Articoli Sulla Psicoanalisi

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L’APPROCCIO TERAPEUTICO DELLA GESTALT di Margherita Spagnuolo Lobb Sono molto contenta e onorata di essere qui, ringrazio Paola Brizzolara che ha avuto l’idea di organizzare questo incontro, Alberto Lorenzini che ha raccolto e concretizzato la proposta idea e ringrazio anche tutte le colleghe e tutti i colleghi qui presenti. Non è nuovo per me dialogare con altri approcci e soprattutto con la psicoanalisi più avanzata, la psicoanalisi relazionale, la psicoanalisi contemporanea. Mi piace molto farlo e mi trovo molto vicina ad essa: pur appartenendo profondamente alla psicoterapia della Gestalt, mi sento “cugina” degli psicoanalisti, perché effettivamente, come Bernd Bocian (cfr. Bocian, 2012) vi dirà oggi pomeriggio, la Gestalt stessa deriva dalla psicoanalisi. La psicoterapia della Gestalt è nata negli anni ’50, all’interno del movimento umanistico, dando voce ai limiti percepiti dalla psicoanalisi attraverso dei valori umanistici, e il suo scopo era quello di essere al fianco del paziente anziché analizzarlo, e di favorire il rapporto tra individuo e società. Rappresentare questi valori ha collocato la Gestalt nel movimento umanistico, ma oggi, dopo sessant’anni, noi ci ritroviamo per certi aspetti molto più vicini agli psicoanalisti contemporanei, relazionali, intersoggettivi che non ai nostri fratelli umanisti. È senz’altro interessante aprire un dialogo anche con la terapia centrata sul cliente, altra scuola rappresentata oggi a questo stesso tavolo, come sarebbe interessante aprirlo anche con l'analisi transazionale, essendo questi due gli altri movimenti umanistici che sono nati intorno gli anni ‘50 assieme alla terapia della Gestalt. La psicoterapia della Gestalt deriva da due matrici principali: la psicologia della Gestalt e la psicoanalisi. Vorrei sottolineare il carattere fenomenologico del nostro approccio, o meglio fenomenologico relazionale. Detto in modo brusco per accentuare la differenza, l’approccio fenomenologico è opposto a quello analitico, perché nasce dalla concezione dell’esperienza come un tutto e dalla particolare considerazione per l’intenzionalità (la tensione-verso) che è presente in ogni esperienza, sia del paziente che del terapeuta. La fenomenologia dice che ogni atto, ogni comportamento tende verso qualcosa. D’altra parte, la psicoterapia della Gestalt abbraccia il concetto fenomenologico della psicologia della Gestalt, che fu la prima corrente europea a creare una fenomenologia accademica, a partire dallo studio della percezione. Gli psicologi della Gestalt sono partiti dai sensi (gli organi della percezione), e in questo si sono avvicinati all’approccio americano del pragmatismo di Dewey e quindi si sono opposti alla mentalizzazione (Spagnuolo Lobb, 2013; Cavaleri, 2013). Vogliamo sapere non solo cosa la persona racconta di sé, ma anche e soprattutto la persona racconta la propria esperienza, così come essa sgorga dai sensi, cioè attraverso un racconto il più vicino possibile all’esperienza percettiva; mentre, all’opposto, l’approccio analitico, per essere tale e consentire l’analisi, deve mantenere un criterio di lettura esterno all’esperienza del paziente (mi riferisco ovviamente a presupposti epistemologici, non alla pratica clinica, in cui spesso le nostre

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  • LAPPROCCIO TERAPEUTICO DELLA GESTALT di Margherita Spagnuolo Lobb

    Sono molto contenta e onorata di essere qui, ringrazio Paola Brizzolara che ha avuto lidea di

    organizzare questo incontro, Alberto Lorenzini che ha raccolto e concretizzato la proposta idea e

    ringrazio anche tutte le colleghe e tutti i colleghi qui presenti.

    Non nuovo per me dialogare con altri approcci e soprattutto con la psicoanalisi pi avanzata,

    la psicoanalisi relazionale, la psicoanalisi contemporanea. Mi piace molto farlo e mi trovo molto vicina

    ad essa: pur appartenendo profondamente alla psicoterapia della Gestalt, mi sento cugina degli

    psicoanalisti, perch effettivamente, come Bernd Bocian (cfr. Bocian, 2012) vi dir oggi pomeriggio, la

    Gestalt stessa deriva dalla psicoanalisi.

    La psicoterapia della Gestalt nata negli anni 50, allinterno del movimento umanistico, dando

    voce ai limiti percepiti dalla psicoanalisi attraverso dei valori umanistici, e il suo scopo era quello di

    essere al fianco del paziente anzich analizzarlo, e di favorire il rapporto tra individuo e societ.

    Rappresentare questi valori ha collocato la Gestalt nel movimento umanistico, ma oggi, dopo

    sessantanni, noi ci ritroviamo per certi aspetti molto pi vicini agli psicoanalisti contemporanei,

    relazionali, intersoggettivi che non ai nostri fratelli umanisti. senzaltro interessante aprire un

    dialogo anche con la terapia centrata sul cliente, altra scuola rappresentata oggi a questo stesso

    tavolo, come sarebbe interessante aprirlo anche con l'analisi transazionale, essendo questi due gli altri

    movimenti umanistici che sono nati intorno gli anni 50 assieme alla terapia della Gestalt.

    La psicoterapia della Gestalt deriva da due matrici principali: la psicologia della Gestalt e la

    psicoanalisi. Vorrei sottolineare il carattere fenomenologico del nostro approccio, o meglio

    fenomenologico relazionale. Detto in modo brusco per accentuare la differenza, lapproccio

    fenomenologico opposto a quello analitico, perch nasce dalla concezione dellesperienza come un

    tutto e dalla particolare considerazione per lintenzionalit (la tensione-verso) che presente in ogni

    esperienza, sia del paziente che del terapeuta. La fenomenologia dice che ogni atto, ogni

    comportamento tende verso qualcosa.

    Daltra parte, la psicoterapia della Gestalt abbraccia il concetto fenomenologico della psicologia

    della Gestalt, che fu la prima corrente europea a creare una fenomenologia accademica, a partire dallo

    studio della percezione. Gli psicologi della Gestalt sono partiti dai sensi (gli organi della percezione), e

    in questo si sono avvicinati allapproccio americano del pragmatismo di Dewey e quindi si sono

    opposti alla mentalizzazione (Spagnuolo Lobb, 2013; Cavaleri, 2013).

    Vogliamo sapere non solo cosa la persona racconta di s, ma anche e soprattutto la persona

    racconta la propria esperienza, cos come essa sgorga dai sensi, cio attraverso un racconto il pi

    vicino possibile allesperienza percettiva; mentre, allopposto, lapproccio analitico, per essere tale e

    consentire lanalisi, deve mantenere un criterio di lettura esterno allesperienza del paziente (mi

    riferisco ovviamente a presupposti epistemologici, non alla pratica clinica, in cui spesso le nostre

  • divergenze si assottigliano). Nella fenomenologia noi siamo presenti qui e ora nella situazione data e il

    terapeuta non estraneo ai fatti, ma una persona che sta nel setting terapeutico per quello che .

    Come psicoterapeuti della Gestalt, guardiamo all'esperienza come una realt co-creata nel qui e ora

    del contatto con il paziente. Riferirsi ai sensi significa: cosa vedi, cosa senti nel corpo, cosa

    ascolti. Questo d una carica particolare, perch pi i nostri sensi sono aperti, pi sentiamo la carica

    della nostra esperienza e pi ci intenzioniamo verso qualcosa.

    Questa l'idea della Gestalt in quanto fenomenologica, ed unidea che possiede anche un

    valore estetico, perch aisthtiks vuol dire relativo ai sensi e l'essere relativo ai sensi ci porta ad un

    discorso estetico (Spagnuolo Lobb, 2003). La battuta che ho fatto ad Annamaria eri pregnante

    quando parlavi, eri pienamente te stessa, era bello vederti, esprime bene il senso del bello a cui ci

    riferiamo, il nostro senso estetico. Esso legato alla vibrazione che proviene dallaltro, ed per questo

    che noi terapeuti della Gestalt ci lasciamo affascinare dal fascino che emana dalla presenza del

    paziente: guardiamo al sintomo che ci porta come se guardassimo unopera darte. Per noi (memori

    della lezione di Otto Rank) il paziente si presenta con unorganizzazione esperienziale che arte, e

    laddove c una vibrazione, laddove noi risuoniamo, c la risorsa del paziente, c la sua opera darte,

    quella tensione che non stata espressa pienamente e che richiede di essere espressa durante la

    terapia.

    Laltro aspetto cruciale della terapia della Gestalt laspetto relazionale, il concetto di contatto.

    A questo proposito, noi decliniamo in termini fisiologici la relazione. Per questo non parliamo di

    relazione, ma di contatto, e intendiamo con ci il qui e ora della relazione, il modo in cui la persona del

    paziente entra in contatto con noi e il modo in cui il terapeuta entra in contatto con il paziente, dando

    forma entrambi allesperienza del setting terapeutico. Abbiamo delle categorie per leggere il contatto

    terapeutico e i relativi blocchi (Spagnuolo Lobb, 2012).

    Lo scopo della cura gestaltica la consapevolezza, intendendo con questo termine la presenza

    ai sensi. La patologia , al contrario, una forma di desensibilizzazione. Un bambino che non riesce a

    essere spontaneo a casa, per esempio, mettiamo che la madre depressa e lui non riesce ad

    abbracciarla, a sorridere con lei e con i suoi fratellini come vorrebbe, produce un adattamento

    creativo. Si tratta di un concetto cruciale della psicoterapia della Gestalt, che sottolinea la capacit di

    quel bambino, per esempio, di continuare a vivere risolvendo il problema complesso della situazione

    (trovando una nuova gestalt percettiva), perdendo il senso della propria spontaneit ma recuperando

    un certo benessere di tutti (magari rinuncia alla spontaneit dellabbracciare la madre e di giocare con

    i fratellini ma accontenta la madre, trova un modo per farla rilassare). Questo rinunciare alla propria

    sensibilit crea una desensibilizzazione del s, cio quel bambino dimentica la voglia di abbracciare e

    la dimentica nel corpo, quindi desensibilizza il proprio corpo. Per questo, lo scopo della psicoterapia

    la consapevolezza, ossia risensibilizzare il confine di contatto. Il paziente sar invitato a sentire il

    proprio corpo-in-contatto, ossia a sentirsi presente al terapeuta, e forse sentir una commozione

    guardando gli occhi brillanti del terapeuta, o avr una frustrazione, un senso di rabbia se non si sente

  • capito dal terapeuta. In questo modo il confine di contatto che stato desensibilizzato si rivitalizzer e

    da qui si ripristiner una spontaneit del contatto (Spagnuolo Lobb, 2011). La patologia la mancanza

    di spontaneit, di sensibilit e di sensibilizzazione del s e la cura la risensibilizzazione del s al

    confine di contatto con il terapeuta, allo scopo di ripristinare una funzione perduta. Naturalmente,

    questo un principio epistemologico generale, che va declinato nelle diverse possibilit di sofferenza

    dei pazienti: la cura di una sofferenza borderline ben diversa dalla cura di un paziente nevrotico o di

    un paziente psicotico (Spagnuolo Lobb, 2013a; Francesetti, Spagnuolo Lobb, 2013; Francesetti et al.,

    2013).

