Articoli Sulla Psicoanalisi
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LAPPROCCIO TERAPEUTICO DELLA GESTALT di Margherita Spagnuolo Lobb
Sono molto contenta e onorata di essere qui, ringrazio Paola Brizzolara che ha avuto lidea di
organizzare questo incontro, Alberto Lorenzini che ha raccolto e concretizzato la proposta idea e
ringrazio anche tutte le colleghe e tutti i colleghi qui presenti.
Non nuovo per me dialogare con altri approcci e soprattutto con la psicoanalisi pi avanzata,
la psicoanalisi relazionale, la psicoanalisi contemporanea. Mi piace molto farlo e mi trovo molto vicina
ad essa: pur appartenendo profondamente alla psicoterapia della Gestalt, mi sento cugina degli
psicoanalisti, perch effettivamente, come Bernd Bocian (cfr. Bocian, 2012) vi dir oggi pomeriggio, la
Gestalt stessa deriva dalla psicoanalisi.
La psicoterapia della Gestalt nata negli anni 50, allinterno del movimento umanistico, dando
voce ai limiti percepiti dalla psicoanalisi attraverso dei valori umanistici, e il suo scopo era quello di
essere al fianco del paziente anzich analizzarlo, e di favorire il rapporto tra individuo e societ.
Rappresentare questi valori ha collocato la Gestalt nel movimento umanistico, ma oggi, dopo
sessantanni, noi ci ritroviamo per certi aspetti molto pi vicini agli psicoanalisti contemporanei,
relazionali, intersoggettivi che non ai nostri fratelli umanisti. senzaltro interessante aprire un
dialogo anche con la terapia centrata sul cliente, altra scuola rappresentata oggi a questo stesso
tavolo, come sarebbe interessante aprirlo anche con l'analisi transazionale, essendo questi due gli altri
movimenti umanistici che sono nati intorno gli anni 50 assieme alla terapia della Gestalt.
La psicoterapia della Gestalt deriva da due matrici principali: la psicologia della Gestalt e la
psicoanalisi. Vorrei sottolineare il carattere fenomenologico del nostro approccio, o meglio
fenomenologico relazionale. Detto in modo brusco per accentuare la differenza, lapproccio
fenomenologico opposto a quello analitico, perch nasce dalla concezione dellesperienza come un
tutto e dalla particolare considerazione per lintenzionalit (la tensione-verso) che presente in ogni
esperienza, sia del paziente che del terapeuta. La fenomenologia dice che ogni atto, ogni
comportamento tende verso qualcosa.
Daltra parte, la psicoterapia della Gestalt abbraccia il concetto fenomenologico della psicologia
della Gestalt, che fu la prima corrente europea a creare una fenomenologia accademica, a partire dallo
studio della percezione. Gli psicologi della Gestalt sono partiti dai sensi (gli organi della percezione), e
in questo si sono avvicinati allapproccio americano del pragmatismo di Dewey e quindi si sono
opposti alla mentalizzazione (Spagnuolo Lobb, 2013; Cavaleri, 2013).
Vogliamo sapere non solo cosa la persona racconta di s, ma anche e soprattutto la persona
racconta la propria esperienza, cos come essa sgorga dai sensi, cio attraverso un racconto il pi
vicino possibile allesperienza percettiva; mentre, allopposto, lapproccio analitico, per essere tale e
consentire lanalisi, deve mantenere un criterio di lettura esterno allesperienza del paziente (mi
riferisco ovviamente a presupposti epistemologici, non alla pratica clinica, in cui spesso le nostre
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divergenze si assottigliano). Nella fenomenologia noi siamo presenti qui e ora nella situazione data e il
terapeuta non estraneo ai fatti, ma una persona che sta nel setting terapeutico per quello che .
Come psicoterapeuti della Gestalt, guardiamo all'esperienza come una realt co-creata nel qui e ora
del contatto con il paziente. Riferirsi ai sensi significa: cosa vedi, cosa senti nel corpo, cosa
ascolti. Questo d una carica particolare, perch pi i nostri sensi sono aperti, pi sentiamo la carica
della nostra esperienza e pi ci intenzioniamo verso qualcosa.
Questa l'idea della Gestalt in quanto fenomenologica, ed unidea che possiede anche un
valore estetico, perch aisthtiks vuol dire relativo ai sensi e l'essere relativo ai sensi ci porta ad un
discorso estetico (Spagnuolo Lobb, 2003). La battuta che ho fatto ad Annamaria eri pregnante
quando parlavi, eri pienamente te stessa, era bello vederti, esprime bene il senso del bello a cui ci
riferiamo, il nostro senso estetico. Esso legato alla vibrazione che proviene dallaltro, ed per questo
che noi terapeuti della Gestalt ci lasciamo affascinare dal fascino che emana dalla presenza del
paziente: guardiamo al sintomo che ci porta come se guardassimo unopera darte. Per noi (memori
della lezione di Otto Rank) il paziente si presenta con unorganizzazione esperienziale che arte, e
laddove c una vibrazione, laddove noi risuoniamo, c la risorsa del paziente, c la sua opera darte,
quella tensione che non stata espressa pienamente e che richiede di essere espressa durante la
terapia.
Laltro aspetto cruciale della terapia della Gestalt laspetto relazionale, il concetto di contatto.
A questo proposito, noi decliniamo in termini fisiologici la relazione. Per questo non parliamo di
relazione, ma di contatto, e intendiamo con ci il qui e ora della relazione, il modo in cui la persona del
paziente entra in contatto con noi e il modo in cui il terapeuta entra in contatto con il paziente, dando
forma entrambi allesperienza del setting terapeutico. Abbiamo delle categorie per leggere il contatto
terapeutico e i relativi blocchi (Spagnuolo Lobb, 2012).
Lo scopo della cura gestaltica la consapevolezza, intendendo con questo termine la presenza
ai sensi. La patologia , al contrario, una forma di desensibilizzazione. Un bambino che non riesce a
essere spontaneo a casa, per esempio, mettiamo che la madre depressa e lui non riesce ad
abbracciarla, a sorridere con lei e con i suoi fratellini come vorrebbe, produce un adattamento
creativo. Si tratta di un concetto cruciale della psicoterapia della Gestalt, che sottolinea la capacit di
quel bambino, per esempio, di continuare a vivere risolvendo il problema complesso della situazione
(trovando una nuova gestalt percettiva), perdendo il senso della propria spontaneit ma recuperando
un certo benessere di tutti (magari rinuncia alla spontaneit dellabbracciare la madre e di giocare con
i fratellini ma accontenta la madre, trova un modo per farla rilassare). Questo rinunciare alla propria
sensibilit crea una desensibilizzazione del s, cio quel bambino dimentica la voglia di abbracciare e
la dimentica nel corpo, quindi desensibilizza il proprio corpo. Per questo, lo scopo della psicoterapia
la consapevolezza, ossia risensibilizzare il confine di contatto. Il paziente sar invitato a sentire il
proprio corpo-in-contatto, ossia a sentirsi presente al terapeuta, e forse sentir una commozione
guardando gli occhi brillanti del terapeuta, o avr una frustrazione, un senso di rabbia se non si sente
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capito dal terapeuta. In questo modo il confine di contatto che stato desensibilizzato si rivitalizzer e
da qui si ripristiner una spontaneit del contatto (Spagnuolo Lobb, 2011). La patologia la mancanza
di spontaneit, di sensibilit e di sensibilizzazione del s e la cura la risensibilizzazione del s al
confine di contatto con il terapeuta, allo scopo di ripristinare una funzione perduta. Naturalmente,
questo un principio epistemologico generale, che va declinato nelle diverse possibilit di sofferenza
dei pazienti: la cura di una sofferenza borderline ben diversa dalla cura di un paziente nevrotico o di
un paziente psicotico (Spagnuolo Lobb, 2013a; Francesetti, Spagnuolo Lobb, 2013; Francesetti et al.,
2013).
Un altro esempio riguarda il conflitto. Per la terapia della Gestalt il conflitto potrebbe essere
quello tra la paura cioe lo stare nella sedazione della sensibilita e il rischio. Credo che tutti siamo
daccordo circa lesistenza di un rischio che vale sia per il paziente, sia per il terapeuta: c un rischio
nell'andare verso territori sconosciuti che sono quelli della risensibilizzazione del s. Il conflitto di cui
noi ci occupiamo il gioco tra figura e sfondo, nel senso di andare tra la paura e il rischio che il
paziente pu prendere, per quel tanto che pu prendere.
Personalmente, io mi riconosco in una corrente gestaltica che d centralit alla teoria, in senso
ermeneutico, che non lunica diffusa in Italia. Mi riferisco allapproccio gestaltico che si basa sul libro
di Perls, Hefferline e Goodman (1951). Devo dire che leggendo gli scritti di uno dei rappresentanti pi
noti della psicoanalisi relazionale contemporanea, che Minolli, ho trovato che anche i vostri concetti
si avvicinano molto alle nostre vedute, quando per esempio sostenete che il contatto (tra terapeuta e
paziente) lunica realt osservabile.
Nota:
Ringrazio la dott.ssa Maria Angela Corriero per la trascrizione della relazione, e il dott. Alberto
Lorenzini per lediting.
Bibliografia
- Bocian B. (2012, ed. or. 2007). Fritz Perls a Berlino: 1983-1933. Espressionismo, psicoanalisi,
ebraismo. Milano: Franco Angeli.
- Cavaleri P. A. (a cura di) (2013). Psicoterapia della Gestalt e Neuroscienze. Dall'isomorfismo
alla simulazione incarnata. (Prefazione di Vttorio Gallese). Milano: Franco Angeli.
- Francesetti G., Spagnuolo Lobb M. (2013). Beyond the Pillars of Hercules. A Gestalt Therapy
Perspective of Psychotic Experiences. In: Francesetti G., Gecele M., Roubal J. (eds.). Gestalt Therapy in
Clinical Practice. From Psychopathology to the Aesthetics of Contact, Milano: Franco Angeli, pp. 399-
434.
- Francesetti G., Gecele M., Roubal J. (eds.) (2013). Gestalt Therapy in Clinical Practice. From
Psychopathology to the Aesthetics of Contact, Milano: Franco Angeli.
- Michele Minolli (2009). Psicoanalisi della relazione. Milano: Franco Angeli.
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- Perls F., Hefferline R., Goodman P. (1951). Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the
Human Personality, edizione riveduta del Gestalt Journal Press (1994) (trad. it. 1971; 1997, La terapia
della Gestalt: eccitazione e accrescimento nella personalit umana, Astrolabio, Roma), New
York:Julian Press.
- Spagnuolo Lobb M. (2003). Therapeutic Meeting as Improvisational Co-Creation. In M.
Spagnuolo Lobb & N. Amendt-Lyon (eds.). Creative License: The Art of Gestalt Therapy, (tr. it. 2007),
Vienna and New York: Springer, pp. 37-49.
