Asinu V n° 4

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UNISA www.asinupress.it ...per chi è in crisi... Anno V N. 4 LEGGERE PER ELEGGERE L’editoriale Nell’aprile di 180 anni fa era già stata pensata un’Europa come organismo sovra- nazionale per il coordinamento pacifico e democratico della vita politica degli stati del continente. Accadde a Berna; qui Giuseppe Mazzini diede vita a un’orga- nizzazione il cui scopo era farsi carico delle aspirazioni liberali, democratiche e indipendentiste dei popoli europei oppressi da dominazioni straniere o regimi assolutisti. Risposero all’appello gli esuli polacchi e tedeschi, e in seguito i francesi di un’effimera Giovine Francia dalla vita breve. continua a pag. 3 Sostiene Pereira, e io “Leggere fa crescere”, questo lo slogan del “Maggio dei Libri 2014” e, come tutti gli anni, anche quest’anno Asinu vuole ricordare ai suoi lettori la bellezza della lettura. Leggere fa crescere, e come a Maggio fiorisce la primavera, così come con la lettura fioriscono le idee, insieme alla crescita individuale di un proprio punto di vista. Questo Pereira non lo sapeva, Tabucchi fin troppo, ed è con il suo libro che vogliamo celebrare il terzo anno dell’Iniziativa che ricorda, un libro da legge- re per riflettere su un pezzo di storia portato a galla con magnifico trasporto dall’autore italiano. continua a pag. 6 ALL’INTERNO: - 5x1000 ai secchi in Biblioteca a pag. 2 - Europa, più o meno a pag. 3 - L’inutilità della mia facoltà a pag. 4 - Un tuffo nel CNSU: quanto vale la mia laurea a pag. 5 - Sostiene Pereira, e io a pag. 6 - Novella senza voce a pag. 6 Luigi era un ragazzo sulla ventina che si divertiva a bere la birra con gli amici e uscire con le ragazze. Luigi era essenzialmente normale, con una vita ai limiti della banalità, la stessa alla quale volgeva le spalle quando fiutava troppe responsabili- tà, la stessa dalla quale si rifugiava nei silenzi dei suoi pensieri. Luigi pensava molto ma sognava pochissimo, viveva in un paese dove esser medico significava esser un po’ come un eroe, diciamo tipo Batman perché i medici erano anche ricchi, ma per arrivarci bisognava davvero avere i superpoteri o i super amici; Luigi che era normalissimo e di indole fiacca escluse questa possibili- tà. Provò a inventarsi avvocato ma gli dissero che ce n’eran già troppi; il filosofo già lo faceva nel tempo libero; troppo silenzioso per scienze della comunicazione e così scelse lettere perché in fondo esser disoc- cupato gli avrebbe dato tanto tempo per leggere e scrivere. continua a pag. 2 Europa, più o meno

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On-line l'ultimo numero del bollettino informativo cartaceo dell'Associazione socio-culturale Asinu. Enjoy it! .:::. Vi aspettiamo l'anno prossimo!

Transcript of Asinu V n° 4

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UNISAwww.asinupress.it ...per chi è in crisi... Anno V N. 4

LEGGERE PER ELEGGEREL’editoriale

Nell’aprile di 180 anni fa era già stata pensata un’Europa come organismo sovra-nazionale per il coordinamento pacifico e democratico della vita politica degli stati del continente. Accadde a Berna; qui Giuseppe Mazzini diede vita a un’orga-nizzazione il cui scopo era farsi carico delle aspirazioni liberali, democratiche e indipendentiste dei popoli europei oppressi da dominazioni straniere o regimi assolutisti. Risposero all’appello gli esuli polacchi e tedeschi, e in seguito i francesi di un’effimera Giovine Francia dalla vita breve.

continua a pag. 3

Sostiene Pereira, e io“Leggere fa crescere”, questo lo slogan del “Maggio dei Libri 2014” e, come tutti gli anni, anche quest’anno Asinu vuole ricordare ai suoi lettori la bellezza della lettura. Leggere fa crescere, e come a Maggio fiorisce la primavera, così come con la lettura fioriscono le idee, insieme alla crescita individuale di un proprio punto di vista. Questo Pereira non lo sapeva, Tabucchi fin troppo, ed è con il suo libro che vogliamo celebrare il terzo anno dell’Iniziativa che ricorda, un libro da legge-re per riflettere su un pezzo di storia portato a galla con magnifico trasporto dall’autore italiano.

