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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversità Kore di Enna BREVI NOTE SULLA EUROPARECHTSFREUNDLICHKEIT DEL TRIBUNALE COSTITUZIONALE TEDESCO E LA DOTTRINA DEI CONTROLIMITI DELLA CORTE COSTITUZIONALE CECA NELLA SENTENZA SULLE PENSIONI SLOVACCHE L EUROPA DELLE CORTI... TRA KARLSRUHE E BRNO Massimo Angelo Asero Dottore di ricerca in Diritto pubblico nellUniversità di Roma Tor Vergatae avvocato del Foro di Catania P AROLE CHIAVE: Europarechtsfreundlichkeit, Corte costituzionale Repubblica ceca, Pensioni slovacche, Landtova 1. Premessa Con la celebre sentenza sul Trattato di Lisbona 1 e la successiva sentenza Honeywell 2 , la Corte costituzionale tedesca è tornata ad esprimere, prima, e specificare poi, la propria posizione in ordine ai rapporti tra giurisdizione costituzionale nazionale ed europea 3 . 1 2 BvE 2/08; 2 BvE 5/08 2 BvR 1010/08; 2 BvR 1022/08; 2 BvR 1259/08; 2 BvR 182/09. Il testo integrale della sentenza è disponibile sul sito della Corte costituzionale tedesca nelle versioni in tedesco, all indirizzo www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/es20090630_2bve000208.html, ed inglese, allindirizzo www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/es20090630_2bve000208en.html ; la traduzione italiana, curata da J. LUTHER, è a sua volta consultabile nel sito della Corte costituzionale italiana all indirizzo http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/Traduzione_sentenza.pdf. 2 2 BvR 2661/06. Il testo integrale della sentenza è disponibile sul sito della Corte costituzionale tedesca nelle versioni in tedesco, allindirizzo http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/rs20100706_2bvr266106.html ed inglese, allindirizzo http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/rs20100706_2bvr266106en.html . 3 Mettendo autorevolmente, per tale via, una parola a suo modo conclusiva a quel crescendo di posizioni variamente critiche, se non dichiaratamente euroscettiche, che avevano preso sempre più corpo in dottrina e nel dibattito pubblico tedesco, sino a trovare eclatante espressione nell’invito formulato da HERZOG , GERKEN, Stoppt den Europäischen Gerichtshof, in Frankfurter Allgemeine Zeitung del 8.9.2008, p. 8, a fermare la Corte di Giustizia. Come ho avuto già a suo tempo modo di rilevare in sede di commento alla sentenza della Corte costituzionale tedesca sul Trattato di Lisbona e sulle leggi collegate, peraltro, quello appena citato era un articolo la cui lettura si rendeva opportuno associare proprio a quella sentenza siccome capace di rendere efficacemente il clima ed il livello di problematicità dei rapporti tra le Corti, sino ad allora protagoniste di un accordo tra gentiluomini posto a garanzia del processo di integrazione europea, ma che il processo di allargamento, e le corrispondenti dinamiche di

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dell’Università Kore di Enna

BREVI NOTE SULLA

EUROPARECHTSFREUNDLICHKEIT DEL

TRIBUNALE COSTITUZIONALE TEDESCO E LA

DOTTRINA DEI CONTROLIMITI DELLA CORTE

COSTITUZIONALE CECA NELLA SENTENZA SULLE

PENSIONI SLOVACCHE

L’EUROPA DELLE CORTI... TRA KARLSRUHE E

BRNO

Massimo Angelo Asero Dottore di ricerca in Diritto pubblico nell’Università di Roma “Tor Vergata” e avvocato del

Foro di Catania

PAROLE CHIAVE: Europarechtsfreundlichkeit, Corte costituzionale Repubblica ceca, Pensioni

slovacche, Landtova

1. Premessa

Con la celebre sentenza sul Trattato di Lisbona1 e la successiva sentenza Honeywell2, la

Corte costituzionale tedesca è tornata ad esprimere, prima, e specificare poi, la propria

posizione in ordine ai rapporti tra giurisdizione costituzionale nazionale ed europea3.

1 2 BvE 2/08; 2 BvE 5/08 2 BvR 1010/08; 2 BvR 1022/08; 2 BvR 1259/08; 2 BvR 182/09. Il testo integrale della

sentenza è disponibile sul sito della Corte costituzionale tedesca nelle versioni in tedesco, all’indirizzo

www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/es20090630_2bve000208.html, ed inglese, all’indirizzo

www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/es20090630_2bve000208en.html; la traduzione italiana,

curata da J. LUTHER, è a sua volta consultabile nel sito della Corte costituzionale italiana all’indirizzo

http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/Traduzione_sentenza.pdf. 2 2 BvR 2661/06. Il testo integrale della sentenza è disponibile sul sito della Corte costituzionale tedesca nelle versioni in

tedesco, all’indirizzo http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/rs20100706_2bvr266106.html ed inglese,

all’indirizzo http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/rs20100706_2bvr266106en.html. 3 Mettendo autorevolmente, per tale via, una parola a suo modo conclusiva a quel crescendo di posizioni variamente

critiche, se non dichiaratamente euroscettiche, che avevano preso sempre più corpo in dottrina e nel dibattito

pubblico tedesco, sino a trovare eclatante espressione nell’invito formulato da HERZOG, GERKEN, Stoppt den

Europäischen Gerichtshof, in Frankfurter Allgemeine Zeitung del 8.9.2008, p. 8, a fermare la Corte di Giustizia.

Come ho avuto già a suo tempo modo di rilevare in sede di commento alla sentenza della Corte costituzionale

tedesca sul Trattato di Lisbona e sulle leggi collegate, peraltro, quello appena citato era un articolo la cui lettura si

rendeva opportuno associare proprio a quella sentenza siccome capace di rendere efficacemente il clima ed il livello

di problematicità dei rapporti tra le Corti, sino ad allora protagoniste di un accordo tra gentiluomini posto a garanzia

del processo di integrazione europea, ma che il processo di allargamento, e le corrispondenti dinamiche di

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A distanza di qualche centinaia di chilometri e poco meno di tre anni dalla prima, e due

dalla seconda, a Brno, la cosiddetta questione delle pensioni slovacche sembra avere rimesso

ancora una volta radicalmente in discussione il senso di quel gentlemen agreement tra Corte di

Giustizia e Corti europee, improntato a un principio di responsabilità i cui tratti essenziali

sono il principio di leale collaborazione e – quali espressioni nelle quali esso è chiamato a

manifestarsi concretamente – il rispetto delle identità giuridiche nazionali4, da un lato, e la

primazia del diritto dell’Unione, dall’altro. Come ho già avuto modo di segnalare in altra sede

al riguardo5, sembra sempre più evidente che in questo senso il fallimento del Trattato

costituzionale, e la stessa logica anti-costituzione che pure sembra avere pervaso il testo del

trattato di Lisbona, non hanno attenuato la portata e l’insistenza della domanda sulla natura

originaria o derivata dell’ordinamento europeo, sulla localizzazione della sovranità tra

ordinamenti degli stati membri ed ordinamento dell’Unione così come sulla identità europea

tout court6. E ancora sui conseguenti rapporti tra ordinamenti all’interno degli orizzonti

alternativi disegnati dalle teorie dualista e monista e tra il diritto dell’Unione e quello degli

allentamento dell’integrazione, sembravano avere scosso sino alle radici; sicché proprio di questo nuovo stato di cose

la sentenza tedesca sembrava essere un compiuto frutto. Tanto che c’è pure stato chi ha sostenuto che il Tribunale

costituzionale tedesco abbia in realtà formulato un implicito invito a rivedere i termini del leale dialogo ed accordo

tra gentiluomini nell’Unione allargata a ventisette e una rivendicazione della propria centralità di interprete e custode

della Legge fondamentale, e con essa non solo della forma di governo ma anche della stessa forma dello Stato, anche

allo scopo di rispondere a quell’appello che aveva così profondamente segnato il dibattito giuspubblicistico tedesco. 4 Si veda a tale riguardi la particolareggiata analisi di PARISI, Considerazioni sulla natura giuridica dell’Unione

europea alla luce dei rapporti fra Stati membri e fra questi e l’Organizzazione, in DRAETTA- SANTINI (a cura di),

L’Unione europea in cerca di identità. Problemi e prospettive dopo il fallimento della “Costituzione”, Milano 2008,

pp. 1-55. 5 ASERO, Alcune note sull’identità europea a proposito della sentenza del BVG sulla ratifica del Trattato di Lisbona da

parte della Germania. L’Unione di Lisbona alla “Corte” della Germania: ancora una notte per la tela di Penelope

europea?, in I Quaderni europei, Luglio 2010, n. 21, in http://www.lex.unict.it/cde/quadernieuropei, pp. 56-60. 6 Tanto da rimanere di estrema attualità le suggestive parole di HAZARD, La crisi della coscienza europea,

Torino, 1946, pp. 481-487, le quali segnalano la natura problematica e, per così dire, senza fine del processo

identitario dell’Europa e insieme la complessità della sua storia e del suo percorso di autocomprensione e

suggeriscono al lettore contemporaneo l’idea che alla vicenda che si descrive in queste pagine e che mette

nuovamente in discussione la costruzione dell’Europa attraverso una leale collaborazione sussidiaria delle Sue

Corti si accompagni l’avvio di una nuova fase nella quale alla predominanza della tessitura di un ordito che

unisce le maglie dell’appartenenza e dell’integrazione si sostituisca il predominio di rivendicazioni sovrane

nazionali fatalmente destinate a produrre (magari in forma di asimmetrie) una rinnovata alternanza di dinamiche

integrative e dis-integrative che appartiene in fondo al DNA dei processi identitari europei: “Che cos’è l’Europa?

Un pensiero sempre insoddisfatto. Senza pietà per se medesima, essa non cessa mai di cercare la felicità e, cosa

ancor più indispensabile e preziosa, la verità. Appena trovi una condizione che sembra soddisfi a tale duplice

esigenza, essa si accorge, sa di tenere pur sempre, e in maniera incerta, soltanto il provvisorio, il relativo; e

riprende la ricerca che costituisce la sua gloria e il suo tormento. [...] in Europa si disfa durante la notte la tela

che il giorno ha tessuta; si provano altri fili, si ordiscono altre trame, e ogni mattino risuona lo strepito degli

opifici che fabbricano, trepidando, qualcosa di nuovo.”

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stati membri, che trovano una problematica codificazione nella formula del primato del diritto

europeo7 – nel suo rapporto con la teoria dei controlimiti, significativamente formulata, in

risposta a quella del primato, in una certa continuità dalla Corte costituzionale tedesca8 e da

quella italiana9 quasi come una (contra)apposizione di confini...

Il risultato è che, come autorevolmente rilevato in giurisprudenza, questa delimitazione

porterebbe a distinguere tra primazia del diritto dell’Unione e supremazia delle Costituzioni

nazionali10, in quel “dialogo” tra Corti11 la cui difficoltà e potenziale conflittualità è da ritenere

strutturale e per ciò stesso in gran parte inevitabile nell’attuale configurazione del processo di

7 Il principio della preminenza significativamente incluso nel Trattato costituzionale è ora espresso nella

dichiarazione 17 allegata al trattato, nella quale si sottolinea: «per giurisprudenza costante della Corte di giustizia

dell’Unione europea, i trattati e il diritto adottato dall’Unione sulla base dei trattati prevalgono sul diritto degli

Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza». Inoltre, la conferenza ha deciso di

allegare all’atto finale il parere del Servizio giuridico del Consiglio sul primato del 22 giugno 2007, riportato nel

documento 11197/07 (JUR 260): «Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si evince che la preminenza del

diritto comunitario è un principio fondamentale del diritto comunitario stesso. Secondo la Corte, tale principio è

insito nella natura specifica della Comunità europea. All’epoca della prima sentenza di questa giurisprudenza

consolidata [Costa contro ENEL, 15 luglio 1964, causa 6/641: “(...) discende che, scaturito da una fonte

autonoma, il diritto nato dal trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua specifica natura, trovare un limite

in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso

il fondamento giuridico della stessa comunità”] non esisteva alcuna menzione di preminenza nel trattato. La

situazione è a tutt’oggi immutata. Il fatto che il principio della preminenza non sarà incluso nel futuro trattato

non altera in alcun modo l’esistenza del principio stesso e la giurisprudenza esistente della Corte di giustizia». 8 Si vedano particolarmente le sentenze 29 maggio 1974, “Solange I”, e 22 ottobre 1986, “Solange II”, nonché,

ovviamente, la sentenza Maastricht, nella quale particolarmente si legge che il Tribunale costituzionale federale

assicura, nell’esercizio delle sue competenze, che una protezione effettiva dei diritti fondamentali per gli abitanti

della Germania «sia garantita generalmente anche nei confronti del potere sovrano delle Comunità e che tale

protezione sia sostanzialmente eguale (im wesentlichen gleich) a quella prescritta come inderogabile dalla Legge

fondamentale, e che quindi sia tutelato almeno il contenuto essenziale dei diritti medesimi. Il Tribunale costituzionale

federale garantisce questo contenuto essenziale anche nei confronti del potere sovrano della Comunità». Ma poi si

veda anche la pronuncia 7 giugno 2000 sull’organizzazione europea del mercato delle banane. 9 A cominciare dalla sentenza della Corte costituzionale del 10 giugno 1984, n. 170, Granital, in Giurisprudenza

costituzionale, 1984, p. 1098 ss.. Sulla dottrina dei controlimiti, ex multis e per una originale prospettiva di tipo

positivo e non negativo, si veda RINOLDI, L’ordine pubblico europeo, Napoli 2005, capitolo conclusivo;

CELOTTO, Le “modalità di prevalenza delle norme comunitarie sulle norme interne: spunti ricostruttivi, in

RIDPC, 1999, p. 1473 ss.. 10 Secondo quanto propone il Tribunale costituzionale spagnolo nella dichiarazione n. 1/2004 del 13 dicembre

2004, relativa alla costituzionalità del Trattato che adotta una costituzione per l’Europa. 11 Nella sentenza Maastricht, dopo avere affermato che sarebbe stato garantito il contenuto essenziale dei diritti

fondamentali in conformità alla Legge fondamentale anche nei confronti del potere sovrano della Comunità, la

Corte precisa d’altra parte che il «Tribunale esercita tuttavia la sua giurisdizione sull’applicabilità in Germania del

diritto comunitario derivato nel quadro di un «rapporto di cooperazione» con la Corte di giustizia europea: in virtù

di tale rapporto questa Corte garantisce la tutela dei diritti fondamentali in ogni caso concreto per l’intero territorio

delle Comunità europee, mentre il Tribunale costituzionale federale può limitarsi ad assicurare una generale

garanzia degli standards inderogabili dei diritti fondamentali (cfr. BverfGE 73, 339 (387)», in ANZON, LUTHER, Il

Trattato di Maastricht e l’ordinamento tedesco nella sentenza 12 ottobre 1993 del Tribunale costituzionale federale,

trad. it. della sentenza e note esplicative, in GCost, 1994, p. 677 ss., particolarmente p. 683.

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integrazione giuridica degli ordinamenti nazionali nell’ordinamento europeo12. In questo senso,

per quanto sia l’ordinamento europeo che gli ordinamenti nazionali, e le rispettive Corti, siano

chiamati a garantire la diversità da cui trae origine il processo di integrazione, garantendone

attraverso percorsi improntati a sussidiarietà l’Unità, il modus operandi della Corte di giustizia

risulta infatti essenzialmente diverso rispetto a quello delle Corti nazionali13.

12 Non si può dunque che concordare con quanto osserva a tale riguardo PARISI, Considerazioni sulla natura

giuridica dell’Unione europea alla luce dei rapporti fra Stati membri e fra questi e l’Organizzazione, op. cit., p.