    Un altro esempio riguarda il conflitto. Per la terapia della Gestalt il conflitto potrebbe essere

    quello tra la paura cioe lo stare nella sedazione della sensibilita e il rischio. Credo che tutti siamo

    daccordo circa lesistenza di un rischio che vale sia per il paziente, sia per il terapeuta: c un rischio

    nell'andare verso territori sconosciuti che sono quelli della risensibilizzazione del s. Il conflitto di cui

    noi ci occupiamo il gioco tra figura e sfondo, nel senso di andare tra la paura e il rischio che il

    paziente pu prendere, per quel tanto che pu prendere.

    Personalmente, io mi riconosco in una corrente gestaltica che d centralit alla teoria, in senso

    ermeneutico, che non lunica diffusa in Italia. Mi riferisco allapproccio gestaltico che si basa sul libro

    di Perls, Hefferline e Goodman (1951). Devo dire che leggendo gli scritti di uno dei rappresentanti pi

    noti della psicoanalisi relazionale contemporanea, che Minolli, ho trovato che anche i vostri concetti

    si avvicinano molto alle nostre vedute, quando per esempio sostenete che il contatto (tra terapeuta e

    paziente) lunica realt osservabile.

    Nota:

    Ringrazio la dott.ssa Maria Angela Corriero per la trascrizione della relazione, e il dott. Alberto

    Lorenzini per lediting.

    Bibliografia

    - Bocian B. (2012, ed. or. 2007). Fritz Perls a Berlino: 1983-1933. Espressionismo, psicoanalisi,

    ebraismo. Milano: Franco Angeli.

    - Cavaleri P. A. (a cura di) (2013). Psicoterapia della Gestalt e Neuroscienze. Dall'isomorfismo

    alla simulazione incarnata. (Prefazione di Vttorio Gallese). Milano: Franco Angeli.

    - Francesetti G., Spagnuolo Lobb M. (2013). Beyond the Pillars of Hercules. A Gestalt Therapy

    Perspective of Psychotic Experiences. In: Francesetti G., Gecele M., Roubal J. (eds.). Gestalt Therapy in

    Clinical Practice. From Psychopathology to the Aesthetics of Contact, Milano: Franco Angeli, pp. 399-

    434.

    - Francesetti G., Gecele M., Roubal J. (eds.) (2013). Gestalt Therapy in Clinical Practice. From

    Psychopathology to the Aesthetics of Contact, Milano: Franco Angeli.

    - Michele Minolli (2009). Psicoanalisi della relazione. Milano: Franco Angeli.

  • - Perls F., Hefferline R., Goodman P. (1951). Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the

    Human Personality, edizione riveduta del Gestalt Journal Press (1994) (trad. it. 1971; 1997, La terapia

    della Gestalt: eccitazione e accrescimento nella personalit umana, Astrolabio, Roma), New

    York:Julian Press.

    - Spagnuolo Lobb M. (2003). Therapeutic Meeting as Improvisational Co-Creation. In M.

    Spagnuolo Lobb & N. Amendt-Lyon (eds.). Creative License: The Art of Gestalt Therapy, (tr. it. 2007),

    Vienna and New York: Springer, pp. 37-49.

    - Spagnuolo Lobb M. (2011). Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt

    raccontata nella societ post-moderna. Milano: FrancoAngeli (traduz in lingua inglese: The now-for-

    next in psychotherapy. Gestalt Therapy recounted in the post-modern society. Milan: FrancoAngeli,

    2013; traduz in lingua spagnola. El ahora-para-lo-siguiente en psicoterapia. La psicoterapia de la

    Gesatlt contada en la sociedad post-moderna. Madrid: Los libros del CTP, 2013).

    - Spagnuolo Lobb M. (2013). Isomorfismo: un ponte concettuale tra psicoterapia della Gestalt,

    psicologia della Gestalt e neuroscienze. In: Cavaleri P. A. (a cura di). Psicoterapia della Gestalt e

    Neuroscienze. Dall'isomorfismo alla simulazione incarnata. , Milano:Franco Angeli

    - Spagnuolo Lobb M. (2013a). Borderline. The Wound of the Boundary. In: Francesetti G.,

    Gecele M., Roubal J. (eds.), Gestalt Therapy in Clinical Practice. From Psychopathology to the Aesthetics

    of Contact, Milano: Franco Angeli, pp. 617-650.

  • LINTERPRETAZIONE COME RICERCA DEL PENSIERO CHE VERRA di Paola Brizzolara

    Oggi che la psicoanalisi estende l'interesse per l'inconscio a dimensioni al di l dell'area

    rimotiva, arrivando ad allentare il legame tra interpretazione, quale atto che illumina il significato

    personale del paziente, ed efficacia terapeutica pare di poter constatare in psicoanalisi relazionale, ma

    anche in larga parte degli altri approcci, una progressiva tendenza degli analisti ad orientarsi verso il

    vissuto del paziente nel 'qui e ora' e ad attingere al conoscere fenomenologico per contattare la

    relazione s con l'altro. A partire da questa condizione, che definirei un versante dello stato

    presente/futuro della psicoanalisi relazionale, vorrei provare a considerare, prendendo spunto da

    frammenti di una situazione clinica, alcuni aspetti connessi alla messa in discussione della separabilit

    del linguaggio dallesperienza.

    Teresa, una giovane donna di 32 anni, che chiede di fare un'analisi perch si sente

    profondamente incapace ad impegnarsi con costanza nei suoi progetti, dice di sentirsi 'impantanata in

    una sorta di immobilismo' con la dolorosa sensazione di non 'afferrare' la propria vita. Teresa ha una

    corporatura robusta, un po' sovrappeso, riccioli scomposti che ricadono sul volto, assolvendo al

    compito di tenerlo per lo pi nascosto. Indossa solo calzoni con su maglie informi, scarpe da

    ginnastica e non porta borse, perch la 'impicciano'.

    Nell'infanzia e nella giovinezza, ha fronteggiato la relazione con il padre attraverso quella che

    lei chiama la strategia dello "spegnere il cervello", ovvero interrompere automaticamente le proprie

    iniziative per evitare di far scivolare il padre in comportamenti violenti, a lui facili quando "non era in

    giornata" e incontrava le resistenze dei famigliari alle sue richieste. Cos, come spesso accadeva alla

    madre quando voleva farsi le sue ragioni con il risultato di essere "messa al muro" da lui, nel senso che

    veniva sbattuta contro il muro o fisicamente appesa all'attaccapanni di casa. Teresa giudica i passati

    tentativi della madre di rendersi visibile con le sue idee, come irresponsabili sfide al padre, minacce

    alla gi precaria condizione relazionale del quotidiano famigliare, che aumentavano in lei e nella

    sorella, minore di quattro anni, il senso di vulnerabilit e di solitudine.

    In coincidenza con l'inizio dell'analisi, Teresa mi annuncia d'aver intrapreso una dieta, mi

    spiega che l'ennesimo tentativo di una scelta mai portata a buon fine; questa volta il protocollo le

    stato dato dalla sorella, che lavora come nutrizionista. Rapidamente la scena analitica viene saturata

    dalle vicende ruotanti intorno alla dieta, che seguono una precisa sequenza: un'iniziale attenzione per

    i cibi che le sono stati permessi, una lieve sensazione di soddisfazione legata al pensiero del

    procedere, l'emergere del sentimento di costrizione associato al dover inghiottire proprio quei cibi,

    per arrivare, infine, al puntuale 'sbroccamento', come lei chiama il deragliamento dall'osservanza della

    dieta.

    Ogni occasione di scelta evidenzia come Teresa trovi la soluzione sul registro dicotomico di

    adesione - esclusione, che la consegna al vissuto di affondare nella soggettivit dell'altro, attivando

  • nuove sensazioni di invasione e il bisogno di contro agirle attraverso comportamenti oppositivi. Il

    modo in cui organizzato il senso di s con gli altri risulta coartare la paziente in soluzioni rigide e

    pervasive, che rendono inconsistente la sua possibilit di porsi attiva per misurarsi con la specificit

    del proprio esserci, senza essere sommersa dalla minaccia della rottura della relazione con l'Altro. Ci

    porta Teresa a mantenersi molto vigile sul polo esterno, creando un restringimento dello spazio

    dialogico di esplorazione dei significati dell'esperienza personale, che la rende fragile nell' 'afferrare

    chi e cosa vuole'.

    Tra le diverse possibili letture che possono essere ipotizzate circa la decisione di Teresa di

    intraprendere una dieta, intraprendendo la sua analisi, scelgo di considerare la sua iniziativa come

    manovra inconscia diretta a rendere a s stessa accessibile e sostenibile il nostro spazio d'incontro,

    dunque regolare s stessa nella tensione tra la centratura sull'organizzazione esistente e il bisogno di

    cambiamento. Abbiamo imparato a conoscere (attraverso la visione dei sistemi dinamici), come

    l'organizzazione identitaria abbia bisogno della destabilizzazione per muovere verso un modo diverso

    da quello abituale, ma al tempo stesso, il prerequisito per poterlo fare la sicurezza.

    Penso che la paziente operi per orientare il nostro sguardo su un focus ben preciso, cos da

    circoscrivere il nostro essere insieme entro i confini della versione familiare di s: Teresa esperta del

    suo andare e venire lungo le diverse sequenze che dall'insorgere dell'iniziativa la portano allo

    'sbroccamento', incontrarmi entro la soluzione consolidata di s, seppure non utile al suo divenire,

    attenua l'ansia di viversi alla mia merc, rendendo tollerabile l'affacciarsi alla relazione analitica.

    La difficolt di Teresa di 'vedere' s stessa mantenendo il contatto con l'altro, senza scivolare in

    una soluzione polarizzata, si palesa presto nel nostro lavoro in un modo particolare: verso la parte

    centrale dell'incontro, dopo che tra noi gli scambi si sono fatti pi intensi, noto che Teresa solita

    incominciare a sbadigliare oppure ha rapidi abbassamenti delle palpebre. Dopo qualche seduta in cui

    questo si ripete, chiedo alla paziente che sensazione avverte: " ... abbiamo detto cose importanti, cose

    che mi toccano ... ma ora non so ... mi prende sonno, mi viene da chiudere gli occhi ... da distrarmi ...

    sar il mio solito modo di non muovermi! ... ". Pur mantenendo l'attenzione al 'suo solito modo di

    essere', quale organizzazione data derivata dalla sua esperienza passata con l'esito giocato tra

    adesione e 'sbroccamento', indirizzo l'attenzione a come la paziente stia vivendo ci che accade nella

    nostra relazione e ipotizzo che 'chiuda gli occhi' all'essersi sentita impegnata e coinvolta con me,

    all'essersi resa attiva verso il bisogno di essere toccata, raggiunta, all'aver contribuito a facilitare la

    mia comprensione e a far avanzare il lavoro. Vissuti che la rigida codificazione scissionale sottraggono

    alla possibilit di sondare liberamente per elaborare nuovi significati, attraverso il nostro contesto

    relazionale.