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ALL’INTERNO:- 5x1000 ai secchi in Biblioteca a pag. 2

- Europa, più o meno a pag. 3

- L’inutilità della mia facoltà a pag. 4

- Un tuffo nel CNSU: quanto vale la mia laurea a pag. 5

- Sostiene Pereira, e io a pag. 6

- Novella senza voce a pag. 6

Luigi era un ragazzo sulla ventina che si divertiva a bere la birra con gli amici e uscire con le ragazze. Luigi era essenzialmente normale, con una vita ai limiti della banalità, la stessa alla quale volgeva le spalle quando fiutava troppe responsabili-tà, la stessa dalla quale si rifugiava nei silenzi dei suoi pensieri.Luigi pensava molto ma sognava pochissimo, viveva in un paese dove esser medico significava esser un po’ come un eroe, diciamo tipo Batman perché i medici erano anche ricchi, ma per arrivarci bisognava davvero avere i superpoteri o i super amici; Luigi che era normalissimo e di indole fiacca escluse questa possibili-tà. Provò a inventarsi avvocato ma gli dissero che ce n’eran già troppi; il filosofo già lo faceva nel tempo libero; troppo silenzioso per scienze della comunicazione e così scelse lettere perché in fondo esser disoc-cupato gli avrebbe dato tanto tempo per leggere e scrivere.

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Europa, più o meno

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L’editoriale

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5x1000 ai secchi in Biblioteca

.La sua ragazza gli disse che secondo lei pensava troppo, lui non capiva come si potesse pensare di meno, lei lo lasciò per un calciatore che non pensava mai, e aveva più soldi di Batman. Fortuna volle che Luigi quella domenica andasse allo stadio per vedere la finale di coppa, e nella squadra per cui teneva c’era lo stesso giocatore che si era preso la sua ragazza. Si dice che quasi annullarono la partita nel rispetto di un tifoso quasi morto in certi scontri fuori dallo stadio, poi un uomo tatuato disse che si poteva giocare e si giocò. Tempo dopo Luigi andò a votare per le Europee, e lesse tutto quello che poteva per informarsi e scegliere; c’era quello che proponeva un’altra Europa, chi l’Europa la voleva solo bianca, chi voleva il ritorno al baratto, chi l’Europa non la voleva e chi sosteneva che l’Europa stessa avesse chiesto di lui. Luigi pensò a quando in

America si diceva

America si diceva “wild west”, mai avrebbero pensato che “ovest selvaggio” un giorno si sarebbe sposato così bene alla campagna elettorale del vecchio continente.Luigi vide un film al cineforum, si chiamava Paprika ed era un film onirico, tanto che Luigi pensò che forse era tutto un sogno. Forse era un sogno che la sua università gli chiedesse cinque euro mentre gli pioveva nel piatto che cercava di mangiare a mensa. Erano infiltrazioni, ma era come se una nuvola bagnasse solo lui. Allora se ne andò in Germania, dove almeno pioveva su tutti quanti, dove smise di parlare la sua lingua tanto che nemmeno riusciva più a pensare in italiano, ricordando con un sorriso ironico la sua ex–ragazza

Salvatore Tancovi

.Se non ti basta pagare le tasse universitarie, dare 140 euro all'anno alla regione, abbonarti mensilmente ad inaffidabili mezzi di trasporto, dona anche tu il 5x1000 all'Università degli Studi di Salerno! Non perdere la tua occasione per contribuire a rifocillare le casse dell'Ateneo. È il Magnifico Rettore in persona a chiedertelo. Avrai ricevuto anche tu come tutti gli studenti una email firmata da Tommasetti, in cui la donazione è presentata come "un'interessante opportunità per reperire risorse finanziarie da destinare alla ricerca, alla mobilità internazionale, al rafforzamento delle attività di placement e, in generale, al miglioramento della qualità della vita nei nostri campus." Ma l'email non basta, girano in rete anche alcuni videomessaggi tra cui quello di Vittoria Marino, delegata alla comunicazione. Stando ai dati da lei riportati, dal 2006 ad oggi sarebbe stato raccolto grazie al 5x1000 circa mezzo milione, più o meno 70 mila euro all'anno su un totale di più di 40000 studenti. Quest'anno l'Ateneo vuole fare di certo meglio e ottenere di più. L'accanimento pubblicitario, però, finisce per confondere leggermente le idee su cos' è il 5x1000 e su come può essere impiegato. La dott.ssa Marino nel video parla di soldi interamente destinati a borse di studio e asse-gni di ricerca, ma nella sua dichiarazione c'è un'imprecisio-ne di fondo: le borse di studio per gli studenti così come per i dottorandi sono erogate dall'azienda Adisu, che ha un proprio bilancio. Ogni anno l'Ateneo di Salerno eroga