27: «La questione è assai delicata, essendo questo l’unico importante punto di dissidio fra Corte di giustizia e

Corti costituzionali nazionali. Appare, infatti, evidente che per la prima il limite che incontra l’effettività del

diritto dell’Unione e della Comunità entro gli ordinamenti interni è un limite tutto interno all’ordinamento

europeo, voluto sì dalla norma convenzionale che garantisce l’intangibilità dell’identità di ciascuno Stato

membro, ma ricavabile tramite la lettura che di essi dà la Corte di giustizia stessa (corsivo nostro). La prassi

insegna che la Corte si fa carico di proteggere i principi propri dell’ordinamento costituzionale di ciascuno Stato

membro; ma, nell’ispirarsi ai principi comuni agli ordinamenti degli Stati membri per trarre da essi l’esistenza di

un principio generale del proprio ordinamento, essa lavora con grande libertà soprattutto in relazione

all’individuazione degli ordinamenti nazionali che rilevano nel caso di specie, nonché alla scelta di quali

elementi dei principi comuni agli Stati membri valorizzare: la Corte, infatti, rielabora tali principi alla luce delle

esigenze dell’ordinamento dell’Unione. Viceversa le Corti nazionali “leggono” i controlimiti come riempiti da

valori tutti interni al proprio ordinamento, senza far giocare, insieme ai propri principi fondamentali, anche quelli

degli ordinamenti di altri Stati membri. Le due prospettive, come si comprende, sono radicalmente insanabili». 13 In tal senso, la pronuncia sul caso Mangold è un esempio paradigmatico che nell’Europa delle Corti la prima è

logicamente chiamata ad operare un’astrazione creativa pronta al sacrificio dell’unità (quasi) monolitica di ogni

singola identità nazionale, nella valorizzazione, che è strumentale alla creazione di un principio generale del

proprio ordinamento, di un minimo multiplo che può non appartenere a ciascuno degli ordinamenti nazionali, e

che talvolta è solo di quelli (magari pochissimi) cui essa ha volto lo sguardo proprio in funzione della possibilità

di rinvenirvi (rectius: attribuire) un fondamento “comune” al principio che intende affermare e codificare

nell’ordinamento europeo. A richiamare esemplificativamente la teoria matematica degli insiemi, possiamo

allora dire che in tale modo la Corte di giustizia si giova di una applicazione (la più estensiva possibile) del

mutuo riconoscimento che deve essere di ogni ordinamento per gli altri onde valorizzare la ricerca di un valore

ulteriore della propria identità europea rispetto a quello della (mera) Unità degli insiemi intesa e rappresentata

(anche graficamente) come (solo) insieme di intersezione degli stessi singoli insiemi nazionali – e dunque degli

ordinamenti politici e dei principi e valori giuridico-costituzionali che li compongono. Le Corti costituzionali

nazionali, invece, operano di volta in volta con il prevalente obiettivo di tradurre l’identità irrinunciabile

dell’ordinamento giuridico, del quale sono garanti, in dei (contro)limiti, senza avere alcun riguardo agli altri

ordinamenti, che pure riconoscono nella comune appartenenza alla Unione europea, e ai loro diversi principi.

Tale atteggiamento risponde d’altronde ad un criterio logico, dal momento che ciascuna Corte costituzionale

nazionale muove appunto, e al contrario, da una istanza di difesa del particolare, dall’esigenza di pretendere che

gli elementi essenziali del proprio insieme non siano disconosciuti o altrimenti interpretati e comunque

sacrificati in funzione della individuazione (per via giurisprudenziale) del nucleo identitario politico e giuridico-

costituzionale materiale dell’Europa; e quindi tendenzialmente pretendendo ad un tempo che per parte sua la

Corte di giustizia si limiti a formare l’insieme dei suoi principi generali con una operazione essenzialmente di

“ratifica” e astrazione notarile del solo massimo comune denominatore in relazione all’insieme degli ordinamenti

nazionali. Non si può dunque che concordare con quanto osserva a tale riguardo PARISI, Considerazioni sulla

natura giuridica dell’Unione europea alla luce dei rapporti fra Stati membri e fra questi e l’Organizzazione, cit.,

p. 27: «La questione è assai delicata, essendo questo l’unico importante punto di dissidio fra Corte di giustizia e

Corti costituzionali nazionali. Appare, infatti, evidente che per la prima il limite che incontra l’effettività del

diritto dell’Unione e della Comunità entro gli ordinamenti interni è un limite tutto interno all’ordinamento

europeo, voluto sì dalla norma convenzionale che garantisce l’intangibilità dell’identità di ciascuno Stato

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Nel caso della sentenza della Corte costituzionale ceca sul caso Holubec, però, a differenza

di quanto avvenuto (per tutti e da ultimo) a Karlsruhe nel caso Mangold14, il dubbio sulla

persistenza e comunque efficacia di quell’accordo nasce da una vicenda che vede in primo piano

il comportamento (se non altro...) almeno formalmente irrituale posto in essere da una Corte

costituzionale nazionale (appunto quella ceca) ad onta di ogni tradizionale self restraint e

nonostante che il comportamento medesimo preludesse addirittura alla adozione della sanzione

più grave “teorizzata” dal Tribunale costituzionale tedesco avverso le pronunce della Corte di

Giustizia15, vale a dire la dichiarazione della natura ultra vires di una sua pronuncia – nella

specie quella sul caso Landtovà16. Il comportamento della Corte di Brno, pur da inquadrare a

membro, ma ricavabile tramite la lettura che di essi dà la Corte di giustizia stessa (corsivo nostro). La prassi

insegna che la Corte si fa carico di proteggere i principi propri dell’ordinamento costituzionale di ciascuno Stato

membro; ma, nell’ispirarsi ai principi comuni agli ordinamenti degli Stati membri per trarre da essi l’esistenza di

un principio generale del proprio ordinamento, essa lavora con grande libertà soprattutto in relazione

all’individuazione degli ordinamenti nazionali che rilevano nel caso di specie, nonché alla scelta di quali

elementi dei principi comuni agli Stati membri valorizzare: la Corte, infatti, rielabora tali principi alla luce delle

esigenze dell’ordinamento dell’Unione. Viceversa le Corti nazionali “leggono” i controlimiti come riempiti da

valori tutti interni al proprio ordinamento, senza far giocare, insieme ai propri principi fondamentali, anche quelli

degli ordinamenti di altri Stati membri. Le due prospettive, come si comprende, sono radicalmente insanabili.». 14 L’appello già richiamato supra (alla nota 3) sottolineava come la Corte di Giustizia giustificasse la decisione

con un ragionamento piuttosto avventuroso fondato sulla individuazione di un “principio generale di diritto

comunitario”, che tuttavia era rinvenibile solo in due degli (allora 25) Stati membri, vale a dire negli ordinamenti

della Finlandia e del Portogallo. Senza addentrarci che in forma assolutamente sintetica nella questione, si può

ricordare che il Supremo organo di giustizia europeo aveva rilevato che nelle “tradizioni costituzionali comuni

agli Stati membri” e in diversi “trattati internazionali” esiste un divieto di discriminazione legato all’età sicché

l’ordinamento tedesco si poneva in conflitto con questo “principio generale del diritto comunitario” e non con la

direttiva anti-discriminazione (fra l’altro non ancora attuata) – cioè con una norma dell’ordinamento

comunitario. Ora, il principale oggetto di contestazione della dottrina richiamata è proprio il ragionamento

deduttivo che la Corte implicitamente compie per individuare gli ordinamenti nazionali rilevanti nel caso di

specie ed estrarre un “principio generale di diritto comunitario”, dal momento che un tale principio… «è

inesistente. Infatti solo in due dei 25 Stati membri – Finlandia e Portogallo – esiste un divieto costituzionale di

discriminazione a causa dell’età». E ne deduce – rilevando che manca altresì alcun trattato di diritto

internazionale che faccia riferimento ad un tale divieto, al contrario di quanto afferma la Corte – che «con questa

costruzione tirata dal cilindro, la Corte europea di Giustizia, non ha agito come espressione di potere giudiziario

ma piuttosto come potere legislativo, ossia come un autentico legislatore». 15 Non a caso a commento della decisione della Corte costituzionale ceca, Robert ZBÍRAL scrive: «The

annulment of an EU act by a Member State’s constitutional court because of ultra vires conduct of EU

institutions might be compared to the yeti. Everybody has spoken of it, numerous respectable experts have

exchanged their views on its form and classification, but so far no relevant authority has confirmed its

existence», individuando contestualmente una delle più probabili ragioni nella particolare relazione esistente tra

la Corte di Giustizia e le Corti costituzionali nazionali, quale definita icasticamente dalla famosa analogia di

WEILER, The Constitution of Europe: “Do the new clothes have an emperor?” and other essays on European

integration, il quale la compara alla dottrina della mutua distruzione applicata nel periodo della Guerra fredda, in

ZBÍRAL, A legal revolution or negligible episode? Court of Justice decision proclaimed ultra vires, in CMLR,

2012, 49, p. 1. 16 La sentenza della Corte costituzionale ceca in questione, 2012/01/31 – PL ÚS 5/12, che nella versione

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onor del vero, e per intenderne i reali e diretti obbiettivi, all’interno di una saga infinita che la

vede contrapporsi sul tema delle cosiddette pensioni slovacche alla Corte amministrativa

suprema e alle stesse istituzioni governative, appare infatti privo di ogni sostanziale ispirazione a

leale collaborazione e rispetto del ruolo della Corte di Giustizia17. Sicché ad essere rimessa in

discussione in definitiva è forse la stessa possibilità di riconoscere indistintamente la qualità di

gentlemen a tutti gli attori (Corti nazionali costituzionali e non) partecipanti a quell’accordo

nell’Unione allargata a 27. E d’altra parte, proprio a seguito della lettura che la Corte

costituzionale ceca ritiene di dare della propria giurisprudenza pregressa in tema di relazione tra

giurisdizione costituzionale nazionale ed europea nella sentenza sulle pensioni slovacche del 31

gennaio scorso, e soprattutto dell’idea che vi si rinviene di una continuità delle proprie decisioni

con quelle della giurisprudenza costituzionale tedesca, sembra opportuno compiere un

accostamento del nuovo istituto della Europarechtsfreundlichkeit, che quest’ultima ha creato

quale più alto e autentico punto d’equilibrio della pronuncia Lissabon, e specificato nella

successiva pronuncia sul caso Honeywell18, alla nuova lettura del principio di Euro-conformità...

attenuata che ispira la pronuncia della Corte di Brno. Per verificare se la capacità dell’attitudine

amichevole della Germania verso il diritto europeo (Europarechtsfreundlichkeit) di irrorare e

giustificare ogni controllo sugli atti europei (identity review e ultra vires review), sancita tra

l’altro concretamente nella subordinazione alle condizioni alle quali è sottoposto l’operare degli

stessi alla luce del principio di leale collaborazione e in nome di una permanente convivenza

dialettica tra primato del diritto europeo e primazia delle diverse identità costituzionali nazionali,

non risulti distorta del tutto dalle lenti che il Custode della costituzione ceca inforca per

controllare a sua volta se la pronuncia della Corte di giustizia sia in linea con il principio di

attribuzione dei poteri o invece sia atto ultra vires. E se perciò la miopia che ha condizionato il

integrale in lingua inglese può essere letta all’indirizzo http://www.concourt.cz/tisk/6415, pronuncia sulle

medesime questioni ma trae spunto dal ricorso di un altro cittadino ceco, il sig. Karel Holubec, finendo per

dichiarare la natura ultra vires della sentenza della Corte di Giustizia sul caso C-399/09, Landtovà, 22 giugno

2011, quest’ultima reperibile nella versione in italiano all’indirizzo web http://eur-

lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62009CJ0399:IT:HTML e in quella inglese all’indirizzo

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62009CJ0399:EN:HTML. 17 Né, peraltro, a rigor di logica, a quella guerra letteralmente senza confini può a tutt’oggi essere messa

definitivamente la parola fine. Intorno alla metà dello scorso mese di maggio, infatti, la Corte amministrativa

suprema della Repubblica ceca ha rivolto una nuova questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia in

riferimento ad un nuovo caso relativo alle pensioni slovacche: Ads 18/2012, Supreme Administrative Court, 9

May 2012. 18 Oltre ogni ragionevole dubbio che la lettura della sentenza Lisbona aveva potuto generare in dottrina.

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visus della Corte di Brno nell’avvistamento di nuovi confini per i controlimiti, dei quali essa è

custode, non indebolisca ad un tempo, nell’illusoria speranza di avere ri-affermato la propria

competenza di organo al vertice dell’ordinamento giuridico (costituzionale) e insieme una certa

idea di sovranità nazionale19, le rinnovate fondamenta teorico-pratiche con le quali il grande

sforzo del Tribunale di Karlsruhe era sembrato riuscire a consolidare l’identità del Vecchio

continente come “Europa delle Corti”. E per questa via rivitalizzi l’idea che magari proprio dalle

nuove frontiere allargate dell’Unione si possa aprire la breccia per un nuovo paradigma

costituzionale fondato sull’idea dell’asimmetria e capace di stravolgere l’idea del primato

dell’Unione sino a mettere in pericolo l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione 20.

2. Il sì Europarechtsfreundlichkeit della Corte tedesca nelle sentenze

Lisbona e Honeywell

Nella direzione da ultimo prospettata, ogni ipotesi più o meno implicita di revisione

dell’accordo tra gentiluomini fra Corte di giustizia e Corti europee passa dunque attraverso

nuove forme di rivendicazione di controllo da parte degli organi supremi custodi delle

costituzioni nazionali sull’esercizio delle competenze attribuite alla prima. È come noto ciò che

il Tribunale di Karlsruhe era sembrato fare proprio nella sentenza Lisbona, avocando a sé quel

19 Si veda KRASNER, Sovereignty: organised hypocrity, Princeton 1999, il quale prevede quattro accezioni della

sovranità statale, che individuano altrettante dimensioni del potere sovrano unitario dello stato: sovranità

internazionale legale, caratterizzata dal mutuo riconoscimento di indipendenza degli stati; sovranità di Westfalia,

contraddistinta dall’esclusione dell’influenza di attori esterni negli affari interni di uno stato; sovranità

domestica, consistente nella organizzazione dell’autorità politica all’interno del territorio; sovranità

interdipendente, quale capacità di regolare tutti i flussi transfrontalieri. Emerge chiaramente un dato

fondamentale: il modello di sovranità esclusiva, quale si sostanzia nella compresenza di queste varianti della

sovranità, è di assai problematica individuazione nella storia. La sovranità secondo Westfalia e la sovranità

internazionale legale in particolare hanno subito violazioni tanto crude (invasioni) che più sottili (per esempio

proprio l’imposizione del rispetto di certi standards, come avviene per il regime dei diritti umani, per il

riconoscimento della propria statualità nella comunità internazionale); ragione per cui di sovranità deve parlarsi,

come denuncia lo stesso sottotitolo del lavoro di Krasner, come di una ipocrisia organizzata. 20 Come già nel commentare l’Europa disegnata dalla sentenza del Tribunale di Karlsruhe sul Trattato di Lisbona

alcune letture in dottrina avevano ipotizzato essere accaduto. Sul tema dell’asimmetria: CANTARO, Il

costituzionalismo asimmetrico dell’Unione, Torino 2010; LÒPEZ PINA- MICCÙ, La cooperazione rafforzata come

forma europea di governo. Verso un diritto costituzionale asimmetrico?, in Dir. e cult., 2003, pp. 1-2, 403-417;

KOWALSKY, Comment on Daniel Thym – United in diversity or diversified in the Union?, in DANN- RYNKOWSKI,

The unity of european Constitution, Berlino, 2006, pp. 377-381; THYM, “United in Diversity” – The integration

of enhanced cooperation into the european constitutional order, in DANN- RYNKOWSKI, op. cit., pp. 357-375 e

ROLLA, Lo sviluppo del regionalismo asimmetrico e il principio di autonomia nei nuovi sistemi costituzionali: un

approccio di diritto comparato, in Quaderni reg., 2007, pp. 387-399.

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controllo sugli atti ultra vires21 insieme al controllo sull’identità onde garantire il permanente

equilibrio tra primazia del diritto dell’Unione e supremazia delle Costituzioni nazionali22.

