza esitazione ai suoi amanti. Il becco e bastonato è un geloso ridicolo, sconveniente per la sua spo­sa, e ben informato della sua infedeltà; è un furioso che vuole ribellarsi contro la sentenza del destino, ma che, re­sistendo in modo maldestro, diventa oggetto di scherno per le sue inutili precauzioni, per la sua collera e il fragore delle sue grida. E poi, bisognerebbe parlarvi dei becchi contenti di grado superiore, undici categorie, delle specie graziose e giovanili, cornuti brilli che se ne infischiano e si prendono la rivincita, oppure delle specie attive, come il cornuto della staffa, o ancora il girevole, ordine cinquantesimo, nove specie in tre generi, un cornuto trascendente, come il super-tattico che prende una moglie molto carina e di gran classe, poco fortunata, ma che sa farla valere, o, sempre nello stesso or­dine, il cornuto federale, o reciproco, il cornuto per servizi...

a c t u e l Ci scusi se la interrompiamo, ma veniamo alla parte più sociologica della sua opera. Lei è considerato co­me uno dei primi teorici moderni della vita comunitaria: come si può definire il suo falansterio?

C h a r l e s f o u r i e r Supporremo che il tentativo venga compiuto da un sovrano o da un privato opulento... o infine da una potente compagnia di persone, che vorrebbe evitare i brancolamenti e organizzare di un sol colpo la grande Ar­monia, l ’ottavo periodo in pienezza. Indicherò il cammino da seguire in un simile caso. Occorre, innanzitutto, un terre-

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no contenente un’abbondante lega quadrata, che il paese sia provvisto di un bel corso d’acqua, che sia spezzato da colli­ne e adatto a culture svariate, che si trovi addossato ad una foresta e poco lontano da una grande città, ma lontano ab­bastanza per evitare gli importuni. Si metteranno insieme dalle mille e cinquecento alle mille e seicento persone carat­terizzate da una disuguaglianza graduata nelle fortune, nelle età e nei caratteri, nelle conoscenze teoriche e pratiche; in questa riunione si combinerà insieme la più grande varietà possibile; infatti più esisteranno varietà nelle passioni e nel­le facoltà qualsiasi dei soci, più sarà facile armonizzarle in poco tempo.

a c t u e l Contrariamente a quanto strombazzano certi suoi discepoli gauchistes del giorno d’oggi, lei ci appare qui come molto poco egualitario...

CHARLES f o u r i e r L ’uguaglianza? È un veleno politico nell’associazione. Il regime societario è altrettanto incompa­tibile con l’uguaglianza di fortune che con l’uniformità di carattere; esso vuole in tutti i sensi la scala progressiva, la più grande varietà di funzioni, e soprattutto la raccolta di contrasti esterni, come quello dell’uomo opulento insieme all’uomo privo di fortuna, del carattere bollente con l’apati­co, del giovane col vecchio, ecc.

ACTUEL Qui la riconosciamo bene, Charles Fourier: muo­vendo da un quadro tradizionale, quasi conservatore, lei ela­bora una profetica concezione della vita collettiva. In par­ticolare in materia di urbanistica e di architettura...

Ch a r l e s f o u r i e r Infatti, le strade-gallerie dei miei fa­lansteri sono un metodo di comunicazione interna che baste­rebbe da sola a far disdegnare i palazzi e le belle città della civiltà. Chiunque avrà visto le strade-gallerie di una falange troverà il più bel palazzo civilizzato come un luogo di esilio, un maniero di idioti che, in tremila anni di studi sull’architettura, non hanno ancora imparato ad alloggiarsi in modo sano e comodo... Il centro del palazzo o falansterio deve essere adibito alle funzioni tranquille, alle sale da pran-

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2 0 , a quelle per la borsa, del consiglio, per la biblioteca, per lo studio, ecc. In questo centro, sono posti il tempio, la torre per l’ordine interno, il telegrafo, i piccioni per la corri­spondenza, il carillon da cerimonia, l ’osservatorio, il cortile d ’inverno ornato di piante resinose e posta all’indietro al cortile d ’onore. Una delle ali deve riunire tutte le officine rumorose, come la carpenteria, la fucina, il lavoro al martel­lo; e deve anche contenere tutte le riunioni di bambini per i loro lavori, che sono comunemente rumorosi sia nel lavoro ed anche nella musica...

a c t u e l I su o i fa la n s te r i n on a v ra n n o d e i p a r a s s i t i ir r i­m e d ia b ilm e n te im p r o d u t t iv i , d a to ch e e s s i c o m p o rte ra n n o n e c e ssa r ia m e n te l ’e s is te n z a d e i p ig r i?