a

l'Adisu circa 450 mila euro per le borse di studio, in un totale di circa 1 milione di euro destinati al diritto allo studio. Queste cifre prescindono dal 5x1000, il cui ricavato viene utilizzato per altri fini. In effetti di miglioramenti da appor-tare al nostro campus ce ne sarebbero un bel po' da elenca-re, ma per quello servirebbero pagine e pagine di email strappalacrime. Prima di tutto la ricerca (sono solo 237 gli assegnisti di ricerca e 455 i dottorandi che lavorano all'Uni-sa), poi i problemi strutturali: lavori per far scomparire i secchi per raccogliere l'acqua piovana in mensa e nelle due biblioteche, ad esempio.Quindi tu studente, non ti spaven-tare, i soldi donati all'Università sono sempre utili e mai abbastanza. Solo cerca di districarti in questa miriade di informazioni e fai una scelta consapevole. E nel caso ti venga il dubbio se con il 5x1000 pagheranno i dottorandi o compreranno un secchio in più, sarà del tutto lecito.

M.Nacchio, V.Comiato, A. Nudo

Il 5x1000 è parte dell' IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) che, secondo la legge finanziaria del 2010, può essere devoluta a associazioni di volontariato e non lucrative di utilità sociale, associazioni e fondazioni di promozione sociale, enti di ricerca scientifica, universi-taria e sanitaria, comuni e associazioni sportive dilettan-tistiche, o eventualmente essere lasciata allo stato.

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EUROPA, PIÙ O MENOAlle urne con la matita, ma senza carta d’identità

Se fosse sopravvissuta più a lungo dei due anni che vide, la Giovine Europa avrebbe perseguito la missione ambiziosa di sostenere e difendere l’indipendenza e l’autonomia degli stati che avrebbero scelto di farne parte, e di garantire il diritto dei popoli all’autodetermi-nazione e alla democrazia.Nel maggio di quest’anno invece, a 180 anni di distan-za, l’ipotesi di liberarsi dell’Unione Europea come di un vincolo per il futuro e lo sviluppo della propria nazione d’appartenenza potrebbe essere molto concreta, con il plauso di milioni di cittadini votanti.Qualcosa non ha funzionato nell’idea di un’Europa unita? Di certo lo spirito che accompagnò la ratifica del trattato di Maastricht non è più lo stesso che oggi. Di certo una crisi economica come ultimo capitolo di una storia ancora breve non può che alimentare la diffiden-za dei paesi dell’eurozona verso l’Unione. E di certo, ancora, l’Unione non si è dimostrata finora abbastanza matura e coesa di fronte alle ingerenze di Stati Uniti e Russia. Lo scandalo Datagate è stato l’ultimo esempio.Dalla situazione attuale esce rinvigorito il grande e multiforme schieramento degli euroscettici, che ha guadagnato negli ultimi anni di austerity parecchi argomenti da opporre contro la prosecuzione della missione europea. Con toni che oscillano spesso tra il fatalismo e il tecnicismo, che tra loro hanno in comune un importante pregio: la facile traducibilità in slogan per le grandi masse dei meno informati. Le ricette degli euroscettici sono in gran parte semplici e masticabili e vanno dalla liberazione dal giogo economico europeo, alla difesa dei valori di casa, alla teorizzazione di incre-dibili opportunità di crescita. Di certo è difficile sentirsi “cittadini europei” da un paio d’anni a questa parte, e allora la soluzione più radicale diviene l’unica prevedi-bile: no euro. Come uno slogan.E questo già basterebbe a farci riflettere. Se per formarci un’opinione sulle questioni più calde e compli-cate del momento, sulle quali si spende un dibattito ricchissimo uno slogan sembra sufficiente, allora è la nostra coscienza critica ad avere qualcosa che non va.L’efficacia della strategia dello slogan trova le sue basi nella carica emotiva che una situazione di profonda crisi (sociale, intellettuale, economica, identitaria...) scatena in gruppi più o meno numerosi. Proprio quando la speranza viene meno, e quindi si rinuncia alla ricerca di altre soluzioni, serve qualcos’altro a cui

aggrapparsi: serve un nemico. Un responsabile da punire, o da cui allontanarsi. Fatto ciò, e ottenuta una certa soddisfazione iniziale, si può tornare ai fasti di un passato mitico la cui grandezza è stata perduta a causa delle barbarie contemporanee. E qui non c’è limite alla fantasia; la lira, l’Italia che fa da sé. O le varie “leghe” d’ispirazione medievale e rinascimentale, perché dal frammentare l’Europa al frammentare i singoli stati, il passo è veramente breve.

