A.S. 2009-2010 Classe 3^V Ambo le man per dolor mi morsi… (Inferno, XXXIII, v.58)

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A.S. 2009-2010 Classe 3^V “Ambo le man per dolor mi morsi…” (Inferno, XXXIII, v.58)

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A.S. 2009-2010 Classe 3^V

“Ambo le man per dolor mi morsi…”(Inferno, XXXIII, v.58)

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Luogo: inferno, cerchio IX

Categoria dei dannati: - traditori _ II settore: traditori della patria o del partito_ III settore: traditori degli ospiti

Pena: - stare irrigiditi nel ghiaccio._ II settore: sporgere soltanto con la testa dritta_ III settore: sporgere con la testa rivolta verso l’alto, affinchè le lacrime non scorrano e formino una dolorosa visiera di ghiaccio.

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Incontro con Ugolino e l'arcivescovo Ruggieri, illustrazione di Gustave Doré.

Il conte Ugolino e l'arcivescovo Ruggieri

…io vidi due ghiacciati in una buca, 

sì che l’un capo a l’altro era cappello

(XXXII, vv.125-126)      

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e come ’l pan per fame si manduca, così ’l sovran li denti a l’altro pose là ’ve ’l cervel s’aggiugne con la nuca: (XXXII, vv. 127-129)

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Gustav Dorè Racconto di Ugolino

Il racconto del conte Ugolino

                                                                                                                                                                                         

                  

“ La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’ capellidel capo ch’ elli avea di retro guasto….” (XXXIII, vv. 1-3)

Questo canto inizia quindi con la macabra figura di cannibalismo, subito sottolineata dall'accenno alla bocca di Ugolino e dall'accenno al pasto fiero cioè ferino, feroce. Egli solleva la bocca dal pasto feroce, pulendola con i capelli del capo che stava addentando, e comincia a parlare.Ugolino si presenta a Dante insieme all’anima dell’ arcivescovo Ruggieri.

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Nel 1284 i genovesi sconfiggono in mare la flotta pisana, decretandone un lento ma irreversibile declino. Poco dopo, il Conte Ugolino che non aveva avuto responsabilità nella sconfitta è eletto nuovo Podestà dai pisani. A questo punto però, Pisa è fortemente indebolita e Ugolino sa che un eventuale attacco via terra da parte di Firenze e di Lucca sancirebbe il crollo della sua città.

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Decide così di cedere alle due rivali alcuni castelli di confine per tenerne a bada i propositi aggressivi. Proprio per questo alcune potenti famiglie pisane lo accusano di tradimento e, dopo averlo allontanato, lo rinchiudono, insieme ai figli e ai nipoti, in una torre. Sprangate le porte dall'esterno, Ugolino ed eredi sono crudelmente condannati a morirvi di fame.

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La Torre della Fame, incisione di G.P. Lasinio

(1865)

Furono allora rinchiusi nella Muda, una torre di proprietà dei Gualandi, che fu una durissima prigione per Ugolino, i figli Gaddo e Uguccione, e i nipoti Anselmuccio e Lapo. Per ordine dell'arcivescovo, nel frattempo autoproclamatosi podestà, nel marzo 1289 fu dato ordine di gettare la chiave della prigione nell'Arno, e di lasciare i cinque prigionieri morire di fame.

Breve pertugio dentro da la Muda la qual per me ha 'l titol de la fame,e che conviene ancor ch'altrui si chiuda…(XXXIII, vv.22-24)

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…m'avea mostrato per lo suo forame più lune già, quand'io feci 'l mal sonnoche del futuro mi squarciò 'l velame.”(XXXIII, vv. 25-27)

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Il sogno premonitore (XXXIII, vv. 26-36)

Ugolino fece un sogno premonitore. L’arcivescovo Ruggieri gli appariva

come il capo della caccia al lupo; i lupi e i lupacchiotti rappresentavano Ugolino e i suoi figli. La battuta di

caccia si svolge sul monte che separa Pisa da Lucca.

Accanto alla figura di Ruggieri comparivano tre cagne che

rappresentavano i suoi alleati che squarciavano con aguzzi denti i fianchi

dei lupacchiotti.

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“Come un poco di raggio si fu messo  nel doloroso carcere, e io scorsi  per quattro visi il mio aspetto stesso… (XXXIII, vv. 55-57)

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Al quarto giorno, Gaddo si gettò ai piedi di Ugolino, invocando aiuto, e così morì; e così Ugolino vide cascare gli altri tre uno a uno tra il quinto giorno e il sesto, dopo di che già cieco, si mise a brancolare sopra ciascuno invocandoli con strazio;

La morte di Gaddo, Gustave Doré

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“Quivi morì; e come tu mi vedi, vid'io cascar li tre ad uno ad uno tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi…

…già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti”(XXXIII, vv. 70-74)

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Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno(XXXIII, v. 75)

Auguste Rodin, il Conte Ugolino,Musée d'Orsay, Parigi

Questo verso ha dato luogo a molte discussioni sul suo significato:

• più che il dolore stesso,lo uccise la fame

• la fame prese sopravvento sul dolore e si cibò dei corpi morti dei suoi figli.

Dopo queste parole, Ugolino non parla più con Dante, tornando a rodere il teschio del suo fatale avversario in vita, l'arcivescovo Ruggieri.

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Erika MarianiErika UccelliSara Franco