    Quanto qui mi interessa riguarda, non tanto il carattere coattivo dei pattern relazionali che la

    paziente perpetua nella nostra relazione, ma favorire quella ricerca di contatto che Teresa avvia,

    aiutandola a procedere, invece che distrarsi da questo stato di s e ritirarsi nel sonno. Mitchell ci ha

    indicato, che possiamo considerare la sofferenza psichica come un fallimento dell'immaginazione a

  • opera dei vecchi vincoli che restringono l'orizzonte di senso nelle condizioni di ripetitivit del

    sintomo, sollecitare la curiosit di Teresa ad intravedere come la ripetizione del 'suo solito modo'

    possegga anche l'innesto emergente della ricerca di modi altri di esistenza, lo ritengo potenzialmente

    proficuo per riattivare la sua partecipazione alla negoziazione intersoggettiva dei significati. Cos,

    guidata dalla sensazione di dovermi destreggiare nel resistere al riduzionismo messo in atto dalla

    paziente e che la porta a semplificare la complessa tessitura della sua esperienza nel vissuto di esserci

    nel suo solito modo, dico a Teresa che potremmo pensare che nel suo 'chiudere' sia contenuto anche

    il bisogno di procedere passo a passo per poter arrivare a sentirsi a suo agio con me e con quello che

    facciamo, ho l'impressione - aggiungo - che lei tenda, in modo inconsapevole, a inghiottire quello che

    ci diciamo, togliendo spazio al suo bisogno di assaggiare i miei ingredienti e di farmi assaggiare i suoi,

    per poi vedere cosa fare insieme. La paziente mi risponde: " Quello che ha detto mi fa venire in mente

    l'orologio a cuc che ho in casa, la porta di scatto si apre e di scatto si chiude, come il mio solito modo

    di essere, che mi ingabbia e penso che l'uccellino non ha mai il tempo per vedere cosa c' nella stanza,

    anche se sempre l ... insomma, sento che quanto fuori lo butto gi inghiottendo, senza darmi un po'

    di tempo... ... A: " gi ... prendersi un po' di tempo..." P: "... s ... mi prende la sensazione che non

    possibile far assaggiare ci che mio ... senza aspettare di vedere se ci sar una sorpresa, come

    andranno davvero le cose ...". A: "... ora mi sta facendo assaggiare qualcosa di suo ...". P: " da qualche

    parte lo sento ... s, sono un po' fuori dal cuc ... ma, come se il corpo fosse l, appeso al muro... (fa

    una piccola pausa, poi si stringe in s e mette entrambe le mani sulla pancia, dicendo a voce bassa) ...

    prendere corpo ... spaventevole ... mi sento come una lumaca senza il guscio ... per mi sento eccitata

    ..." A: " forse, l'eccitazione di una sorpresa ..." P: " Pam! Sono venuta gi a terra ... ".

    'Quello che ha detto mi fa venire in mente ...', enunciato da Teresa, cos come molto spesso

    accade di dire ai pazienti, lo ritengo espressione del lavoro teso a contaminare l'ordinaria soluzione

    dell'esperienza di s, in questo caso rigida, ingabbiante, attraverso ci che stato intravvisto

    nell'esperienza con l'analista, per Teresa ci che avviene nella stanza-relazione, come movimento teso

    ad articolare in tensione dinamica le diverse organizzazioni esperienziali e funzionale ad

    incrementare un senso pi autentico di s. La concentrazione iniziale sul suo solito modo di essere,

    maneggiata come statica sintesi di s, attraversata da instabili spiragli di nuove opportunit di

    pensiero, nutrite dalla pratica dialogica: 'darsi del tempo/assaggiare', 'poter essere sorpresa',

    'metterci del suo', 'prendere corpo' ...

    Penso che aver tenuta aperta la mente oltre le certezze predefinite della paziente, dove lei

    abituata a sostare, abbia permesso di non trascurare quelle aree di impensabilit, quelle zone in cui

    la sensazione non si fatta ancora pensiero e non riferibili a un inconscio rimosso, permettendo di

    catalizzare quella traccia di s con laltro appena emergente e presente come processo opaco ed

    interrotto, indice di modi alternativi di porsi. Aspetto che rimanda all'interfacciarsi tra sapere

    implicito e quello riflessivo-verbale, al quale la psicoanalisi sta progressivamente rivolgendo una

    sempre maggiore attenzione, impegnata a comprendere come l'analista possa raggiungere e

  • modificare "la realt che sfugge alla parola", secondo Heidegger, attraverso una visione

    contemporanea che sappia schivare tanto la "mistica del preverbale" (Martini, 2009) che il

    riduzionismo linguistico. Sono del parere che proprio l'attuale riflessione intorno a un "sapere

    incarnato", che rende possibile pensare al linguaggio e alle forme simboliche di significato come

    intrinsecamente radicate nei processi impliciti, possa spingere il nostro sguardo ben oltre la

    discussione sulla necessit o meno di mettere in parole l'implicito, per un cambiamento significativo e

    duraturo.

    Piuttosto l'idea di un innesto emergente del verbale sul sapere implicito concorre a

    riorganizzare la visione tradizionale con la quale in psicoanalisi concepiamo profondit e superficie,

    inoltre ci spinge a testare le risorse del linguaggio relative alla sua capacit di connettersi

    affettivamente e sensorialmente alle mappe di esperienze primarie significative e di trasformarle,

    ossia lavorare per recuperare alla parola il suo senso vissuto. Possiamo contare sulla forza poietica

    della parola, ovvero sulla sua capacit di agire, di essere efficace, nel mondo di chi l'ascolta, con Bion

    possiamo ritenere che la parola non sia un sostituto dellazione, ma abbia la stessa immediatezza e

    forza dellazione.

    L' 'inghiottire' proposto a Teresa entrato in risonanza con quell'aura sensoriale-affettiva che

    impregna il suo preriflessivo 'modo di essere con' per assenza e che ritorna in gioco nello spegnere,

    nel chiudere, nell'interrompere, nel disattivare; l''assaggiare' ha impigliato il terreno germinale del

    suo essere presente nel mondo, fendendo l'immobilismo di un corpo messo al muro e mettendo in

    moto la fattibilit di s come soggetto attivo della propria esperienza. Teresa pu incominciare a

    vedersi attraverso un in-solito modo di essere, avverte che fuori dal cuc-gabbia non ha corpo, si

    abbozza il contatto con l'aspetto dispotico della soluzione storica identitaria, che si raffigura quale

    unica soluzione d'essere, come suo unico corpo, mentre affiora la prospettiva di 'metterci del suo' per

    rinegoziare il senso della sfida relazionale.

    Mi sembra opportuno tener conto che quanto viene creato nel campo della stanza d'analisi

    'uno' degli esordi possibili, nel senso che il lavoro non procede solo per un' immissione di soggettivit

    del paziente, ma vi concorre anche quella dell'analista, perci quanto evolve contestuale al campo

    intersoggettivo paziente-analista, anche se le "linee guida" della prospettiva di senso appartengono al

    paziente. Ci ci rende sensibili a parlare di creazione di significato piuttosto che di traduzione, dato

    che quanto emerge non dato a priori, ma evolve come aspetto della relazione della diade.

    Desidero mantenere in evidenza che per me valorizzare l'importanza della ricerca di un

    linguaggio idoneo a presidiare la familiarit tra esperienza vissuta e dimensione verbale, funzionale

    a facilitare e nutrire le possibilit di essere ancora a venire, piuttosto che evocare ci che stato. In tal

    senso, l'emergenza del virtuale, del non-familiare nel familiare, ovvero nel solito modo di sentire e di

    pensare del paziente, ha un effetto d'impatto perturbante, non perch si tratti di desideri che sono

    stati prima vissuti nell'infanzia e poi rimossi, ma perch il paziente si accosta ad aspetti di s mai

    sufficientemente pensati prima; cos accade a Teresa nel pensare al suo 'prendere corpo', che la porta

  • a sentire la spaventevole ed insieme eccitante sensazione di viversi senza contenitore/gabbia/guscio.

    Quanto ben colto da Antonio Di Benedetto, quando afferma: "Proprio questo duplice aspetto

    inquietante/rasserenante, disintegrativo/integrativo, dona un particolare connotato alla vera

    emozione estetica, che non mai puro e semplice piacere (...) ma sempre, in una certa misura,

    turbamento".(Di Benedetto,2002, p.78)

    Le concezioni di sviluppo mentale oggi a disposizione e le formulazioni di inconscio alle quali la

    clinica e le ricerche scientifiche del nostro tempo si riferiscono, convogliano a considerare come la

    funzione del linguaggio nel lavoro analitico abbia da estendersi fino a generare un sapere estetico, un

    pensare il sentire, per incontrare il paziente il pi possibile nella sua integrit esistenziale,

    attrezzandoci per contattare le sue molteplici e contemporanee possibilit di attribuzione di

    significato, rappresentazioni della vasta gamma di esperienze simboliche e subsimboliche. Nella

    tradizione psicoanalitica autori come Bion e Loewald, hanno colto, anticipato e sviluppato l'interesse

    per il movimento bidirezionale tra pensabile e ci che resta percezione corporea indigerita,

    sollecitando l'analista ad affinare la sua ricettivit estetica.

    Per Loewald le parole: " Sono incarnazioni sonore e grafiche dell'attivit simbolica stessa,

    elementi non solo di esperienza, ma anche dell'attivit di esperire. Il linguaggio deriva il suo statuto

    privilegiato nell'ambito del simbolismo dal fatto che funzione e intenzione primaria delle parole

    quella di fornire, di essere un ponte tra elementi di esperienza diversa da esse e di operare connessioni

    tra questi elementi" (Loewald,1988,p.63). Come clinici siamo chiamati ad avventurarci alla

    conoscenza del mondo soggettivo proprio attraversando quei ponti e potenziandoli, impiegando le

    parole non tanto per inseguire l'ampliamento della consapevolezza esplicita, ma collaudare il potere

    del linguaggio nell'attivare nuove giunzioni tra i diversi sistemi mentali, favorendo un processo

    creativo nella mente del paziente. In quest'ottica, l'interpretazione psicoanalitica si delinea essa stessa

    come fatto creativo: sentire ci che potr essere, non la ricerca di eventi passati, ma "di un pensiero

    che verr" (cfr. Di Benedetto,2000).

    Bibliografia

    Di Benedetto A. (2000) Prima della parola. L'ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le

    forme dell'arte. Milano:Franco Angeli.

    Di Benedetto A. (2002). Il perturbante estetico come esperienza bi-simmetrica (Escher e

    Magritte). In: Bria P., Oneroso F., a cura di, Bi-logica e sogno. Sviluppi matteblanchiani sul pensiero

    onirico. Milano:Franco Angeli.

    Loewald H.W. (1988). Trad.it.: La sublimazione.Torino: Bollati Boringhieri, 1992.

    Martini G. (2009). Nuove prospettive sul funzionamento mentale inconscio e loro riflessi nella

    pratica clinica. In: Moccia G.,Solano L., a cura di, Psicoanalisi e neuroscienze. Risonanze interdisciplinari.

    Milano:Franco Angeli.

  • IL CASO DI LAURA di Mariangela Bucci Bosco

    Laura arrivata nel mio studio due anni fa. Sono rimasta sorpresa nel vederla, lavevo

    incontrata in anticamera diverse volte negli anni precedenti ed avevo pensato che fosse in terapia con

    uno dei miei colleghi, invece era seguita per la sua tesi di laurea in Scienze della Formazione.

    Quando le ho detto che mi ricordavo di averla incontrata si stupita. Mi sono chiesta che cosa

    mi aveva colpito di lei, tanto da ricordarla nitidamente dopo alcuni anni e senza averle mai rivolto la

    parola e come mai lavessi riconosciuta cos prontamente.

    Mi aveva colpito il suo atteggiamento fisico: rannicchiata, rigida, con laria sofferente, chiusa.

    Quando arrivata in terapia era come la ricordavo.

    La ragione che laveva portata in terapia era un senso materno che non ho, una paura per le

    cose irreversibili, sentire che il suo istinto alla vita era molto precario. La paura relativa ad un figlio

    era descritta come una paura di non sostenere delle sensazioni e, allo stesso tempo, verificare che la

    vita a volte le sembrava tanto faticosa da non farle sentire il desiderio di maternit.