Se le premesse sono di tutto rispetto, le proposte per il futuro (quando ci sono) sembrano basate per lo più su previsioni di un ottimismo quasi fideistico. Grazie al quale, per esempio, abbandonare la moneta unica per tornare al vecchio conio avrà effetti benefici a lungo termine e garantirà una crescita del Pil impensabile alle attuali condizioni. A patto di sopravvivere alla prima ondata di inflazione, inevitabile ma di certo sostenibile. A patto che i nostri investitori restino fedeli al destino della nazione ed evitino di portare i propri capitali dalla dissestata economia casalinga ai mercati esteri, in nome del patriottismo.Lo slogan, per sua natura, è uno strumento utilissimo quando si intende demolire qualcosa. E’ nella pars construens che mostra tutta la sua limitatezza. Tra breve il Parlamento europeo, unico organismo sovra-nazionale nel mondo a essere eletto a suffragio univer-sale, si preparerà ad accogliere i suoi nuovi deputati scelti direttamente in base alle nostre preferenze individuali. Si tratta di un’opportunità preziosa per determinare in prima persona il futuro dell’Unione. O della nostra nazione, se ci sta più a cuore. Forse ci servirà qualcosa in più di una matita e uno slogan, prima di andare alle urne.

Albio Scuotilancia

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FacolTa'

L'inutilità della mia facoltà

? ?!

- Parliamo con Salvatore Iacono. Che ruolo rivesti all’interno del CNSU e di cosa ti occupi nella Commissio-ne Diritto allo Studio (DSU)?

Io sono un componente del gruppo RUN (Rete Universitaria Nazionale), tra l’altro sono stato eletto nel Consiglio Univer-sitario Nazionale (CUN), e faccio parte sia della commissione del DSU sia della Commissione sull’Internazionalizzazione, sia del gruppo di lavoro sulla riforma dell’organo del CNSU. In questo momento noi portiamo avanti quelle tematiche che sono oggetto della Commissione. In particolare io ho preso posizione su diverse mozioni, tra le quali quella per la richiesta di un aumento dei fondi per il diritto allo studio, che ad oggi ammonta alla cifra irrisoria di poco più di 100 milioni, rispetto al miliardo della Spagna o ai 4 miliardi della Francia. Per chi crede che la crisi del sistema universitario sia dovuta in gran parte alla crisi del sistema del diritto allo studio un buon lavoro in questa Commissione è fondamentale per provare a far ripartire il nostro sistema universitario.

- Volevamo farti una domanda un po’ più precisa. Che cos’è il valore legale del titolo di studio, sulla cui aboli-zione si sta trattando di recente?

Il valore legale del titolo di studio è un criterio in base al quale si dovrebbe valutare allo stesso modo chi si laurea nelle università italiane senza considerare altri fattori. Alcuni ritengono che questo non è uno strumento giusto, altri invece che sia una cosa da mantenere. Dunque c’è tutta questa questione che, secondo me, ha un rilievo per ora relativo rispetto a quelli che sono davvero i problemi del sistema universitario italiano. Oggi il sistema universitario è in grave difficoltà per il calo delle immatricolazioni, per la carenza del diritto allo studio, perché vi è un numero di

professori che è decisamente basso rispetto alla popolazione studentesca. Occorre pensare a un rifinanziamento del fondo per il diritto allo studio, reclutare nuovi professori, prima di occuparsi di queste questioni io credo.

- Però, in concreto, l’eventuale abolizione del valore legale del titolo di studio quali conseguenze avrebbe?

Diciamo che ci sarebbe, ovviamente, una diversa valutazio-ne dei laureati nelle nostre università, e potrebbero crearsi delle discriminazioni al riguardo.

- Diritto allo studio dal punto di vista degli studenti: volevamo chiederti un’opinione sulla proposta sul numero chiuso presentata in una lettera inviata al Mini-stro Giannini lo scorso 17 aprile, firmata da 9000 studen-ti che hanno preso parte ai test d’accesso a Medicina. Cosa pensi delle idee proposte in quella lettera?