- Spagnuolo Lobb M. (2011). Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt
raccontata nella societ post-moderna. Milano: FrancoAngeli (traduz in lingua inglese: The now-for-
next in psychotherapy. Gestalt Therapy recounted in the post-modern society. Milan: FrancoAngeli,
2013; traduz in lingua spagnola. El ahora-para-lo-siguiente en psicoterapia. La psicoterapia de la
Gesatlt contada en la sociedad post-moderna. Madrid: Los libros del CTP, 2013).
- Spagnuolo Lobb M. (2013). Isomorfismo: un ponte concettuale tra psicoterapia della Gestalt,
psicologia della Gestalt e neuroscienze. In: Cavaleri P. A. (a cura di). Psicoterapia della Gestalt e
Neuroscienze. Dall'isomorfismo alla simulazione incarnata. , Milano:Franco Angeli
- Spagnuolo Lobb M. (2013a). Borderline. The Wound of the Boundary. In: Francesetti G.,
Gecele M., Roubal J. (eds.), Gestalt Therapy in Clinical Practice. From Psychopathology to the Aesthetics
of Contact, Milano: Franco Angeli, pp. 617-650.
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LINTERPRETAZIONE COME RICERCA DEL PENSIERO CHE VERRA di Paola Brizzolara
Oggi che la psicoanalisi estende l'interesse per l'inconscio a dimensioni al di l dell'area
rimotiva, arrivando ad allentare il legame tra interpretazione, quale atto che illumina il significato
personale del paziente, ed efficacia terapeutica pare di poter constatare in psicoanalisi relazionale, ma
anche in larga parte degli altri approcci, una progressiva tendenza degli analisti ad orientarsi verso il
vissuto del paziente nel 'qui e ora' e ad attingere al conoscere fenomenologico per contattare la
relazione s con l'altro. A partire da questa condizione, che definirei un versante dello stato
presente/futuro della psicoanalisi relazionale, vorrei provare a considerare, prendendo spunto da
frammenti di una situazione clinica, alcuni aspetti connessi alla messa in discussione della separabilit
del linguaggio dallesperienza.
Teresa, una giovane donna di 32 anni, che chiede di fare un'analisi perch si sente
profondamente incapace ad impegnarsi con costanza nei suoi progetti, dice di sentirsi 'impantanata in
una sorta di immobilismo' con la dolorosa sensazione di non 'afferrare' la propria vita. Teresa ha una
corporatura robusta, un po' sovrappeso, riccioli scomposti che ricadono sul volto, assolvendo al
compito di tenerlo per lo pi nascosto. Indossa solo calzoni con su maglie informi, scarpe da
ginnastica e non porta borse, perch la 'impicciano'.
Nell'infanzia e nella giovinezza, ha fronteggiato la relazione con il padre attraverso quella che
lei chiama la strategia dello "spegnere il cervello", ovvero interrompere automaticamente le proprie
iniziative per evitare di far scivolare il padre in comportamenti violenti, a lui facili quando "non era in
giornata" e incontrava le resistenze dei famigliari alle sue richieste. Cos, come spesso accadeva alla
madre quando voleva farsi le sue ragioni con il risultato di essere "messa al muro" da lui, nel senso che
veniva sbattuta contro il muro o fisicamente appesa all'attaccapanni di casa. Teresa giudica i passati
tentativi della madre di rendersi visibile con le sue idee, come irresponsabili sfide al padre, minacce
alla gi precaria condizione relazionale del quotidiano famigliare, che aumentavano in lei e nella
sorella, minore di quattro anni, il senso di vulnerabilit e di solitudine.
In coincidenza con l'inizio dell'analisi, Teresa mi annuncia d'aver intrapreso una dieta, mi
spiega che l'ennesimo tentativo di una scelta mai portata a buon fine; questa volta il protocollo le
stato dato dalla sorella, che lavora come nutrizionista. Rapidamente la scena analitica viene saturata
dalle vicende ruotanti intorno alla dieta, che seguono una precisa sequenza: un'iniziale attenzione per
i cibi che le sono stati permessi, una lieve sensazione di soddisfazione legata al pensiero del
procedere, l'emergere del sentimento di costrizione associato al dover inghiottire proprio quei cibi,
per arrivare, infine, al puntuale 'sbroccamento', come lei chiama il deragliamento dall'osservanza della
dieta.
Ogni occasione di scelta evidenzia come Teresa trovi la soluzione sul registro dicotomico di
adesione - esclusione, che la consegna al vissuto di affondare nella soggettivit dell'altro, attivando
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nuove sensazioni di invasione e il bisogno di contro agirle attraverso comportamenti oppositivi. Il
modo in cui organizzato il senso di s con gli altri risulta coartare la paziente in soluzioni rigide e
pervasive, che rendono inconsistente la sua possibilit di porsi attiva per misurarsi con la specificit
del proprio esserci, senza essere sommersa dalla minaccia della rottura della relazione con l'Altro. Ci
porta Teresa a mantenersi molto vigile sul polo esterno, creando un restringimento dello spazio
dialogico di esplorazione dei significati dell'esperienza personale, che la rende fragile nell' 'afferrare
chi e cosa vuole'.
Tra le diverse possibili letture che possono essere ipotizzate circa la decisione di Teresa di
intraprendere una dieta, intraprendendo la sua analisi, scelgo di considerare la sua iniziativa come
manovra inconscia diretta a rendere a s stessa accessibile e sostenibile il nostro spazio d'incontro,
dunque regolare s stessa nella tensione tra la centratura sull'organizzazione esistente e il bisogno di
cambiamento. Abbiamo imparato a conoscere (attraverso la visione dei sistemi dinamici), come
l'organizzazione identitaria abbia bisogno della destabilizzazione per muovere verso un modo diverso
da quello abituale, ma al tempo stesso, il prerequisito per poterlo fare la sicurezza.
Penso che la paziente operi per orientare il nostro sguardo su un focus ben preciso, cos da
circoscrivere il nostro essere insieme entro i confini della versione familiare di s: Teresa esperta del
suo andare e venire lungo le diverse sequenze che dall'insorgere dell'iniziativa la portano allo
'sbroccamento', incontrarmi entro la soluzione consolidata di s, seppure non utile al suo divenire,
attenua l'ansia di viversi alla mia merc, rendendo tollerabile l'affacciarsi alla relazione analitica.
La difficolt di Teresa di 'vedere' s stessa mantenendo il contatto con l'altro, senza scivolare in
una soluzione polarizzata, si palesa presto nel nostro lavoro in un modo particolare: verso la parte
centrale dell'incontro, dopo che tra noi gli scambi si sono fatti pi intensi, noto che Teresa solita
incominciare a sbadigliare oppure ha rapidi abbassamenti delle palpebre. Dopo qualche seduta in cui
questo si ripete, chiedo alla paziente che sensazione avverte: " ... abbiamo detto cose importanti, cose
che mi toccano ... ma ora non so ... mi prende sonno, mi viene da chiudere gli occhi ... da distrarmi ...
sar il mio solito modo di non muovermi! ... ". Pur mantenendo l'attenzione al 'suo solito modo di
essere', quale organizzazione data derivata dalla sua esperienza passata con l'esito giocato tra
adesione e 'sbroccamento', indirizzo l'attenzione a come la paziente stia vivendo ci che accade nella
nostra relazione e ipotizzo che 'chiuda gli occhi' all'essersi sentita impegnata e coinvolta con me,
all'essersi resa attiva verso il bisogno di essere toccata, raggiunta, all'aver contribuito a facilitare la
mia comprensione e a far avanzare il lavoro. Vissuti che la rigida codificazione scissionale sottraggono
alla possibilit di sondare liberamente per elaborare nuovi significati, attraverso il nostro contesto
relazionale.
Quanto qui mi interessa riguarda, non tanto il carattere coattivo dei pattern relazionali che la
paziente perpetua nella nostra relazione, ma favorire quella ricerca di contatto che Teresa avvia,
aiutandola a procedere, invece che distrarsi da questo stato di s e ritirarsi nel sonno. Mitchell ci ha
indicato, che possiamo considerare la sofferenza psichica come un fallimento dell'immaginazione a
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opera dei vecchi vincoli che restringono l'orizzonte di senso nelle condizioni di ripetitivit del
sintomo, sollecitare la curiosit di Teresa ad intravedere come la ripetizione del 'suo solito modo'
possegga anche l'innesto emergente della ricerca di modi altri di esistenza, lo ritengo potenzialmente
proficuo per riattivare la sua partecipazione alla negoziazione intersoggettiva dei significati. Cos,
guidata dalla sensazione di dovermi destreggiare nel resistere al riduzionismo messo in atto dalla
paziente e che la porta a semplificare la complessa tessitura della sua esperienza nel vissuto di esserci
nel suo solito modo, dico a Teresa che potremmo pensare che nel suo 'chiudere' sia contenuto anche
il bisogno di procedere passo a passo per poter arrivare a sentirsi a suo agio con me e con quello che
facciamo, ho l'impressione - aggiungo - che lei tenda, in modo inconsapevole, a inghiottire quello che
ci diciamo, togliendo spazio al suo bisogno di assaggiare i miei ingredienti e di farmi assaggiare i suoi,
per poi vedere cosa fare insieme. La paziente mi risponde: " Quello che ha detto mi fa venire in mente
l'orologio a cuc che ho in casa, la porta di scatto si apre e di scatto si chiude, come il mio solito modo
di essere, che mi ingabbia e penso che l'uccellino non ha mai il tempo per vedere cosa c' nella stanza,
anche se sempre l ... insomma, sento che quanto fuori lo butto gi inghiottendo, senza darmi un po'
di tempo... ... A: " gi ... prendersi un po' di tempo..." P: "... s ... mi prende la sensazione che non
possibile far assaggiare ci che mio ... senza aspettare di vedere se ci sar una sorpresa, come
andranno davvero le cose ...". A: "... ora mi sta facendo assaggiare qualcosa di suo ...". P: " da qualche
parte lo sento ... s, sono un po' fuori dal cuc ... ma, come se il corpo fosse l, appeso al muro... (fa
una piccola pausa, poi si stringe in s e mette entrambe le mani sulla pancia, dicendo a voce bassa) ...
prendere corpo ... spaventevole ... mi sento come una lumaca senza il guscio ... per mi sento eccitata
..." A: " forse, l'eccitazione di una sorpresa ..." P: " Pam! Sono venuta gi a terra ... ".
'Quello che ha detto mi fa venire in mente ...', enunciato da Teresa, cos come molto spesso
accade di dire ai pazienti, lo ritengo espressione del lavoro teso a contaminare l'ordinaria soluzione
dell'esperienza di s, in questo caso rigida, ingabbiante, attraverso ci che stato intravvisto
nell'esperienza con l'analista, per Teresa ci che avviene nella stanza-relazione, come movimento teso
ad articolare in tensione dinamica le diverse organizzazioni esperienziali e funzionale ad
incrementare un senso pi autentico di s. La concentrazione iniziale sul suo solito modo di essere,
maneggiata come statica sintesi di s, attraversata da instabili spiragli di nuove opportunit di
pensiero, nutrite dalla pratica dialogica: 'darsi del tempo/assaggiare', 'poter essere sorpresa',
'metterci del suo', 'prendere corpo' ...