In uno scritto introduttivo della vicenda processuale del giudizio del Tribunale

costituzionale federale sulla ratifica tedesca del Trattato di Lisbona23 e più compiutamente in

altro scritto sull’identità europea a proposito della medesima pronuncia24, avevo segnalato che

la gran parte delle letture della sentenza Lisbona proposte dalla dottrina italiana avevano al

riguardo evidenziato quasi esclusivamente l’affermazione che all’interno della giurisdizione

tedesca la responsabilità per l’integrazione nell’esercizio delle competenze dell’Unione europea

e la garanzia dell’identità costituzionale della Legge fondamentale nell’ambito di un controllo di

identità doveva essere giustiziabile. Nessun rilievo venne invece generalmente dato ad alcuni

elementi (assunti tuttavia a loro giustificazione e presupposto e che caratterizzano

sostanzialmente quei poteri)25 che avevo ritenuto invece in grado di rappresentare la principale

chiave di lettura per “ricalibrare” e comprendere compiutamente l’intera sentenza26. Lungi dal

21 In ordine al controllo ultra vires, peraltro, la posizione del Tribunale costituzionale federale tedesco era già

stata espressa nella sentenza Maastricht, laddove esso aveva affermato che qualora «le istituzioni o gli organi

europei applicassero o sviluppassero la normativa pattizia in modo non più conforme al Trattato oggetto della

legge tedesca di autorizzazione, i relativi atti non sarebbero vincolanti nella sfera di sovranità tedesca. Agli

organi dello Stato tedesco sarebbe costituzionalmente precluso di dare attuazione a tali atti in Germania»

deducendone conclusivamente un obbligo a proprio carico nel senso che la Corte costituzionale tedesca

«controlla perciò se gli atti delle istituzioni e degli organi europei rispettino o superino i limiti dei poteri sovrani

a questi devoluti», in ANZON, LUTHER, Il Trattato di Maastricht e l’ordinamento tedesco nella sentenza 12

ottobre 1993 del Tribunale costituzionale federale, op. cit., p. 693. 22 In questo senso, anzi, c’è chi ha sostenuto che il Tribunale costituzionale tedesco ha qui formulato un implicito

invito a rivedere i termini del leale dialogo ed accordo tra gentiluomini nell’Unione allargata a ventisette e una

rivendicazione della propria centralità di interprete e custode della Legge fondamentale, e con essa non solo della

forma di governo ma anche della stessa forma dello Stato, anche allo scopo di rispondere all’appello di fermare

la Corte di giustizia lanciato all’interno del dibattito giuspubblicistico tedesco. 23 ASERO, A proposito della sentenza Lisbona del Tribunale federale tedesco: introduzione alla vicenda

processuale, in I Quaderni europei, Luglio 2010, n. 21, in http://www.lex.unict.it/cde/quadernieuropei, p. 10 ss.. 24 ASERO, Alcune note sull’identità europea a proposito della sentenza del BVG sulla ratifica del Trattato di

Lisbona da parte della Germania. L’Unione di Lisbona alla “Corte” della Germania: ancora una notte per la

tela di Penelope europea?, in I Quaderni europei, op. loc. ult. cit., p. 49 ss.. 25 Si veda il p.to 240 della motivazione, rispetto alla cui interpretazione mi consta facesse eccezione solo A. ANZON,

Principio democratico e controllo di costituzionalità sull’integrazione europea nella “sentenza Lissabon” del

Tribunale costituzionale federale tedesco, in Giur. cost., 2009, pp. 5213-5250, la quale, in particolare osservava

come il controllo rivendicato dal Bundesverfassungsgericht anche in ultima istanza non costituisse un’assoluta

novità rispetto alle sentenze Solange II e Maastricht e si presentasse meno dirompente di quanto paventassero i suoi

critici, oltre che meno facilmente azionabile di quanto sembrassero ritenere i suoi propugnatori. 26 In questo senso, mi sia consentito rinviare a ASERO, A proposito della sentenza Lisbona, cit., p. 24, dove in

particolare affermavo che all’interno della ordinaria dialettica tra ordinamento tedesco ed ordinamento europeo,

invece, la regola era icasticamente descritta con l’espressione della Europarechtsfreundlichkeit, formula che la

Corte sceglieva a sintetizzare il valore della scelta costituzionale tedesca di costruire il destino comune

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servire esclusivamente più sottili logiche politiche di rivendicazioni di ruolo e di poteri27

dell’organo tedesco di controllo della costituzionalità, l’identity review e l’ultra vires review

avrebbero potuto avere corso solo quale manifestazione di conformità al principio del favore per

il diritto europeo (individuato attraverso l’introduzione del corrispondente e assai pregnante

neologismo di Europarechtsfreundlichkeit) e in tale direzione solo alle due condizioni che si

fossero riscontrati evidenti sconfinamenti e che non fosse stata conseguibile una tutela

giurisdizionale a livello dell’Unione, evidentemente, presumevo, anzitutto ai sensi dell’art. 263

TUE. Sicché, il Bundesverfassungsgericht avrebbe controllato se gli atti degli organi e delle

istituzioni europee si mantenessero nei limiti dei diritti di supremazia conferiti tramite

attribuzione specifica limitata, rispettando il principio di sussidiarietà del diritto della Comunità

e dell’Unione, solo quando avesse avuto la certezza di trovarsi nella impossibilità di ricevere

quella tutela. Esso avrebbe verificato inoltre se fosse salvaguardato il nucleo sostanziale

intangibile dell’identità costituzionale, competenza che la Corte si affrettava a radicare essa

stessa nel diritto costituzionale ma il cui esercizio era obbligato nella medesima direzione del

principio del favore per il diritto europeo – e per ciò stesso non si sarebbe posta in contrasto con

il principio della leale collaborazione (art. 4, n. 3, TUE-Lisbona)28, quale inteso in un

ordinamento federale come quello tedesco, all’interno del quale è già ben consolidato il principio

dell’Europa che vincola i poteri e organi costituiti e che rappresentava probabilmente una delle direttrici sinora

meno indagate della sentenza Lisbona. 27 Secondo tesi che evidentemente riscrivevano interamente il senso e gli orizzonti del processo di integrazione

politica e giuridica dell’Europa e per le quali si veda VECCHIO, Competenza e gerarchia nella sentenza Lisbona

del Tribunale federale tedesco: verso un diritto costituzionale asimmetrico?, ed ivi la ampia bibliografia citata, in

I Quaderni europei, Luglio 2010, n. 21, p. 93 ss.. 28 In questo senso, la stessa Corte considerava assai significativamente al punto 340 della motivazione della

sentenza Lisbona, e in relazione al discorso sull’inserimento della Germania in quella comunità giuridica di Stati

liberi e pacifici che è l’Unione, che esistono connessioni tra ordini politici che non si articolano in forme

rigidamente gerarchiche, almeno, sottolineava prudentemente il Tribunale di Karlsruhe, se si intenda farne un

uso costruttivo. Sicché il fatto che essa volesse mantenere l’ultima parola della Costituzione tedesca, che è diritto

di un popolo di decidere in modo costitutivo sulle questioni fondamentali della propria identità, e dunque la

stessa possibilità che il legislatore non osservi norme di Trattati internazionali (assumendosi le rispettive

conseguenze nelle relazioni internazionali) non contrasta con l’obiettivo del favore per il diritto internazionale se

solo così si pone rimedio ad una violazione dei principi fondamentali della Costituzione. Solo che si deve

trattare di casi eccezionali e condizioni particolari e strette, come nel caso Kadi, richiamato a testimonianza del

fatto che la stessa Corte di giustizia europea vi ha argomentato analogamente. Una eventuale pronuncia del

Tribunale di Karlsruhe di inapplicabilità in Germania di norme di diritto dell’Unione a queste condizioni non

presenta allora alcuna contraddizione con l’obbiettivo del favore per il diritto europeo, vale a dire con la

partecipazione della Germania alla realizzazione dell’Europa unità, secondo le prescrizioni del Preambolo e

dell’art. 23, n. 1, comma 1, della Legge fondamentale.

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costituzionale della Bundestreue29 o, per l’appunto, di lealtà federale e leale collaborazione

(positivizzato nell’ordinamento europeo nella disposizione dell’art. 4, n. 3, TUE).

Era insomma già allora una Corte che non manifestava affatto l’intenzione di andare oltre

la forma e la sostanza della lettera dei Trattati30. Tanto che sembrava ancora una volta, al di là

dell’imprevedibilità delle dinamiche politiche degli sviluppi futuri del processo di integrazione

europea, e a richiamare un proverbiale detto in cui si manifesta la saggezza popolare, che can

che abbaiava non intendesse mordere ...31 E si pensi infine, per concludere sul punto, che la

29 Principio la cui prima formulazione risale a SMEND, Unterschriebenes Verfassungsrecht in monarchischen, in ID.,

Staatrechtliche Abhandlungen, Berlino 1968, p. 39 ss., saggio dedicato al diritto costituzionale non scritto nello

Stato federale monarchico. In analoga direzione, LUTHER, Il trattato di Lisbona trattato a Karlsruhe: just law in the

books?, in AA.VV., Relazioni ed interventi al seminario di Astrid su “La sentenza del Bundesverfassungsgericht

sulla costituzionalità del Trattato di Lisbona e i suoi effetti sulla costruzione dell’Unione europea”, Roma 21

settembre 2009, disponibile sul sito http://www.astrid-online.it/Riforma-de/Documenti/Corte-cost/La-

sentenz/Relazioni_Seminario-BVG_21_09_09.pdf, p. 111, il quale osserva dapprima che «a qualcuno diffidente

potrebbe suonare nell’orecchio come “amici come prima” e a qualcun altro cinico come “freundlich, aber

unverbindlich”, “amichevole, ma senza vincolo”», ma poi prosegue osservando altresì che «per evitare le diffidenze

e i cinismi, meglio intendere l’amicizia come un dovere non meramente etico, ma, in senso giuridico, come dovere

di essere favorevoli allo sviluppo dell’integrazione nei limiti, solo eccezionali, che pone a tutti il nostro dovere di

garantire l’identità costituzionale, di essere civilmente e costituzionalmente insieme europei e tedeschi, italiani,

francesi ecc. ... »; e infine conclude: «Non so se questa sia l’intenzione del giudice costituzionale, ma non vi è

dubbio che il concetto di Europarechtsfreundlichkeit può essere più costruttivo della conservazione terminologica

di quello di Staatenverbund messo in prima vista nella vetrina delle massime», invitando altresì a non dimenticare

«la lezione di Smend secondo cui esiste anche una Bundesfreundlichkeit nel diritto costituzionale tedesco, qualcosa

di sostanziale e non falsamente formale, di costituzionalmente più elaborato rispetto all’antica lealtà federale». Lo

stesso A., osserva che «Il nuovo termine Europarechtsfreundlichkeit è un neologismo che sembra derivato dalla

terminologia giusinternazionalista della “Völkerrechtsfreundlichkeit” (cfr. BLECKMANN, Der Grundsatz der

Völkerrechtsfreundlichkeit in der deutschen Rechtsordnung, in DÖV, 1996, p. 137 ss.) nella quale riecheggia

l’elemento della “gentilezza”. Potrebbe avere radici anche nel principio giuspubblicistico della

“Bundesfreundlichkeit”, rielaborazione smendiana del concetto della “Bundestreue” (cfr. BAUER, Die Bundestreue,

Tübingen, 1992, p. 139) a cui si ricollega il principio della “leale collaborazione”. Viene tradotto nella traduzione

semiufficiale inglese come “openness”, cioè “apertura”, verso il diritto comunitario. “Apertura” tuttavia è

ritraducibile con “Offenheit” e termine utilizzato nella produzione scientifica del giudice relatore Di Fabio. Essendo

la versione più letterale “amichevolezza/amicabilità” riferibile invece a persone e ritraducibile piuttosto come

“Freundschaftlichkeit”, si preferisce il termine più generico di “favore” inteso come preferenza applicativa», in ID.,

Traduzione della sentenza del Bundesverfassungsgericht, secondo senato, del 30 giugno 2009, sul Trattato di

Lisbona, in www.associazionedeicostituzionalisti.it/giurisprudenza/cortistraniere1/tedesca/KarlsruheLisbona.pdf. 30 In direzione analoga, ANZON, Principio democratico, cit., pp. 5213-5250, la quale rileva che: «in questo

quadro, la rivendicazione del Bundesverfassungsgericht si può leggere piuttosto che come espressione di

propositi bellicosi, come manifestazione dell’intenzione dello stesso Tribunale di assumere un ruolo meno

passivo ed estraneo rispetto al processo di integrazione, un implicito invito agli organi e istituzioni dell’Unione a

prestare maggiore attenzione ai confini delle proprie competenze e – al pari che per la tutela dei diritti

fondamentali – un tacito appello alla Corte di Giustizia ad esercitare una maggiore riflessione e ponderatezza in

tema di rapporti tra diritto europeo e diritti nazionali e all’esercizio del self-restraint necessario a rispettare e far

rispettare il quadro delle competenze ragionevolmente riconducibili al Trattato secondo i criteri di

interpretazione comuni nella tradizione costituzionale degli Stati membri». 31 Osserva ANZON, Principio democratico e controllo di costituzionalità, op. ult. cit., che un ridimensionamento

della portata del problema può trarsi dalla considerazione della giurisprudenza del Tribunale che evidenzia un

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interrelazione tra ultra vires review e identity review ulteriormente sottolineava la necessità di

un continuo dialogo tra Corti, quale evidenziato dal fatto che un atto che leda l’identità

costituzionale della Legge fondamentale tedesca, e con essa lo stesso art. 4, n. 2, TUE, non può

non essere insieme un evidente sconfinamento nell’esercizio delle competenze europee (come il

minore nel maggiore), che in quanto tale può trovare tutela giurisdizionale a livello dell’Unione.

Vale a dire proprio presso la Corte di giustizia, la tutela giurisdizionale della quale esclude,

secondo quanto affermato dallo stesso Tribunale costituzionale tedesco, la possibilità-necessità

di un analogo giudizio del Bundesverfassungsgericht32.

Due soli ordini di problemi mi erano sembrati rimanere aperti nella sentenza Lisbona33: la

soglia dell’evidenza degli sconfinamenti oltre la quale in concreto si doveva ritenere azionabile

la competenza della Corte costituzionale di accertare l’inapplicabilità degli atti di istituzioni ed

organi europei nell’ordinamento tedesco e il presupposto dell’impossibilità di ricevere tutela

giurisdizionale da parte dell’Unione – presupposto in ordine al quale avevo ritenuto peraltro

atteggiamento di prudenza dello stesso rispetto al diritto europeo e ai dicta della Corte, come attestano «innanzi

tutto la ricordata sospensione del (o rinuncia condizionata al) proprio controllo sugli atti comunitari per il

rispetto dei diritti fondamentali a favore della stessa Corte, proclamata con la sentenza “Solange II” del 1986 e

sempre confermata. Un segnale nella stessa direzione proviene poi da alcune importanti decisioni adottate dopo

la prima (e già per alcuni allarmante) rivendicazione di un controllo sugli atti ultra vires da parte della “sentenza

Maastricht”, le quali rassicurano sulla prudenza e sulla volontà del Bundesverfassungsgericht di evitare contrasti

con il Giudice europeo: mi riferisco in partic. alle pronunzie sull’organizzazione europea del mercato delle

banane e sul mandato d’arresto europeo. Insomma, si può plausibilmente ritenere che il Tribunale costituzionale

tedesco non abbia in programma di fare uso quotidiano del suo controllo, e che, eventualmente, lo riserverebbe a

casi estremi, o addirittura di scuola». Da una prospettiva diversa muove il c.d. Appello dei trenta giuristi (tra i

quali spiccano autori come PERNICE e MAYER, difensori della costituzionalità del trattato davanti alla Corte), in

www.whi-berlin.de, nel quale si chiede di introdurre con legge costituzionale l’obbligo di rinviare

pregiudizialmente alla Corte di giustizia l’atto europeo contestato e attenersi nell’ordinamento tedesco

all’interpretazione che questa ne dia. È evidente infatti trattarsi di una posizione che ritiene di indicare in tale

modo una via d’uscita a quell’impasse in cui si troverebbe il dibattito tedesco sul tema dell’opportunità di

contrastare la recente progressione della giurisprudenza europea della Corte di giustizia, il cui punto critico più

alto è nel già citato invito contenuto nell’articolo di HERZOG e GERKEN, nella direzione di una renovatio del

dialogo tra le due Corti, secondo gli auspici già formulati a Maastricht e poi nella giurisprudenza Solange I e II e

della pronuncia sull’organizzazione del mercato delle banane. 32 Confermando l’intrecciarsi continuo di ambiti funzionali e competenze reciproche in nome di una Unità che

non riduce (né potrebbe farlo nella attuale permanente signoria dei Trattati degli Stati membri) ma al contrario

valorizza la diversità della molteplicità di identità politiche e costituzionali nazionali quali espresse per ciascuna

nella unitarietà degli ordinamenti giuridici rispettivi. Senza, mi sembra, per ciò porre dunque, almeno sul piano

teorico, univoche premesse per una deriva del diritto europeo nella direzione di un nuovo paradigma

costituzionale a cui fondamento si ponga l’idea dell’asimmetria – quale può trovare supporto in una certa lettura

dei centomila volti della sussidiarietà che sia strumentale all’affermazione del livello di governo statuale tanto in

ordine ai rapporti con l’Unione che con gli enti esponenziali delle comunità politiche infra statuali (e dunque in

chiave funzionale, una volta in senso ascendente e l’altra in senso discendente). 33 ASERO, Alcune note, cit., pp. 78-79.