Ch a r l e s f o u r x e r Non esistono bambini pigri, anche nel­l ’epoca della civiltà. Sono tutti dei lavoratori infaticabili quan­do vengono presi dalla fantasia. Guardateli nelle loro nobili spedizioni che essi chiamano scherzi, quando vanno a rompe­re i vetri, a suonare i campanelli, a demolire un muro, a sradicare delle palizzate, ecc. Lavorano come maniaci. E chi è quello che si dà da fare con più ardore? È il più piccolo, tutto fiero di essere ammesso a fare degli scherzi con quelli più grandi di lui. In questi casi, quei diavoletti sfidano i ri­gori dell’inverno e le fatiche, ed i pericoli del lavoro, dal momento che questo preteso scherzo è un vero e proprio lavoro. Non produce alcun piacere sensitivo; anzi, essi ri­schiano botte di tutti i generi, sia da parte di coloro che li prendono sul fatto, sia da parte dei pedanti a cui vanno a dar noia. Ma l ’attrattiva passionale li spingeva, e quando es­sa ispira un gruppo di fanciulli, fa di loro dei lavoratori molto più ardenti degli uomini fatti, ed il loro ardore è al­trettanto grande per edificare che per distruggere. Li si vedono spesso fare sforzi prodigiosi per costruire una diga di ciottoli di traverso ad un ruscello, e costruire un piccolo mulino di legno all’estremità della diga.

a c t u e l Come regolare allora il problema della scuola?

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Ch a r l e s FOURiER II bambino ha bisogno di andare nella bella stagione a lavorare nei giardini, nei boschi, nei prati; deve studiare solo nei giorni piovosi e di stagione morta, e deve inoltre variare i propri studi.

Una società che commette l ’errore di imprigionare i padri dentro a degli uffici, può anche aggiungere la stupidità di rinchiudere il bambino tutto l’anno in un pensionato in cui egli viene annoiato in uguale misura dallo studio e dai mae­stri. I nostri autori politici e morali parlano in continuazione della natura ma non vogliono consultarla un solo momento: osservino i bambini in vacanza, quando nel numero di una mezza dozzina, vestiti di bluse, vanno a rotolarsi nel fieno, ad intromettersi giocosamente nelle vendemmie, nelle rac­colte delle noci, della frutta, nella caccia agli uccelli, ecc.; si cerchi in un simile momento di offrire a questi bambini di studiare i rudimenti, e si potrà giudicare se la natura del bambino è tale da essere rinchiusa tutto il giorno durante la bella stagione, con un contorno di libri e di pedanti.

a c t u e l Per quanto lo sospettiamo in anticipo, che cosa pensa. Charles Fourier, della dittatura del proletariato?

Ch a r l e s f o u r i e r Se noi ci priviamo oggi per godere domani, la felicità non è integrale e continua. Questa pruden­za che si sacrifica per l’avvenire è una saggezza divergente, una guerra dell’avvenire contro il presente. La saggezza nel­l ’ordine societario diventa convergente; essa non esige dal­l’uomo altro se non che egli si diverta oggi senza pensare all’indomani, a meno che questa cura non presenti per lui del fascino. Questa inquietudine gli sarà del resto inutile nello stato societario, dal momento che, anche credendo di aver soltanto atteso ai suoi piaceri presenti, egli avrà, come l ’ape, lavorato per il futuro.

a c t u e l Sono altri, ahimè, quelli che lavorano per il pre­sente: penso a quegli scandali, a quella speculazione, a quella corruzione che rattristano la nostra vita pubblica.