Penso che aver tenuta aperta la mente oltre le certezze predefinite della paziente, dove lei
abituata a sostare, abbia permesso di non trascurare quelle aree di impensabilit, quelle zone in cui
la sensazione non si fatta ancora pensiero e non riferibili a un inconscio rimosso, permettendo di
catalizzare quella traccia di s con laltro appena emergente e presente come processo opaco ed
interrotto, indice di modi alternativi di porsi. Aspetto che rimanda all'interfacciarsi tra sapere
implicito e quello riflessivo-verbale, al quale la psicoanalisi sta progressivamente rivolgendo una
sempre maggiore attenzione, impegnata a comprendere come l'analista possa raggiungere e
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modificare "la realt che sfugge alla parola", secondo Heidegger, attraverso una visione
contemporanea che sappia schivare tanto la "mistica del preverbale" (Martini, 2009) che il
riduzionismo linguistico. Sono del parere che proprio l'attuale riflessione intorno a un "sapere
incarnato", che rende possibile pensare al linguaggio e alle forme simboliche di significato come
intrinsecamente radicate nei processi impliciti, possa spingere il nostro sguardo ben oltre la
discussione sulla necessit o meno di mettere in parole l'implicito, per un cambiamento significativo e
duraturo.
Piuttosto l'idea di un innesto emergente del verbale sul sapere implicito concorre a
riorganizzare la visione tradizionale con la quale in psicoanalisi concepiamo profondit e superficie,
inoltre ci spinge a testare le risorse del linguaggio relative alla sua capacit di connettersi
affettivamente e sensorialmente alle mappe di esperienze primarie significative e di trasformarle,
ossia lavorare per recuperare alla parola il suo senso vissuto. Possiamo contare sulla forza poietica
della parola, ovvero sulla sua capacit di agire, di essere efficace, nel mondo di chi l'ascolta, con Bion
possiamo ritenere che la parola non sia un sostituto dellazione, ma abbia la stessa immediatezza e
forza dellazione.
L' 'inghiottire' proposto a Teresa entrato in risonanza con quell'aura sensoriale-affettiva che
impregna il suo preriflessivo 'modo di essere con' per assenza e che ritorna in gioco nello spegnere,
nel chiudere, nell'interrompere, nel disattivare; l''assaggiare' ha impigliato il terreno germinale del
suo essere presente nel mondo, fendendo l'immobilismo di un corpo messo al muro e mettendo in
moto la fattibilit di s come soggetto attivo della propria esperienza. Teresa pu incominciare a
vedersi attraverso un in-solito modo di essere, avverte che fuori dal cuc-gabbia non ha corpo, si
abbozza il contatto con l'aspetto dispotico della soluzione storica identitaria, che si raffigura quale
unica soluzione d'essere, come suo unico corpo, mentre affiora la prospettiva di 'metterci del suo' per
rinegoziare il senso della sfida relazionale.
Mi sembra opportuno tener conto che quanto viene creato nel campo della stanza d'analisi
'uno' degli esordi possibili, nel senso che il lavoro non procede solo per un' immissione di soggettivit
del paziente, ma vi concorre anche quella dell'analista, perci quanto evolve contestuale al campo
intersoggettivo paziente-analista, anche se le "linee guida" della prospettiva di senso appartengono al
paziente. Ci ci rende sensibili a parlare di creazione di significato piuttosto che di traduzione, dato
che quanto emerge non dato a priori, ma evolve come aspetto della relazione della diade.
Desidero mantenere in evidenza che per me valorizzare l'importanza della ricerca di un
linguaggio idoneo a presidiare la familiarit tra esperienza vissuta e dimensione verbale, funzionale
a facilitare e nutrire le possibilit di essere ancora a venire, piuttosto che evocare ci che stato. In tal
senso, l'emergenza del virtuale, del non-familiare nel familiare, ovvero nel solito modo di sentire e di
pensare del paziente, ha un effetto d'impatto perturbante, non perch si tratti di desideri che sono
stati prima vissuti nell'infanzia e poi rimossi, ma perch il paziente si accosta ad aspetti di s mai
sufficientemente pensati prima; cos accade a Teresa nel pensare al suo 'prendere corpo', che la porta
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a sentire la spaventevole ed insieme eccitante sensazione di viversi senza contenitore/gabbia/guscio.
Quanto ben colto da Antonio Di Benedetto, quando afferma: "Proprio questo duplice aspetto
inquietante/rasserenante, disintegrativo/integrativo, dona un particolare connotato alla vera
emozione estetica, che non mai puro e semplice piacere (...) ma sempre, in una certa misura,
turbamento".(Di Benedetto,2002, p.78)
Le concezioni di sviluppo mentale oggi a disposizione e le formulazioni di inconscio alle quali la
clinica e le ricerche scientifiche del nostro tempo si riferiscono, convogliano a considerare come la
funzione del linguaggio nel lavoro analitico abbia da estendersi fino a generare un sapere estetico, un
pensare il sentire, per incontrare il paziente il pi possibile nella sua integrit esistenziale,
attrezzandoci per contattare le sue molteplici e contemporanee possibilit di attribuzione di
significato, rappresentazioni della vasta gamma di esperienze simboliche e subsimboliche. Nella
tradizione psicoanalitica autori come Bion e Loewald, hanno colto, anticipato e sviluppato l'interesse
per il movimento bidirezionale tra pensabile e ci che resta percezione corporea indigerita,
sollecitando l'analista ad affinare la sua ricettivit estetica.
Per Loewald le parole: " Sono incarnazioni sonore e grafiche dell'attivit simbolica stessa,
elementi non solo di esperienza, ma anche dell'attivit di esperire. Il linguaggio deriva il suo statuto
privilegiato nell'ambito del simbolismo dal fatto che funzione e intenzione primaria delle parole
quella di fornire, di essere un ponte tra elementi di esperienza diversa da esse e di operare connessioni
tra questi elementi" (Loewald,1988,p.63). Come clinici siamo chiamati ad avventurarci alla
conoscenza del mondo soggettivo proprio attraversando quei ponti e potenziandoli, impiegando le
parole non tanto per inseguire l'ampliamento della consapevolezza esplicita, ma collaudare il potere
del linguaggio nell'attivare nuove giunzioni tra i diversi sistemi mentali, favorendo un processo
creativo nella mente del paziente. In quest'ottica, l'interpretazione psicoanalitica si delinea essa stessa
come fatto creativo: sentire ci che potr essere, non la ricerca di eventi passati, ma "di un pensiero
che verr" (cfr. Di Benedetto,2000).
Bibliografia
Di Benedetto A. (2000) Prima della parola. L'ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le
forme dell'arte. Milano:Franco Angeli.
Di Benedetto A. (2002). Il perturbante estetico come esperienza bi-simmetrica (Escher e
Magritte). In: Bria P., Oneroso F., a cura di, Bi-logica e sogno. Sviluppi matteblanchiani sul pensiero
onirico. Milano:Franco Angeli.
Loewald H.W. (1988). Trad.it.: La sublimazione.Torino: Bollati Boringhieri, 1992.
Martini G. (2009). Nuove prospettive sul funzionamento mentale inconscio e loro riflessi nella
pratica clinica. In: Moccia G.,Solano L., a cura di, Psicoanalisi e neuroscienze. Risonanze interdisciplinari.
Milano:Franco Angeli.
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IL CASO DI LAURA di Mariangela Bucci Bosco
Laura arrivata nel mio studio due anni fa. Sono rimasta sorpresa nel vederla, lavevo
incontrata in anticamera diverse volte negli anni precedenti ed avevo pensato che fosse in terapia con
uno dei miei colleghi, invece era seguita per la sua tesi di laurea in Scienze della Formazione.
Quando le ho detto che mi ricordavo di averla incontrata si stupita. Mi sono chiesta che cosa
mi aveva colpito di lei, tanto da ricordarla nitidamente dopo alcuni anni e senza averle mai rivolto la
parola e come mai lavessi riconosciuta cos prontamente.
Mi aveva colpito il suo atteggiamento fisico: rannicchiata, rigida, con laria sofferente, chiusa.
Quando arrivata in terapia era come la ricordavo.
La ragione che laveva portata in terapia era un senso materno che non ho, una paura per le
cose irreversibili, sentire che il suo istinto alla vita era molto precario. La paura relativa ad un figlio
era descritta come una paura di non sostenere delle sensazioni e, allo stesso tempo, verificare che la
vita a volte le sembrava tanto faticosa da non farle sentire il desiderio di maternit.
Nel frattempo mi comunicava che la sua era stata una vita molto fortunata.
Cl. Il senso materno che non ho, ci sto anche bene, una cosa un po comoda ()
Cl. Non sono abbastanza generosa, ho amore per las mia libert, ho paura delle cose
irreversibili. Credo di prendermi un po in giro a dire queste cose. Un figlio abbracciare la vita, io
sono poco vitale. Listinto alla vita un tema molto preciso. Eventi nella vita mi hanno portata ad
avere una grossa puara. ( )
Cl. Questa forma di controllo, essendo onesti, un po ce lho. ()
Cl. Forse la paura di non farcela, di non sostenere delle sensazioni. Non posso dire torno
indietro. Quando hai un figliuo sei responsabile, dovrei come decidere che voglio vivere sempre,
voglio stare bene. Non mi fido di me , perch adesso non cos. ()
Si descriveva come una persona che era stata una bambina molto diligente che faceva bene il
suo compito. Poi, a un certo punto ho sentito di non stare in equilibrio, di avere paura di spendersi,
di temere molto la rabbia altrui ed accennava al timore che la rabbia altrui le facesse un po da
specchio, definendolo un limite di non ritorno.
Il mio rimando stato Ha paura di disintegrarsi?, la risposta stata Lo percepisco spesso
(.) quando inizio ad emozionarmi ho paura di non tornare pi.
Cl Per verso le cose positive ho degli istinti. Sono stata una persona molto solare. Ho fatto
degli sport in cui ho dovuto tirare fuori delle energie, negli studi. Ci sono delle cose che mi hanno vista
lottare in senso positivo. E a volte ho ( una voce che dice) ma io le voglio! Si, un tono nostalgico.
Una delle ragioni che laveva portata in terapia era la non accettazione di s, un giudizio, anzi
un pregiudizio negativo nei suoi confronti. Lidea che cera stato un prima in cui si sarebbe definita
una persona accogliente ed un ora che la faceva percepire pesante. La spinta al cambiamento la
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sentiva un giorno si e dieci no, era stanca , stanca di pensare, stanca dei suoi pensieri autodistruttivi,
cosciente di avere lavorato tanto di testa e di sentire che questo non le serviva pi.