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verosimile che una prossima giurisprudenza costituzionale della Corte tedesca avrebbe potuto

dare chiarezza interpretativa34, magari proprio con l’attesa sentenza sul caso Honeywell.

Riprendendo il filo di quanto già affermato nella pronuncia Lisbona, con la pronuncia

sul caso Honeywell la Corte tedesca ha segnalato anzitutto che la vigenza del principio di

attribuzione comporta sia il riconoscimento del primato del diritto europeo, ormai previsto

nella stessa Dichiarazione n. 17 allegata al TUE; sia la competenza della Corte costituzionale

a sindacare gli atti di istituzioni ed organi europei per verificare se essi eccedano in modo

evidente le competenze attribuite o le esercitino in modo da ledere l’ambito intrasferibile

dell’identità costituzionale. Le novità della sentenza Honeywell cominciano invece con la

chiara esplicitazione della continuità e del coordinamento tra le supreme istanze

giurisdizionali dell’ordinamento europeo e dell’ordinamento nazionale (tedesco): il dovere

della Corte costituzionale federale di pronunciarsi sui motivi di ricorso inerenti il compimento

di atti ultra vires deve essere esercitato in modo coordinato con il compito convenzionalmente

rimesso alla Corte di giustizia di interpretare e applicare i Trattati, garantendo così

l’uniformità e la coerenza del diritto dell’Unione35. In altre parole, poiché la stessa Corte di

giustizia nasce dall’accordo degli Stati sulla struttura da dare all’ordinamento europeo; e

poiché le sue funzioni comportano una consapevole assunzione di responsabilità degli Stati

membri, che ne garantiscono la possibilità di esercizio rinunciando alla corrispondente

porzione di sovranità necessaria, ne consegue che ogni Stato membro non può arrogarsi il

diritto di pronunciarsi attraverso le proprie istanze giurisdizionali sulla validità degli atti

dell’Unione giacché così potrebbe praticamente vanificare il primato del diritto dell’Unione e

mettere in pericolo l’uniforme applicazione dello stesso. D’altra parte, neppure gli Stati

membri possono rinunciare al sindacato sugli atti ultra vires senza altrimenti rimettere il

controllo sul fondamento convenzionale del diritto dell’Unione agli organi della stessa

lasciando campo libero anche ad eventuali interpretazioni che conducessero ad una

sostanziale modifica dei Trattati o ad un’estensione delle competenze.

Quanto ai casi di evidente sconfinamento delle competenze, che la Corte sottolinea

34 Particolarmente in ordine all’interrogativo se la Corte costituzionale tedesca fosse obbligata ad effettuare il

rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ovvero potesse giudicare a prescindere dall’avere proceduto ad

effettuare essa stessa un tale rinvio. 35 Così il punto 56 della motivazione.

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rappresentare casi limite oltretutto qualificati anche dalla rarità, si tratta della conseguenza

dell’assunto fondamentale della sentenza Lisbona: la soglia dello Stato federale non è stata

superata e gli Stati membri sono rimasti i padroni dei Trattati. Per tali eventualità in cui non c’è

una piena armonizzazione della prospettiva del diritto costituzionale e di quella del diritto

dell’Unione, la Corte prescrive però assai significativamente che le tensioni debbano essere

risolte con lo spirito di collaborazione che contraddistingue l’idea di integrazione europea e

disinnescate mediante un atteggiamento di reciproca attenzione36. Questo importa, per quanto

riguarda la Corte tedesca e a conferma di quanto già affermato nella sentenza Lisbona, che il

controllo sugli atti ultra vires può essere esercitato solo in modo (dunque è costituzionalmente

legittimo solo se esercitato in modo) amichevole nei confronti del diritto dell’Unione37. Qui la

Corte sceglie di chiarire ulteriormente la propria posizione in ordine all’orizzonte di significato

entro cui avrebbe dovuto collocarsi un esercizio Europarechtsfreundlichkeit della propria

competenza di controllo, chiarimento che si giustifica ed è stato per così dire indirettamente

sollecitato ulteriormente proprio dalla limitata comprensione del pur non oscuro disegno

abbozzato con la sentenza Lisbona. Dopo avere premesso che l’ordinamento della Repubblica

Federale di Germania riconosce e garantisce il primato di applicazione del diritto dell’Unione e

che pertanto l’esercizio del sindacato della Corte sugli atti ultra vires e sull’intangibile nucleo di

contenuto dell’identità costituzionale deve essere moderato ed amichevole nei confronti del

diritto dell’Unione38, nel paragrafo successivo essa precisa cosa ciò praticamente implichi, vale

a dire cosa voglia dire un esercizio moderato ed amichevole nei confronti del diritto dell’Unione

di tali propri poteri – solo così costituzionalmente legittimi. Ebbene: la Corte costituzionale ha il

dovere in linea di principio di considerare le decisioni della Corte di giustizia come

interpretazione vincolante del diritto dell’Unione. Per questa ragione, e superando così dicendo

un altro degli interrogativi che avevo ritenuto emergere dalla lettura del testo della sentenza sul

Trattato di Lisbona, si deve dare alla Corte di giustizia la possibilità di pronunciarsi

sull’interpretazione dei Trattati nonché (in attuazione del già richiamato presupposto circa la

impossibilità di conseguire una tutela giurisdizionale a livello dell’Unione, previsto nella

sentenza Lisbona per l’operare del controllo della Corte tedesca) sulla validità e

36 In questo senso il punto 57 della motivazione. 37 Secondo le affermazioni contenute nel punto 58 della sentenza. 38 Così il punto 59.

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sull’interpretazione dell’atto in questione prima di accertare il compimento di un atto ultra vires

da parte di istituzioni ed organi europei. In assenza di tali presupposti, precisa categoricamente

la Corte, essa stessa non potrà accertare l’inapplicabilità del diritto dell’Unione per la Germania.

L’altro interrogativo che avevo avuto modo di sollevare in ordine alla pronuncia

Lisbona atteneva la soglia dell’evidenza, che sola avrebbe potuto consentire alla Corte di

azionare la propria competenza di controllo. Ebbene, la sentenza Honeywell è stata

l’occasione per la Corte per specificare anche in questa direzione la propria actio finium

regundorum tra le Corti … La violazione del principio delle competenze attribuite è evidente

soltanto quando istituzioni e organi europei oltrepassino i confini delle proprie competenze in

un modo specificamente lesivo del principio delle competenze attribuite (ai sensi dell’art. 23,

n. 1, della Costituzione tedesca) o, in altre parole, quando l’infrazione delle competenze sia

sufficientemente qualificata (qui la Corte richiama la propria giurisprudenza sull’espressione

“sufficientemente qualificata” come elemento costitutivo del diritto dell’Unione in materia di

garanzia39). In definitiva, dunque, la violazione delle competenze deve essere evidente e l’atto

che la pone deve rivestire una notevole importanza sotto il profilo della ripartizione delle

competenze tra Stati ed Unione40, in considerazione del principio delle competenze attribuite

39 Sentenza 10 luglio 2003, in causa C-472/00 P, Fresh Marine, in Raccolta, p. I-7541, punto 26 s. Diversamente

argomenta il giudice Landau nella dissenting opinion riportata in calce alla decisione del Tribunale costituzionale

federale, in particolare al punto 95: «La maggioranza della sezione esagera i requisiti per l’accertamento di atti

ultra vires compiuti dagli organi comunitari e dell’Unione da parte della Corte costituzionale, distaccandosi così

senza validi motivi dalla sentenza della sezione in merito al Trattato di Lisbona». 40 Quanto alla decisione del ricorso promosso dalla società Honeywell, la Corte costituzionale tedesca

ricostruisce preliminarmente il quadro normativo e processuale nel quale si inserisce lo stesso. Essa ricorda in

particolare (punto 33) come la Corte federale tedesca del lavoro avesse stabilito con la sentenza del 26 aprile

2006 che la disposizione dell’art. 14, n. 3, comma 4 della legge sul lavoro a tempo parziale e sui contratti a

tempo determinato fosse incompatibile con il diritto comunitario e pertanto non potesse essere applicata dai

tribunali nazionali. Tale conclusione era dedotta dalla decisione della Corte di giustizia sul caso Mangold, la

quale, nell’interpretare il diritto comunitario a seguito di rinvio pregiudiziale, l’aveva doppiamente motivata

riconoscendo nella disposizione ad essa sottoposta una violazione dell’obiettivo della direttiva 2000/78/CE e una

violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età fondato su principi generali del diritto comunitario.

Ora, il Tribunale di Karlsruhe osserva nella motivazione che non è possibile riconoscere una lesione

sufficientemente qualificata del principio delle competenze attribuite ad opera della Corte di giustizia (p.to 71).

Né l’ampliamento dell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78/CE a casi che dovrebbero tendere al

riassorbimento di disoccupati di lungo periodo, né l’anticipazione degli effetti della direttiva 2000/78/CE, ancora

non recepita in Germania, che la Corte di giustizia ha inteso riconoscere, né la derivazione di un principio

generale di divieto di discriminazione in base all’età hanno condotto ad una modifica significativa delle

competenze a danno degli Stati membri. E questo, in partic., anche se può essere contestato alla Corte di

giustizia l’avere derivato il divieto di discriminazione in ragione dell’età dalle tradizioni costituzionali comuni

agli Stati membri (mancandone la citazione in un numero significativo di esse), dal momento che non sarebbe

comunque da una integrazione del diritto per via giurisprudenziale che non istituisca un nuovo ambito di

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e del principio di legalità che caratterizza lo stato di diritto41.

Infine, il Tribunale costituzionale federale passa a definire i confini di una legittima

attività interpretativa della Corte di giustizia, definizione che è propedeutica a quanto detto sul

presupposto (di una pronuncia della stessa tanto in ordine alla interpretazione dei Trattati che

alla validità ed interpretazione dell’atto del quale si intende questionare) necessario a che la

Corte costituzionale possa azionare il proprio potere di controllo. Il compito assegnato alla

Corte di giustizia, di salvaguardare il diritto nell’interpretazione e applicazione dei Trattati,

non comporta una preclusione rispetto all’esercizio di un’attività di integrazione del diritto

tramite una giurisprudenza metodicamente vincolata. La Corte costituzionale tedesca

sottolinea anzi come essa abbia costantemente riconosciuto tale facoltà e come la stessa non

confligga con il principio delle competenze attribuite né con la struttura di associazione di

Stati che caratterizza l’Unione, ed anzi si pone a servizio delle stesse potendo contribuire a

una limitazione delle competenze relative ai poteri regolamentari del legislatore europeo in

sintonia con la responsabilità fondamentale conferita agli Stati membri dai Trattati42.

D’altra parte, però, il diritto di natura giurisprudenziale non rappresenta una legislazione

che gode di margini di libertà politici; essa si deve invece conformare alle disposizioni della legge

o dei Trattati internazionali, nei quali trova i propri fondamenti e insieme i propri limiti. Pertanto,

l’integrazione del diritto per via giurisprudenziale deve essenzialmente derivare dalla necessità di

adempiere programmi, colmare lacune, risolvere divergenze di valutazione o prendere in

considerazione particolari circostanze; viceversa, essa eccede tali limiti se crea nuove norme senza

sufficienti collegamenti con disposizioni giuridiche e soprattutto finisce per costituire un

fenomeno inaccettabile quando, al di là del singolo caso, tocca decisioni politiche fondamentali o

determina una modifica strutturale nel quadro costituzionale di distribuzione dei poteri. Non basta

questo a definire il campo d’azione dell’attività di controllo (degli atti ultra vires e del nucleo di

contenuto intangibile dell’identità costituzionale) della Corte costituzionale tedesca. Limite

competenza dell’Unione a danno degli Stati membri né allarghi un ambito di competenza già esistente in modo

tale da configurare un nuovo ambito di competenza. 41 Sul punto, la Corte richiama tra gli altri: ISENSEE, Vorrang des Europarechts und deutsche

Verfassungsvorbehalte – offener Dissens, in BURMEISTER (a cura di), Verfassungsstaatlichkeit. Festschrift für

Klaus Stern, Beck, München, 1997, p. 1239 ss.: «“in caso di estreme ed evidenti infrazioni delle competenze”»;

I. PERNICE, Art. 23, in DREIER, Kommentar zum Grundgesetz, vol. II, Mohr Siebeck, Tübingen, 2006, p. 359 ss.:

«“importante, evidente e generale”». 42 Si veda sul punto il punto 62 della motivazione.

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fondamentale è il principio di attribuzione quale tratto di una struttura organizzativa fortemente

federalistica e cooperativa e che sotto molti versi è analoga ad uno Stato ma tuttavia non ha (ad

oggi) le caratteristiche di uno Stato federale. Ne consegue che le autorizzazioni generali e la

facoltà di attribuirsi ulteriori competenze, determinando di fatto il passaggio della competenza

sulla competenza all’ordinamento europeo, minerebbero la responsabilità per l’integrazione che la

Costituzione conferisce agli Stati membri. Qui, la Corte compie un ultimo passaggio del proprio

ragionamento, che segnala e approfondisce ulteriormente il proprio atteggiamento amichevole nei

confronti del diritto europeo. Anzitutto, essa afferma che per quanto il conflitto con il principio

delle competenze attribuite e con esso la lacerazione del principio della responsabilità per

l’integrazione è particolarmente grave in caso di estensioni arbitrarie delle competenze che

interessano campi specifici afferenti all’identità costituzionale degli Stati membri o che dipendono

in modo sostanziale da processi democratici interni agli Stati membri, tali esempi non esauriscono

la casistica43. Subito dopo, precisa che se non è danneggiato il principio dell’integrazione

sopranazionale, il controllo sugli atti ultra vires deve essere esercitato con moderazione,

specificando che in ogni caso devono essere salvaguardati i compiti e la posizione della

giurisprudenza indipendente sovranazionale dal momento che una censura finisce per giudicare

anche un’interpretazione del diritto da parte della Corte di giustizia.

Che vuole dire la Corte parlando, a proposito della definizione del proprio self restraint,

di un tale dovere di salvaguardia?

Anche in tal senso la Corte è esplicita: in primo luogo, ciò vuol dire che devono essere

rispettati i metodi di accertamento del diritto propri dell’Unione, ai quali la Corte di giustizia

si ritiene vincolata e che tengono in considerazione le “peculiarità” dei Trattati e dei loro

compiti specifici.

In secondo luogo, ed anche questa è una novità di grande rilievo, essa intende sostenere

che la Corte di giustizia ha diritto ad una tolleranza degli errori. Per questa ragione, la Corte

costituzionale tedesca non è chiamata a sostituire la propria interpretazione a quella della

Corte di giustizia nelle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione che danno vita a

divergenze all’interno di un metodico ragionamento giuridico. Al contrario, essa deve

accertare tutte quelle interpretazioni dei Trattati che non importino una modifica (che

43 Per tali considerazioni, si veda il punto 65.

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comunque deve essere qualificata, come si è già segnalato, dal carattere della significatività)

della distribuzione delle competenze e restino confinati a casi singoli e non comportino effetti

negativi su diritti fondamentali oppure non si oppongono a una compensazione a livello

nazionale di tali effetti. Pure non volendo dimenticare le diverse argomentazioni del giudice

Landau nella dissenting opinion riportata in calce alla decisione del Tribunale costituzionale

federale, nelle quali si sottolinea che la maggioranza della sezione esagera i requisiti per

l’accertamento di atti ultra vires compiuti dagli organi comunitari e dell’Unione da parte della

Corte costituzionale e per tale via finisce per distaccarsi senza validi motivi dalla sentenza

Lisbona44, la proposta di orizzonti di partecipazione costituente del popolo tedesco a

legittimare democraticamente nuove forme dell’integrazione tra diversità nazionali che diano

vita ad una superiore unità politica e giuridica europea, testimoniavano al meglio l’autentica

(contestuale) prospettiva di Europarechtsfreundlichkeit, già presente nella pronuncia sul

Trattato di Lisbona a tracciare il nuovo equilibrio tra primazia del diritto dell’Unione e

supremazia delle Costituzioni nazionali e (tra identity review e ultra vires review) ad attestare,

nel più alto punto di equilibrio della pronuncia Lisbona, la disponibilità a riconoscere alla fine

di quel processo perfino un’eventuale supremazia alla Corte di giustizia europea45 . E già a

Karlsruhe altri significativi passi sono stati compiuti46...