    Nel frattempo mi comunicava che la sua era stata una vita molto fortunata.

    Cl. Il senso materno che non ho, ci sto anche bene, una cosa un po comoda ()

    Cl. Non sono abbastanza generosa, ho amore per las mia libert, ho paura delle cose

    irreversibili. Credo di prendermi un po in giro a dire queste cose. Un figlio abbracciare la vita, io

    sono poco vitale. Listinto alla vita un tema molto preciso. Eventi nella vita mi hanno portata ad

    avere una grossa puara. ( )

    Cl. Questa forma di controllo, essendo onesti, un po ce lho. ()

    Cl. Forse la paura di non farcela, di non sostenere delle sensazioni. Non posso dire torno

    indietro. Quando hai un figliuo sei responsabile, dovrei come decidere che voglio vivere sempre,

    voglio stare bene. Non mi fido di me , perch adesso non cos. ()

    Si descriveva come una persona che era stata una bambina molto diligente che faceva bene il

    suo compito. Poi, a un certo punto ho sentito di non stare in equilibrio, di avere paura di spendersi,

    di temere molto la rabbia altrui ed accennava al timore che la rabbia altrui le facesse un po da

    specchio, definendolo un limite di non ritorno.

    Il mio rimando stato Ha paura di disintegrarsi?, la risposta stata Lo percepisco spesso

    (.) quando inizio ad emozionarmi ho paura di non tornare pi.

    Cl Per verso le cose positive ho degli istinti. Sono stata una persona molto solare. Ho fatto

    degli sport in cui ho dovuto tirare fuori delle energie, negli studi. Ci sono delle cose che mi hanno vista

    lottare in senso positivo. E a volte ho ( una voce che dice) ma io le voglio! Si, un tono nostalgico.

    Una delle ragioni che laveva portata in terapia era la non accettazione di s, un giudizio, anzi

    un pregiudizio negativo nei suoi confronti. Lidea che cera stato un prima in cui si sarebbe definita

    una persona accogliente ed un ora che la faceva percepire pesante. La spinta al cambiamento la

  • sentiva un giorno si e dieci no, era stanca , stanca di pensare, stanca dei suoi pensieri autodistruttivi,

    cosciente di avere lavorato tanto di testa e di sentire che questo non le serviva pi.

    Cl Sono sempre stata sul capire, sul piano cognitivo. (.)

    Ultimo solo per ordine, aveva conosciuto un uomo con cui voleva essere diversa da come era

    stata nelle sue storie precedenti.

    Cl. Con A. sono una donna nuova. E sento che voglio essere diversa con lui. Per la prima volta

    nella mia vita, davanti a una sua richiesta di aiuto, ho detto no, dai 18 mesi a una donna adulta. Per

    me stato un passaggio epocale nella mia vita. ()

    Una cosa per me, e non mi sentivo in colpa. Una carezza, meritavo un equilibrio vero, non

    controllato.

    Dopo il primo colloquio, se il Cliente desidera un nuovo appuntamento, propongo di vederci

    altre tre volte proponendo che al quarto incontro faremo il punto e valuteremo se il percorso utile

    quello di una psicoterapia, se riterr che la Terapia Centrata sul Cliente sia il modello utile per quel

    Cliente e, naturalmente, valuto con la persona la possibilit di lavorare insieme, di fidarci

    reciprocamente.

    La fiducia del Terapeuta nei confronti del Cliente un caposaldo della TCC. Il postulato di base

    dice che ogni essere umano possiede la Tendenza Attualizzante, una tendenza che appartiene a tutti

    gli esseri viventi e che li porter ad attualizzarsi al meglio delle proprie potenzialit se a loro sar

    offerto un clima facilitante. La fiducia del Cliente, naturalmente, non altrettanto scontata e, senza la

    possibilit di costruire unalleanza terapeutica, nessun processo possibile.

    Generalmente in questi successivi tre colloqui, raccolgo la storia di vita, a meno che il Cliente

    non abbia delle urgenze che richiedono ascolto immediato.

    Laura non sembrava avere urgenze, aveva scelto di fare questo percorso non sulla base di

    unurgenza ma di un desiderio.

    Al momento dellinizio della terapia aveva 36 anni.

    Racconta che la figlia maggiore di una madre molto cattolica, al contrario del padre, dice di

    essere stata concepita il giorno del loro matrimonio e di avere un fratello pi giovane di quattro anni.

    Descrive la madre come censurante, vigilante, attenta, vicina e lontana

    Ricorda un episodio in cui si era fatta male con delle forbici, aveva soppresso il dolore per

    paura della reazione della madre. La madre, anche oggi, quando racconta questo episodio ride,

    io no. Anche perch la reazione della madre era stata,in quelloccasione, come Laura aveva

    temuto, di rabbia.

    Cl Mia madre mi racconta che ero attratta dalle forbici, lei diceva non toccarle!. Una volta mi

    sono cadute sul piede e mi sono tagliata. Mi ricordo che mi sono tirata su il calzino. Avevo paura di mia

    madre, avevo represso il dolore. Me lo racconta ridendo, io no. (.)

  • So che avevo pi paura della sua reazione che del dolore. E sempre stata una persona dura, ci

    ha picchiato, come tutti, le punizioni ti privo di questo. Per soprattutto ho avuto paura del suo

    volto censurante, della sua espressione e della sua poca apertura emotiva, e della sua rigidit.

    Un altro episodio si riferisce ad un giorno in cui la madre stava per scoppiare in lacrime; Laura

    le si era avvicinata e la madre, con una brusca sterzata di tono le aveva chiesto Cosa vuoi per cena?.

    Il padre descritto come assente, ambivalente, ambiguo, neutro, affettuoso.

    Linizio del matrimonio dei genitori era stato difficile ma quello che le veniva detto era che poi

    era nata lei, e che lei era nata per riconciliare. Laura lo definisce il suo tema di vita.

    Cl. Non piangevo e non chiedevo aiuto, ero una bambina molto buona. Mia madre si lamentata

    di 1 mese della mia vita, in cui avevo scambiato il giorno per la notte.

    Mia madre si voleva separare i primi mesi di matrimonio, mio padre non si voleva staccare

    dalla famiglia paterna (.) io sono nata per riconciliare.

    T Come se lo vissuto?

    Cl. Come un tema di vita. Del riconciliare sempre, fare sempre che le cose vadano bene. (.)

    Nella vita un po lho fatto e nel lavoro mi stato detto. Io mi allarmo se qualcuno alza la voce, litiga; io

    tendo a conciliare. Ho fatto larbitro di calcio. (..)

    Cl. Tendenzialmente non sono una persona ansiosa, che tutto mi da ansia.

    Lequilibrio familiare girava intorno al lavoro e le regole, molto rigide, erano dettate dalla

    madre.

    Cl. Lei mi ha passato tanto quello che una donna non deve essere: ammiccante, provocante;

    lideale di donna molto forte, molto sobria, coerente, onesta.

    Lei era una bambina che non chiedeva aiuto ed era molto buona, ricorda che si allarmava molto

    quando si alzavano i toni in casa Un po lo sento giusto perch non si deve fare, si allarmano le

    persone, e un po perch allarma me.

    Ladolescenza descritta come un periodo difficile, la censura materna era molto forte lei mi

    ha passato tanto quello che una donna non deve essere: ammiccante, provocante; lideale di donna

    forte, molto sobria, coerente, onesta. Lei sentiva cose diverse ma parlava con le parole di sua madre

    Cl Dicevo le cose che diceva mia madre. Mi ricordo di avere detto (nel gruppo della parrocchia)

    un pensiero che era di mia madre, sono stata presa un po in giro.Me lo ricordo benissimo, percepivo

    uno scollamento per lo facevo lo stesso.

    Sapevo gi cosa dovevo fare, era piuttosto chiaro, il modello era definito. E stato cos fino a 18

    anni.()

    Cl. Certi spazi li ho presi dicendo una bugia.

    T. La libert ed il senso di colpa viaggiavano insieme?

    Cl. Si, Si!

    Nel periodo adolescenziale ha avuto una precedente esperienza terapeutica durata un anno e

    che ha interrotto bruscamente Non ho mai veramente colto loccasione. Poi, andava anche mio padre

  • e questo era pesante(.). Sedermi nello stesso posto dove sedeva mio padre mi riproponeva un

    setting che mi metteva a disagio.

    Dal racconto delladolescenza Laura passa agli ultimi anni dicendo che a 34 anni andata a

    vivere da sola, portando con s il suo dover essere e sorridendo perch altrimenti gli altri si

    preoccupano.

    Cl. Sono andata a vivere da sola due anni fa, alla tenera et di 34 anni. Dentro di me non sono

    pi come allora, sono molto pi consapevole di quando mi volto ( a guardare cosa pensano). Sento che

    emotivamente mi colpiscono meno. Il mio dover essere lho sempre avuto, Sorridi perch altrimenti

    si preoccupano

    Ora desidera costruire una famiglia anche se suo padre le ha detto Se tu andassi via, mi

    daresti una grande delusione.

    Dichiara di essere stata sempre cos accomodante da vestire i panni degli altri.

    Cl. il mio attuale compagno, ci abbiamo messo un anno per metterci insieme, siamo insieme

    da 778 mesi. Intanto, non fingo. Non vorrei mollare questa direzione. Certe cose fanno parte di me,

    tristezza, malinconia, se non trovo uno spazio, scoppio.

    Non semplice. Avere sentito queste c ose non significa averle gi raggiunte. E bello,

    appagante quando tutti sono contenti di te, a tutti piaci. Devo tenere conto che non lo reggo, non mi d

    una reale soddisfazione. Potrebbe essere giusto se volessicontinuare a guardare la mia vita. Siccome

    sto iniziando a viverla, se non ho lapprovazione di qualcuno, pazienza1 E una cosa in cui

    casco.(.)

    Cl. E poi sento spesso linquinamento che non mi rende capace di distinguere quello che sono

    da quello che ( era un modello esterno), e giorno dopo giorno mi dicevo che era giusto essere

    cos.()

    Cl (..)E ha avuto conseguenze molto dure nei rapporti con laltro sesso.

    Durante la quarta seduta, quando avremmo dovuto fare leventuale contratto terapeutico,

    Laura mi dice che ha Una specie di allucinazioni() sento addosso delle lame che mi tagliano nella

    parte interna del corpo. Queste immagini mi vengono sempre quando sono sotto la doccia, non so

    perch (..) E una lama che non ha nessuno, come se lo facessi io, vedo la carne che si apre

    (.) . Quando prendo la lametta per depilarmi, vado molto piano, come se avessi paura di non

    controllarmi. Ed aggiunge Io da anni mi immagino delle cose mentre guido, passo da uno stato

    cosciente ad uno quasi incosciente, mi immagino che devo superare delle prove. Passa a parlare della

    sua relazione attuale, della disperazione che prova quando non sente accolti i suoi sentimenti, le sue

    percezioni. La fa sentire profondamente minacciata.

    Nel racconto, verso la fine della seduta, Laura mi comunica che stata ricoverata in un reparto

    di psichiatria perch non stavo bene, per una diecina di giorni nel reparto chiuso e poi per un

    anno aveva seguito un iter, andava una volta alla settimana per un colloquio per la verifica della

    terapia farmacologia. Al momento della dimissione un tirocinante si era offerto di continuare a

  • seguirla, aveva accettato perch Stavo molto male. Non ce la facevo pi a sentire questo dolore che

    provavo. Era insostenibile portare avanti questo doppio binario di vita interiore cos dolorosa e

    questa vita cos normale. E quindi ho tentato il suicidio. In questo pensiero trovavo rifugio.