Cl Sono sempre stata sul capire, sul piano cognitivo. (.)
Ultimo solo per ordine, aveva conosciuto un uomo con cui voleva essere diversa da come era
stata nelle sue storie precedenti.
Cl. Con A. sono una donna nuova. E sento che voglio essere diversa con lui. Per la prima volta
nella mia vita, davanti a una sua richiesta di aiuto, ho detto no, dai 18 mesi a una donna adulta. Per
me stato un passaggio epocale nella mia vita. ()
Una cosa per me, e non mi sentivo in colpa. Una carezza, meritavo un equilibrio vero, non
controllato.
Dopo il primo colloquio, se il Cliente desidera un nuovo appuntamento, propongo di vederci
altre tre volte proponendo che al quarto incontro faremo il punto e valuteremo se il percorso utile
quello di una psicoterapia, se riterr che la Terapia Centrata sul Cliente sia il modello utile per quel
Cliente e, naturalmente, valuto con la persona la possibilit di lavorare insieme, di fidarci
reciprocamente.
La fiducia del Terapeuta nei confronti del Cliente un caposaldo della TCC. Il postulato di base
dice che ogni essere umano possiede la Tendenza Attualizzante, una tendenza che appartiene a tutti
gli esseri viventi e che li porter ad attualizzarsi al meglio delle proprie potenzialit se a loro sar
offerto un clima facilitante. La fiducia del Cliente, naturalmente, non altrettanto scontata e, senza la
possibilit di costruire unalleanza terapeutica, nessun processo possibile.
Generalmente in questi successivi tre colloqui, raccolgo la storia di vita, a meno che il Cliente
non abbia delle urgenze che richiedono ascolto immediato.
Laura non sembrava avere urgenze, aveva scelto di fare questo percorso non sulla base di
unurgenza ma di un desiderio.
Al momento dellinizio della terapia aveva 36 anni.
Racconta che la figlia maggiore di una madre molto cattolica, al contrario del padre, dice di
essere stata concepita il giorno del loro matrimonio e di avere un fratello pi giovane di quattro anni.
Descrive la madre come censurante, vigilante, attenta, vicina e lontana
Ricorda un episodio in cui si era fatta male con delle forbici, aveva soppresso il dolore per
paura della reazione della madre. La madre, anche oggi, quando racconta questo episodio ride,
io no. Anche perch la reazione della madre era stata,in quelloccasione, come Laura aveva
temuto, di rabbia.
Cl Mia madre mi racconta che ero attratta dalle forbici, lei diceva non toccarle!. Una volta mi
sono cadute sul piede e mi sono tagliata. Mi ricordo che mi sono tirata su il calzino. Avevo paura di mia
madre, avevo represso il dolore. Me lo racconta ridendo, io no. (.)
-
So che avevo pi paura della sua reazione che del dolore. E sempre stata una persona dura, ci
ha picchiato, come tutti, le punizioni ti privo di questo. Per soprattutto ho avuto paura del suo
volto censurante, della sua espressione e della sua poca apertura emotiva, e della sua rigidit.
Un altro episodio si riferisce ad un giorno in cui la madre stava per scoppiare in lacrime; Laura
le si era avvicinata e la madre, con una brusca sterzata di tono le aveva chiesto Cosa vuoi per cena?.
Il padre descritto come assente, ambivalente, ambiguo, neutro, affettuoso.
Linizio del matrimonio dei genitori era stato difficile ma quello che le veniva detto era che poi
era nata lei, e che lei era nata per riconciliare. Laura lo definisce il suo tema di vita.
Cl. Non piangevo e non chiedevo aiuto, ero una bambina molto buona. Mia madre si lamentata
di 1 mese della mia vita, in cui avevo scambiato il giorno per la notte.
Mia madre si voleva separare i primi mesi di matrimonio, mio padre non si voleva staccare
dalla famiglia paterna (.) io sono nata per riconciliare.
T Come se lo vissuto?
Cl. Come un tema di vita. Del riconciliare sempre, fare sempre che le cose vadano bene. (.)
Nella vita un po lho fatto e nel lavoro mi stato detto. Io mi allarmo se qualcuno alza la voce, litiga; io
tendo a conciliare. Ho fatto larbitro di calcio. (..)
Cl. Tendenzialmente non sono una persona ansiosa, che tutto mi da ansia.
Lequilibrio familiare girava intorno al lavoro e le regole, molto rigide, erano dettate dalla
madre.
Cl. Lei mi ha passato tanto quello che una donna non deve essere: ammiccante, provocante;
lideale di donna molto forte, molto sobria, coerente, onesta.
Lei era una bambina che non chiedeva aiuto ed era molto buona, ricorda che si allarmava molto
quando si alzavano i toni in casa Un po lo sento giusto perch non si deve fare, si allarmano le
persone, e un po perch allarma me.
Ladolescenza descritta come un periodo difficile, la censura materna era molto forte lei mi
ha passato tanto quello che una donna non deve essere: ammiccante, provocante; lideale di donna
forte, molto sobria, coerente, onesta. Lei sentiva cose diverse ma parlava con le parole di sua madre
Cl Dicevo le cose che diceva mia madre. Mi ricordo di avere detto (nel gruppo della parrocchia)
un pensiero che era di mia madre, sono stata presa un po in giro.Me lo ricordo benissimo, percepivo
uno scollamento per lo facevo lo stesso.
Sapevo gi cosa dovevo fare, era piuttosto chiaro, il modello era definito. E stato cos fino a 18
anni.()
Cl. Certi spazi li ho presi dicendo una bugia.
T. La libert ed il senso di colpa viaggiavano insieme?
Cl. Si, Si!
Nel periodo adolescenziale ha avuto una precedente esperienza terapeutica durata un anno e
che ha interrotto bruscamente Non ho mai veramente colto loccasione. Poi, andava anche mio padre
-
e questo era pesante(.). Sedermi nello stesso posto dove sedeva mio padre mi riproponeva un
setting che mi metteva a disagio.
Dal racconto delladolescenza Laura passa agli ultimi anni dicendo che a 34 anni andata a
vivere da sola, portando con s il suo dover essere e sorridendo perch altrimenti gli altri si
preoccupano.
Cl. Sono andata a vivere da sola due anni fa, alla tenera et di 34 anni. Dentro di me non sono
pi come allora, sono molto pi consapevole di quando mi volto ( a guardare cosa pensano). Sento che
emotivamente mi colpiscono meno. Il mio dover essere lho sempre avuto, Sorridi perch altrimenti
si preoccupano
Ora desidera costruire una famiglia anche se suo padre le ha detto Se tu andassi via, mi
daresti una grande delusione.
Dichiara di essere stata sempre cos accomodante da vestire i panni degli altri.
Cl. il mio attuale compagno, ci abbiamo messo un anno per metterci insieme, siamo insieme
da 778 mesi. Intanto, non fingo. Non vorrei mollare questa direzione. Certe cose fanno parte di me,
tristezza, malinconia, se non trovo uno spazio, scoppio.
Non semplice. Avere sentito queste c ose non significa averle gi raggiunte. E bello,
appagante quando tutti sono contenti di te, a tutti piaci. Devo tenere conto che non lo reggo, non mi d
una reale soddisfazione. Potrebbe essere giusto se volessicontinuare a guardare la mia vita. Siccome
sto iniziando a viverla, se non ho lapprovazione di qualcuno, pazienza1 E una cosa in cui
casco.(.)
Cl. E poi sento spesso linquinamento che non mi rende capace di distinguere quello che sono
da quello che ( era un modello esterno), e giorno dopo giorno mi dicevo che era giusto essere
cos.()
Cl (..)E ha avuto conseguenze molto dure nei rapporti con laltro sesso.
Durante la quarta seduta, quando avremmo dovuto fare leventuale contratto terapeutico,
Laura mi dice che ha Una specie di allucinazioni() sento addosso delle lame che mi tagliano nella
parte interna del corpo. Queste immagini mi vengono sempre quando sono sotto la doccia, non so
perch (..) E una lama che non ha nessuno, come se lo facessi io, vedo la carne che si apre
(.) . Quando prendo la lametta per depilarmi, vado molto piano, come se avessi paura di non
controllarmi. Ed aggiunge Io da anni mi immagino delle cose mentre guido, passo da uno stato
cosciente ad uno quasi incosciente, mi immagino che devo superare delle prove. Passa a parlare della
sua relazione attuale, della disperazione che prova quando non sente accolti i suoi sentimenti, le sue
percezioni. La fa sentire profondamente minacciata.
Nel racconto, verso la fine della seduta, Laura mi comunica che stata ricoverata in un reparto
di psichiatria perch non stavo bene, per una diecina di giorni nel reparto chiuso e poi per un
anno aveva seguito un iter, andava una volta alla settimana per un colloquio per la verifica della
terapia farmacologia. Al momento della dimissione un tirocinante si era offerto di continuare a
-
seguirla, aveva accettato perch Stavo molto male. Non ce la facevo pi a sentire questo dolore che
provavo. Era insostenibile portare avanti questo doppio binario di vita interiore cos dolorosa e
questa vita cos normale. E quindi ho tentato il suicidio. In questo pensiero trovavo rifugio.
Non ho mai ritenuto di dover fare domande per approfondire quello che stava portando, era
chiaro che stava seguendo i suoi tempi, il suo bisogno di dire e secondo un ordine che non sembrava
affatto casuale.
Laura ha racconta che aveva organizzato tutto perfettamente, mettendo da parte i farmaci che
poi sarebbero serviti per morire; si era andata a confessare per purificarmi, volevo arrivare pronta,
aveva lasciato una lettera per i suoi genitori e per il ragazzo che frequentava. Si salvata perch al
mattino era ancora viva e i suoi genitori hanno potuto chiamare i soccorsi. Ricorda la disperazione del
padre e la forza di sua madre. Aggiunge Non sono stata grata di essere salvata, non ero contenta.
Ho ricominciato sullo stesso binario, anche quellopportunit non lho colta () In
ospedale io non facevo la malata, mi occupavo di tutti. Ero cos solare!.
Non ho voluto interrompere il racconto, ho rimandato il contratto alla seduta seguente. Mi era
chiaro che Laura aveva avuto bisogno di testarmi prima di rivelare la parte di s che le faceva paura e
la parte della sua storia cos dolorosa. Cera stato un crescendo di intimit che la Cliente sembrava
desiderare nonostante laspetto chiuso e lassenza di emozioni.
La domanda che mi sono fatta a questo punto stata: la Cliente soddisfa le tre condizioni che
secondo Rogers sono necessarie perch avvenga il processo terapeutico?
1)Si stabilito un contatto tra noi?
2)La Cliente in uno stato di disaccordo interno, di vulnerabilit o di angoscia?