44 In partic. al p.to 95. 45 ASERO, Alcune note sull’identità europea a proposito della sentenza del BVG, cit., pag. 83: La posizione di

leale collaborazione del Tribunale costituzionale federale, la sua Europarechtsfreundlichkeit, è infatti

inequivocabilmente attestata proprio dal suo promuovere un uso del potere costituente (pure nella particolare e

problematica declinazione che di esso fa propria l’ordinamento costituzionale tedesco) atto a risolvere l’impasse

del processo di integrazione europea e indirizzare la Repubblica federale tedesca verso i nuovi orditi di uno stato

federale europeo e di un regime parlamentare con competenze democratiche positive per il Parlamento europeo

che contenga una piena autonomia costituzionale e la stessa competenza sulla competenza. Da un lato,

riprendendo la posizione della dottrina tedesca dominante, ciò costituisce il campo di applicazione più

significativo e rilevante dell’art. 146 Grundgesetz; dall’altro, è significativo di uno spirito di sacrificio dello

stesso organo di giustizia costituzionale tedesco, nella consapevolezza che in tale modo si percorre la via del

complessivo trasferimento dei diritti di sovranità (dei quali solo si conferma la indisponibilità da parte del

legislatore di revisione costituzionale tedesco) e della rinuncia alla possibilità di denuncia dei trattati, oltre che

del venire meno dello stesso valore delle pronunce (e del ruolo) del Bundesverfasungsgericht. 46 Assai significativo appare in questo senso anche il ragionamento che la Corte sviluppa nella sentenza del

secondo Senato della Corte costituzionale tedesca (composto dai Giudici: Voßkuhle, Lübbe-Wolff, Huber, Di

Fabio, Gerhardt, Mellinghoff, Landau, Hermanns) sulla costituzionalità della disciplina tedesca in materia di

carcerazione preventiva, pubblicata il 4 maggio 2011. Vale la pena richiamarne qui anzitutto il ragionamento

argomentativo che la Corte compie al p.to 89 della sentenza, secondo il quale, dinanzi all’efficacia quanto

meno fattuale di precedente delle decisioni delle Corti internazionali, il Grundgesetz vuole evitare, per

quanto è possibile, conflitti tra gli obblighi internazionali della Repubblica Federale Tedesca e il diritto

nazionale. Il principio del favor nei confronti del diritto internazionale (Völkerrechtsfreundlichkeit) è così

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3. Da Karlsruhe a Brno: la faida di potere delle Corti ceche nel caso

Landtovà e la rilettura dei controlimiti della Corte costituzionale ceca nella

sentenza Holubec

Se per anni la cosiddetta questione delle pensioni slovacche era rimasta del tutto

sconosciuta al resto d’Europa47, i suoi più recenti sviluppi hanno ormai conferito alla stessa

una piena notorietà per la posizione ed il significato che la stessa ha assunto all’interno del

dibattito sullo stato dell’Unione europea, e con esso delle dinamiche integrative (e dis-

integrative) politiche e più prettamente giuridiche interne agli ordinamenti nazionali e tra

questi e l’ordinamento europeo. D’altra parte, nonostante il diffuso interesse che essa ha

suscitato nella dottrina continentale a partire dall’inizio di quest’anno, sembra qui opportuno

richiamare i momenti principali della stessa onde favorire una piena comprensione della

vicenda anche da parte del lettore meno esperto.

A seguito della dissoluzione della Repubblica federale Ceca e Slovacca, avvenuta il 31

dicembre 1992, la successiva nascita dei due distinti stati della Repubblica ceca e della

Repubblica slovacca ha prodotto l’esigenza di regolare, tra l’altro, la materia della previdenza

sociale, coordinando una serie di aspetti inerenti le prestazioni previdenziali per le persone che

avessero un legame con entrambi gli Stati48. Con un Trattato bilaterale49, si è perciò concordato

espressione di una concezione della sovranità, che non solo non si contrappone all’inserimento in contesti

inter- e sovranazionali, nonché all’ulteriore sviluppo di questi ultimi , bensì li presuppone e li richiede. Sotto

questo profilo, anche «l’ultima parola» della Costituzione tedesca non si frappone ad un dialogo

internazionale ed europeo delle Corti, bensì ne costituisce il suo fondamento normativo. In particolare, come

chiaramente è evidenziato nel press release, il numero 31 del 2011, la decisione è basata su una

interpretazione della Legge fondamentale aperta al diritto internazionale: è vero, dunque, che «at national

level, the European Convention on Human Rights ranks below the Basic Law. However, the provisions of

the Basic Law are to be interpreted in a manner that is open to International law (völkerrechtsfreundlich).»

sicché tanto il testo della Convenzione che i case-law della Corte europea per i diritti umani servono come

ausilio nell’interpretazione dei contenuti e dello scopo dei diritti fondamentali e dei principi dello Stato di

diritto inscritti nella Legge fondamentale. La conclusione che la Corte ne deriva è che «An interpretation

that is open to International law does not require the Basic Law’s statements to be schematically aligned

with those of the European Convention on Human Rights but requires its valuations to be taken on to the

extent that this is methodically justifiable and compatible with the Basic Law’s standards». 47 In questo senso, ZBÍRAL, A legal revolution or negligible episode? Court of Justice decision proclaimed ultra

vires, op. cit., p. 1, scrive a proposito della pronuncia della Corte costituzionale ceca che ha dichiarato la natura

ultra vires della pronuncia della Corte di giustizia sul caso Landtovà, che: «Even more astonishing is the fact that

the decision was triggered by an issue which was until now completely unknown in the rest of Europe». 48 La competenza in materia di pensioni era infatti affidata dall’ordinamento cecoslovacco alla Federazione, e

questo, come ricorda ZBÍRAL, A legal revolution or negligible episode? Court of Justice decision proclaimed

ultra vires, cit., p. 2, si fondava su «a pay-as-you-go pension system, [sicché] there were no funds to be

divided, the only issue was who will cover the pensions of existing and future pensioners».

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che il criterio di collegamento per la determinazione dello Stato e l’autorità responsabile della

copertura dell’intero o della porzione di pensione maturata nel periodo cecoslovacco (dunque

fino al 31 dicembre 1992)50 fosse quello della residenza del datore di lavoro51. La conseguenza

immediata determinata da tale accordo è stata che i cittadini cechi i quali lavorassero all’epoca

per datori di lavoro residenti nel territorio dell’attuale Repubblica slovacca sono stati sottoposti

al regime slovacco piuttosto che essere assoggettati alla normativa ed alla competenza degli enti

di previdenza sociale previste dall’ordinamento ceco52. Successivamente, però, a causa del

diverso tasso di sviluppo economico nei due Paesi negli anni che sono seguiti alla dissoluzione

della Repubblica federale Ceca e Slovacca, e della conseguente forbice nei livelli di benefici

sociali riconosciuti dai rispettivi sistemi previdenziali, quella disciplina giuridica pattizia ha

prodotto l’insorgere di svariate controversie dal momento che, a parità di retribuzione salariale,

notevoli svantaggi derivavano a livello di trattamento pensionistico esclusivamente in ragione

del luogo di residenza nominale del datore di lavoro a carico di cittadini cechi che magari

avevano lavorato per tutta la vita su suolo ceco. Da tale consistente contenzioso ha preso origine

una giurisprudenza della Corte costituzionale che affonda le radici abbastanza lontano nel

tempo, anzitutto in una pronuncia che risale ad epoca precedente l’adesione della Repubblica

ceca all’Unione europea53, e si è progressivamente consolidata fino a costituire il punto di

49 Smlouva mezi C¡eskou republikou a Slovenskou republikou o sociálním zabezpec¡ení [Agreement between

the Czech Republic and Slovak Republic on social security], firmato il 29 Ottobre 1992. Il testo è disponibile

all’indirizzo http://www.mpsv.cz/files/clanky/1542/smlouva_slovensko.pdf. 50 I periodi successivi a quella data sono regolati ai fini pensionistici dalle rispettive legislazioni dei due Stati ai

sensi dell’art. 11, comma 1, del Trattato. 51 In questo senso, l’art. 20 della Convenzione prevede: «i periodi di assicurazione acquisiti prima della data di

dissoluzione della Repubblica federale ceca e slovacca (…) sono considerati periodi di assicurazione nello Stato

contraente nel cui territorio, alla data della scissione della Repubblica federale ceca e slovacca o da ultimo prima

di tale data, aveva sede il datore di lavoro». 52 Il dato normativo di riferimento è contenuto nell’art. 30 della Carta dei diritti e delle libertà fondamentali della

Repubblica ceca, il quale stabilisce che «i cittadini hanno diritto ad un’adeguata sicurezza materiale in vecchiaia

e in caso di incapacità lavorativa, nonché in caso di decesso del capo famiglia» e nell’art. 28 della legge n.

155/1995 sulle pensioni, che a sua volta recita: «l’assicurato ha diritto ad una pensione di vecchiaia, qualora

abbia maturato il necessario periodo di assicurazione e abbia raggiunto l’età prescritta, o eventualmente soddisfi

gli ulteriori requisiti previsti da questa legge». 53 In particolare, sentenza 3 giugno 2003, n. II. ÚS 405/02, come segnala nelle conclusioni presentate il 3 marzo

2011 per la Causa C-399/09 l’Avvocato generale Pedro Cruz Villalón, in

http://www.lex.unict.it/eurolabor/documentazione/altridoc/conclusioni/c399-09.pdf , pag. 15 (nota 4) – la stessa

Corte costituzionale nella sentenza Pl. ÚS 5/12 del 31 gennaio 2012 ricorda come allo stesso filone appartenga

anche la sentenza ÚS 4/06, che il ricorrente sig. Karel Holubec aveva richiamato nel suo ricorso amministrativo.

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riferimento54 per la posizione della Corte nella sentenza Pl. ÚS 5/12 del 31 gennaio 2012 sul

caso Holubec che, pronunciando sul XVII caso sulle pensioni slovacche portato innanzi al

Giudice della costituzionalità ceco, è giunta a confermare l’esistenza dello yeti, per riprendere le

parole di una dottrina già citata55, dichiarando (tra l’altro) la natura ultra vires della pronuncia

della Corte di giustizia sul caso Landtovà56.

3.1

Come ampiamente noto, con la pronuncia nella causa C-399/09 del 22 giugno 2011 la Corte

di giustizia ha risolto la questione pregiudiziale propostale dal Nejvyšší správní soud (Corte

amministrativa suprema della Repubblica ceca) e con essa il dubbio sulla correttezza

54 Nella sentenza n. III. ÚS 252/04 del 25 gennaio 2005, la Corte costituzionale ceca ha affermato che l’art. 20, n.

1, della Convenzione dovesse essere interpretato ed applicato nel senso che: «laddove un cittadino della

Repubblica ceca soddisfi i requisiti di legge per avere diritto ad una prestazione e, in base alla legislazione

nazionale (ceca) l’importo di quanto dovuto sarebbe più elevato dell’importo spettante in base al diritto derivante

dalla Convenzione [cecoslovacca], spetta [all’istituto previdenziale ceco] garantire l’erogazione di un trattamento

pensionistico avente un importo corrispondente all’importo più elevato dovuto in base alle disposizioni

nazionali, ossia decidere di integrare la pensione erogata dall’altra parte, tenendo presente l’importo della

pensione percepita a norma della Convenzione [cecoslovacca] dall’altra parte del trattato, affinché non si giunga

alla duplice erogazione di due pensioni dello stesso tipo, accordate da due [enti previdenziali] diversi». 55 Vedi supra alla nota 15. 56 Caso anch’esso del tutto ignoto a tutto il resto d’Europa come la stessa questione sulle cosiddette pensioni

slovacche sino al momento della decisione della Corte costituzionale ceca sul ricorso di Karel Holubec. In breve:

la sig.ra Marie Landtovà, cittadina ceca, ha lavorato nel territorio dell’ex Repubblica federale ceca e slovacca tra

il 1964 e il 31 dicembre 1992, data della dissoluzione e successiva scissione della Cecoslovacchia;

successivamente, ella è stata occupata nel territorio della Repubblica slovacca fino al 31 agosto 1993 e infine si è

trasferita nella Repubblica ceca fino alla data del pensionamento. Nel 2002 l’istituto previdenziale slovacco ha

accordato alla signora una pensione di invalidità parziale in considerazione dei periodi contributivi tra il 1964 ed

il 31 agosto 1993, sulla base del Trattato bilaterale sulla previdenza sociale. Nel 2006, infine, la Czech Social

Security Administration (Istituto di previdenza sociale della Repubblica ceca) ha concesso una pensione di

vecchiaia alla signora Landtovà sulla base del periodo di assicurazione iniziato il 31 agosto 1993 (data del

trasferimento della residenza dell’attrice in territorio ceco), rifiutando espressamente al contempo la concessione

della prestazione integrativa garantita ai cittadini cechi residenti nel territorio nazionale dalla giurisprudenza

della Corte costituzionale. A seguito di impugnazione innanzi al Městský soud v Praze (Tribunale di Praga)

questo ha annullato la decisione dell’istituto di previdenza sociale della Repubblica ceca ordinando alla stessa di

rispettare la giurisprudenza della Corte costituzionale e garantire alla signora Landtovà, in quanto cittadina ceca

residente nel territorio ceco, una prestazione integrativa pari alla differenza tra l’importo della prestazione

slovacca che le spettava e quella cui avrebbe avuto diritto se le fosse stato applicato il regime previdenziale ceco.

Contro tale sentenza, l’Istituto di previdenza sociale ceca ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Nejvyšší

správní soud (Corte amministrativa suprema della Repubblica ceca), sulla base del Regolamento CEE n. 1408/71

e del principio di non discriminazione, nei termini generali in cui viene sancito nei Trattati costitutivi. La Corte

amministrativa suprema ha accolto il ricorso e rinviato al Giudice di primo grado che, a sua volta, ha confermato

la sua prima decisione. L’Istituto di previdenza sociale ha nuovamente impugnato dinanzi alla Corte

amministrativa suprema che ha deciso a quel punto di proporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.

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dell’interpretazione della normativa ceca, e in particolare dell’accordo bilaterale in materia di

previdenza sociale conclusa tra i due stati membri prima di aderire all’Unione, alla luce degli

artt. 3, n.157; 7, n. 2, lett. c)58; 1059 e 46, nonché della parte A, punto 9, dell’allegato III60 del

Regolamento CEE del Consiglio n. 1408/71, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza

sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano

all’interno della Comunità61, che pone in atto le misure dell’art. 42 CE (ora art. 48 TFUE)62 e

degli articoli 12 CE (ora art. 18 TFUE)63 e 39 CE64. Nel bypassare la portata del dettato

costituzionale, che assegna alla Corte di Brno il ruolo di vertice dell’ordinamento giudiziario

57 L’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71 dispone in particolare che «[l]e persone che risiedono nel territorio di

uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni del presente regolamento, sono soggette agli

obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei

cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari del presente regolamento» 58 L’art. 7, n. 2, lett. c) dispone che «Nonostante quanto disposto nell’articolo 6, rimangono applicabili:

(...)

c) talune disposizioni delle convenzioni di sicurezza sociale concluse dagli Stati membri prima della data di

applicazione del presente regolamento, a condizione che siano più favorevoli per i beneficiari o se connesse a

circostanze storiche specifiche e con un effetto limitato nel tempo, e purché siano menzionate nell’allegato III».