    Non ho mai ritenuto di dover fare domande per approfondire quello che stava portando, era

    chiaro che stava seguendo i suoi tempi, il suo bisogno di dire e secondo un ordine che non sembrava

    affatto casuale.

    Laura ha racconta che aveva organizzato tutto perfettamente, mettendo da parte i farmaci che

    poi sarebbero serviti per morire; si era andata a confessare per purificarmi, volevo arrivare pronta,

    aveva lasciato una lettera per i suoi genitori e per il ragazzo che frequentava. Si salvata perch al

    mattino era ancora viva e i suoi genitori hanno potuto chiamare i soccorsi. Ricorda la disperazione del

    padre e la forza di sua madre. Aggiunge Non sono stata grata di essere salvata, non ero contenta.

    Ho ricominciato sullo stesso binario, anche quellopportunit non lho colta () In

    ospedale io non facevo la malata, mi occupavo di tutti. Ero cos solare!.

    Non ho voluto interrompere il racconto, ho rimandato il contratto alla seduta seguente. Mi era

    chiaro che Laura aveva avuto bisogno di testarmi prima di rivelare la parte di s che le faceva paura e

    la parte della sua storia cos dolorosa. Cera stato un crescendo di intimit che la Cliente sembrava

    desiderare nonostante laspetto chiuso e lassenza di emozioni.

    La domanda che mi sono fatta a questo punto stata: la Cliente soddisfa le tre condizioni che

    secondo Rogers sono necessarie perch avvenga il processo terapeutico?

    1)Si stabilito un contatto tra noi?

    2)La Cliente in uno stato di disaccordo interno, di vulnerabilit o di angoscia?

    3)La Cliente percepisce, anche in misura minima, la presenza della considerazione positiva del

    Terapeuta e la comprensione empatica del suo schema di riferimento interno?

    Alla luce di questi primi incontri mi sembrava di si.

    Ed io, sarei stata capace in questa relazione terapeutica di incarnare le tre condizioni

    necessarie e sufficienti per promuovere il processo di crescita/ cambiamento di questa Cliente? Sarei,

    cio, stata capace di essere, non mostrarmi bens essere, in uno stato di accordo interno, almeno

    durante il corso del colloquio e in rapporto alloggetto della relazione con la Cliente? Sarei stata in

    grado di provare sentimenti di considerazione positiva incondizionata nei suoi confronti? E sarei stata

    in grado di ascoltarla con empatia, cio con la capacit di sentire il mondo dellaltro come fosse il

    proprio ma senza mai perdere la qualit del come se?

    La Terapia Centrata sul Cliente molto esigente, non prevede tecniche ma propone un modo di

    essere.

    Alla luce di questi primi colloqui, mi sembrava che avremmo potuto lavorare insieme

    verificandosi tutte le sei condizioni.

    Facendo riferimento ai sette stadi del processo terapeutico che Rogers propone in Terapia

    Centrata sul Cliente, posso dire che Laura era nel primo stadio per quanto riguardava la Modalit

  • delle relazioni interpersonali Le relazioni profonde e piene di scambi sono percepite come

    pericolose, sono evitate quando appaiono ricche di sentimenti Questo stato uno dei punti focali del

    nostro lavoro insieme, per tutti e due gli anni della durata del percorso.

    Nel Modo di affrontare i problemi, Laura appariva pi avanti rispetto agli altri punti del

    processo terapeutico e, cio i problemi sono percepiti ma le soluzioni sono viste come inefficaci. Era

    arrivata in terapia perch si rendeva conto delle sue serie difficolt nel rapportarsi con luomo che

    amava ma non vedeva nessuna possibile soluzione ed aveva deciso di farsi aiutare venendo in terapia.

    Ho collocato la Comunicazione del S al terzo stadio Inizia la comunicazione dellespressione

    del S tuttavia il S viene inteso come oggetto riflesso negli altri.

    La Relazione con i sentimenti era rappresentata dal secondo stadio I sentimenti possono

    essere espressi ma non percepiti come propri, a volte sono descritti come riferiti al passato, sono poco

    differenziati.

    Anche il livello di disaccordo interno era collocabile ad un secondo stadio Emerge una prima

    manifestazione della discrepanza ma presente una forte oggettivizzazione del S

    E riguardo al Modo di sperimentare per Laura Lesperienza immediata riferita al passato

    oppure ne condizionata, lesperienza personale oggettivizzata ed intellettualizzata.

    Al quinto colloquio, Laura scesa pi nei particolari raccontando le ragioni che lavevano

    portata a tentare di uccidersi.

    Leducazione rigida e le pulsioni delladolescenza lavevano fortemente scompensata. Sentiva

    emergere la sua femminilit che era guardata con sospetto e che era pesantemente giudicata da sua

    madre e, allo stesso tempo, appariva come la brava bambina. Provava un grande senso di solitudine

    che non veniva percepito dallesterno. Aveva avuto le sue prime esperienze sessuali ed era rimasta

    incinta. Da sola, con il suo ragazzo, aveva fatto tutte le pratiche per linterruzione volontaria della

    gravidanza. In casa non si erano accorti di niente. Laveva raccontato ad uninsegnate del liceo che era

    stata molto comprensiva ma poi laveva tenuto quasi esclusivamente per s e dice Ho iniziato ad

    avere un processo di dissociazione, il mio mondo interiore era distante dalla realt. In quel frangente,

    ha deciso di lasciare il ragazzo, dopo poco pi di un mese ha compiuto 18 anni ed il mese dopo ancora

    stata ricoverata a psichiatria. Durante il ricovero la madre ha indagato e scoperto cosa era successo.

    Mentre il padre cercava di farle arrivare il suo amore e la sua preoccupazione, cercava di consolarla

    Non hai colpa di niente, non hai fatto niente, passa tutto, anche in quel momento la madre non

    riuscita a rinunciare alla sua rigidit ed ha opposto un Le cose si fanno in due e la colpa di tutti e

    due. Dopo questi eventi non hanno pi parlato dellaccaduto ed anche Laura ha cercato di vivere

    come se non fosse mai accaduto. Nel raccontarsi in terapia, affiora un ricordo dimenticato: lei aveva

    trattenuto il ragazzo, lei aveva provocato la gravidanza perch forse era inaccettabile per lei la

    sessualit fine a se stessa.

  • Luomo che frequenta la prima persona con cui ha voluto condividere questa parte della sua

    vita ma, allo stesso tempo gli ha detto duramente, che non voglio avere figli. Quando affiora il

    pensiero di un figlio, lo percepisce come un mondo che per lei inaccessibile.

    Rogers dice in Psicoterapia e Relazioni umane di Kinget e Rogers : La teoria della

    personalit che abbiamo finora formulato si applica, a differenti gradi, ad ogni individuo. I due punti

    che seguono trattano invece processi che si osservano soltanto in talune condizioni. Eccole:

    1)se esiste un forte disaccordo tra lIo e lesperienza e se questo disaccordo, in seguito a

    qualche esperienza critica, viene ad essere svelato in modo improvviso ed innegabile, il processo

    di difesa si riveler impotente.

    2)Il soggetto prova questo stato di disaccordo a livello di sottocezione e diviene ansioso.

    Lintensit dellangoscia proporzionale alla vastit del settore dellIo colpito dalla minaccia.

    3)Rivelandosi impotente il processo di difesa, lesperienza diviene correttamente

    simbolizzata. Sotto lo shock di questa presa di coscienza, si produce uno stato di disorganizzazione

    psichica.

    4)In questo stato di disorganizzazione, lindividuo manifesta spesso un comportamento

    strano ed instabile, determinato talora da esperienze che fanno parte della struttura dellIo e

    talora da esperienze che non ne fanno parte () Sotto le condizioni di disorganizzazione, la

    tensione e il conflitto tra la struttura dellIo ( con le sue lacune e deformazioni esperienziali) e le

    esperienze scorrettamente simbolizzate, o non assimilate alla struttura dellIo, conducono ad una

    lotta costante (.) .

    Questo quello che accaduto a Laura, e questo quello che lha accompagnata per quasi 18

    anni, mano a mano che si difendeva diventando sempre pi rigida e sentendosi sempre pi spaventata

    dalle proprie emozioni e da quelle degli altri, a dispetto della sua sensibilit che lha continuamente

    esposta a sentirsi scissa, parola che lei ha usato tante volte in terapia.

    La relazione di coppia stata unimportante palestra che le ha permesso di fare continuamente

    il passaggio tra la vita e la terapia e tra la terapia e la vita.

    Sono emerse le sue difficolt nel rapporto sessuale, nel rifiuto della mascolinit se solo questa

    veniva associata al piacere, alla forza; sono emersi i suoi costrutti che le impedivano di affidarsi ad un

    uomo se questuomo non rispettava i parametri della madre di Laura; emersa la difficolt che

    provava ogni volta che avvertiva la rigidit dei suoi costrutti: una donna che ama , un uomo che

    ama e , dice Laura, sotto ognuna di queste etichette c una lunga lista di definizioni.

    Prover a riportare una parte della comunicazione di Laura negli ultimi mesi, prima di

    decidere, concordemente, di interrompere la terapia.

    Cl. Il boicottaggio delle immagini, mi succede quando sta per accadere una cosa bella. Il

    compleanno di A., sentivo che potenzialmente poteva essere una cosa bellissima. (.)

    Le cose belle, mi sembrano ancora poco vere, che ci sia qualcosa di irreale, incredibile, resto

    incredula(.) che io possa rovinare il momento perch mi viene in mente qualcosa ()

  • Come se io non mi dovessi abituare a stare bene. Mi mettono in tensione. Mi allarmo. E anche

    fisicamente divento pi tesa.

    Ora inizio un po ad arrabbiarmi

    Laura ha sentito che il sintomo orribile sotto la doccia, che non si presenta quasi pi, che lei

    accoglie con molta meno paura, perch ora si fida della sua capacit di non perdere il controllo ogni

    volta che le emozioni si fanno sentire, era un sintomo legato al piacere.

    Cl. (Lacqua) Porta via tutto, un lusso che mi prendo. Ecco, infatti arriva anche l questo

    pensiero intrusivo. Cose piacevoli, e pi sono piacevoli e pi le immagini sono forti, difficili da

    mandare via, cruente.

    Laura ama fare la doccia, stare sotto lacqua calda e questo non le era concesso dalla sua

    struttura del S rigida che aveva incamerato molti dei dettami materni come se fossero stati suoi.

    Cl.Sto imparando una cosa di me, quando sono preoccupata, mi scatta una consapevolezza che

    lui ( il marito) fa fatica a concretizzare e io mi sento responsabilizzata. Mi entra agitazione,

    arrabbiatura.

    T. Risentimento?

    Cl. Si. E mi funziona in maniera respingente, a livello fisico si traduce in fastido, in modo

    violento, un non sopportare. Lui teme la distanza, viene pi vicino. Si innesca questa dinamica di

    coppia (..) Ho capito che contingente, che ha una causa, che mi dice di me. Ho

    capito che non posso decidere tutto, unaspettativa fuori misura. Lho portato avanti tantissimo,

    influenzare con il mio potere ( il pensiero, il sentire) lesperienza corporea.

    Laura ha rivisto la sua relazione con il corpo dei suoi genitori. In un clima di giudizio rispetto a

    tutto quello che riguardava il piacere della sessualit, era consentita una confidenza con il corpo del

    padre che lei poteva vedere nudo, che una persona invadente dal punto di vista fisico, che in certi

    momenti sento che non lo sopporto (.) non ho mai visto mia madre nuda e vedevo mio

    babbo nudo. (.) ero un po la sua damigella. Mi piaceva che fossimo un po una coppia, allo

    stesso tempo mi dava fastidio. () _ Ci pensi te a babbo_ in quanto femmina, non in quanto figlia.