3)La Cliente percepisce, anche in misura minima, la presenza della considerazione positiva del
Terapeuta e la comprensione empatica del suo schema di riferimento interno?
Alla luce di questi primi incontri mi sembrava di si.
Ed io, sarei stata capace in questa relazione terapeutica di incarnare le tre condizioni
necessarie e sufficienti per promuovere il processo di crescita/ cambiamento di questa Cliente? Sarei,
cio, stata capace di essere, non mostrarmi bens essere, in uno stato di accordo interno, almeno
durante il corso del colloquio e in rapporto alloggetto della relazione con la Cliente? Sarei stata in
grado di provare sentimenti di considerazione positiva incondizionata nei suoi confronti? E sarei stata
in grado di ascoltarla con empatia, cio con la capacit di sentire il mondo dellaltro come fosse il
proprio ma senza mai perdere la qualit del come se?
La Terapia Centrata sul Cliente molto esigente, non prevede tecniche ma propone un modo di
essere.
Alla luce di questi primi colloqui, mi sembrava che avremmo potuto lavorare insieme
verificandosi tutte le sei condizioni.
Facendo riferimento ai sette stadi del processo terapeutico che Rogers propone in Terapia
Centrata sul Cliente, posso dire che Laura era nel primo stadio per quanto riguardava la Modalit
-
delle relazioni interpersonali Le relazioni profonde e piene di scambi sono percepite come
pericolose, sono evitate quando appaiono ricche di sentimenti Questo stato uno dei punti focali del
nostro lavoro insieme, per tutti e due gli anni della durata del percorso.
Nel Modo di affrontare i problemi, Laura appariva pi avanti rispetto agli altri punti del
processo terapeutico e, cio i problemi sono percepiti ma le soluzioni sono viste come inefficaci. Era
arrivata in terapia perch si rendeva conto delle sue serie difficolt nel rapportarsi con luomo che
amava ma non vedeva nessuna possibile soluzione ed aveva deciso di farsi aiutare venendo in terapia.
Ho collocato la Comunicazione del S al terzo stadio Inizia la comunicazione dellespressione
del S tuttavia il S viene inteso come oggetto riflesso negli altri.
La Relazione con i sentimenti era rappresentata dal secondo stadio I sentimenti possono
essere espressi ma non percepiti come propri, a volte sono descritti come riferiti al passato, sono poco
differenziati.
Anche il livello di disaccordo interno era collocabile ad un secondo stadio Emerge una prima
manifestazione della discrepanza ma presente una forte oggettivizzazione del S
E riguardo al Modo di sperimentare per Laura Lesperienza immediata riferita al passato
oppure ne condizionata, lesperienza personale oggettivizzata ed intellettualizzata.
Al quinto colloquio, Laura scesa pi nei particolari raccontando le ragioni che lavevano
portata a tentare di uccidersi.
Leducazione rigida e le pulsioni delladolescenza lavevano fortemente scompensata. Sentiva
emergere la sua femminilit che era guardata con sospetto e che era pesantemente giudicata da sua
madre e, allo stesso tempo, appariva come la brava bambina. Provava un grande senso di solitudine
che non veniva percepito dallesterno. Aveva avuto le sue prime esperienze sessuali ed era rimasta
incinta. Da sola, con il suo ragazzo, aveva fatto tutte le pratiche per linterruzione volontaria della
gravidanza. In casa non si erano accorti di niente. Laveva raccontato ad uninsegnate del liceo che era
stata molto comprensiva ma poi laveva tenuto quasi esclusivamente per s e dice Ho iniziato ad
avere un processo di dissociazione, il mio mondo interiore era distante dalla realt. In quel frangente,
ha deciso di lasciare il ragazzo, dopo poco pi di un mese ha compiuto 18 anni ed il mese dopo ancora
stata ricoverata a psichiatria. Durante il ricovero la madre ha indagato e scoperto cosa era successo.
Mentre il padre cercava di farle arrivare il suo amore e la sua preoccupazione, cercava di consolarla
Non hai colpa di niente, non hai fatto niente, passa tutto, anche in quel momento la madre non
riuscita a rinunciare alla sua rigidit ed ha opposto un Le cose si fanno in due e la colpa di tutti e
due. Dopo questi eventi non hanno pi parlato dellaccaduto ed anche Laura ha cercato di vivere
come se non fosse mai accaduto. Nel raccontarsi in terapia, affiora un ricordo dimenticato: lei aveva
trattenuto il ragazzo, lei aveva provocato la gravidanza perch forse era inaccettabile per lei la
sessualit fine a se stessa.
-
Luomo che frequenta la prima persona con cui ha voluto condividere questa parte della sua
vita ma, allo stesso tempo gli ha detto duramente, che non voglio avere figli. Quando affiora il
pensiero di un figlio, lo percepisce come un mondo che per lei inaccessibile.
Rogers dice in Psicoterapia e Relazioni umane di Kinget e Rogers : La teoria della
personalit che abbiamo finora formulato si applica, a differenti gradi, ad ogni individuo. I due punti
che seguono trattano invece processi che si osservano soltanto in talune condizioni. Eccole:
1)se esiste un forte disaccordo tra lIo e lesperienza e se questo disaccordo, in seguito a
qualche esperienza critica, viene ad essere svelato in modo improvviso ed innegabile, il processo
di difesa si riveler impotente.
2)Il soggetto prova questo stato di disaccordo a livello di sottocezione e diviene ansioso.
Lintensit dellangoscia proporzionale alla vastit del settore dellIo colpito dalla minaccia.
3)Rivelandosi impotente il processo di difesa, lesperienza diviene correttamente
simbolizzata. Sotto lo shock di questa presa di coscienza, si produce uno stato di disorganizzazione
psichica.
4)In questo stato di disorganizzazione, lindividuo manifesta spesso un comportamento
strano ed instabile, determinato talora da esperienze che fanno parte della struttura dellIo e
talora da esperienze che non ne fanno parte () Sotto le condizioni di disorganizzazione, la
tensione e il conflitto tra la struttura dellIo ( con le sue lacune e deformazioni esperienziali) e le
esperienze scorrettamente simbolizzate, o non assimilate alla struttura dellIo, conducono ad una
lotta costante (.) .
Questo quello che accaduto a Laura, e questo quello che lha accompagnata per quasi 18
anni, mano a mano che si difendeva diventando sempre pi rigida e sentendosi sempre pi spaventata
dalle proprie emozioni e da quelle degli altri, a dispetto della sua sensibilit che lha continuamente
esposta a sentirsi scissa, parola che lei ha usato tante volte in terapia.
La relazione di coppia stata unimportante palestra che le ha permesso di fare continuamente
il passaggio tra la vita e la terapia e tra la terapia e la vita.
Sono emerse le sue difficolt nel rapporto sessuale, nel rifiuto della mascolinit se solo questa
veniva associata al piacere, alla forza; sono emersi i suoi costrutti che le impedivano di affidarsi ad un
uomo se questuomo non rispettava i parametri della madre di Laura; emersa la difficolt che
provava ogni volta che avvertiva la rigidit dei suoi costrutti: una donna che ama , un uomo che
ama e , dice Laura, sotto ognuna di queste etichette c una lunga lista di definizioni.
Prover a riportare una parte della comunicazione di Laura negli ultimi mesi, prima di
decidere, concordemente, di interrompere la terapia.
Cl. Il boicottaggio delle immagini, mi succede quando sta per accadere una cosa bella. Il
compleanno di A., sentivo che potenzialmente poteva essere una cosa bellissima. (.)
Le cose belle, mi sembrano ancora poco vere, che ci sia qualcosa di irreale, incredibile, resto
incredula(.) che io possa rovinare il momento perch mi viene in mente qualcosa ()
-
Come se io non mi dovessi abituare a stare bene. Mi mettono in tensione. Mi allarmo. E anche
fisicamente divento pi tesa.
Ora inizio un po ad arrabbiarmi
Laura ha sentito che il sintomo orribile sotto la doccia, che non si presenta quasi pi, che lei
accoglie con molta meno paura, perch ora si fida della sua capacit di non perdere il controllo ogni
volta che le emozioni si fanno sentire, era un sintomo legato al piacere.
Cl. (Lacqua) Porta via tutto, un lusso che mi prendo. Ecco, infatti arriva anche l questo
pensiero intrusivo. Cose piacevoli, e pi sono piacevoli e pi le immagini sono forti, difficili da
mandare via, cruente.
Laura ama fare la doccia, stare sotto lacqua calda e questo non le era concesso dalla sua
struttura del S rigida che aveva incamerato molti dei dettami materni come se fossero stati suoi.
Cl.Sto imparando una cosa di me, quando sono preoccupata, mi scatta una consapevolezza che
lui ( il marito) fa fatica a concretizzare e io mi sento responsabilizzata. Mi entra agitazione,
arrabbiatura.
T. Risentimento?
Cl. Si. E mi funziona in maniera respingente, a livello fisico si traduce in fastido, in modo
violento, un non sopportare. Lui teme la distanza, viene pi vicino. Si innesca questa dinamica di
coppia (..) Ho capito che contingente, che ha una causa, che mi dice di me. Ho
capito che non posso decidere tutto, unaspettativa fuori misura. Lho portato avanti tantissimo,
influenzare con il mio potere ( il pensiero, il sentire) lesperienza corporea.
Laura ha rivisto la sua relazione con il corpo dei suoi genitori. In un clima di giudizio rispetto a
tutto quello che riguardava il piacere della sessualit, era consentita una confidenza con il corpo del
padre che lei poteva vedere nudo, che una persona invadente dal punto di vista fisico, che in certi
momenti sento che non lo sopporto (.) non ho mai visto mia madre nuda e vedevo mio
babbo nudo. (.) ero un po la sua damigella. Mi piaceva che fossimo un po una coppia, allo
stesso tempo mi dava fastidio. () _ Ci pensi te a babbo_ in quanto femmina, non in quanto figlia.
Laura stata una bambina, e poi una ragazzina, e poi unadolescente, sola con i suoi
turbamenti. Non solo nessuno era in grado di aiutarla ma venivano rinforzati i suoi timori, le sue
paure, con la confusione dei doppi messaggi.
Cl. Vedo che se me lo dimentico il mio corpo, un po lo pago. Laltra volta mi ha colpito quando
ha detto ( Terapeuta) che con il mio babbo non stavamo parlando di fatti ma di sensazione. Tante
volte ho vivisezionato i fatti mentre quello che conta quello che ho sentito. E ha importanza anche
quando siamo piccolissimi, la potenza di quello che sentiamo. Io non mi ricordo i fatti di quando ero
piccola ma mi ricordo le sensazioni!
Ho una predisposizione a questo tipo di memoria. Sto iniziando ad usare una lente diversa. Non
sono arrivata da nessuna parte con quel tipo di lettura l, era una specie di forzatura. ( Ora9 mi sembra
-
che quelle sensazioni acquistino credito, e mi fa trovare un po pi di serenit. Sto acquistando un po
pi di leggerezza. Non pensavo fosse una possibilit.