Ovviamente sulla questione del numero chiuso si sta apren-do in questi giorni un dibattito importante. Uno Stato che si propone di puntare sull’università dovrebbe abolire il numero chiuso. Di fronte all’opinione che sostiene l’utilità del numero chiuso per programmare gli accessi possibili ai corsi di laurea, occorre rispondere che lo sforzo che deve fare uno Stato moderno è quello di trovare dei meccanismi di valutazione degli studenti attendibili e che possano premiare chi ha mag-giori capacità e meriti di entrare in certi corsi di studi. Noi riteniamo, e gli studenti ritengono, che il sistema dei test a risposta multipla non consenta una valutazione appropria-ta, in alcuni casi si tratta di una lotteria che nega la parità di possibilità tra i candidati.

Albio Scuotilancia e Marco Giordano

NON TI SEMBRA CHE MANCHI QUALCOSA?

IL NOSTRO PROSSIMO VIGNETTISTA POTRESTI

ESSERE TU!

Un tu�o nel CNSU: quanto vale la mia laurea?

L’intervista integrale su www.asinupress.it

Futuri studenti universitari, armatevi di bilance analitiche, ampolle e pipette. Non importa se siete ancora ingobbiti sul vostro libro di greco per affrontare la maturità classica; non importa nemmeno se a voi queste cose non sono mai piaciute, e da grandi sognate invece di diventare filologi di successo. La scelta del proprio futuro è un lavoro da chimi-ci, e come chimici vi toccherà pesare con minuzia ogni singolo elemento, e maneggiare con cura ogni singola sostanza, per raggiungere la reazione chimica a cui tanto ambite: trasformare i reagenti del vostro faticoso studiare in un profilo lavorativo coerente con le attuali esigenze del mercato. Ogni volta che l’anno scolastico si appresta a finire, fioriscono le più disparate statistiche sui corsi di laurea che pretendono, anche un po’ spocchiosamente, di ordinarli gerarchicamente, valutandoli sulla base di parametri spesso di dubbia efficacia: e ovviamente il criterio che attira la maggiore attenzione in tempi come questi è la capacità di occupazione dei laureati. Se è vero che i numeri parlano chiaro, miei piccoli, instancabili chimici, come potete voi ignorare, nei vostri alchemici esperimenti decisionali, chi vi dice senza remore che giurisprudenza è la facoltà più inutile che ci sia? Che di avvocati oggi ce ne sono troppi, e di posti ai concorsi ne sono pochi, e finirete sicura-mente disoccupati? Voi che volevate perdervi tra i meandri di un manuale di diritto per capire le fondamenta su cui si basa la nostra società, voi che volevate studiare legge chiedendovi cosa porti l’uomo a infrangere le norme con cui egli stesso regola la propriaesistenza, dovrete inevita-bilmente negoziare le vostre scelte, se non volete che l’esp-erimento vada male a causa della vostra incuria nel consi-derare la variabilepiù importante. Al contrario, non posso certo dirvi di buttar via ampolle e bilancia; in fondo è questo mondo che ci obbliga tutti ad essere chimici. Il mercato chiede ingegneri e non psicologi, tecnici e non critici, economisti e non poeti; e forse è anche vero che, a volte, ci assecondiamo eccessivamente ad inseguire velleità reali unicamente nelle medie alte dei nostri libretti. Ma forse ci vorrebbe un chimico vero, uno di quelli con la laurea, per metterci in guardia, spiegandoci che le variabili da considerare sono tante, e che non si

possono isolare tutte come in un test di laboratorio; la provenienza geografica innanzitutto, e la propensione dei giovani a spostarsi.

E poi, chi trova un impiego uscito da una facoltà che occupa un posto più alto in graduatoria, lo fa davvero nell’ambito in cui ha investito per la sua formazione? E infine, ha ancora senso parlare di facoltà, ora che l’università e insub-buglio e la riorganizzazione in Scuole e Dipartimenti è conclusa quasi ovunque? Probabilmente, accanto alle parole del chimico, un neolau-reato in Scienze della Formazione sentenzierebbe che quella davanti ai quali si trovano i liceali è una scelta diffici-le, e che questi forse non sono i modi adatti per facilitare il loro orientamento; un dottore in Scienze della Comunica-zione darebbe una strigliata a quei giornalisti che grossola-namente parlano nei loro articoli di facoltà inutili; e infine, magari, arriverebbe un umanista, uno di quelli che attorno a ciò che i più definiscono inutile ha intenzione di costruirsi il proprio futuro, per ribaltare definitivamente questo freddo e positivistico punto di vista.