A sua volta, il richiamato art. 6 prevede che «Nel quadro del campo di applicazione quanto alle persone e del

campo di applicazione quanto alle materie del presente regolamento, quest’ultimo si sostituisce, fatte salve le

disposizioni degli articoli 7, 8 e 46, paragrafo 4, qualsiasi convenzione di sicurezza sociale che vincola:

a) (...) esclusivamente due o più Stati membri». 59 A tenore del quale: «Salvo quanto diversamente disposto dal presente regolamento, le prestazioni per (...)

vecchiaia acquisit[e] in base alla legislazione di uno o più Stati membri, non possono subire alcuna riduzione, né

modifica, né sospensione, né soppressione (...) per il fatto che il beneficiario risiede nel territorio di uno Stato

membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice». 60 L’allegato III del citato regolamento, intitolato «Disposizioni di convenzioni di sicurezza che rimangono

applicabili nonostante l’articolo 6 del regolamento – Disposizioni di convenzioni di sicurezza sociale il cui

beneficio non è esteso a tutte le persone cui si applica il regolamento», nella parte A, punto 9, intitolato

«Repubblica ceca – Slovacchia», mantiene in vigore, gli artt. 12, 20 e 33 della convenzione bilaterale fra la

Repubblica ceca e la Repubblica slovacca, firmata il 29 ottobre 1992, recante misure dirette a definire la

situazione dopo la scissione, il 31 dicembre 1992, della Repubblica federale ceca e slovacca. 61 Nella sua versione modificata e aggiornata dal regolamento CE del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97,

quale modificato dal regolamento CE del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, n. 1408/71. 62 A norma del quale «Il Parlamento europeo e il Consiglio adottano … in materia di sicurezza sociale le misure

necessarie per l’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che

consenta di assicurare ai lavoratori migranti dipendenti e autonomi e ai loro aventi diritto:

a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la

conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste;

b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri». 63 A tenore del quale «nel campo di applicazione del presente trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni

particolari dallo stesso previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità». 64 Articolo che già disponeva espressamente il divieto di discriminazione per quanto riguarda i lavoratori,

stabilendo:

«1. La libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità è assicurata.

2. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati

membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro».

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ceco e custode della Costituzione, la Corte suprema amministrativa porta il conflitto a

Lussemburgo “giocando” la carta della possibile violazione del diritto europeo da parte di chi

è deputato al più alto livello nell’ordinamento giuridico ceco a vivificare la leale cooperazione

tra ordinamenti e tradurre, per l’appunto anche attraverso il dialogo tra le Corti chiamate a

preservare la diversità dei rispettivi ordinamenti costituzionali, il valore dell’Unità europea

(rectius: dell’ordinamento europeo). In tale direzione, la “strategia” della Corte

amministrativa suprema65 si concretizza anzitutto nel chiedere se la concessione di

un’integrazione della pensione al beneficiario non sia il risultato di un doppio computo di uno

stesso periodo di contribuzione previdenziale, in violazione dell’art. 46, n. 2, del regolamento

n. 1408/71; e, successivamente, per il caso di una risposta negativa al primo quesito, se quella

giurisprudenza costituzionale, limitando la concessione del beneficio dell’integrazione

previdenziale alle persone aventi la cittadinanza ceca e la residenza nel territorio della

Repubblica ceca, non si ponga in contrasto con il principio di non discriminazione escludendo

tutti gli altri cittadini dell’Unione66. Nella pronuncia del giugno dell’anno scorso, la Corte di

giustizia risponde ai due quesiti sottolineando anzitutto che l’integrazione della prestazione

non rimette in discussione il regime applicabile né la competenza delle autorità designate ai

sensi dell’art. 20 della convenzione bilaterale; secondariamente, rilevando d’altra parte che la

65 Strategia che certo muove dalla considerazione diffusa nei media cechi e nel dibattito da essi suscitato che il

costo della concessione del supplemento integrativo a norma della giurisprudenza costituzionale sarebbe stato di

decine di miliardi di corone ceche per anno. 66 «1) Se l’allegato III, parte A, punto 9, in relazione all’art. 7, n. 2, lett. c), del regolamento (CEE) del Consiglio n.

1408/71, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si

spostano all’interno della Comunità, che mantiene applicabile il criterio da utilizzare per determinare lo Stato

successore competente a prendere in considerazione i periodi contributivi per l’assicurazione maturati dai lavoratori

dipendenti fino al 31 dicembre 1992 nel regime della previdenza sociale dell’ex Repubblica federale ceca e

slovacca, debba essere interpretato nel senso che osta all’applicazione di una disposizione nazionale in forza della

quale l’istituto ceco per la previdenza sociale deve prendere integralmente in considerazione, ai fini del diritto alla

prestazione e della fissazione dell’importo di quest’ultima, il periodo di contribuzione assicurativa assolto nel

territorio dell’ex Repubblica federale ceca e slovacca fino al 31 dicembre 1992, benché, in base al predetto criterio,

sarebbe competente a tenerne conto l’istituto per la previdenza sociale della Repubblica slovacca.

2) In caso di soluzione negativa del primo quesito, se l’art. 12 del Trattato che istituisce la Comunità europea, in

combinato disposto con gli artt. 3, n. 1, 10 e 46, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1408/71, relativo

all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano

all’interno della Comunità, debba essere interpretato nel senso che osta a che il periodo di contribuzione

assicurativa assolto sotto il regime previdenziale dell’ex Repubblica federale ceca e slovacca fino al 31 dicembre

1992, di cui si sia già tenuto conto nella stessa misura ai fini delle prestazioni nel regime previdenziale della

Repubblica slovacca, sia, in forza della menzionata disposizione nazionale, preso integralmente in

considerazione, ai fini del diritto alla prestazione di vecchiaia e della fissazione dell’importo di quest’ultima,

solo nei confronti dei cittadini cechi residenti nel territorio della Repubblica ceca».

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decisione n. III. ÚS 252/04 del 25 gennaio 2005 della Corte costituzionale ceca opera una

discriminazione basata su nazionalità e residenza fra cittadini nazionali e cittadini degli altri

stati membri67.

3.2

A volere da subito scoperchiare il vaso di Pandora della guerra senza confini tra Poteri,

e all’interno del potere giurisdizionale ceco in particolare, nella quale deve essere inscritta e

solo si può comprendere la “congiura” ordita dalla Corte Suprema amministrativa ceca

(congiura che ha condotto la Corte costituzionale ceca per così dire a “pugnalare alla schiena”

a sua volta la Corte di giustizia, dimenticando ogni lealtà e ogni auspicabile attitudine

amichevole della Repubblica ceca verso il diritto europeo) è opportuno segnalare sin d’ora

una serie di elementi di fatto e di diritto – alcuni dei quali per lo più inevitabilmente sfuggiti

alle prime ricostruzioni critiche della vicenda. E così, basti dire che lo scontro è stato tanto

aspro che esso sembra avere per così dire metaforicamente, avere sollevato una enorme

cortina fumogena tale da rendere ognuno degli attori cieco all’intelligenza degli avvenimenti e

così messo in discussione anzitutto l’unità e coerenza dell’ordinamento giuridico

costituzionale ceco68, e in particolare l’azione giuridico-politica dei suoi Poteri. Basti

sottolineare ciò che pure una sinora solitaria dottrina ha già segnalato: la Corte costituzionale

muove dal ricorso costituzionale di un cittadino ceco che alla data del ricorso riceveva una

pensione tanto dall’autorità slovacca (per il periodo fino al 1992) che da quella ceca (per il

periodo successivo al 1993) senza minimamente rendersi conto (o altrimenti, e peggio ancora,

trascurando il dato...) che la somma complessiva delle due pensioni è superiore a quella che

riceverebbe se la pensione fosse calcolata sulla base della fictio che entrambi i periodi

67 La Corte si spinge inoltre a determinare le conseguenze pratiche della discriminazione che la norma derivata

dalla decisione della Corte costituzionale ceca determina rispetto alle persone svantaggiate dalla sua applicazione

e rispetto a quelle che, come la ricorrente signora Landtovà, ne hanno tratto beneficio. Essa conclude che nel

rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione «Il diritto dell’Unione non osta … a provvedimenti che

ripristino la parità di trattamento mediante una riduzione dei vantaggi delle persone in precedenza privilegiate (v.

sentenza 28 settembre 1994, causa C-200/91, Coloroll Pension Trustees, Racc. pag. I-4389, punto 33). Tuttavia,

prima dell’adozione di siffatti provvedimenti, nulla nel diritto dell’Unione impone di privare dell’integrazione

della tutela previdenziale, come nella situazione discussa nella causa principale, la categoria delle persone che

già ne beneficiano». 68 Di «contesto istituzionale tanto conflittuale quanto delicato» parla già l’Avvocato generale Pedro Cruz Villalón

al punto 5 delle conclusioni presentate il 3 giugno 2011 innanzi alla Corte di giustizia nel caso Landtovà, cit..

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andrebbero computati secondo il sistema previdenziale ceco69. È questa tuttavia l’occasione

che (probabilmente) la Corte attendeva per pronunciare i suoi strali contro Governo, Corte

amministrativa suprema, Legislatore ceco e (per quei fini meramente... domestici...) contro la

stessa Corte di giustizia. E insomma (magari proprio per non perdere l’occasione...) la Corte

costituzionale argomenta allo scopo di difendere i diritti sociali e decidere il caso del ricorso

di un cittadino che non avrebbe alcun vantaggio... ed anzi per assurdo riceverebbe

eventualmente una pensione più bassa!

D’altra parte, a confermare il reale quadro di riferimento prevalentemente (se non

addirittura esclusivamente...) politico della vicenda, si deve anche aggiungere che il dato

segnalato è stato fornito per la prima volta da un (purtroppo tardivamente più attento...)

giudice della Corte amministrativa suprema nel quadro di una discussione in un blog ceco di

diritto70 e che tuttavia la Corte amministrativa suprema non si era accorta (o aveva preferito

“strategicamente” fingere di non accorgersi...) del carattere assolutamente ipotetico della

questione nel decidere sullo stesso caso...71.

Sembra insomma suffragato dalla realtà dei fatti che la vicenda delle pensioni slovacche

ha di fatto dato vita ad un articolato conflitto politico-istituzionale nella Repubblica ceca e che

la dinamica di questo abbia in sostanza condotto ad un isolamento della Corte costituzionale,

che infine ha reagito oltre misura e per così dire a sua volta... ultra vires all’accerchiamento72.

A ben guardare, infatti, conducono ad una tale ricostruzione, dandone ragione, anche ulteriori

elementi tutti chiaramente presenti e variamente sottolineati nel giudizio della Corte

costituzionale ceca del gennaio scorso:

1. in primo luogo, la posizione espressa dal governo ceco nella questione preliminare

pendente di fronte alla Corte di giustizia per il caso Landtovà, secondo la quale la

giurisprudenza della Corte costituzionale, nello stabilire la previsione dell’integrazione della

69 ZBÍRAL, A legal revolution or negligible episode? Court of Justice decision proclaimed ultra vires, cit., p. 14. 70 KOMÁREK, V-jostove-vybuchla-atomova-bomba, (Nuclear bomb exploded in Joštova street), 15 Feb. 2012. La

discussione è disponibile all’indirizzo web: jinepravo.blogspot.com/2012/02/v-jostove-vybuchla-atomova-

bomba.html. 71 6 Ads 52/2009-88, Supreme Administrative Court, 31 Aug. 2011. 72 Dando in questo senso piena ragione a chi sembra ironicamente ritenere che la pronuncia della Corte di Brno

sia il frutto di un errore: quello di avere con la sentenza Solange i fiammiferi in mano ai bambini lasciandoveli

giocare... In tale direzione, J. Komarek, Playing with matches: the Czech Constittutional Court’s ultra vires

revolution, in http://ukconstitutionallaw.org/2012/02/22/jan-komarek-playing-with-matches-the-czech-

constitutional-courts-ultra-vires-revolution/ .

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pensione alla duplice condizione della cittadinanza ceca e della residenza nel territorio

nazionale73, viola il principio di non discriminazione dell’Unione ponendosi in conflitto con

gli articoli 3 e 10 del regolamento n. 1408/7174. Nel richiamare tale posizione nella sentenza

Pl. ÚS 5/12 del 31 gennaio 2012, la Corte di Brno denuncia di fatto la crisi istituzionale che

attanaglia l’ordinamento ceco e che mette in discussione lo stesso ruolo di custode della

costituzione di chi peraltro è parte di quel conflitto, da un lato ricordando per l’appunto che il

Governo ceco “had no hesitation to appear at all as a party to the proceeding on a preliminary

question before the ECJ against its own Constitutional Court”; e dall’altro, affermando con

estrema decisione il proprio ruolo nell’ordinamento interno e la violazione dell’ordine

costituzionale messa in atto dal governo medesimo con una posizione che “is inconsistent

with art. 89 par. 2 of the Constitution of the Czech Republic, under which the enforceable

decisions of the Constitutional Court are binding for all bodies and persons, i.e. including the

government of the Czech Republic and its agent”...75.

2. Nel decidere sul caso Landtovà, la Corte amministrativa suprema assume che la Corte

di giustizia, rispondendo alle questioni da essa stessa poste con rinvio pregiudiziale, abbia in

definitiva provato che la Corte costituzionale ceca era in errore e in questo senso afferma che

«la Corte costituzionale ha preso una decisione in una questione al di fuori della sua

competenza». Per tale via, la Corte amministrativa suprema ceca deduce conclusivamente che

alla giurisprudenza della Corte costituzionale sul caso non dovesse essere riconosciuto valore

73 In effetti, peraltro, gli strali della Corte di Brno sul governo ceco si estendono sino a contestare che la propria

giurisprudenza preveda anche il requisito della residenza affermando poco oltre che “In addition to the

foregoing, the statement [of the “Advocate General, ndr.] also declares that the government’s position contains

data that are inconsistent with reality. In the Constitutional Court’s case law, provision of a supplementary

benefit was tied only to the applicant’s being a Czech citizen, not to the condition of permanent residence in the

Czech Republic as well, as reference order of the Supreme Administrative Court confusingly and incorrectly

states in point 8 i.f. and in point 18, and as the Czech government also claims (the foregoing is adopted in the

Advocate General’s statement – see points 18, 39, 43, 48-52). In the judgment cited there, file no. III. ÚS 252/04

the Constitutional Court merely stated that “[i]nsofar as Act no. 155/1995 Coll., as amended by later regulations,

permits exercising claims arising from it regardless of nationality, i.e. in connection to permanent residence, in

terms of constitutional protection the Constitutional Court considers inequality to be unjustified only in

connection with distinguishing citizens of the Czech Republic in their entitlements arising from social security,

but not in relation to other categories of persons”. 74 Così il punto 42 delle conclusioni dell’Avvocato generale Pedro Cruz Villalón, cit.. 75 A tale riguardo, e per sottolineare la profondità del solco che divide le istituzioni ceche coinvolte va pure

segnalata la circostanza che la Commissione per gli Affari europei del Senato ceco ha adottato una risoluzione

chiedendo al governo ceco di ritirare il suo contributo scritto e ricevendo una risposta negativa con la

giustificazione che questo non fosse possibile... È un fatto, ad ogni modo, che il comportamento del governo

ceco in argomento non sia per niente mutato al riguardo nel corso delle audizioni.

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vincolante e conseguentemente rifiuta il supplemento alla signora Landtovà76.

Andando oltre, e fomentando lo scontro tra Corte costituzionale ceca e Corte di giustizia

sul terreno del diritto europeo77, la Corte suprema amministrativa da un lato provoca la Corte

costituzionale, invitandola a rivedere la questione alla luce della propria dottrina sul rapporto tra

diritto dell’Unione e diritto costituzionale ceco e suggerendo di ricorrere al limite e ultima ratio

a invalidare l’atto europeo; e dall’altro lato le prospetta lo scenario che una tale scelta avrebbe

comportato, sia nel senso dei costi abnormi che la Repubblica ceca avrebbe dovuto

conseguentemente sostenere sia in quello della possibile apertura di un procedimento di

infrazione dell’Unione e di innumerevoli azioni di fronte alla Corte europea dei diritti umani78.

3. All’indomani della pronuncia della Corte di giustizia sul caso Landtovà, che aveva

comunque un suono minaccioso79 anche alle sue orecchie, infine, il Parlamento ceco concorda

assai velocemente e per così dire... al ribasso – conformemente a quanto prospettato in via

ipotetica dalla Corte di giustizia anche sulla base di una propria giurisprudenza pregressa – su

una legge che proibiva per il futuro ogni riconoscimento di supplementi da parte del sistema

pensionistico ceco a persone i cui periodi contributivi erano considerati slovacchi ai sensi

della Convenzione, facendo non a caso espresso riferimento alla sentenza sul caso Landtovà80.