Uno degli aspetti su cui abbiamo maggiormente lavorato, stato il rapporto di laura con la sua
sessualit e con i maschi, in particolare con luomo che, nel frattempo, diventato suo marito.
Cl. la sessualit comporta il lasciarsi andare, la lavatrice la posso fare anche borbottando!
(.) sono strappi per me. Come passare dalla neve al sole (..) come immaginarmi la persona
sulla zatterino con lo squalo che mi gira intorno
Dopo due anni tra un mese, credo di poter dire che Laura molto avanti nel processo
terapeutico, che ha perseguito con costanza, determinazione, forte motivazione.
Per quanto riguarda la relazione con i sentimenti, la colloco al sesto stadio i sentimenti
precedentemente inibiti sono sperimentati liberamente, i sentimenti fluiscono senza ostacoli,
limmediatezza dellesperienza attuale accettata . Ama riconoscere la sua rabbia, la sua diffidenza, il
piacere di affidarsi, la non volont di caricarsi dellaltro. Tutto quello che prova accettabile.
Riconosce con chiarezza che la paura di sua madre che fa equivalere la sua sensibilit, il suo desiderio
di essere le sue emozioni, con la bizzarria, se non la follia, qualcosa che non le appartiene, che pu
non spaventarla perch la rappresentazione delle paure di qualcuno che non lei.
Il grado di disaccordo interno corrisponde al quinto stadio Contraddizioni ed incongruenze
sono affrontate direttamente, emerge il desiderio di identificarsi con il S reale, il dialogo allinterno
del s sempre pi libero.
Il modo di sperimentare tra il quinto ed il sesto stadio: Lesperienza attuale libera e non pi
estranea, emerge il bisogno di esperienza, compaiono sorpresa e timore, non sempre compiacimento,
lesperienza ha la qualit del processo e Laura lo simbolizza con accuratezza.
La Comunicazione del S ( quinto stadio) libera allinterno del S, la verbalizzazione
accurata, sono verificate con laltro le definizioni cognitive. I costrutti personali ( sesto stadio) sono
relativizzati, gli schemi di riferimento sono messi in discussione.
Nel modo di affrontare i problemi ( sesto stadio), la differenziazione tra problemi esterni e
interni scompare, i problemi sono tutti soggetivizzati.
Nella modalit delle relazioni personali, l dove Laura aveva iniziato il percorso con maggiore
difficolt, possibile collocarla tra il quarto ed il quinto stadio: Le relazioni sono percepite come
pericolose ma si accetta di correre un rischio limitato in alcune aree della propria vita mentre, in altre
aree, le comunicazioni interpersonali sono affrontate e vissute liberamente.
Laura sta per partorire, qualche giorno fa ci siamo accorte, con commozione reciproca, che la
sua gravidanza giunger a termine esattamente dopo due anni dal nostro primo incontro. Laura
sospender la terapia ma desidera continuare il nostro lavoro perch Ci ho pensato, passer del
tempo prima che ci vedremo. Sicuramente avr bisogno di costruirla una chiusura. Come si costruisce
un percorso, avr bisogno di costruirla una chiusura. E forse avr voglia di affrontare altre cose. Non
-
sento che il percorso finito. E tutto questo Laura lo dice con le spalle dritte, la faccia sorridente, lo
sguardo che cerca il contatto oculare.
Ha concluso parlando del suo rapporto con suo marito Con Francesco abbiamo fatto un
percorso, parliamo di emozioni e stiamo benissimo. E lui ha stima di me, riconosce la forza di questo
strumento. Laura non ha pi paura di impazzire ogni volta che si sente vibrare.
-
SVOLTA RELAZIONALE, GESTALT-TERAPIA E PSICOANALISI di Bernd Bocian
Ci che propongo nelle seguenti pagine una breve contestualizzazione storica del nostro
essere relazionali e del fatto che tutti gli orientamenti qui presenti, gi da molto tempo, si possano
definire tali.
In altre parole e in un certo senso, tutti noi, appartenenti a questi diversi orientamenti, ci siamo
gi incontrati e parlati parecchio tempo fa.
Parler brevemente dei nostri collegamenti e intrecci biografici, in parte dimenticati e anche
rimossi, perci assolutamente da ritrovare.
Da tempo si parla di una svolta relazionale, ma in realt la novit di questa svolta e del
relativo cambiamento di paradigma appare tale solo per la corrente, a lungo dominante,
dellortodossia freudiana e in parte per l'approccio comportamentale. Fino a poco tempo fa questo
cambiamento stato percepito dalla psicoanalisi ufficiale tedesca come una novit, come una
importazione dagli Stati Uniti. Ma le cose non stanno cosi.
Il relazionale e il dialogico in terapia esistono gi da lungo tempo: mi vengono in mente la
filosofia del dialogo di Martin Buber e la sua influenza non solo su Rogers, ma anche su Lore Perls e
Erich Fromm: questi ultimi due hanno avuto lopportunit di essere stati suoi allievi e di avere goduto
dell'atmosfera integrativa del vecchio Istituto Psicoanalitico di Francoforte (un luogo importante e
largamente dimenticato).
Pensiamo al Human potential movement degli anni Settanta, la terza forza del movimento
psicoterapeutico, dopo quello psicoanalitico e cognitivo-comportamentale.
La Gestalt Therapy e l'approccio centrato sulla persona facevano parte del movimento delle
cosiddette terapie umanistiche negli anni sessanta. Ma bisogna anche dire che, se il movimento ha
favorito enormemente la diffusione dei due orientamenti citati, entrambi essi erano stati sviluppati e
creati gi molti anni prima (Perls e Rogers hanno pubblicato il primo libro nel 1942).
Di conseguenza, nei miei primi anni di lavoro in Germania era per esempio una cosa naturale
trovarmi nei gruppi di supervisione insieme con collegi rogersiani.
Pensando alla psicoanalisi ortodossa, a mio parere ha ragione Paolo Migone, quando dice, per
quanto riguarda la grande importanza di Kohut per un cambiamento fondamentale in questa
psicoanalisi, che si pu per parlare della "scoperta" dell'empatia da parte di Kohut solo se si
ignorano le precedenti posizioni di Rogers.
Kohut veniva dalla scuola di Chicago, dove Franz Alexander era una figura centrale (ricordo la
sua idea, tanto criticata, della esperienza emotiva correttiva). E Alexander veniva dalla scuola
ungherese di Ferenczi.
-
Tutto ci che in psicoanalisi si chiama oggi relazionale o interpersonale ha le sue radici in una
linea che va dai primi esperimenti di Freud e Breuer a quelli di Ferenzi e Rank (ricordo qui l'influenza
di Otto Rank su Rogers).
Ferenczi e Rank nel 1924, anno in cui Perls iniziava la sua prima analisi con la Horney, nel
lavoro "Prospettive di sviluppo della psicoanalisi" (un testo cruciale), cercavano di sviluppare la
pratica analitica e renderla pi efficace. Essi proponevano, in particolare, di restituire pi peso
allesperienza emotiva, in relazione a ci che accadeva nella situazione reale della stanza di terapia.
- Si pu tracciare una linea che va da Francoforte (dovera Erich Fromm e dove Frieda Fromm-
Reichmann era docente di Lore e Fritz Perls) al White Istitute di New York dove si trovavano Sullivan
e Clara Thompson.
- Unaltra linea arriva a Londra attraverso Balint.
- E una terza, in gran parte dimenticata, va dallIstituto di Francoforte con il suo approccio
integrativo e inter-professionale (l, nel primo Istituto per la ricerca sociale di Horkheimer e Adorno
dialogavano psicoanalisti, psicologi della Gestalt, Goldstein e la sua teoria organismica,
l'esistenzialismo di Paul Tillich e sociologi di sinistra) allIstituto di Berlino col gruppo dei cosidetti
freudiani di sinistra e analisti del carattere: era questo l'ambiente di socializzazione psicoanalitica di
Fritz Perls.
Scrive Paolo Migone nella sua prefazione all'ultimo libro della collega Margherita Spagnuolo
Lobb: Il libro mostra molto bene quante e quali siano ormai le aree di sovrapposizione tra diversi
approcci, e mostra anche come concetti centrali della psicoterapia della Gestalt abbiano anticipato
sviluppi recenti della psicoterapia [], ad esempio alcuni aspetti della psicoanalisi contemporanea
In che senso? I fondatori della Gestalt sono stati semplicemente geniali? Non credo, ma credo
invece che fossero persone creative e pi audaci di altre. Molti concetti della terapia della Gestalt si
sono sviluppati allinterno del movimento psicoanalitico e rappresentano revisioni della meta-teoria,
della pratica terapeutica e della critica culturale di Freud. Le analogie attuali, tra Gestalt e psicoanalisi,
diventano pi comprensibili, perch la psicoanalisi freudiana o kohutiana ha riscoperto esperienze di
psicoanalisti dissidenti, che non sono stati accolti nel canone della corrente ortodossa, ma sono
sopravvissuti allinterno della terapia della Gestalt. Come sono sopravissuti all'interno del White
Institute, culla della psicoanalisi relazionale.
Per questo non parlerei soltanto di un avvicinamento tra scuole, bens anche di un
riconoscimento.
Come terapeuta della Gestalt mi sento profondamente legato ai dissidenti della scuola
freudiana e a quel pezzo di storia della psicoanalisi. La psicoanalisi un progetto di ricerca (Perls) e
come scienza umana non pu essere monopolizzata (Wolfgang Cremerius ).
Nell'ambito della storia della psicoanalisi, e in particolare della storia della sua emigrazione
dopo il 1933, vedo nella terapia della Gestalt una legittima prosecutrice di una linea tradizionale,
tendenzialmente interattiva, che conteneva elementi attivi, esperienziali e sperimentali, che
-
coinvolgeva sempre di pi lanalista e che verso la fine degli anni Venti sarebbe confluita a Berlino
nell'analisi del carattere, come fenomeno di transizione.
Facevano parte del gruppo molto ristretto dei cosiddetti freudiani di sinistra e analisti del
carattere a Berlino Karen Horney (la prima analista di Perls), Wilhelm Reich (l'analista pi importante
di Perls), Otto Fenichel (analista di controllo dei coniugi Perls), Erich Fromm, Siegfried Bernfeld e altri.
Wilhelm Reich, il pi importante teorico dellanalisi del carattere insieme ad Otto Fenichel,
viene perlopi lasciato completamente in disparte anche dagli psicoanalisti moderni. Averlo sullo
sfondo invece per noi caratteristico. L'assorbimento degli inizi dellanalisi del carattere a Vienna e
del suo sviluppo a Berlino da parte di Perls, negli anni dal 1927 al 1933, fu il momento in cui la
tradizione interattiva venne tramandata allallora psicoanalista Perls.