Giovanna Pentella e Stefano D’Alessandro

Meritocrazia, sforbiciate di fondi, precarietà dal dottorato, istruzione pubblica VS privata. Temi cruciali che stanno solcan-do dei canyon tra gli strati della società studentesca e non solo. Abbiamo cercato di chiarirci e chiarirvi un po' le idee parlandone con il CNSU, il massimo organo di rappresentanza della classe studentesca in Italia. Vi proponiamo di seguito l'intervista a Salvatore Iacono, uno dei membri che abbiamo incontrato nel nostro viaggio all'interno del CNSU, di cui trovate e troverete le altre tappe sul sito: www.asinupress.it

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B. .

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ook

CrossingSostiene Pereira, e io

Novella senza voceCorri, corri, corri. C’è una luce blu che gira e mi accoglie, in casa mia. Corri, corri, corri. Ci siamo quasi, scendo al volo dall’auto, con la mano mi proteggo dalla luce blu, il cane abbaia forte, abbia, forte, abbaia, il cane abbaia. Ci siamo, ti prendo la mano, sei calda e non sorridi. Lei l’abbraccio prima, poi la mando via. Poi mandano via anche me. Mi hanno chiamata 10 minuti fa, dove sono gli altri? Chi stanno aspettando? Siamo arrivati in corsa qui, i piedi correvano, l’auto correva, i pensieri correvano, il cuore batteva correndo. Io ora sono qui, ma gli altri dove sono? Loro due mi stanno osservando da un po‘, me ne accorgo solo ora perché prima avevo occhi solo per te. Come se fossi impazzita, hanno gli occhi spalancati, mi guardano correre tra il grano, ma non sto socchiudendo le labbra in un sorriso. Il cane continua ad abbaiare, non sopporta la visita di estranei. In fondo lo siete un po’ tutti adesso. Dov’è la donna anziana? Chi è con lei ora? Io non posso andare, ho un cane da calmare. Gli do’ il mio cuore, non sopporto che corra così velocemente, almeno lui può leccarlo e così si tengono calmi per un po’. Scendo le scale di corsa, tanto il cuore non mi da’ fastidio ora, ti dico io che direzione prendere. Intanto ho abbandonato lei e quindi vado a recuperarla. Prendila con calma, alzala così, così, poggiala sul lato morbido che i suoi polmoni sono di vetro; sai di quello che ha bisogno di un soffio per nascere. Scendiamo le scale, fai piano, hai già sporcato il muro. Il cane riprende ad abbaiare, non si cura più del cuore che gli ho lasciato, tanto meno delle mia parole. Calmati, smettila di abbaiare, siamo tutti qui, lo so, siamo troppi. Hai aperto gli occhi, mi hai cercata perché io ti ho cercata. Ti ho ripreso la mano, era da tanto che non te la tenevo, e tu hai puntato le tue pupille su di me. Mi hai chiamata più e più volte. Sono qui, se tu sei tranquilla, e mi hai lasciato la mano. La luce blu ha ricominciato a girare, io indietreg-gio, riprendo il mio cuore bagnato di bava canina. Anche il cane non abbaia più. Giovanna Pentella...il Maggio del Libri...