76 3 Ads 130/2008, Supreme Administrative Court, del 25 agosto 2011, particolarmente punti 70–71, 78. 77 Terreno nel quale solo era per così dire possibile indebolire la posizione di custode dell’ordinamento

costituzionale riconosciuta alla prima nell’ordinamento nazionale ceco (al quale essa stessa apparteneva) nel

sovrapporsi e confondersi in quel dialogo tra Corti di primazia del diritto dell’Unione e supremazia delle

Costituzioni nazionali. 78 Ibidem, punti 76-77. 79 Nella parte in cui afferma che «allo stato del diritto nazionale l’autorità competente a concedere la pensione

non può legittimamente rifiutare il beneficio dell’integrazione alle persone sfavorite [dalla decisione ÚS 252/04

della Corte costituzionale], nulla osta[ndo però] a che essa mantenga tale diritto a vantaggio della categoria di

persone che già ne godono in applicazione della norma nazionale.

Il diritto dell’Unione non osta, purché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione, a provvedimenti

che ripristinino la parità di trattamento mediante una riduzione dei vantaggi delle persone in precedenza privilegiate

(v. sentenza 28 settembre 1994, causa C-200-91, Coloroll Pension Trustees, Racc. pag. I-4389, punto 33)». 80 Come risulta nel resoconto (in ceco) della sessione del 30 agosto 2011 del disegno di legge n. 428/2011, e

viene sottolineato dalla Corte costituzionale ceca nella sentenza del 31 gennaio scorso sul caso Holubec, le

previsioni degli articoli XII e XIII sono frutto di una proposta in seconda lettura alla della Camera dei Deputati

della deputata Gabriela Pecková, che reagendo al giudizio della Corte di giustizia sul caso Landtovà suggerisce

così all’Assemblea: «Provision of a supplementary benefit is based on the previous case law of the

Constitutional Court of the Czech Republic. The Court of Justice of the European Union decided that adjusting

Slovak pensions through a supplementary benefit cannot be limited by the condition of Czech citizenship and

residence in the Czech Republic, because such a limitation is discrimination contrary to European Union law. In

connection with this judgment, I propose adopting legislation that would generally rule out supplements to

Slovak pensions.», in http://www.psp.cz/eknih/2010ps/stenprot/022schuz/s022029.htm .

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3.3

Al probabile scopo di controbattere anzitutto colpo su colpo al fronte che le è avverso e

uscire in tale modo dall’accerchiamento riaffermando il proprio ruolo nell’ordinamento ceco e

in quello europeo, nel giudizio Pl. ÚS 5/12 del gennaio scorso la Corte costituzionale ceca

esamina il caso che è sottoposto al proprio giudizio alla luce del diritto europeo, dapprima

riassumendo compiutamente il caso Landtovà e la relativa pronuncia della Corte di giustizia, e

successivamente richiamando la propria dottrina sul rapporto tra diritto europeo e diritto

nazionale ceco.

Lungo la prima direttrice la Corte a contesta l’applicabilità tout court del Regolamento

CEE del Consiglio n. 1408/71 alla questione delle pensioni slovacche, dal momento che

mancherebbe il presupposto dell’elemento di estraneità richiesto per l’applicazione dello

stesso81 e comunque si oppone all’equiparazione dei rapporti giuridici nascenti dalla

dissoluzione di uno stato con un sistema di sicurezza sociale unitario come la Repubblica

federale cecoslovacca a quelli che nascono a seguito dell’esercizio del diritto di libero

movimento delle persone nell’Unione82.

Inoltre, di fronte alla posizione espressa da Corte amministrativa suprema e Governo

ceco, la Corte rivendica che la Convenzione tra Repubblica ceca e Repubblica slovacca è

inserita nell’allegato III punto A/9 del Regolamento 1408/71, il quale fa salva l’applicazione

degli articoli 12, 20 e 33 della Convenzione medesima, che vanno perciò interpretati secondo

quanto espresso dalla giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale.

Con un articolato obiter dictum, la Corte espressamente afferma infine che il disegno di

legge Pecková, n. 428/2011, è stato approvato dal Parlamento ceco per il timore che la

previsione di un beneficio supplementare fosse basata sulla precedente giurisprudenza della

Corte costituzionale. Di conseguenza, proseguono i Giudici di Brno, se lo scopo era quello di

reagire alle conseguenze della pronuncia della Corte di giustizia sul caso Landtovà e derogare

81 In questo senso la Corte afferma: «In terms of European Union law, the provisions of Annex III are of a

declaratory, not constitutive nature: the key factor for applying the Regulation is its object and the nature of the

reviewed legal relationships, which must contain a “foreign” element». 82 Nelle parole della Corte di Brno: «Failure to distinguish the legal relationships arising from the dissolution of

a state with a uniform social security system from the legal relationships arising for social security from the free

movement of persons in the European Communities, or the European Union, is a failure to respect European

history, it is comparing things that are not comparable».

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alla giurisprudenza della Corte costituzionale, allora, a seguito dell’affermazione della Corte

costituzionale che la pronuncia della Corte di giustizia è stata resa ultra vires, anche la citata

statuizione della legge (che esclude ogni supplemento per le cosiddette pensioni slovacche) è

divenuta obsoleta sulla base del principio generale per il quale «cessante ratione legis cessat

lex ipsa». Tanto che, per giustificare in questa parte la portata monitoria del suo obiter dictum,

la Corte avverte (il legislatore) che essa non ha aperto un procedimento di controllo delle

norme in questione perché esse non erano applicate nel giudizio a partire dal quale è stato

proposto ricorso costituzionale dal signor Holubec, così implicitamente preannunciando il suo

(eventuale) comportamento futuro nei riguardi delle stesse.

Quanto al richiamo della propria dottrina sui rapporti tra diritto costituzionale ceco e

diritto europeo (e al dialogo tra le rispettive Corti e custodi delle rispettive costituzioni), la

Corte di Brno espressamente indica nelle sentenze Pl.ÚS 50/04, Pl. ÚS 66/04, Pl. ÚS 19/08, e

Pl. ÚS 29/09 le pronunce chiave in relazione all’interpretazione degli articoli 1, para 1 e 283,

1084 e 10a85, 9, par. 286 della Costituzione. In particolare, la Corte ricorda il principio di Euro-

conformità affermato nel giudizio sulla costituzionalità della legge istitutiva del mandato di

arresto europeo87, per il quale, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1, parag. 2, della

83 L’art. 1 della Costituzione ceca così dispone:

La Repubblica ceca è uno Stato di diritto sovrano, unitario e democratico fondato sul rispetto dei diritti e delle

libertà dell’uomo e del cittadino.

La Repubblica ceca rispetta gli obblighi che per essa discendono dal diritto internazionale. 84 L’art. 10 della Costituzione ceca prescrive:

I trattati internazionali promulgati, ratificati con l’assenso del parlamento ed ai quali la Repubblica ceca è

vincolata, sono parte dell’ordinamento giuridico; se un trattato internazionale stabilisce diversamente rispetto

alla legge, si applica il trattato internazionale. 85 L’art. 10a della Costituzione ceca statuisce:

Con un trattato internazionale alcune competenze degli organi della Repubblica ceca possono essere trasferite ad

organizzazioni od organi internazionali.

Per la ratifica dei trattati internazionali indicati al comma 1 è necessario il consenso del Parlamento, a meno che

la legge costituzionale non stabilisca che per la loro ratifica sia necessario il consenso dato tramite referendum. 86 L’art. 9 della Costituzione ceca stabilisce:

La Costituzione può essere integrata o modificata solo con leggi costituzionali.

Non è ammessa la modifica dei requisiti fondamentali dello Stato democratico di diritto.

Non è ammissibile giustificare l’eliminazione o la minaccia dei fondamenti dello Stato democratico tramite

l’interpretazione delle norme giuridiche. 87 Si tratta della sentenza Pl. ÚS 66/04, della quale la stessa Corte richiama testualmente questo passaggio

fondamentale: «Un principio costituzionale può essere derivato dall’articolo 1, parag. 2, della Costituzione in

combinazione con il principio di cooperazione stabilito dall’articolo 10 del Trattato che istituisce la Comunità

europea, secondo il quale la legislazione domestica, compresa la Costituzione, deve essere interpretata in

conformità con i principi dell’integrazione europea e della cooperazione tra gli organi degli Stati membri e della

Comunità. Se la Costituzione, della quale la Carta dei diritti e delle libertà fondamentali è parte, può essere

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Costituzione e 10 del Trattato che istituisce la Comunità europea (principio di cooperazione

ora formulato nell’art. 4, parag. 3 TUE), nel caso che siano date più opzioni anche la stessa

Costituzione ceca – della quale la Carta dei diritti e delle libertà fondamentali è da ritenere

parte – deve essere interpretata in modo conforme agli obblighi che nascono dall’essere la

Repubblica ceca membro dell’Unione e il suo ordinamento parte di una superiore unità con

gli altri ordinamenti nazionali. Ma questo, segnala ancora la Corte, non può condurre a

imporre un’interpretazione che invece non è abilitata dal metodo di interpretazione

costituzionale nazionale, interpretazione che è allora ammessa solo subordinatamente alla

previa modifica della Costituzione da parte di un’Assemblea costituente che – si affretta a

precisare la Corte, invero con una carente considerazione della forza dell’effettività e della più

autentica e non costituita natura del potere che perciò si definisce costituente – può esercitare

tale potere di modifica solo a condizione di preservare gli essenziali attributi di uno stato

democratico di diritto ai sensi dell’art. 9, par. 2 della Costituzione.

È soprattutto nelle sentenze sul trattato di Lisbona88 II del 3 novembre 2009 che la Corte

accentua la portata di questa conclusione e costituisce la base teorica per l’avvistamento dello

yeti compiuto con la pronuncia del gennaio scorso che ha dichiarato la natura ultra vires della

sentenza Landtovà della Corte di Lussemburgo. Infatti, nelle due sentenze Lisbona essa

sottolinea il proprio ruolo di supremo custode della Costituzione ceca anche contro possibili

eccessi delle istituzioni europee che interpretassero o sviluppassero il diritto europeo in modo

da mettere in pericolo le fondamenta della costituzione materiale e i fondamentali requisiti di

uno stato democratico di diritto, che sono inviolabili per la Costituzione ceca, e, sulla scorta

della pronuncia del Tribunale di Karlsruhe che da sempre ne è punto di riferimento e a tratti è

qui ripresa puntualmente, si spinge sino ad affermare di non essere obbligata da tali eventuali

sconfinamenti e insieme a sostenere il proprio conseguente diritto a verificare, e tuttavia solo

come ultima ratio, se le istituzioni europee abbiano sforato le competenze loro assegnate. Ma

già nella prima sentenza sul trattato di Lisbona la Corte aveva sottolineato la tesi che il suo

interpretata in diversi modi, solo qualcuno dei quali conduce al rispetto di un obbligo assunto dalla repubblica

ceca in relazione alla sua appartenenza all’Unione europea, allora deve essere scelta un’interpretazione che

sostenga l’adempimento dell’obbligo e non una che lo precluda». 88 Rispettivamente: Pl. ÚS 19/08 del 26 novembre 2008 (Lisbona I) e Pl. ÚS 29/09 del 3 novembre 2009

(Lisbona II).

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intervento è ammissibile anche nel caso in cui l’applicazione del diritto europeo a casi

determinati venga in considerazione in relazione a ricorsi costituzionali legati a possibili

(eccezionali, specifica la Corte) interferenze del diritto e delle istituzioni dell’Unione sui

diritti e le libertà fondamentali. Essa aveva inoltre individuato in tre aree l’ambito del suo

controllo dell’esercizio da parte degli organismi dell’Unione europea delle competenze

trasferite: il non funzionamento delle sue Istituzioni, la protezione del nucleo materiale della

Costituzione (non solo rispetto al diritto europeo ma anche alle specifiche applicazioni dello

stesso), il funzionamento come ultima ratio, vale a dire l’autorità di verificare se un atto degli

organismi europei ecceda i poteri trasferiti all’Unione dalla Repubblica ceca ai sensi

dell’articolo 10a della Costituzione – in particolare abbandonando un valore identitario o

eccedendo lo scopo delle competenze affidatele89.

D’altra parte, la Corte ricorda espressamente che, in continuità con la giurisprudenza

costituzionale tedesca, “Solange I” e “Solange II”, la sentenza Pl.ÚS 50/04 aveva definito i

capisaldi della relazione tra diritto europeo e Costituzione ceca, particolarmente richiamando i

principi dello stato di diritto democratico, la cui modifica o minaccia è espressamente vietata ai

89 Sembra opportuno riportare di seguito l’autocitazione delle proprie sentenze sul trattato di Lisbona: «The

Constitutional Court remains the supreme protector of Czech constitutionality, including against possible

excesses by Union bodies or European law, which also clearly answers the contested issue of the sovereignty of

the Czech Republic; if the Constitutional Court is the supreme interpreter of the constitutional regulations of the

Czech Republic, which have the highest legal force on Czech territory, it is obvious that Art. 1 par. 1 of the

Constitution can not be violated. if European bodies interpreted or developed EU law in a manner that would

jeopardize the foundations of materially understood constitutionality and the essential requirements of a

democratic, law-based state that are, under the Constitution of the Czech Republic, seen as inviolable (Art. 9 par.

2 of the Constitution), such legal acts could not be binding in the Czech Republic. In accordance with this, the

Czech Constitutional Court also intends to review, as ultima ratio, whether the legal acts of European bodies

remain within the bounds of the powers that were provided to them. In this regard the Constitutional Court

basically agreed with certain conclusions of the German Federal Constitutional Court, stated in its Maastricht

decision (see above), under which the majority principle, per the imperative of mutual regard, arising from

loyalty to the Community, has its limits in the constitutional principles and elementary interests of the member

states; the exercise of sovereign power by an association of states, the European Union, is based on authorization

from the states, which remain sovereign, and which, through their governments, regularly act in the inter-state

area, and thus guide the integration process. In judgment file no. Pl. ÚS 19/08 it emphasized, from a procedural

viewpoint, the thesis that its intervention is conceivable, particularly with the application of European law in

particular cases, which may come to the Constitutional Court through individual constitutional complaints tied to

possible (exceptional) interference by EU bodies and EU law into the fundamental rights and freedoms. It

defined the context for its review of the exercise of transferred competences by European Union bodies by three

areas: the non-functioning of its institutions, the protection of the material core of the Constitution, not only in

relation to European law but also to the particular application thereof, and, finally, the functioning as ultima

ratio, i.e. the authority to review whether an act by European Union bodies exceeded the powers that the Czech

Republic transferred to the European Union under Art. 10a of the Constitution; these could be, in particular,

abandoning a value identity and exceeding the scope of the entrusted competences».

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sensi dell’articolo 9, parag. 2 e 3, della Costituzione e insieme affermando, in maniera (se non

altro in apparenza) rassicurante, che lo standard di protezione dei diritti fondamentali riconosciuto

all’interno della Comunità e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia non è inferiore a quello

accordato nella Repubblica ceca e previsto dalla Corte costituzionale ceca medesima90.

3.4

È l’applicazione che la Corte costituzionale fa dei principi espressi, in linea con una

certa lettura della sentenza Lisbona del Tribunale di Karlsruhe, nelle sue due sentenze sul

trattato di Lisbona (e particolarmente di quelli espressi nella prima richiamati sopra) alla

pronuncia sul caso Landtovà della Corte di giustizia a destare numerose perplessità, al di là

delle ragioni politiche e del contesto di aspro scontro istituzionale tra Poteri all’interno

dell’ordinamento nazionale ceco. Sulla base dei principi stabiliti nella propria giurisprudenza,

la Corte afferma di non poter fare altro se non dichiarare che la sentenza della Corte di

giustizia del 22 giugno 2011, C-399/09 è ultra vires in quanto eccede lo scopo dei poteri

affidati agli organismo dell’Unione con il trasferimento degli stessi da parte della Repubblica

ceca ai sensi dell’articolo 10a della Costituzione91.