L'analisi del carattere dell'epoca, che ancora aveva pochissimo a che fare con la teoria reichiana
dei blocchi e delle resistenze muscolari con la quale ancora oggi essa viene spesso confusa anche dai
terapeuti della Gestalt, era di per s una variante della psicologia dell'io in via di sviluppo. Per noi
importante il fatto che gi a quell'epoca si facessero dei tentativi di ricomposizione delle scissioni, in
particolare di quelle tra psiche e corpo e tra individuo e societ. Tra il dentro e il fuori.
Si trattava di estendere l'interesse dal sintomo a tutta la persona, dal passato alla situazione
attuale, dai contenuti discussi e fantasticati alla superficie fenomenologica, esperibile ed osservabile.
Col rafforzato interesse per il come andava di pari passo linteresse per i processi corporei ed
emozionali attuali, per i segnali corporali e per le emozioni dissociate e per l'aumento della
consapevolezza delle percezioni preconsce.
In maniera crescente, entrava nel campo di osservazione quello che Daniel Stern oggi definisce
come comunicazione implicita.
Da un lato, psiche e corpo erano considerati interdipendenti ed entrambi importanti; dall'altro,
la persona era nuovamente collocata in un ambito di realt sociale e politica. Si trattava
tendenzialmente dell'analisi del campo complessivo, in un tentativo di tenere insieme biologia,
psicologia e sociologia, che corrispondeva dichiaratamente alle intenzioni di Perls e Goodman.
Voglio adesso accennare solo brevemente a una delle prospettive pi avanguardistiche di
Gestalt Therapy del 1951. Perls e Goodman criticano gi sul finire degli anni Quaranta le prospettive
adultomorfe che descrivono il bambino come primariamente narcisistico, autistico e pieno di
sentimenti di onnipotenza. Per contro, essi procedono da una natura sociale fondamentale
dellorganismo e della personalit che si sta formando, e vedono interazioni e riferimenti dialettici
entro un comune campo madre-bambino: Poich, in quale senso il bambino essenzialmente isolato
e indifeso? Egli appartiene ad un campo in cui la madre costituisce laltra parte. Il grido di angoscia del
bambino costituisce un mezzo adeguato di comunicazione; la madre deve rispondere; il bambino ha
bisogno di carezze, e la madre ha bisogno di accarezzare; e cos anche per le altre funzioni. Questo , a
mio parere, un esempio di anticipazione di ci che Beebe e Lachman definiscono oggi il pensiero
sistemico dal colorito relazionale della ricerca sull'infanzia (in Altmeyer et. al., p. 132).
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Una visione che sul finire degli anni Quaranta si trova con questa chiarezza soltanto presso il
gi allora emarginato e a tutt'oggi sconosciuto babywatcher Wilhelm Reich e nelle dispense dei
seminari di Harry Stack Sullivan.
Sullivan descrive, facendo riferimento alla teoria di campo di Lewin, le necessit del bambino
come necessit di contatto interpersonali e complementari alle necessit della madre. Egli parla
anche di complesso organismo-ambiente, mentre Perls e Goodman parlano del campo organismo-
ambiente. Sullivan, del resto, avrebbe gi tenuto i seminari citati nell'inverno 1946/47, quando Perls
ne sarebbe stato frequentatore al White Institute, dove avrebbe tenuto a sua volta un intervento. Non
da escludere che nei passaggi corrispondenti del libro Gestalt Therapy siano confluiti anche appunti
dai seminari di Perls di quel periodo.
Voglio ricordare che Perls nei primi anni di New York aveva contatti stretti col White Institute e
una relazione professionale e di amicizia con Clara Thompson, analizzata da Ferenczi, (che, cosi
ricordano tutte due i Perls, mandava pazienti difficili a Perls e sembra che avesse anche provato a
farlo entrare come docente nel Istituto).
Le esperienze berlinesi con un analista didatta prevelamente muto (Fromm), diedero sia a
Perls che a Fromm importanti impulsi per rivedere la teoria freudiana e per elaborare idee proprie sul
trattamento, che oltrepassassero il setting ortodosso.
Le critiche di Fromm e di Perls nei confronti della teoria freudiana e le loro idee in merito al
cambiamento della pratica clinica si assomigliano enormemente in alcuni tratti fondamentali.
Condividono, per esempio, la critica verso la teoria dellistinto di morte, linterpretazione autoritaria e
il setting infantilizzante del divano. Entrambi erano interessati a temi come la crescita psichica e la
consapevolezza corporea, rimarcavano limportanza del qui ed ora, ed integravano nel loro rispettivo
approccio la filosofia io-tu di Buber ed elementi teorici taoistico-buddisti. Nella pratica concreta
Perls ha per applicato le sue nuove idee in modo pi radicale, ed stato, al mio avviso, pi creativo di
Fromm per quanto riguarda lutilizzo di nuove possibilit dintervento. Penso in particolare alla
continuazione degli esperimenti di Berlino con la consapevolezza del corpo, del respiro e
dellespressione emotiva e la loro integrazione concreta nel lavoro terapeutico.
Per finire, vorrei ricordare qui un fatto storico che a me sembra dimenticato, sia dalla
psicoanalisi ortodossa, sia da quella relazionale. Parlo del conflitto drammatico, dopo l'ascesa al
potere di Hitler, fra lIPA e lo psicoanalista politico e antifascista Wilhelm Reich, sulla domanda di
adattamento o resistenza, che ha portato alla esclusione di Reich e alla rimozione in gran parte di tutto
che - anche nella pratica analitica poteva ricordare la sua influenza.
Ricordo che ai tempi di Perls erano Francoforte e in particolare Berlino i think tanks in cui si
radunavano analisti, studiosi delle scienze sociali e teorici della Gestalt e di campo (fin quando il
nazionalsocialismo li mand in esilio). Nel libro Gestalt Therapy (1951) sono ben conservati in
particolar modo i primi tentativi operati dai freudiani di sinistra di Berlino per ricomporre le scissioni.
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Il setting della deprivazione sensoriale e interattiva, di cui avevano fatto esperienza Perls e
Fromm nelle loro analisi didattiche a Berlino, fu criticato in quel periodo da Reich come sadismo del
famoso silenzio analitico. Inoltre Reich rimarc il fatto che un atteggiamento rigido come quello di
una mummia da parte dell'analista non permettesse all'analizzando di sciogliersi.
Lore Perls, riferendosi al freudo-marxista Siegfried Bernfeld, il quale gi nel 1929 aveva
provato a reintrodurre nel dibattito psicoanalitico la realt sociale con il concetto di luogo sociale,
aveva detto: Il luogo sociale di Bernfeld chiaramente un concetto di campo.
Lo scomparso psicoanalista Ernst Federn (il figlio di Paul Federn), mi scrisse in una lettera:
Perls e Goodman scrivono: La definizione di un essere vivente... comprende anche il suo ambiente.
Bernfeld dice molto prima che il luogo sociale appartiene all'individuo. Sono soltanto parole
diverse.
Aaron e Harris invece credono che, partendo dal White Institute, l'approccio relazionale si
sarebbe sviluppato negli anni 70-80, partendo dalla messa in discussione del mito del S de-limitato.
Ma come si vede, la svolta relazionale o il contestualismo all'interno della psicoanalisi - e
pensando a Rogers, anche nella psicoterapia in generale - cominci molto prima di quanto i suoi
attuali rappresentanti credono e ricordano.
Mi devo fermare qui. Grazie a tutti coloro che hanno fatto parte di questa diciamo - riunione
dei nipoti e pronipoti di un gruppo di uomini e donne veramente coraggiosi e creativi. E grazie per la
vostra pazienza.
Bibliografia:
Altmeyer M.,Thom, H., eds. (2006). Die vernetzte Seele. Die intersubjektive Wende in der
Psychoanalyse, Stuttgart: Klett Cotta.
Bocian B. (2012). Fritz Perls a Berlino 1893-1933. Espressionismo, psicoanalisi, ebraismo,
Milano: FrancoAngeli.
Bocian B. (2012 a). Sulle scissioni o il contatto come prima realt: osservazioni su un lavoro
di Paul Goodman. In: Quaderni di Gestalt 2012/1, pp. 126-137
Spagnuolo Lobb, M. (2011). Il now for next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt
raccontata nella societ post-moderna, Milano, Franco Angeli
Bernd Bocian, Dr. phil., psicoterapeuta tedesco, Gestalt-Therapist e councelor.
Specializzazione pluriennale in terapia psicoanalitica e terapia reichiana. Autore di numerose
pubblicazioni sulla relazione storica ed attuale fra terapia della Gestalt e la psicoanalisi. Ultimo
libro: Fritz Perls a Berlino 1893 1933. Espressionismo, psicoanalisi, ebraismo (FrancoAngeli, 2012).
Vive a Genova (b.bocian(at)libero.it)
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CONTRIBUTI ALLA PSICOTERAPIA: La Maratona, un Viaggio nella Complessit Umana. Di Marcello
Florita
Sezione: Contributi alla Psicoterapia, N. 21 Febbraio 2013
La complessit
Cos la complessit? Come dice il pi grande complessologo di tutti i tempi, Edgar Morin, la
complessit una parola problema e non una parola soluzione. Latteggiamento di chi si occupa di
complessit sempre aperto al problema, curioso, multifattoriale, inclusivo e tollerante dei paradossi,
perch nella complessit, come in natura, i paradossi convivono serenamente. Non fossaltro per
queste banali attitudini, uno psicoanalista dovrebbe mantenere sempre unottica complessa ai
problemi, anche se lavorare allinterno di questo approccio significa anche molto altro.
Prologo
C unesperienza che pi di tante altre mi ha permesso di riflettere sul nostro essere complessi
ovvero sul nostro essere organizzati come sistemi complessi.
Correva lanno 2008 e dopo diversi mesi di allenamenti miscrissi alla Maratona di Milano. Mi
allenavo dalle 4-5 volte a settimana: allunghi, ripetute, percorsi di 30km, corsa leggera per recuperare,
etc Una preparazione lunga e faticosa che mi port due settimane prima della corsa a patire il
cosiddetto overtraining, cio una perdita di brillantezza data dal troppo allenamento. Non facile
che mi scoraggi, cos sono andato avanti nella preparazione riducendo leggermente lintensit degli
allenamenti. Cera solo un piccolo problema, quando svolgevo lattivit fisica per molti chilometri
avvertivo un leggerissimo dolore alladduttore della gamba destra. Era la mia prima maratona, quindi
non sapevo bene a cosa andavo incontro, in pi, a tre giorni dallinizio il mio compagno di corse
sinfortun lasciandomi da solo ad affrontare questa piccola impresa.