    Laura stata una bambina, e poi una ragazzina, e poi unadolescente, sola con i suoi

    turbamenti. Non solo nessuno era in grado di aiutarla ma venivano rinforzati i suoi timori, le sue

    paure, con la confusione dei doppi messaggi.

    Cl. Vedo che se me lo dimentico il mio corpo, un po lo pago. Laltra volta mi ha colpito quando

    ha detto ( Terapeuta) che con il mio babbo non stavamo parlando di fatti ma di sensazione. Tante

    volte ho vivisezionato i fatti mentre quello che conta quello che ho sentito. E ha importanza anche

    quando siamo piccolissimi, la potenza di quello che sentiamo. Io non mi ricordo i fatti di quando ero

    piccola ma mi ricordo le sensazioni!

    Ho una predisposizione a questo tipo di memoria. Sto iniziando ad usare una lente diversa. Non

    sono arrivata da nessuna parte con quel tipo di lettura l, era una specie di forzatura. ( Ora9 mi sembra

  • che quelle sensazioni acquistino credito, e mi fa trovare un po pi di serenit. Sto acquistando un po

    pi di leggerezza. Non pensavo fosse una possibilit.

    Uno degli aspetti su cui abbiamo maggiormente lavorato, stato il rapporto di laura con la sua

    sessualit e con i maschi, in particolare con luomo che, nel frattempo, diventato suo marito.

    Cl. la sessualit comporta il lasciarsi andare, la lavatrice la posso fare anche borbottando!

    (.) sono strappi per me. Come passare dalla neve al sole (..) come immaginarmi la persona

    sulla zatterino con lo squalo che mi gira intorno

    Dopo due anni tra un mese, credo di poter dire che Laura molto avanti nel processo

    terapeutico, che ha perseguito con costanza, determinazione, forte motivazione.

    Per quanto riguarda la relazione con i sentimenti, la colloco al sesto stadio i sentimenti

    precedentemente inibiti sono sperimentati liberamente, i sentimenti fluiscono senza ostacoli,

    limmediatezza dellesperienza attuale accettata . Ama riconoscere la sua rabbia, la sua diffidenza, il

    piacere di affidarsi, la non volont di caricarsi dellaltro. Tutto quello che prova accettabile.

    Riconosce con chiarezza che la paura di sua madre che fa equivalere la sua sensibilit, il suo desiderio

    di essere le sue emozioni, con la bizzarria, se non la follia, qualcosa che non le appartiene, che pu

    non spaventarla perch la rappresentazione delle paure di qualcuno che non lei.

    Il grado di disaccordo interno corrisponde al quinto stadio Contraddizioni ed incongruenze

    sono affrontate direttamente, emerge il desiderio di identificarsi con il S reale, il dialogo allinterno

    del s sempre pi libero.

    Il modo di sperimentare tra il quinto ed il sesto stadio: Lesperienza attuale libera e non pi

    estranea, emerge il bisogno di esperienza, compaiono sorpresa e timore, non sempre compiacimento,

    lesperienza ha la qualit del processo e Laura lo simbolizza con accuratezza.

    La Comunicazione del S ( quinto stadio) libera allinterno del S, la verbalizzazione

    accurata, sono verificate con laltro le definizioni cognitive. I costrutti personali ( sesto stadio) sono

    relativizzati, gli schemi di riferimento sono messi in discussione.

    Nel modo di affrontare i problemi ( sesto stadio), la differenziazione tra problemi esterni e

    interni scompare, i problemi sono tutti soggetivizzati.

    Nella modalit delle relazioni personali, l dove Laura aveva iniziato il percorso con maggiore

    difficolt, possibile collocarla tra il quarto ed il quinto stadio: Le relazioni sono percepite come

    pericolose ma si accetta di correre un rischio limitato in alcune aree della propria vita mentre, in altre

    aree, le comunicazioni interpersonali sono affrontate e vissute liberamente.

    Laura sta per partorire, qualche giorno fa ci siamo accorte, con commozione reciproca, che la

    sua gravidanza giunger a termine esattamente dopo due anni dal nostro primo incontro. Laura

    sospender la terapia ma desidera continuare il nostro lavoro perch Ci ho pensato, passer del

    tempo prima che ci vedremo. Sicuramente avr bisogno di costruirla una chiusura. Come si costruisce

    un percorso, avr bisogno di costruirla una chiusura. E forse avr voglia di affrontare altre cose. Non

  • sento che il percorso finito. E tutto questo Laura lo dice con le spalle dritte, la faccia sorridente, lo

    sguardo che cerca il contatto oculare.

    Ha concluso parlando del suo rapporto con suo marito Con Francesco abbiamo fatto un

    percorso, parliamo di emozioni e stiamo benissimo. E lui ha stima di me, riconosce la forza di questo

    strumento. Laura non ha pi paura di impazzire ogni volta che si sente vibrare.

  • SVOLTA RELAZIONALE, GESTALT-TERAPIA E PSICOANALISI di Bernd Bocian

    Ci che propongo nelle seguenti pagine una breve contestualizzazione storica del nostro

    essere relazionali e del fatto che tutti gli orientamenti qui presenti, gi da molto tempo, si possano

    definire tali.

    In altre parole e in un certo senso, tutti noi, appartenenti a questi diversi orientamenti, ci siamo

    gi incontrati e parlati parecchio tempo fa.

    Parler brevemente dei nostri collegamenti e intrecci biografici, in parte dimenticati e anche

    rimossi, perci assolutamente da ritrovare.

    Da tempo si parla di una svolta relazionale, ma in realt la novit di questa svolta e del

    relativo cambiamento di paradigma appare tale solo per la corrente, a lungo dominante,

    dellortodossia freudiana e in parte per l'approccio comportamentale. Fino a poco tempo fa questo

    cambiamento stato percepito dalla psicoanalisi ufficiale tedesca come una novit, come una

    importazione dagli Stati Uniti. Ma le cose non stanno cosi.

    Il relazionale e il dialogico in terapia esistono gi da lungo tempo: mi vengono in mente la

    filosofia del dialogo di Martin Buber e la sua influenza non solo su Rogers, ma anche su Lore Perls e

    Erich Fromm: questi ultimi due hanno avuto lopportunit di essere stati suoi allievi e di avere goduto

    dell'atmosfera integrativa del vecchio Istituto Psicoanalitico di Francoforte (un luogo importante e

    largamente dimenticato).

    Pensiamo al Human potential movement degli anni Settanta, la terza forza del movimento

    psicoterapeutico, dopo quello psicoanalitico e cognitivo-comportamentale.

    La Gestalt Therapy e l'approccio centrato sulla persona facevano parte del movimento delle

    cosiddette terapie umanistiche negli anni sessanta. Ma bisogna anche dire che, se il movimento ha

    favorito enormemente la diffusione dei due orientamenti citati, entrambi essi erano stati sviluppati e

    creati gi molti anni prima (Perls e Rogers hanno pubblicato il primo libro nel 1942).

    Di conseguenza, nei miei primi anni di lavoro in Germania era per esempio una cosa naturale

    trovarmi nei gruppi di supervisione insieme con collegi rogersiani.

    Pensando alla psicoanalisi ortodossa, a mio parere ha ragione Paolo Migone, quando dice, per

    quanto riguarda la grande importanza di Kohut per un cambiamento fondamentale in questa

    psicoanalisi, che si pu per parlare della "scoperta" dell'empatia da parte di Kohut solo se si

    ignorano le precedenti posizioni di Rogers.

    Kohut veniva dalla scuola di Chicago, dove Franz Alexander era una figura centrale (ricordo la

    sua idea, tanto criticata, della esperienza emotiva correttiva). E Alexander veniva dalla scuola

    ungherese di Ferenczi.

  • Tutto ci che in psicoanalisi si chiama oggi relazionale o interpersonale ha le sue radici in una

    linea che va dai primi esperimenti di Freud e Breuer a quelli di Ferenzi e Rank (ricordo qui l'influenza

    di Otto Rank su Rogers).

    Ferenczi e Rank nel 1924, anno in cui Perls iniziava la sua prima analisi con la Horney, nel

    lavoro "Prospettive di sviluppo della psicoanalisi" (un testo cruciale), cercavano di sviluppare la

    pratica analitica e renderla pi efficace. Essi proponevano, in particolare, di restituire pi peso

    allesperienza emotiva, in relazione a ci che accadeva nella situazione reale della stanza di terapia.

    - Si pu tracciare una linea che va da Francoforte (dovera Erich Fromm e dove Frieda Fromm-

    Reichmann era docente di Lore e Fritz Perls) al White Istitute di New York dove si trovavano Sullivan

    e Clara Thompson.

    - Unaltra linea arriva a Londra attraverso Balint.

    - E una terza, in gran parte dimenticata, va dallIstituto di Francoforte con il suo approccio

    integrativo e inter-professionale (l, nel primo Istituto per la ricerca sociale di Horkheimer e Adorno

    dialogavano psicoanalisti, psicologi della Gestalt, Goldstein e la sua teoria organismica,

    l'esistenzialismo di Paul Tillich e sociologi di sinistra) allIstituto di Berlino col gruppo dei cosidetti

    freudiani di sinistra e analisti del carattere: era questo l'ambiente di socializzazione psicoanalitica di

    Fritz Perls.

    Scrive Paolo Migone nella sua prefazione all'ultimo libro della collega Margherita Spagnuolo

    Lobb: Il libro mostra molto bene quante e quali siano ormai le aree di sovrapposizione tra diversi

    approcci, e mostra anche come concetti centrali della psicoterapia della Gestalt abbiano anticipato

    sviluppi recenti della psicoterapia [], ad esempio alcuni aspetti della psicoanalisi contemporanea

    In che senso? I fondatori della Gestalt sono stati semplicemente geniali? Non credo, ma credo

    invece che fossero persone creative e pi audaci di altre. Molti concetti della terapia della Gestalt si

    sono sviluppati allinterno del movimento psicoanalitico e rappresentano revisioni della meta-teoria,

    della pratica terapeutica e della critica culturale di Freud. Le analogie attuali, tra Gestalt e psicoanalisi,

    diventano pi comprensibili, perch la psicoanalisi freudiana o kohutiana ha riscoperto esperienze di

    psicoanalisti dissidenti, che non sono stati accolti nel canone della corrente ortodossa, ma sono

    sopravvissuti allinterno della terapia della Gestalt. Come sono sopravissuti all'interno del White

    Institute, culla della psicoanalisi relazionale.

    Per questo non parlerei soltanto di un avvicinamento tra scuole, bens anche di un

    riconoscimento.

    Come terapeuta della Gestalt mi sento profondamente legato ai dissidenti della scuola

    freudiana e a quel pezzo di storia della psicoanalisi. La psicoanalisi un progetto di ricerca (Perls) e

    come scienza umana non pu essere monopolizzata (Wolfgang Cremerius ).

    Nell'ambito della storia della psicoanalisi, e in particolare della storia della sua emigrazione

    dopo il 1933, vedo nella terapia della Gestalt una legittima prosecutrice di una linea tradizionale,

    tendenzialmente interattiva, che conteneva elementi attivi, esperienziali e sperimentali, che

  • coinvolgeva sempre di pi lanalista e che verso la fine degli anni Venti sarebbe confluita a Berlino

    nell'analisi del carattere, come fenomeno di transizione.