Ch a r l e s f o u r i e r Sembra che un grande impero come la Francia, che ogni anno produce quell’enorme massa di teorie

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morali, avrebbe potuto dare alla luce un trattatello speciale sulla bancarotta e sulla corruzione che essa diffonde nei co­stumi. Ma i bancarottieri sono ricchi, ed allora la setta mo­rale è cieca sui loro brigantaggi. Godranno tranquillamente dell’impunità senza che i moralisti battano ciglio. E poi que­sti sapienti hanno l’impertinenza di declamare contro il vi­zio; che cosa intendono dunque per vizio se la bancarotta è esclusa dalle loro incriminazioni? Diteci, o moralisti, qual è la classe di ladroni più degna del patibolo? Il ladro del pubblico denaro? oppure il brigante di strada? Ma un Tar­tufo che inganna la probità per alcuni anni per usurpare la fiducia ed attirare nelle sua mani i risparmi di molte fa­miglie, e che spia l ’istante del fallimento, del venir meno per spogliare legalmente le sue vittime, sottrarsi per qualche giorno all’indignazione pubblica, per poi sfoggiare ben pre­sto il suo lusso sotto la protezione delle leggi, non è forse a un brigante di questo genere che bisogna riservare i supplizi?

a c t u e l Tristi tempi!Ch a r l e s f o u r i e r Eh sì! Oggi che la ragione è perfe­

zionata, i filosofi incensano soltanto il denaro. La vera glo­ria, la vera grandezza per una nazione consiste nel fatto di vendere ai suoi vicini più calzoni di quanti ne comperi da essi. I begli spiriti del nostro secolo sono quelli che ci insegnano perché gli zuccheri si sono indeboliti e perché i saponi hanno avuto una flessione, perché il cambio si è ab­bassato e la Borsa è salita. È per una questione di zucchero e di caffè che Luigi, la sua famiglia e l ’élite dei Francesi so­no saliti sulla ghigliottina.

a c t u e l Signor Fourier, come vede l’evoluzione del mondo nel corso dei prossimi decenni? Qual è il suo canovaccio, per usare l ’espressione di moda presso i futurologi?

Ch a r l e s f o u r i e r II cavallo sarà lasciato per il tiro e per le parate, quando si possiederà la famiglia dei portatori elastici, antileoni, anti-tigri, anti-leopardi, che saranno di di­mensioni tripla della grandezza attuale. Così un anti-leone supererà facilmente ad ogni passo quattro tese a balzi ra-

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denti, ed il cavaliere, sul dorso del corridore, starà con tanta mollezza quanto sopra una berlina molleggiata. Sarà pia­cevole abitare questo mondo, quando si potrà usufruire di simili servitori.

Le nuove creazioni che si potranno veder cominciare fra cinque anni daranno a profusione tali c tante ricchezze in tutti i regni, nei mari così come sulle terre. Invece di creare balene e pescicani, ippopotami e coccodrilli, sarebbe forse costato di più creare dei preziosi servitori:

Anti-balene per trascinare i vascelli durante le bonacce;Anti-pescicani per aiutare a braccare il pesce;Anti-ippopotami per trascinare i battelli sui fiumi;Anti-coccodrilli o cooperatori nei fiumi;Anti-foche o cavalcature di mare?Tutti questi brillanti prodotti saranno gli effetti necessari

di una creazione in aromi contro-fusi, che avrà inizio con un bagno aromale sferico che purgherà i mari del loro bitume.

I grandi avvenimenti che hanno segnato la fine del xvm secolo non sono che bagatelle in confronto a quelli che si pre­parano. L ’Europa volge verso una catastrofe che causerà una guerra spaventosa, e che si concluderà con la pace per­petua

1 Le affermazioni di Fourier qui raccolte sono rigorosamente autentiche e tratte dalle O eu v re s com p lètes pubblicate da Anthropos, oltre che dal N o u v eau M on d e am ou reu x (edizione messa a punto da Simone Debout) pubblicata anch’essa da Anthropos - che noi ringraziamo qui per la sua gentilezza.

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