Sostiene Pereira che il mondo è questo e non lo si può cam-biare. Il suo mondo è fatto di un lutto mai somatizzato, di limonate zuccherate e frittate cotte sempre alla stessa maniera nello stesso locale ogni giorno. Lisbona, sono gli anni di Francisco Franco e Mussolini, sono gli anni del pensiero nazista, quelli in cui celebrare la propria razza e le proprie origini. In una piccola sede distaccata di un neonato giornale, il "Lisboa", ecco Pereira, il protagonista del romanzo di Tabucchi, con il suo sudore e i dubbi incom-piuti, con la sua recidiva ignoranza sul mondo e la sua improvvisa necessità di conoscerlo. Improvviso da quando il giovane Monteiro Rossi si presenta nella sua vita, da lui contattato e ingaggiato come praticante per la sezione cultura cui gli è stata affidata la gestione. Monteiro Rossi e la sua ragazza Marta, troppo spigliata per un paese come il Portogallo, con i necrologi scadenti di lui e le idee politiche rivoluzionarie di lei, completamente aliene all'intellettuale chiuso nel suo riccio di scrittori ottocenteschi e misantropia. Pereira sostiene, cosa esattamente? Tra quello che vorreb-be dire e quello che realmente fa, dispero nella teoria delle anime del Dottor Cardoso, è alla ricerca della sua da quando ha avuto un occhio verso il suo Paese, da quando l'occhio diventa punto di vista e critica, ma insieme voglia di farne parte, di questo Portogallo, e di rendere parte chi, forse, non ha mai avuto il coraggio di guardare.Tabucchi trasporta, apre il sipario sui perché di un Pereira che potrebbe essere ognuno di noi. Pereira che improvvisa-mente riconosce, come gli fossero sfilati i veli di Maya per avere una visione più nitida e riconoscere un Portogallo che "sulle spalle le si vedevano due scapole sporgenti come ali di pollo", un paese imbavagliato e bianco come gli articoli censurati perché poco patriottici. Patriottismo, ecco cosa serve a Pereira per svegliarsi dal suo limbo, ecco cosa serve al suo “io” dominante, un patriottismo diverso e scomodo. Scomodo come Monteiro Rossi e Marta, scomodo come le congetture filosofiche del Dottor Cardoso, scomodo come il cugino Rossi e le sue divagazioni, che con l'andare delle pagine non diventano più così divaganti, ma acquistano il corpo solido di una determinazione insorgente, un moto di terrore ed eccitazione che non fa dormire la notte. Emoziona, Tabucchi, rendendo parte chi legge di una realtà lontana, qualcuno direbbe, come lo avrebbe detto il Pereira delle prime pagine.

Le ideologie, il patriottismo, la rivoluzione hanno bandiere diverse, ma parlano la stessa lingua, viaggiano su onde radio gemelle. Il mondo è questo, Sostiene Pereira, ma siamo noi a cambiarlo.

Laura Ferraro

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Drink up! Give up! Stay Sober!- Chi sono I Sobri?I Sobri sono un laureato disoccupato, un futuro regista di Hollywo-od, un ragazzo che consegna le pizze e un ingegnere per finta. Quattro amici che provano a raccontare l’amore per la vita, l’ipocr-isia della società, le storie di una generazione difficile e la sobrietà dei nostri giorni, il tutto attraverso tecniche musicali molto discuti-bili.- Avete pubblicato da poco on-line “Dannato Chi Ha Inventa-to Le Mosche”. Volete dirci qualcosa, a partire dal titolo per arrivare alla musica?“Dannato chi ha inventato le mosche.” nasce da una semplice osservazione della realtà naturale: le mosche che sopravvivono mangiando le feci di altri animali. Se fossimo stati dei pittori avremmo sicuramente riportato su tela questa immagine così romantica, ma invece ci siamo sentiti costretti a farne il titolo del nostro EP. Ora le domande sono: chi sono al giorno d’oggi le mosche? Intorno a quali feci ronzano per sopravvivere? Ognuno di noi quattro ha una sua interpretazione personale, lasciamo a voi la vostra. La musica nasce provando e riprovando in una sala prove che sembra tutt’altro, partendo da un “concept” di base come una bozza di testo o un semplice giro di chitarra. Ci è capita-to di arrangiare un pezzo più e più volte prima di trovare la versio-ne definitiva, ma alla fine quando arriva quella giusta lo capiamo perché qualcuno di noi pronuncia la famosa frase: “Questo è il

miglior pezzo de I Sobri!”, anche se magari è completamente falso.- Non sono peggio le zanzare?No. Le zanzare sono più coerenti, ti succhiano direttamente il sangue e te lo fanno davanti agli occhi. Le mosche sono infami, parassiti che ingrassano alle spalle delle persone e rovistano tra gli scarti.- Vi siete formati da un anno circa ma avete già pubblicato 3 videoclip. Come nascono e si sviluppano?A causa dei nostri background estremamente diversi le idee per i videoclip sono spesso molto confuse. Ogni volta facciamo un referendum tra di noi e scegliamo l’idea che ha avuto più consensi, per poi passare la palla a Scauzacane, il nostro bassista e video-maker. Cerchiamo idee dirette, semplici, colori naturali e meno aggiustamenti fotografici possibili in fase di montaggio.- La musica a Caserta che vita fa?Gira voce che la musica a Caserta sia morta, alcuni sostengono che addirittura non sia mai esistita. Per quanto ci riguarda non siamo in grado di dire se sia realmente così, ma sicuramente ci teniamo lontani da questo vociferare. Cerchiamo di fare musica libera, in cui crediamo, e di non farci condizionare dal terreno infertile in cui stiamo ancora crescendo, anche perché nel Caserta-no esistono band molto valide che hanno davvero qualcosa da dire. Franco Galato