Linizio fu divertente perch per chi corre da mesi, correre come respirare: spontaneo,
semplice, macchinoso solo se ci si pensa. I chilometri scivolavano agevolmente tra le vie di Milano
senza grandi apprensioni e con il piacere di assaporare una citt affollata, ma per una volta non
affannata. Una maratona lunga 42 chilometri e qualche centinaio di metri, quindi di tempo ce ne
vuole per farla. Peccato che al 21esimo chilometro il leggerissimo fastidio alladduttore inizi a farsi
presente. Al 23esimo la noia muscolare divent un dolore sopportabile, ma pur sempre un dolore. Al
24esimo insieme al dolore alladduttore della gamba destra iniziai a sentire un leggero fastidio
alladduttore della gamba sinistra. Al 26esimo chilometro il dolore alla gamba destra era forte, mentre
quello alla gamba sinistra sera tramutato anchesso in un dolore. Al 27esimo iniziai a sentire male alla
schiena, prima a sinistra, successivamente anche a destra. Arrivai al 29esimo chilometro con un
dolore alladduttore destro, alladduttore sinistro e pi o meno tutta la schiena contratta fino al
trapezio. Come vi dicevo non sono uno che sarrende facilmente, ma in quel momento linsieme dei
dolori, la solitudine data dalla mancanza del mio compagno di viaggio e la percezione dei chilometri
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che scorrevano lentamente produssero una propriet emergente, tutta mentale: lo scoraggiamento.
S, mi sentivo profondamente scoraggiato e sentivo le forze diminuire, risucchiate dalla mia mente;
sentivo il mio corpo nemico in questa mia piccola impresa. Cosa stava accadendo? Il corpo come
un sistema complesso dove ogni parte di esso coordinata, vincolata e dipendente da unaltra. Cos il
mio dolore alladduttore destro mi ha portato ad organizzarmi in modo differente. La gamba destra
non aveva abbastanza forza quindi ho attinto pi energie dalla gamba sinistra e, dopo non molto,
iniziata la sofferenza alladduttore sinistro. Probabilmente la gamba sinistra non mi dava abbastanza
spinta, cos ho iniziato a contrarre la schiena per riuscire a mantenere il passo. Ci mi ha causato una
sofferenza alla parte sinistra della schiena. Non potendo pi contare a pieno sulle mie gambe, ho
iniziato a sforzare sempre di pi i muscoli della schiena con un intensificarsi del fastidio alla schiena,
dalla parte sinistra alla destra fino al trapezio. Se il corpo fosse veramente e solo una macchina
complicata la faccenda si esaurirebbe qui, forse, invece il nostro essere sistemi complessi, ha
prodotto uno stato emergente non desumibile dalla sommatoria dei dolori, lo scoraggiamento, cos
come lo scoraggiamento, uno stato mentale, ha prodotto una sensazione fisica: la mancanza di forze.
Volete sapere come finita? Quando mi sono reso conto che il corpo non mi boicottava ma si stava
solo organizzando al meglio per la sopravvivenza, mi sono reso conto che io, e non pi solo il mio
corpo, sentivo i dolori dati da un nuova organizzazioni di leve (non pi solo le gambe) che mi
permetteva di continuare a correre. Che stavo cercando un nuovo modo di correre al di l della gamba
destra. In quel momento le energie tornarono, anche se non ero convinto di farcela fintanto che una
lepre, quelli che ti aiutano a correre a un ritmo regolare, mi ha visto e spronato a seguire il suo gruppo.
Il mio accettare la mia nuova e sofferta organizzazione come la migliore possibile e il suo farmi sentire
che potevo stare con lui nonostante la mia corsa storta e appannata sono stati i promotori della mia
piccola impresa. La mia maratona continu fino al termine e fin con un maldestro ma vigoroso scatto
sul traguardo e una mezzoretta di fisioterapia post-gara per eliminare le contratture.
Come Sistemi Dinamici Complessi
Come ho scritto nellIntreccio: neuroscienze, clinica e teoria dei sistemi dinamici complessi e nel
saggio Alice, il porcospino e il fenicottero, luomo alla stregua di tutti gli esseri viventi pu essere
pensato come, e ripeto come perch si tratta di una metafora, un sistema dinamico complesso non
lineare (SDC); non a caso i biologi parlano di Complex Adaptive Systems (CAS), cio di sistemi
complessi adattivi. Perch soffermarci su questa metafora? Credo che lobiettivo sia quello di trovare
un modello che ci aiuti a spiegare il funzionamento delluomo in toto, per poi declinarlo allinterno
della psicologia, dunque anche della psicopatologia e della psicoterapia. Vorrei evitare di partire dalla
patologia per desumere un modello di funzionamento delluomo, come in parte fece Freud, poich ci
pu comportare considerazioni erronee. Come dire, partireste mai da un tumore per studiare il
funzionamento del corpo umano? In linea con questo obiettivo, il modello dellSDC innovativo e
condiviso da varie discipline (biologia, fisica, matematica, economia, etc..). Studiando le strutture
dissipative il fisico Ilya Prigogine definiva i sistemi complessi come sistemi lontani dallequilibrio,
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sensibili alle condizioni di partenza, tolleranti lincertezza sulle possibili deviazioni e aperti verso
possibili direzioni. Credo di non creare lo stupore di nessuno se dicessi che queste caratteristiche
possono essere tutte riviste nel sistema antropologico.
Questo modello ci fa pensare alluomo organizzato al pari di un sistema, come un tutto
funzionale (Levine & Fitzgerald, 1992), dove tutte la parti del sistema sono coordinate, vincolate e
dipendenti dalle altre. Cos se qualcosa cambia nel mio adduttore destro, ci coinvolger il mio
adduttore sinistro, la mia schiena e, perch no, anche la mia mente. Unaltra caratteristica implicita di
questo modello che non pu esserci una distinzione corpo-mente, perch il sistema antropologico
un tuttuno tra corpo e mente. Concepire luomo come un sistema significa credere che pensare sia un
atto corporeo non pi e non meno di calciare un pallone (Florita, 2012) e significa che la mente
incarnata (embodied), coerentemente con le recenti teorie delle scienze cognitive. Noi siamo ci che
ci sforziamo di fare; siamo figli della nostra azione finalizzata al mantenimento di noi stessi, attraverso
forme di autorealizzazione personalizzate e rese originali dai nostri stessi sforzi (Gembillo, 2012).
Sebbene possa apparire un concetto scontato, noi siamo ancora intrisi di scissioni subdolamente
aderenti a un modello cartesiano, altrimenti non ci stupiremmo delleffetto placebo, o nocebo, e non
porremmo dubbi sul nostro libero arbitrio.
Per esempio, i recenti studi di neuroscienze vogliono dimostrare lassenza di libero
arbitrio tramite la scoperta di eventi cerebrali che avvengono con qualche secondo di anticipo
sullazione o su quando il soggetto riferisce di aver deciso. Lattivazione di unarea cerebrale prima
della percezione cosciente della decisione, ci racconta solo di un evento corporeo antecedente e
correlato al processo decisionale, il che non ci stupisce alla luce della teoria della mente incarnata.
Se si parte dallidea che lio sia unistanza solo immateriale (distinta dal corpo alla stregua
della res extensa) allora possiamo dire che non ci sia libero arbitrio; se il mio io pensato allinterno di
ununit necessaria mente-corpo, allora a decidere sono sempre io (che sia una parte del cervello o
uno stimolo corporeo), ed ecco che torniamo ad avere il libero arbitrio (Florita, 2012). Non mi
dilungo oltre e vi rimando ai miei due saggi per approfondimenti.
Torniamo allidea dei sistemi complessi. Complessit significa anche emergenza, cio la
presenza di comportamenti non desumibili dalla semplice somma delle parti. Lesempio classico
proprio quello degli stati mentali, perch essi non si riescono a spiegare partendo dalla somma del
funzionamento dei singoli neuroni. Gli esseri viventi, nonch i sistemi complessi, producono
comportamenti emergenti.
Un altro aspetto centrale il nostro essere organizzati dallinterno (auto-organizzazione)
nellinterazione con mondo esterno (eco-organizzazione). Come dice Edgar Morin, i sistemi complessi
sono caratterizzati da unautonomia dipendente dallesterno. I recenti studi dellinfant research ci
dimostrano che lambiente (nellaccezione pi ampia) non un nemico dal quale difendersi, come
sosteneva Freud, ma una risorsa che ci complessifica. I bambini sono sistemi aperti che nascono con
competenze innanzitutto relazionali ed grazie ad esse che nellinterazione con i caregiver crescono,
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evolvono e si complessificano. Lo sviluppo del linguaggio un esempio emblematico di unemergenza
data dallapertura e dallinterazione. Noi siamo il nostro DNA, la nostra interazione con i caregiver e il
nostro ambiente ma anche il nostro ambiente e i nostricaregiver sono qualcosa che noi costruiamo.
Morin parla di anelli di retroazione. Il che significa che noi siamo il nostro ambiente e noi stessi, ma
siamo anche agenti nel costruire il nostro ambiente e noi stessi. La vita realizza e forma e modifica
lambiente a cui si adatta. Allora quellambiente agisce a sua volta sulla vita che sta cambiando e agendo
e crescendo in esso. Ci sono dunque delle interazioni cicliche costanti. (Capra, 1997).
Questo significa che noi siamo anche lambiente che costruiamo: Noi siamo i sarti e i modelli
della realt che indossiamo, nonostante spesso ci stupiamo di come il mondo che ci circonda sia cos
coerente con lidea che ne abbiamo. come se credessimo ingenuamente di indossare un vestito
pescato a caso da un armadio, quando verosimilmente labbiamo costruito noi (sarti), su di noi
(modelli). Non a caso incontriamo persone con abusi che si mettono in contesti abusanti,
coerentemente con lidea di relazione che hanno sperimentato, coerentemente con la loro
organizzazione che ne derivata, e che seleziona e influenza lambiente che si abita (Florita, 2012).
Perfino la memoria costruita, perch, come diceva Kandel, il richiamo della memoria un processo
creativo. Se parliamo di complessit opportuno pensare che interno ed esterno sintrecciano
codeterminandosi a vicenda tramite anelli di retroazione, ove difficile cogliere la causa e leffetto, il
prima e il dopo.
Pensare alluomo come ad un CAS (sistema complesso adattivo) significa anche cogliere che
lorganizzazione che si d il sistema sempre la migliore possibile per la sopravvivenza, dati i vincoli e
le possibilit interne, nellinterazione con lambiente in un dato momento. Alcuni alberi nelle foreste
crescono storti perch quello lunico modo per carpire qualche raggio di sole, nonostante quella
stortura sia la stessa che li fa rischiare di cadere e morire. A volte i sistemi antropologici sembrano
delle storture, ma non bisogna scordarci mai che lorganizzazione del sistema complesso adattivo
sempre coerente con la sopravvivenza dello stesso. I miei dolori non erano lesito di un corpo nemico,
ma leffetto di una riorganizzazione del mio sistema per continuare a sopravvivere. I nostri pazienti
vanno quindi rispettati e accettati per lorganizzazione che si sono dati, perch anche se sembrano
storti quella sicuramente la migliore soluzione possibile. Il modello dei sistemi