Per tale via, la Corte costituzionale (ri)afferma certo la propria posizione di vertice e

custode della costituzione nazionale, posizione che intende difendere dagli attacchi, rispetto ai

quali solo, però, la sua pronuncia sembra essere l’ultima, inevitabile, ratio... Così facendo,

d’altra parte, per contrastare ogni interferenza della Corte di giustizia, mostra nell’occasione

di avere in concreto ben altra idea del rapporto tra ordinamento costituzionale ceco e

ordinamento dell’Unione oltre che delle forme di dialogo tra le Corti rispetto a quella

professata e scrupolosamente messa progressivamente a punto dal Tribunale tedesco. Infatti,

da un lato questo è perfino disposto a prospettare orizzonti di partecipazione costituente del

90 A tale riguardo la Corte afferma: «The current standard within the Community for the protection of fundamental

rights cannot give rise to the assumption that this standard for the protection of fundamental rights through the

assertion of principles arising therefrom, such as otherwise follows from the above-cited case-law of the ECJ, is of

a lower quality than the protection accorded in the Czech Republic, or that the standard of protection markedly

diverges from the standard up till now provided in the domestic setting by the Constitutional Court». 91 In particolare, la Corte afferma: «we cannot do otherwise than state, in connection with the effects of ECJ

judgment of 22 June 2011, C-399/09 on analogous cases, that in that case there were excesses on the part of a

European Union body, that a situation occurred in which an act by a European body exceeded the powers that the

Czech Republic transferred to the European Union under Art. 10a of the Constitution; this exceeded the scope of

the transferred powers, and was ultra vires».

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popolo tedesco per legittimare democraticamente nuove forme dell’integrazione tra diversità

nazionali che diano vita ad una superiore unità politica e giuridica europea, testimoniando al

meglio l’autentica (contestuale) prospettiva di Europarechtsfreundlichkeit a tracciare il nuovo

equilibrio tra primazia del diritto dell’Unione e supremazia delle Costituzioni nazionali e (tra

identity review e ultra vires review) attestare, nel più alto punto di equilibrio delle pronunce

Lisbona e Honeywell, la disponibilità a riconoscere alla fine di quel processo perfino

un’eventuale supremazia alla Corte di giustizia europea92.. Ben diversamente, dall’altro, la

Corte di Brno sembra (ri)leggere identity review e l’ultra vires review non tanto alla luce di un

principio di Euro-conformità conforme a Europarechtsfreundlichkeit, e con il medesimo

favore per il diritto europeo del Tribunale di Karlsruhe, ma invece rendendolo miope alla più

efficace e costituzionalmente effettiva protezione della sovranità ceca.

In tal senso, piuttosto che subordinare il proprio controllo alle due condizioni

dell’evidenza dello sconfinamento e della impossibilità di conseguire una tutela giurisdizionale

a livello dell’Unione, e verificare se gli atti degli organi e delle istituzioni europee si

mantenessero nei limiti dei diritti di supremazia conferiti tramite attribuzione specifica limitata

solo quando avesse avuto la certezza di trovarsi nell’impossibilità di ricevere quella tutela,

rispettando il principio di sussidiarietà del diritto dell’Unione, e garantendo per tale via il

principio di leale collaborazione (art. 4, n. 3, TUE), la Corte profitta di un ricorso dal carattere

92 Esemplarmente, la lettura proposta nella sentenza Lisbona del rapporto tra individuo e comunità (al plurale)

valorizza la complementarietà dell’uno e dell’altra in una prospettiva di autentica sussidiarietà posta a fondamento

della stessa Costituzione e conduce la Corte tedesca (la quale affronta così il problema della crisi di ordine che è

delle società postmoderne e insieme degli stati nazionali), a legare lo stato costituzionale tedesco con altri stati che

condividono il fondamento nei valori di libertà ed eguaglianza e la cui identità giuridica dei rispettivi ordinamenti è

basata sulla centralità della dignità dell’uomo. È questo un punto fondamentale, giacché segna profondamente la

crisi della coscienza europea, dello ius publicum europaeum con tutte le sue categorie concettuali, e dell’identità

nazionale (intesa anche essa al plurale, nella molteplicità degli Stati membri dell’Unione), ed evidenzia che solo

così si può acquisire la necessaria capacità di agire in relazione alle forme imposte dalla complessità della

mondializzazione postmoderna, rispetto alla quale è pure sussidiaria la forma aperta assunta dalla statualità. C’è qui

chiaramente la consapevolezza degli stati nazionali costituzionali democratici contemporanei di essere capaci di

esercitare una influenza costruttiva su una società sempre più mobile e organizzata in reti, le cui maglie non

conoscono i confini della sovranità territoriale, solo attraverso una co-operazione che riesca a coniugare e

salvaguardare ad un tempo l’interesse proprio e quello comune, senza il quale ultimo, dunque, il primo non può

essere raggiunto – e dunque è opportuna una sua valorizzazione già su un piano (meramente) funzionale ed anche

puramente utilitaristico. In questo senso si veda il par. 221. Già nella Maastricht Urteil, peraltro, il Tribunale

costituzionale federale aveva osservato in direzione analoga che ogni «adesione a una comunità di Stati implica che

ciascuno Stato membro sia vincolato alle sue decisioni. Questo Stato – e con esso i suoi cittadini – acquista tuttavia

anche nuovi poteri di influenza con la partecipazione alla formazione della volontà della comunità diretta al

perseguimento dei fini comuni – e quindi anche propri; tale volontà è vincolante per tutti gli Stati membri e

presuppone quindi anche da parte loro il riconoscimento del proprio vincolo».

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evidentemente ipotetico93 per pronunciare il suo duro giudizio di condanna.

Nei confronti della Corte di giustizia la Corte costituzionale ceca lamenta non solo il

carattere ultra vires della pronuncia C-399/09, ma anche la violazione delle regole del giusto

processo. In questo senso, essa rileva come la Corte di Lussemburgo abbia ammesso le

osservazioni del governo ceco contrarie alla propria giurisprudenza in materia e invece abbia più

tardi rifiutato le proprie, che l’avrebbero aiutata a fare la chiarezza della quale le stesse parole

usate dall’avvocato generale denunciano la mancanza nel caso di specie. Rincarando la dose,

inoltre, la Corte prosegue ricordando l’uso abituale dell’istituto dello “amici curiae” da parte

della Corte nei procedimenti su questioni pregiudiziali, il che renderebbe a parer suo ancora

meno comprensibile la risposta della Corte, che non ha ritenuto ammissibili le osservazioni della

Corte di Brno perché provenienti da chi non era parte nel procedimento, in un caso così

complesso e nel quale un governo aveva assunto una posizione contrapposta alla propria Corte

costituzionale e contraria alla Costituzione. Tale conclusione non può perciò che essere letta,

conclude la Corte costituzionale, come una violazione del principio “audiatur et altera pars”.

La lettura della norma (art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia) non dà tuttavia

ragione delle contestazioni della Corte e anzi la sua chiarezza potrebbe suggerire di ritenere

che tali accuse alla Corte abbiano, più che il carattere di una reazione scomposta a parole che

peraltro avrebbero forse essere meglio calibrate all’interlocutore, la funzione di risolvere in

campo esterno la questione di un presunto sconfinamento costituzionale dei Poteri cechi e

insieme nascondere un “peccato originale” che per attuare il proprio piano la stessa ha dovuto

commettere. Non si vede, in tal senso, perché il Giudice della costituzionalità ceco abbia

scelto, se non come ultima ratio per le ragioni domestiche di cui si è detto, di non porre esso

stesso una questione pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo, provando magari a fare valere

le ragioni particolari del caso, circostanze storiche, contesto costituzionale e istituzionale

domestico, per chiedere alla luce dei principi invocati sulla base della Carta dei diritti

fondamentali ceca un’eccezione in ordine ad una stretta applicazione del diritto dell’Unione.

E non abbia ritenuto utile, piuttosto che interrompere il dialogo tra Corti giudicando ultra

vires la pronuncia della Corte, provare a fare valere la clausola di identità nazionale insita

93 Dato che, come già segnalato, il ricorrente signor Holubec riceve una pensione maggiore di quella che

riceverebbe se la pensione fosse calcolata sulla base della fictio che entrambi i periodi andrebbero computati

secondo il sistema previdenziale ceco.

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nella struttura fondamentale, politica e costituzionale sancita dall’articolo 4, par. 2 TUE94 per

chiedere che fosse nel caso consentita un’applicazione meno rigorosa del diritto europeo.

Altri elementi suggeriscono di osservare criticamente il superamento di un altro tassello

del preciso mosaico disegnato dal Tribunale di Karlsruhe: sembra infatti venire meno quello

stretto dovere di coordinarsi con il compito di interpretare e applicare i Trattati

convenzionalmente rimesso alla Corte garantendo coerenza e uniformità del diritto

dell’Unione. Al contrario, invece, la Corte dimostra di applicare con poca lucidità il diritto

dell’Unione: è vero che l’articolo 20 della Convenzione tra Repubblica ceca e Repubblica

slovacca è inserito nell’allegato III del Regolamento n. 1408/71 ma tale allegato è diviso in

due sezioni, rispettivamente contrassegnate dalla lettera A e B. Nel primo sono rassegnate le

“Disposizioni di convenzioni di sicurezza sociale che rimangono applicabili nonostante

l’articolo 6 del regolamento [articolo 7, paragrafo 2, lettera c) del regolamento” mentre nel

secondo quelle “Disposizioni di convenzioni il cui beneficio non è esteso a tutte le persone

cui si applica il regolamento (articolo 3, paragrafo 3, del regolamento)”: ne consegue, come

peraltro è già stato opportunamente segnalato in dottrina, che le (disposizioni delle)

Convenzioni inserite nell’allegato III, lettera A, non consentono di operare delle

discriminazioni nella previsione di un beneficio, così violando il consolidato principio di

diritto europeo, mentre questo è possibile per quelle inserite alla lettera B dell’allegato che già

prevede esso stesso tale circostanza95. Dunque, in breve, la Corte legge il regolamento

distorcendone la lettera – anche se, è in ciò spinta ancora una volta dal conflitto istituzionale

94 ZBÍRAL, A legal revolution or negligible episode? Court of Justice decision proclaimed ultra vires, cit., p. 12,

ricorda il sostegno a questa tesi di certa dottrina (per la quale si veda la nota 46) e in particolare l’opinione del

precedente Avvocato generale, il quale ha osservato che “The preservation of national constitutional identity can

also enable a Member State to develop, within certain limits, its own definition of a legitimate interest . . . “; in

Maduro, Case C-213/07, Michaniki, [2008] ECR I-9999, para 32. 95 Ibidem, pag. 10, l’A. Osserva in particolare: «Annex III of the Regulation is divided into two parts titled “A”

and “B”. Conventions in section A are valid notwithstanding the Regulation, but otherwise must comply with all

basic principles of EU law, including the principle of non-discrimination. Conventions mentioned in part B

however apply only to certain categories of persons and thus may discriminate. The C-S Treaty is located in part

A of Annex III, which means the nature of relevant articles could not be interpreted totally outside the scope of

Regulation and EU law generally. Of course, the Czech Government could have taken an opportunity to

negotiate inclusion of the C-S Treaty in section B,35 but given its stance on the issue there was probably never

such an attempt. Be that as it may, either the CC did not explore the details of the Regulation closely enough or it

simply intentionally overlooked certain points». Nello stesso senso, si veda KOMAREK, Playing with matches:

the Czech Constittutional Court’s ultra vires revolution, in http://ukconstitutionallaw.org/2012/02/22/jan-

komarek-playing-with-matches-the-czech-constitutional-courts-ultra-vires-revolution/.

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in atto nel quale pare costretta in una posizione di isolamento, e in particolare dal fatto che il

governo ceco si è comunque ben guardato dal provare a negoziare l’inclusione del Trattato

nella lettera B dell’allegato per risolvere l’impasse.

Anche il percorso logico lungo cui si sviluppa l’obiezione in ordine alla considerazione

dovuta (e non avuta) della particolarità di situazioni giuridiche nascenti dal processo di

dissoluzione di uno stato con un uniforme sistema previdenziale e pensionistico rispetto a

quelle derivanti dal diritto di libero movimento dei cittadini europei96 è condizionato da

analogo vizio. All’esatto contrario di quanto affermato dalla Corte, infatti, chiaramente si

esprime la lettera c) del secondo paragrafo dell’articolo 7 del Regolamento97. Karlsruhe

insomma sembra ben lontana, nessun atteggiamento permette di scorgere ogni benché minimo

tentativo di risolvere le rare tensioni che si dovessero generare con il dovuto spirito di

collaborazione che caratterizza l’idea di integrazione europea e disinnescarle attraverso un

atteggiamento di reciproca attenzione, come afferma la motivazione della sentenza

Honeywell. Non si vede per quanto appena esposto moderazione ed amicizia nell’esercizio

del potere di controllo, come ancora prescrive a se stessa la Corte tedesca; non è

assolutamente chiara ai Giudici di Brno l’idea che la violazione deve essere sufficientemente

qualificata, dunque rivestire una importanza notevole sotto il profilo della ripartizione delle

competenze98. E, infine, manca ogni idea di quella tolleranza degli errori della Corte di

giustizia che nel disegno del Tribunale di Karlsruhe sembra un altro caposaldo del leale

rapporto di collaborazione tra Corti sussidiarie...99.

Ancora una volta, nell’Europa a ventisette, che affronta gli odierni giorni di crisi

globale, si avverte insomma l’opportunità di una riflessione priva di qualsiasi ipocrisia sullo

stesso ruolo e confini che sono assegnati alla funzione giurisdizionale costituzionale

nell’Unione europea dopo il fallimento del progetto di Trattato che adotta una Costituzione

96 Per le quali si veda la nota 81. 97 Articoli che infatti include tra le disposizioni internazionali non pregiudicate dal Regolamento: «c) talune

disposizioni delle convenzioni di sicurezza sociale concluse dagli Stati membri prima della data di applicazione

del presente regolamento, a condizione che siano più favorevoli per i beneficiari o se connesse a circostanze

storiche specifiche e con un effetto limitato nel tempo, e purché siano menzionate nell’allegato III». 98 Non ne scorgo il carattere nel caso in questione, né v’è traccia di queste doverose preoccupazioni in

motivazione, ad ogni modo... 99 E imporrebbe alla Corte (almeno a quella di Karlsruhe...) di non sostituire la propria interpretazione a quella

della Corte di giustizia nelle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione che danno vita a divergenze

all’interno di un metodico ragionamento giuridico.

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per l’Europa e l’adozione del Trattato di Lisbona. Tra modelli che promuovono la dimensione

dell’integrazione e della comune appartenenza e modelli in cui le rivendicazioni sovrane delle

diverse identità politiche e costituzionali nazionali sembrano tradursi nella forma di

asimmetrie disegnate dalle rispettive giurisdizioni costituzionali, talvolta con scarso rigore e

pressoché nessun self restraint...100

100 In questa direzione, va ribadita da ultimo la indomita determinatezza della Corte suprema amministrativa

nella propria radicale contrapposizione alla Corte costituzionale, cui pure spetterebbe nell’ordinamento ceco la

funzione di giudicare sulla costituzionalità (ri)componendo l’unità dell’ordinamento medesimo. Invece,

reagendo alla sentenza Holubec e traendo spunto da un nuovo caso in materia di pensioni slovacche, la Corte

amministrativa ha deciso di sottoporre una nuova questione alla Corte di giustizia, che in sostanza pone i

seguenti interrogativi: 1) Does the Regulation exclude from its personal scope a citizen of the Czech Republic,

whose pension periods before 1993 are Slovak according to the C-S Treaty and Czech according to the CC?

2) Does the EU law (including Arts. 18 TFEU and 4(2) TEU) preclude favourable treatment of Czech citizens

under the specific circumstances invoked by the CC? Infine, in caso di risposta affermativa: 3) has the SAC the

duty to follow the legal view of the CC, if that view seems to be incompatible with the ECJ interpretation of EU

law? Il che sembra riproporre sovra e contrapposizioni tra teoria monista e dualista degli ordinamenti pure se

nelle forme e tempi meno utili all’identità europea quale unità nella diversità di permanenti identità giuridiche e

politiche nazionali. Un elemento che sembra invece giustificare il sollievo di chi sin d’ora sottolinea la speranza

di un ormai prossimo nuovo corso della giurisdizione costituzionale ceca è la scadenza del mandato di 11 dei 15

Giudici alla fine del 2013 – e certo non è privo di rilievo il fatto che l’elezione spetti al Senato su proposta del

Presidente della repubblica e il mandato dell’attuale Presidente Klaus, protagonista di tante resistenze all’Europa

di Lisbona, scadrà nel marzo 2013.