Grand Budapest Hotel è una caramella colorata, da scartare con gli occhi e gustare frame by frame in una girandola di sapori. Lo spettatore, come un bambino intento a sfogliare un libro di fiabe illustrato, viene catapultato nel mondo surreale di Wes Anderson, che ispirandosi alle opere di Stefan Zweig, scrittore austriaco di origini ebraiche osteg-giato dai nazisti, ci racconta le avventure di Gustave H., concierge al Grand Budapest, e del nuovo lobby boy, Zero Moustafa, nel periodo compreso tra le grandi guerre.

Fughe rocambolesche, inseguimenti, sparatorie, omicidi e il furto di un curioso quadro alzano il ritmo della narrazione, catturando l'attenzione del pubblico, che si ritrova a tratti di fronte ad un cartone animato, assurdo, ma piacevolissimo. Lo stile di Anderson, rapido, simmetrico, ironico e surreale, crea un'armonia tale da farci assaporare il sottile incanto che

separa la vita dalla sua messinscena. I personaggi che popo-lano il film, interpretati da uno stuolo di grandi nomi (Ralph Fiennes, Adrien Brody, Willem Dafoe, Tilda Swinton, Bill Murray, etc.), vivono nel limbo tra realtà e immaginazione, e attraverso le loro vicende ci permettono di riflettere, quasi senza accorgercene, sul passato, sulla brutalità della guerra, sull'avidità umana. Tutta la storia del film non è altro che il racconto di un racconto, raccolto da uno scrittore e custodito in un romanzo tra le cui pagine continua a vivere il Grand Budapest Hotel con tutti i suoi bizzarri ospiti e permane intatto lo spirito di un tempo. Sopravvivono le divagazioni poetiche di Gustave, i baffi di Zero tratteggiati con cura, il prezioso profumo “L'Air de Panache”, gli elaborati dolci di Mendl's nei loro pacchetti rosa con fiocco azzurro, sopravvi-ve un clima leggero, cordiale come l'accoglienza all'interno di questo variopinto Grand Hotel, oasi di pace prima dello scoppio della guerra. Anderson si rifà alla tradizione della commedia americana aggiungendo spruzzate thriller e note picaresche per omaggiare un certo tipo di cinema adottan-done e, al tempo stesso, ridicolizzandone gli stilemi. Accom-pagnati dalle note di Alexandre Desplat, gli spettatori salgo-no su una vorticosa giostra, che li lascia al termine della visio-ne piacevolmente scombussolati, ma con la voglia di fare un altro giro.

Camilla Di Spirito

Grand Budapest Hotel: un altro giro sulla giostra di Wes

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LOGO

C'era una nuvola che era caduta dal cielo

Una nuvola strana di roseo colore

Tutti accorsero a guardare

C'erano i bambini con il gelato in mano

C'erano gli anziani con le mani dei bambini nelle loro

C'erano i giovani che ridevano e altri che non capivano

C'erano le donne preoccupate

e gli uomini che non avevano mai vista tanta bellezza

Non era una nuvola, era una donna

C'era un uomo, su tutti, che però non guardava quella

donna che era caduta dal cielo

Aveva una giacca di pelle bucata, mani sporche, capelli

spettinati e barba folta.

Lei vestita di rose

gli portò da bere e da mangiare

da baciare e da fare all'amore

"Dove sei stata tutto questo tempo?"

"Baciavo le rane"

Angelo Pulito

Tutti in corsa per Bruxelles

Se il traguardo fosse Waterloo?

Piano Battito lento,mantenere il battito lento.Niente eccitanti, al minimoCuore calmo. Calma.Il bisogno di attività e frenesiapreme. Io resistoCuore calmo, mente in tempesta.Succedanei chimici di calore umano.O battiti artificialiritmati e avvolgentiVentre materno di bassi,membrane tribali.Cuore calmo, mano ferma.Anima fredda, tasche vuote.Testa in tempesta.

Felice

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Foto di Felicia M. Iannone