    Facevano parte del gruppo molto ristretto dei cosiddetti freudiani di sinistra e analisti del

    carattere a Berlino Karen Horney (la prima analista di Perls), Wilhelm Reich (l'analista pi importante

    di Perls), Otto Fenichel (analista di controllo dei coniugi Perls), Erich Fromm, Siegfried Bernfeld e altri.

    Wilhelm Reich, il pi importante teorico dellanalisi del carattere insieme ad Otto Fenichel,

    viene perlopi lasciato completamente in disparte anche dagli psicoanalisti moderni. Averlo sullo

    sfondo invece per noi caratteristico. L'assorbimento degli inizi dellanalisi del carattere a Vienna e

    del suo sviluppo a Berlino da parte di Perls, negli anni dal 1927 al 1933, fu il momento in cui la

    tradizione interattiva venne tramandata allallora psicoanalista Perls.

    L'analisi del carattere dell'epoca, che ancora aveva pochissimo a che fare con la teoria reichiana

    dei blocchi e delle resistenze muscolari con la quale ancora oggi essa viene spesso confusa anche dai

    terapeuti della Gestalt, era di per s una variante della psicologia dell'io in via di sviluppo. Per noi

    importante il fatto che gi a quell'epoca si facessero dei tentativi di ricomposizione delle scissioni, in

    particolare di quelle tra psiche e corpo e tra individuo e societ. Tra il dentro e il fuori.

    Si trattava di estendere l'interesse dal sintomo a tutta la persona, dal passato alla situazione

    attuale, dai contenuti discussi e fantasticati alla superficie fenomenologica, esperibile ed osservabile.

    Col rafforzato interesse per il come andava di pari passo linteresse per i processi corporei ed

    emozionali attuali, per i segnali corporali e per le emozioni dissociate e per l'aumento della

    consapevolezza delle percezioni preconsce.

    In maniera crescente, entrava nel campo di osservazione quello che Daniel Stern oggi definisce

    come comunicazione implicita.

    Da un lato, psiche e corpo erano considerati interdipendenti ed entrambi importanti; dall'altro,

    la persona era nuovamente collocata in un ambito di realt sociale e politica. Si trattava

    tendenzialmente dell'analisi del campo complessivo, in un tentativo di tenere insieme biologia,

    psicologia e sociologia, che corrispondeva dichiaratamente alle intenzioni di Perls e Goodman.

    Voglio adesso accennare solo brevemente a una delle prospettive pi avanguardistiche di

    Gestalt Therapy del 1951. Perls e Goodman criticano gi sul finire degli anni Quaranta le prospettive

    adultomorfe che descrivono il bambino come primariamente narcisistico, autistico e pieno di

    sentimenti di onnipotenza. Per contro, essi procedono da una natura sociale fondamentale

    dellorganismo e della personalit che si sta formando, e vedono interazioni e riferimenti dialettici

    entro un comune campo madre-bambino: Poich, in quale senso il bambino essenzialmente isolato

    e indifeso? Egli appartiene ad un campo in cui la madre costituisce laltra parte. Il grido di angoscia del

    bambino costituisce un mezzo adeguato di comunicazione; la madre deve rispondere; il bambino ha

    bisogno di carezze, e la madre ha bisogno di accarezzare; e cos anche per le altre funzioni. Questo , a

    mio parere, un esempio di anticipazione di ci che Beebe e Lachman definiscono oggi il pensiero

    sistemico dal colorito relazionale della ricerca sull'infanzia (in Altmeyer et. al., p. 132).

  • Una visione che sul finire degli anni Quaranta si trova con questa chiarezza soltanto presso il

    gi allora emarginato e a tutt'oggi sconosciuto babywatcher Wilhelm Reich e nelle dispense dei

    seminari di Harry Stack Sullivan.

    Sullivan descrive, facendo riferimento alla teoria di campo di Lewin, le necessit del bambino

    come necessit di contatto interpersonali e complementari alle necessit della madre. Egli parla

    anche di complesso organismo-ambiente, mentre Perls e Goodman parlano del campo organismo-

    ambiente. Sullivan, del resto, avrebbe gi tenuto i seminari citati nell'inverno 1946/47, quando Perls

    ne sarebbe stato frequentatore al White Institute, dove avrebbe tenuto a sua volta un intervento. Non

    da escludere che nei passaggi corrispondenti del libro Gestalt Therapy siano confluiti anche appunti

    dai seminari di Perls di quel periodo.

    Voglio ricordare che Perls nei primi anni di New York aveva contatti stretti col White Institute e

    una relazione professionale e di amicizia con Clara Thompson, analizzata da Ferenczi, (che, cosi

    ricordano tutte due i Perls, mandava pazienti difficili a Perls e sembra che avesse anche provato a

    farlo entrare come docente nel Istituto).

    Le esperienze berlinesi con un analista didatta prevelamente muto (Fromm), diedero sia a

    Perls che a Fromm importanti impulsi per rivedere la teoria freudiana e per elaborare idee proprie sul

    trattamento, che oltrepassassero il setting ortodosso.

    Le critiche di Fromm e di Perls nei confronti della teoria freudiana e le loro idee in merito al

    cambiamento della pratica clinica si assomigliano enormemente in alcuni tratti fondamentali.

    Condividono, per esempio, la critica verso la teoria dellistinto di morte, linterpretazione autoritaria e

    il setting infantilizzante del divano. Entrambi erano interessati a temi come la crescita psichica e la

    consapevolezza corporea, rimarcavano limportanza del qui ed ora, ed integravano nel loro rispettivo

    approccio la filosofia io-tu di Buber ed elementi teorici taoistico-buddisti. Nella pratica concreta

    Perls ha per applicato le sue nuove idee in modo pi radicale, ed stato, al mio avviso, pi creativo di

    Fromm per quanto riguarda lutilizzo di nuove possibilit dintervento. Penso in particolare alla

    continuazione degli esperimenti di Berlino con la consapevolezza del corpo, del respiro e

    dellespressione emotiva e la loro integrazione concreta nel lavoro terapeutico.

    Per finire, vorrei ricordare qui un fatto storico che a me sembra dimenticato, sia dalla

    psicoanalisi ortodossa, sia da quella relazionale. Parlo del conflitto drammatico, dopo l'ascesa al

    potere di Hitler, fra lIPA e lo psicoanalista politico e antifascista Wilhelm Reich, sulla domanda di

    adattamento o resistenza, che ha portato alla esclusione di Reich e alla rimozione in gran parte di tutto

    che - anche nella pratica analitica poteva ricordare la sua influenza.

    Ricordo che ai tempi di Perls erano Francoforte e in particolare Berlino i think tanks in cui si

    radunavano analisti, studiosi delle scienze sociali e teorici della Gestalt e di campo (fin quando il

    nazionalsocialismo li mand in esilio). Nel libro Gestalt Therapy (1951) sono ben conservati in

    particolar modo i primi tentativi operati dai freudiani di sinistra di Berlino per ricomporre le scissioni.

  • Il setting della deprivazione sensoriale e interattiva, di cui avevano fatto esperienza Perls e

    Fromm nelle loro analisi didattiche a Berlino, fu criticato in quel periodo da Reich come sadismo del

    famoso silenzio analitico. Inoltre Reich rimarc il fatto che un atteggiamento rigido come quello di

    una mummia da parte dell'analista non permettesse all'analizzando di sciogliersi.

    Lore Perls, riferendosi al freudo-marxista Siegfried Bernfeld, il quale gi nel 1929 aveva

    provato a reintrodurre nel dibattito psicoanalitico la realt sociale con il concetto di luogo sociale,

    aveva detto: Il luogo sociale di Bernfeld chiaramente un concetto di campo.

    Lo scomparso psicoanalista Ernst Federn (il figlio di Paul Federn), mi scrisse in una lettera:

    Perls e Goodman scrivono: La definizione di un essere vivente... comprende anche il suo ambiente.

    Bernfeld dice molto prima che il luogo sociale appartiene all'individuo. Sono soltanto parole

    diverse.

    Aaron e Harris invece credono che, partendo dal White Institute, l'approccio relazionale si

    sarebbe sviluppato negli anni 70-80, partendo dalla messa in discussione del mito del S de-limitato.

    Ma come si vede, la svolta relazionale o il contestualismo all'interno della psicoanalisi - e

    pensando a Rogers, anche nella psicoterapia in generale - cominci molto prima di quanto i suoi

    attuali rappresentanti credono e ricordano.

    Mi devo fermare qui. Grazie a tutti coloro che hanno fatto parte di questa diciamo - riunione

    dei nipoti e pronipoti di un gruppo di uomini e donne veramente coraggiosi e creativi. E grazie per la

    vostra pazienza.

    Bibliografia:

    Altmeyer M.,Thom, H., eds. (2006). Die vernetzte Seele. Die intersubjektive Wende in der

    Psychoanalyse, Stuttgart: Klett Cotta.

    Bocian B. (2012). Fritz Perls a Berlino 1893-1933. Espressionismo, psicoanalisi, ebraismo,

    Milano: FrancoAngeli.

    Bocian B. (2012 a). Sulle scissioni o il contatto come prima realt: osservazioni su un lavoro

    di Paul Goodman. In: Quaderni di Gestalt 2012/1, pp. 126-137

    Spagnuolo Lobb, M. (2011). Il now for next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt

    raccontata nella societ post-moderna, Milano, Franco Angeli

    Bernd Bocian, Dr. phil., psicoterapeuta tedesco, Gestalt-Therapist e councelor.

    Specializzazione pluriennale in terapia psicoanalitica e terapia reichiana. Autore di numerose

    pubblicazioni sulla relazione storica ed attuale fra terapia della Gestalt e la psicoanalisi. Ultimo

    libro: Fritz Perls a Berlino 1893 1933. Espressionismo, psicoanalisi, ebraismo (FrancoAngeli, 2012).

    Vive a Genova (b.bocian(at)libero.it)

  • CONTRIBUTI ALLA PSICOTERAPIA: La Maratona, un Viaggio nella Complessit Umana. Di Marcello

    Florita

    Sezione: Contributi alla Psicoterapia, N. 21 Febbraio 2013

    La complessit

    Cos la complessit? Come dice il pi grande complessologo di tutti i tempi, Edgar Morin, la

    complessit una parola problema e non una parola soluzione. Latteggiamento di chi si occupa di

    complessit sempre aperto al problema, curioso, multifattoriale, inclusivo e tollerante dei paradossi,

    perch nella complessit, come in natura, i paradossi convivono serenamente. Non fossaltro per

    queste banali attitudini, uno psicoanalista dovrebbe mantenere sempre unottica complessa ai

    problemi, anche se lavorare allinterno di questo approccio significa anche molto altro.

    Prologo

    C unesperienza che pi di tante altre mi ha permesso di riflettere sul nostro essere complessi

    ovvero sul nostro essere organizzati come sistemi complessi.

    Correva lanno 2008 e dopo diversi mesi di allenamenti miscrissi alla Maratona di Milano. Mi

    allenavo dalle 4-5 volte a settimana: allunghi, ripetute, percorsi di 30km, corsa leggera per recuperare,

    etc Una preparazione lunga e faticosa che mi port due settimane prima della corsa a patire il

    cosiddetto overtraining, cio una perdita di brillantezza data dal troppo allenamento. Non facile

    che mi scoraggi, cos sono andato avanti nella preparazione riducendo leggermente lintensit degli

    allenamenti. Cera solo un piccolo problema, quando svolgevo lattivit fisica per molti chilometri

    avvertivo un leggerissimo dolore alladduttore della gamba destra. Era la mia prima maratona, quindi

    non sapevo bene a cosa andavo incontro, in pi, a tre giorni dallinizio il mio compagno di corse

    sinfortun lasciandomi da solo ad affrontare questa piccola impresa.

    Linizio fu divertente perch per chi corre da mesi, correre come respirare: spontaneo,

    semplice, macchinoso solo se ci si pensa. I chilometri scivolavano agevolmente tra le vie di Milano

    senza grandi apprensioni e con il piacere di assaporare una citt affollata, ma per una volta non

    affannata. Una maratona lunga 42 chilometri e qualche centinaio di metri, quindi di tempo ce ne

    vuole per farla. Peccato che al 21esimo chilometro il leggerissimo fastidio alladduttore inizi a farsi

    presente. Al 23esimo la noia muscolare divent un dolore sopportabile, ma pur sempre un dolore. Al

    24esimo insieme al dolore alladduttore della gamba destra iniziai a sentire un leggero fastidio

    alladduttore della gamba sinistra. Al 26esimo chilometro il dolore alla gamba destra era forte, mentre

    quello alla gamba sinistra sera tramutato anchesso in un dolore. Al 27esimo iniziai a sentire male alla

    schiena, prima a sinistra, successivamente anche a destra. Arrivai al 29esimo chilometro con un

    dolore alladduttore destro, alladduttore sinistro e pi o meno tutta la schiena contratta fino al

    trapezio. Come vi dicevo non sono uno che sarrende facilmente, ma in quel momento linsieme dei

    dolori, la solitudine data dalla mancanza del mio compagno di viaggio e la percezione dei chilometri

  • che scorrevano lentamente produssero una propriet emergente, tutta mentale: lo scoraggiamento.

    S, mi sentivo profondamente scoraggiato e sentivo le forze diminuire, risucchiate dalla mia mente;

    sentivo il mio corpo nemico in questa mia piccola impresa. Cosa stava accadendo? Il corpo come

    un sistema complesso dove ogni parte di esso coordinata, vincolata e dipendente da unaltra. Cos il

    mio dolore alladduttore destro mi ha portato ad organizzarmi in modo differente. La gamba destra

    non aveva abbastanza forza quindi ho attinto pi energie dalla gamba sinistra e, dopo non molto,

    iniziata la sofferenza alladduttore sinistro. Probabilmente la gamba sinistra non mi dava abbastanza

    spinta, cos ho iniziato a contrarre la schiena per riuscire a mantenere il passo. Ci mi ha causato una

    sofferenza alla parte sinistra della schiena. Non potendo pi contare a pieno sulle mie gambe, ho

    iniziato a sforzare sempre di pi i muscoli della schiena con un intensificarsi del fastidio alla schiena,

    dalla parte sinistra alla destra fino al trapezio. Se il corpo fosse veramente e solo una macchina

    complicata la faccenda si esaurirebbe qui, forse, invece il nostro essere sistemi complessi, ha

    prodotto uno stato emergente non desumibile dalla sommatoria dei dolori, lo scoraggiamento, cos

    come lo scoraggiamento, uno stato mentale, ha prodotto una sensazione fisica: la mancanza di forze.

    Volete sapere come finita? Quando mi sono reso conto che il corpo non mi boicottava ma si stava

    solo organizzando al meglio per la sopravvivenza, mi sono reso conto che io, e non pi solo il mio

    corpo, sentivo i dolori dati da un nuova organizzazioni di leve (non pi solo le gambe) che mi

    permetteva di continuare a correre. Che stavo cercando un nuovo modo di correre al di l della gamba

    destra. In quel momento le energie tornarono, anche se non ero convinto di farcela fintanto che una

    lepre, quelli che ti aiutano a correre a un ritmo regolare, mi ha visto e spronato a seguire il suo gruppo.

    Il mio accettare la mia nuova e sofferta organizzazione come la migliore possibile e il suo farmi sentire

    che potevo stare con lui nonostante la mia corsa storta e appannata sono stati i promotori della mia

    piccola impresa. La mia maratona continu fino al termine e fin con un maldestro ma vigoroso scatto

    sul traguardo e una mezzoretta di fisioterapia post-gara per eliminare le contratture.

    Come Sistemi Dinamici Complessi

    Come ho scritto nellIntreccio: neuroscienze, clinica e teoria dei sistemi dinamici complessi e nel

    saggio Alice, il porcospino e il fenicottero, luomo alla stregua di tutti gli esseri viventi pu essere

    pensato come, e ripeto come perch si tratta di una metafora, un sistema dinamico complesso non

    lineare (SDC); non a caso i biologi parlano di Complex Adaptive Systems (CAS), cio di sistemi

    complessi adattivi. Perch soffermarci su questa metafora? Credo che lobiettivo sia quello di trovare

    un modello che ci aiuti a spiegare il funzionamento delluomo in toto, per poi declinarlo allinterno

    della psicologia, dunque anche della psicopatologia e della psicoterapia. Vorrei evitare di partire dalla

    patologia per desumere un modello di funzionamento delluomo, come in parte fece Freud, poich ci

    pu comportare considerazioni erronee. Come dire, partireste mai da un tumore per studiare il

    funzionamento del corpo umano? In linea con questo obiettivo, il modello dellSDC innovativo e

    condiviso da varie discipline (biologia, fisica, matematica, economia, etc..). Studiando le strutture

    dissipative il fisico Ilya Prigogine definiva i sistemi complessi come sistemi lontani dallequilibrio,

  • sensibili alle condizioni di partenza, tolleranti lincertezza sulle possibili deviazioni e aperti verso

    possibili direzioni. Credo di non creare lo stupore di nessuno se dicessi che queste caratteristiche

    possono essere tutte riviste nel sistema antropologico.

    Questo modello ci fa pensare alluomo organizzato al pari di un sistema, come un tutto

    funzionale (Levine & Fitzgerald, 1992), dove tutte la parti del sistema sono coordinate, vincolate e

    dipendenti dalle altre. Cos se qualcosa cambia nel mio adduttore destro, ci coinvolger il mio

    adduttore sinistro, la mia schiena e, perch no, anche la mia mente. Unaltra caratteristica implicita di

    questo modello che non pu esserci una distinzione corpo-mente, perch il sistema antropologico

    un tuttuno tra corpo e mente. Concepire luomo come un sistema significa credere che pensare sia un

    atto corporeo non pi e non meno di calciare un pallone (Florita, 2012) e significa che la mente

    incarnata (embodied), coerentemente con le recenti teorie delle scienze cognitive. Noi siamo ci che

    ci sforziamo di fare; siamo figli della nostra azione finalizzata al mantenimento di noi stessi, attraverso

    forme di autorealizzazione personalizzate e rese originali dai nostri stessi sforzi (Gembillo, 2012).

    Sebbene possa apparire un concetto scontato, noi siamo ancora intrisi di scissioni subdolamente

    aderenti a un modello cartesiano, altrimenti non ci stupiremmo delleffetto placebo, o nocebo, e non

    porremmo dubbi sul nostro libero arbitrio.

    Per esempio, i recenti studi di neuroscienze vogliono dimostrare lassenza di libero

    arbitrio tramite la scoperta di eventi cerebrali che avvengono con qualche secondo di anticipo

    sullazione o su quando il soggetto riferisce di aver deciso. Lattivazione di unarea cerebrale prima

    della percezione cosciente della decisione, ci racconta solo di un evento corporeo antecedente e

    correlato al processo decisionale, il che non ci stupisce alla luce della teoria della mente incarnata.

    Se si parte dallidea che lio sia unistanza solo immateriale (distinta dal corpo alla stregua

    della res extensa) allora possiamo dire che non ci sia libero arbitrio; se il mio io pensato allinterno di

    ununit necessaria mente-corpo, allora a decidere sono sempre io (che sia una parte del cervello o

    uno stimolo corporeo), ed ecco che torniamo ad avere il libero arbitrio (Florita, 2012). Non mi

    dilungo oltre e vi rimando ai miei due saggi per approfondimenti.

    Torniamo allidea dei sistemi complessi. Complessit significa anche emergenza, cio la

    presenza di comportamenti non desumibili dalla semplice somma delle parti. Lesempio classico

    proprio quello degli stati mentali, perch essi non si riescono a spiegare partendo dalla somma del

    funzionamento dei singoli neuroni. Gli esseri viventi, nonch i sistemi complessi, producono

    comportamenti emergenti.

    Un altro aspetto centrale il nostro essere organizzati dallinterno (auto-organizzazione)

    nellinterazione con mondo esterno (eco-organizzazione). Come dice Edgar Morin, i sistemi complessi

    sono caratterizzati da unautonomia dipendente dallesterno. I recenti studi dellinfant research ci

    dimostrano che lambiente (nellaccezione pi ampia) non un nemico dal quale difendersi, come

    sosteneva Freud, ma una risorsa che ci complessifica. I bambini sono sistemi aperti che nascono con

    competenze innanzitutto relazionali ed grazie ad esse che nellinterazione con i caregiver crescono,

  • evolvono e si complessificano. Lo sviluppo del linguaggio un esempio emblematico di unemergenza

    data dallapertura e dallinterazione. Noi siamo il nostro DNA, la nostra interazione con i caregiver e il

    nostro ambiente ma anche il nostro ambiente e i nostricaregiver sono qualcosa che noi costruiamo.

    Morin parla di anelli di retroazione. Il che significa che noi siamo il nostro ambiente e noi stessi, ma

    siamo anche agenti nel costruire il nostro ambiente e noi stessi. La vita realizza e forma e modifica

    lambiente a cui si adatta. Allora quellambiente agisce a sua volta sulla vita che sta cambiando e agendo

    e crescendo in esso. Ci sono dunque delle interazioni cicliche costanti. (Capra, 1997).

    Questo significa che noi siamo anche lambiente che costruiamo: Noi siamo i sarti e i modelli

    della realt che indossiamo, nonostante spesso ci stupiamo di come il mondo che ci circonda sia cos

    coerente con lidea che ne abbiamo. come se credessimo ingenuamente di indossare un vestito

    pescato a caso da un armadio, quando verosimilmente labbiamo costruito noi (sarti), su di noi

    (modelli). Non a caso incontriamo persone con abusi che si mettono in contesti abusanti,

    coerentemente con lidea di relazione che hanno sperimentato, coerentemente con la loro

    organizzazione che ne derivata, e che seleziona e influenza lambiente che si abita (Florita, 2012).

    Perfino la memoria costruita, perch, come diceva Kandel, il richiamo della memoria un processo

    creativo. Se parliamo di complessit opportuno pensare che interno ed esterno sintrecciano

    codeterminandosi a vicenda tramite anelli di retroazione, ove difficile cogliere la causa e leffetto, il

    prima e il dopo.

    Pensare alluomo come ad un CAS (sistema complesso adattivo) significa anche cogliere che

    lorganizzazione che si d il sistema sempre la migliore possibile per la sopravvivenza, dati i vincoli e

    le possibilit interne, nellinterazione con lambiente in un dato momento. Alcuni alberi nelle foreste

    crescono storti perch quello lunico modo per carpire qualche raggio di sole, nonostante quella

    stortura sia la stessa che li fa rischiare di cadere e morire. A volte i sistemi antropologici sembrano

    delle storture, ma non bisogna scordarci mai che lorganizzazione del sistema complesso adattivo

    sempre coerente con la sopravvivenza dello stesso. I miei dolori non erano lesito di un corpo nemico,

    ma leffetto di una riorganizzazione del mio sistema per continuare a sopravvivere. I nostri pazienti

    vanno quindi rispettati e accettati per lorganizzazione che si sono dati, perch anche se sembrano

    storti quella sicuramente la migliore soluzione possibile. Il modello dei sistemi